Gennaio 1809, Napoleone è imperatore PROF. FRANCESCO FRASCA

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1 La battaglia del Piave nella napoleonica campagna del 1809 PROF. FRANCESCO FRASCA Gennaio 1809, Napoleone è imperatore dei Francesi, il territorio da lui governato è quasi raddoppiato, rispetto ai vecchi confini della Francia del 1789, ha annesso una parte dell Italia, cioè il Piemonte, la Liguria, il Parmense, la Toscana, ha occupato l Umbria e il Lazio. Ciò che resta libero dell Italia settentrionale è stato riunito in un Regno d Italia, il cui re è lo stesso Napoleone, e viceré il suo figliastro Eugène de Beauharnais, figlio del primo matrimonio di sua moglie Giuseppina. L impero francese è al culmine della gloria, Napoleone ha ripetutamente sconfitto Austria, Prussia e Russia, ma l intensità della resistenza che i suoi uomini incontrano nella conquista della Spagna e del Portogallo gli è causa di un continuo salasso di vite umane e di denaro. La sollevazione spagnola è per il ministro degli Esteri austriaco Johann Philipp Arl conte von Stadion il segnale della riscossa nazionale. L arciduca austriaco Carlo, comandante dell esercito, rivolge un proclama ai popoli tedeschi, ma viene meno la speranza di un adesione della Germania. La Prussia è bloccata dall occupazione francese e dallo zar Alessandro. L Austria vuole prendere la sua rivincita sulla Francia e accetta di mettere in piedi una nuova coalizione con l Inghilterra a condizione che quest ultima gli fornisca un sostegno finanziario e operi degli sbarchi di truppe in Olanda e in Italia. Viene così a costituirsi la quinta coalizione contro Napoleone. Il 48

2 9 aprile 1809 l Austria apre le ostilità, attaccando in Baviera, mentre Napoleone deve rimanere sulla difensiva giacché il grosso dei suoi eserciti era in Spagna ed è obbligato a domandare rinforzi ai paesi amici. Una volta costituita la Grande Armeé entra in Germania e mette in opera una manovra a tenaglia per stringere gli Austriaci in una morsa mortale. Il suo obiettivo è la conquista di Vienna con l azione convergente di due armate, una proveniente da nord e una da sud. Così ordina al figliastro, il viceré Eugenio, che si trova a Milano di assumere il comando dell armata d Italia e di passare all offensiva, in modo da aprire un secondo fronte a sud. Il viceré Eugenio arriva a Mestre il 10 aprile 1809, e qui pone il suo quartiere generale. Il giorno seguente prosegue per Udine. Arrivato nel capoluogo friulano riceve la dichiarazione di guerra dall arciduca austriaco Giovanni, comandante in capo dell armata nemica, che si è schierata ai confini del regno e che è pronta a muovergli contro. La forza dell Armata d Italia al 10 aprile 1809 è costituita dai corpi Macdonald (divisioni Broussier, Lamarque, cavalleria Guerin), Grenier (divisioni Seras, Abbé), Baraguey d Hilliers (divisioni Rusca, Fontanelli) e, in riserva, dalla divisione Durutte e dalle divisioni di cavalleria Sahuc e Pully. Le manovre iniziano il giorno 12 mattina sulla riva destra del Tagliamento, con la riunione di 24 battaglioni, uno squadrone di Dragoni francesi, 2 compagnie d artiglieria a cavallo con 20 bocche da fuoco, e approvvigionamenti che formavano le Divisioni Seras e Brossier, più 4 squadroni d Ussari agli ordini del generale Sahuc, dove sono rinforzate da 13 battaglioni francesi, uno squadrone di Dragoni italiani, una compagnia di Zappatori, e da 12 bocche da fuoco da campagna, una compagnia a piedi e una compagnia d artiglieria a cavallo della 3 a divisione comandata dal generale Grenier. Questa divisione si schiera sulla riva sinistra del Tagliamento il giorno 11 di sera, e attraversa il fiume il giorno dopo. Quattro squadroni del 6 reggimento Cacciatori arrivano lo stesso giorno a Valvasone. Il generale Barbon si trova in linea la sera del 12 con 16 battaglioni, una compagnia d artiglieria a piedi, una compagnia d