DAVID HUME. Ricordiamoci allora di questo principio al momento della critica di Hume. Adesso procediamo con ordine
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- Federico Riccardi
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1 DAVID HUME IMPORTANZA DI HUME Hume ( ) esprime nella sua forma più rigorosa la consistenza dell Empirismo. Hume critica in maniera decisiva il principio di causalità e l affermazione dell esistenza di un qualsiasi tipo di sostanza. Questa duplice critica implica la liquidazione del Razionalismo e della metafisica, se ci pensiamo. Riflettiamo per un attimo sull importanza del principio di causalità e di sostanza (res cogitams, res extensa) nella filosofia razionalista di Descartes, e subito possiamo farci un idea della radicalità della critica di Hume. Ricordiamoci allora del principio di causalità nella filosofia moderna: La causalità, con Descartes, indica un rapporto razionale di deducibilità dell effetto a partire dalla sua causa. Per Descartes, LA CAUSA E RAGIONE DEI FENOMENI: essa genera l effetto e contiene il principio della spiegazione razionale dell effetto. Perciò non può esserci più realtà nell effetto di quanta ve ne sia nella sua causa. Questo, per i razionalisti, è NECESSARIO (= non può essere diverso da come è). Tanto necessario che Descartes ci costruisce sopra una prova dell esistenza formale di Dio. Capiamo bene che, se viene meno questa NECESSITA, tutta la metafisica (che è, tra le altre cose, scienza di Dio e dei primi principi) crolla. Ricordiamoci allora di questo principio al momento della critica di Hume. Adesso procediamo con ordine IMPRESSIONI E IDEE Hume concepisce una nozione più ristretta di idea, rispetto alla tradizione precedente. Le idee, infatti, sono per Hume solo una delle due classi in cui si articolano le Percezioni della mente. Le Percezioni della mente si suddividono quindi in: Impressioni: o In Hume, sono sinonimo di esperienza. Esse sono le percezioni più intense, vigorose, vivaci, forti. Sono le sensazioni, le emozioni, le passioni, i sentimenti (amicizia, amore, crudeltà, generosità etc.), i desideri. Tutto ciò che Hume chiama anche sensazione interna (a differenza delle sensazioni degli oggetti esterni). Esse sono anche i modelli, gli originali, di cui tutte le idee sono copie e immagini. Ciò risulta provato dal fatto che le Impressioni precedono sempre le Idee corrispondenti. Di conseguenza, le idee innate di Descartes sono destituite di valore Idee: o È il pensiero. In Hume, le idee sono le varie forme del pensare, percezioni meno intense, copie sbiadite delle impressioni, da cui seguono. L Idea è quello che residua, che rimane in noi dell Impressione che abbiamo avuto, e di cui abbiamo fatto esperienza. La conseguenza immediata che possiamo trarre è dunque questa: per Hume, pensiero e idee non sono esperienza, non appartengono al dominio dell esperienza, ma a quello del pensiero. Solo le impressioni, la classe di percezioni della mente caratterizzate da maggiore intensità, costituiscono per Hume l esperienza. Quindi, sono le Impressioni a essere causa delle nostre Idee
