L Industria Idrica Italiana: i Modelli di Gestione



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L industria idrica italiana Scenario economico finanziario, struttura territoriale e modelli di gestione a confronto A cura di Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno 1. L evento L Industria Idrica Italiana: i Modelli di Gestione e gli Scenari Futuri è il titolo del convegno che l Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Soci Fondatori: Banca Opi, Compagnia di San Paolo, Istituto Banco di Napoli Fondazione, Sanpaolo, Sanpaolo Banco di Napoli, Sanpaolo Imi Investimenti per lo Sviluppo) ha organizzato a Roma il 23 giugno, presso la sede dell ABI (vedi foto ). Il comparto idrico è una tematica che sta particolarmente a cuore all Associazione SRM, perché considerata trainante per lo sviluppo ed il decollo non solo del Mezzogiorno ma dell intero territorio italiano. L evento - seguito ad un primo seminario sul settore, inquadrato dal punto di vista infrastrutturale, già presentato a Napoli nel giugno 2004 - ha voluto esortare ad una riflessione sullo sviluppo e sulle prospettive dell industria idrica italiana, con uno sguardo particolare al Sud, secondo una visione molteplice del fenomeno: imprenditoriale, territoriale e finanziario. Partendo dalla presentazione del lavoro, curato dai ricercatori di SRM, dal titolo L industria idrica italiana. Scenario economico finanziario, struttura territoriale e modelli di gestione e confronto 1, si è inteso dare grande risalto alle questioni che ruotano intorno alle non ancora risolte problematiche del sistema idrico industriale del Paese e del Mezzogiorno. Secondo lo stile di SRM, con la ricerca presentata, si è dato ampio spazio alla voce del territorio. Dopo aver pubblicato le testimonianze dei principali gestori, ottenute grazie ad incontri nelle sedi delle diverse società, ci si è prefissato l obiettivo di richiamare dal vivo tutti i protagonisti, per un confronto a più voci, dal quale sono scaturiti diversi spunti costruttivi. L evento è stato, dunque, un momento di dibattito tra tutti i principali attori del sistema, chiamati a fornire un contributo di idee e di opinioni sulle diverse questioni richiamate all attenzione, ed in particolare, sulle problematiche attinenti alla disamina dei diversi modelli gestionali. Erano presenti il Presidente di SRM, Federico Pepe, e il Direttore Generale, Francesco Saverio Coppola. I soggetti coinvolti nelle relazioni, tutti di primario standing e diretti rappresentanti di tutto il mondo economico, operativo, tecnico e finanziario sono stati moderati dal Responsabile Scientifico dell Associazione, Maria Teresa Salvemini Ristuccia. Hanno partecipato autorevoli esponenti di alcune delle maggiori società di gestione del servizio idrico 2 ; le associazioni di categoria (Federutility); la Banca OPI; le istituzioni governative (Autorità per la vigilanza sulle risorse idriche e sui Rifiuti del Ministero dell Ambiente). In rappresentanza dell Autorità è intervenuto il Presidente, Prof. Ettore D Elia, a cui sono state affidate le conclusioni del convegno. Lo stesso D Elia ha annunciato che una parte della ricerca sarà inserita nella prossima Relazione al parlamento sullo Stato dei Servizi Idrici dell Autorità di Vigilanza. 2. La ricerca Il tema della ricerca - l industria idrica ha oramai un indiscutibile importanza economica, infrastrutturale, imprenditoriale e finanziaria per il Paese ed in particolare per il Mezzogiorno. La rilevanza economica del comparto è testimoniata dal fatto che esso muove un sistema industriale complesso, caratterizzato dalla presenza di numerose gestioni nelle varie fasi della filiera (acquedotto, depurazione e fognatura), di molteplici forme giuridiche (Spa, Spa Miste, Spa Pubbliche, aziende speciali, gestioni in economia.) e di differente dimensione (grandi imprese, grandi gruppi, medie e piccole imprese) che trattano cir- 1 La ricerca è stata curata da: Francesco Saverio Coppola (Direttore di ricerca), e dal team composto da Alessandro Panaro (Responsabile di ricerca), Consuelo Carreras, Anna Arianna Buonfanti, Mariano Chianese. 2 ACEA di Roma, HERA Bologna, SMAT Torino, ARIN Napoli, AMAP Palermo, Acquedotto Pugliese, Acquedotto Lucano.