artiglieria a cavallo con 10 pezzi da campagna. Il 15, il generale Severoli va a Brugnera con 7 battaglioni italiani, uno squadrone di Cacciatori reali, una compagnia d artiglieria a piedi, un distaccamento del Treno d artiglieria, una compagnia di Zappatori e 12 pezzi da campagna. Alla notizia della apertura delle ostilità il viceré Eugenio da ordine al 2 e al 3 battaglione del 7 reggimento di Linea italiano di Musei civici di Treviso (Museo del Risorgimento) Collezione Felissent, corpi di Cavalleria raggiungere la divisione Severoli. Richiama dall interno del Regno 13 battaglioni, 20 squa- 49

3 droni di Dragoni, 8 squadroni di Cacciatori francesi, e 16 battaglioni, 4 squadroni di Dragoni italiani compresi 5 battaglioni e 3 squadroni della Guardia Reale italiana. Con queste truppe disponibili e una divisione, il viceré Eugenio il 22 aprile suddivide il suo esercito i tre corpi d armata e una riserva, costituiti ciascuno da 2 divisioni di fanteria e da una brigata di cavalleria, ogni divisione con 6 bocche da fuoco da campagna. In riserva tiene la fanteria e la cavalleria della Guardia Reale italiana, una divisione di cavalleria leggera, una divisione di Dragoni francesi e quella del generale Durutte, con 8 battaglioni francesi e 6 bocche da fuoco, tutti provenienti dal Regno di Napoli, due battaglioni del 18 Leggero, stazionanti a Legnago e 4 squadroni del 9 reggimento di Cacciatori a cavallo, provenienti dalla Toscana. Seguendo le precise istruzioni avute da Napoleone l armata d Italia si muove lentamente da Sacile verso nord sparpagliandosi sull intera pianura friulana. Napoleone impegnato in Germania vuole prendere tempo ed evitare di provocare una reazione prematura da parte degli Austriaci, prima che l Armata d Italia abbia schierato davanti al passo del Tarvisio, dove crede che si svolgerà l attacco principale del nemico. Questo calcolo però si dimostra totalmente sbagliato. Napoleone sottovaluta le qualità militari del giovane l arciduca Giovanni, che con il IX corpo d armata attacca la frontiera dell Isonzo a sud in direzione d Udine sorprendendo l armata d Italia alle spalle. Il viceré Eugenio obbligato ad indietreggiare tra i fiumi Tagliamento e Livenza subisce ora l iniziativa austriaca. Perde la città Pordenone, che è circondata da due colonne di fanteria austriaca e cade in loro mano. La retroguardia francese cade prigioniera e la ritirata si sta trasformando in un autentica rotta. Per arrestare l avanzata austriaca, il viceré Eugenio decide allora di dare battaglia a Sacile il 16 aprile, con solo uomini a sua disposizione. Prevedendo una facile vittoria l arciduca Giovanni attacca con uomini. Ha un vantaggio nella cavalleria di 5 contro 1 e così ottiene un facile successo. Italiani e Francesi lasciano sul terreno più di fra morti e feriti, altri sono fatti prigionieri. All aggravarsi della situazione le truppe francesi preferiscono ritirarsi ancora e si attestano sul corso dell Adige, Musei civici di Treviso (Museo del Risorgimento) Collezione Felissent, corpi di Cavalleria non senza aver prima dato alle fiamme il Ponte della Priula. Treviso viene occupata dagli Austriaci il 23 aprile. Napoleone venuto a conoscenza in Germania della sconfitta del figliastro gli ordina perentoriamente di lasciare il comando dell armata d Italia al cognato Murat, re di Napoli, uno dei più valenti generali, venuto su dalla gavetta, personaggio famoso per il suo coraggio in battaglia. L imperatore francese non vuole che incompetenza del figliastro possa danneggiare una campagna militare iniziata brillantemente. Infatti, Napoleone ad Abensberg Eckmuhl, i giorni aprile 1809, sconfigge l arciduca Carlo, e occupa dopo la città di Ratisbona. L esercito austriaco è in ritirata verso le montagne della Boemia. A Napoleone si presentano due alternative: lanciarsi all inseguimento degli Austriaci nella speranza di costringerli ad una decisiva battaglia in Boemia, oppure avanzare lungo il corso del Danubio in direzione di Vienna. Sceglie la seconda perché una rapida calata sulla capitale austriaca può portare a trattative di pace e, nello stes- 50

