La Luce Luce incidente e luce riflessa

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1 La Luce La luce è il solo tipo di radiazione elettromagnetica a cui l'occhio umano è sensibile. Una simile radiazione va considerata nell'ambito di uno spettro continuo, che comprende oltre alla luce, onde radio, raggi x, raggi gamma e altre forme di energia radiante. Quello che caratterizza ciascuno di questi tipi di radiazione è la lunghezza d'onda, cioè la distanza che separa la cresta di un onda da quella di un'onda successiva: che può estendersi da diversi metri a meno di un milionesimo di millimetro. Solo le radiazioni visibili vengono definite come luce, mentre tutte le altre sono indicate semplicemente come radiazioni. Le radiazioni visibili si trovano nella ristretta gamma di lunghezze d'onda che va da 400 nm a 700 nm circa (il nanometro è un sottomultiplo del metro, ed è un'unità di misura della lunghezza nel Sistema Internazionale e nel Sistema Tecnico. Un nanometro corrisponde a dieci alla meno nove metri, cioè un milionesimo di millimetro). All'interno di questa fascia, la lunghezza d'onda determina il colore della luce percepita dall'occhio umano, a cominciare dal viola, in corrispondenza delle lunghezze d'onda più corte, per proseguire in ordine crescente, con il blu, il verde, il giallo, e il rosso. Oltre il limite estremo della zona rossa dello spettro visibile si trova quella invisibile dell'infrarosso, mentre le lunghezze d'onda più corte di quelle viola, ugualmente invisibili, sono chiamate ultraviolette. Sia le radiazioni ultraviolette sia quelle infrarosse, ma anche altri tipi di radiazioni (come i raggi X), possono impressionare la maggior parte delle emulsioni fotografiche. (vedere figura 1) Luce incidente e luce riflessa Quando la luce colpisce una superficie può essere da questa trasmessa (cioè può attraversarla), oppure essere assorbita o riflessa. Se la materia di cui la superficie è composta è trasparente come il vetro di una finestra, la maggior parte della luce verrà trasmessa; diversamente, una parte andrà inevitabilmente persa con la riflessione e l'assorbimento; un materiale traslucido come il plexiglas bianco o la carta velina, ha una capacità di trasmissione molto bassa e diffonde la luce che lo colpisce, mentre una superficie opaca trasmette solo radiazioni non visibili. La quantità di luce che viene trasmessa, assorbita o riflessa, è sovente una funzione della lunghezza d'onda; se alcune lunghezze d'onda vengono trasmesse o riflesse da un oggetto in quantità maggiori rispetto ad altre, noi percepiamo un determinato colore per quell'oggetto. (vedere figura 2)

2 Luce incidente Gli oggetti che noi vediamo sono illuminati dalla luce incidente che proviene dal sole e dal cielo, oppure da sorgenti di luce artificiale. La luce incidente, o illuminamento, può essere misurata in foot-candle (il foot-candle è un'unità di misura dell'intensità luminosa utilizzata negli Stati Uniti, si riferisce all'illuminazione prodotta da una candela standard posta alla distanza di un piede, circa 30, 48 cm da una superficie). Uno dei sistemi impiegati per determinare l'esposizione di una fotografia, è quello di misurare la quantità di luce che colpisce un soggetto servendosi di un esposimetro a luce incidente. Questi strumenti dispongono di un diffusore a semisfera o di un disco che copre la fotocellula allo scopo di fare la media di tutta la luce che la colpisce. L'esposimetro a luce incidente va posto in corrispondenza del soggetto, e di solito, viene orientato in direzione della fotocamera, in modo da consentire, con un'unica lettura, la valutazione di tutta la luce che va a colpire il soggetto da fotografare, qualunque sia la sua provenienza. Luce riflessa La maggior parte delle fotografie viene eseguita misurando la luce riflessa dal soggetto, piuttosto che quella che lo va a colpire. L'approccio con la fotografia comporta il controllo del rapporto che intercorre fra le luminanze (come luce riflessa) del soggetto e i valori con i quali si intende rappresentare quelle stesse zone sulla stampa. Utilizzando un esposimetro a luce incidente si tralascia del tutto di misurare la luce che viene effettivamente riflessa dal soggetto e che va a formare l'immagine sulla pellicola, e questo limita in misura notevole la possibilità di intervenire individualmente su determinate aree e di effettuare quanto è necessario per ottenere immagini creative. Al contrario, un'attenta valutazione della luce riflessa favorisce un tipo di approccio molto più positivo. L'unità di misura della luminanza di una zona del soggetto, viene espressa in un 'unità di candle-per-square-foot (l'espressione di candle-per-square-foot, deriva dall'unità di misura dell foot candle relative alla luce incidente: se 100 footcandle colpiscono una superficie che le diffonde con una riflettanza del 50%, verranno riflessi 50 foot-lambert, dividendo questa unità per pi greco (3, 1416) risultano all'incirca 16 candele per piede quadrato). La luminanza complessiva di una superficie è determinata dalla quantità di luce incidente e dalla sua proprietà di riflessione, cioè dal suo grado di riflettanza (vedere figura 3). La riflettanza di una sostanza viene espressa in una percentuale indicante la porzione di luce incidente che viene riflessa dallo stesso materiale. E' a causa della riflettanza che noi percepiamo alcuni oggetti come bianchi e altri come neri, indipendentemente dal fatto siano illuminati da una brillante luce diurna

