L educazione interculturale viene spesso relegata a ore extracurricolari, da insegnare con danze, cibi, canti,mentre la valorizzazione delle lingue



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L educazione interculturale viene spesso relegata a ore extracurricolari, da insegnare con danze, cibi, canti,mentre la valorizzazione delle lingue di origine incontra resistenze, riconducibili parzialmente a ragioni organizzative e di risorse, per l elevatissimo numero di lingue presenti nelle scuole (191 nazionalità presenti, almeno 60 lingue utilizzate), ma soprattutto a una sottovalutazione del ruolo e dell importanza delle lingue e culture d origine, la cui valorizzazione e rispetto sono rilevanti nella formazione dell identità e nel rendimento scolastico. La presenza dell Insegnamento della Religione Cattolica è un ulteriore elemento che connota il contesto scolastico italiano rendendolo meno flessibile e aperto. Se da un lato la tradizione religiosa scolastica ha forse evitato di giungere a eccessive definizioni in senso laico del contesto scolastico, come è accaduto in Francia, dall altro essa connota la nostra scuola di una monoreligiosità invadente. In Italia si rileva più di una anomalia rispetto a questo insegnamento, che nessuna parte politica riesce a risolvere e a mettere a tema in modo efficace.l insegnamento della Religione Cattolica è stato introdotto a partire dal concordato del 29, rivisto parzialmente nel 85, rendendolo un insegnamento facoltativo. Una delle anomalie che si sono sommate negli anni riguarda il fatto che la religione cattolica sia una materia facoltativa, ma curricolare ed esprime un voto, e l ora alternativa non possa essere una disciplina interessante, perché introdurrebbe un elemento di discriminazione per gli studenti che si avvalgono dell IRC. Negli ultimi anni sono aumentate le esperienze scolastiche di seria revisione in chiave interculturale della struttura scolastica, attraverso l implementazione di pratiche continuative d integrazione e di promozione di una nuova cittadinanza plurale ma sono ancora esperienze troppo limitate per la scarsità di risorse investite e per scelte istituzionali contraddittorie, quando non palesemente discriminatorie, che lasciano troppi margini di arbitrarietà alle scuole stesse. Questa arbitrarietà dà origine a fenomeni di concentrazione degli studenti stranieri in alcune scuole più sensibili e disponibili e anche l accesso, che è un diritto ed è solo il primo passo, non sempre viene ottenuto senza perinegrazioni fra scuole che si rimbalzano l inserimento di un neoarrivato ad anno scolastico avviato. Progetti interculturali e d integrazione articolati vengano attivati solo nel momento in cui il numero di alunni di diversa provenienza culturale raggiungono una soglia di visibilità e di problematicità tale da non poterne più fare a meno. 193

Progetti di educazione interculturale, di revisione interculturale dei saperi e di discriminazione del pregiudizio, dovrebbero trovare realizzazione anche in scuole dove non c è nessun alunno straniero. Rispetto ai servizi per l infanzia questi elementi di limite sono altrettanto presenti, e forse vi si riscontra con maggiore frequenza il rischio di realizzare una progettualità un po folkloristica sulle differenze culturali, nel permanere di un contesto educativo che richiede adattamento e assimilazione. Quando è presente una progettualità ispirata a temi interculturali, essa soffre di eccessiva improvvisazione e limitatezza di tempi e dimensioni prese in considerazione. I progetti sono spesso brevi e possono introdurre all interno della vita scolastica interessanti parentesi, anche stimolanti e coinvolgenti per i bambini, ma non sono supportati da una revisione ampia e dettagliata della vita offerta a scuola a bambini e genitori, non sembrano sostanziati da una revisione critica approfondita sulle idee di identità culturale e stentano ancora ad affrontare in modo fondato e consapevole istanze e bisogni del percorso di crescita dei bambini migranti plurilinguismo, pluralità delle affiliazioni culturali,discriminazione. La scuola dell infanzia italiana non dedica infatti attenzioni specifiche rivolte all apprendimento linguistico dei bambini migranti, ai limiti cognitivi e psicologici connessi a un apprendimento della lingua dominante solo per immersione, alle conseguenze di un abbandono precoce della lingua d origine, che spesso viene purtroppo consigliato nel timore che impedisca l apprendimento della lingua italiana, incoraggiando precocemente nei bambini forme di plurilinguismo sottrattivo o addirittura di semilinguismo. L attuale fatica a riconoscere la pluralità linguistica e culturale che abita il paesaggio dei servizi e della scuola non va imputata ad interesse da parte di educatori ed insegnanti, ma in primo luogo alla carenza di percorsi formativi che aiutino e sostengano la comprensione di una realtà che è profondamente complessa. La convivenza di persone provenienti da culture diverse è un incontro-scontro continuo, quotidiano, La multiculturalità sfida, una spontanea mentalità cartesiana che, vorrebbe coordinate certe e universali,sfida idee sedimentate del patrimonio e dell identità culturale circa ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, come si deve educare ed istruire un bambino, quali sono i suoi bisogni e le sue caratteristiche, (fisiche, affettive,cognitive), quali obiettivi e metodi educativi informano la scuola, i suoi progetti, i suoi spazi e materiali; sfida i modi di pensare e vivere le relazioni con i genitori, le modalità di coinvolgimento nello spazio di vita che è la scuola. 194

