1 INTRODUZIONE 1.1 La cute : molto più di una barriera meccanica



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1 INTRODUZIONE 1.1 La cute : molto più di una barriera meccanica La cute è un organo complesso che ricopre l intera superficie corporea agendo da barriera protettiva nei confronti dell ambiente esterno, essa si oppone al passaggio dei microrganismi, assorbe e blocca le radiazioni, impedisce la perdita di acqua, contribuisce alla regolazione della temperatura corporea, svolge un importante ruolo immunologico e contiene una fitta rete nervosa. 1 Dalla superficie in profondità la cute è costituita da un epitelio (epidermide), da un tessuto connettivo (derma) e da un tessuto adiposo (sottocutaneo). Nel derma e nel sottocutaneo sono contenuti gli annessi cutanei, i vasi e i nervi. 2 L epidermide rappresenta la principale barriera contro la disidratazione, la penetrazione dei germi e le lesioni di natura meccanica; rigenera in oltre con grande facilità dopo le lesioni e le sue cellule superficiali, morte, vengono continuamente sostituite man mano che si staccano dalla superficie. 3 Il derma invece conferisce alla cute una considerevole consistenza meccanica grazie alla sua alta percentuale di fibre collagene miste a quelle elastiche e con i suoi vari componenti cellulari, costituisce una riserva di cellule con funzioni di difesa e rigenerative, in grado di opporsi ai processi infettivi e di riparare le ferite profonde. Nella cute solo il derma è vascolarizzato e pertanto gli scambi metabolici dell epidermide avvengono per diffusione, da e verso i capillari degli strati più superficiali del derma. 4 L innervazione, invece, interessa sia il derma che l epidermide. Sotto il derma si trova il tessuto sottocutaneo, costituito in molte regioni del corpo da un traliccio irregolare di connettivo lasso, dove sono situate gruppi di cellule adipose, andando a formare quindi il pannicolo adiposo. 5 Oltre a possedere la capacità di ammortizzare gli urti e di immagazzinare risorse energetiche, il sottocutaneo rappresenta un valido isolante termico, che limita in larga misura ai vasi sanguigni il flusso di calore e rende cosi possibile una termoregolazione basata su modificazioni circolatorie. 6 Vasi arteriosi e venosi presentano nella cute una disposizione ben precisa, correlata con le esigenze metaboliche dei suoi vari componeneti tissutali. Tra le parti metabolicamente più attive della cute vanno annoverate l epidermide, gli annessi 1

cutanei, i follicoli piliferi e le terminazioni sensitive di vari nervi cutanei; tutte queste formazioni sono in intimo rapporto con fitte reti capillari del derma. Il sangue giunge alla cute per mezzo di piccole arterie che penetrano dalla profondità nel sottocutaneo e vi si ramificano, al confine col derma, formando un plesso laminare detto rete cutanea. 7 Figura 1: Stratificazione cutanea 2

1.2 Le lesioni da decubito Con il termine lesione da decubito ( o lesione da pressione, o piaga da decubito o ulcera da pressione o ulcera da decubito) si indica un area localizzata di danno della cute e dei tessuti sottocutanei, causata da forze di pressione, trazione, frizione o da una combinazione di questi fattori, che si forma normalmente in corrispondenza di prominenze ossee e la cui gravità è classificata in diversi stadi. 8 Nonostante i costanti e notevoli progressi della scienza, le lesioni da decubito continuano a prodursi in maniera rilevante. Sono molto frequenti in particolare nella popolazione ospite di strutture preposte alle cure sanitarie (ospedali, strutture per lungodegenti e residenze sanitarie assistite), cosi come tra le persone che ricevono cure a domicilio, e colpiscono individui di tutte le età, ma principalmente i soggetti affetti da patologie che ne compromettono la funzionalità neuromotoria e nei soggetti anziani allettati. È un problema quindi destinato a crescere in ragione dell invecchiamento della popolazione e del cambiamento nei modelli di malattia. 9 Ancora non si è trovata una cura definitiva, né si è raggiunta uniformità nei comportamenti terapeutici ed assistenzaili nonostante i numerosi studi condotti sull argomento, le varie figure professionali coinvolte, l infinità di ausili e presidi impiegati, compresi quelli tecnologicamente più avanzati. 10 L unico dato certo è che un adeguata prevenzione svolge un ruolo significativo e decisivo nel prevenire la comparsa o la progressione delle ulcere. La prevenzione richiede la disponibilità di strumenti tecnici adeguati come ad esempio i materassi ad aria antidecubito, ma anche un contesto di cultura professionale attenta al fenomeno capace di identificare i pazienti a rischio e un organizzativo in grado di mantenere pratiche di nursing in sé semplici ma talvolta onerose, soprattutto per la cronica mancanza di personale infermieristico. 11 Le ulcere da pressione comportano perciò dei costi molto elevati sia in termini di impiego di risorse economiche e professionali, sia di sofferenza umana in quanto provocano disagio e dolore, rallentano il processo di guarigione, prolungano la degenza, aumentano la morbilità e la mortalità. 3

