www.ildirittoamministrativo.it NOTA A CORTE DI CASSAZIONE, SECONDA SEZIONE CIVILE, SENTENZA 8 maggio 2013, n. 10898 A cura di Michelangelo Principe



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NOTA A CORTE DI CASSAZIONE, SECONDA SEZIONE CIVILE, SENTENZA 8 maggio 2013, n. 10898 A cura di Michelangelo Principe La Suprema Corte traccia la responsabilità della P.A. ex art. 2051 cod. civ. per inosservanza delle comuni norme di diligenza e prudenza, oltrechè il relativo accertamento spettante al G.O. La questione all esame della Suprema Corte concerneva la richiesta di risarcimento del danno, per infiltrazioni, da parte di un privato nei confronti di un Condominio di cui faceva parte. Condominio che aveva chiamato in causa la Provincia sostenendo la responsabilità di quest ultima nella causazione del danno stesso. L arresto giurisprudenziale in commento si occupa pertanto della configurabilità in casi simili di una responsabilità della Pubblica Amministrazione, a fronte della discrezionalità della medesima. 1. LA FATTISPECIE Un condomino aveva convenuto in giudizio, avanti al Tribunale di Roma, il Condominio di cui faceva parte, al fine di vedersi risarcire il danno da infiltrazioni, che egli asseriva provenienti dal lastrico solare di proprietà comune, adibito a parcheggio condominiale. Il Condominio aveva eccepito, costituendosi in giudizio, non solo la circostanza che l immobile danneggiato fosse in realtà stato abusivamente trasformato da cantina ad abitazione, e che comunque i danni fossero dovuti ad un eccezionale evento di precipitazione atmosferica, ma anche che, in ogni caso, essi non potessero che derivare da lavori dell amministrazione provinciale, eseguiti qualche anno prima sulla strada adiacente, che avrebbero alterato sempre a detta della difesa del Condominio il deflusso delle acque pluviali. La Provincia di Roma veniva pertanto chiamata in causa dal Condominio medesimo, ed il Tribunale condannava entrambi detti soggetti, in solido, a risarcire all attore il danno da questi lamentato, sia mediante la corresponsione di una somma di danaro, che tramite lo svolgimento dei lavori di ripristino indicati dal C.T.U. nel corso del giudizio. 1

Il Condominio appellava tale decisione, ribadendo, in sede di impugnazione, l esclusiva responsabilità della Provincia, e la provenienza dei danni non già dal lastrico solare, bensì dal terrapieno a ridosso delle pareti esterne dell immobile danneggiato, e la Provincia proponeva, a propria volta, appello incidentale. La Corte d Appello di Roma accoglieva le doglianze della Provincia, respingendo invece l appello principale del Condominio, e condannava quest ultimo, in via esclusiva, al risarcimento del danno in favore del proprio condomino. La Corte di Cassazione, investita della vicenda dal Condominio soccombente, cassava la pronunzia d appello, evidenziando la ricorrenza, nel caso di specie, del caso fortuito, nonché la configurabilità, in ogni caso, in simili fattispecie, di una responsabilità dell autorità amministrativa provinciale. 2. I MOTIVI DELLA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE Con la sentenza in commento, il Supremo Collegio ha esaminato i motivi di diritto sottopostigli dal Condominio ricorrente, mettendo in evidenza profili problematici della fattispecie, relativi tanto alla configurabilità della responsabilità di un ente pubblico in caso di danni subiti da un privato, quanto alla ricorrenza del caso fortuito ed agli stretti limiti nei quali tale ricorrenza può essere riconosciuta. Sarà opportuno esaminare partitamente tali problematiche, e le rispettive soluzioni offerte dalla Suprema Corte. i) La responsabilità della P.A. e i danni subiti da un privato Per quanto di maggiore interesse in questa sede, la sentenza in commento affronta il tema degli ambiti in cui può ricorrere la responsabilità della P.A., nei confronti di terzi privati, in relazione alla realizzazione e manutenzione di un opera pubblica (nel caso di specie, una strada). Come noto, in tale materia domina il principio di insindacabilità, da parte dell Autorità Giudiziaria Ordinaria, delle scelte e dei mezzi adoperati dalla P.A. Detto principio, però, risente, come ovvio, delle eccezioni conseguenti ai principi generali dell ordinamento giuridico, e pertanto l orientamento granitico della giurisprudenza di legittimità stabilisce che la discrezionalità, e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario, dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un opera pubblica, trovano un limite nell obbligo dell Amministrazione medesima di osservare, a tutela dell incolumità dei cittadini e dell integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che 2

l inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità dell Amministrazione per i danni arrecati a terzi (Cass. Civ. sez. III del 28.4.1997 n. 3631). Questo principio, che la Suprema Corte aveva già espresso a Sezioni Unite sin dal lontano 1976 (cfr. Cass. SS.UU. del 13.7.1976 n. 2693), è stato successivamente ribadito in molteplici occasioni dai vari arresti giurisprudenziali di legittimità (si vedano anche le sentenze Cass. Civ. sez. III del 9.10.2003 n. 15061 e Cass. Civ. sez. III del 6.2.2007 n. 2566, entrambe rese in tema di tracimazione di acqua dalla strada, provinciale in un caso, comunale nell altro, che aveva causato danni all immobile frontista). E ciò proprio a fronte dell eccezione, sollevata dalle Pubbliche Amministrazioni in giudizio, in base alla quale l adeguamento della regimentazione delle acque meteoriche, compreso tra le opere di urbanizzazione, è funzione discrezionale e non censurabile (dell Amministrazione, N.d.R.), che vi provvede in base al programma generale delle opere pubbliche ed alla concreta possibilità di attuare le opere necessarie, e può considerarsi, quindi, colpevolmente responsabile dei danni conseguenti ai modi di esercizio di questo potere solo se ed in quanto eventi specifici ne abbiano rivelato la prevedibile pericolosità (cfr. sentenza Cass. Civ. n. 2566/2007 sopra citata). Detta eccezione, per l appunto, veniva disattesa facendo riferimento al costante orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, ed alla necessità che la P.A. sia chiamata a rispettare il generale principio del neminem laedere, anche laddove si muova nell ambito di attività discrezionale. Anche alla P.A., pertanto, devono considerarsi applicabili, nei limiti anzidetti, le norme di cui agli artt. 2043 e 2051 c.c. E importante sottolineare che tale orientamento è riferito alle fattispecie nelle quali vi siano carenze strutturali in sede di progettazione e manutenzione dei beni pubblici, demaniali o patrimoniali che siano. Discorso diametralmente opposto deve essere fatto, invece, in relazione alla presunzione di responsabilità ex art. 2051 c.c., per i casi nei quali il bene pubblico per le sue caratteristiche (estensione e modalità di uso) è oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia e vigilanza sulla cosa (Cass. Civ. del 15.1.1996 n. 265). In tale ultima ipotesi, infatti, laddove il danno sia derivato da problematiche non afferenti, come detto, alle carenze di progettazione o manutenzione, ma semplicemente derivanti dall uso diffuso 3

del bene pubblico, la presunzione di responsabilità dell art. 2051 c.c. stesso, in capo all ente pubblico, non opera. Nella fattispecie in esame così come in quelle sottoposte all attenzione della Suprema Corte nelle altre sentenze sopra richiamate trattasi, invece, di problematiche strutturali, ovverosia inerenti direttamente alla predisposizione di accorgimenti idonei ad evitare alluvioni ed allagamenti in caso di intense precipitazioni atmosferiche. La stessa C.T.U., esperita in prime cure, aveva sottolineato l opportunità che la Provincia competente avesse proceduto alla realizzazione di una nuova griglia (o caditoia) per un migliore smaltimento delle acque. ii) La ricorrenza del caso fortuito Altro motivo primario della cassazione, da parte dei Supremi Giudici, della sentenza di appello impugnata, risiede nella mancata considerazione, nella sentenza d appello, della problematica legata alla ricorrenza del caso fortuito. In particolare, il Condominio ricorrente lamentava che non fosse stato correttamente apprezzato l esito della C.T.U., esperita in prime cure, secondo la quale l evento di danno sarebbe stato riferibile al fattore esterno di copiose perturbazioni verificatisi per tre giorni consecutivi; al che, a detta del ricorrente medesimo, era conseguito il solo riconoscimento della scriminante in favore della Provincia di Roma, ma non già al Condominio stesso, ritenuto così unico responsabile del danno occorso. Il quesito sottoposto ai Supremi Giudici, pertanto, concerneva la problematica del caso fortuito, e la possibilità o meno, per il Giudice del merito, di utilizzare le risultanze della C.T.U., in tema di caso fortuito stesso, in danno di una sola parte (il Condominio stesso, appunto), ritenendo non responsabile l altra (i.e. la Provincia). La Suprema Corte, in parziale accoglimento di tale motivo di doglianza, ha chiarito che si sarebbe dovuto tenere conto della problematica del caso fortuito, nel criterio di bilanciamento delle responsabilità, tra le parti convenute, nel caso di specie. La questione anzidetta ha consentito di tornare sui criteri che informano la materia concernente il caso fortuito e la scriminante dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. Al fine di comprendere il fondamento del criterio in questione, soccorre un orientamento già cristallizzato della giurisprudenza di legittimità, che ha chiarito che in tema di responsabilità civile 4