Superare la naturale monoculturalità dell approccio alla realtà richiede un intenzionale lavoro di riflessione critica, a cui si può essere più o meno predisposti per storia di vita e di formazione, e richiede un supporto formativo approfondito. A determinare molti dei limiti illustrati vi è l interpretazione che insegnanti attribuiscono al concetto centrale d identità culturale. Questo concetto ha impegnato la pedagogia a un dialogo interdisciplinare in particolare con i saperi dell antropologia e dell etnografia per recuperare interpretazioni appropriate di esso in una cornice costruttivista-relazionale, come realtà dinamica e relazionale, che tuttavia viene molto spesso disattesa per le ragioni di tipo psicologico, ideologico e storico-politico di cui si è parlato. Ricercatori e pedagogisti osservano che spesso nella scuola questo concetto-realtà viene definito in maniera rigida: l identità culturale come qualcosa che sovradetermina gli individui in una dimensione statica e reificata, che lega univocamente gli individui alle loro origini. Da queste forme interpretative rigide discendono approcci culturalisti, che presentano le culture come immobili e fisse nel tempo, in una prospettiva che considera gli individui ostaggi delle loro origini e non immersi in percorsi d individuazione dinamici laddove bambini e adolescenti vivono un forte dinamismo e un bisogno di appartenenza al gruppo dei pari e differenzia listi che enfatizzano le differenze e non le somiglianze tra le appartenenze culturali, approdando ad un eccessivo relativismo, accettando o rifiutando qualunque manifestazione comportamentale, in nome della cultura. Preponderante è tuttavia una generale inconsapevolezza rispetto a una mentalità etnocentrica universalista, che ignora la differenza culturale dello sviluppo, delle scelte educative, dei metodi didattici, delle materie disciplinari, delle modalità relazionali, e organizzative che connotano il contesto scolastico. Attraverso la permanenza di questa generale mentalità monoculturale in nome dell universalità educativa dei bambini e dell universale uguaglianza, avviene un doppio disconoscimento. Un primo disconoscimento riguarda il fatto che la società non possa più pensarsi monoculturale e che se abbandonare tradizioni e linguaggi tipici del nostro contesto culturale, debba guardare ad una cittadinanza culturalmente varia, a un educazione alle differenze e somiglianze tra culture anche all interno dello stesso spazio vitale e di crescita Un secondo disconoscimento riguarda la condizione specifica identitaria dei bambini e delle famiglie nella migrazione. Nella scuola i limiti delle pratiche interculturali riguardano. 195

Infatti una insufficiente conoscenza della costellazione psicologica riguardante l esperienza migratoria. Le identità meticce o pluriculturali di questi bambini rappresentano una novità spiazzante, difficile da pensare o comprendere. Snodo cruciale è la ricerca di vie praticabili ed equilibrate per attuare una buona formazione di educatori e insegnanti, la cui carenza rende inevitabile la presenza di ambivalenze e contraddizioni nella scuola. Le complesse dinamiche e conflittualità identitarie che contraddistinguono il percorso di crescita di bambini e adolescenti nella migrazione non sono facilmente leggibili e a scuola non sempre viene posta attenzione alle loro sensibilità profonde collegate a questi vissuti. Prevalgono piuttosto la risoluzione di problemi di gestione, di alfabetizzazione rapida, in un approccio parziale e a volte poco proficuo anche sul piano dell adattamento scolastico. L ambiguità della doppia/plurima appartenenza culturale non viene vista, forse viene rimossa. Su questo tema nella ricerca svolta presso scuole dell infanzia di diverse città italiane è emerso come la duplicità dell identità dei bambini nella migrazione venga in qualche modo elusa nei discorsi delle educatrici:le educatrici interpellate non osservano che i bambini figli di genitori stranieri, vivendo tra più culture, stiano inevitabilmente costruendo un identità che è in parte italiana e in parte della cultura famigliare. Una parola rivelatrice è risultata la parola integrazione ; il bambino ben integrato o poco integrato viene descritto in rapporto alla competenza linguistica italiana, meno frequentemente alle modalità relazionali con i compagni a scuola, raramente in rapporto alle relazioni extrascolastiche tra i bambini e famiglie italiane e straniere, ma soprattutto una buona integrazione non viene messa in relazione al rapporto con le origini culturali e linguistiche famigliari, che può essere connotato da rifiuto e conflittualità. Un concetto d integrazione che prescinde completamente da quello di integrità della persona. Le plurime appartenenze culturali vengono collocate in maniera implicitamente antagonistica : tra gli operatori vi è chi esprime preoccupazione maggiore che i bambini mantenendo lingua e cultura di origine siano ostacolati nel processo di integrazione e di acquisizione di un identità italiana, che comunque viene raramente attribuita ai bambini figli di genitori stranieri. 196

