UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA



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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI M.FANNO CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E FINANZA TESI DI LAUREA LA NORMATIVA DI VIGILANZA NEL SETTORE BANCARIO E ASSICURATIVO: FOCUS SUL RISCHIO OPERATIVO Supervisory regulations in the banking and insurance sector: focus on operational risk RELATORE: CH.MO PROF. MICHELE BONOLLO LAUREANDO: ALESSANDRO P. ANDRIANO MATRICOLA N. 1015058 ANNO ACCADEMICO 2012 2013

INDICE INTRODUZIONE... 1 1 - IL PERCORSO DELLA VIGILANZA BANCARIA E ASSICURATIVA DAGLI ANNI 70 AD OGGI... 3 1.1 Cenni storici su Solvency... 3 1.2 La procedura Lamfalussy... 6 1.3 Il progetto Solvency II... 9 1.4 Da Basilea 0 a Basilea 3... 13 1.5 Revisione critica sui percorsi legislativi di Solvency e Basilea... 16 2 SOLVENCY II ED IL PRIMO PILASTRO... 18 2.1 La Direttiva 2009/138/CE... 18 2.2 Fondi propri... 24 2.2.1 Fondi propri: Livello 1... 24 2.2.2 Fondi propri: Livello 2... 26 2.2.3 Fondi propri: Livello 3... 26 2.2.4 Limiti di ammissibilità dei fondi propri... 27 2.3 Il calcolo dell SCR: modello standard... 28 2.4 Rischio di mercato: formula standard... 30 2.4.1 Rischio tasso di interesse... 32 2.4.2 Rischio azionario... 34 2.4.3 I rischi immobiliari... 35 2.4.4 Rischio valutario... 36 2.4.5 Rischio spread... 37 2.4.6 Rischio di concentrazione... 41 2.5 Il modulo di rischio di credito o controparte... 42 2.6 Il calcolo dell MCR... 48

2.6.1 Formula lineare per il ramo danni o per impegni di riassicurazione... 48 2.6.2 Formula lineare per il ramo vita o contratti di riassicurazione... 50 2.7 Alcune critiche su Solvency II... 50 3 I RISCHI DI PRIMO PILASTRO SECONDO BASILEA 3... 52 3.1 Basilea 3... 52 3.2 Fondi Propri... 54 3.3 Rischio di credito... 57 3.3.1 Esposizioni verso amministrazioni centrali o banche centrali... 57 3.3.2 Esposizioni verso amministrazioni regionali o autorità locali... 57 3.3.3 Esposizioni verso organismi del settore pubblico... 58 3.3.4 Esposizioni verso banche multilaterali di sviluppo... 58 3.3.5 Esposizioni verso organizzazioni internazionali... 58 3.3.6 Esposizioni verso enti... 59 3.3.7 Esposizioni verso imprese... 60 3.3.8 Esposizioni al dettaglio... 60 3.3.9 Esposizioni garantite da ipoteche su beni immobili... 60 3.3.10 Esposizioni in stato di default... 60 3.3.11 Posizioni associate ad un rischio particolarmente elevato... 61 3.3.12 Esposizioni sotto forma di obbligazioni garantite... 61 3.3.13 Esposizioni sotto forma di quote o azioni di OIC... 62 3.3.14 Esposizioni in strumenti di capitale... 62 3.4 Rischio di controparte... 62 3.4.1 Metodo di calcolo del valore di mercato... 63 3.4.2 Metodo dell esposizione originaria... 63 3.4.3 Metodo standardizzato... 64 3.5 Alcuni commenti su Basilea III... 66 4 MODELLI E PROCESSI PER LA GESTIONE DEL RISCHIO OPERATIVO... 67

4.1 Rischio operativo... 67 4.2 Il rischio operativo in Solvency II formula standard... 68 4.3 Il rischio operativo in Basilea III formula standard... 70 4.3.1 Il Basic Indicator Approach... 71 4.3.2 Lo Standardized Approach... 72 4.4 Loss distribution approach... 74 4.4.1 Costruzione della distribuzione di frequency... 74 4.4.2 Costruzione della distribuzione di severity... 76 4.4.3 Vantaggi e limiti del LDA... 83 4.5 Il problema della data quality... 84 4.6 Il rischio IT... 87 4.7 Alcuni commenti sui sistemi IT... 90 4.8 Loss data collection... 90 4.8.1 Definizione ed identificazione della perdita... 91 4.8.2 Dati sulle perdite... 92 4.8.3 Validazione dei dati... 92 4.8.4 Analisi dei dati... 93 4.8.5 Reporting... 93 4.9 Risk Control Self Assessment... 94 4.9.1 Key controls, risk owners e key risk indicators... 95 5 - NOTE CONCLUSIVE... 101

