Storno di dipendenti e concorrenza sleale: l animus nocendi e responsabilità del terzo interposto Avv. Maurizio Bianco Tribunale di Torino, Sez. IX, 16 marzo 2012 Sommario: 1. Il caso; 2. Lo storno illecito di dipendenti e l animus nocendi; 3. La responsabilità del terzo interposto; 4. Lo storno parassitario; 5. Conclusioni 1. Il caso La controversia vede coinvolte tre società la prima delle quali, avendo stipulato con la seconda un contratto di appalto avente ad oggetto il servizio antitaccheggio, poi disdettato da quest ultima dopo una serie di rinnovi, lamenta il compimento da parte della terza di atti di concorrenza sleale per storno di dipendenti posti in essere con il concorso della seconda. In particolare ciò di cui si duole l attrice è che in occasione del subentro nel contratto d appalto da parte di una terza società questa le abbia sottratto in blocco il personale addetto al servizio antitaccheggio presso i negozi della seconda e che quest ultima abbia partecipato attivamente a detto illecito reclutamento perché interessata a far proseguire il servizio con gli stessi lavoratori che avevano svolto diligentemente le proprie mansioni. Il Tribunale, nel valutare se sussistano gli elementi atti a denotare l illecito di cui all art. 2598. comma 3 c.c., valorizzando gli effetti della condotta adottata dalle due società convenute, conclude individuando, nella modalità con cui stati assunti i dipendenti della concorrente, mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale. Per giungere ad una siffatta conclusione il Giudicante compie un percorso argomentativo dipingendo l istituto secondo l interpretazione giurisprudenziale più recente e offrendo spunti per svolgere alcune considerazioni. 2. Lo storno illecito di dipendenti e l animus nocendi Lo storno di dipendenti, fattispecie non nominata di creazione prettamente giurisprudenziale, può definirsi come l attività di un imprenditore finalizzata a sottrarre lavoratori di un concorrente in violazione delle regole della lealtà concorrenziale, ovverosia mediante strumenti non conformi alla correttezza professionale e idonei a danneggiare l'altrui azienda 1. La sentenza ribadisce infatti il principio secondo cui lo storno in sé è considerato un valido strumento cui l imprenditore può ricorrere all interno del libero mercato, sia in quanto espressione del principio della libera circolazione del lavoro sia in quanto espressione di quei valori di libertà di iniziativa economica che sono tutelati dalla Costituzione agli articoli 35 e 41 2. 1 Definizione tratta da Russo, voce Storno di dipendenti, in Dig. Disc. Priv., Sez. comm., Torino, 2008, 894. 2 A suffragio di tale assunto si veda la recente sentenza della Corte di Cassazione che, aderendo a quanto statuito dalla Corte d Appello, ha confermato che la concorrenza sleale non può dedursi dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori da un impresa ad un altra concorrente se manchino elementi
In considerazione della meritevolezza di tutela di simili principi viene immediatamente all attenzione la problematica circa la difficoltà di individuare il discrimine tra una forma lecita e una illecita di storno, anche e soprattutto nell ottica di riuscire a contemperare i due interessi contrapposti che entrano in gioco nella presente materia: da un lato l interesse costituzionalmente garantito alla libera iniziativa economica e alla libera circolazione del lavoro; dall altro l interesse di ogni imprenditore ad avere la garanzia che i suoi concorrenti nel mercato non lo privino delle risorse umane in modo scorretto. Questa operazione di bilanciamento degli interessi si impone ogni qualvolta il giudice sia chiamato a compiere una valutazione in merito all eventuale configurabilità dell illecito di cui all art. 2598, comma 3 c.c. ed ai fini di un prudente compimento di tale esercizio vengono in soccorso i criteri ermeneutici elaborati dalla ricostruzione dottrinale e giurisprudenziale dello storno di dipendenti. Si evidenzia in particolare come in merito all individuazione degli indici di illiceità dello storno in giurisprudenza si siano storicamente formate tre diverse teorie sulle quali anche la dottrina si è a lungo dibattuta. La prima, detta oggettiva o oggettivistica, è quella secondo cui l indagine volta ad individuare il carattere illecito di uno storno di dipendenti andrebbe condotta in via esclusiva secondo parametri oggettivi di lealtà concorrenziale: lo storno sarebbe quindi illecito solo quando le modalità con cui viene attuato sono in sé contrarie alle regole che disciplinano la concorrenza tra imprenditori. Tale teoria non prende in alcun modo in esame le intenzioni che animano l autore dello storno limitandosi a valutare i mezzi con cui lo stesso viene posto in essere. Alla corrente che supportava questa linea di pensiero si è contrapposta energicamente la dottrina che ha evidenziato le numerose lacune di un simile ragionamento, tra le quali la principale è stata ritenuta l impossibilità di sanzionare quei comportamenti posti in essere secondo modalità formalmente fedeli al parametro della correttezza professionale 3 ma nella sostanza illeciti, in quanto finalizzati a disgregare la struttura organizzativa dell impresa concorrente. La seconda, anche detta finalistica o teleologica, è quella secondo la quale lo storno sarebbe illecito esclusivamente nei casi in cui sia presente nell autore il cosiddetto animus nocendi, ovverosia la seria intenzione di arrecare nocumento al concorrente. Non sarà quindi sufficiente la mera consapevolezza in capo allo stornante della capacità lesiva della propria condotta ma è necessario il requisito del dolo, una sorta di consilium fraudis che si traduca nel precipuo intento di cagionare al soggetto concorrente un danno non giustificabile dal normale svolgimento dell attività concorrenziale 4. La teoria in parola, che si pone all estremo opposto rispetto a quella precedentemente descritta, è stata avversata da una parte della dottrina che ha individuato come l estrema attenzione riposta sull elemento psicologico non trovi giustificazione e corrispondenza dai quali inferire che la contestata assunzione, di per sé legittima, sia stata attuata con il precipuo fine di acquisire la clientela dell attrice o comunque di nuocere a quest ultima (Cass. Civ., sez. I, sentenza 14.06.2013, n. 14990). 3 Così Auteri, La concorrenza sleale, in Trattato dir. Priv. Rescigno, 18, Torino, 1983, 406. 4 Così Russo, op. cit., 897.