24 A&T A&T 25 ca 8 miliardi di metri cubi di acqua l anno per uso civile, agricolo ed industriale. Imprese che creano sviluppo, tecnologia, occupazione, indotto e PIL. Si tratta di un settore che coinvolge un vasto sistema associativo, interessa il settore pubblico ed è sempre presente in tutti i documenti di programmazione economica delle Amministrazioni Centrali, Territoriali e Locali. È indubbia, inoltre, la valenza finanziaria del comparto idrico indicata dal massiccio stanziamento di risorse previste dal Quadro Comunitario di Sostegno e dalla Legge 443/01-Legge Obiettivo, che prevedono investimenti per oltre 8 miliardi di euro, senza considerare altre fonti finanziarie che lo Stato mette a disposizione attraverso leggi speciali ed altre risorse di origine locale. È un settore in profonda trasformazione che sta progressivamente ridisegnando i propri confini; numerosi sono, infatti, i fenomeni di fusione tra gruppi, le trasformazioni di assetti societari e le forme di aggregazione anche con aziende di altro settore (cd. fenomeno delle multiutilities). A ciò si aggiunga un quadro normativo di riferimento incerto e mutevole. Grandi questioni ruotano, dunque, attorno al problema delle utilities del settore idrico. E sono queste le premesse che hanno animato la ricerca realizzata dall Associazione SRM. La finalità principale della ricerca è stata l analisi dei modelli territoriali in cui si configura l industria idrica italiana, con particolare riferimento a quella meridionale, e l analisi dei diversi modelli di gestione societaria che le aziende del servizio idrico scelgono. L analisi del modello territoriale è stata svolta con lo scopo di verificare la struttura della domanda e dell offerta del servizio idrico, diversa in ogni Regione, approfondendo come le Regioni abbiano differentemente risposto, in termini di definizione delle strategie di sviluppo, ai dettati della legge 36/94-Galli. L esame del sistema territoriale di governance dell acqua è stato realizzato puntando l attenzione sulla frammentazione delle competenze, pubbliche e private, che esistono nel sistema idrico e sui grandi cambiamenti che la riforma dei servizi pubblici locali (Legge 448/01) ha imposto in termini di assetti territoriali e societari. Obiettivo dell analisi del modello societario di gestione è stato l approfondimento dei diversi assetti societari delle industrie idriche, la loro distribuzione territoriale e patrimoniale, le forme giuridiche prescelte, le integrazioni tra le aziende della filiera idrica (acquedotto, depurazione e fognatura), gli approcci al mercato dei vari players e la finanza utilizzata per gli investimenti. 3. I temi specifici Il comparto idrico, dunque, è stato approfondito da diversi punti di vista: imprenditoriale, territoriale e finanziario. Nelle foto alcuni momenti del Convegno L Industria Idrica Italiana i Modelli di Gestione e gli Scenari Futuri Dall analisi degli aspetti imprenditoriali emerge un sistema dell acqua strutturalmente molto diversificato, ancora caratterizzato da una marcata frammentazione e contraddistinto dalla presenza delle più svariate forme di gestione. L obiettivo operativo finale della Legge Galli è, dunque, ancora lontano soprattutto per alcune realtà come la Campania, la Calabria, la Sicilia. Laddove per raggiungimento dell obiettivo non si intende soltanto l affidamento dell ATO al gestore unico ma anche il termine del complesso processo di aggregazione tra tutti i gestori di un territorio, siano essi di sola distribuzione idrica oppure anche di depurazione e fognatura (filiera verticale). I processi di cambiamento imposti dalla normativa di settore sono tuttora in corso e stanno disegnando un panorama piuttosto variegato in cui spiccano local players di primario standing distribuiti in tutto il territorio nazionale, ovvero aziende quotate in borsa, con strategie diverse e differente dimensionamento, che investono risorse e competenze anche all estero. Accanto ad esse, operano nel comparto: aziende già consolidate negli anni che beneficiano delle economie storiche e che si sviluppano con la precisa logica di presidiare il territorio di riferimento; nuove realtà che hanno origine dall accorpamento dei soggetti locali presenti in un determinato ATO; nuove società nate con il preciso scopo di gestire un ambito specifico con un socio di riferimento prevalente; e, infine, un grosso numero di gestioni comunali. L aggregazione tra società idriche nell ATO è il principio che anima la Legge 36/94-Galli e che, come accennato, non sta verificandosi in modo rapido, in particolare nel Mezzogiorno. Su questo fronte è da osservare che lo stato di attuazione degli affidamenti degli ATO mostra, nel Sud, una percentuale del 32%, la più bassa delle tre partizioni territoriali in cui è suddivisa l Italia. La ricerca ha evidenziato che il fenomeno non è dovuto al mancato varo dei bandi di gara, ma al fatto che le gare vanno spesso deserte ; il fenomeno è diffuso soprattutto in Calabria e Sicilia che hanno esigenze forti di sviluppo e razionalizzazione del settore idrico. Le gare, che rappresentano l intenzione del gestore di iniziare un processo di aggregazione, non vanno a buon fine per vari motivi: la non condivisione da parte dei gestori dei piani di ambito, la nascita di discordanze tra il gestore e gli enti locali territoriali e, non meno importante, la