1.2.1 Epidemiologia del fenomeno Negli ultimi decenni il progressivo invecchiamento della popolazione e il consequenziale aumento di soggetti fragili, maggiormente predisposti allo sviluppo di LDD, hanno determinato l aumento in termini di incidenza e prevalenza di tali lesioni. Una stima reale del fenomeno è, però, resa difficile a causa delle barriere metodologiche che spesso impediscono di formulare generalizzazioni dai dati pubblicati. Tuttavia è necessario sottolineare che la stima delle LDD varia in rapporto al setting assistenziale considerato. Nei reparti per acuti l incidenza può variare dallo 0,4% al 38%, nelle residenze sanitarie assistenzuali (RSA) dal 2,2% al 23,9 %, mentre nell ambito dell assistenza domiciliare dallo 0% al 17% 12. In base ad un analisi di Kenkel che stima la prevalenza di ulcere da pressione in RSA variabile tra l 11 e il 30%, i soggetti con deficit neurologici hanno un incidenza annua di piaghe da decubito del 7-8% e secondo Klitzman una probabilità di svilupparle durante il corso della vita pari al 25-85% 13 14. La quinta survey del National Pressure Ulcel Advisory Panel (NPUPA), ha documentato una presenza globale nei reparti per acuti del 14,8% con una prevalenza pari al 21,5% in quelli di Terapia Intensiva, identificando la fascia di età tra 71 e gli 80 anni quale quella maggiormente coinvolta (tasso di prevalenza pari al 29%) 15. In Italia i dati preliminari relativi a uno studio nazionale di prevalenza che ha valutato 13.081 pazienti ricoverati in 24 strutture ospedaliere, ha documentato un tasso di prevalenza pari al 10,97 % che non si associava, però, ad una adeguata risposta ai termini di applicazione di misure preventive che infatti venivano adottate soltanto del 9,4% dei casi 16. Un ulteriore studio effettuato nei reparti di neurologia, geriatria, chirurgia, ortopedia, medicina interna, neurochirurgia, rianimazione ed urologia di 20 ospedali che ha arruolato 12.048 pazienti valutati, ha documentato una prevalenza totale dell 8,6% mentre la valutazione eseguita per singoli reparti ha messo in evidenza come nei reparti di rianimazione, neurochirurgia e geriatria vi erano prevalenze maggiori, rispettivamente, pari al 26,6 %, 13% e 11%, verosimilmente in rapporto alla presenza di pazienti più compromessi. Altri studi condotti dall Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee (AISLeC) riportano dati di prevalenza intorno al 13% 17. 4

1.2.2 Fisiopatologia e fattori di rischio La LDD è la conseguenza diretta di un elevata e/o prolungata compressione, o di forze di taglio o stiramento che causano uno stress meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi sanguigni. La pressione o lo stiramento comprime i capillari che trasportano il sangue, causando la mancata irrorazione sanguigna e naturalmente il rifornimento di ossigeno dell area interessata 18. La diminuita circolazione sanguigna porta ad un accumulo di prodotti metabolici tossici nel tessuto con successivo aumento della permeabilità capillare, dilatazione vasale, formazione di edema e infiltrazione cellulare. Le reazioni infiammatorie suscitano nello stadio iniziale un iperemia con aumento della pressione capillare; in questo stadio i prodotti metabolici possono ancora essere eliminati e rimuovendo la causa della compressione, la normalità della cute verrebbe ripristinata 19. Se invece permangono la compressione o le forze di taglio, si giunge alla morte cellulare con la successiva formazione di necrosi dovuta all aumento dell ipossia tissutale, determinando un ischemia locale. Le LDD sono la prova visibile di fattori multipli interagenti che possono essere distinti in fattori estrinseci (o locali) e fattori intrinseci (o secondari). 5

Fattori estrinseci, esercitano un azione meccanica sui tessuti molli: Pressione: s intende per pressione una forza applicata perpendicolarmente ad un unità di superficie. Il punto critico dello sviluppo di una LDD si raggiunge quando la forza comprimente fra superficie corporea e piano d appoggio è più intensa della pressione del sangue nel distretto arteriolo - capillare, per cui viene a crearsi una condizione d ischemia persistente. Questa pressione è la causa principale delle LDD, quando supera i 32 mmhg (valori della pressione dei capillari sanguigni) per periodo prolungati di almeno 2 ore. Il fattore tempo risulta essere indubbiamente una variabile importante per la formazione della lesione: una bassa pressione per un periodo prolungato di tempo è maggiormente dannosa rispetto all applicazione elevata per un periodo breve. Il danno tessutale compare quando viene superata una soglia data dal prodotto della pressione per il tempo; comunque l entità del danno dipende anche dallo spessore locale della cute, dal luogo preciso dove la pressione viene esercitata e da diversi fattori di tipo emodinamico (pressione a livello arteriolare, viscosità ematica, il valore dell ematocrito) tutti questi fattori possono significativamente far diminuire il livello critico di pressione/tempo capaci di determinare la formazione della LDD. La pressione media a livello delle zone d appoggio, e soprattutto in corrispondenza delle prominenze ossee, in una persona sdraiata su un comune materasso, varia tra i 20 e 70 mmhg 20. In realtà, in condizioni normali, la soglia pressione-tempo non viene mai superata, poiché il sistema nervoso sensitivo è in grado di percepire gli aumenti localizzati di pressione persistenti per tempi prolungati prima che si determini ischemia locale. In via riflessa tali stimoli nervosi inducono un immediato cambio di posizione. Tale meccanismo fisiologico è presente anche durante il sonno e la sua alterazione aumenta significativamente il rischio di contrarre lesioni da decubito. Le strutture più sensibili che subiscono il danno sono il tessuto adiposo sottocutaneo e i dotti escretori delle ghiandole sudoripare, poi la necrosi si estende alle ghiandole sebacee, all epidermide e ai follicoli piliferi; Forze di stiramento e di taglio: I vari segmenti corporei tendono a scivolare da una posizione ad un altra se non vengono costretti da un idonea postura, determinando a 6

livello della cute interessata una certa pressione con effetto di stiramento, microtrombosi locali, ostruzioni e recisione dei piccoli vasi con conseguente necrosi tessutale profonda. Le forze di scivolamento producono in soggetti anziani, allettati o costretti su sedie a rotelle, danni almeno tre volte superiori a quelle che si possono riscontrare in soggetti più giovani. Quindi, la superficie cutanea può essere compromessa ed esposta a rischio di lesione da decubito per la formazione di pieghe cutanee specie in soggetti anziani specialmente defedati e magri nei quali la cute è lassa e scarsamente aderente ai piani ossei sottostanti. La mancanza di grasso sottocutaneo aumenta infatti il danno provocato dallo stiramento. Le forze di stiramento agiscono parallelamente al piano interessato e sono più intense a livello sacrale, in posizione semi-seduta in cui il corpo tende a scivolare in avanti e in basso sino a raggiungere la posizione supina, in tal modo la pelle tende ad aderire alla superficie del letto mentre lo scheletro tende a scivolare in avanti provocando zone di stiramento dei tessuti superficiali su quelli profondi. Lo stiramento e la strozzatura dei vasi, che a partire dagli strati più profondi vanno a nutrire la cute, provocano ischemia e necrosi 21. Attrito o frizione: E la forza esercitata da due superfici che si muovono una contro l altra quando tra esse esiste un contatto che genera calore, sfregamento delle due parti. Non è un fattore determinante, ma può giocare un ruolo importante asportando gli strati superficiali dell epidermide e rendendo più suscettibile la cute agli eventi lesivi. Il fenomeno attrito diventa particolarmente evidente negli spostamenti del paziente a letto: quest azione dovrebbe essere eseguita sollevando il paziente ed eventualmente facendolo ruotare, ma mai trascinandolo 22. Macerazione: E determinata da una eccessiva presenza di liquidi a contatto della cute che può causare danni locali. Gli effetti dell attrito o frizione sono potenziati dall esposizione prolungata della cute all umidità conseguente ad incontinenza urinaria, diarrea, sudorazione. Inoltre, il contatto prolungato della cute con urine e feci determinerebbe un danno epiteliale diretto sia per gli agenti chimici o tossici che per la conseguente modificazione del PH cutaneo. Il segnale di allarme è identificabile con il colore violaceo della cute; indebolisce gli strati superficiali e favorisce la colonizzazione batterica 23. 7

