I CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLE SOCIETÀ PER AZIONI FRA MITOLOGIE ROMANTICHE E PATOLOGIE SEMPITERNE

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1 Università degli Studi di Brescia Dipartimento di Economia Aziendale Arnaldo CANZIANI I CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLE SOCIETÀ PER AZIONI FRA MITOLOGIE ROMANTICHE E PATOLOGIE SEMPITERNE Paper numero 122 Dicembre 2011

2 I CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLE SOCIETÀ PER AZIONI FRA MITOLOGIE ROMANTICHE E PATOLOGIE SEMPITERNE di Arnaldo CANZIANI Università degli Studi di Brescia Il saggio che segue costituisce la versione organica della relazione al Convegno Ruolo, composizione e funzionamento del Consiglio di Amministrazione, XVI Seminario di Studio, Bressanone, settembre 2011 L'autore ringrazia la Biblioteca "Umberto Balestrazzi" e l'istituto Gramsci di Parma per la riproduzione generosa di materiale d'archivio, nonché per il permesso di pubblicarne alcune sezioni nel. 3

3 Indice Prefazione Introduzione I consigli di amministrazione tra utilità e futilità, i.e. operanti o ratificativi La fisiologia silenziosamente operante La deprivazione decisionale, alias patologia ratificativa L'ampiezza delle deleghe e il formalismo ratificativo Alcune fattispecie patologiche dagli anni Trenta del secolo XX alla Prima Repubblica Premessa Lo svolgimento dei consigli di amministrazione in due Banche di Interesse Nazionale La banca A La banca B Altre fattispecie degli anni Novanta del secolo XX Premessa Il caso Parmalat Il caso Telecom-Serbia I prodotti finanziarî strutturati della banca A, Le operazioni in titoli della Banca E, Vertici tiranni, consiglieri asserviti: la gestione strategica e organizzativa nei gruppi di società e i "conigli di amministrazione" delle controllate Conclusioni... 36

4 <videbis, fili mi, quā pauca sapientiā regitur mundus> (Gabriel THURESON conte di OXENSTIRN) 1 1 Gli OXENSTIERN(A) furono una fra le più illustri famiglie di Svezia, consiglieri della Corona sino dal secolo XIV, poi Reggenti nel secolo XV, Cancellieri del Regno e Ministri degli Esteri nel XVII, fino a Johan Gabriel conte di Corsholm e Wasa ( ), poeta di Corte sotto Gustavo III. L'esergo è invece dovuto a un componente storicamente minore ma più rilevante nella storia della letteratura (e della pietà cristiana): militare, diplomatico, Governatore sotto Carlo II, finisce successivamente in miseria ma, da ex-libertino e festaiolo poi convertito al cattolicesimo, raccoglie queste riflessioni morali pubblicate già lui vivente (cfr. in generale Enciclopedia Biografica Universale, Roma, Treccani, vol. XIV, pp , e sul Nostro il Dizionario biografico universale, vol. IV, p. 336). L'edizione standard è la seconda tedesca, pur poi discussa per le impefezioni e gli errori, Pensées sur divers sujets morales. Nouvelle edition revue, corrigée & augmentée de maximes et reflections par le meme auteur, Francfort, F. Varrrentrapp, 1736, 2 tomi in 12, pp. (8)-342, (8)-282; l'edizione da cui si cita è la francese, largamente rivista, Pensées de Monsieur le comte d'oxenstirn sur divers sujets, La Haye, Jean van Duren, 1759, 2 tomi in 12, pp. (16)-298, 261-(3); esiste di questa una traduzione italiana, Pensieri sopra diversi soggetti con le riflessioni morali del medesimo autore. Recato dala francese nell'italiana favella da Dom. Carrari, Venezia, Giammaria Bassaglia, 1770, 2 volumi in 8, pp. 333, 258

5 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne Prefazione Il tema del contrasto e dell'equilibrio di interessi e di poteri nelle Società per Azioni risale in vario modo alle Compagnie des Indes, per poi rafforzarsi nel corso dell'ottocento specialmente dopo il Code Napoléon e lungo il corso delle prime e seconde Rivoluzioni Industriali (in particolare le continentali, dalla Francia alla Germania all'italia). Il tema è noto o dovrebbe nei suoi svolgimenti giuridici sin dalla metà dell'ottocento come pure nelle trattazioni dell'economia marxista (Rudolf Hilferding, Das Finanzkapital, 1911), e nondimeno nei suoi svolgimenti aziendali a principiare da Fabio Besta (specialmente nell'edizione postuma della Ragioneria, Milano, Vallardi, 1922, 3 volumi). In particolare, ciò che oggi molti o tutti ripetono, ripetendo più o meno dall'american English cioè la differenza fra shareholders e stakeholders è già in Commons, poi nel countervailing power di J.K. Galbraith, ed è infne assolutamente compiuta in Carlo Masini, da ultimo in Lavoro e Risparmio (Torino, UTET, 2 a edizione, 1980), in questo caso incardinata nel tomismo, e in particolare nel sempre attuale p. Vittore Cathrein. D'altra parte inutile lamentarsi, oggi è così, e forse è così da sempre se Daniele Varé, Ministro d'italia in Cina , ricordava: "Noi oggi percorriamo la Cina in treno, in auto, col vapore; ma ovunque giungiamo scopriamo che Marco Polo c'era già stato, a piedi o a cavallo, centinaia di anni prima di noi: è proprio vero che noi diciamo nuovo nel mondo solo ciò che abbiamo dimenticato" (Il diplomatico sorridente, Milano, Hoepli, 1941). Anzi oggi il tema, dopo tante ripetizioni aziendali, e la di lui opportuna ripresa giuridica (Montalenti), parrebbe divenuto secondo taluni un tema puramente economicista! È questo un ulteriore problema dell'epoca spiritualmente sconvolta, speculativamente irrazionale, e specialmente delle scienze sociali a causa della loro latitudine di confini. È inoltre un problema particolare di molte branche dell'economia politica le quali incerte, spaesate, disperse si ritrovano nel mondo economico come o' ciuccio in mezzo ai suoni, e pretendono di uscire dal proprio marasma applicando algoritmi. Anzi, credendosi rafforzate dal possesso d'un "metodo esatto", invece di dedicarsi allo studio di problemi pensano a inventarsi bandite di caccia, con un'estensione di campo pari soltanto alla propria impotenza teoretica. Così esse hanno da ultimo rivendicato, quale proprio terreno, il diritto nella sua interezza (the Economics of Law), e dunque fra l'altro pure la corporate governance. 1

