TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE Sezione lavoro ORDINANZA R.G. n. 2013 / 1239 AGEMEDIA SRL Avv. COLA DANIELE MATTEO BAVASTRO e ALESSANDRO BURRONI contro Avv. STRAMACCIA ANDREA, CALVANI LORENZO Il giudice, sciogliendo la riserva formulata all udienza del 5.4.2013 Premesso che 1 RICORRENTE RESISTENTI La presente controversia trae origine da due separati ricorsi ex art. 700 cpc ante causa proposti dalla società Agemedia Srl nei confronti di Bavastro Matteo e Burroni Alessandro. Le due cause sono state riunite, attesa l identità delle questioni svolte dalla ricorrente avverso entrambi i convenuti. La ricorrente espone di aver stipulato in data 1.6.2012 con i convenuti due distinti contratti di subagenzia senza rappresentanza e senza deposito, aventi a oggetto l intermediazione di vendita di prodotti di cancelleria commercializzati dalla società Titanedi Italia Srl (ora MYO Srl ) nella zona di Firenze e provincia. In costanza del rapporto, assegnava a entrambi i convenuti l incarico di capo area per le zone di Firenze, Prato e provincia. In data 30.11.2012 riceveva dai convenuti la comunicazione del loro recesso dal rapporto di agenzia. Contestualmente alla loro comunicazione, riceveva altri recessi provenienti da agenti operanti nella medesima zona assegnata ai convenuti. In un momento successivo, apprendeva che essi avevano costituito, nel giugno 2012, la società cooperativa Ethica a rl corrente in Scandicci (Fi), collegata alla società Stylgrafix Srl, azienda diretta concorrente dell odierna MYO Srl. Ciò posto in fatto, si duole: della violazione degli obblighi legali e contrattualmente assunti che impongono all agente di tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede nell esecuzione
dell incarico e, in particolare di non svolgere attività di promozione della vendita di prodotti di imprese concorrenti con quella del preponente; della violazione del patto di non concorrenza previsto nei contratti stipulati coi convenuti, valido per l anno successivo alla cessazione del rapporto. Allega il pregiudizio imminente e irreparabile dell ulteriore compromissione della propria rete vendita, anche in considerazione dell elevato numero di recessi già ricevuto da altri agenti, presumibilmente stornati dai convenuti, e dell impoverimento conseguente allo sviamento della clientela, anche in considerazione della già percepibile riduzione del fatturato. Di conseguenza, chiede in via di urgenza: di inibire ai convenuti le attività di concorrenza sleale, consistenti nello sviamento della clientela e nello storno di agenti dalla ricorrente verso la società cooperativa Ethica a rl ; di imporre ai predetti il rispetto del patto di non concorrenza post contrattuale, e comunque di inibire loro ogni attività concorrenziale quanto meno in relazione alla suddetta società, nonché lo svolgimento di ruoli e/o funzioni all interno del suo organigramma. I convenuti si sono costituiti eccependo: la nullità del patto di non concorrenza post contrattuale, perché stipulato in violazione dell art. 1751 bis comma II c.c. e, in subordine, l inadempimento della ricorrente la quale non avrebbe versato l indennità prevista dalla medesima norma; la nullità dello stesso patto, da qualificarsi come clausola vessatoria contenuta in un contratto per adesione, perché non assolto l obbligo di doppia sottoscrizione ai sensi dell art. 1341 cc; la previsione di una penale per il caso di violazione degli obblighi contrattuali, clausola che assorbirebbe ogni profilo sanzionatorio, rendendo inammissibile la richiesta di inibitoria formulata dalla ricorrente; il difetto di legittimazione passiva dei ricorrenti con riferimento alla richiesta inibitoria degli atti di concorrenza sleale, nonché il difetto di prova in ordine ai medesimi; il difetto di prova in ordine al periculum in mora, anche in considerazione della previsione contrattuale della clausola penale la quale precostituisce un rimedio valido per neutralizzare, seppure in via forfettaria, i danni derivanti da un inadempimento. Ritenuto che: La ricorrente formula due domande che, seppure originate dalle medesime questioni (e dunque, in quanto connesse, possono essere congiuntamente trattate col rito prescelto) devono essere tenute concettualmente distinte: la prima inerisce al compimento di atti di concorrenza sleale ex art. 2589 2