INDICE DELLE TABELLE Tabella 1: matrice di correlazione per il calcolo del BSCR... 30 Tabella 2: matrice di correlazione per il calcolo del SCRmkt... 32 Tabella 3: variazioni del tasso di interesse secondo la maturity... 33 Tabella 4: caduta del valore delle azioni secondo la categoria di appartenenza... 34 Tabella 5: matrice di correlazione nel calcolo del MKTeq... 35 Tabella 6: esposizione al rischio di credito in base alla duration e al rating... 38 Tabella 7: esposizione al rischio di credito relativa ai covered bonds... 39 Tabella 8: esposizione al rischio di credito verso governi, banche centrali o organizzazioni internazionali... 39 Tabella 9: fattori di rischio per prodotti strutturati diversi dalle esposizioni per riassicurazioni... 40 Tabella 10: fattori di rischio per prodotti strutturati con finalità riassicurative... 40 Tabella 11: scenari per il calcolo del rischio si spread sui derivati... 41 Tabella 12: soglie di concentrazione in base al rating... 42 Tabella 13: fattore di rischio g in base al rating... 42 Tabella 14: Probabilità di default nel rischio di controparte... 47 Tabella 15: Line od Business nel calcolo dell MCR... 49 Tabella 16: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni verso banche e amministrazioni centrali... 57 Tabella 17: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni verso organismi del settore pubblico... 58 Tabella 18: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni verso enti provvisti di rating... 59 Tabella 19: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni verso enti privi di rating... 59 Tabella 20: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni verso imprese... 60 Tabella 21: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni sotto forma di obbligazioni garantite... 61 Tabella 22: fattori di ponderazione nel rischio di credito in caso di esposizioni sotto forma di quote di OIC... 62 Tabella 23: calcolo del valore di mercato nel rischio di controparte... 63

Tabella 24: calcolo del rischio di controparte secondo il metodo dell esposizione originaria. 64 Tabella 25: valore del CCRM secondo le attività coperte... 65 Tabella 26: coefficiente di rischiosità nello standardized approach... 72 INDICE DELLE FIGURE Figura 1: i livelli del processo di Lamfalussy... 7 Figura 2: i tre pilastri che compongono Solvency II... 18 Figura 3: le componenti all interno di Solvency II... 19 Figura 4: struttura per il calcolo dell SCR... 29 Figura 5: distribuzione corpo empirico + coda semiparametrica... 77

INTRODUZIONE I business assicurativo e bancario sono diversi sotto molti punti di vista (tipologia di prodotti offerti alla clientela, schemi di bilancio, ciclo dei costi e ricavi ecc.) ma sono accomunate dalla presenza del rischio e dalla necessità di risultare sempre solvibili. Proprio solvibilità è stata (ed è tuttora) la parola chiave durante la crisi internazionale cominciata nel 2008: l economista John B. Taylor (2009) ha dimostrato che la crisi economica è scaturita da un problema di rischio di solvibilità della controparte che è stato mal diagnosticato dal governo USA. Ad avvalorare questa tesi è emblematica la vicenda Lehman Brothers: poco prima del fallimento (15 settembre 2008) la banca statunitense doveva rifinanziare ¼ dell attivo ogni giorno a causa delle passività a brevissimo termine che le venivano concesse. Tuttavia la solvibilità e la gestione del rischio non sono argomenti nuovi alle Autorità di vigilanza ed ai legislatori dei vari paesi; infatti sin dagli anni 70 si è cercato di introdurre degli ammortizzatori patrimoniali a tutela dei rischi con regole semplici e standardizzate. A causa dell introduzione di prodotti sempre più sofisticati e dell accresciuta competitività nei mercati che ha spinto le imprese ad effettuare investimenti sempre più rischiosi per ottenere rendimenti più alti, è nata l esigenza di utilizzare strumenti e formule molto più complessi per tenere sotto controllo la solvibilità sia da parte delle imprese che da parte delle Autorità di vigilanza. Questo lavoro di aggiornamento ha portato alla nascita delle ultime normative di riferimento all interno dell UE per i due settori: la Direttiva 2013/36/UE (c.d. Basilea III) per il settore bancario e la Direttiva 2009/138/CE (c.d Solvency II) per quello assicurativo. Entrambe non sono ancora state recepite dai Paesi aderenti all UE ma tutte le imprese coinvolte hanno cominciato un lungo lavoro di adeguamento ai nuovi standard richiesti. Le nuove discipline quindi, non sono nate come rimedio alla crisi economica e non vanno intese come strumento per limitare i danni o neutralizzare il rischio (che costituisce una componente collegata alla ricerca del profitto e per definizione ineliminabile); esse comportano che il rischio venga assunto con cognizione di causa, potenziando e valorizzando le leve gestionali e commerciali che garantiscono maggior efficienza e maggior redditività (Hajek, 2011). Le due normative hanno molti punti di contatto (Solvency II prende spunto da Basilea II, la Normativa attualmente in vigore per gli istituti di credito) ma anche molte differenze dovute ai tipi di rischi in cui possono incorrere le imprese bancarie e assicurative nella gestione delle proprie attività. Lo scopo di questo elaborato consiste proprio nell analizzare come le due normative affrontano le modalità di copertura dei diversi rischi, soffermandosi in particolar modo sulla gestione del rischio operativo. 1