modesta appetibilità del settore idrico per il gestore privato. Se da un lato queste criticità rendono non facile l applicazione della Legge Galli nel breve termine, dall altro anche nel Mezzogiorno esistono eccellenze, ovvero casi di aziende come Acquedotto Lucano (che ha aggregato le gestioni di oltre 100 comuni lucani) e GORI (che gestisce l ATO Sarnese Vesuviano della Campania) che hanno fatto scuola e dimostrato che l impresa non è impossibile. L aggregazione è importante in quanto crea l aumento delle dimensioni societarie e la possibilità di ottimizzare gli investimenti. La spesa per un progetto molto impegnativo, difficilmente avvicinabile da una sola società, può diventare fattibile all interno di un azienda di maggiori dimensioni o addirittura di un Gruppo. La possibilità di condividere quelli che inizialmente erano punti di forza di una sola realtà territoriale, diffondere e implementare le best practi-

26 A&T A&T 27 ces rende migliore la gestione del servizio in tutti i territori amministrati. Il processo di aggregazione in alcune aree del Paese è ancora lungo e complesso da attuare ma, laddove realizzato, ha iniziato a dare i suoi benefici al territorio, aprendo spazio alla creazione di sempre nuove efficienze. Il settore anche da un punto di vista aziendale appare molto articolato, contraddistinto da società specializzate e da aziende multiservizi. Oggi, queste ultime dominano di fatto il processo di industrializzazione del mercato idrico, facendosi portavoce di un modello gestionale innovativo e profittevole. Un modello in cui l aggregazione e l aumento delle dimensioni societarie si traducono in crescita dell efficienza, conquista di sinergie e sfruttamento di economie di scala. Da un punto di vista strategico, il business multiutility comporta, infatti, diversi vantaggi. Innanzitutto, consente di ottimizzare i flussi di cassa dei business più ricchi indirizzandoli nella realizzazione degli investimenti in settori che hanno una generazione di cassa non sufficiente a coprirne i costi. In secondo luogo, essere multiutility permette lo sfruttamento ottimale dei costi di struttura; in particolare, sul prezzo pagato dal cliente finale si ottiene un margine per ogni servizio fornito, con un costo di gestione amministrativa del cliente che è unico ed uguale se si fornisce uno o più servizi. Il terzo vantaggio riguarda più espressamente la fidelizzazione del cliente. È possibile agire su un cliente che originariamente usufruisce solo del servizio idrico per offrirgli, per esempio, anche quello del gas. Ottimizzare l accesso al cliente è il nodo fondamentale su cui si gioca la vera competizione all interno del settore a livello nazionale ed europeo. È necessario aggiungere che nel settore utility sono ridotti i margini per fare leva sul prezzo per conquistare e mantenere la clientela: l unica I vantaggi di essere multiutility strategia è agire sulla qualità del servizio offerto. Le grandi multiutility controllate dagli enti locali sono più presenti al Nord. La maggior parte di queste aziende è quotata in borsa. Le motivazioni legate alla scelta di quotarsi in borsa sono diverse. In primo luogo, i Comuni che sono proprietari di una società di servizi pubblici, quotando una parte minoritaria delle azioni, hanno l occasione di far fruttare il loro investimento, pur mantenendo il controllo dell Ente. Nella maggior parte dei casi, i Comuni proprietari hanno raccolto una grande quantità di risorse che hanno poi convogliato in investimenti rivolti ai propri territori, non necessariamente indirizzati al settore dei servizi pubblici. Poi, se la quotazione in Borsa è fatta su una società efficiente che garantisce una produzione di ricchezza, c è la ragionevole certezza - tanto per l investitore privato quanto per il Comune - di un aumento del valore delle azioni possedute. Inoltre, una società in crescita assicura anche dividendi in aumento; così gli stessi Comuni hanno la sicurezza di un flusso annuale di cassa in entrata, spesso anche consistente. In merito alla proprietà della rete idrica c è da dire che il Comune, cedendola in utilizzo al Gestore a fronte di un canone d affitto, ottiene il vantaggio di non doversi occupare dell espansione e della manutenzione degli impianti, demandando tali attività interamente al gestore. Il Mezzogiorno è, invece, caratterizzato dalla presenza di società specializzate (monobusiness), con un forte consolidamento territoriale ed in cui è forte la componente societaria pubblica. Si tratta di aziende con una valida capacità di innovare strategicamente e operativamente le proprie attività, e contestualmente offrire una buona qualità del servizio. Tutti i modelli di gestione esaminati hanno sempre la componente ente locale nel loro assetto societario. Se da un lato questa partecipa- Perché aggregarsi zione pubblica può dare esempi di efficienza, dall altro però può rendere spesso troppo vincolato il gestore a procedure farraginose e lunghi iter autorizzativi per la realizzazione di investimenti, comportando, inoltre, che le opere da realizzare dalla società siano quasi totalmente assoggettate alla disponibilità di risorse finanziarie provenienti dagli enti locali, regionali e statali, fondi che sono in costante diminuzione. La presenza della governance pubblica nel settore idrico è ad oggi di un certo rilievo. In merito ad