6 Arnaldo Canziani Il problema invece, se è senz'altro giuridico, è non di meno economico-aziendale. E poiché il punto risulta piuttosot ovvio, lo riassumeremo icasticamente limitandoci a evocare categorie quali sostanza e forma, processo e contenuto, infine più propriamente materia economica in forma giuridica. Se infatti l'ordinamento esprime categorie le quali definiscono nel bene e nel male l'armatura del vivere civile (Stahl), ciò vale in via speciale per la disciplina delle società. Tramite questa vengono infatti regolate le modalità di organizzazione ed espressione della volontà sociale nonché di delega della stessa. Ciò compiuto, la dinamica ancorché svolta in forme giuridiche (ma talora anche anti-giuridiche, o propriamente illecite) è una dinamica di scelte economico-aziendali che si esprimono in decisioni strategiche, gestionali, operative, le quali a propria volta definiscono combinazioni produttive e coordinazioni lucrative nello spazio e nel tempo. Al di là dunque della regolamentazione giuridica di rapporti, connessioni e processi, sono ben quelle a generare poi sviluppi e declini, espansioni e crisi, utili e perdite; e con essi gli equilibrî (e squilibrî) di potere fra portatori di interessi istituzionali, pur variamente riconosciuti come tali dall'ordinamento. Momento cruciale certo non l'unico del tema in argomento risiede allora nella struttura, composizione e funzionalità dei consigli di amministrazione. È ben in questi che si decidono infatti deleghe e protagonisti (key actors), si varano scelte strategiche e operazioni straordinarie, si approvano il bilancio e le di lui risultanze, si propongono all'assemblea dividendi e riserve; e il punto non necessita di ulteriori sottolineature. La composizione e il funzionamento di tale organo pare dunque rivestire rilevanza fondamentale ex se. Ma se la composizione strutturale è definita dall'ordinamento (struttura tradizionale o duale, presenza di consiglieri "indipendenti" o attribuiti alle minoranze, et al.) e poi dallo Statuto sociale, e se la composizione personale è frutto della volontà dell'azionariato (specie nei casi ove una minoranza coesa domini o prevarichi una maggioranza disgregata), il funzionamento interno è problema a sè stante. Il funzionamento dei comitati è infatti trattabile dal punto di vista della psicologia cognitiva e organizzativa, in particolare della psicologia degli small groups specie se con compiti decisionali (dalle Camere di Consiglio della Magistratura ai Consigli di Facoltà degli Atenei, fino ai consigli direttivi di partiti, associazioni, circoli e comitati): ne sono derivate l'attenzione ai ruoli (e.g. leader, follower, antagonista, contro-dipendente, et 2