Nel capitolo uno, l elaborato ripercorrerà gli step normativi nella disciplina bancaria e assicurativa in Europa dagli anni 70 ad oggi. Il secondo capitolo ed il terzo capitolo affronteranno la normativa Solvency II e Basilea 3, rispettivamente, elencandone dapprima le caratteristiche e successivamente soffermandosi sul primo pilastro e sulle formule utilizzate per la quantificazione dei rischi comuni ai due business. Il quarto capitolo si soffermerà sul rischio operativo dapprima enunciandone le modalità di calcolo secondo le formule standard previste dai due accordi e successivamente proponendo un modello statistico per stimare l esposizione al suddetto rischio. Il capitolo si concluderà con l analisi dei processi utilizzati per monitorare e gestire il rischio operativo all interno di un istituto bancario o assicurativo. 2

1 - IL PERCORSO DELLA VIGILANZA BANCARIA E ASSICURATIVA DAGLI ANNI 70 AD OGGI 1.1 Cenni storici su Solvency Le prime fonti normative in ambito assicurativo che hanno introdotto all interno della Comunità Europea l argomento del margine di solvibilità 1 sono la Direttiva CEE 73/239 per i rami non vita e la Direttiva 79/267 per i rami vita. Esse si sono basate su uno studio commissionato al belga Cornelis Campagne dall Insurance Commitee dell OEEC (Organization for European Economic Cooperation, attuale OECD) nel 1957. In sintesi, la direttiva riguardante il ramo non vita prevedeva che il margine minimo dovesse essere almeno uguale al maggiore tra i rapporti asset/premi e asset/sinistri; nella direttiva relativa al ramo vita, il margine minimo doveva essere pari almeno alla somma dei seguenti importi: 1) il 4% delle riserve matematiche 2 moltiplicato per il rapporto esistente nell ultimo esercizio tra l importo delle riserve matematiche al netto della riassicurazione e l importo lordo delle riserve stesse; 2) lo 0,3% dei capitali a rischio 3 moltiplicato per il rapporto esistente nell ultimo esercizio tra l importo dei capitali a rischio che rimangono a carico dell impresa al netto della riassicurazione e l importo lordo dei capitali a rischio stessi. A queste due direttive seguirono le c.d. direttive di seconda e terza generazione che introdussero nuove tipologie di strumenti finanziari ammissibili per la copertura delle riserve. All inizio degli anni 90 ci si rese conto che sarebbe stato necessario rivedere tutti i requisiti di solvibilità a livello europeo e pertanto fu avviato nel 1994 sempre dall Insurance Commitee dell OEEC un nuovo gruppo di lavoro che concluse l attività nel 1997 con il c.d. Rapporto Muller. I risultati del rapporto sono stati presi come punto di riferimento per la redazione delle Direttive 2002/13/EC (imprese ramo danni) e 2002/12/EC (imprese ramo vita) che costituiscono la disciplina c.d. Solvency I attualmente in vigore. 1 Il margine di solvibilità è inteso come parte del patrimonio dell impresa libero da impegni verso gli assicurati e finalizzato a garantire l adempimento delle obbligazioni assunte e quelle che l impresa stipulerà in futuro. Si tratta di una riserva complementare, con la funzione di cuscino di sicurezza, che può considerarsi come reale garanzia per i futuri creditori, proprio perché in eccedenza rispetto agli impegni dell impresa già manifestatisi o in corso di manifestazione 2 Le riserve matematiche sono un elemento tipico del bilancio di una compagnia di assicurazione vita e sono costituite dagli importi che devono essere accantonati dalla compagnia stessa per far fronte agli obblighi futuri assunti verso agli assicurati. Si tratta ovviamente di un importo stimato che nasce dallo sfasamento temporale esistente tra il momento in cui il contraente paga il/i premio/i ed il momento in cui l assicuratore deve eseguire le prestazioni. 3 I capitali sotto rischio sono pari alla differenza tra il capitale assicurato e la riserva matematica al tempo t. 3

Rispetto alle direttive precedenti, Solvency I rafforza i poteri e le competenze delle Autorità di Vigilanza ed introduce il concetto di requisito di capitale dinamico, cioè le imprese di assicurazione devono mantenere i requisiti richiesti non solo in fase di redazione del bilancio ma continuativamente durante la loro attività. Vengono modificati inoltre i margini minimi richiesti; in particolare per il ramo danni il margine minimo di solvibilità si determina o in relazione all ammontare annuo dei premi o in relazione all onere medio dei sinistri degli ultimi 3 esercizi. L ammontare del margine minimo da costituire deve essere quindi almeno pari al più elevato tra: 1) indice dei premi; 2) indice dei sinistri. MS (margine di solvibilità)= α max Indice premi ;Indice sinistri dove: se premi > 50 mil Indice premi = se premi < 50 mil se sinistri > 35 mil Indice sinistri = se sinistri < 35 mil 18% 50 mil+16% (premi-50 mil) 18% premi 26% 35 mil+23% (sinistri-35 mil) 26% sinistri α = max (50%; sinistri ultimi 3 anni al netto della riassicurazione sinistri ultimi 3 anni al lordo della riassicurazione Per quanto riguarda la modalità di calcolo in base ai premi (indice dei premi), sono presenti 2 step: 1) si cumulano gli importi dei premi e degli accessori dell ultimo esercizio e si ripartisce il relativo ammontare in due quote: sulla prima, pari a 50 milioni di, si applica la percentuale del 18%, sull eccedenza la percentuale del 16%; 2) l importo così ottenuto va rettificato in funzione della riassicurazione: a tal fine si moltiplica l importo stesso per il c.d rapporto di conservazione relativo agli ultimi 3 esercizi, determinato in base all importo dei sinistri che rimangono a carico dell impresa dopo le cessioni in riassicurazione diviso l ammontare dei sinistri lordi. Tale rapporto non può essere in alcun caso inferiore al 50%. Anche l indice dei sinistri presenta un calcolo composto da due step: 1) si sommano gli importi dei sinistri pagati negli ultimi tre esercizi e si ripartisce l ammontare in due quote: sulla prima, pari a 35 milioni di, si applica la percentuale del 26%, sull eccedenza la percentuale del 23%; 4