essa, in special modo dalle risultanze dell indagine territoriale, è emersa la necessità di individuare modelli di corporate governance per le public utilities in grado di bilanciare l esigenza di garantire il presidio pubblico sull erogazione di servizi di pubblico interesse, da un lato, con il crescente fabbisogno di autonomia d impresa dall altro. In questi modelli il ruolo dell ente pubblico dovrebbe essere di raccordo tra le istanze della collettività e la disponibilità della risorsa, mentre compito del gestore sarebbe dirigere il servizio in maniera funzionale alle esigenze dell utenza. Èevidente l importanza del ruolo della Pubblica Amministrazione, sia Centrale che Locale, nella definizione dell assetto idrico di un determinato territorio. È ormai chiaro che governo pubblico non è sempre sinonimo di inefficienza gestionale; molti casi di successo nella configurazione dell industria idrica sono infatti strettamente connessi alla presenza di enti pubblici (locali per lo più) dinamici e che hanno voglia di far esprimere appieno la grande potenzialità economica, industriale e finanziaria di questo settore, nel quale le Istituzioni centrali devono impegnarsi a fornire un corretto quadro regolamentare mentre i Governi regionali devono adattarlo al proprio territorio e gli altri organi locali devono svolgere il ruolo di indirizzo delle scelte e di controllo dei risultati operativi. In una situazione così delineata, l intervento del privato contribuisce a creare, invece, nella compagine societaria quel mix giusto di orientamento al business e di mantenimento della componente sociale del bene acqua che l ente pubblico è chiamato a garantire. Occorre comunque dire che la gestione del bene acqua ormai ha raggiunto un livello di complessità elevato; avere a disposizione opere da gestire e manutenere, personale specializzato da formare, sistemi di telecontrollo per monitorare perdite, risorse finanziarie da investire, tecnologie cui adeguarsi, necessita di un assetto societario non più delegabile ad enti locali, talvolta di dimensioni ridottissime o a piccole società. Occorrono società per azioni strutturate e professionalità specifiche e una mentalità manageriale rivolta alla soddisfazione della clientela e al mantenimento di efficienze che non possono più gravare sul settore pubblico se non per aspetti relativi al controllo del territorio ed al monitoraggio dell uso dell acqua e alla sua qualità.

28 A&T A&T 29 Si è detto che nel panorama societario delle utilities idriche spiccano diverse aziende nella cui compagine azionaria figurano players stranieri. La presenza di operatori stranieri nel mercato idrico italiano, dopo un iniziale crescita, è attualmente in una fase di inerzia. Il mercato, nel suo complesso, presenta un grado di internazionalizzazione relativamente basso rispetto ad altri Paesi. Date le peculiari caratteristiche normative e strutturali dell Italia, infatti, l ingresso dei grandi players esteri è avvenuto mediante la partecipazione a joint-venture con aziende italiane, in genere con quote di minoranza, ma con un peso in termini di esperienza e know-how assolutamente non secondario. Le mire ambiziose di operatori internazionali quali Veolia e Suez hanno trovato non pochi ostacoli nella scarsa redditività del settore e nel suo, a volte eccessivo, legame con il settore pubblico, nell inadeguatezza delle tariffe che rendono le gare poco remunerative, in un quadro normativo incerto e mutevole con una legge che ha manifestato, in undici anni, numerose difficoltà sul piano procedurale e applicativo. Nell esame degli aspetti territoriali, in particolare in merito all impianto normativo, c è da dire che il recepimento, mediante legge regionale, dei contenuti e delle direttive imposte dalla Legge 36/94 Galli, dopo un percorso non facile è avvenuto formalmente ma spesso non operativamente. Sussistono ancora discordanze nella configurazione degli ATO e delle competenze territoriali in particolare dove gli ATO stessi hanno la conformazione del bacino idrografico. In generale, è opinione consolidata che la Legge 36/94 vada rivista in alcuni suoi aspetti e resa più industriale e meno pubblica. Per esempio va rivisto l impianto di determinazione della tariffa, vero nodo allo sviluppo del sistema industriale idrico. Essa, con i suoi livelli di remunerazione, non consente al gestore del servizio di poter operare ed investire risorse con la dovuta efficienza ed efficacia consentendo talvolta solo l effettuazione di interventi di mera manutenzione o di gestione ordinaria dell esistente. L impianto normativo (e con esso quello tariffario) necessita in definitiva di una rilettura in chiave manageriale ed imprenditoriale, non trascurando tuttavia gli indispensabili aspetti connessi alla dimensione sociale del fenomeno. È pur vero che se le gare per l affidamento del servizio idrico vanno deserte anche perché investire in acqua non è remunerativo, in alcune aree del Paese l alternativa è non avere un gestore e rimanere con bassi o bassissimi livelli di servizio. A tale proposito, dalla ricerca è emersa una prevalenza abbastanza evidente degli affidamenti diretti nonostante la gara con procedura ad evidenza pubblica debba costituire la modalità principale di affidamento, sia per quanto attiene alla selezione del soggetto privato in caso di concessione, sia per quanto concerne