normativa nell articolo 2598, comma 3 c.c. in quanto il requisito del dolo o della colpa non sono richiesti per la definizione di atto di concorrenza sleale. La terza teoria, cosiddetta intermedia o finalistico-oggettiva, ha visto il maggior numero di condivisioni, specialmente da parte della giurisprudenza di legittimità che pare essersi consolidata nell ultimo decennio su questo indirizzo. Secondo tale tesi, ricalcata dalla sentenza in commento, l animus nocendi andrebbe desunto da una serie di elementi indiziari, anche detti perspicua indicia, ossia da determinate circostanze che secondo i giudici di legittimità costituirebbero indici inequivoci dell intenzione di destabilizzare l azienda del concorrente. Passando in rassegna i provvedimenti giurisdizionali emessi negli ultimi anni si può notare come l elenco di tali indici sia divenuto corposo andando a ricomprendere 5 : - il numero di dipendenti o collaboratori stornati; - le loro qualità e competenze professionali; - il ruolo da questi rivestito nell impresa stornata; - la loro non agevole sostituibilità; - la simultaneità del passaggio dei dipendenti o collaboratori; - l induzione a dimettersi senza osservare il periodo di preavviso; - l immediata destinazione alla frequentazione della medesima clientela; - la denigrazione dell altrui datore di lavoro; - la finalità di utilizzare segreti e altre informazioni riservate acquisite presso l altra azienda; - il breve lasso temporale in cui si è realizzato lo storno. Nel caso in esame alcuni elementi come l elevato numero (sedici) di dipendenti passati alle dipendenze di una nuova appaltatrice, la denigrazione dell altrui datore di lavoro ed anche il fatto che i colloqui fossero avvenuti durante i turni lavorativi che gli stornati stavano compiendo presso l attrice si sono rivelati determinanti per dedurre l esistenza nelle convenute dell animus nocendi. Ciò che nella presente pronuncia tuttavia suscita maggior interesse, a parere dell esponente, sono due profili di una certa singolarità: il primo è dato dalla compartecipazione attiva della figura del terzo interposto, il secondo è la particolarità dell elemento soggettivo venuto a profilarsi. Nella fattispecie oggetto di pronuncia infatti si è assistito ad una sorta di pactum sceleris tra le due convenute, avendo la terza in seguito ad aggiudicazione della gara d appalto assunto in blocco, con evidente collaborazione della seconda, il personale alle dipendenze della attrice impiegato nei locali della seconda. Determinante ai fini della rilevanza dell interposizione attiva della terza società è stato con tutta probabilità il fatto che quest ultima non avesse competenze né operasse nel campo in cui ha offerto la propria partecipazione (antitaccheggio). L efficienza del servizio sarebbe stata possibile quindi solo con l assunzione in blocco del personale già formato dalla società attrice. 3. La responsabilità del c.d. terzo interposto In merito alla responsabilità del c.d. terzo interposto la sentenza in commento richiama l insegnamento della Suprema Corte a mente del quale non è esclusa dalla circostanza che l'atto lesivo venga compiuto da un soggetto (il c.d. terzo interposto) il quale pur non possedendo egli stesso i necessari requisiti soggettivi (non essendo cioè concorrente del danneggiato) agisca 5 Vedi anche la rassegna giurisprudenziale di Casaburi, in nota a Trib. Torino, 17 novembre 2006, in Foro.it. 2007, I, 292.