7 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne al.), e poi soprattutto alle dinamiche organizzative, più o meno convergenti, conflittuali, conciliative, e inoltre armoniche o disarmoniche. Peraltro, il tema dei consigli di amministrazione delle società è reso ulteriormente complesso dal novero di implicazioni economiche dirette e indirette che dalle scelte degli stessi deriva. Inoltre, quanto maggiore è l'impresa, dal novero di conseguenze anche sindacali, sociali, politiche che possono sortirne (conseguenze in alcuni casi anche internazionali, parlamentari, partitiche, diplomatiche). E qui occorre allora intendersi, giacché troppo spesso quelle dinamiche vengono in toto ignorate, e trattate soprattuto dalla letteratura da Thomas Mann a Dino Buzzati a Giuseppe Luraghi o dalla cinematografia, da I grattacieli uccidono (1942) a Una poltrona per due (1983). Certo, le empirie fedeli e oggettivamente disponibili sono in fondo minori, ma non mancano del tutto; e invece troppe volte il tema risulta appunto trascurato, oppure trattato in due modi sostanzialmente filistei: a. o meramente formale fino al formalismo, nella descrizione elencatoria e letterale di compiti e doveri; b. o idealizzato e deferente fino all'adulazione, nella descrizione illusoria di ottimati il cui comportamento adduca naturalmente, ed esclusivamente, ad optima economici e giuridici. Come ovvio, le dinamiche vere sono dinamiche altre: se alcune Muse già ce le hanno descritte, d'altra parte empirie al riguardo sono oggi diffusamente disponibili, solo a volerle cercare, iniziando con gli importanti e oggi negletti studî di Eugenio Greco dal 1935 al L'occasione dunque del XVI Seminario di Studio, Bressanone, settembre 2011, questa volta in tema appunto di Ruolo, composizione e funzionamento del Consiglio di Amministrazione si è rivelato momento inaspettato, opportuno, gradito e davvero giovevole al fine di adattare parte di un lavoro da anni fra i tanti in faticosa gestazione, e per presentarla al pubblico. L'autore ringrazia con sensi di profonda gratitudine gli organizzatori, i professori Saverio Bozzolan e Antonio Parbonetti per avere accettato la proposta di paper, e per aver reso poi il medesimo introduttivo al Convegno. Li ringrazia inoltre e con loro l'università degli Studi di Padova per l'ospitalità generosa. Ringrazia infine tutti i partecipanti per avere ascoltato con disponibilità ancor più generosa le forse troppe osservazioni che, molto interessato dai loro lavori, egli non ha resistito al desiderio di proporre pur essendo, come partecipante, solo l'ultimo arrivato. Brescia, Università degli Studî, dicembre 2011 l'autore 3

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9 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne 1. Introduzione Le problematiche riguardanti il ruolo, composizione e funzionamento del consiglio di amministrazione affondano le proprie radici in Europa continentale nella giuridicità dell Ottocento, dunque sostanzialmente nell eredità del Code Napoléon. Si trattava pertanto d una costruzione normativa anteriore alle rivoluzioni industriali, quasi perfino alla inglese, e comunque anteriore salve le eccezioni note dalla storia e dalla storiografia al diffondersi della Società per Azioni. Dominavano infatti all epoca le società di persone, viste nella percezione omnium con la fiducia riservata a chi si dichiarava pronto a rispondere delle obbligazioni sociali con tutti i propri averi; e in tale percezione esse domineranno ad esempio in Germania fino al secolo XX, ove la capogruppo rivestirà sovente per molti decenni ben contenti creditori e obbligati la forma di Kommanditegesellschaft. La Società per Azioni quale tipo sociale si diffonderà poi rapidamente in Francia prima e dopo il Secondo Impero (si ricordino e.g. le agitate dinamiche dei fratelli Pereire e del Crédit Mobilier), in Belgio con gli sfruttamenti coloniali, in Germania e in Italia secondo percorsi la cui documentazione può forse ancora completarsi con le rivoluzioni industriali circa, in particolare i) per le imprese di grandi dimensioni, bancarie e assicurative, ii) nei settori altamente capitalizzati o frutto di iniziative consortili, iii) nelle imprese dal rapido sviluppo dimensionale specie durante e dopo le epoche bismarkiana e giolittiana. Ma anche in questi casi, le statuizioni codicistiche non parliamo della giurisprudenza tesero ad impostare la normazione, almeno quale presupposto ideale (ideologico?), sulla base dell ottimismo se non del sentimentalismo giuridici. Si immaginava cioè si dica in forme icastiche l assemblea quale adunanza festosa di tutti gli azionisti; il dibattito ispirato a sensi di competenza lungimirante e oblativa; l elezione del consiglio quale scelta di ottimati; infine l operare di questi quale dispiegamento di capacità nell interesse esclusivo della società e dei suoi proprietarî deleganti. La realtà era, già allora, sovente diversa, ma per ragioni che non rilevano in questa sede, non solo non riconosciuta da più stringente normativa né sanzionata in sede di giudizio: essa normalmente neppure giungeva nelle aule di giustizia, preferendo i padroni del vapore (avrebbe detto Ernesto Rossi) risolvere all'interno del Consiglio o della società o all'esterno, ma in modo stragiudiziale le controversie che tanto spesso li contrapponevano. 5