per danni cagionati da cose in custodia, per aversi caso fortuito occorre che il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa custodita e l evento lesivo, ossia che possa essere considerata una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l evento (Cass. Civ. del 9.3.2010 n. 5658). La pronuncia in questione era stata resa in una fattispecie analoga a quella in commento, ed aveva chiarito che, per considerarsi una pioggia di particolare intensità quale caso fortuito costituente pertanto fattore scriminante rispetto ai danni riportati dai proprietari degli appartamenti inondati dalle acque tracimate la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto fornire la prova di aver provveduto alla manutenzione del sistema di smaltimento delle acque nella maniera più scrupolosa, e che l evento di danno era occorso nonostante tale circostanza. Nella predetta sentenza del 2010, peraltro, la Corte di Cassazione aveva escluso la ricorrenza del caso fortuito, proprio sulla base dell omessa manutenzione, da parte della P.A., del sistema di smaltimento delle acque piovane. Ed infatti, tale omessa (o comunque insufficiente) manutenzione non rendeva possibile considerare come interrotto il nesso eziologico tra la cosa custodita, ex art. 2051 c.c., e l evento lesivo, e dunque il fattore esterno ovvero il nubifragio quale unico elemento causale dell evento lesivo medesimo. La stessa Suprema Corte ha confermato, con recentissime pronunce giurisprudenziali, questo orientamento, sempre in tema di responsabilità della P.A., statuendo che quest ultima può evitare di incorrere in responsabilità laddove dimostri che l evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con una diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l intervento riparatore dell ente custode (Cass. Civ. sez. III del 12.3.2013 n. 6101). Quest ultima pronunzia veniva resa in un caso concernente la caduta di un motociclista su una macchia d olio presente sulla pavimentazione stradale, ed in una simile fattispecie ben può considerarsi ricorrente il caso fortuito, laddove la caduta sia intervenuta a breve distanza temporale dalla comparsa della macchia d olio, senza che fosse stato possibile, per la P.A. competente, provvedere alla pulizia della macchia stessa, e dunque alla rimozione del pericolo (neppure conosciuto, dunque, dalla P.A. medesima, per la quale sarebbe stato oggettivamente impossibile avere contezza del problema riguardante la strada in sua custodia). 5

In sostanza, come noto, a fronte della dimostrazione, da parte dell attore, del danno subito, e del nesso eziologico tra lo stesso e la cosa in custodia, l unico modo per il custode di evitare la responsabilità di natura strettamente oggettiva è la dimostrazione, a propria volta, di un fattore riconducibile ad un elemento esterno (ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato, N.d.R.), avente i caratteri dell imprevedibilità e dell inevitabilità (Cass. Civ. sez. III del 28.6.2012 n. 10860). * * * Al di là dei due fondamentali aspetti sopra approfonditi, la Corte di Cassazione ha altresì statuito, nella sentenza in commento, che il danneggiato avrebbe comunque dovuto essere considerato parzialmente responsabile del danno da egli stesso subito, in quanto l immobile danneggiato era, originariamente, una cantina prova di servizi igienico-sanitari, di impianti e di adeguata areazione, ed era stato abusivamente trasformato in appartamento dal danneggiato stesso, perfettamente consapevole dello stato di fatto in questione. Secondo i Supremi Giudici, dunque, il giudicante avrebbe dovuto accertare se fosse ipotizzabile ed in quale misura l incidenza causale della condotta negligente dello stesso danneggiato nella produzione dell evento di danno, in base al notissimo principio di cui all art. 1227 c.c. 6