cc; la seconda alla violazione del patto di non concorrenza ex art. 1751 bis comma 2 cc contenuto nei contratti di agenzia stipulati coi due convenuti. Delle due, la seconda è quella che deve essere esaminata preliminarmente, perché il compimento di atti di concorrenza sleale presuppone dal punto di vista logico che una concorrenza vi sia stata, ciò che, nella prospettiva della ricorrente, avrebbe dovuto essere impedito, in costanza del rapporto, dall obbligo di agire secondo lealtà e buona fede nei confronti del preponente e, alla cessazione del medesimo, dal patto di non concorrenza inserito nei due regolamenti contrattuali per cui è causa. Con riferimento al periodo di vigenza del rapporto, deve rilevarsi che i contratti non prevedevano espressamente l obbligo di esclusiva in capo ai subagenti, odierni convenuti. Né tale obbligo può ricavarsi in via interpretativa, perché depone in senso opposto la premessa contrattuale secondo cui l agente darà preventiva comunicazione su mandati che intenderà sottoscrivere in costanza di rapporto. Per la verità tale comunicazione, per stessa ammissione del convenuto Bavastro in sede di interrogatorio libero, non è avvenuta (sebbene il convenuto si giustifichi assumendo che a tale obbligo non erano tenuti perché, andando a costituire la nuova società, essi agivano non come mandatari ma come imprenditori), integrandosi dunque senz altro una violazione dell obbligo di agire con lealtà e buona fede nei confronti del preponente. Tuttavia, alla luce dell assetto dato dalle parti ai reciproci interessi, non può ritenersi illecito il fatto in sé di avere intrapreso un attività concorrenziale, bensì l inosservanza della regola di condotta prevista dal contratto. Anche opinando diversamente, peraltro, la domanda di inibitoria relativa a questo segmento temporale non potrebbe trovare accoglimento, perché l attività concorrenziale svolta dai convenuti tramite la società Ethica tra settembre e novembre 2012 è in sé conchiusa e dunque non può più essere inibita. Per quanto riguarda invece il segmento temporale, ancora aperto, successivo alla cessazione del rapporto, la clausola su cui la ricorrente fonda la richiesta di inibire l attività concorrenziale, lato sensu considerata, è l art. 18 dei regolamenti contrattuali intercorsi coi convenuti, in cui le parti stipulavano un patto di non concorrenza per la durata di un anno a decorrere dalla data di cessazione, per qualsiasi motivo, del rapporto, per la medesima zona, clientela e genere di beni oggetto del contratto. Le parti concordavano inoltre che l indennità prevista dall art. 1751 bis comma II c.c. sarebbe stata corrisposta alla scadenza del periodo del patto di non concorrenza. Anche sotto questo profilo, la domanda cautelare non può essere accolta. L art. 1751 bis comma II c.c. prevede, infatti, che l indennità che il preponente è tenuto a corrispondere all agente a fronte della stipula del patto di non concorrenza sia versata in occasione della cessazione del rapporto. Nel caso di specie, si tratta dunque di stabilire se le parti potessero o meno derogare alla previsione normativa, posticipando il versamento dell indennità, da calcolare sulla base dei criteri stabiliti dall AEC settore commercio, alla scadenza dell anno in cui gli agenti si sarebbero dovuti astenere dal compimento di attività concorrenziali. La giurisprudenza di legittimità ha affermato, con riferimento al primo comma dell art. 1751 bis c.c., il carattere non derogabile della norma in esso contemplata, che circoscrive dal punto di vista sia geografico sia temporale la portata del patto di non concorrenza (Cassazione, Sez. Lavoro, n. 19586/2010). Pure con riferimento al secondo comma della disposizione in esame, che viene in questione nel caso di specie, si ritiene di dover aderire al ragionamento sotteso all interpretazione offerta dalla Corte. L indisponibilità per le parti della disciplina dettata dall art. 1751 bis comma I 3