Fattori intrinseci: relativi al paziente Età: I pazienti anziani dimostrano un aumentata suscettibilità alle lesioni da decubito a causa delle modificazioni della cute legate all invecchiamento quali la diminuzione del tessuto adiposo sottocutaneo, la diminuita percezione del dolore, la ridotta risposta immunitaria cellulo-mediata, il rallentamento della guarigione delle ferite. I cambiamenti importanti nella cute che invecchia includono anche la diminuzione dell attività proliferativa dell epidermide, l assottigliamento della giunzione dermo epidermica, la riduzione del microcircolo, la ridotta diminuzione infiammatoria locale, la riduzione della sensibilità e dell elasticità; Riduzione della mobilità: Ogni malattia o condizione che riducano l abilità del paziente a muoversi liberamente aggrava il rischio di insorgenza di LDD. La compromissione dello stato mentale, le malattie psichiatriche o neurologiche, la sedazione farmacologica, il dolore e le fratture ossee (in particolare la frattura del femore), diminuendo la mobilità del soggetto, costituiscono fattori di rischio per la comparsa della piaga da decubito. Per i soggetti costretti a letto si ritiene necessario effettuare cambi posturali, i quali sono in grado di eliminare la pressione, mentre la superficie antidecubito la può solo ridurre 24. Malnutrizione: Lo stato nutrizionale del paziente può essere severamente compromesso specie nei pazienti anziani, negli stati ipermetabolici, nelle iperpiressie prolungate e nella cachessia neoplastica. Influenza le caratteristiche del tessuto cutaneo, specialmente il basso apporto proteico e l ipoalbuminemia 25. Malattie croniche: Malattie arteriose (riducono la perfusione tissutale), cardiovascolari e respiratorie (portano a stasi venosa, alterata circolazione ematica e ipossia tissutale), diabete mellito (per le alterazioni neurologiche e del microcircolo), insufficienza renale, vari squilibri idroelettrolitici. Patologie neurologiche, che provocano un assenza o diminuzione della sensibilità, problema che porta l individuo a non reagire agli stimoli dolorosi o fastidiosi percepiti sulla pelle cambiando posizioni (ad es. lesioni midollari, coma, morbo di Parkinson, Alzheimer). 8

Altri fattori sono eventuali lesioni cutanee precedenti, patologie acute, disidratazione, ipotensione, ridotta resistenza cutanea, bassa ossigenazione tissutale 26. 1.2.3 Valutazione del rischio Una fase cruciale della gestione delle LDD è rappresentata dalla fase di valutazione del rischio di sviluppo delle stesse. Ridurre, infatti, l incidenza e la prevalenza ha importanti risvolti in termini di miglioramento della qualità della vita del paziente, di riduzione del carico di lavoro infermieristico, nonché di riduzione dei costi diretti ed indiretti. La prevenzione si basa su misure di carattere generale e locale. Obiettivi dell attività di prevenzione sono: identificare i soggetti a rischio, ridurre i fattori di rischio favorenti e quelli specifici, migliorare o recuperare la mobilità mediante interventi di riabilitazione ed attuazione di programmi educativi. L identificazione dei pazienti a rischio si basa sull utilizzo di diverse scale: le più conosciute sono quelle di Norton, la scala di Braden, quella di Gosnell, di Knoll e di Waterlow 27. Le più frequentemente usate sono quelle di Norton e di Braden e sono state sufficientemente studiate in merito ad affidabilità e validità per essere considerate strumenti utili per la valutazione e pianificazione dell assistenza 28. La scala di Norton è un sistema semplice da utilizzare e prende in considerazione cinque fattori: - Condizioni generali; - Salute mentale; - Deambulazione; - Mobilità; - Incontinenza. 9

Tabella 1: Scala di Norton. Condizioni generali Stato Mentale Deambulazione Mobilità Incontinenza 4. Buone 4. Lucido 4. Normale 4. Piena 4. Assente 3. Discrete 3. Apatico 3. Cammina con aiuto 3. Moderatamente limitata 3. Occasionalmente bagnato 2. Scadenti 2. Confuso 2. Costretto su sedia 2. Molto limitata 2. Abituale (urine) 1. Pessime 1.Stuporoso 1. Costretto a letto 1. Immobile 1. Doppia Ad ognuno di essi viene attribuito un punteggio da 1 a 4 e se il punteggio totale risulta essere inferiore o uguale a 12, la persona è considerata a rischio di LDD. La scala di Braden è un indicatore di rischio elaborato nel 1987 da Braden e Bergstrom. Vengono presi in considerazione 6 indicatori: - Percezione sensoriale; - Umidità; - Attività motoria; - Mobilità; - Nutrizione; - Frizione e scivolamento. 10