tuttavia per conto (o comunque in collegamento con) un concorrente del danneggiato stesso, essendo egli stesso legittimato a porre in essere atti che ne cagionino vantaggi economici 6. Con riferimento alla posizione del terzo interposto, ci si è chiesti se esso risponda «ai sensi (e nei limiti) dell'art. 2043 cod. civ., o propriamente a titolo di concorrenza sleale, con conseguente estensione della disciplina repressiva e delle sanzioni tipiche previste dagli artt. 2598 ss.» 7. Al riguardo della giurisprudenza è concorde nell operare la distinzione se il terzo abbia concorso o meno con l'imprenditore concorrente nell'attività concorrenziale. Infatti, se il terzo ha concorso a porre in essere l'illecito concorrenziale e si trova in una relazione di interessi comuni con l'imprenditore avvantaggiato risponde con quest'ultimo ai sensi dell'art. 2598 c.c. 8. Per contro, invece, in assenza di riferibilità, anche indiretta, della condotta del terzo all'imprenditore, viene meno proprio il presupposto (il rapporto di concorrenza tra le parti) della fattispecie costitutiva degli atti di concorrenza sleale con il risultato che l'attività del terzo non potrà integrare la fattispecie di cui all'art. 2598 c.c., bensì, semmai, quella generale dell'illecito extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c., con tutte le evidenti differenze che ne conseguiranno in tema di prova dell'elemento psicologico dell'illecito de quo. Perché ricorra la responsabilità del terzo interposto pertanto occorre la riferibilità, almeno indiretta (l art. 2598, 3 comma c.c. recita infatti testualmente si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale ) della sua attività con quella dell imprenditore concorrente. 4. Lo storno parassitario Con specifico riguardo invece alla natura dell elemento soggettivo, giova evidenziare che nel caso di specie più che l intento di disorganizzare o disgregare l altrui azienda emerge l intento del concorrente di attuare una parassitaria sottrazione di avviamento appropriandosi degli investimenti formativi effettuati dall impresa stornata sui propri dipendenti. Lo storno nella fattispecie in esame assumerebbe quindi gli elementi dello storno parassitario in quanto connotato dall intento dell agente di accedere al mercato prima di quanto gli sarebbe possibile in base ai propri studi e ricerche. 6 Cfr. Cass. n. 17459/2007 richiamata dalla sentenza Trib Torino in esame. In senso conforme alla sentenza che si annota: Cass., 11 aprile 2001, n. 5375, in Danno e resp., 2002, 288, con nota di S. Ronco, La concorrenza sleale dell'extraneus. Tra le corti di merito: Trib. Milano, 25 settembre 1997, in GADI, 1998, 404. 7 Abriani - Cottino - Ricolfi, Diritto industriale, cit., 285. 8 Si vedano tra le più recenti: App. Roma, 7 gennaio 2008, nonché Trib. Torino, 1 ottobre 2007, entrambe in www.utetgiurigica.it
Con la creazione di questa nuova figura di storno, i cui precedenti giurisprudenziali si rinvengono in alcune pronunce di merito 9, si è giunti ad offrire una tutela concorrenziale ben più vasta rispetto ai casi in cui lo storno provoca una lesione della capacità di competere, consentendo all'imprenditore stornato di invocare la concorrenza sleale anche nei casi in cui lo storno determina un effetto di parassitaria sottrazione di avviamento in punto di formazione dei dipendenti. 5. Conclusioni In conclusione, la peculiarità della controversia composta con la decisione in commento pone in evidenza ancora una volta, l importanza dell utilizzo di un prudente criterio nella sopra descritta operazione di bilanciamento tra l interesse dell imprenditore, che ambisce a non vedersi sottrarre le proprie risorse organiche e quello dei lavoratori che hanno diritto a scegliere il proprio datore in un mercato libero. Specialmente nei casi come quello descritto, in cui l impresa non si sia previamente tutelata con l adozione di un patto di non concorrenza, gli operatori del diritto avranno quindi a propria disposizione gli elementi forniti dalla giurisprudenza per individuare quale dei due interessi in gioco sarà nel caso a prevalere. In ogni caso, l eventuale individuazione di una forma illecita di storno non potrà prescindere dall analisi sia dell aspetto oggettivo, dato dalle modalità di attuazione dello stesso, sia dell aspetto soggettivo dato dall aspetto psicologico assunto dal concorrente nell assunzione dei lavoratori. 9 Vedi Trib. Milano, 24 marzo 2006, in Dir. Ind. 2006, 359. In In termini, v. anche Trib. Torino, 29 dicembre 2004, in Giur. it., 2005, 2304: :«I parametri di scorrettezza dello storno sono stati individuati nel numero di dipendenti stornati, nella loro competenza professionale, nel ruolo che essi rivestivano nell'impresa stornata, nella concentrazione temporale degli atti di storno, nella preordinazione di tale attività alla sottrazione di informazioni aziendali altrui delle quali la stornante intende impadronirsi, nella volontà di disgregare o indebolire, attraverso lo storno, l'altrui impresa, ovvero nell'avvalersi in modo parassitario degli investimenti formativi realizzati dall'impresa stornata sui dipendenti stornati)»