c.c. si fonda, secondo la Corte, sulla particolare rilevanza degli interessi su cui tale patto va a incidere. L iniziativa economica dell agente non può essere compressa se non per un tempo e per uno spazio (oltre che per un oggetto) limitati. Pur all interno di una restrizione così circoscritta, il legislatore ha previsto, nel comma successivo, un obbligo di monetizzazione per il limite che solo in questi termini, comprensivi delle connotazioni temporali e spaziali del primo comma, ma anche di quelle economiche del secondo, ha ritenuto lecito porre all iniziativa economica privata. L obbligo di corrispondere l indennità di cui all art. 1751 bis comma II c.c. attinge dunque alla medesima ratio delle previsioni del comma precedente, e per tale motivo deve ritenersi inderogabile, anche per ciò che concerne il tempo del suo adempimento. Infatti, a fronte della limitazione di un diritto così rilevante, oltre che di rango costituzionale, una pattuizione che posticipi la corresponsione dell indennità che la legittima altererebbe l equilibrio degli interessi che il legislatore ha così inteso raggiungere. Il patto di non concorrenza, infatti, può essere efficace anche per cinque anni, vale a dire per una durata di certo non esigua. Se si argomentasse la disponibilità per le parti della norma prevista dall art. 1751 bis comma II c.c., che sotto questo profilo non fa distinzioni, se ne dovrebbe dedurre che, non solo nel caso di specie, ma anche nell ipotesi di massima estensione del patto di non concorrenza sarebbe possibile posticipare la corresponsione dell indennità, ciò che, con tutta evidenza, andrebbe irragionevolmente a scapito dell agente che, se persona fisica, deve essere considerato parte debole del contratto. E proprio in considerazione della diversa forza contrattuale delle parti deve anche rilevarsi che per un verso il patto limitativo della concorrenza debba essere considerato come clausola vessatoria ex art. 1341 comma 2 cc, in quanto limitativa della libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, e per un altro che il suo inserimento in due contratti identici, che appaiono dunque redatti sulla falsariga di un modello prestabilito dalla ricorrente, induce a ritenere sussistente l obbligo di apposita sottoscrizione della clausola in oggetto, nel caso di specie mancante. Sussiste dunque più di una valida ragione per dubitare della validità della clausola n. 18 contenuta nei contratti per cui è causa e, di conseguenza, dell efficacia dei patti di non concorrenza in essi previsti. In questo quadro, è senz altro mancante il fumus boni iuris della prospettata azione di merito, che costituisce requisito indispensabile, nel caso di specie, per inibire ai convenuti di svolgere un attività concorrenziale tout court nei confronti della ricorrente, quale può senz altro essere, in astratto, la costituzione di una società rivale in affari. La seconda domanda della ricorrente investe invece i profili di concorrenza, questa volta sleale, addebitati agli odierni convenuti (storno dei dipendenti, sviamento della clientela). Anche questa domanda deve essere rigettata. Prima ancora di valutare la sussistenza dei requisiti della tutela cautelare d urgenza, deve rilevarsi che l obbligo extracontrattuale di non porre in essere atti di concorrenza sleale del tipo di quelli addebitati dalla ricorrente ai convenuti grava, nel caso di specie, non nei confronti dei predetti personalmente, ma della società cooperativa Ethica a rl da loro fondata. Tale società è, a ben guardare, l impresa che, a seguito della sua costituzione, sulla cui qualificazione giuridica si è già discusso, svolge un ruolo antagonista sul mercato rispetto alla ricorrente. A dover essere 4
giuridicamente qualificato è, sotto quest altro aspetto, non il modo in cui Ethica è stata costituita, ma il modo in cui tale società agisce, per come descritto nelle allegazioni della ricorrente. Il difetto della titolarità sostanziale in capo ai convenuti del rapporto dedotto in giudizio determina, a priori, l impossibilità di inibire loro una violazione che, qualora ritenuta sussistente, proverrebbe comunque da un soggetto diverso, che è l unico che riveste la qualifica di imprenditore e per il quale essi agiscono come Presidente e Vicepresidente. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Rigetta il ricorso. PQM Condanna parte ricorrente a rifondere le spese nei confronti di ciascuno dei resistenti, che liquida in euro 2.200 più Iva e Cap. Firenze, 04/04/2013 provvedimento redatto in collaborazione con il MOT dr. Paolo Siracusano 5 Il Giudice dr. Roberta Santoni Rugiu