CONFIMI. Rassegna Stampa del 30/09/2014

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1 CONFIMI Rassegna Stampa del 30/09/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.

2 INDICE CONFIMI 30/09/2014 Il Giornale di Vicenza Giunta Apindustria Tre new entry con due nuovi vice 5 CONFIMI WEB 29/09/ :13 Riforma del lavoro è improrogabile 29/09/ :34 Apindustria Confimi Vicenza, la giunta si rinnova 7 8 SCENARIO ECONOMIA 30/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale LE inutili ipocrisie sulle TASSE 30/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale La vera posta in gioco oltre la resa dei conti 30/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Fatturazione elettronica, il ministero in tilt 30/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Multinazionali, poche tasse» L'indagine Ue da Apple a Fiat 30/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Il piano Vodafone per l'italia, investimenti per 3,6 miliardi» 30/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Sfida tra Blackstone e Kkr per la Petrovalves di Varese 30/09/2014 Il Sole 24 Ore La Fed di New York regolatore «catturato» 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Al lavoro non serve una riforma annacquata 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Tfr in busta paga dal 1 gennaio

3 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Consiglio più snello per Mediobanca 30/09/2014 La Repubblica - Nazionale I capitali del mondo al Gran Bazar made in Italy 30/09/2014 La Repubblica - Nazionale Landini: "Da Palazzo Chigi troppe parole al vento Così si cancellano i diritti" 30/09/2014 La Repubblica - Nazionale Il debito cresce l'allarme continua dopo l'europa la Cina il prossimo focolaio di crisi 30/09/2014 La Repubblica - Nazionale Borsa, il valzer delle debuttanti ci provano Intercos e Italiaonline 30/09/2014 La Stampa - Nazionale LA VERA RIVOLUZIONE DELLE RIFORME 30/09/2014 La Stampa - Nazionale Trattamento di fine futuro 30/09/2014 MF - Nazionale Bifulco lascia Pierrel per dedicarsi a Sorin 30/09/2014 MF - Nazionale Anche il Fmi si interroga sul rapporto tra banche e fondazioni. Che devono ripensare la strategia 30/09/2014 MF - Nazionale Inutile tirare Visco e Draghi per giacchetta SCENARIO PMI 30/09/2014 La Stampa - Torino Capitalismo familiare dinamico e flessibile 30/09/2014 La Stampa - Vercelli Aziende, timidi segnali di ripresa 30/09/2014 ItaliaOggi Federfi di: 600 mln alle pmi lombarde

4 CONFIMI 1 articolo

5 30/09/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 8 (diffusione:41821, tiratura:51628) NOMINE. Nuovi ingressi: Benincà, Riu, Rizzato Giunta Apindustria Tre new entry con due nuovi vice Flavio Lorenzin Si rinnova la giunta di Apindustria Confimi Vicenza. Tre new entry affiancheranno l organo esecutivo dell associazione delle pmi per il prossimo biennio Consolidare il lavoro svolto e costruire con fiducia il futuro, ponendo l impresa come elemento centrale della crescita economica e sociale: queste le direttive per il rinnovo della squadra di governo di Apindustria così come espresse in una nota della associazione di categoria. Il presidente Flavio Lorenzin ha nominato la nuova giunta di presidenza con l ingresso di due vicepresidenti: si tratta di Luigi Benincà (Automatismi benincà Spa di Sandrigo) e Raimondo Riu (Mouldtek srl di Ponte di Barbarano) con la cooptazione del consigliere Paolo Rizzato (Rizzato Inox srl di Cogollo del Cengio). Confermati i vicepresidenti Elisa Beniero (Eca Technology spa di Grisignano di Zocco), William Beozzo (Farm srl di Tezze sul Brenta), Maria Menin Bidese (Italsabi srl di Sandrigo) e dal tesoriere Maurizio Zordan (Zordan srl di Valdagno). Nuove energie - prosegue la nota dell associazione - per un progetto di crescita associativa che accompagni le pmi nel rinnovamento imposto dalle difficili sfide che attendono il mondo produttivo. «Si tratta di una squadra già ben affiatata, che darà continuità all attività di questi anni - continua Flavio Lorenzin - e che saprà dare impulso nel costruire una nuova prospettiva di crescita. Occorre ritrovare la voglia di cambiare e di rendere più dinamico e competitivo il modo di fare impresa. Sono certo che la riconosciuta esperienza e competenza portate dai nuovi ingressi di Benincà, Riu e Rizzato saranno un valido supporto al nuovo percorso intrapreso, convinto che arriveremo alla scadenza di mandato con un rinnovato entusiasmo rispetto alle possibilità di lavoro e crescita nel territorio». La nuova giunta, confermata dal consiglio direttivo di Apindustria Confimi lo scorso 5 settembre resterà in carica fino al CONFIMI - Rassegna Stampa 30/09/2014 5