2) l importo ottenuto va rettificato per la riassicurazione passiva come avvenuto per l indice dei premi; Nel ramo vita il margine minimo è uguale a: 4% riserve matematiche lorde * (riserve al netto della riassicurazione/riserve lorde) + 0,3% capitale sotto rischio * (capitale sotto rischio netto/capitale sotto rischio lordo). Altre novità riguardano l aggiornamento del valore assoluto minimo del fondo di garanzia (già presente nelle vecchie direttive e inteso come 1/3 del margine di solvibilità minimo) che deve essere almeno 2 milioni di per il ramo vita e 3 milioni di per il ramo danni a prescindere dalla grandezza dell impresa. Sicuramente il punto di forza di Solvency I è costituito dalla sua semplicità di interpretazione e applicazione al prezzo di limiti non trascurabili: 1) non considera l insieme dei rischi a cui un impresa è esposta sia dal lato dell attivo che dal lato del passivo; 2) non tiene conto dei rischi specifici di ogni compagnia (a parità di premi e sinistri, la rischiosità di due imprese può essere diversa a causa di ulteriori fattori non adeguatamente considerati); 3) non incentiva le imprese a diversificare o trasferire il rischio tramite un oculata gestione; 4) nella valutazione di attività e passività non vengono considerate le fluttuazioni dei valori dovute alla volatilità dei mercati. 5) vengono utilizzati coefficienti approssimati per il calcolo dei requisiti di solvibilità. Anche per questi motivi, si è deciso di rivedere completamente il sistema così impostato per perseguire i seguenti obiettivi: riflettere al meglio i rischi assunti dalle imprese; incentivare le imprese a prendere consapevolezza dei propri rischi per gestirli al meglio; aumentare la flessibilità dei modelli utilizzati per reagire con tempestività agli sviluppi del mercato; aumentare la trasparenza verso i mercati e la confrontabilità tra imprese; consentire alla vigilanza di cogliere per tempo eventuali segnali di difficoltà; integrare il più possibile i modelli utilizzati con gli standard contabili internazionali IAS/IFRS; incrementare la protezione di assicurati e beneficiari dei contratti assicurativi. 5

Per raggiungere questi obiettivi, si è deciso di modificare la normativa sulla base di quella bancaria attualmente in vigore (Basilea II) seguendo l iter comunitario legislativo previsto per il settore finanziario: la procedura Lamfalussy. 1.2 La procedura Lamfalussy Prendendo atto del fatto che la crescita e la posizione competitiva dei mercati europei dei valori mobiliari sarebbero state ostacolate dalla vigente struttura normativa e legislativa, nel luglio del 2000 il Consiglio dei Ministri dell Economia e delle Finanze nominò un comitato di saggi, presieduto dal barone Alexandre Lamfalussy e incaricato di valutare le misure da adottare per far fronte a questo nuovo scenario. Il Comitato propose una serie di misure di riforma sulla base di un modello (che da allora è noto come procedura di Lamfalussy) articolato in quattro livelli, con l intento di semplificare e accelerare il processo legislativo comunitario nel settore dei servizi finanziari. La procedura fu approvata nel marzo del 2002 dal Consiglio Europeo solo per il settore dei valori mobiliari mentre fu estesa a tutto il settore finanziario dell Unione Europea (bancario, assicurativo e pensioni aziendali o professionali) nel dicembre del 2002. Il risultato di tale estensione nel campo assicurativo ha portato alla scomparsa del vecchio Insurance Commitee e la creazione di due nuovi comitati: l EIOPC (European Insurance and Occupational Pensions Committee) con competenze nel secondo livello della procedura ed il CEIOPS (Committe of European Insurance and Occupational Pensions Supervisors) per quanto riguarda il terzo livello. Nel settore bancario invece, sono stati introdotti, rispettivamente, l EBC (European Banking Commitee) ed il CEBS (Committe of European Banking Supervisors). Al primo livello (legislazione quadro) della procedura di Lamfalussy, su proposta della Commissione, il Parlamento Europeo ed il Consiglio approvano congiuntamente gli atti legislativi, direttive o regolamenti, secondo un processo di co-decisione. Come scritto da Hajek, gli atti legislativi adottati dovrebbero limitarsi a definire i principi generali e gli elementi essenziali della materia da disciplinare, delegando al livello successivo l adozione delle relativi misure di attuazione. Al livello 2 (misure attuative) vengono elaborate, con il sostegno dei comitati di esperti istituiti appositamente per questo fine (c.d. comitati di secondo livello), le disposizioni tecniche di esecuzione per rendere operativi i principi stabiliti al livello precedente. Nell ambito del terzo livello (cooperazione), le commissioni di esperti di terzo livello coordinano con le Autorità di vigilanza nazionali la trasposizione e applicazione coerente ed uniforme delle disposizioni scaturite dal primo e secondo livello all interno della legislazione 6