3 o da una luce debole. Un materiale di un nero intenso può riflettere meno del 2% della luce che lo colpisce, mentre una sostanza bianca può rifletterne più del 95%; nessun materiale, tuttavia, ha un indice di riflettanza del 100%, in quanto una certa percentuale di luce, anche minima, viene comunque persa a causa dell'assorbimento e della diffusione. In condizioni di luce incidente uniforme la gamma di luminanza di un soggetto è determinata dalla gamma di riflettanze che, come precisato sopra, può andare da meno del 2% a oltre il 95%. Va osservato che il rapporto fra questi due valori è all'incirca di 1:50. e questo è pressappoco il rapporto di luminanza massimo possibile per superfici uniformemente illuminate se la luce incidente è assolutamente omogenea. La maggior parte dei soggetti, tuttavia, comprende anche zone d'ombra, e l'effettiva gamma di luminanze con cui comunemente ci si trova a fare i conti è molto più elevata. Se per esempio, un materiale intensamente nero si trovasse anche in ombra e ricevesse solo su un quarto della sua superficie totale una luce incidente proveniente da una superficie bianca brillante, la gamma totale delle luminanze sarebbe di ¼:50, o di 1:200. Abbiamo già accennato che una stampa può avere una gamma massima di riflettanze di circa 1:100, ma se si tiene conto che un soggetto può rappresentare un rapporto di brillantezza di 1:200 o superiore, ci si convincerà che in nessun caso si potrà avere una trascrizione letterale delle riflettanze utilizzando la più limitata scala della carta da stampa. Una scena in esterni con alti contrasti può avere un rapporto di luminanza di diverse migliaia a uno, e può richiedere l'impiego di speciali accorgimenti per poter essere riprodotta in fotografia con un buon esito. Inoltre, occorre tener presente che mentre la luminanza è una quantità assoluta, la nostra soggettiva interpretazione delle superfici riflettenti, basata sulla loro apparente brillantezza, è parimenti importante in fotografia. Un'interessante dimostrazione di questo fenomeno la si può avere in questo modo: prendete diversi pezzi di carta bianca identici e poneteli a distanze progressivamente sempre più grandi da una sorgente di luce, ad esempio una piccola finestra in una grande stanza. Per chiarire il procedimento, immaginate che i fogli siano posti a 1, 2, 3, e 4 m dalla finestra. Le relative, effettive luminanze saranno di 1, ¼, 1/9 e 1/16 (in relazione alla Legge Fisica dell'inverso del Quadrato della distanza che dice: l'intensità di una luce su una superficie è inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra la sorgente di luce e la superficie. Cosicché, se si raddoppia la distanza, l'intensità della luce diminuisce a un quarto del suo valore originario), benché questi valori possano risultare leggermente diversi a causa di riflessioni interne alla stanza. Mettendovi accanto alla finestra, osserverete che il foglio più vicino è il più luminoso, mentre il più distante appare della tonalità di grigio più scura. Se vi allontanate dalla finestra fino a raggiungere il secondo foglio, dopo pochi istanti, necessari all'occhio per adattarsi, questo vi apparirà bianco, e ora voi vorrete che questo foglio risulti bianco sulla fotografia. Parimenti osservando il terzo e il quarto foglio, il vostro occhio si regolerà in modo da percepire il terzo come bianco e il quarto come grigio chiaro. Infine, naturalmente, il quarto