la scelta del partner privato nell ambito di società miste. L orientamento iniziale delle Autorità d Ambito è stato, in ossequio allo spirito privatistico della riforma, quello della concessione o della società mista. Nonostante la scelta fatta, le difficoltà incontrate sono state tali da far tornare sui propri passi molte AATO per tentare poi la strada della gestione in house. Spesso gli enti locali hanno dovuto scegliere la forma della società pubblica anche a causa di difficoltà di coordinamento dei vari interessi sul territorio e per opinioni politiche divergenti. Esaminando le cifre relative alle gare espletate, su 76 Ato che hanno approvato i piani d ambito meno di un terzo ha bandito una gara. Da sottolineare una particolarità geografica: ad avviare le procedure sono state soltanto regioni del Centro Sud. Le regioni prolifiche di gare sono la Sicilia e la Toscana; tra le due, però, c è una rimarcata differenza riguardante l esito delle partecipazioni, negativo nella prima, molto positivo nella seconda. Le Autorità d Ambito continuano ad avere difficoltà nel trovare concorrenti sia per l assenza in loco di aziende che possiedono i requisiti richiesti, sia per il modesto interesse delle aziende esterne ad affacciarsi sul mercato. Per rendere gli appalti maggiormente redditizi, e dunque più appetibili, in molte procedure di gara si è stabilito che il privato che si aggiudica la concessione può occuparsi direttamente anche dei lavori connessi, senza dover ricorrere ad una successiva gara. In questo modo i potenziali investitori avrebbero interesse per la gestione degli investimenti e non del servizio; vista, infatti, la modesta capacità di recupero dei costi (la tariffa media italiana presenta un grado di copertura dei costi non superiore al 15%), il mercato cerca di conseguire margini attraverso la realizzazione delle opere. Nel corso della ricerca si è avuto modo di constatare che, in materia di risorse idriche, vi sono anche numerose competenze che contribuiscono a non rendere sempre rapide le procedure di concessione del servizio e gli iter necessari per la pianificazione e la realizzazione degli investimenti. Sono stati, infatti, individuati 11 livelli di competenza, tutti pubblici, e su diverse materie; senza considerare, poi, che all interno dell ente pubblico le stesse competenze sono a loro volta ripartite sui vari dipartimenti. Sempre in merito agli investimenti si evince l importanza inequivocabile delle risorse pubbliche per la realizzazione delle opere idriche. L ultima relazione del Comitato per la Vigilanza sull Uso delle risorse idriche datata dicembre 2005, riporta che il tasso di partecipazione del capitale pubblico al finanziamento degli investimenti si è attestato nel Sud e Isole 3 al 41% nell anno 2004 contro il 28% del Nord 4 ed il 12% del Centro 5. Il tasso di partecipazione del capitale pubblico al finanziamento delle opere è, dunque, particolarmente alto nel Mezzogiorno. Lo stesso Comitato per la Vigilanza evidenzia un totale investimenti previsto dai piani di ambito per il ciclo idrico integrato pari a 112 miliardi di euro nei prossimi 30 anni 6 ; effettuando l ipotesi, con le dovute cautele, che la media di investimenti annua ammonti a circa 3,7 miliardi di euro e che, come accennato, il ritmo di investimenti (pubblici + privati) viaggi a circa 850 milioni di euro l anno, la cadenza dovrebbe essere tale da raggiungere ulteriori 2,8 miliardi di euro l anno. Vale a dire che la misura attuale degli investimenti è pari al 22,7% di quelli necessari. L ipotesi ha alcuni limiti ma comunque fornisce un idea di massima sul fatto che la realizzazione degli investimenti sta scontando forti ritardi. L analisi della banca dati Conti Pubblici Territoriali mostra un altro aspetto relativo alla finanza pubblica: in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno si registra un andamento costante o decrescente delle disponibilità. Sussistono, dunque, perplessità circa il raggiungimento, anche nel futuro, degli standard di investimento richiesti dai piani di ambito. È emerso, inoltre, una governance delle risorse di completa competenza delle Regioni, che detengono il 79,9% della finanza idrica disponibile. Le stesse regioni, tra l altro, manifestano, nei rispettivi programmi operativi regionali, la difficoltà di effettuare investimenti, seppur con la presenza di risorse comunitarie e statali. Il sistema industriale idrico, quindi, fonda le radici del suo sviluppo in un impianto finanziario che va decisamente nella direzione della diminuzione delle risorse disponibili, unitamente alla complessità che hanno queste risorse nell essere gestite ed erogate. Negli stessi piani di ambito elaborati dagli ATO, tra l altro, spesso si fa riferimento a programmi in cui è significativa la componente di risorse pubbliche insieme alla componente tariffaria, 3 Sono considerate Sud e Isole dal Coviri le regioni Basilicata, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia (delle regioni Calabria e Molise non sono disponibili i dati). 4 Sono considerate Nord le regioni Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto (delle regioni Friuli e Valle d Aosta non sono disponibili i dati). 5 Sono considerate Centro le regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana, Umbria. 6 I dati relativi sono calcolati su 69 piani di ambito dei 91 previsti.