2 Hume è stato un filosofo molto precoce. Scrive infatti il suo capolavoro, Trattato sulla natura umana, quando ha appena venticinque anni. Subito ne apprezziamo la limpidezza dello scrivere e la sua praticità. Poiché infatti le Idee (e quindi anche i concetti filosofici) seguono da Impressioni corrispondenti, Hume ci offre un criterio per valutare la verità di una filosofia: se un concetto o una nozione ci sembrano astratti, basterà ricercare l Impressione corrispondente dalla quale procedono. Se non troviamo nessuna Impressione corrispondente possiamo concludere che quella nozione o concetto non ha alcun significato, e che quindi possiamo sbarazzarcene. Infatti, se la conoscenza umana ha come contenuto il reale (è così per l Empirismo), allora si deve sempre poter ricondurre tale conoscenza all esperienza. Le Impressioni hanno una maggior potenza delle Idee e delle operazioni del pensiero, dunque a questa maggior potenza corrisponderà una minore potenza della mente. Il potere creativo della mente è LIMITATO dalle Impressioni, che ci sono date indipendentemente dalla nostra volontà (non possiamo decidere di non vedere, sentire, percepire). Con la volontà noi possiamo combinare, relazionare diverse Idee, ma la stessa volontà è a sua volta un Impressione, poiché anche essa ci è data, come tutte le altre Impressioni, e non è il frutto di una nostra libera volizione, di un nostro atto volontario. LA CRITICA AL PRINCIPIO DI CAUSALITA Tutti i ragionamenti intorno alla realtà, per Hume, sono fondati sulla relazione di causa ed effetto, vale a dire sul principio di causalità. Ecco allora che cosa ci dice Hume: la conoscenza di questa relazione non può essere raggiunta a priori, cioè indipendentemente dall esperienza. La conoscenza del principio di causalità deriva interamente dall esperienza, dunque è conoscenza a posteriori. Queste due nozioni, a priori e a posteriori, hanno un importanza ESTREMA per intendere successivamente la filosofia critica di Kant! Certamente Hume, da vero filosofo quale è, non può limitarsi a questa affermazione radicale. La deve anche argomentare e difendere. Ecco come fa: Supponiamo di percepire una palla da biliardo A in movimento verso la palla da biliardo B. (A in movimento verso B, o contigua a B, è concepita solitamente come causa del movimento di B, e il movimento impresso a B è normalmente detto effetto del movimento di A. Per riassumere: normalmente diciamo che il movimento di A è causa del movimento di B, e che il movimento di B è effetto del movimento di A. Pensiamo all importanza di tutto questo per Bacon, Galilei, Descartes, Spinoza etc.). Posto questo, immaginiamo che ci sia fatta una duplice richiesta: 1. Che cosa accadrà quando A toccherà B? Quale effetto si verificherà? 2. Si risponda a questa domanda senza basarsi sulle osservazioni effettuate in passato in situazioni analoghe. La nostra mente, a riguardo, non potrà fare altro che inventare o immaginare, in modo quindi arbitrario, l effetto che si produrrà quando A toccherà B. Non possiamo fare altro che inventare, infatti l effetto (il movimento determinato di B) è un evento diverso dalla causa (il movimento di A verso B). Quindi la conoscenza dell evento in cui consiste la causa NON POTRA MAI farmi conoscere l evento in cui consiste l effetto. E si capisce perché: causa ed effetto sono diversi tra loro, dunque è impossibile per me, anche conoscendo la causa, dedurre a priori (cioè senza averne fatto prima esperienza) l effetto. L effetto lo possiamo verificare solo a posteriori (=derivato dall esperienza), cioè solo dopo che si è verificato e solo dopo che lo abbiamo osservato. Se io non avessi mai visto in vita mia un corpo in movimento urtarne un altro, non potrei mai asserire a priori l effetto. Per quanto ne so, A, colpendo B, potrebbe mettere in movimento B; oppure potrebbe