10 Arnaldo Canziani In particolare la realtà fisiologica o patologica che fosse si incentrava allora come oggi (talora già prima del I conflitto mondiale) sulla diffusione di maggioranze disgregate, assenti dalle adunanze assembleari, nelle quali minoranze coese decidevano per sé e per gli assenti, non di rado a proprio esclusivo vantaggio. Giacché il tema è noto in tutte le letterature, nella tedesca è documentato dal tempo di Hilferding ( Das Finanzkapital, 1911), e nella italiana è trattato da ormai sessant anni (anche se specialmente da autori marxisti), ci si contenti qui di averlo meramente richiamato. Altrettanto avveniva e avviene nei gruppi di società ove per il noto fenomeno delle società a catena (Vivante), il quale porta nomi differenziati fra cui pyramiding, ma che esprimono la stessa sostanza ovunque, mentre le percentuali di controllo potevano estendersi quasi senza fine, in parallelo le percentuali di interessenza cioè di coinvolgimento patrimoniale si riducevano progressivamente, fino a potersi rendere infinitesimali (per gli studi aziendali già L. Azzini, I gruppi, 1964). La composizione del consiglio di amministrazione è dunque di norma determinata almeno nelle società quotate dal dominio in sede assembleare da parte delle citate minoranze coese, poco importa se tali per proprietà di titoli, diritto di esercizio del diritto di voto, patto di sindacato (di controllo o di voto), o altro ancora. Così vengono parimenti delineati i poteri dello stesso, derivanti dallo statuto, quindi dall assemblea, dunque determinati ancora una volta dalle medesime minoranze di prima. Nei gruppi di società, infine, quella composizione è determinata dal gruppo di controllo della capogruppo, non importa se con (ridotta) percentuale di interessenza nel livello n-esimo, o se comunque essa vi destini in caso di possesso maggioritario, o anche totale (come usa negli Stati Uniti d'america) proprî managers quali consiglieri. Ciò che conta è che sempre in tesi generale, e soprattutto per le quotate il consiglio eletto a quel modo si troverà a esercitare poteri grandi, talora quasi sovrani, e per di più delegabili, dei cui risultati renderà conto tranne casi eccezionali normalmente dopo un triennio. E come li eserciterà tali poteri? Qui nuovamente si apre il confronto (il conflitto?) fra l ottimismo delle speranze (o delle idealità) e la ragionata, talora pessimistica freddezza del realismo. Esistono infatti operatori capaci e altri meno, consiglieri disinteressati e altri meno, infine homines naturaliter etici e altri meno (talora assai meno); così pure esistono e sono sempre esistiti i consiglieri delegati e i consiglieri dileguati. Pur con l ottimismo della speranza, e della volontà, il presente paper intende quindi presentare l alternativa citata per diffondersi poi sulla seconda fattispecie, tratta dalla storia degli ultimi ottant anni di grandi 6

11 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne società italiane private ma soprattutto pubbliche, epitome peraltro di dinamiche le quali dal Credit Lyonnais a Enron, da Lehman Brothers a Royal Bank of Scotland coinvolgono ormai tutto il mondo. 2. I consigli di amministrazione tra utilità e futilità, i.e. operanti o ratificativi 2.1. La fisiologia silenziosamente operante Vi sono in giro per il mondo più spesso di quanto non si pensi consigli d'amministrazione i quali specie se non pletorici, e se costituiti di individui i) competenti, ii) disinteressati (o interessati soprattutto all'unternehmer an sich), iii) di carattere, costituiscono i cosiddetti "consigli di amministrazione che funzionano". Nella conoscenza che il Lettore avveduto ha di tali situazioni, ne sintetizzeremo brevemente alcuni profili organizzativi e comportamentali: 1. adunanze ripetute a intervalli adeguati i) alla complessità e alle dimensioni dell'attività; ii) alla complessità dell'ambiente nazionale e internazionale anche per dinamiche turbolente, irregolari, eventualmente agitate (per l'apparire di impreviste forze-shock); 2. adunanze non eccessivamente intervallate, non fosse che apprezzamento e indirizzamento continuo della gestione, pur delegata; 3. sedute straordinarie ove lo impongano appunto fatti straordinarî, e non gli interessi o il capriccio dell'amministratore delegato o della proprietà; 4. sedute "di contenuti", i.e. adeguatamente predisposte: i) nella conferenza e completezza dell'o.d.g.; ii) nei dossiers preparatorî, nella loro disponibilità anticipata, nel loro fedele riassunto ove riservati, nel giudizio onesto in tema di riservatezza, iii) last but not least nei termini della convocazione, nei luoghi, negli orarî (sedute le quali dunque vengano calendarizzate per periodi, e con un certo anticipo, né vengano convocate ad horas; oppure vengano appunto convocate ad horas quando richiesto dalla rilevanza o urgere dei problemi); 5. sedute armoniche anche in presenza di i) contrasti di interessi (tipicamente fra soci), ii) contrasti di visuale, e di apprezzamento di situazioni pur identiche, iii) contrasti in tema effettive linee d'azione da adottarsi, con particolare riguardo a scelte alternative (tecniche, economiche, giuridiche), ai profili organizzativi e personali delle stesse, ai tempi di attuazione; 6. sedute "di rinvìo" non per elusione di problemi né sine die, quanto piuttosto effettivamente tese all'approfondimento di problemi, alla ricerca di vie saggiamente conciliative, se necessario con azione di 7

12 Arnaldo Canziani stimolo al quaeta movere, ma nel contempo, ove necessario, al mota quaetare; 7. eventuali votazioni a maggioranza questi consiglî, proprio perché funzionanti, rifuggono dall'unanimismo spacciato per concordia, ma con cooperazione comunque unanime, anche successiva, sempre nel senso della Gemeinschaft; 8. rapporti concordi e strutturalmente adeguati (salva descrizione) fra consiglio di amministrazione e comitato esecutivo ove esistente; 9. u.s.w La deprivazione decisionale, alias patologia ratificativa Quella ricordata è, peraltro, solo una fra le fattispecie possibili, cui tutti forse riandiamo non fosse che inconsciamente sia per un fondo di incoercibile ottimismo idealistico, sia per il citato influsso del romanticismo giuridico dall Ottocento in poi. Questo configura si premetteva : a) l assemblea quale momento topico di incontro degli azionisti, dibattito fra gli stessi relativamente alla gestione da imprimersi alla società, elezione parlamentaristica degli amministratori quali proprî rappresentanti; b) il collegio degli amministratori (vulgo consiglio di amministrazione) quale insieme di competenti rappresentanti degli azionisti, fiduciarî i quali con eguale procedura parlamentare dibattano e deliberino in tema di amministrazione, e di gestione anche futura della società, nell'esclusivo interesse della stessa. Tale inquadramento può (forse) risultare plausibile nei casi di imprese non importa di quali dimensioni costituite e governate da pochi, ristretti gruppi di soci, eventualmente aggregati da nessi parentali. Ma anche qui la conoscenza della realtà, e del resto l'affiorare dei problemi c.d. di family business (nonché del business del family business) lascia immaginare situazioni non sempre così facilmente armoniche. La fenomenica relativa è poi ovviamente ben diversa ove si parli di imprese quotate in Borsa, come sempre quando si transiti dalle visioni romantiche (anche se istituzionalizzate) alla realtà. Questa è ben immaginabile, ove si rifletta al fatto che in quelle sedi si amministrano complessi economici fra i principali di una provincia, regione o nazione; che da quell'amministrazione derivano scelte di grande portata produttive, commerciali, finanziarie, economico-sociali; che gli effetti di tali scelte si riverberano sui contesti socio-territoriali talora perfino aggregati, o 8