4 so tempo, può sperare che questa mossa contribuisca a disimpegnare il fronte italiano dove il viceré Eugenio è in difficoltà. Il calcolo si rivela giusto. Infatti, il governo austriaco è costretto a richiamare in Patria l arciduca Giovanni dall Italia con tutto il suo esercito. Ha bisogno di tutti i soldati disponibili per far fronte alla minaccia di Napoleone. Di conseguenza ordina all armata dell arciduca Giovanni che in Veneto si è spinto fino al fiume Adige di cessare l offensiva e di ripiegare verso nord, onde raggiungere al più presto Vienna. Un colpo di fortuna per il figliastro di Napoleone ansioso di una rivincita! Il viceré dopo la batosta subita si è attestato con centro della sua armata dietro la linea dell Adige, nei pressi di Caldiero, con la sua ala destra ad Arcole e la sinistra ad Illasi. L arciduca Giovanni che lo ha inseguito fino a lì ha concentrato il suo esercito a Villanuova, a sole poche miglia est e si prepara ad ingaggiare una battaglia risolutiva quando gli arriva l ordine di ritirarsi. L arciduca da buon austriaco ubbidisce all ordine senza discutere. Il viceré Eugenio tuttavia non obbedisce all ordine di Napoleone di trasferire le sue funzioni di capo dell armata d Italia a Murat re di Napoli, riorganizza alla meglio la sua armata, alquanto mal ridotta dopo la sconfitta e la ritirata, e passa al contrattacco. Il 30 d aprile, il viceré ad Illasi ottiene la sua prima vittoria, costringe gli Austriaci a ritirarsi su Vicenza, per vincerli poi due giorni dopo davanti a Montebello, e mentre una sua divisione marcia su Padova, fa passare tutta l armata d Italia di là del Brenta prendendo Bassano ed occupando il 6 maggio Treviso. In contemporanea gli Austriaci sono costretti a levare il blocco di Venezia, in ritirata passano per Treviso escono da porta San Tommaso e prendono l antica strada postale per Conegliano. Qui arrivati si fermano, per far riprendere il fiato, prima continuare ritirata verso il Tagliamento. Il viceré Eugenio che si è posto al loro inseguimento entra a Treviso il 6 maggio, la città è restata sotto controllo austriaco per 15 giorni, poi prosegue verso il Piave e la sera del giorno dopo si ferma a Ponte di Lovadina, dove passa la notte. Qui convoca il suo quartier generale e organizza l armata per il giorno dopo il guado del Piave, fiume sulle cui riva destra il nemico si è attestato per impedire o ritardare il passaggio all armata d Italia. Quella che ha seguito è una battaglia di retroguardia, che l arciduca Giovanni ingaggia per tentare di sganciare il grosso della sua armata dal tallonamento dell armata d Italia. Facendo tesoro degli errori commessi a Sacile il viceré Eugenio concentra in un unico corpo sei divisioni di fanteria, tre divisioni di cavalleria, una divisione di cavalleria leggera, la Guardia Reale italiana e l artiglieria di riserva prima di cercare la battaglia. L armata d Eugenio ha uomini, quella dell arciduca Giovanni invece solo uomini, che si stanno ritirando concentrati fra il Piave e Conegliano. L armata d Italia muove le sue posizioni lungo il fiume. Il 7 maggio, il viceré Eugenio fa eseguire una prudente ricognizione della riva orientale del fiume da parte dalla divisione di cavalleria leggera del generale Dessaix e dai Dragoni di Pully. Poi mette in atto un audace piano d attacco per il mattino seguente basato sull attraversamento del Piave. Durante la notte, con il favore dell oscurità, l armata franco-italiana muove dalle sue posi- 51