3 lasciare immobile B; oppure potrebbe muoverlo in tanti modi diversi, curvilinei, rettilinei, in alto, in basso etc. Senza osservazioni ed esperienze preliminari sarei cioè costretto a inventare una soluzione. Solo dopo aver fatto esperienza, solo dopo avere visto che cosa succede quando A colpisce B posso affermare l effetto. Capite bene che è tutto un altro modo di concepire il principio di causalità rispetto al Razionalismo. Per Descartes: La causalità è una relazione di deducibilità dell effetto dalla causa. La causa è ragione dell effetto, la causa contiene la ragione dell effetto, la causa è la premessa logica per dedurre/concludere l effetto. Dunque se conosco la causa posso dedurre a priori (=indipendentemente dall esperienza), infallibilmente e necessariamente, l effetto Se la causa è anche ragione dell effetto, il rapporto di causalità che unisce due fenomeni è assimilabile a un rapporto d identità. C è dunque equivalenza tra causa ed effetto Per Hume: Causa ed effetto sono due eventi completamente diversi tra loro, quindi non è possibile assimilarli a un rapporto d identità Se sono due eventi diversi, non esiste alcun rapporto di deducibilità tra causa ed effetto: l effetto non è incluso nella nozione di causa Dunque non posso derivare a priori l effetto dalla causa La conoscenza della relazione tra causa ed effetto e tutte le conclusioni che riguardano tale relazione sono interamente fondate sull esperienza. Sono cioè conoscenze a posteriori. Le conseguenze sono notevoli. Che cosa succede, quali cambiamenti si determinano nel mondo del mio conoscere se accetto la concezione della causalità di Hume? Proviamo a immaginarlo: in passato ho sperimentato che il cibo sfama, che placa l appetito; che l acqua disseta; che il fuoco brucia; che la nostra volontà guida i movimenti del nostro corpo; che la palla da biliardo A muove B in un certo modo. Sono tutti esempi di relazione causale. La nostra vita sarebbe impossibile se non ci affidassimo a queste esperienze passate per predire in un certo senso il futuro. Cioè le nostre esperienze passate ci offrono una base di conoscenze sulle quali possiamo contare e su cui possiamo fare affidamento per vivere. Però dobbiamo anche sapere questo: se in passato abbiamo sperimentato che un certo evento (es. l atto di ingerire del cibo) è seguito da un altro evento (es. il sentirsi sazi), da ciò non segue necessariamente, non segue deduttivamente, che il ripresentarsi di eventi simili al primo debba essere seguito necessariamente da eventi simili al secondo. Non c è alcuna necessità per cui io possa dire che domani il cibo mi sfamerà ancora. Perché se non esiste più un rapporto di deducibilità logica tra causa ed effetto (cioè: tra l atto di ingerire il cibo (causa) e il sentirsi sazi (effetto)), non è necessario che domani, ingerendo il cibo, io debba sentirmi di conseguenza sazio. Se non c è legame di necessità tra causa ed effetto, è POSSIBILE (= ciò che può essere diverso da come è), cioè non è contraddittorio, che io domani, dopo aver mangiato, possa non sentirmi sazio. Io ho finora visto che ogni mattina il sole sorge, certo. Ma non c è alcuna ragione di credere che sarà sempre così e necessariamente. L esperienza è infatti sempre smentibile da altra esperienza. Non è impossibile pensare che domani il sole possa non sorgere, che il cibo possa lasciarmi sfamato, che il fuoco non bruci più, l acqua non disseti più. Questo perché la conoscenza che relaziona causa ad effetto è una conoscenza a posteriori, cioè segue/dipende dall esperienza. E domani io potrei sperimentare che il fuoco non
