I tre piani del discorso di Durkheim Le regole del Metodo sociologico (1895) (1) Piano teorico (2) Piano metodologico (3) Piano epistemologico
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- Ruggero Toscano
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1 I tre piani del discorso di Durkheim Le regole del Metodo sociologico (1895) (1) Piano teorico (2) Piano metodologico (3) Piano epistemologico Esiste un problema di ordine dei tre piani. La definizione di «fatto sociale»: il discorso teorico «Vi sono modi di agire, di pensare e di sentire che presentano la notevole proprietà di esistere al di fuori delle coscienze individuali. Ecco dunque un ordine di fatti che presentano caratteri molto specifici: essi consistono in modi di agire, di pensare e di sentire esterni all individuo, e dotati di un 1
2 potere di coercizione in virtù del quale si impongono ad esso. Di conseguenza essi non possono venire confusi né con i fenomeni organici, in quanto consistono di rappresentazioni e di azioni, né con i fenomeni psichici, i quali esistono soltanto nella e mediante la coscienza individuale. Essi costituiscono quindi una nuova specie, e ad essi soltanto deve essere data e riservata la qualifica di sociali» Il Diritto I Costumi Il Linguaggio La Religione Il Sistema finanziario 2
3 Tali sistemi sono indipendenti dall uso che il singolo può farne. I «fatti sociali» sono dotati di tre fondamentali caratteristiche: (1) Oggettività (2) Esteriorità (3) Stabilità «Ma vi sono altri fatti che pur non presentando queste forme cristallizzate hanno la stessa oggettività e lo stesso ascendente sull individuo: essi sono le cosiddette correnti sociali. In un assemblea, i grandi movimenti di entusiasmo, di indignazione, di pietà che si producono non hanno come luogo di origine alcuna coscienza 3
4 individuale: essi provengono ad ognuno di noi dal di fuori, e sono suscettibili di trascinarci nostro malgrado». «[Tuttavia] non è la loro generalità che possa servire a caratterizzare i fenomeni sociologici: un pensiero che si trova in tutte le coscienze individuali, un movimento che tutti gli individui ripetono, non è per questo un fatto sociale. Se ci si è accontentati di questo carattere per definirli, ciò è accaduto perché essi sono stati confusi a torto con quelle che potremmo chiamare le loro incarnazioni individuali. nessuna di queste forme si trova interamente nelle applicazioni che ne fanno gli individui, poiché possono perfino essere senza venir applicate attualmente. Per quanto riguarda le loro manifestazioni private, esse 4
5 hanno certamente qualcosa di sociale, dal momento che riproducono in parte un modello collettivo; ma ognuna di esse dipende anche, in larga misura, dalla costituzione organicopsichica dell individuo e dalle circostanze particolari in cui egli è situato.» Qui si pone un primo problema, di natura prettamente teorica, che può essere posto nei seguenti termini: che cosa occorre osservare, per osservare un fatto sociale? Che cosa se non ciò che i singoli sentono, pensano, fanno? Ma se è così, come è possibile depurare isolare il fatto sociale (1) dalle circostanze particolari in cui i singoli si trovano a sentire, pensare ed agire, e, congiuntamente, (2) dalla costituzione organico-psichica dei singoli che sentono, pensano e agiscono? 5
6 La risposta di Durkheim a tale questione sta in quella che potremmo definire la tesi della doppia depurazione: (1) depurazione teorica (2) depurazione metodologica. (1) La depurazione teorica «A prima vista, questi fatti sembrano inseparabili dalle forme che assumono nei casi particolari ma la statistica ci fornisce il mezzo per isolarli. Essi sono raffigurati non senza esattezza dal tasso della natalità, della nuzialità, dei suicidi, cioè dal numero che si ottiene dividendo il totale medio annuo dei matrimoni, delle nascite, delle morti volontarie, per quello degli uomini giunti all età di sposarsi, 6