degli stati membri, sviluppando norme ed orientamenti in vista dell obiettivo di armonizzazione della pratica di vigilanza sul mercato europeo dei servizi finanziari. Nel quarto livello (controllo) la Commissione Europea verifica l effettiva conformità dei vari paesi alla legislazione comunitaria ed interviene, adottando vari tipi di provvedimenti, nel caso in cui ciò non si realizzi. Figura 1: i livelli del processo di Lamfalussy 7

Gli obiettivi dell approccio delineato nel rapporto Lamfalussy è duplice: da un lato, rendere più agevole ed efficiente il processo decisionale in materia di regolamentazione finanziaria; dall altro, realizzare un coinvolgimento degli agenti direttamente interessati, quali ad esempio gli intermediari. La prima finalità viene perseguita limitando il coordinamento tra Commissione, Consiglio e Parlamento europei alla definizione dei principi generali (livello I): questo evita che tali soggetti debbano raggiungere un consenso su tutti i dettagli tecnici della nuova regolamentazione. Al contrario, infatti, questo primo stadio si dovrebbe limitare alla definizione di un accordo politico, che delinei le linee guida della regolamentazione e i criteri che dovranno ispirare la formulazione dei dettagli della stessa, che invece è rimandata al livello II. La seconda finalità viene realizzata grazie alla previsione di un processo di consultazione degli agenti economici interessati alla nuova regolamentazione: di ciò si devono far carico i comitati di secondo livello nella fase di definizione dei dettagli tecnici. Tuttavia, con l utilizzo pratico del processo appena descritto, sono emerse alcune criticità: gli operatori di mercato hanno giudicato insufficiente il loro contributo all elaborazione dei regolamenti; i periodi di consultazione sono stati spesso definiti troppo brevi, ponendo così un accento eccessivo sull accelerazione del processo legislativo a discapito della qualità; si è osservato che è stato lasciato troppo margine di scelta fin dal primo livello della struttura, rendendo impossibile per i comitati di terzo livello imporre soluzioni omogenee, dato che le normative di livello 1 non possono essere modificate dal terzo livello; considerato l elevato dettaglio dei regolamenti, la distinzione tra gli ambiti di competenza di livello 1 e del livello 2 non è semplice, con la conseguenza che la legislazione quadro può contenere aspetti tecnici che in realtà rientrerebbero nel merito del livello 2. In seguito allo scoppio della crisi mondiale, sono emerse alcune lacune in materia di cooperazione, coordinamento, coerenza e fiducia tra le autorità nazionali di vigilanza. Pertanto nel 2008, il Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, istituì un gruppo indipendente di esperti guidato da Jacques de Larosière, che nel febbraio 2009 presentò un rapporto alla Commissione Europea con alcune raccomandazioni per rafforzare la sorveglianza sul sistema finanziario europeo. Le raccomandazioni del rapporto del gruppo de Larosière vennero accolte dagli organi comunitari e con alcuni Regolamenti UE nel 2010 furono introdotti due nuovi pilastri: 8