4 brucia, che l acqua non disseta etc. Infatti, tutto ciò che è a posteriori è contingente, dunque è possibile che le cose possano essere diverse da come sono. Noi ci affidiamo sempre alla regolarità che sperimentiamo nella Natura. Però, anche ammettendo che il corso delle cose sia sempre stato regolare, e che il principio di causalità abbia finora funzionato, tutto questo non mi dà l assoluta certezza che anche per il futuro sarà così. In più, quando noi consideriamo gli oggetti esterni e sensibili, oppure il rapporto tra la nostra volontà e il nostro corpo, l esperienza NON ATTESTA MAI l esistenza di un potere, di una forza, di un energia esplicati da quel fenomeno che chiamiamo causa su quell altro fenomeno che chiamiamo effetto. E nemmeno attesta l esistenza di una connessione necessaria. L esperienza non attesta mai una qualsiasi ragione o qualità che leghi l effetto alla causa e che faccia del primo un infallibile conseguenza dell altra. L ESPERIENZA ATTESTA SOLO CHE L UNO SEGUE ALL ALTRA. L esperienza attesta cioè solo un insieme di fatti. Non si esclude quindi che a certi tipi di fatti possano seguire altri tipi di fatti completamente diversi da quelli a cui siamo stati abituati. Il principio di causalità è solo una congettura. La sua evidenza non ha valore logico/deduttivo, ma psicologico. Noi diciamo che l acqua bolle a 100 gradi, e che il calore è causa dell effetto di ebollizione, non per deduzione, non per necessità logica, ma per abitudine. Perché finora abbiamo visto che è stato così, che c è contiguità spazio-temporale tra i due fenomeni, tra il calore esercitato e l ebollizione. Ci siamo abituati a vedere come certi eventi simili siano seguiti da certi altri eventi simili tra loro. Tutto questo determina in noi un sentimento di credenza e di fede, in base al quale l uomo si aspetta che, verificandosi un certo evento del primo tipo, se ne verifichi in prossimità un altro del secondo tipo. Dunque l esperienza non rileva alcuna necessità tra due fenomeni, tale per cui io possa dire infallibilmente che esista un legame necessario tra i due. Tanto meno l esperienza potrà attestare il rapporto causale tra Dio e le cose. La mente, privata del principio di causalità, non può assolutamente dimostrare l esistenza di Dio, né dimostrare l esistenza di una realtà formale esistente fuori del mio pensiero che sia causa delle mie percezioni. Data l impossibilità di dedurre l effetto da una causa, poiché trattasi di fenomeni completamente diversi tali per cui la nozione dell uno non contiene il concetto dell altro, tutte le proposizioni che si riferiscono alla realtà non sono necessarie. Però, nota Hume, ci sono anche proposizioni che non si riferiscono alla realtà, che non poggiano sull esperienza e che quindi sono a priori, dunque necessarie. Sono proposizioni che relazionano idee con idee. Sono relazioni tra idee. Per esempio, le relazioni matematiche: in questo caso la nozione del soggetto include quella del predicato. Esempio: la nozione 5+7 include la nozione di 12. Quindi per affermare 5+7=12 non ho bisogno di riferirmi all esperienza. CONSEGUENZE SUL PIANO DELL EPISTEME L esito della critica al principio di causalità (che abbiamo appena visto) è costituito dalla riduzione radicale dell estensione della ragione, e dunque della scienza, dell epistéme. Infatti: Se il fondamento di tutti i ragionamenti intorno alla realtà è il principio di causalità, Se il principio di causalità è a sua volta fondato sull esperienza (cioè è a posteriori), Ne concludiamo che il principio di causalità non ha valore universale e necessario (perché universale e necessario è solo ciò che è a priori), ma è semplicemente una congettura.