5 zioni. E la Divisione Serras a fare il primo guado in direzione di Nervesa, dove attira il corpo principale dell armata austriaca. Il corpo di Grenier e le tre divisioni di cavalleria di Sahuc, Grouchy e Pully aggiravano lo schieramento austriaco sulla riva destra attaccando da sud. Il settore critico diventava il centro dello schieramento a Priula dove la retroguardia di Frimont ha bruciato il ponte. Il piano francese prevede il guado del Piave all alba per costituire un caposaldo dall altra parte del fiume. Mentre genieri iniziano a costruire in tutta fretta un ponte di barche, per permettere alle fanterie di Macdonald e Baraguey d Hilliers di passare sull altra riva, è piazzata una batteria d artiglieria, il cui fuoco deve coprire i movimenti della divisione leggera di cavalleria di Dessaix in movimento, che si appresta a guadare il fiume. La notte per gli Austriaci trascorre tranquillamente. L arciduca Giovanni con il suo comando è a Susegana nel castello di San Salvatore. Egli fa schierare il VIII corpo d armata tra Susegana e Santa Lucia di Piave. Il feldmaresciallo Ignazio Gyulai con IX corpo d armata è accampato tra Santa Lucia di Piave e Bocca di Strada nei pressi di Nervesa. Tre battaglioni di fanteria e alcuni picchetti di cavalleria presidiano la riva destra da Nervesa a Priula. I franco-italiani coperti da attacchi diversivi in vari punti, iniziano l attraversamento del Piave all alba dell 8 maggio, a nuoto i fanti e a guado i cavalieri, Appena passato il fiume si gettano sulle pattuglie austriache che presidiano la riva destra del fiume. La cavalleria, i volteggiatori e l artiglieria dell armata d Italia fanno prodigi di valore. I ranghi austriaci sono forzati da ogni parte, e nel momento che essi si ricostituiscono sono di nuovo travolti. Il rumore dei cannoni interrompe la piccola colazione che quel mattino l arciduca Giovanni consuma nel Castello di San Salvatore. Cosciente della sua inferiorità numerica egli non desidera impegnarsi a fondo. Però si rende conto che deve far qualche cosa per contenere l attacco francese fino a mezzogiorno, per permettere ai lenti convogli delle salmerie austriache di ritirarsi in buon ordine di là del Tagliamento. Imposta allora un contrattacco, che però risulta poco coordinato e molto confuso. L arciduca Giovanni manda una divisione di cavalleria, appoggiata ventiquattro batterie di cannoni, all incrocio del centro di Priula. Poi schiera in linea a sud-est, lungo l attuale canale della Brentella, la brigata di fanteria Asburgo e il reggimento Ussari Arciduca Giuseppe, e mette in riserva quattro battaglioni di granatieri e due di grenzer croati a Borgo Campana. Il passaggio del Piave da parte della cavalleria leggera francese continua sotto il tiro delle artiglierie austriache piazzate a Priula, un vero macello in cui sono coinvolti uomini e animali. Solo il fuoco di controbatteria salva la divisione di Dessaix dalla completa distruzione. In suo aiuto però giungono, a metà mattina, le due divisioni di cavalleria francese Sahuc e Pully, che sono riuscite ad attraversare il fiume a guado a sud-est di Priula. Insieme riescono con un ardita manovra ad aggirare il centro nemico, colpendo ai fianchi la cavalleria e l artiglieria, che sono annientate. La difesa dell arciduca Giovanni a Priula cessa di esistere, ma resiste ancora la brigata di fanteria Asburgo che attende in riserva a Borgo Campana, e a sbarrare ai Francesi la strada verso Conegliano vi sono ciò che resta dei VIII e IX corpi d armata.. Al viceré Eugenio occorre ora trasportare tutta l armata di là del Piave, ma la natura e il tempo complicano lo svolgimento delle operazioni d attraversamento. A causa delle piogge torrenziali dei giorni precedenti le acque turbinose del Piave crescono a livello di guardia. Il ponte di barche danneggiato dai combattimenti affonda travolto dalla piena. Due divisioni di fanteria francese comandate da Macdonald sono ferme sulla riva sinistra. Qui arrivano i resti disordinati dei cavalleggeri di Dessaix, fuggiti durante il bombardamento austriaco, che riescono a guadare il fiume solo all una del pomeriggio, per un paio d ore dopo ogni passaggio, dopo diventa impossibile. L armata d Italia si trova così divisa in due tronconi, con soldati al di qua e di là del Piave. Con le unità passate sulla riva destra il viceré Eugenio intraprende un nuovo attacco per lo sfondamento della debole linea austriaca. Così alle ore 4 del pomeriggio l artiglieria francese apre il fuoco, in preparazione dell attacco, mentre la cavalleria spinge l VIII corpo austriaco contro la sinistra dello schieramento del viceré Eugenio. Contemporanea- 52