6 CONFIMI WEB 2 articoli

7 29/09/ :13 Sito Web Riforma del lavoro è improrogabile Le aziende facenti parte dell'aniem (l'associazione Nazionale delle imprese edili aderente a Confimi Impresa), attraverso il presidente Dino Piacentini, "chiedono al Governo e al Parlamento di essere ancora più coraggiosi per esercitare un ruolo di garanzia degli interessi collettivi e di controllo sostanziale sul sistema di casse edili oggi lasciate di fatto ad una gestione privatistica". "Basta con il tabù dell'art. 18, con i conservatorismi, con la difesa esasperata delle rendite di posizioni da parte di Sindacati e Confindustria, con l'arretratezza culturale ed ideologica che porta le imprese a perdere competitività ed i lavoratori a perdere diritti a cominciare da quello fondamentale al lavoro". "Ciò di cui abbiamo bisogno non può e non deve limitarsi al superamento dell'art. 18, abbiamo bisogno di rinnovare le regole fondamentali che oggi governano il mercato del lavoro, di semplificare e di ridurre il numero dei contratti, di creare le condizioni più favorevoli per l'accesso al lavoro, di stimolare la meritocrazia, di abbattere tutte quelle forme "parassitarie" costituite dalla miriade di enti bilaterali attraverso i quali vengono lucrate risorse imponenti a imprese e lavoratori. Su quest'ultimo aspetto e con specifico riguardo al settore dell'edilizia sollecitiamo Governo e Parlamento ad essere ancora più coraggiosi per esercitare un ruolo di garanzia degli interessi collettivi e di controllo sostanziale sul sistema di casse edili (attualmente circa 120 enti che movimentano complessivamente 3,380 miliardi di euro) oggi lasciate di fatto ad una gestione privatistica". "La legge delega sul lavoro è finalmente un'opportunità per una riforma organica delle formazione e dei contratti, per dare semplicità e chiarezza alle regole sul lavoro, in un quadro di uniformità e di garanzie dei diritti fondamentali." "La nostra Associazione da anni porta avanti isolata questa battaglia, salutiamo quindi con grande soddisfazione l'impegno ostinato di Renzi contro le grandi corporazioni di questo Paese che tentano di ostacolare l'ultima possibilità di salvare il nostro sistema economico attraverso una modernizzazione che ci avvicini agli altri mercati internazionali." "Nel Paese si avverte ormai un'onda lunga che spinge in direzione del rinnovamento, una sensibilità recepita anche dal Presidente della Repubblica, Napolitano che opportunamente ha sottolineato come l'italia non possa restare "prigioniera di conservatorismi, corporativismi ed ingiustizie". "L'obiettivo - conclude Piacentini - è quello di dare a tutti diritti realmente fruibili e funzionali ad uno sviluppo economico moderno e sostenibile". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 30/09/2014 7

8 29/09/ :34 Sito Web Apindustria Confimi Vicenza, la giunta si rinnova Apindustria Confimi Vicenza - Tre new entry affiancheranno l'organo esecutivo dell'associazione delle Pmi per il prossimo biennio. Consolidare il lavoro svolto e costruire con fiducia il futuro, ponendo l'impresa come ELEMENTO CENTRALE della crescita economica e sociale. Queste le direttive per il rinnovo della squadra di governo di Apindustria Confimi Vicenza. Così il Presidente Lorenzin ha nominato la nuova Giunta di Presidenza con l'ingresso di due Vicepresidenti, Luigi Benincà (Automatismi benincà SpA di Sandrigo) e Raimondo Riu (Mouldtek srl di Ponte di Barbarano) con la cooptazione del consigliere Paolo Rizzato (Rizzato Inox srl di Cogollo del Cengio). Confermati i vicepresidenti Elisa Beniero (Eca Technology spa di Grisignano di Zocco), William Beozzo (Farm srl di Tezze sul Brenta), Maria Menin Bidese (Italsabi srl di Sandrigo), e dal tesoriere Maurizio Zordan (Zordan srl di Valdagno). Nuove energie per un progetto di crescita associativa che accompagni le PMI nel rinnovamento imposto dalle difficili sfide che attendono il mondo produttivo. «Si tratta di una squadra già ben affiatata, che darà continuità all'attività di questi anni - spiega il presidente Lorenzin - e che saprà dare impulso nel costruire una nuova prospettiva di crescita.-occorre ritrovare la voglia di cambiare e di rendere più dinamico e competitivo il modo di fare impresa. Sono certo che la riconosciuta esperienza e competenza portate dai nuovi ingressi Benincà, Riu e Rizzato, saranno un valido supporto al nuovo percorso intrapreso. Auguro a loro e a tutto il gruppo un buon lavoro, convinto che arriveremo alla scadenza di mandato con un rinnovato entusiasmo rispetto alle possibilità di lavoro e crescita nel territorio». La nuova Giunta, confermata dal consiglio direttivo di Apindustria lo scorso 5 settembre, resterà in carica fino al CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 30/09/2014 8