il Consiglio Europeo per il rischio sistemico (European Systemic Risk Board ESRB) che controlla e valuta i potenziali rischi per la stabilità finanziaria derivanti da sviluppi macroeconomici e del sistema finanziario nel suo insieme ( vigilanza macroprudenziale ); il Sistema Europeo delle Autorità di Vigilanza Finanziaria (European System of Financial Supervisors ESFS) composto da una robusta rete di autorità nazionali di vigilanza finanziaria e costituito per salvaguardare la solidità finanziaria delle singole imprese e proteggere gli utenti dei servizi finanziari ( vigilanza microprudenziale ). A sua volta, l ESFS è composto dai comitati di terzo livello che vengono rivisitati, dotati di responsabilità aggiuntive e trasformati in tre Autorità con personalità giuridica (EBA per le banche, EIOPA per le assicurazioni e i fondi pensione, ESMA per il mercato mobiliare) e dalle Autorità nazionali, alle quali viene confermata la responsabilità di vigilare sulle entità stabilite in ciascun Paese. Inoltre viene stabilito che le Autorità nazionali possono incidere sul processo decisionale europeo solo indirettamente, mediante il supporto tecnico che forniscono alle Autorità politiche in occasione delle riunioni dei Comitati di secondo livello secondo l approccio Lamfalussy. 1.3 Il progetto Solvency II Proprio mentre era in atto il percorso di approvazione delle normative relative a Solvency I, la Commissione Europea decise di dare inizio ad una serie di lavori finalizzati alla predisposizione di una nuova direttiva che rivedesse completamente l intero sistema di vigilanza prudenziale nel settore assicurativo: tale progetto prese il nome di Solvency II. Nel maggio del 2001 fu avviata la prima fase dei lavori con lo scopo di determinare la forma generale del sistema di solvibilità, dopo aver passato in rassegna i principali temi legati a questa problematica (Commissione Europea, MARKT/2535/02). Tale compito fu commissionato a quattro gruppi di lavoro composti da KPMG (società specializzata nella consulenza alle imprese e revisione di bilancio), da un team di esperti (c.d. London Working Group) costituiti dalla Conferenza delle autorità di vigilanza degli stati membri dell Unione Europea e da esperti nel ramo vita e nel ramo danni appartenenti a diversi stati membri. I lavori si conclusero nel 2002 con la presentazione delle relazioni sul lavoro effettuato dai due gruppi. In particolare le analisi effettuate da KPMG portarono alla principale conclusione che l approccio a tre pilastri, simile a quello adottato dal Comitato di Basilea, sarebbe stato adeguato anche per il progetto Solvency II: il primo pilastro avrebbe dovuto contenere le 9

norme prudenziali sulle riserve, le attività ed i fondi propri minimi richiesti nonché eventuali requisiti supplementari a livello di gruppo; il secondo avrebbe riguardato le norme di controllo interno, di gestione dei rischi ed il loro controllo da parte delle autorità di vigilanza prudenziale; il terzo avrebbe contenuto un insieme di norme (principalmente dedicate alla trasparenza) destinate a favorire al disciplina di mercato. L indagine svolta dal gruppo di lavoro delle Autorità di vigilanza fu più approfondita e portò alla stesura di una relazione denominata Sharma Report (dal nome del presidente del gruppo stesso Paul Sharma). La principale conclusione della relazione è che il sistema prudenziale deve comportare tutta una serie di strumenti regolamentari, preventivi o correttivi, che permettano di intervenire in tutte le fasi in cui un problema possa manifestarsi. In questa prospettiva, i requisiti patrimoniali sono soltanto uno dei necessari strumenti regolamentari [ ] ma che non basta da solo a costituire un sistema di vigilanza prudenziale. Per favorire l efficacia e la validità dei vari strumenti regolamentari, il gruppo di lavoro raccomanda una maggiore differenziazione e una più accurata parametrizzazione delle soglie d intervento in funzione delle caratteristiche finanziarie dell impresa (Di Fonzo, 2012). A tal proposito si è osservato come tra gli obiettivi del rapporto, le cornici di vigilanza dovrebbero includere requisiti prudenziali di capitale basati su approssimazioni semplificate in luogo di modellizzazioni complesse delle perdite prevedibili, così come una completa valutazione dei sistemi interni adottati per identificare, misurare, monitorare, registrare, controllare e mitigare tali esposizioni e che tuttavia, la formulazione e la calibrazione dei requisiti quantitativi dovrebbe al tempo stesso considerare opportuni incentivi per una gestione, una governance e un controllo dei rischi più efficienti (Miani, Dreassi, 2008). Il gruppo di lavoro non vita si è occupato del livello di armonizzazione delle riserve sinistri 4 e delle riserve di perequazione 5 in Europa. Il gruppo ha constatato che per quanto riguarda le riserve sinistri esisteva una grande diversità di pratiche in materia di accantonamento anche all interno di uno stesso mercato nazionale; inoltre i supervisori non disponevano di un comune insieme di dati per l analisi dei sinistri, e quindi sarebbe stato utile chiedere alle compagnie di fornire i dati statistici organizzati nella stessa forma in modo da renderli confrontabili. 4 La riserva sinistri è l accantonamento che l impresa autorizzata all esercizio dei rami danni deve effettuare a fine esercizio in previsione dei costi che essa dovrà sostenere in futuro in relazione ai sinistri avvenuti nell esercizio (riserva di esercizio), o in quelli precedenti (riserva di provenienza), ed in corso di liquidazione alla chiusura dell esercizio stesso. 5 Le riserve di perequazione comprendono tutte le somme accantonate, conformemente alle disposizioni di legge, allo scopo di contrastare le fluttuazioni del tasso dei sinistri negli anni futuri o di coprire rischi particolari. 10