30 A&T A&T 31 Legge obiettivo: ripartizione delle risorse per regione (fonte CIPE) quindi gli stessi vincoli della legge Obiettivo e dei POR diventano i vincoli allo sviluppo del sistema. In merito alla politica delle grandi opere che trova la sua massima espressione nella Legge 443/01- Obiettivo, i dati disponibili evidenziano ritardi nella realizzazione delle infrastrutture, complessità amministrative (i progetti non sono allo stato idoneo per essere finanziati) e operative-finanziarie (le risorse stanziate sono inadeguate per far fronte alle esigenze). Nel comparto idrico, nonostante si sia registrata nel corso dell anno un accelerazione, le iniziative restano ancorate alla fase di progettazione per l 85% delle opere. Nella ricerca si è dato rilievo all esame dei dati, più recenti, contenuti nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria 2006-2009. L elaborazione finale fa riflettere sullo stato di avanzamento delle legge Obiettivo per quanto riguarda gli schemi idrici. Se viene considerato l importo previsto dal Programma iniziale varato nel 2001, sarebbero ancora da reperire 3.365 milioni di euro pari al 72% del totale. Al riguardo, l analisi regionale illustra dati particolarmente gravosi per sei aree del Sud; solo Sicilia e Molise avrebbero raggiunto stati accettabili di avanzamento. Praticamente quasi nulla la situazione per Abruzzo, Calabria e Puglia dove mancherebbero all appello il 92% delle risorse previste. Grande importanza hanno invece le risorse comunitarie e il loro peso, sul totale dei fondi disponibili per lo sviluppo del ciclo delle acque, è consistente. Tutte le misure esaminate, rivolte allo sviluppo delle risorse idriche, presentano però problematiche di attuazione collegate, per lo più, al mancato affidamento del servizio idrico al gestore unico e al ritardo nell elaborazione del piano di ambito. Considerato, dunque, che le risorse finanziarie pubbliche vanno via via diminuendo e vi sarà un momento in cui anche quelle comunitarie subiranno uno stop inevitabile dovuto all uscita del Mezzogiorno dalle regioni Obiettivo 1 dell UE; che le risorse finanziarie per le grandi opere, come ampiamente dimostrato dalla ricerca, stentano a decollare; che le risorse pubbliche (come nel caso dei POR) devono sempre essere integrate da risorse private pena il disimpegno, si impone la necessità di una svolta tangibile nella metodologia di gestione dei servizi idrici, modificando il settore in modo da rendere l ingresso di competitor privati più appetibile. Vi sono, tuttavia, delle precondizioni che devono essere rispettate per far si che il privato possa essere interessato al comparto. La modesta redditività del mercato e l incertezza del contesto legislativo nel quale si muovono i servizi pubblici sono i fattori principali che contrastano attualmente l evolversi della situazione. L inadeguatezza delle tariffe condiziona fortemente il settore. Le gare vengono considerate poco remunerative proprio per il livello tariffario vigente, fortemente al di sotto della media europea e fermo al 2002, ma soprattutto svincolato dagli obiettivi e dalle strategie aziendali e non correlabile con i veri costi di investimento e di esercizio in quanto deciso periodicamente dal Cipe. C è da dire, inoltre, che i Piani d ambito sono molto ambiziosi. Gli investimenti previsti sono molti e molto costosi. Per questo servono fondi da reperire attraverso gli incrementi tariffari o la contribuzione pubblica. Tra l altro, in merito agli aumenti tariffari previsti nei Piani, da più parti si sono sollevati dubbi e perplessità riguardo il fatto che l aumento delle tariffe trovi giustificazione nella crescita, nel tempo, dei volumi erogati. Questi ultimi hanno oramai raggiunto un livello stabile; è plausibile pensare, dunque, a loro piccole variazioni ma non a grandi oscillazioni. Per ciò che concerne il contesto legislativo la legge Galli ha manifestato, in oltre 10 anni, molte difficoltà sul piano procedurale e applicativo. La prima fase della Legge può dirsi giunta quasi a completamento in tutte le Regioni ma le modifiche alla Legge originaria intervenute in questi ultimi anni hanno ulteriormente condizionato e reso difficile il cammino degli enti locali. Una per tutte, la modifica della normativa nazionale ed europea sulle modalità di affidamento, sulla cui corretta interpretazione e sugli obblighi derivanti per gli enti locali vi sono ancora diverse questioni aperte. Questo stato di cose rende poco semplice la pianificazione di lungo periodo. L ingresso dei privati nella gestione dell acqua è, dunque, un tema attuale e sta alimentando un dibattito dai toni spesso tesi. Spesso sul piano economico, politico e culturale, il privato viene visto come un ostacolo alla salvaguardia di un bene sociale come l acqua. Tabella Swot sul sistema territoriale ed industriale Da una parte c è chi non condivide il processo di privatizzazione ed esplicita una certa forma di assenso tacito per la disordinata situazione attuale; dall altra c è chi sollecita un nuovo approccio al problema per tentare di superare lo stallo e rendere l ingresso ai privati più attrattivo. Una possibile strada da percorrere potrebbe essere quella di puntare di più sull aspetto gestionale privilegiando manutenzioni ed interventi mirati, escludendo le azioni a tappeto in modo da ridurre significativamente il volume degli