13 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne internazionali; che quegli effetti manifestano (o consentono di manifestare) influssi politici. Che più in generale da quell'insieme derivano per i protagonisti effetti rilevanti in tema di ricchezza e potere, due dei grandi assi che da sempre auri sacra fames determinano purtroppo il nostro agire terreno. La realtà in parola, dunque meno armonica e idealistica di quanto romanticamente immaginato (o da quanto statuito con voluto disinteresse pseudo-romantico?) è peraltro così nota e dibattuta da tempo da aver dato luogo, proprio fra i giuristi, a dibattiti variegati in tema di ruolo e funzionalità vuoi dell assemblea vuoi del consiglio degli amministratori: il punto può venire tralasciato in questa sede se già nel 1972 nell'articolo Società per Azioni del Novissimo Digesto parlava Gastone Cottino di <azionisti quali parco-buoi>. La realtà vede dunque <minoranze di controllo> le quali: dominano (e se del caso opprimono) in sede d assemblea le maggioranze effettive in quanto disgregate; eleggono sé stesse al governo della società nominando quali amministratori propri esponenti o mandatarî; eleggono da sé i controllori di sé stesse prescegliendo i membri del collegio sindacale e nominando la società di revisione; premono su questa per ottenere comunque ove la situazione non sia fluida una certificazione c.d. clean, i.e. senza eccezioni e riserve; approvano i bilanci predisposti dai propri rappresentanti-mandatari, e votano conseguentemente nei casi degli artt (azione di responsabilità) e di altri rilevanti. Ancora, la realtà vede consigli di amministrazione dominati dai principali (talora dall unico) esponente delle citate minoranze di controllo, con dinamiche en consequence che il lettore avveduto conosce, e che il lettore dogmaticamente illuso, o romantico, o formalisticamente giuridicizzato non comprenderà mai già, in fondo non vuole comprenderle, per sentimentalismo o per convenienza. Consigli di amministrazione i quali, anche nel "migliore" dei casi, tendono dunque a deliberare secondo le forme "meno efficienti" della teoria delle decisioni di comitato (Duncan Black), cioè agglutinandosi senza riserva, o con riserve meramente dialettiche e formali, non registrate in verbale alle scelte degli esponenti della maggioranza, questa espressione delle <minoranze di controllo> ricordate. Ma in casi peggiori, e tuttavia diffusi, consigli di amministrazione meramente formali; ritualizzati; criptici sulle questioni nodali; tenuti non di 9

14 Arnaldo Canziani rado all oscuro di dinamiche rilevanti quando non svolte a latere, in sede antecedente-concomitante-susseguente allo stesso, e all insaputa del medesimo; infine posti di fronte al fatto compiuto giustificato dall'urgenza di provvedere, o da scadenze ex ante imprevedibili con il compito di ratificarlo. E tranne eccezioni la ratifica da parte dei consiglieri avviene quasi sempre tempestiva, giubilante, encomiastica e festosa, tanto poi a Milano si pranzava al Savini o da Boeucc per i seguenti motivi: per mandato (se del caso implicito, ed estensivo) della minoranza di controllo cui si deve la nomina; per interesse privato; per assuefazione, indifferenza, viltà, o per la deferenza implicita nelle cariche assunte ad pompam. Del resto, aggravante non meramente procedurale è costituita dalla prassi senatoria secondo la quale il voto "contrario" equivale a una <dichiarazione di guerra>, e il voto "astenuto" equivale notoriamente in assenza di motivazioni verbalizzate all'approvazione, con la conseguente condivisione di responsabilità. E qui pure per gli amministratori che frequentano i consiglî appunto ad pompam o a fini di prebende, fauna questa altamente diffusa anche in persone abbienti giacché il decoro e l'influsso sociale càspita vanno ben mantenuti, e con quelli il treno di vita, e poi tanto la giustizia è lentissima e se necessario i nostri avvocati molto bravi, qui pure chi abbia conoscenza del mondo sa bene come, prima dell'annuncio della votazione, o non appena uditolo, nei casi più gravi sguardi si levino guardinghi, sfuggenti ed ansiosi, al fine di verificare se, nell'eventualità, si rischierebbe di rimanere ahinoi unici ad esprimere voto di astensione, non dicasi poi "contrario"! Forse per questo si è anche abbastanza diffusa la <chiamata inversa>, che chiede i "contrari" dardeggiando minacciosamente i convenuti; quindi gli "astenuti", eventualmente sfidandoli a motivare ai fini di verbale; infine i "favorevoli", ormai ovviamente tutti (almeno di solito), risultato giovevole sia ai fini di sventolar perenni unanimismi bùlgari, sia ai fini della collettivizzazione talora peraltro rischiosa delle responsabilità L'ampiezza delle deleghe e il formalismo ratificativo Tema forse non frequentemente, non adeguatamente affrontato sono poi le deleghe ad amministratori per il compimento di operazioni ordinarie e straordinarie, nonché l ampiezza delle medesime. Per l Italia ad esempio in tema di deleghe interne al consiglio risulta infatti quanto segue dalle comunicazioni di corporate governance 10