La mancanza di armonizzazione è ancora più netta per quel che riguarda le riserve di perequazione: il gruppo ha osservato che questo tipo di riserve potrebbe essere aggiunto ai fondi propri nel calcolo del margine di solvibilità in modo da armonizzare maggiormente gli obblighi legati al margine di solvibilità. Il gruppo di lavoro vita ha avuto l incarico di studiare le norme per il calcolo delle riserve matematiche, le tecniche di Asset-Liability Management (ALM) delle imprese e la possibilità di utilizzarle ai fini regolamentari. Confrontando le caratteristiche dei differenti mercati, il team ha tentato di trovare interessi e soluzioni europee comuni. L attenzione si focalizzò su cinque grandi temi: i tassi di interesse garantiti, il rischio di mortalità legato alle rendite vitalizie, le clausole di partecipazione ai profitti (o profit-sharing), i prodotti unit-linked e le opzioni incluse in alcuni contratti. Per ciascuno di questi temi sono state avanzate proposte per migliorare la normativa europea, sia al livello dei principi (che si tratta prevalentemente di completare), che al livello, più tecnico, dei metodi di quantificazione. La relazione propone anche l introduzione di requisiti minimi in materia di Asset-Liability Management quale possibile base per parte dell attività delle autorità di vigilanza che dovranno essere armonizzate a livello europeo. Riassumendo il lavoro svolto dai diversi team, il progetto Solvency II avrebbe dovuto presentare le seguenti caratteristiche: struttura a tre pilastri analoga a Basilea II; valutazione della solvibilità a livello complessivo (di impresa e di sistema); risk-based approch che incentivi gli operatori a misurare, valutare e gestire i rischi; presenza di due requisiti di capitale: Solvency Capital Requirement (SCR) che rappresenta il requisito obiettivo ed è destinato alla copertura di perdite considerevoli, ed il Minimum Capital Requirement (MCR) cioè un requisito minimo di sicurezza al di sotto del quale dovrebbero scattare gli interventi delle Autorità di Vigilanza; armonizzazione dei metodi qualitativi e quantitativi; vigilanza più accurata. Al termine di questa fase conformemente alla procedura Lamfalussy, la Commissione Europea avviò la seconda fase necessaria per la definizione nel dettaglio del progetto e della redazione dell impianto normativo ad esso relativo; questo processo terminò nel 2007 con la prima proposta di Framework Directive che è stata presentata nel luglio del 2007 ma che è diventata operativa, dopo l approvazione del Consiglio e del Parlamento Europeo, solo nell aprile del 2009. In seguito, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell Unione 11

Europea nel dicembre del 2009 (Direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione). Dopo aver consultato l EIOPC, nel marzo del 2004 la Commissione Europea richiese al CEIOPS, in qualità di comitato competente di terzo livello per il settore assicurativo, a fornire consulenza tecnica e supporto per la predisposizione del nuovo sistema di vigilanza, attraverso specifiche richieste di pareri che investivano questioni riconducibili a tutti e tre i pilastri. Per adempiere a questo compito, il CEIOPS istituì cinque gruppi di esperti: due si sono occupati di rispondere alle richieste riguardanti il primo pilastro (uno per il ramo vita e uno per il ramo danni), uno si è occupato del lavoro per la predisposizione del secondo pilastro e uno per quello del terzo; infine all ultimo gruppo venne chiesto di analizzare le possibili implicazioni per la vigilanza dei gruppi assicurativi e dei conglomerati finanziari. I gruppi di lavoro hanno stabilito i principi che dovevano essere contenuti all interno della direttiva (tramite la redazione di svariati Consultation Papers) ed elaborato alcuni studi, noti come QIS (Quantitative Impact Study), sul possibile impatto della nuova direttiva sugli operatori e sul mercato in generale, basati sull analisi di dati raccolti tramite questionari compilati dagli assicuratori su base volontaria. Una volta definita la direttiva quadro, sono state studiate alcune misure di implementazione della stessa, che poi sono state inserite all interno della direttiva al momento della definitiva pubblicazione. Al termine di questa fase, il CEIOPS ha cominciato a lavorare su quelle che saranno le regole di III livello, cioè sugli standard di vigilanza per il conseguimento della convergenza internazionale tra le Autorità dei singoli stati membri. Inizialmente prevista per il 31 ottobre 2012, l entrata in vigore di Solvency II è stata spostata al 1 gennaio 2013 dalla proposta di direttiva del 19 gennaio 2011 c.d Omnibus II della Commissione Europea. La proposta ha inoltre l obiettivo di coordinare la legislazione comunitaria del settore finanziario con il nuovo assetto delle procedure e dei soggetti di regolamentazione e vigilanza istituiti a livello comunitario: in particolare, in campo assicurativo essa mira ad apportare le modifiche necessarie a raccordare Solvency II con i poteri dell EIOPA. Sotto il profilo istituzionale, le innovazioni concernono in particolare i poteri della Commissione, passata dalla competenza all adozione di misure di attuazione a quella di atti delegati e attuazione di standard tecnici. Omnibus II attribuisce alla Commissione il potere di adottare misure transitorie finalizzate a differire nel tempo fino a 10 anni l efficacia di alcune previsioni di Solvency II, quali quelle 12