investimenti. Procedendo lungo questa direzione, un ulteriore passo in avanti sarebbe quello di concordare esattamente ogni intervento mirato con il socio privato, dando la possibilità a quest ultimo di fare anche proposte migliorative rispetto ai provvedimenti previsti nel Piano d Ambito. Abbandonando, dunque, l idea di un Piano d Ambito rigido, l ATO potrebbe, stimolando le capacità e le competenze dei privati in gara, ottenere gli stessi obiettivi di qualità del servizio ma con il minore impiego di risorse finanziarie. La via tracciata non è certo tanto agevole: agire insieme vuol dire, infatti, mediare tra esigenze contrastanti. Da un lato quelle del privato che punta a realizzare gli interventi che massimizzano i flussi di cassa (quali l eliminazione delle perdite e i sistemi di misurazione dei consumi), dall altro quelle dell Autorità d Ambito che spinge per la copertura del servizio nelle aree marginali o per gli adempimenti nel settore fognario e depurativo. Per quanto concerne l attivazione delle risorse private dei POR, nel corso della ricerca si è constatato, osservando le diverse strutture finanziarie dei Programmi, la differente strategia in termini di risorse: alcune regioni puntano decisamente sull intervento dei privati, altre intendono utilizzare prevalentemente risorse pubbliche. La Ricerca illustra il modo in cui Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia hanno suddiviso gli investimenti del POR. Analizzando la struttura finanziaria dei POR relativi alle risorse idriche, si osserva una certa disomogeneità tra le regioni considerate: la Sicilia prevede un modestissimo ricorso a risorse private (14,1%) con lo stanziamento pubblico che raggiunge l 86%, mentre in Campania la ricerca di capitali privati riguarda il 51,3% degli investimenti complessivi previsti dal POR. Nonostante l annunciato ricorso alla finanza privata, attraverso l indagine territoriale svolta e la successiva analisi degli strumenti di finanza privata, si è percepito quanto il settore dipenda ancora dalla mano pubblica per quanto riguarda gli investimenti infrastrutturali. Per quanto concerne il ricorso alla finanza di progetto, la ricerca rileva un utilizzo molto modesto dello strumento. Gli aspetti critici del project financing applicato alle risorse idriche sono da ricercare in diversi fattori. Il primo è dovuto alla novità dello strumento; nonostante la normativa sia all ottavo anno di applicazione non esistono molti casi concreti e di successo nel settore delle risorse idriche. Altro fattore che incide in modo determinante è l eccessiva frammentazione delle gestioni. Questa difficoltà è più avvertita in Sicilia e in Campania dove i principali acquedotti riescono a servire circa

32 A&T A&T 33 la metà della popolazione mentre al restante 50% il servizio è fornito da piccolissimi gestori e/o gestioni in economia. Occorre sottolineare come in quest ultimo caso sia difficile coinvolgere l ente locale nelle procedure e trovare una dimensione finanziaria dell operazione adeguata a rendere conveniente l applicazione della tecnica del project financing. Non meno importante è l incertezza normativa, connessa ad una strutturale carenza di testi di legge che definiscano le linee precise di applicazione dello strumento. Persiste, inoltre, la problematica connessa ai bassi rientri della tariffazione e del correlato tasso di insolvenza dei pagamenti delle bollette idriche che rappresenta un ostacolo difficile da sormontare per chi intende investire nel comparto e che non restituisce un idoneo cash flow all investitore. Infine, altro tema critico è quello delle perdite di rete. Si avverte, il problema delle perdite amministrative, vale a dire quelle dovute per lo più alla morosità e all insolvenza degli utenti o agli allacci abusivi, fenomeno diffuso in tutto il territorio analizzato (specie in Puglia dove la percentuale di perdite secondo il Comitato di Vigilanza è del 56% circa). 4. Le proposte Le analisi e le elaborazioni svolte nel corso della ricerca, i fattori di competitività evidenziati e le conclusioni formulate, hanno portato ad individuare problematiche su cui la ricerca propone suggerimenti utili a superare le criticità riscontrate e a rafforzare il sistema industriale idrico nazionale e meridionale migliorando, contestualmente, lo stato infrastrutturale del Paese. In primis bisognerebbe favorire una razionalizzazione delle competenze pubbliche, in modo da accelerare il processo autorizzativo infrastrutturale e rendere più tempestivi gli adeguamenti tariffari. Questi meccanismi comportano sempre ritardi e non permettono al gestore di rispondere celermente alle esigenze spesso urgenti del territorio. La razionalizzazione dei poteri statali verso un unico organismo che, per esempio, potrebbe essere il Comitato di Vigilanza, se reso più strutturato, potrebbe portare giovamento al sistema burocratico. Considerati i vantaggi strategici del business multiutility, sarebbe utile la creazione di un meccanismo di incentivazione verso le forme di integrazione di tipo multiservizi. Possono essere elaborate delle forme di agevolazione fiscale per le società di servizi pubblici che si mostrano rapide e determinate verso la creazione di Multiutility (che ricomprendano almeno 3 settori di rilevanza economica). Ciò potrebbe fornire un impulso anche nel Mezzogiorno (in territori dove gli ATO sono