LA MUSICA E LA SCUOLA: UN POSSIBILE 1



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LA MUSICA E LA SCUOLA: UN POSSIBILE 1 INCONTRO Enrico Bottero 1.Il contesto istituzionale Il mondo della scuola e dell educazione registra in questi anni profondi cambiamenti che riguardano anche l educazione musicale. La comunicazione n.158 del 25\9\98 e le Circolari successive sui laboratori musicali hanno recentemente aperto qualche prospettiva sulla riforma dell educazione musicale di base dopo un lungo periodo di oblio o di tentativi avviati e interrotti 2. Le prospettive positive sono,naturalmente, in relazione con il momento di più generale cambiamento che sta attraversando la scuola italiana. Il riordino dei cicli nella scuola di base e la riforma della secondaria superiore aprono la strada a una revisione dei curricoli e degli impianti organizzativi chiamati a sostenerli. Fino a qualche anno fa la storica emarginazione della musica nella scuola era stata interrotta in modo significativo dai Programmi della scuola elementare del 1985 e dagli Orientamenti della scuola materna del 1991. Qui la musica aveva ricevuto piena cittadinanza cognitiva. Sono però mancate le scelte operative conseguenti a una positiva dichiarazione di intenti. Si tratta delle scelte che rispondono alla domanda: chi può insegnare musica nella scuola dell infanzia e nella scuola di base? Con quale formazione? L esclusione dell insegnante specialista nella scuola elementare e nella scuola dell infanzia in nome di un unità dell insegnamento avrebbe richiesto un piano preciso di formazione di insegnanti dei due ordini di scuola. Poiché ciò non è stato, i passi in avanti non hanno avuto natura strutturale, di vera e propria svolta. In questo quadro, l iniziativa di diffusione dei laboratori musicali territoriali mira a mettere in atto un meccanismo virtuoso che veda coinvolte scuole, Enti Locali, Associazioni, ecc. Da queste reti di collaborazione potrebbero emergere attività per gli alunni ma anche iniziative di formazione per gli insegnanti. Naturalmente l iniziativa dei laboratori non risolve il problema di una mancata riforma curricolare e della scelta/formazione degli 1 Testo dell intervento tenuto il 14/12/2000 al Convegno Il piacere dell arte organizzato dal Comune di Torino. 2 Per un panorama storico - critico delle vicende dell educazione musicale nel nostro sistema formativo rimando a E.Bottero, La musica nel sistema formativo: prospettive di riforma, in I Problemi della Pedagogia, n.4, 1997, pp. 397 413; C.Delfrati, Una sosta pensosa lunga più di un secolo, in Musica Domani, n. 102, 1997, pp. 3 10; A.A.V.V., L insegnamento musicale in Italia, in Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione, n. 34, Le Monnier, Firenze, 1986.