in tema di valutazione di attività e passività, riserve tecniche 6, governance: naturalmente, una tale scelta è suscettibile di produrre sensibili ripercussioni sulla piena effettività della nuova regolamentazione. Il cosiddetto trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione Europea) avrebbe dovuto approvare congiuntamente la proposta di direttiva, ma a causa della complessità della riforma e per alcuni dubbi sorti sull aumento della volatilità dei bilanci delle assicurazioni sotto Solvency II, con la Direttiva 2012/23/EU si è posticipato l introduzione di Solvency II al 1 gennaio 2014. Contemporaneamente, si è deciso di effettuare un ulteriore studio di impatto (LTGA Long-Term Guarantees Assessment) necessario per l approvazione della direttiva. L LTGA è stato condotto dall EIOPA tra il 28 gennaio 2013 ed il 31 marzo 2013; i risultati sono stati pubblicati a giugno 2013 e saranno utilizzati per un completamento della proposta Omnibus II; tuttavia, una volta raggiunto l accordo, cominceranno i lavori per implementare le misure di Livello 2 e stabilire le regole di terzo livello che con molta probabilità termineranno ben oltre il 1 gennaio 2014, causando un ulteriore slittamento della entrata in vigore della direttiva. 1.4 Da Basilea 0 a Basilea 3 La necessità di introdurre una qualche soglia minima patrimoniale agli istituti bancari è nata con il fallimento della banca tedesca Bankhaus Herstatt avvenuto il 26 giugno 1974: si trattava di una banca di dimensioni medie che aveva interessi anche negli USA. In quella data venne avviata la procedura di liquidazione dalle autorità dell allora Repubblica Federale Tedesca poiché la banca era coinvolta in operazioni poco trasparenti. Questa decisione innescò una reazione a catena dal momento che un buon numero di banche americane aveva già effettuato pagamenti in marchi (DEM) a favore della banca tedesca in cambio di dollari (USD); poiché i mercati americani erano ancora chiusi a causa del diverso fuso orario, la Bankhaus Herstatt non riuscì ad adempiere ai suoi obblighi. 6 La natura dell attività svolta dall assicuratore fa sì che egli per effetto della stipula del contratto percepisca immediatamente il premio, mentre l (eventuale) indennizzo che dovrà essere pagato attingendo anche al premio incassato è futuro ed incerto. Perciò se alla chiusura del primo esercizio successivo alla stipula del contratto il sinistro non si è verificato, il premio incassato dall assicuratore non rappresenta un ricavo perché parte di esso deve essere destinato a coprire il rischio che l assicuratore correrà negli anni successivi, fino alla scadenza pattuita nel contratto. Per colmare questo scarto tra il flusso finanziario (i premi incassati) e la manifestazione economica di esso (i ricavi residui dopo la detrazione degli indennizzi), l assicuratore deve accantonare, per ogni esercizio, quella parte del premio incassato che è destinato a coprire i rischi ancora in corso. Questi accantonamenti prendono il nome di riserve tecniche. 13

In seguito al fallimento della Bankhaus Herstatt e di altre piccole banche americane ed europee, i governatori dei paese appartenenti al G-10 (Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Regno Unito, Svezia, Svizzera, USA) più il Lussemburgo e la Spagna, costituirono il Comitato di Basilea sotto gli auspici della Bank for International Settlements (BIS). Gli obiettivi del Comitato di Basilea sono: promuovere la cooperazione internazionale in materia di vigilanza prudenziale; stabilire degli standard minimi in materia di vigilanza prudenziale; rafforzare la sicurezza e l affidabilità del sistema finanziario. Il Comitato opera tramite linee guida, standard, raccomandazioni, accordi che non sono formalmente vincolanti, anche se i paesi che vi aderiscono sono implicitamente obbligati a recepire, pur con modalità differente da nazione a nazione, gli accordi raggiunti. Con il passare degli anni, gli Accordi di Basilea sono diventati uno standard regolamentare anche per molti paesi non rappresentati all interno del Comitato. La prima richiesta di detenere un requisito patrimoniale minimo a fronte dei rischi presenti nella attività detenute dagli istituti bancari apparve nel 1988 con il c.d. Accordo di Basilea I. In estrema sintesi, venne stabilito che ciascuna esposizione doveva essere coperta dal capitale di vigilanza : in pratica le Autorità stabilirono che il capitale detenuto fosse pari all 8% degli attivi ponderati per determinati coefficienti fissati a priori. Se da un lato questo accordo riveste un importanza storica poiché per la prima volta si decise fissare un tetto alle possibilità di investimento, dall altro sono presenti diversi limiti: non si tiene conto della durata dell investimento; la formula utilizzata è troppo statica e non tiene conto delle fasi congiunturali; non viene preso in considerazione il merito creditizio della controparte; non si tiene conto della qualità del portafoglio delle banche. A causa di queste limitazioni ed in seguito all aggiramento della normativa da parte di alcune banche, nel 2004 fu firmato il Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea meglio noto come Basilea II. Il testo è stato recepito dagli ordinamenti nazionali ed è entrato in vigore nel 2007 (in Italia tramite la Circolare 263 del 2006) apportando sostanziali cambiamenti rispetto alla precedente normativa; l accordo si basa principalmente su 3 pilastri: regole per la determinazione dell adeguatezza patrimoniale; linee guida per l attività di supervisione sull adeguatezza del capitale da parte degli organi di controllo; 14