9 SCENARIO ECONOMIA 19 articoli

10 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) LE inutili ipocrisie sulle TASSE di Dario Di Vico F ino ad ora il governo non ha inserito nell'agenda delle sue priorità il lavoro autonomo e le partite Iva. Quando si è trattato di aumentare il reddito disponibile sono state privilegiate le fasce medio-basse del lavoro dipendente e il Jobs act ha come riferimento un laburismo tutto sommato tradizionale, anche se declinato in chiave di flexsecurity. Il tutto è stato gestito con lo strumento della legge delega che si sta rivelando un contenitore ipocrita: inizialmente appare utile per allargare lo spettro dell'azione di riforma senza generare conflitti, ma nel prosieguo mostra tutti i suoi limiti. Accumula contraddizioni e non è in grado di scioglierle se non con un atto d'imperio finale. Qualcosa del genere rischia di accadere anche con la delega fiscale, lo strumento «largo» con il quale il governo pensa di riprendere a dialogare con gli autonomi. In linea di principio non si può che essere d'accordo con questo riallineamento di attenzioni perché il lavoro indipendente è destinato a crescere ed è la strada che prendono molti giovani in cerca di prima occupazione, di fatto costretti a «inventarsi» il proprio lavoro. Ma il famoso diavolo continua a nascondersi nei dettagli. Vale la pena ricordare come l'apertura di nuove partite Iva resta sempre sostenuta, al ritmo di mila al mese e la percentuale di quelle che mascherano un rapporto di lavoro dipendente si può stimare attorno al 15-20%. Non di più, come pure lasciano pensare i sindacati confederali che ne hanno fatto - come nel caso della Cisl - un punto focale di propaganda e comunicazione.continua a pagina 29 I l guaio maggiore, caso mai, è che molte di queste nuove partite Iva chiudono la loro attività dopo qualche mese, come si può dedurre dalla dinamica delle cancellazioni che rimane sempre molto elevata (80 a 100 nel rapporto con le nuove iscrizioni) e da una rotazione molto frequente in alcune attività economiche giudicate a bassa barriera d'ingresso, segnatamente la ristorazione nei grandi centri urbani. Detto questo, l'ipotesi di provvedimento che il ministero dell'economia e finanze ha in gestazione per le miniimprese (un milione di contribuenti) e che dovrebbe approdare nella delega fiscale appare, nelle intenzioni, ambiziosa perché punta a semplificare drasticamente le procedure, a limare la pressione fiscale e a introdurre nuovi criteri di equità tra i contribuenti di diverse fasce di ricavi. Tre obiettivi in uno, non facili da raggiungere in contemporanea perché da una parte il gettito che proviene da queste attività non può calare di brutto e nello stesso tempo bisogna dare un segnale di riduzione delle tasse. Come se non bastasse occorre affrontare anche alcune contraddizioni che si sono prodotte nel tempo come quella che, proprio a causa del regime forfettario, fa sì che le nuove imprese non siano incentivate a crescere per il rischio di dover pagare a caro prezzo (fiscale) le commesse aggiuntive conquistate. È giusto, quindi, affrontare le strozzature erariali e normative che oggi penalizzano le piccolissime imprese, ma non va sottovalutato il rischio che il messaggio possa non arrivare chiaro e limpido. Il governo, dunque, si occupi degli autonomi e delle partite Iva ma stia attento allo sperimentalismo fiscale. Le cavie potrebbero non gradire.dario Di Vico RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

11 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) un dibattito autoreferenziale La vera posta in gioco oltre la resa dei conti di Aldo Cazzullo N on è vero che la riforma dell'articolo 18 sia una questione ideologica che non riguarda quasi nessuno. È una grande questione politica, che può cambiare la vita sociale, la mentalità, la cultura economica del Paese. Proprio per questo, a parte qualche eccezione, il modo in cui la direzione del Pd ha affrontato ieri il tema è apparso un po' asfittico e autoreferenziale. continua a pagina 6 Certo, era una riunione di partito. E Renzi, abituato a usare queste circostanze per parlare ai cittadini in streaming più che ai presenti, stavolta ha badato a ricompattare i suoi. Il premier ha cercato di aprire alla minoranza interna. Ha esteso la sfera del reintegro rispetto a quanto era trapela-to. Ha rilanciato un vecchio cavallo di battaglia del centrosinistra Anni 90, il Tfr in busta paga. Ha parlato di salario minimo e di risorse per ammortizzatori sociali e scuola. Soprattutto, si è detto disponibile a ricevere Cgil-Cisl-Uil a Palazzo Chigi, come finora non aveva mai fatto. Non a caso, più della sua relazione è stata contestata la sua intervista della sera prima a Fabio Fazio; e al di là della stizza di D'Alema, cui non si è accodato neppure l'ex portavoce Orfini, si intravede un compromesso interno, in attesa magari di un nuovo scontro in Senato. Ma la vera questione non è ammorbidire i contrasti interni a un partito; è portare il Paese a cogliere le opportunità che la riforma del mercato del lavoro porta con sé, accanto ai prezzi da pagare, che pure ci sono. Superare l'articolo 18, nella versione dello Statuto dei lavoratori e in quella uscita da una faticosa mediazione due anni fa, implica un'assunzione di responsa-bilità da parte di tutti. Dei lavoratori, cui si chiede di rinunciare a una tutela magari antistorica ma di sicuro comoda. Dello Stato, che oggi non forma e non ricolloca chi il lavoro l'ha perso o non l'ha mai avuto. E anche degli imprenditori, che talora si sono adeguati a uno scambio al ribasso, garantito dai sindacati, tra bassa produttività e bassi salari; ti chiedo poco e ti do poco. Il governo, oltre a convincere l'ala sinistra, apparsa animata pure da risentimenti personali, dovrebbe ambire soprattutto a guidare questo cambiamento. Quel che non può certo riuscire a una persona sola, può arrivare dallo sforzo comune dei produttori e delle parti sociali, ieri rimesse in gioco (si vedrà se sul serio o per tattica): far imboccare al Paese la strada della merito-crazia e della competitività. Costruire un consenso nella società e suscitarne le energie è compito più complesso che mediare con i giovani turchi e rintuzzare la vecchia guardia, e molto più difficile che ricorrere alla retorica delle «trame dei club e dei salotti»: un espediente che fa parte di quei riti della vecchia politica che Renzi vorrebbe superare. Aldo Cazzullo RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