15 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne alla CONSOB, e riportate dai quotidiani e nei siti finanziarî (anno 2008, estratto relativo a imprese quotate nei settori industriale e dei servizî). Tabella 1. Ampiezza delle deleghe dei poteri di firma in alcune grandi imprese quotate Società quotata Carica Limite per operazione (milioni di ) AEM (P) e (CD) 5 Alitalia (CD) 7,5 Garanzie Indebitamento Bulgari (P) (CD) ENEL (CD) 25 ENI (CD) Finmeccanica (P) e (CD) (CD) e (CD) Italcementi (P) e (CD) 50 (VP) 15 (C) 20 (DG) 20 Lottomatica (P) 10 (CD) 10 Mediaset (P) 12,9 (CD) 5,16 Mediolanum (CD) 1,5 5 Merloni (P) 5% del Cap. Ne. 5% del Cap. Ne. (CD) 5 0,5 15 SEAT (CD) 10 Telecom (P) (CD) (CD) 75 TIM (P) 70 TIM (CD) 50 Anche se la situazione da allora è mutata, e se all'epoca poteva forse venire giustificata in alcuni casi da "speciali esigenze", pare tuttavia chiaro che, quando si parla di funzionamento del consiglio di amministrazione non si possono sottacere le provvidenze statutarie: 11

16 Arnaldo Canziani alcuni dei casi in Tab. 1. paiono auto-esplicativi, e qui non li si commenta solo per brevità dialettica; e altri consentirebbero poi di distinguere la veste formale delle cariche rispetto al contenuto operativo dalle medesime consentite (come la multinazionale liquoristica nella quale verso la fine del secolo XX al Presidente era riservata la rappresentanza della società nelle Associazioni liquoristiche nazionali nonché internazionali, mentre al Vice-Presidente una delega così larga da comprendere perfino "l'acquisizione e la cessione libere di rami d'azienda, salva la successiva comunicazione al Consiglio e ratifica da parte dello stesso")( ). 3. Alcune fattispecie patologiche dagli anni Trenta del secolo XX alla Prima Repubblica 3.1. Premessa Posto quanto ricordato al 2., riprenderemo ora il tema dal punto di vista fattuale e specifico, con una spigolatura di fattispecie patologiche le quali si estendono dagli anni Trenta del secolo XX fino alla fine dello stesso, e che potrebbero facilmente risalire all'ottocento persino nel teatro si ricordano La Presidentessa di Feydeau e i Colpi di timone di Gilberto Govi, come pure potrebbero altrettanto facilmente procedere è chiaro, vero? fino ai nostri giorni. Tali fattispecie sono riportate: i) da fonti archivistiche ora accessibili ai sensi di legge; ii) da pubblicazioni a stampa; iii) ovvero da quotidiani o periodici dalla varia diffusione quotidiani nazionali, ebdomadari, notiziari provinciali o locali ; nella gran parte dei casi i nomi certo presenti negli originali sono stati omessi in primo luogo per carità di Patria, e poi perché in questa sede interessa non tanto ricordare nominativamente i sempiterni e sempre diversi padroni del vapore (Ernesto Rossi) dei quali ben si comprendono le origini del tenore di vita, ma soltanto l'enucleazione di fattispecie purtroppo regolari e ripetute, appunto veri "fatti scientifici", di interesse anche per la teorizzazione veritativa nelle scienze sociali Lo svolgimento dei consigli di amministrazione in due Banche di Interesse Nazionale La banca A Un competente conoscitore di problemi finanziari d'impresa e di sistema, nonché professore nell'università Bocconi di Milano, così scrive nel 1929 al 12