insegnanti.tuttavia, se, come ci auguriamo, avrà una sua continuità, potrà essere un positivo elemento propulsivo nella direzione auspicata. Detto ciò, è bene ora cercare di chiarire quale può essere il significato educativo della musica nella formazione di tutti. Affronteremo cioè la questione dal punto di vista pedagogico e didattico, ovvero il tema del possibile incontro tra il soggetto e l area musicale. E da una seria riflessione sul significato formativo della musica e non da un acritica accettazione di un qualsiasi curricolo musicale che può prendere le mosse un vero cambiamento culturale e non solo di facciata. 2.Il quadro attuale : le due culture Credo si possa sostenere con valide ragioni la necessità di un educazione musicale di base ben differenziata da quella specialistica. Essa non va pensata né come semplice educazione con la musica ( orientamento alla socialità, sviluppo di aspetti cognitivi trasversali, ecc.) né come precoce addestramento (educazione alla musica), ma come premessa di una formazione estetica che è ad un tempo educazione del gusto, relazionale e cognitiva. E inutile, pertanto, contrapporre educazione alla musica ed educazione con la musica. Il formativo e il musicale si possono ricomporre sotto un unico segno solo facendo proprio un approccio estetico formativo e cognitivo ad un tempo. Per realizzare questo obiettivo è necessario avviare un processo di osmosi culturale tra mondi ed istituzioni storicamente lontani,quello musicale e quello della scuola. In assenza di ciò, ogni inserimento della musica nel curricolo di base non potrebbe che andare a costituire un aggiunta per sommatoria all esistente curricolo specialistico senza incidere sulla didattica a scuola e sullo storico privilegio dei saperi della mente rispetto ai saperi del corpo. Uno dei principali ostacoli al progetto di un educazione musicale di base autenticamente formativa è la permanenza nel mondo musicale di un approccio estetico teso a ricondurre l arte,e la musica in particolare, entro i confini della bella apparenza. Secondo questo punto di vista, di derivazione romantica e poi crociana, il fruitore e il produttore di linguaggi artistici farebbero riferimento alla loro ispirazione interiore e al puro giudizio di gusto. L arte apparterrebbe all insondabile interiorità soggettiva e poco avrebbe a che fare con la conoscenza, demandata solo ai saperi scientifici. La collocazione della musica e delle altre arti in uno spazio separato ha permesso in epoca romantica di viverla quasi come una conoscenza superiore (la religione dell arte di Hegel), dunque per pochi iniziati. E facile oggi sorridere su certe ingenuità romantiche. La cosa assume una diversa fisionomia se si riflette come esse condizionino ancor oggi gli studi musicali specialistici. E da qui che si origina il tradizionale disinteresse degli studi musicali superiori per la didattica, vissuta come un ripiego rispetto al superiore compito dell artista. L idea romantica del genio ha finito curiosamente per sposarsi con una didattica di sapore positivistico (il solfeggio). Le difficoltà incontrate

dagli allievi, piuttosto che venire considerate un segnale, come dovrebbe essere, dell insufficienza di quella didattica, confermerebbero che pochi sono i chiamati a quella conoscenza superiore che è la musica. L idea del genio, che è tale perché dimostra capacità fuori dal comune, come il virtuosismo solistico, ne esce così rafforzata. Questa cultura ha favorito nel tempo il radicarsi di studi musicali sempre più separati da quelli comuni e orientati alla preparazione del concertismo e quindi di una didattica centrata sullo studio dello strumento e sulla teoria/solfeggio come corso preparatorio. La formazione di base, da questo punto di vista, non ha mai costituito un problema essendo il suo unico compito quello di fare una prima selezione dei possibili futuri musicisti. In questa visione, come si vede, viene a mancare un punto di vista fondamentale: le potenzialità formative della musica e del linguaggio dei suoni in genere nell educazione di tutti. La musica, linguaggio del corpo e dell esperienza sensibile, può costituire un medium privilegiato per l apprendimento. Anzi, essa, con il suo radicarsi nella sensibilità, può costituire un importante correttivo a modelli didattici scolastici, che, sposando i dettami del cognitivismo, hanno legittimato una didattica fortemente centrata sull educazione della mente. Non è un caso che un curricolo fortemente disciplinarizzato, scientifico, faccia difficoltà a collocare la musica e le arti in genere, tanto più quando esse fanno di tutto per presentarsi come sapere tanto bello quanto lontano da problematiche cognitive ed epistemologiche. Si può dunque sostenere che un approccio scientifico riduzionistico è esattamente speculare e complementare a quell estetica idealistica che accetta per la musica un ruolo di bella apparenza tutto collocato nell ordine della pura soggettività. Se ancor oggi dovesse prevalere questo quadro, l idea di aprirsi nella scuola a laboratori musicali farebbe il paio con l accettazione della loro marginalità nel curricolo, una marginalità dorata purtroppo ancora gradita a molti. 3. Per un educazione musicale di base Come si può uscire da questa difficoltà? La via da percorrere è lunga e non può essere che quella della contaminazione tra le due culture, un osmosi che dovrà indebolire l autoreferenzialità di ciascuna di esse a favore non solo di comuni obiettivi pedagogici e formativi, ma anche delle stesse culture di partenza, altrimenti destinate, soprattutto quella musicale, a non costituire più un riferimento per le nuove generazioni. La musica, infatti, è un fenomeno vivo che non perde mai i contatti con la cultura di tutti. I rischi dell omogeneizzazione della cultura di massa non devono farci dimenticare questa esigenza vitale della musica, oggi sentita soprattutto dalla musica rock, jazz, etnica o popolare. Non c è dunque un estetica, ma più estetiche e quella idealistica appartiene ormai al passato, sia pur di un passato sempre da riprendere e sviluppare. La scuola, per parte sua, farebbe bene a riaprire la discussione sull epistemologia dei saperi riscoprendo il valore formativo della musica e quindi il suo pieno diritto ad essere inserita