Tabella 2: Scala di Braden. Variabili Indicatori 4 3 2 1 Percezione Sensoriale Non limitata Leggermente limitata Molto limitata Completamente limitata Umidità Cutanea Risponde agli stimoli verbali. Non ha deficit sensoriale che limiti le capacità di sentire ed esprimere il dolore o il disagio. Raramente bagnato La pelle è abitualmente asciutta. La biancheria è cambiata ad intervalli di routine. Risponde agli ordini verbali ma non può comunicare sempre il suo disagio o il bisogno di cambiare posizione Occasionalmente bagnato La pelle è occasionalmente umida, è richiesto un cambio di lenzuola circa 1 volta al giorno Risponde solo agli stimoli dolorosi. Non può comunicare il proprio disagio o il bisogno di cambiare posizione. O Ha impedimento al sensorio che limita la capacità di avvertire dolore o il disagio in 1 o 2 estremità. Molto bagnato La pelle è spesso, ma non sempre umida. La biancheria deve essere cambiata almeno 2 volta per turno Non vi è risposta (non geme, non si contrae o non afferra) allo stimolo doloroso, a causa del diminuito livello di coscienza od alla sedazione. O Limitata capacità di avvertire stimoli dolorosi su gran parte della superficie corporea. Costantemente bagnato La pelle è mantenuta costantemente umida a causa della traspirazione, dell urina, ecc. ogni volta che il paziente si muove o si gira lo si trova sempre bagnato. Attività Fisica Cammina frequentemente Esce dalla stanza un paio di volte al giorno e gira per la stanza almeno ogni 2 ore nelle ore di veglia. Cammina occasionalmente Cammina occasionalmente durante il giorno ma per brevi distanza con o senza aiuto. Trascorre la maggior parte del tempo a letto o in poltrona. In poltrona Capacità di camminare molto limitata o inesistente. Il paziente non riesce a sostenere il suo peso e/o deve essere assistito in poltrona o sulla carrozzella. Completamente allettato Costretto a letto. Mobilità Nessuna limitazione Effettua i maggiori e più frequenti cambiamenti di posizione senza aiuto. Parzialmente limitata Effettua di frequente piccoli cambiamenti di posizione del corpo o delle estremità in modo autonomo. Molto limitata Riesce occasionalmente a fare piccoli movimenti corporei o delle estremità, ma non riesce a realizzare frequenti o significativi movimenti in modo autonomo. Completamente immobile Il paziente non riesce a produrre neppure piccoli movimenti del corpo e delle estremità senza assistenza. 11

Nutrizione Frizione e scivolamento Eccellente Mangia la maggior parte del cibo. Non rifiuta mai un pasto. Talvolta mangia tra i pasti. Non necessità di integratori. Adeguata Mangia più della metà dei pasti. 4 porzioni o più di proteine al giorno. Usualmente assume integratori. O Si alimenta artificialmente con NPT o NE assumendo il quantitativo necessario. Senza problemi apparenti Si sposta nel letto e in poltrona liberamene e ha sufficiente forza muscolare per sollevarsi completamente durante il movimento. Mantiene una posizione adeguata durate tutto il periodo un cui è a letto o in poltrona. Probabilmente scarsa Mangia raramente un pasto completo e generalmente il 50% del cibo offerto. L assunzione di proteine comprende tre quote di carne o latticini al giorno. Assume saltuariamente integratori alimentari se gli vengono offerti OPPURE riceve una dieta non ottimale, sia essa liquida o per sonda. Problema potenziale Si muove con debolezza oppure richiede una minima assistenza. Durante le pratiche di mobilizzazione probabilmente sfrega con alcune estremità contro le lenzuola, la sedia. Le sponde o qualche dispositivo. Mantiene una posizione relativamente corretta in sedia o a letto per una gran parte del tempo ma occasionalmente scivola in basso. Molto povera Non mangia mai un pasto completo. Assaggia solamente il cibo che gli viene offerto. Assume 2 quote giornaliere (carne o latticini). Assume pochi liquidi e nessun integratore. O È a digiuno o è mantenuto a dieta liquida o fleboclisi da più di 5 giorni. Problematico Il paziente richiede una assistenza da moderata a massima nel movimento. Sollevarlo senza sfregare contro le lenzuola è impossibile. Scivola verso i basso di frequente nella sedia o nel letto e richiede di essere riposizionato con il massimo d aiuto. Spasticità e contratture o uno stato di agitazione determinano una costante frizione. Le definizioni sono particolareggiate. Ci sono ventitré variabili con un punteggio che va da 1 a 4 ad esclusione del fattore frizione e scivolamento che ha un punteggio da 1 a 3. Questa scala si basa sul principio secondo il quale minore è il valore, maggiore è il rischio. Si evidenza una situazione di rischio se il punteggio è minore o uguale a 16 (alto rischio = 6; basso rischio=23). L infermiere applica la scala di Braden ai pazienti che entrano nell Unità Operativa entro le prime ventiquattro ore. Questo lasso di tempo è necessario perché il paziente possa essere valutato nelle diverse attività di vita e durante i diversi momenti della giornata. Trascorso questo periodo, l infermiere prende in esame ciascun indicatore ed assegna un punteggio relativo alla somma delle condizioni riscontrate. Assegnati i punteggi ad ogni variabile, se ne fa la somma. 12

Questo è il punteggio della scala che deve essere riportato in cartella. La valutazione viene ripetuta ogni sette giorni, ogni qualvolta le condizioni del paziente si modificano ed alla dimissione, così come consigliato dalla letteratura. Tutte le rivalutazioni devono essere documentate in cartella. A seconda del punteggio individuato si rendono necessari diversi tipi di interventi: Tabella 3: Punteggi Scala di Braden. Punteggio Intervento 20-17 Occorre attuare un piano di monitoraggio per l individuazione precoce di lesioni. 16-13 Occorre attuare un piano di monitoraggio e un piano preventivo con l utilizzo di eventuali presidi antidecubito anche sulla base della valutazione complessiva del paziente. < 13 Occorre attuare un piano di monitoraggio e un piano preventivo con il ricorso a presidi antidecubito (superficie antidecubito a pressione alternata o a cessione d aria) fatto salvo di una diversa indicazione clinica. La descrizione dei fattori presi in esame dalla scala Braden rende più sensibile lo strumento, inoltre vengono valutati gli aspetti della nutrizione e della frizione e scivolamento non presenti nella scala di Norton. 13

1.2.4 Complicanze delle lesioni da decubito Le LDD possono andare incontro a numerose complicanze, che nel caso di pazienti molto anziani e defedati, possono essere causa di morte. Le distinguiamo in complicanze di ordine locale e generale. Complicanze locali Infezione della piaga da parte di flora batterica mista Emorragie Presenza di tessuto necrotico fino alla gangrena Drenaggio purulento Cellulite della cute circostante Febbre Leucocitosi Osteite, Osteo-periostite, Osteomielite Complicanze sistemiche La complicanza sistemica più importante è la sepsi, in genere dovuta ad anaerobi o a Gram-negativi. 14