Il métissage non viene visto nel futuro dei bambini figli di emigranti, come possibilità di creazione di un identità che nell infanzia vede l attivarsi di processi identificatori plurimi e in età successive diviene scelta e possibilità di dare vita a qualcosa di nuovo. Questa difficoltà a pensare il doppio può avere ragioni psicologiche, vale a dire una difesa psichica a rimuovere ciò che richiama il doppio come forze disgregante, ma anche ragioni storico culturali. Si pensi a come sono nominati negli stati uniti gli americani di diversa origini culturale : Black-Amercians, Chinese-Americans, Vietnamese-Americans In Italia si parla di bambini Marocchini,Cinesi,Senegalesi,Non Italo-marocchini, non Italo-cinesi ecc abbinamento che si utilizza solo in riferimento a figli di coppie miste. Questo linguaggio comune a origini nel linguaggio mediatico e nel linguaggio istituzionale, i un clima politico che parla di un inconciliabilità fra cittadinanze e di un impervio percorso di naturalizzazione dei nuovi cittadini. La stessa parola Extracomunitario o immigrato viene utilizzata anche nei confronti di persone che risiedono da anni regolarmente in Italia. Linguaggi identitari statici di educatori e insegnanti contribuiscono a creare confini rigidi, barriere e disconoscimenti. Alcune ricerche hanno rilevato negli insegnanti di scuola primaria alcune tendenze riccorenti nella rappresentazione dei bambini stranieri : alla semplificazione il problema è solo che deve imparare l italiano ; all etnicizzazione si parla di bambini cinesi, marocchini, cingalesi come gruppi connotati da caratteristiche comuni e statiche, ogni problema o aspetto positivo viene riportato al gruppo etnico, oppure non li si definisce anche come italiani, sebbene siano nati in Italia ; alla problematizzazione del bambino straniero non si vedono le risorse e le ricchezze ; alla sua vulneralizzazione eccessiva che porta ad abbassare le richieste di prestazione scolatica - poverini, non ce la fanno. Il valore protettivo che la relazione insegnante/educatore bambino ricopre per la sua crescita complessiva e per la riuscita della sua esperienza scolastica, che è stato dimostrato come ancor più significativo per i figli di migranti, richiede una rivisitazione accorta del mondo rappresentazionale degli adulti a partire dal presupposto che è anzitutto come ci si rappresenta l altro a determinare la relazione educativa che instauriamo con lui/lei, a regolare lo sguardo su di lui/lei. La vulnerabilità, non definisce una condizione strutturale nei bambini, quanto piuttosto la disfunzionalità dei contesti di crescita e delle relazioni offerte al loro interno, ed è urgente osservare che il contesto scolasti cosi può porre come uno spazio che acuisce la vulnerabilità del percorso di 197

crescita e di integrazione del senso di identità e di autostima dei bambini, anziché promuoverne la resilienza. Il frequente verificarsi della situazione paradossale, nella quale i bambini, socializzati a una cultura italiana, non vengono riconosciuti come italiani dalla società in generale e anche da chi opera nella scuola e nei servizi educativi, mina potenzialmente il sentimento di continuità, di appartenenza, d integrità del sé, così fondamentali nel consolidamento del senso d identità e dell immagine di sé. Si può osservare che in Italia, nella scuola non vi sono insegnanti immigrati o insegnanti di seconda generazione. Immaginiamo quale effetto potrebbe produrre in questi bambini e ragazzi un insegnante di diversa origine culturale, come accade in altre realtà europee o nordamericane, perfettamente bilingue, capace di incarnare ai loro occhi un modello riuscito di métissage fra più riferimenti culturali e linguistici,ricoprendo un ruolo socialmente visibile e di successo, capace forse di cogliere meglio di un non migrante le loro emozioni, stati d animo, difficoltà e potenzialità cognitive. Riconoscere il valore cognitivo del plurilinguismo e le interconnessioni fra lingua materna e sociale, famigliarizzare con segnali comunicativi di possibili stati di disagio, famigliarizzare con le emozioni a essi correlate, e saperli interpretare per modulare un intervento educativo adeguato sono sfide educative e formative ancora da elaborare profondamente e da affrontare.. 198