12 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il commento Fatturazione elettronica, il ministero in tilt Isidoro Trovato a volte neanche il fine giustifica i mezzi. Era sicuramente lodevole l'obiettivo con cui, lo scorso 6 giugno, è stato introdotto l'obbligo della fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica amministrazione: semplificare i passaggi, renderli trasparenti e velocizzare i pagamenti. Insomma chi vuol farsi pagare dalla Pa non può più presentare la fattura di carta. Il punto è che i dati, aggiornati ad agosto, dicono che solo un fattura elettronica su cinque è arrivata a buon fine. Vero è che negli ultimi mesi la situazione è migliorata, ma provate a chiedere a un qualsiasi commercialista un parere sulla questione, fuggirà con le mani tra i capelli. La fatturazione elettronica infatti è una procedura complessa ai limiti del bizantino e costosa. Ma non basta. Perché l'ulteriore beffa è rappresentata dal caos esploso al Ministero della Giustizia dove l'innovazione è stata bloccata e il dicastero ha presentato una mozione al Senato in cui chiede una deroga sui tempi per adeguare i software. Effettivamente il ministero di via Arenula è quello che deve gestire la mole più corposa di fatturazioni elettroniche ma era impensabile che potesse collassare sotto il peso delle richieste. Il risultato è che attualmente chiunque lavori con quel dicastero (avvocati, periti, fornitori) vede congelati i suoi pagamenti. La Giustizia non paga (direbbe qualcuno). Non si sa quando ricomincerà a farlo. E stavolta il (buon) fine davvero non giustifica i mezzi. RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

13 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Multinazionali, poche tasse» L'indagine Ue da Apple a Fiat L'istruttoria di Bruxelles: regimi fiscali di favore in Europa violano le regole sugli aiuti di Stato. Per ora niente multe. Anche Starbucks nel mirino I Paesi e l'antitrust L'Authority indaga sulle norme di Irlanda, Lussemburgo e Olanda Luigi Offeddu DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Oggi la Commissione Europea diffonderà nuovi dettagli sull'inchiesta che da giugno coinvolge alcune delle più grandi imprese del mondo - come Apple, o Fiat - sospettate di «migrazioni» da un Paese all'altro per evadere le tasse. Un rapporto formale descriverà i motivi da cui è partita l'indagine, e forse qualcosa di più: non ci sono però da attendersi, dicono i meglio informati, sviluppi clamorosi perché il lavoro di scavo potrebbe durare ancora per molti mesi. Il sospetto di fondo è, per esempio, che un Paese notoriamente non severissimo con gli evasori come l'olanda abbia offerto un trattamento fiscale di favore al colosso Usa Starbucks, e che più o meno lo stesso sia accaduto fra il granducato del Lussemburgo e Fiat Finance & Trade. E la stessa ombra si stenderebbe sulle autorità finanziarie dell'irlanda, nei loro rapporti con società americane. Le imprese finite sotto il microscopio hanno sempre sostenuto di aver operato nell'ambito delle leggi nazionali e delle normative Ue. La battaglia legale è appena all'inizio. Anzi, negli ambienti Antitrust si dà quasi per sicura una estensione anche ad altri Paesi come il Belgio. Per i segugi del Commissario Ue alla Concorrenza, però, il punto giuridico vero non sta neppure nell'ipotesi di evasione in sé. Ma nel fatto che, grazie alle agevolazioni concesse ad alcuni, verrebbero infrante le norme Ue che proibiscono gli aiuti illegittimi di Stato, e garantiscono il funzionamento del libero mercato. Cioè uno dei pilastri fondanti dell'ue. RIPRODUZIONE RISERVATA La vicenda L'indagine di Bruxelles, su presunte "migrazioni" delle multinazionali da un Paese a un altro per pagare meno tasse, è partita a giugno. Oggi i primi risultati Foto: Sul sito del «Corriere della Sera» tutti gli aggiornamenti sull'indagine della Commissione europea SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

