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Progetto Venere Poco prima di Natale 2014 Venere è stata adottata. Arrivata cucciolona dall'aquila verso la fine del 2012, ha mostrato subito un carattere chiuso, poco disponibile al contatto con le persone, e particolarmente diffidente nei confronti di nuovi ambienti e stimoli. Una delle prime volte che l'ho visitata nel box, ho subito notato sia comportamenti di evitamento (tenere la massima aria tra me e lei, scansare ogni minimo movimento del mio corpo), sia accenni di aggressione per la distanza ogni volta che le davo le spalle. In cambio, pur rifiutando in box la compagnia di altri cani, in spazi

aperti dimostrò di gradirli, e di gestire alla perfezione le interazioni con tutte le tipologie di ospiti. La Direzione del rifugio mi segnalò subito il caso, e avviai immediatamente il percorso di recupero. Neanche di recupero vero e proprio si trattava, bensì di spingere il più possibile Venere verso la massima socievolezza. Risultò chiaro a tutti che, al momento, il suo indice di adottabilità era pressoché nullo. Combattevamo contro due elementi non riducibili: in primo luogo, la diffidenza innata verso l'uomo, derivante da una rigida selezione genetica, proprio quella impietosa selezione che permette alle comunità di cani randagi del Centro-Sud Italia di sopravvivere ai margini della società umana; in secondo luogo, erano da mettere in conto i danni derivanti da una permanenza prolungata nella struttura. Nessun rifugio, o parco-canile, o pensione a cinque stelle è il posto adatto alla crescita equilibrata di cuccioli e cuccioloni. Nel caso specifico, paventavo la manifestazione massima di quel processo di desocializzazione che caratterizza tutti i cani nel passaggio dall'adolescenza alla maturità.

Il percorso dedicato a Venere venne strutturato in varie direzioni: 1. protezione: si concordò che Venere uscisse in passeggiata solo con personale informato e preparato ciò per evitare che avvenissero esperienze sensibilizzanti in ambienti esterni; tutte le uscite erano poi descritte e analizzate; si decise inoltre di evitare con cura sovrapposizioni di altri interventi educazionali; 2. box: alcuni volontari aumentarono i tempi di permanenza in box, fino ad ottenere da Venere la remissione dei comportamenti di evitamento; 3. campo: Venere fu presto introdotta in classe di socializzazione con cani ospiti scelti. Le sessioni avvenivano nell'ambito delle attività del gruppo CANEBLU: ottenevamo così che all'attività sociale con cospecifici, vissuta come positiva, si accompagnasse la presenza di persone sempre variabile per numero e natura, favorendo così sia l'abituazione che la generalizzazione alla presenza umana; sempre in campo Venere ha partecipato a sessioni di problem solving, sia individuali che di gruppo; 4. ambienti esterni: sempre con i componenti del Gruppo, organizzammo passeggiate collettive negli spazi verdi adiacenti il rifugio, cui aggiungemmo permanenze in alcune caffetterie dei dintorni e trasporti in automobile. Venere ci accompagnò anche in varie manifestazioni pubbliche organizzate dal Rifugio (Vimodrone, Vaprio d'adda). Dopo alcune iniziali difficoltà, il comportamento si stabilizzò nel normotipo.

Progetto Venere (2014) Proprio attraverso l'esperienza di preparazione che ho descritto, siamo arrivati a disegnare un modello complesso di training per cani che, come Venere, con grande difficoltà troverebbero accoglienza in famiglia. Per brevità, nell'ambito di CANEBLU questo modello è stato chiamato Progetto Venere. Non penso certo che, fornito un modello, tutto sarà semplice. Nessun cane è mai uguale a un altro... ma avere incluso nella modellizzazione l'apertura al diverso, la generosità e il senso dello stare insieme, si va dimostrando come una strategia da seguire. Grazie al supporto fornito dai volontari del gruppo CANEBLU, durante quest'anno abbiamo portato Venere in case private. Per quanto ormai più confidente, notavamo che fuori dal proprio box Venere non riusciva a raggiungere un reale stato di quiete e riposo. Era anche da comprendere se, grazie all'attività dedicata, si sarebbe equilibrata - e con che tempi all'interno di abitazioni, e quindi a contatto con tutto il complesso di stimoli che costituisce l'ambiente di vita di una media famiglia adottante. I risultati sono andati al di là di ogni immaginazione. E finalmente abbiamo visto Venere riposare. Da questo momento il nostro compito era di aiutarla a mantenere il più possibile le competenze acquisite, in attesa di una svolta felice.

Nella preparazione a una vita felice, l'ultimo passo da compiere era facilitare la relazione tra Venere e un eventuale adottante: malgrado ogni nostro sforzo, la genetica conserva comunque un ruolo preminente nella vita degli esseri, nelle loro scelte, nelle loro inclinazioni. La parte delicata della questione consisteva nell'esporre a un adottante quali difficoltà si sarebbero probabilmente presentate, ma fornendo strumenti possibili per comprendere e gestire, senza andare a intaccare la magia di un attaccamento reciproco. A presentarsi sono stati Fulvio e Arianna, rimasti colpiti dalle foto di Venere. Per quasi un mese ci siamo alternati in rifugio per un percorso intensivo di conoscenza e frequentazione tra loro e Venere. Molti pomeriggi abbiamo terminato gli incontri ormai al buio, già circondati dalla quiete che regna tra i box nelle ore piccole. Dopo alcune visite a casa di Arianna e Fulvio, abbiamo deciso con la Direzione di rompere gli indugi, e di avviare l'adozione finale. Sempre in contatto con loro, riceviamo foto, video, messaggi. Ma il messaggio più importante è essere riusciti a donare a Venere un'esistenza possibile. Buona vita, Venere! Ringraziamenti Oltre a tutti i volontari che hanno dedicato tempo e attenzione a Venere, un ringraziamento speciale va a Sonia Miccoli, che ha trascorso molte ore nel box con Venere, compiendo il primo passo verso una maggiore confidenza; ma anche a Giulia Waldis, Andrea Vago, Federica Marca e Valentina Pierucci: in molte occasioni sono stati importanti presenze nella preparazione di Venere.