17 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne Presidente della propria banca, la quale diverrà di lì a poco "di interesse nazionale": "Nel colloquio che ho avuto l'onore di avere sabato 16 corrente con la S.V. mi sono permesso di richiamare la Sua attenzione sullo stato di disagio che esiste nel nostro Istituto. Ella ne ha inteso la portata. C'è un'eredità da gradualmente liquidare. Oltre un miliardo e mezzo di titoli mobiliari (se le informazioni che ho cercato di avere sono esatte, perché nessun Direttore Centrale ha mai visto il dettaglio delle cifre di un bilancio complessivo dell'istituto), oltre un miliardo e mezzo di titoli figurano o si nascondono sotto le voci più diverse non solo nel portafoglio titoli, nelle partecipazioni, nei sindacati, ma fra i debitori, o all'infuori della nostra contabilità. Ribassi del 20 o del 30% nel valore dei titoli - ribassi che non sono poi degli avvenimenti eccezionali, specie quando i prezzi di rinvegno non sono bassi - si ripercuoterebbero in una diminuzione dell'attivo pari a una cifra di ben 300=450 milioni. D'altra parte congetturalmente è da ritenere che il capitale della Banca non sia totalmente versato, perché le azioni (quante?), possedute direttamente o indirettamente nella Finanziaria ***, detentrice della maggioranza delle azioni della Banca, ed i finanziamenti alla stessa da noi accordati, annullano altrettanta parte del nostro capitale. Il capitale effettivo della Banca sono duecento? sono duecentocinquanta, sono centocinquanta milioni? Io non lo so. Ora di fronte a un capitale così limitato il pericolo insito nell'eccessivo possesso di titoli e nelle oscillazioni nel valore delle azioni è troppo evidente. Ricordo che il bilancio 1927 è tuttora in contestazione di fronte al fisco, specie per l'operazione Eridania e Distillerie, cui si attribuiscono riverberi di natura anche personale. Cito un altro fatto. Fu recentemente costituita la XYZ, col programma della cessione ad essa di 400 milioni di titoli di proprietà della Banca, e si seguì una procedura che agli uffici apparve singolare per la volontà espressa dal Consigliere Delegato di trasferirne immediatamente l'amministrazione fuori dell'istituto, pur dichiarandosi che tutte le sue azioni sarebbero rimaste nelle mani della Banca. La S.V. quindi comprenderà e giustificherà il disagio di cui Le ho parlato. Una chiarificazione è indispensabile. Ci possono essere varie soluzioni, le quali hanno evidentemente un presupposto comune: riduzione progressiva della posizione titoli e chiarificazione del bilancio. I Direttori Centrali non mancarono di cogliere in passato qualsiasi circostanza per manifestare il loro avviso concordemente contrario ad ogni operazione implicante vasti immobilizzi industriali o cospicue posizioni speculative, precisato che i finanziamenti e le interessenze industriali avvennero di regola senza collaborazione preventiva della 13

18 Arnaldo Canziani Direzione Centrale, che non suole essere chiamata a dare il suo avviso nella fase preparatoria ed [è] messa dinanzi ai fatti compiuti nel Comitato Centrale. Il Consigliere Delegato ribadiva il concetto delle grandi operazioni industriali e in titoli per aumentare -secondo lui- il rendimento dei denari amministrati e prospettava, come soluzione opposta, un indirizzo di pura Cassa di risparmio. L'ideale di gerenza bancaria [è] quello intermedio, un tipo di Banca di depositi, ma agile e diffonditrice del credito frazionatamente fra le categorie produttive e commerciali, con una moderata attività finanziaria e mobiliare. Il lavoro ordinario dovrebbe costituire la base e l'ossatura dell'istituto. Naturalmente occorre che chi detiene la prerogativa di attore unico la eserciti con energia in tutti i momenti. Non bisogna che nei periodi difficili chi è unicamente responsabile cerchi con pretesti di non firmare le situazioni, rinviandole ai soli Direttori Centrali e al Capocontabile Non bisogna che, quando ci sono contestazioni fiscali che vertono su operazioni fatte e registrate secondo le precise istruzioni del Consigliere Delegato, e contrariamente all'opinione del Capocontabile, il Consigliere Delegato dica di non ricordare, di non saperne niente Non bisogna, come quando si costituì or è poco la XYZ con trasferimenti di 400 milioni, prima far tutto all'infuori dei direttori Centrali e poi, a cose fatte, tentare di ottenerne la corresponsabilità facendo circolare un foglietto e chiedendo il loro avviso circa l'opportunità di costituire. una ulteriore holding! In queste condizioni non è possibile esercitare il potere assoluto in una azienda." 2. Al di là delle mascherature e degli intrallazzi, la situazione era ovviamente ingestibile: l'istituto venne "salvato" nel 1931 da <gruppi amici>, la situazione continuò a peggiorare, nel 1933 dovette intervenire come noto e non così volentieri il Governo Fascista. E i consiglieri? i consiglieri cominciarono a dimettersi (o cercarono) nel Ma nel frattempo? Nel frattempo si infrattavano, i.e. si astenevano dall'intervenire alle riunioni del Consiglio e del Comitato esecutivo (immaginiamoci la delusione, e il dispiacere, del ricordato <attore unico> di prima! ma come l'avranno messa con il problema del numero legale?, sarà bastato conteggiarvi gli "assenti giustificati" o si sarà provveduto intanto ampliando le deleghe, e poi sperando?). 2 Archivio Antonio PESENTI, Busta n. 70, Archivio Guido Jung, fascicolo A, sezione 1. Sul punto cfr. anche M. DALL'ACQUA, Inventario dell'archivio Antonio M. Pesenti della biblioteca «Umberto Balestrazzi» di Parma, Parma, Istituto Gramsci, 1984, Collana «Studi e Ricerche», N. 3 14