7 di procreare, di suicidarsi. Infatti, dato che ognuna di queste cifre comprende indistintamente tutti i casi particolari, le circostanze individuali che possono in qualche modo influire sulla produzione del fenomeno si neutralizzano reciprocamente, e quindi non contribuiscono a determinarlo. Ciò che esso esprime è un certo stato dell anima collettiva». L osservazione dei «fatti sociali»: il discorso metodologico. Ovvero la seconda tesi della depurazione: (2) la depurazione metodologica. «La prima regola che è anche la più fondamentale impone di considerare i fatti sociali come cose». 7
8 «Quando un nuovo ordine di fenomeni diventa oggetto di scienza, tali fenomeni sono già rappresentati nello spirito non soltanto da immagini sensibili ma da concetti rozzamente formati. Prima di scoprire i primi rudimenti della fisica, gli uomini già possedevano intorno ai fenomeni fisico-chimici nozioni che oltrepassavano la pura percezione. E dal momento che [esse] sono più vicine a noi e più a nostra portata che non la realtà a cui corrispondono, noi tendiamo naturalmente a sostituirle a queste ultime. Senza dubbio questa analisi non esclude necessariamente l osservazione, poiché si può ricorrere ai fatti per confermare queste nozioni o le conclusioni che se ne traggono: ma i fatti intervengono allora soltanto in linea secondaria, a titolo di esempi o di prove di 8
9 conferma e non costituiscono l oggetto della scienza. Essa va dalle idee alle cose non dalle cose alle idee [come invece dovrebbe]». «Questo modo di procedere è così conforme all inclinazione naturale del nostro spirito che si può ritrovarlo perfino all origine delle scienze fisiche: esso differenzia l alchimia dalla chimica, e l astrologia dall astronomia. In base ad esso, Bacone ha caratterizzato il metodo che gli scienziati seguivano ai suoi tempi e che egli combatte. Le nozioni delle quali abbiamo parlato sono quelle notiones vulgares o praenotiones che egli segnalava alla base di ogni scienza, dove esse prendono il posto dei fatti». 9
10 Il discorso epistemologico «Dal momento che l esterno delle cose ci è dato dalla sensazione, possiamo dire in breve che la scienza, per essere oggettiva, deve partire non già dai concetti che si sono formati senza di essa, bensì dalla sensazione. Essa deve trarre direttamente dai dati sensibili gli elementi delle sue definizioni iniziali; la scienza ha bisogno di concetti che esprimano adeguatamente le cose quali esse sono, non già quali è utile concepirle alla pratica. Quelli [i concetti] che si sono costituiti al di fuori della sua azione non rispondono a questa condizione». 10
11 Durkheim e la ricerca sociale empirica: la spiegazione causale e il metodo delle variazioni concomitanti (1) «la causa determinante di un fatto sociale deve essere cercata tra i fatti sociali antecedenti, e non già tra gli stati della coscienza individuali». (2) «ad uno stesso effetto corrisponde sempre una stessa causa». [il caso del suicidio] (3) «La concomitanza costante è di per sé una legge. Quando due fenomeni variano regolarmente l uno nello stesso modo dell altro, bisogna mantenere questo rapporto anche quando, in certi casi, uno dei fenomeni si presenta senza l altro [critica a Stuart Mill]. Indubbiamente c è allora motivo di 11
12 riesaminare i fatti, ma non di abbandonare immediatamente i risultati di una dimostrazione compiuta secondo le regole. La concomitanza può essere dovuta non al fatto che uno dei fenomeni è la causa dell altro, ma al fatto che entrambi sono effetti della medesima causa [il principio di causa comune] oppure anche al fatto che esiste tra essi un terzo fenomeno intercalato [interveniente], ma non osservato che è effetto del primo e causa del secondo. I risultati ai quali conduce questo metodo hanno quindi bisogno di essere interpretati [mediante prove metodiche]». 12
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