14 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) Intervista «Il piano Vodafone per l'italia, investimenti per 3,6 miliardi» Bisio: il consumo dati cresce del 50% all'anno. A Milano un'offerta a 300 mega La guerra dei prezzi Negli ultimi 18 mesi l'unico linguaggio dell'industria è stato il prezzo L'ipotesi di un'alleanza Al momento non vedo le condizioni per un'operazione su Fastweb di Massimo Sideri «Il settore delle telecomunicazioni mobili in Italia sta andando verso il bipolarismo: attraverso gli investimenti sulla rete 4G Vodafone ha già coperto oltre il 70% del territorio nazionale e Telecom Italia è all'incirca allo stesso livello. Dall'altre parte ci sono gli altri due player (Wind e 3Italia, Ndr) che hanno livelli di copertura molto inferiori ai nostri. Se invece parliamo di rete fissa la società della rete tra 12 mesi avrà perso le sue potenzialità e non si farà più». Aldo Bisio, 54 anni, dallo scorso gennaio è seduto sui 3,6 miliardi che il «piano molla» di Vodafone ha previsto per l'italia. Ma insieme ai miliardi c'è anche un mercato maturo reso ancora più incerto dalla guerra dei prezzi tra gli operatori che hanno ulteriormente eroso i margini già decrescenti della telefonia. La guerra dei prezzi sul mobile alla fine è stata una strategia di breve respiro di cui vi state pentendo tutti, se ne uscirà mai? «È vero: negli ultimi diciotto mesi il solo linguaggio dell'industria è stato il prezzo, ma ora non c'è più la battaglia dell'estate del 2013, perché tutti gli operatori hanno capito che non c'era un grande beneficio nel perseguire questa politica. Il fenomeno è quasi sparito anche se in realtà continua sottotraccia sotto forma di una guerriglia con volumi importanti giocata su operazione di tele-selling per strapparsi continuamente i clienti a prezzi ancora inferiori all'estate del 2013». Cos'è cambiato allora? «Da un bel po' di mesi non parliamo più di prezzo ma di servizi. Il 4G sta creando un mercato premium. Le nostre reti sono piene di dati per più del 90%. E il consumo di dati cresce del 50% all'anno con delle aspettative su questi livelli per i prossimi 4-5 anni». Dunque sta diventando una guerra a due, voi e Telecom. Ma l'investimento per le licenze è costato 1,3 miliardi e servirà altrettanto per l'infrastruttura. Quando andrà a break even il 4G? Per il 3G ci sono voluti anni. «Abbiamo visto che il 4g stimola la domanda, moltiplicando per due e mezzo i dati. Mediamente si passa dai 750 mega di consumo al mese del 3G a 1,7 mega al mese. Ma sono investimenti che hanno ritorni pluriennali, anche se il business case è positivo ed è la selezione della specie». E il baco sul 4G che rende talvolta muti gli apparecchi alle telefonate in entrata? «Lo stiamo risolvendo e inoltre dobbiamo considerare che abbiamo già fatto dei test con il voice over Lte (con la voce che passerà da Internet, ndr ) che permetterà di passare all'high definition voice». Lei è seduto su 3,6 miliardi che sono una cifra molto importante, ma per utilizzarla prima della fine dei due anni dovrà forse fare delle acquisizioni. Da anni si parla di contatti con Fastweb... «Noi siamo pienamente in linea sugli investimenti sulle reti - in alcune città come Milano partiremo in ottobre con un'offerta a 300 mega, la prima in Italia - e quella cifra servirà per la crescita organica. Ma al momento non vedo le condizioni per fare l'operazione su Fastweb». Dunque state diventando sempre di più un operatore anche di rete fissa. Ma questo non rende sempre meno probabile la nascita della società della rete di cui si parla da anni? «Il risultato delle azioni nostre, di Telecom e di Fastweb farà sì che ci saranno tre reti in fibra sovrapposte su 7 milioni e mezzo di famiglie e il resto dell'italia, non tutta, che viaggia con i 20 megabit dell'adsl. Gli investimenti e gli scavi, una volta fatti, non li possiamo spostare. Dunque penso di sì: tra dodici mesi la società della rete avrà perso gran parte delle potenzialità, tra 20 mesi tutta». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