5 L epistéme allora si restringe solo a quelle conoscenze effettivamente a priori (logica e matematica). La scienza empirica della natura, la fisica, non è scienza. Va notato allora che in Hume la ragione ha come contenuto reale solo ciò che Descartes considerava come punto di partenza della ragione stessa: l indubitabilità delle nostre percezioni. Per Hume, ogni conoscenza metafisica o scientifica è priva di valore razionale. Con un importante differenza, però: infatti la fisica, diversamente dalla metafisica, ha un utilità pratica che la rende indispensabile. Le uniche conoscenze universali e necessarie non sono quelle inerenti alla realtà, o aventi come contenuto la realtà, bensì quelle che vertono sulle relazioni che sussistono tra semplici idee. Per esempio, le proposizioni matematiche. Esse riguardano solo le relazioni tra idee, e l esperienza reale non vi è implicata. LA CRITICA ALL IDEA DI SOSTANZA La critica radicale di Hume alla sostanza era stata preparata da Locke (che sosteneva l inconoscibilità della sostanza senza negarne tuttavia l esistenza) e da Berkeley (che aveva negato l esistenza di ogni sostanza materiale). Hume va oltre. Egli nota che, come la mente non possiede alcuna idea di causa, effetto, connessione necessaria, forza, potere etc., le cui nozioni sono completamente sprovviste di senso, altrettanto accade per ciò che è detto sostanza. Concetto metafisico per eccellenza, Aristotele ne elabora la dottrina soprattutto nel VII libro della Metafisica. Secondo Hume, come per le parole elencate poco sopra (causa, effetto etc.), anche nel caso di sostanza non c è alcuna impressione che vi corrisponda. E poiché un idea ha senso solo se derivata da una correlativa impressione, la nozione di sostanza è insensata per Hume. Non è dunque un idea, ma solo una parola che non è riconducibile in alcun modo all esperienza. Locke aveva segnalato già che l esperienza non verifica alcuna sostanza o sostrato dei gruppi di percezioni (o idee semplici) che si presentano costantemente assieme. Egli aveva però affermato anche che questo substratum di tali percezioni, pur non essendo esperibile, esiste oltre l esperienza (nel caso della sostanza materiale essa è il principio unitario a cui ineriscono le qualità esterne agenti sui nostri organi di senso, producenti quelle percezioni. Nel caso della sostanza spirituale, essa è a sua volta esterna all esperienza, e a essa sono inerenti le operazioni della mente). Locke poteva sostenere questo applicando il principio di causalità. Infatti l esistenza della sostanza viene affermata poiché le idee di qualità sensibili non possono esistere da sole, ma hanno bisogno di un sostegno, di un sostrato appunto sul quale cadere e per esistere. In tal senso, la sostanza è anche causa delle sue proprietà. Ma Hume, negando il carattere conoscitivo del principio di causalità, concepisce l affermazione di esistenza della sostanza come illegittima. LA NATURA UMANA La sostanza, come la parola causa, non ha senso perché non riconducibile all esperienza. Hume ci spiega anche perché, per quale motivo l uomo è convinto che esse abbiano invece valore. Circa la causa, abbiamo visto: l abitudine a percepire certe concomitanze tra eventi (es. la concomitanza tra ingestione di cibo e sazietà) spinge l uomo ad attendersi anche per il futuro il ripetersi di tale concomitanza. A proposito della sostanza, la credenza o fede attorno all esistenza di questa nozione si spiega così:
6 essa è determinata dal fatto che ognuno dei gruppi di percezioni simili che si presentano costantemente assieme nell esperienza, e a cui Locke connette l esistenza della sostanza è propriamente una serie di gruppi simili che si presentano in modo intermittente. Per esempio, ciò che chiamiamo una casa si presenta nell esperienza come una serie di gruppi simili di percezioni, i quali però non sono sempre presenti, ma si presentano a intervalli più o meno lunghi. La natura umana è portata allora a intendere la somiglianza tra i gruppi della serie come identità. Dunque la natura umana crede che non si tratti di una serie di gruppi simili, ma dello stesso gruppo che si presenta in modo intermittente e che dunque continua a esistere anche durante gli intervalli in cui questo gruppo non è attualmente percepito. Si crede cioè all esistenza continua delle cose. Poiché l uomo ha esperienza di serie di gruppi di percezioni simili, egli è convinto, sulla base della coerenza e della costanza di queste