19 I Consigli di Amministrazione delle S.p.A. fra mitologie romantiche e patologie sempiterne Si astenevano, certo; oppure come un Vice-presidente tenacemente avvinghiato alla poltrona, ma voglioso di "protezioni", una delle principali personalità dell'economia italiana del Fascismo e della Repubblica scrivevano al Ministro delle Finanze; e il Lettore avveduto delle cose del mondo è ben in grado di apprezzare nella semantica, nella sintassi, nelle argomentazioni sfumate e allusive la di lui lettera che qui si riporta: "Caro Amico, io so bene che la situazione della Banca non è lieta, e personalmente non avrei ragione alcuna - né morale né materiale - per rimanere al mio posto di Vice-Presidente. Tale posto ho occupato, nolente, in circostanze speciali che credo tu conosca. Non ho mai avuto e non ho il tempo per occuparmi, se non sporadicamente, della Banca ( ) ma ho avuto la costante e precisa sensazione che era mio dovere di non lasciare la carica. Sono dunque finora rimasto, confortato in ciò: - dalla piena fiducia nella capacità e rettitudine degli uomini che sono preposti all'istituto così da ritenere che la situazione maturatasi negli ultimi anni sia dovuta a quelle stesse circostanze di carattere generale che hanno avuto analoghe, e spesso peggiori, conseguenze per altri Istituti anche fuori d'italia, - dal sapere che tanto il Governo che la Banca d'italia sono stati e sono tenuti pienamente al corrente intorno alla situazione patrimoniale e all'andamento economico dell'istituto, nonché all'appartenenza del capitale azionario, ed hanno, in particolare, approvato l'ultimo bilancio. Ma l'appartarsi di alcuni Colleghi può apparire oggi, o potrebbe essere interpretato domani, in modo profondamente ingiusto per me Io mi rivolgo pertanto al ministro delle Finanze ed al vecchio e caro Amico, perché voglia considerare la situazione " 3. Ah, ma queste cosacce accadevano al tempo del <deprecato ventennio> e della Monarchia; poi, con la Repubblica Tale destituito pensiero può ancora albergare nell'intelletto di qualche lettore troppo giovane per conoscere alcune dinamiche italiane per restare vicini a noi, e non farla troppo lunga degli anni Novanta del secolo XX, nonché seguenti. Provvediamo subito a disilluderlo, precisando comunque che da Enron a Crédit Lyonnais nessuna nazione può dirsene immune, e che l'esemplificazione nazionale è dunque dovuto solo all'illustrazione del tema per il Lettore italiano. 3 Ibidem, Busta 70, Archivio Guido Jung, fascicolo A, sezione 2 15

20 Arnaldo Canziani La banca B Circa settanta anni più tardi un consigliere di "Banca di Interesse Nazionale" (ovviamente un'altra) concedeva a un quotidiano a diffusione nazionale la pubblica denuncia-intervista che segue: «Vorrei attirare l attenzione sul meccanismo di ratifica che vige nel consiglio di amministrazione. Parlavano solo ***, Presidente, e ***, Amministratore delegato. Chi chiedeva, voleva documentarsi, domandare, leggere, sapere era considerato un fastidio. Nessuno apriva bocca. È questo che intendo per < logica di ratifica >. Formalmente 48 ore prima che si riunisca il consiglio si possono consultare le carte in una stanzetta. Ma dopo un po ho smesso di andarci: trovavo solo le pratiche di ordinaria amministrazione. I documenti più importanti arrivavano sempre all ultimo momento. Ci sono delibere che abbiamo approvato e che io non co-no-sco. La rottura è avvenuta sulla relazione di Bankitalia il 2 settembre. La legge bancaria prevede che sia data lettura della relazione. Ma trattandosi di questioni di estrema complessità pensavo che ai consiglieri fosse consegnata una copia. Invece no. Il consiglio di amministrazione che deve assumere decisioni di grande responsabilità non ha la relazione di Bankitalia. Ne viene data una lettura frettolosa da cui si capisce solo che è piena di osservazioni negative. Nessuno ha avuto da obiettare, non c è stato il tempo. Innanzitutto sono questioni complesse. Tutti pensavano che ci sarebbe stata la possibilità di un approfondimento nei due consigli dedicati alla replica. Il primo è andato a vuoto perché il documento non era pronto, [nel] secondo la risposta firmata dal Consiglio è pletorica, di 80 pagine, fumosa: il presidente legge per due ore e il consiglio, abbia capito o no, non interferisce. Usciti gli ispettori di Bankitalia, il Presidente *** ha concluso: Per ovvi motivi di riservatezza la relazione la tengo io in cassaforte.. E lì è rimasta. La relazione conteneva tutta una serie di osservazioni negative, di valutazioni sulla differenza fra incagli e sofferenze, su eccessi di affidamenti ad alcuni gruppi Il 13 novembre i rappresentanti degli azionisti aderenti al nuovo patto di sindacato si sono dimessi facendo decadere il consiglio di amministrazione. Ero l unico a non essere al corrente di nulla e così mi sono ritrovato, come dire, dimissionato d ufficio.». Anche questa banca finì come ci si può ben immaginare e fu poi "salvata", seppure secondo altra modalità, comunque salvaguardando il ruolo degli amministratori che la avevano rovinata, l'impunibilità delle loro azioni societarie, gli importi delle laute prebende che avevano prelevato a spese delle imprese che amministravano; salvaguardando dunque i 16

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