15 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) Altri fronti di diversificazione? Nei mesi scorsi il gruppo ha lanciato un'opa in Italia. «Infatti. Con l'acquisizione di Cobra l'italia sta diventando in Vodafone il centro di competenze mondiale per i servizi di telematica. L'azienda si trova su un segmento, quello machine to machine, in fortissima crescita. Ci aspettiamo risultati economici importanti». RIPRODUZIONE RISERVATA 3,6 miliardi di euro il piano di investimenti di Vodafone per l'italia 1,7 megabyte di consumo mensile per l'uso dello standard 4G 1,3 miliardi di euro l'investimento di Vodafone per licenze d'uso della banda ultra larga Foto: Aldo Bisio, 54 anni, amministratore delegato di Vodafone Italia dal gennaio di quest'anno Ex numero uno del gruppo Ariston Thermo SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

16 30/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 35 (diffusione:619980, tiratura:779916) Sussurri & Grida Sfida tra Blackstone e Kkr per la Petrovalves di Varese ( d.pol. ) È corposa la short list di candidati alla Petrolvalves che da Varese è cresciuta fino a 230 milioni di ricavi nel settore delle valvole per il settore petrolifero. Sono otto i candidati selezionati dall'advisor Banca Profilo che affianca la società controllata dalla famiglia Candiani che due anni fa aveva venduto il 20% della società alla Sator di Matteo Arpe ed è rimasta con il 40%, più la famiglia Lualdi, socia con il 20%. La schiera dei pretendenti include quattro gruppo industriali, tutti colossi Usa della meccanica e dei fluidi per l' oil&gas. In prima fila c'è General Electric che da tempo scalda i muscoli per acquisire Petrolvalves che, con 80 milioni di margine operativo e 200 di cassa (non ha quindi debiti), viene valutato oltre un miliardo. Seguono la conglomerata Emerson con 27 miliardi di dollari di ricavi, il gruppo della meccanica nei fluidi Imi e la Pentair. Poi c'è il blocco degli investitori finanziari tra cui i fondi Blackstone, First Reserve e Kkr. Infine spunta il family office della famiglia Thyssen. Per loro si è aperta la fase della due diligence e a novembre dovranno presentarsi con un'offerta vincolante che convinca tutti. RIPRODUZIONE RISERVATA Lloyds, via i manager dello scandalo Libor ( f.ch ) Dopo le dimissioni di alcuni top banker (per esempio quelli di Barclays), cominciano a cadere altre teste negli staff delle banche coinvolte nei numerosi scandali che hanno scosso la City. Lloyds Banking Group ha licenziato otto dipendenti per la vicenda della manipolazione del tasso Libor ( London Interbank Offered Rate ). Lo ha riferito lo stesso gruppo bancario, precisando che la misura è stata adottata a seguito dell'accordo raggiunto con le authority di Regno Unito e Usa. Il tasso interbancario, utilizzato come riferimento per il mercato dei derivati e che si riflette anche sul costo dei prestiti a famiglie e imprese, è stato manipolato tra il 2006 e il Lloyds, che è posseduta per il 24,9% dal governo britannico, ha fatto sapere che a questi otto dipendenti licenziati saranno cancellati bonus di risultato per circa 3 milioni di sterline. E l'istituto ha intenzione di rivedere l'intera policy sui bonus. L'amministratore delegato Antonio Horta-Osorio ( nella foto ), nominato nel 2011 e quindi successivamente al periodo in cui è stata effettuata la manipolazione, ha sottolineato che la banca è impegnata a impedire che comportamenti come questi si ripetano in futuro. RIPRODUZIONE RISERVATA Il governo sonda le Casse per un fondo Pmi (f. sav.) La Cassa degli avvocati si dice già pronta a partecipare. Il progetto del governo di attivare un fondo da 3-5 miliardi con la partecipazione della Cdp per rilanciare l'economia attraverso investimenti che coinvolgano le piccole e medie imprese sembra prendere quota. L'obiettivo sarebbe quello di poter contare su risorse fresche da destinare alle Pmi per investimenti mirati e certificati dal ministero dell'economia dirottando una parte dell'immenso patrimonio delle Casse previdenziali private che è di circa 60 miliardi. Il governo, in cambio, starebbe studiando alleggerimenti fiscali. Le Casse sono infatti sottoposte ad una tassazione del 20%. Decisamente alta rispetto al range europeo. RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