1.2.5 Classificazione delle lesioni da decubito Le LDD possono essere classificate secondo criteri clinici, topografici e di stato. Nell ambito dei criteri clinici l European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) e l Agency for Health Care Policy and Reaserch (AHCPR) forniscono indicazioni universalmente accettate che permettono di classificare le ulcere da pressione in quattro distinti stadi clinici ai quali l NPUAP (National Pressure Ulcer Advisory Panel) ha aggiunto, per gli USA, due ulteriori stadi riguardanti il sospetto danno degli strati tissutali profondi e le lesioni non stadiabili 29-30. La classificazione topografica tiene conto di una precisa correlazione tra la posizione assunta dal paziente e le sedi anatomiche delle lesioni ulcerative. Vengono individuate delle zone anatomiche ben precise ove si determineranno con maggiore probabilità, in rapporto alla posizione mantenuta dal corpo, le ldd. Nella posizione supina: regione sacrale, apofisi spinose vertebrali, spina della scapola, nuca e talloni; nella posizione laterale: regione trocanterica, cresta iliaca, malleoli, bordo esterno del piede, ginocchio, spalla, gomito, padiglione auricolare; in quella prona: zigomo, regione temporale, padiglione auricolare, arcate costali, spina iliaca antero-superiore; mentre in quella seduta: gomito, coccige, regione ischiatica, aree compresse dai bordi della sedia, da ciambelle, cuscini. Questo tipo di classificazione risulta di particolare importanza da un punto di vista riabilitativo. La classificazione in stato prende in considerazione il fatto che una lesione una volta formatasi può presentarsi in uno o più dei seguenti stati: necrotico, colliquato, infetto, fibrinoso, fibrino-membranoso, deterso, con tessuto di granulazione, emanante odore. Inoltre la lesione può essere poco essudante, essudante, molto essudante e può presentarsi sottominata e/o con tramiti fistolosi. Nell ambito di questa classificazione ricordiamo la classificazione secondo la scala di Sessing che valuta parametri quali il fondo e il bordo della lesione cutanea, la presenza di essudato, il suo odore e l escara necrotica individuando sette livelli di gravità: livello 1: cute normale ma a rischio; livello 2: cute integra, ma iperpigmentata ed arrossata; livello 3: fondo e bordo dell ulcera integri e non arrossati; livello 4: fondo e bordi dell ulcera granuleggianti, modesto essudato ed odore; livello 5: modesto tessuto di granulazione, iniziale e modesto tessuto necrotico, essudato ed odore moderato: livello 6: presenza di abbondante essudato, maleodorante, escara; bordo arrossato ed 15

ischemico; livello 7 : ulteriore ulcerazione intorno all ulcera primaria, essudato purulento, inteso odore, tessuto necrotico e sepsi 31. Di notevole supporto, infine, nel monitoraggio dell evoluzione delle lesione ulcerative, si è dimostrato l utilizzo di immagini fotografiche e di diagrammi che sono in grado di documentare in modo oggettivo le modificazione che intercorrono tra una valutazione/medicazione e quella successiva. Classificazione topografica e riguarda la sede della piaga a seconda della posizione del paziente: 1. Decubito supino: Occipite, scapole, gomiti, prominenze vertebrali, sacro e talloni; 2. Decubito prono: dorso del piede, ginocchia, pube, creste iliache, sterno, clavicole, zigomi, orecchio; 3. Decubito laterale: orecchio, costato, spalla, gomiti, trocanteri, creste iliache, malleoli, prominenze ossee laterali al ginocchio; 16

4. Paziente seduto: Talloni, prominenze ischiatiche, sacro, prominenze vertebrali, gomiti e scapole. 17

Le classificazioni anatomiche si basano sulla morfologia e la profondità della piaga, descrivendone il progressivo aggravamento. Tra queste, una delle più utilizzate la NPUAP (proposta dal National Pressure Ulcer Advisory Panel nel 1989), che classifica le ulcere da pressione in quattro stadi: Tabella 4: Stadiazione NPUAP delle lesioni da decubito. Stadio 1 Eritema della cute integra che non scompare alla digitopressione di solito localizzata in corrispondenza di prominenza ossea. Stadio 2 Stadio 3 Stadio 4 Lesioni non stadiabili Sospetto danno dei tessuti profondi Parziale perdita di sostanza che interessa l epidermide, il derma o entrambi. Perdita di sostanza a tutto spessore che si estende sino al sottocute senza però oltrepassarlo; la lesione di presenta clinicamente sottoforma di profondità cavità associata o meno a tessuto adiacente sotto minato. Lesione a tutto spessore che si estende sino al muscolo e/o osso con possibile coinvolgimento delle strutture di supporto. Perdita di tessuto a tutto spessore in cui l effettiva profondità dell ulcera è completamente nascosta da slough di colorito variabile e/o escara presenti sul letto della lesione. Fino a quando lo slough e/o l escara non vengono rimossi in modo tale da esporre la base dell ulcera, non è possibile determinare la reale profondità. Un escara stabile (secca, adesa, integra, senza eritema o fluttuazione) localizzata sui talloni ha la funzione di "natura e (biologica) copertura del corpo e non dovrebbe essere rimossa. Area localizzata di color porpora o marrone-rossastro di cute integrata, oppure vescica a contenuto ematico, secondaria al danno dei tessuti molli sottostanti dovuto a pressione e/o forze di stiramento. L area potrebbe essere preceduta da tessuto che appare dolente, duro, molliccio, cedevole, più caldo o più freddo rispetto al tessuto adiacente. Il danno dei tessuti profondi potrebbe essere difficile da individuare nelle persone di pelle scusa. L evoluzione potrebbe includere una sottile vescica su un letto di lesione di colore scuro. La lesione potrebbe evolvere ulteriormente ricoprendosi con un escara sottile. L evoluzione potrebbe esporre in tempi rapidi ulteriori strati di tessuto anche applicando un trattamento ottimale. 18