affidati) dove sono presenti gestori storici ormai radicati sul monobusiness. Il meccanismo potrebbe avere un ulteriore step di incentivazione se la società si quota in borsa. Un ulteriore punto fermo dovrebbe essere la rideterminazione dei tempi previsti per gli investimenti dai piani di ambito. L esigenza nasce dal ritardo di attuazione della maggior parte dei piani di ambito e dall eccessiva ambizione dei programmi di investimento in essi contenuti. Ciò dovrebbe essere fatto in piena concertazione con il gestore e l AATO che ha elaborato il piano. Garantire, dunque, una proficua dialettica tra i soggetti interessati significherebbe operare a vantaggio del territorio e della clientela servita. Un intervento urgente riguarda anche la revisione del meccanismo di calcolo della tariffa. In questo caso è necessario che la tariffa mantenga i suoi cap sociali per le fasce deboli ma venga determinata secondo indicatori di complessità di un territorio, contemplando altresì le esigenze degli operatori che ne gestiscono il servizio idrico. Il meccanismo deve prevedere step più graduali nella realizzazione degli investimenti e nella progettazione delle infrastrutture. È necessario accelerare le procedure di affidamento con possibilità di prelazione per il gestore esistente (e prevalente sul territorio dell ato). In relazione ai forti ritardi negli affidamenti ed alle gare deserte, potrebbe essere previsto con modalità da concordare con gli organismi UE competenti nel bando di gara per la gestione del SII un meccanismo che assegni una sorta di diritto di prelazione al gestore preesistente, se esso è presente nel territorio da un certo numero di anni e se si impegna ad aggregare i gestori nel territorio dell A- TO entro un certo lasso di tempo. Per quanto concerne la programmazione dei fondi strutturali 2007-2013, bisognerebbe esplicare una pianificazione con logica ex pon e por 2000-06. L esigenza di riproporre un programma operativo con valenza multiregionale nasce dalla ormai acclarata carenza di fondi che sconta la Legge 443/01-Obiettivo e dall emergenza di realizzare opere idriche rientranti nel piano da essa previsto. Al riguardo, potrebbe essere proposto un programma operativo proprio contenente il programma di opere prioritarie, depurato di quei progetti che non sono ad uno stadio idoneo per essere finanziati; si potrebbe così sopperire con risorse comunitarie (riducendo l esigenze di stanziare quelle nazionali) all attuazione urgente di un piano che ormai dal 2001 non riesce ad esprimere le potenzialità annunciate. Come Autorità di Valutazione dei Progetti, di gestione e pagamento, potrebbe esse- re nominato il Comitato di Vigilanza. I bandi dei POR invece, dovrebbero avere accelerazione immediata attraverso il varo degli avvisi da parte della Regione e la presentazione dei progetti da parte dei gestori esistenti di qualsiasi forma essi siano, fermo restando la validità e la ricaduta sociale ed economica dell opera proposta; questo per evitare il disimpegno dei fondi laddove non si riesca ad affidare il SII. Il futuro dei POR, invece, dovrebbe essere agganciato a logiche di immediata definizione del gestore industriale con tempi ristretti, pena la rimodulazione dei fondi verso le altre misure o l assegnazione diretta all ente regionale che diventa assegnatario dei fondi e responsabile delle assegnazioni attraverso i bandi di gara classici presentati dai gestori esistenti. Infine, in considerazione dell importanza che riveste l ingresso di competitor privati nel mercato dell acqua, bisognerebbe favorire l introduzione di meccanismi di premialità per progetti che prevedono l intervento del privato. Occorre sviluppare, più incisivamente, forme di coinvolgimento del capitale privato attraverso apposite premialità per iniziative che prevedono la formula del partenariato pubblico-privato. Ciò può accadere solo una volta che tutti gli ATO avranno un gestore industriale. E la strada è ancora lunga. A partire da queste proposte, la ricerca di SRM ha voluto fornire, in definitiva, un contributo alla definizione di una strutturata politica industriale da prevedere per il settore dell industria idrica italiana dando quattro grandi messaggi. In primo luogo, se deve essere realizzata una politica industriale idrica, essa va costruita lavorando sull assetto del territorio; devono essere rimosse le diseconomie generate dal complesso sistema normativo e territoriale che non consentono una crescita adeguata dell industria. Per ridefinire l impianto idrico del Paese il primo passo da compiere è la revisione dell apparato normativo e, in particolare, la strutturazione del piano degli investimenti racchiuso nella programmazione degli Ato e la modifica del sistema di determinazione della tariffa, come indicato dalla Legge Galli. Il sistema di finanziamento del comparto idrico deve indirizzarsi verso forme e strumenti non soltanto pubblici, poiché essi hanno mostrato un funzionamento farraginoso oltre che problematiche connesse a stanziamenti non sempre adeguati alle esigenze del territorio. I modelli di gestione devono dirigersi, seppur non sia possibile nel breve termine, verso un assetto multiutility, indipendente dalla proprietà pubblica o privata; la ricerca mostra evidentemente come questa configurazione crei valore al territorio e permetta una strutturazione ottimale degli asset aziendali.