nei nuovi curricoli centrati su obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni 3. La ricerca in campo estetico ( e pedagogico, ove la pedagogia vi ha prestato ascolto) ha già elaborato questa contaminazione non ancora assimilata dalla cultura delle istituzioni, naturalmente più lenta a far proprie le innovazioni. 4 Nella cultura estetica fenomenologica si parla, ad esempio, di conoscenza sensibile, di sapere della sensibilità. Essa ci dice che la conoscenza non si identifica con i saperi formali astratti ( le qualità primarie di Cartesio) ma si fonda sulla conoscenza sensibile. Ancor prima del linguaggio formale e scientifico c è uno strato più elementare, quello della corporeità percettiva ed emozionale. La musica, da questo punto di vista, costituisce un medium privilegiato. Essa è una pratica radicata nella sensorialità, nel corporeo, nel mondo emotivo mentre,nello stesso tempo, mira alle strutture, a forme definite. Conoscenza sensibile e conoscenza formale si integrano in essa e nelle sue pratiche come dovrebbe essere in ogni buona didattica. Una buona didattica musicale non solo è lontana dalle astrattezze del solfeggismo, ma informa di sé, della sua materialità sensibile, tutta la didattica. A queste condizioni la pedagogia musicale può rendere un buon servizio non solo alla musica ma anche alla scuola e alla sua didattica, oggi troppo sbilanciata sui saperi formali, sull educazione della mente. I vecchi saperi simbolici di orientamento umanistico stanno per essere sostituiti con quelli scientifici. Tutto ciò viene perseguito dimenticando ancora una volta il corpo, che non è solo oggetto da sottomettere, ma, come ricorda Merleau Ponty, ciò attraverso cui vi sono degli oggetti, ovvero ciò entro cui noi siamo e a partire da cui osserviamo il mondo anche quando ci prefiggiamo, in ultima analisi, uno scopo scientifico. La conoscenza, quindi, ha una radice estetica e la musica, arte sensibile e formale ad un tempo, lo dimostra in modo esemplare. 4.La formazione degli insegnanti Un cambiamento culturale di questo tipo richiede,com è facile prevedere, adeguati interventi di formazione e non solo di semplice aggiornamento. Non si tratta semplicemente di assumere musicisti come insegnanti di musica o di portare le classi scolastiche in massa ai concerti. Ci vuole, prima di tutto, un percorso di crescita per adulti formatori che li aiuti a mettere insieme competenza musicale e competenza pedagogico - didattica facendo esperienza su di sé. E questa esperienza, e non tanto l eventuale conoscenza formale trasmessa in modo meccanico, che verrà da essi ripresa quando saranno chiamati a condurre un setting didattico. Naturalmente il rifiuto del formalismo 3 Cfr. Regolamento dell autonomia delle Istituzioni scolastiche, art.8. 4 Per una lettura pedagogica e didattico - musicale di un estetica della sensibilità e della formatività mi permetto di rinviare a E.Bottero, A. Padovani, Pedagogia della musica. Orientamenti e proposte didattiche per la formazione di base, Guerini e Associati, Milano, 2000.

e del tecnicismo non va confuso con l indispensabile conoscenza tecnica e culturale di chi fa e ascolta musica. L esaltazione del puro spontaneismo è tanto dannosa quanto un tecnicismo esasperato e non darebbe modo agli alunni di uscire dall alveo di un gusto musicale di massa, oggi sempre più pilotato dal marketing e dai mass media ad esso inevitabilmente legati. Ma proprio per questo abbiamo bisogno di insegnanti liberati da un ruolo trasmissivo e aperti a quello, più faticoso ma più produttivo, di mediatori culturali tra i saperi impliciti che emergono nel sociale e i codici/saperi propri dell istituzione scuola e della tradizione musicale.