1.3 Cura delle lesione da Decubito La cura della LDD comprende lo sbrigliamento del tessuto necrotico, la pulizia della ferita, l applicazione di medicazioni e possibili terapie aggiuntive. 1.3.1 Sbrigliamento È l approccio che favorisce la rimozione del tessuto necrotico qualora sia presente nel letto di ferita della lesione. La presenza di tale tessuto devitalizzato sulla ferita in ambiente umido favorisce la crescita di microrganismi patogeni, di conseguenza la rimozione di tale tessuto sostiene la guarigione. Tra le diverse tecniche di sbrigliamento, quelle di tipo meccanico, enzimatico e/o autolitico sono indicate quando non vi è il bisogno clinico urgente di rimuovere il tessuto necrotico. Lo sbrigliamento con strumento tagliente invece è indicato generalmente quando vi è la necessità urgente come nel caso di presenza di lesioni con segni di infezione. 1.3.2 Pulizia della lesione da decubito La pulizia della lesione favorisce la rimozione del tessuto necrotico, l essudato e gli scarti metabolici, diminuendo cosi il rischio di infezione. Il processo di pulizia della ferita consiste nella scelta di una soluzione e di un mezzo meccanico per l applicazione della stessa sul letto di ferita a ogni cambio di medicazione. Nella scelta della soluzione si sconsiglia l utilizzo di detergenti per la pelle o agenti antisettici (ad esempio iodopovidone, perossido d idrogeno, acido acetico ecc.). Gli antisettici sono sostanze chimiche reattive, citotossiche per il tessuto così come le sostanze chimiche contenute nei detergenti cutanei. La soluzione fisiologica costituisce la scelta migliore in qualità di agente detergente poiché è un prodotto fisiologico, non provoca danni al tessuto e deterge in maniera adeguata gran parte delle ferite. Durante l applicazione di tale soluzione è necessario utilizzare una pressione d irrigazione sufficiente a migliorare la pulizia della ferita, senza però causare trauma al fondo della lesione stessa 32. 19

1.3.3 Guarigione delle ferite La guarigione è una risposta fibro-proliferativa che si occupa di riparare un certo tessuto mediante la neoformazione di un tessuto di granulazione che evolverà al ripristino di un unità tissutale identica a quella perduta oppure in una struttura definitiva detta cicatrice. 1.3.4 Modalità di guarigione delle ferite Classicamente la guarigione delle ferite della cute può avvenire per prima o seconda intenzione. Questa distinzione è basata sulla natura della ferita. È importante sottolineare che queste due modalità differiscono essenzialmente per l entità dei fenomeni riparativi, ma non per i meccanismi coinvolti, che sono fondamentalmente gli stessi 33. Guarigione per prima intenzione (Ferite con lembi giustapposti): L esempio meno complesso di guarigione di una ferita è fornito dalla rimarginazione di un incisione chirurgica pulita e non infetta in cui i lembi siano mantenuti giustapposti da una sutura chirurgica. Tale processo è definita unione primaria o guarigione per prima intenzione 34. L incisione causa la morte di un limitato numero di cellule epiteliali e connettivali, nonché l interruzione della continuità della membrana basale epiteliale. Lo stretto spazio lasciato dall incisione si riempie immediatamente di coaguli di sangue contenenti fibrina e cellule ematiche e la disidratazione della superficie del coagulo forma la ben nota crosta che ricopre la ferita. Entro ventiquattro ore presso i margini dell incisione compaiono i neutrofili, che si muovono verso il coagulo di fibrina. Entro ventiquattro-quarantotto ore gruppi di cellule epiteliali si spostano dai bordi della ferita lungo i margini tagliati del derma, depositando i componenti della membrana basale 35. Tali cellule si fondono al centro della ferita, sotto la superficie della crosta, producendo uno strato epiteliale continuo ma sottile che chiude la ferita. Entro il terzo giorno il tessuto di granulazione invade progressivamente lo spazio dell incisione ed entro il quinto giorno lo riempie completamente. La neoangiogenesi è massima e le fibrille di collagene diventano più abbondanti e cominciano a disporsi a ponte rispetto all incisione. L epidermide riprende il suo normale spessore. Durante la seconda settimana continua l accumulo di collagene e la proliferazione dei fibroblasti. Scompaiono l edema e l aumentata 20

vascolarizzazione. Alla fine del primo mese la cicatrice è costituita da tessuto connettivo privo d infiltrato infiammatorio. L epidermide è intatta. Guarigione per seconda intenzione (ferite con lembi separati): Se vi è una più cospicua perdita di cellule e tessuto, come nel caso di ferite superficiali con grossa perdita di tessuto, il processo riparativo risulta più complesso. La rigenerazione delle cellule parenchimali non può completamente ripristinare l architettura originale e quindi l abbondante tessuto di granulazione cresce dai margini della ferita per completare la riparazione. Questa forma di guarigione è indicata come unione secondaria o guarigione per seconda intenzione e differisce da quella per prima intenzione sotto diversi aspetti: - Ampie perdite di tessuto generano un più abbondante coagulo di fibrina che riempie la ferita e una maggior quantità di residui necrotici ed essudato che devono essere rimossi. Di conseguenza la reazione infiammatoria risulta essere più intensa; - Si formano quantità maggiori di tessuto di granulazione; - La caratteristica che differenzia la guarigione per prima da quella per seconda intenzione è il fenomeno della contrazione della ferita. Le fasi iniziali della contrazione della ferita interessano la formazione presso i margini della ferita di un reticolo di fibroblasti contenenti filamenti di actina. La permanente contrazione della ferita richiede l azione di miofibroblasti che hanno le caratteristiche strutturali delle cellule muscolari lisce. La contrazione di queste cellule riduce lo spazio tra i margini cutanei della ferita; - In fine si hanno la formazione di un evidente cicatrice e assottigliamento dell epidermide 36. 21