17 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) IL CASO SEGARRA E GOLDMAN SACHS La Fed di New York regolatore «catturato» Luigi Zingales I l mondo della finanza americana è colpito da un nuovo scandalo. Al centro c'è la Federal Reserve di New York, ovvero l'istituzione che supervisiona le principali banche americane. Lo scandalo è scoppiato per le rivelazioni emerse in una causa legale per un licenziamento (esistono anche negli Stati Uniti). Carmen Segarra, un avvocato della supervisione, fa causa per essere stata mandata via dopo soli sette mesi. La New York Fed afferma di averla licenziata per cattiva performance. La Segarra invece sostiene di essere stata cacciata perché mal si adattava alla cultura della Fed, talmente permissiva nei confronti delle banche regolate da sfiorare la collusione. di Luigi Zingales Il caso non avrebbe fatto notizia se non per due importanti rivelazioni. La prima è che la Segarra era stata assunta proprio per rispondere a un'indagine interna sulla cultura prevalente nella New York Fed. Questa indagine, che doveva rimanere confidenziale, è invece finita sul web e potete trovarla qui ( Dovrebbe essere lettura obbligatoria per chiunque si occupi di supervisione, audit o compliance. Si dice chiaramente che la supervisione della Fed è inefficace a causa della cultura prevalente all'interno dell'organizzazione. «Molte persone hanno paura di sbagliare o di contraddire gli altri, specialmente i superiori». «Non vi è sufficiente comunicazione tra livelli gerarchici. Il principio del need to know (ovvero di condividere il minimo dell'informazione necessaria) è abusato». Come se non bastasse «i supervisori hanno una eccessiva deferenza verso le banche e di conseguenza sono meno aggressivi nell'individuare i problemi o nel seguirli in modo efficace». Il rapporto della Fed parla anche negativamente della cultura del consenso prevalente tra i supervisori della Fed, soprattutto quando - come succederà poi nel caso della Segarra - la ricerca del consenso a tutti i costi porta alla «criminalizzazione» del dissenso. Il consenso tende a produrre group think, ovvero eccesso di conformismo su pozioni spesso sbagliate. Ritarda, se non elimina, la capacità di intervento. Tende a oscurare, invece che mettere in evidenza, i problemi. Noi economisti definiamo questo atteggiamento come «cattura» dei regolatori da parte dei regolati. Invece che preoccuparsi dell'integrità del sistema finanziario (lo scopo per cui abbiamo regolamentazione), i supervisori si preoccupano di mantenere un buon rapporto con le banche che regolano, per favorire la loro carriera o semplicemente per quieto vivere. «Nel giro di tre settimana dall'assunzione, ho visto la cattura prendere piede», dichiara un dipendente della Fed citato nel rapporto. Anche per chi, come me, ha sempre creduto nel problema della cattura, queste dichiarazioni sono devastanti. Ma ancora più devastante è la seconda parte delle rivelazioni. Subodorando come sarebbe andata a finire, la Segarra ha registrato molte delle conversazioni tra lei e i suoi superiori. Le 46 ore di registrazioni, distillate in un programma che raccomando caldamente a tutti ( dipingono un'immagine terribile, ma purtroppo familiare. Nonostante i suoi superiori apprezzino le qualità della Segarra (che oltre a una laurea in legge a Cornell vanta un master in francese a Columbia, e parla cinque lingue), cominciano a rimproverarla per il suo tono e il suo atteggiamento. «Non metto mai in dubbio la tua conoscenza e il tuo giudizio - afferma il suo superiore in una delle registrazioni - è come tu sei vista qui... Molte persone ti percepiscono come troppo tagliente, un po' rompiscatole». Ma in un mondo di persone che si girano dall'altra parte per non vedere, come si fa a fare il proprio dovere di supervisore senza essere taglienti e rompiscatole? Per esempio quando un dipendente di Goldman, la banca da lei supervisionata, afferma che «se un cliente è sufficientemente ricco, certe leggi di protezione del consumatore non si applicano», i suoi superiori cercano di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

18 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) convincerla a dichiarare di non aver sentito quella frase. Quando lei insiste, affermano che il dipendente di Goldman «non intendeva dirla» e fanno di tutto per escludere questa frase dai verbali dell'incontro. Dopo quest'episodio i «consigli» dei superiori della Segarra, tendono a diventare delle non tanto implicite minacce: «Devi cambiare rapidamente se vuoi avere successo qui dentro». Ma la Segarra non demorde. Scopre che Goldman non solo non ha una policy sul conflitto di interesse, non ha neppure una definizione di cosa sia il conflitto di interessi, nonostante le belle frasi contenute sulla pagina web. I superiori fanno di tutto per farle cambiare il suo report. Alla fine - quasi in lacrime - lei cede, ma - come Galileo di fronte all'inquisizione - afferma: «Ma tra questi quattro muri dichiaro che sono convinta che Goldman non abbia alcuna policy». Dopo pochi giorni viene licenziata. La storia ha un finale triste. Il suo licenziamento è un segnale fortissimo a tutti i dipendenti della Fed. Nonostante i suggerimenti del rapporto interno, chi dissente è isolato e poi espulso. Solo un eroe avrebbe il coraggio di continuare a fare il suo lavoro in modo corretto. Ma - diceva Bertold Bercht - «Felice il paese che non ha bisogno di eroi!». Speriamo che lo scandalo suscitato dalle rivelazioni delle conversazioni e del report possa cambiare la situazione. Ne va della stabilità del sistema finanziario di tutto il mondo. Questi episodi accadono nonostante una società americana che educa i bambini a speak up quando gli insegnanti sbagliano, che protegge i denunzianti civici, anzi li ricompensa profumatamente, che crea gli incentivi anche monetari per combattere per le ingiustizie (la Segarra ha chiesto $7 milioni di risarcimento alla Fed). A questo proposito, mi permetto un consiglio al governatore Ignazio Visco. Perché non assume la Segarra? Parla italiano (oltre che inglese, francese e tedesco). È esperta di supervisione. E la sua assunzione manderebbe un segnale chiaro che da noi la cultura della supervisione è diversa. RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: La sede. L'Head office della Federal Reserve Bank of New York, in 33 Liberty Street SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