impressioni, che gli enti siano dotati di un esistenza autonoma, continua e ininterrotta. Di conseguenza, l uomo ritiene che ciò che egli chiama cosa esisterebbe anche qualora gli esseri umani fossero tutti annientati. Questo gruppo di percezioni, concepito come una molteplicità unificata, è appunto ciò che comunemente risulta noto sotto il nome di sostanza. L uomo tende dunque a dimenticare, per via della coerenza e della costanza di certi gruppi di impressioni, che le nostre stesse impressioni sono in realtà sempre interrotte e discontinue. Tutto ciò è dovuto al fatto che comunemente si crede che le immagini dei sensi che percepiamo costituiscano gli oggetti stessi esistenti fuori di noi. L intelletto ci dice invece che quanto noi percepiamo è solo un immagine, non la realtà in sé stessa fuori e indipendente da noi. La riflessione filosofica ci permette allora di distinguere: L ordine delle percezioni (soggettive, mutevoli, interrotte) L ordine delle cose (oggettive, esistenti esternamente e continuativamente. Le cosiddette sostanze materiali). Per Hume, l unica realtà di cui possiamo essere certi è solo quella delle nostre impressioni. Le sole inferenze che possiamo fare si possono fare attraverso il principio di causalità che opera appunto solo con le impressioni. Di conseguenza, sulla realtà esterna non possiamo dire nulla. Non la possiamo conoscere. Possiamo solo crederci. È segno di un opposizione forte di certezza e di verità. Abbiamo fatto un esempio di sostanza materiale. Ma questo accade anche con le cosiddette sostanze immateriali o spirituali, per esempio la credenza sull Io. Essa è dovuta alla TENDENZA A CREDERE che i gruppi simili di percezioni mentali che si presentano nell esperienza in modo intermittente costituiscano un IDENTITA PERSONALE, esistente di per se stessa anche quando, con le sue operazioni, non si esprime nell esperienza. Le idee di causa e di sostanza non sono dunque propriamente idee perché prive di senso. Ma non è priva di senso quella tendenza dell umana natura che ci porta quasi irresistibilmente a credere nell esistenza di quelle immagini che i filosofi chiamano vera causa e sostanza. Questa credenza ha senso per Hume, poiché senza questa fede la vita umana sarebbe impossibile. La filosofia non dovrà dunque estirpare queste finzioni, ma solo illuminarle, presentarle in quanto finzioni, in modo tale da preservare le menti umane dal fanatismo, dai dogmi e dall intolleranza. Su spazio e tempo, Hume ha idee simili a quelle di Berkeley. Questi parlava di spazio puro e di tempo puro (ovvero di spazio e tempo concepiti assolutamente, cioè considerati facendo astrazione da tutti i corpi e gli eventi che cadono nello spazio e nel tempo) come di idee astratte, cioè contraddittorie, e quindi inesistenti come idee (per completare l inferenza: astratto = contraddittorio = impossibile = inesistente). Hume ribadisce che l esperienza non mi attesta nulla circa l esistenza di tempo e di spazio puri. L esperienza mi attesta solo l esistenza di corpi aventi una certa estensione ed eventi che si succedono ordinatamente.
7 La conoscenza della realtà ha solo un contenuto empirico, vale a dire che è impossibile avere una conoscenza a priori della realtà. Hume però non intende affatto sostenere che l unica realtà sia l esperienza. Semplicemente, la ragione umana non può travalicare l esperienza. La natura dell uomo lo porta a credere che esista una realtà esterna e indipendente da lui (verità o essere formale), fino a fargli credere a quella particolare realtà, esterna e indipendente, detta Dio, cioè a un ente superiore che lo protegge, lo aiuta, lo valuta, gli conferisce il sentimento del giusto e dell ingiusto. Per Hume, che pure nega ogni sostanza, deve esistere (ma su questo il Filosofo scozzese non è mai esplicito) comunque un qualcosa che esorbita i limiti dell umana esperienza, poiché senza questo qualcosa non avrebbe neppure senso parlare di esperienza e di natura umane. Né avrebbe senso parlare di percezioni. Come possiamo infatti parlare di percezioni senza rinviare implicitamente a una realtà esterna e indipendente da noi di cui esse sono percezioni. Il concetto di percezione è infatti un concetto relativo, rinvia cioè sempre a qualcosa di cui è percezione e che si pone oltre l esperienza. Proprio questo sarà messo in rilievo da Kant e dalla sua filosofia critica.
HUME COSA SIGNIFICA, quindi, PENSARE?
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