1.3.5 Processo di guarigione La guarigione consiste in un complesso ma ordinato fenomeno che coinvolge un certo numero di processi: - Induzione di un processo infiammatorio in risposta a una lesione iniziale, con rimozione di tessuto danneggiato o morto; - Proliferazione e migrazione delle cellule parenchimali e connettivali; - Formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) e tessuto di granulazione; - Sintesi delle proteine dell ECM e deposito di collagene; - Rimodellamento tissutale; - Contrazione della lesione; - Acquisizione della resistenza della ferita. Il processo di riparazione è influenzato da molti fattori che comprendono: - L ambiente tissutale e l estensione del danno; - L intensità e la durata dello stimolo; - Le condizioni che inibiscono l intervento come la presenza di corpi estranei oppure l inadeguato apporto di sangue; - Varie malattie che inibiscono la riparazione. L obiettivo del processo di riparazione è di ripristinare il tessuto riportandolo nella sua condizione originaria. La reazione infiammatoria determinata dalla lesione limita il danno, elimina gli stimoli lesivi, rimuove il tessuto leso e determina l inizio della deposizione dei componenti della ECM nell area di lesione 37. La riparazione inizia precocemente durante l infiammazione: i fibroblasti e le cellule endoteliali vascolari iniziano a proliferare per formare il tessuto di granulazione. Il termine deriva dal suo aspetto rosato, molle, granulare sulla superficie delle ferite, anche se in realtà sono le sue proprietà istologiche che lo caratterizzano: la formazione di nuovi piccoli vasi e la proliferazione dei fibroblasti. 22

1.3.6 Rimodellamento del tessuto cicatriziale Lo stadio finale della riparazione di una ferita consiste nella formazione della cicatrice, che inizia simultaneamente alla formazione del tessuto di granulazione e si completa con il suo rimodellamento. Durante la fase di sintesi delle molecole della nuova matrice extracellulare, che prosegue per diverse settimane dopo la chiusura della ferita, la cicatrice è spesso visibilmente rossa e rilevata. Nell arco di diversi mesi l aspetto della ferita di solito migliora: passa dal rosso violaceo al rosa biancastro, diventa più morbida ed elastica e si appiattisce. Scompaiono inoltre sintomi quali il prurito e il bruciore che spesso accompagnano le fasi iniziali del rimodellamento cicatriziale. A livello cellulare questo processo è caratterizzato dall azione delle collagenasi, che intervengono nel delicato equilibrio tra la sintesi e la degradazione di fibre collagene e matrice extracellulare. Nella fase finale dei rimodellamento la resistenza alla trazione raggiunge il suo massimo con la formazione di tessuto cicatriziale relativamente elastico, costituito da tessuto connettivo fibroso denso. 1.3.7 Fattori che influenzano la guarigione Numerosi fattori sistemici e locali influenzano la guarigione delle ferite. Lo stato nutrizionale (per esempio la carenza di vitamina C che notoriamente riduce la sintesi di collagene); la presenza di dismetabolismi (per esempio il diabete mellito che è noto provocare un ritardo nella guarigione); deficit circolatori dovuti ad aterosclerosi o stasi venosa. Il sito della lesione è anche un importante fattore influenzante la guarigione: ferite in aree riccamente vascolarizzate tendono a guarire più rapidamente di quelle in aree poco vascolarizzate. La presenza di eventuali corpi estranei di norma impediscono una normale guarigione, ma la singola più importante causa di ritardo è sicuramente l infezione della ferita 38. 23

1.4 Le medicazioni Il trattamento delle lesioni richiedono l applicazione di medicazioni al fine di conservare la loro integrità fisiologica. La medicazione ideale deve permettere di mantenere il fondo della lesione costantemente umido al fine di agevolare la guarigione, pertanto non devono essere utilizzate medicazioni asciutte. Le diverse condizioni della lesione come la profondità, l essudato e il tipo di tessuto indicano la scelta della tipologia di medicazione da adottare, ad esempio se una LDD è particolarmente essudante, l operatore si orienterà verso l utilizzo di una medicazione con capacità assorbente per il controllo della perdita di liquidi in eccesso. I materiali che appartengono alla categoria di medicazioni avanzate che favoriscono il controllo dell essudato, regolano il microambiente e gli scambi gassosi, impediscono la contaminazione batterica e fungono anche da matrice per l eventuale rilascio di farmaci. Il mercato offre numerosissime tipologie di medicazioni avanzate e la scelta di tali medicazioni va presa in base alle caratteristiche della lesione. 1.4.1 Medicazioni avanzate Con il termine medicazione avanzata si definisce un materiale di copertura che abbia caratteristiche di biocompatibilità: qualità che si identifica nell interazione del materiale con un tessuto e nell evocazione di una risposta specifica. Alcuni tipi di lesione della cute necessitano di un assistenza complessa. Grazie alle conoscenze scientifiche attuali, le medicazioni avanzate sono in grado di rispondere a tali necessità. La medicazione ideale è quella in grado di creare l ambiente ottimale per il processo di riparazione della lesione. L ambiente più favorevole alla ricostruzione del tessuto connettivo esposto e che darà inizio al processo di cicatrizzazione è l ambiente umido 40. In generale le medicazioni avanzate rispondono a tali principi: - Mantenere l ambiente umido a contatto con la lesione tissutale; - Permettere lo scambio gassoso di ossigeno, anidride carbonica e vapore acqueo con l ambiente; - Garantire l isolamento termico, essere sicura, non contenere elementi tossici, essere anallergica, sterile; 24

- Avere elevata capacità assorbente; - Agire da barriera all ingresso di microrganismi esterni che altrimenti aggraverebbero la lesione rendendola infetta; - Non aderire all area cutanea lesa; - Conformarsi alle superfici irregolari; - Permettere intervalli di cambio non giornalieri; - Permettere il monitoraggio del processo riparativo senza rimuovere le medicazioni. Considerando che non esiste una medicazione ideale per tutte le lesioni e che una singola medicazione non è efficace con la stessa intensità nelle varie fasi della riparazione tissutale, l obiettivo finale è rivolto verso un prodotto che prenda in considerazione non solo le condizioni locali della lesione, ma anche le condizioni generali del paziente, il suo stile di vita, l ambiente con cui interagisce ed il personale che dovrà gestire la medicazione nei tempi successivi 41. I progressi compiuti permettono oggi di poter evitare o minimizzare numerosi inconvenienti e fattori di rischio, tra cui la perdita di liquidi dalla lesione, la distruzione del tessuto neo-formato al momento della rimozione della medicazione, la necessità di frequenti cambi della medicazione con inevitabili esposizioni della lesione, la riduzione della mobilità del paziente, la probabilità che si verifichino sovra infezioni. Le medicazioni avanzate, se propriamente impiegate, offrono vantaggi in termini di efficacia clinica, misurata in termini di velocità di guarigione della lesione, qualità di vita del paziente ed economicità. Nei confronti della qualità di vita del paziente, la lesione ben pulita e idratata riduce le possibilità d infezioni e di conseguenza evita trattamenti invasivi di detersione della lesione che altrimenti potrebbero rendersi necessari. Una migliore praticità della medicazione apporta un comfort maggiore al paziente in termini di mobilità e autosufficienza; la non aderenza evita dolori durante i controlli e al momento della rimozione, inoltre la possibilità di utilizzo della medicazione a contatto con la lesione per più giorni rende il cambio meno frequente. Le medicazioni avanzate infatti possono rimanere in posizione per più giorni consecutivi, tale caratteristica da un lato favorisce il processo di guarigione della lesione, dall altro implica un minor numero di ore/personale necessarie al cambio della 25