19 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) RISCHIO MEDIAZIONI Al lavoro non serve una riforma annacquata Fabrizio Forquet La Carta sociale europea, non proprio un testo sacro della scuola austriaca, indica «il diritto dei lavoratori di non essere licenziati senza un valido motivo legato alle loro attitudini o alla loro condotta o basato sulle necessità di funzionamento dell'impresa, dello stabilimento o del servizio». E poco più avanti fissa «il diritto dei lavoratori licenziati senza un valido motivo, ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione». Non si parla dunque di reintegro, non si parla delle regole previste dall'articolo 18. La Carta sociale europea è quindi in violazione dei diritti fondamentali del lavoratori? Oppure, come è più probabile, sull'obbligo di reintegro si è incancrenita da anni in Italia un'astratta discussione ideologica che ha fatto perdere di vista quello che è diritto e quello che è tutela giuridica, quello che è un valore assoluto e quello che è norma storica legata a determinati assetti della produzione e del rapporto tra Stato, impresa e lavoro? Verrebbe da dire che l'aspro confronto nella direzione del Pd di ieri è stato ancora una volta ostaggio di quella ideologia del passato. Ma in realtà si è trattato per gran parte di un dibattito pretestuoso che, utilizzando una questione seria come la riforma del mercato del lavoro, ha avuto per oggetto la sfida sulla leadership di Matteo Renzi nel suo partito. In questo senso il premier può forse essere soddisfatto del voto ottenuto, con i 130 favorevoli e i soli 20 contrari. Ma quello che conta qui è altro. È dare all'italia una buona e vera riforma del mercato del lavoro, per dare una spinta agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro. Non serve una riforma tanto per farla. Serve, finalmente, una incisiva rivoluzione delle regole del lavoro, per dare certezza alle imprese ed equità ai lavoratori. La "vittoria" politica di Renzi, se c'è stata, rischia allora di avere un costo, che è quello di un annacquamento della riforma, a cominciare proprio dall'articolo 18. Fino a domenica scorsa la posizione di Renzi sembrava molto chiara: il reintegro deve restare solo per i casi di provata discriminazione. In tutte le altre situazioni meglio l'indennizzo monetario crescente con gli anni di durata del rapporto di lavoro. Ieri, invece, il reintegro è rispuntato per i casi di licenziamento disciplinare, riallargando il perimetro del 18, ma soprattutto ripristinando quell'incertezza nell'intervento del giudice che disincentiva l'impresa dall'usare il contratto a tempo indeterminato. È vero che nel dispositivo finale votato dalla direzione si parla di fissare le fattispecie relative ai licenziamenti disciplinari, ma qui si rischia di entrare in una vicenda già vissuta all'epoca della legge Fornero, quando l'intervento sull'articolo 18 fu progressivamente svuotato e reso di fatto inefficace. Non serve una riforma che nasce per cambiare tutto ma che poi cambia poco. Tanto più che anche sul lato delle regole in entrata, finora, non c'è stata chiarezza. Se si arriverà, alla fine, a un impercettibile miglioramento sui contratti a tempo indeterminato al costo di un irrigidimento significativo delle altre forme contrattuali più flessibili, allora il risultato per la creazione di posti di lavoro sarà negativo. È esattamente l'errore che fu fatto con la legge Fornero. Ripeterlo sarebbe un assurdo. Tanto più che il governo Renzi, al suo esordio, ha dimostrato piena consapevolezza del problema, eliminando gli irrigidimenti introdotti dalla Fornero sui contratti a tempo determinato. La precarietà non si riduce introducendo nuovi vincoli per tutti - così si alimenta solo il lavoro nero - ma rendendo davvero più conveniente il contratto a tempo indeterminato e, magari, prevedendo i giusti controlli contro gli abusi - che ci sono - sulle forme contrattuali più flessibili. Sono cose che il presidente del Consiglio conosce bene. Le ha affermate lui stesso in queste settimane, con tutta l'oratoria e la capacità di convincimento di cui è capace. Finora ha dimostrato un grande coraggio nell'affermare e nel portare avanti un cambiamento netto nel modo con cui a sinistra si guarda al rapporto tra capitale e lavoro. Ancora ieri non ha avuto timore nello sbattere in faccia ai suoi oppositori la realtà che gli imprenditori sono lavoratori e non "padroni". Perciò la sua riforma non può adesso smarrirsi nelle mediazioni e nelle contraddizioni. D'Alema, il suo avversario di ieri, a suo tempo lo fece, e dopo 15 anni siamo ancora qui SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

20 30/09/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) a parlare di articolo 18. Renzi ci faccia il regalo di non doverne discutere tra altri SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 30/09/

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