6 mente l ala destra francese tenta un azione d aggiramento del fianco sinistro austriaco, che crolla sotto la pressione dell attacco. A questo punto dal centro dello schieramento francese partono le colonne d assalto, della divisione del generale Macdonald, che travolgono la linea Musei civici di Treviso (Museo del Risorgimento) Collezione Felissent, corpi di Cavalleria tenuta dal IX corpo austriaco. L arciduca Giovanni getta nella mischia l ultima sua riserva, una brigata di granatieri, ma non riescono a rimediare ad una situazione già gravemente compromessa, e così al calar del sole i corpi dell arciduca Giovanni sono in fuga verso Conegliano e Sacile. Gli Austriaci lasciano sul campo morti, prigionieri, tra i quali si trovano numerosi generali. Perdono 16 cannoni, 30 cassoni di munizioni e numerosi carri di vettovagliamento. Il disastro è completo. Essi dopo la battaglia del Piave sono inseguiti e raggiunti tra Sacile e Fontanafredda, dove tentano un lteriore resistenza costruendo delle ridotte, ma sono ancora sconfitti e messi in fuga. Il viceré Eugenio prosegue la sua avanzata superando il Livenza, il Tagliamento, l Isonzo, in direzione del Tarvisio. Qui si impegna in una serie di combattimenti, che vedono la presa dei forti di Malborghetto e del Predil, superati questi ostacoli occupa Villach, poi Klagenfurt, proseguendo per la Stiria arriva a Leoben il 25 di maggio. Poi passa il Sammering e prende contatto con l armata di Germania, e nei giorni 1-4 giugno si ricongiunge a Neustad alla Grande Arméé. Napoleone intanto, che ha respinto l esercito austriaco in Boemia, occupa Vienna e si stabilisce nell Isola di Lobau sul Danubio, che è fortificata. Il 6 luglio grazie ai rinforzi ricevuti dall Italia, riesce ad avere la vittoria decisiva a Wagram nei pressi di Vienna. A causa di questa sconfitta, l arciduca Carlo, capo dell esercito, e il conte von Stadion, ministro degli Esteri, si dimettono. L imperatore Francesco I d Austria deve subire la pace di Schonbrunn, il 14 luglio, con cui si impegna a versare una forte indennità di guerra e ad accettare nuove mutilazioni territoriali a vantaggio della Baviera (Nord Tirolo), della Francia (Province il liriche) e dell Italia (Alto Adige / Sud Tirolo). La vittoria di Wagram segna il momento più alto della parabola napoleonica perché pare allora che nulla possa contrastare la volontà di Napoleone; eppure la resistenza dei combattimenti spagnoli nella penisola iberica, il fallimento del blocco continentale, la potenza inglese, la crisi economica sono tutti elementi di primaria importanza tra le cause che determinano il crollo dell impero napoleonico. La campagna militare appena conclusa è in effetti l inizio della parabola discendente di Napoleone. In essa si ravvedono già i primi sintomi di usura di uno strumento di guerra che va deteriorandosi, che deve sempre più far ricorso a truppe straniere o a coscritti inesperti. Ciò è causa d indecisione nella ricerca della battaglia decisiva. D altra parte il nemico, inizia ad adottare a grande linee la stessa organizzazione militare e le medesime concezioni tattiche e strategiche della scuola napoleonica. Fattori questi decisivi, nel fatale 1812, per catastrofe napoleonica che ha la Grande Armée come protagonista nelle sterminate pianure della Russia. 53

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