medicazione, ridotto numero di medicazioni utilizzate, minor costo del personale impiegato per il controllo/sostituzione della medicazione/minor utilizzo di prodotti complementari. 1.4.2 Classificazione delle medicazioni Alginati Derivano dalle alghe brune, sono assorbenti e si adattano perfettamente alla forma della lesione. L alginato, che può essere a base di calcio o sodio, interagisce con l essudato della lesione e forma un gel morbido che mantiene umido l ambiente di cicatrizzazione. I prodotti a base di ioni/calcio possono avere azione favorente il processo di coagulazione. L alto potere assorbente di questa categoria e la loro possibilità di adattarsi a qualsiasi fondo, agevolano l allontanamento di residui batterici attraverso il loro inglobamento nella matrice gelificata. Attraverso la loro azione permettono l assorbimento e la lisi anche di strati ridotti di fibrina. Sono adatti per ferite cavitarie e molto essudative o infette, non sono indicati per ferite asciutte. Carbossimetilcellulosa Fibre non tessute di carbossimetilcellulosa sodica in grado di assorbire rapidamente e di trattenere i liquidi. La medicazione interagisce subito con l essudato grazie alla sua trasformazione in gel coesivo che crea un ambiente umido. Alcune possono contenere fibre di alginato che vanno a potenziare il grado di assorbimento interagendo con il fondo della lesione. Hanno la capacità di trattenere all interno i liquidi e di non cederli sotto compressione. In tal modo si ha un controllo sulla carica batterica che viene inglobato insieme all essudato. Sono medicazioni primarie e/o secondarie in base all abbinamento con l alginato e con prodotti di copertura come le schiume. Sono indicate per le lesioni da moderatamente a fortemente essudanti anche in fase di granulazione. Schiume di poliuretano 26

Le medicazioni a base di schiuma sono assorbenti, possono essere di vario spessore ed, essendo antiaderenti, non comportano nessun trauma durante la loro rimozione. Alcune di queste medicazioni hanno un bordo adesivo e posso avere anche una pellicola di rivestimento che funge da ulteriore barriera antibatterica. Creano un ambiente umido e favoriscono l isolamento termico. Indicate per ferite granuleggianti con moderata perdita di essudato. Possono essere utilizzate con idrogeli per facilitare lo sbrigliamento del tessuto devitalizzato. Idrocolloidi Sono le prime medicazioni avanzate messe in commercio e ancora oggi le più utilizzate. Sono sistemi idroattivi polimerici con scarsa capacità assorbente e in grado di favorire lo sbrigliamento. Indicati per ferite con lieve essudato, granuleggianti e/o con minima presenza di tessuto necrotico (giallo o nero). Controindicati nelle lesioni infette. Idrogeli Gel a base acquosa (circa per il 70%) in grado di idratare e favorire lo sbrigliamento autolitico e favoriscono il processo di granulazione. Indicato per lesioni superficiali o cavitarie con presenza di tessuto necrotico (nero o giallo). Film semipermeabili Sono medicazioni primarie e/o secondarie in film adesivi di poliuretano, semiocclusivi, trasparenti con o senza tampone assorbente per la prevenzione e il trattamento di lesioni in fase di riepitelizzazione. 27

Medicazioni a base di argento Hanno proprietà antibatteriche. Sono indicate per la gestione di ferite con segni di infezione e nelle lesioni con essudazione media/elevata. Riducono la carica batterica senza danneggiare il tessuto del fondo devitalizzato e mantengono l ambiente umido. Estremamente flessibili, si adattano a qualsiasi tipo di ulcera: superficiale, profonda o con tragitti fistolosi. Non aderisce al letto della ferita e la sua rimozione risulta atraumatica 42. Pomate enzimatiche Favoriscono lo sbrigliamento del tessuto necrotico con azione enzimatica. Indicate nelle lesioni superficiali o cavitarie con tessuto devitalizzato. 28

1.5 Terapia topica a pressione negativa (NPWT) La terapia topica a pressione negativa (NPWT) è una tecnica terapeutica che è andata sempre più affermandosi negli ultimi anni per quanto riguarda il trattamento e la gestione di ferite definite "difficili", vale a dire quelle ferite che non seguono un normale processo di guarigione e che possono mostrare complicazioni molto più facilmente. Si tratta in pratica di un sistema di drenaggio e medicamento della ferita sotto vuoto, vale a dire che dopo una medicazione con garze idonee allo scopo si applica un sistema di aspirazione che può essere continuo ma anche alternato (vale a dire variazioni di pressioni nell'arco del tempo), che ha lo scopo di accelerare il processo di guarigione e di garantire risultati che medicazioni complesse standard non riescono a raggiungere. Gli effetti tissutali della NPWT sono ormai ampiamente descritti in letteratura, dalla quale si evince come questo tipo di terapia possa aiutare nella risoluzione di ferite difficili. La NPWT offre diversi meccanismi di azione, in particolare un aumento della perfusione della ferita, la riduzione dell'edema, la stimolazione della formazione di tessuto di granulazione e un decremento della colonizzazione batterica nonché la continua rimozione dell'essudato proveniente dalla ferita 43. Figura 2: Meccanismo di azione della NPWT. 29