4 foglio, se osservato da solo, apparirà come bianco. Il nostro occhio, cioè il processo della visione che nasce dall'occhio e viene codificato dal cervello, si adatta a queste modifiche di luminanza, e il fatto di sapere a priori che il materiale osservato è bianco influisce sulla nostra percezione della sua effettiva luminanza. Un'altra efficace verifica la si ha esaminando in esterni un soggetto in cui siano presenti una vasta gamma di luci e di ombre. In presenza di contrasti molto elevati, se paragonate alle zone brillantemente illuminate quelle in ombra sembrano avere una luminanza ridotta e bassi contrasti interni. L'occhio esegue queste valutazioni automaticamente, regolando la percezione dei limiti estremi alla luminanza media dell'intera scena. Tuttavia, provate a guardare le zone in ombra circoscrivendole per mezzo di un tubo nero, di lunghezza sufficiente a escludere le zone chiare; immediatamente le aree scure riveleranno un'elevata luminosità e un imprevisto contrasto, mentre appariranno visibili forme e strutture simili a quelle che vedreste se vi trovaste all'interno della zona in ombra. Quello che stiamo vedendo attraverso il tubo è il mondo luminoso di quella zona. Riflessione diffusa e speculare La luce riflessa ha di solito la caratteristica di essere diffusa, il che significa che i riflessi provenienti da una superficie uniforme o finemente lavorata riverberano in misura pressochè uguale in tutte le direzioni. Le superfici lucide, come quelle degli specchi forniscono invece riflessi speculari, il che significa che la maggior parte della luce della sorgente viene riflessa in un raggio. Il riverbero della luce solare sulla cromatura di un automobile è un esempio, ma in natura si verificano casi meno estremi, e sono molte le superfici che presentano allo stesso tempo entrambi i tipi di riflessione: diffusa e speculare. Ogni superficie che appare lucida, come quella di certe foglie o rocce o specchi d'acqua, può produrre alte luci speculari, come quelle determinate da sostanze cristalline come il ghiaccio, la sabbia o la neve. Poiché tutti questi scintilii rappresentano riflessioni dirette dalla sorgente di luce, sono molto più luminose rispetto alle zone diffuse, e possono quindi provocare una sensazione di maggiore brillantezza ad una fotografia. Se gli elementi speculari non sono molto estesi, i riflessi diffusi e quelli speculari si sommano in modo da fornire una lettura dell'esposimetro basata su un valore di luminanza medio e diffuso. Nella misurazione della luce è comunque meglio, in pratica, cercare di dirigere l'esposimetro verso zone che non presentano forti scintilli. Quella che noi definiamo luce è di solito una miscela di radiazioni di differenti lunghezze d'onda, all'interno dello spettro visibile. La luce bianca è composta dalla somma di tutti i colori dello spettro; occorre tuttavia dire che sono molto differenti fra di loro le miscele che vengono percepite dall'occhio come bianco. Per esempio, la luce proveniente da un cielo blu contiene una maggior quantità di luce rispetto a quella fornita dal sole o da una normale sistema di

5 illuminazione per interni, ma, grazie all'opera di adattamento che occhio e cervello compiono, noi possiamo percepirla in ogni caso come bianca. Questa è un'attitudine fisiologica complessa e profonda che non ha corrispondenza in fotografia: le pellicole a colori registrano la luce proveniente da una lampada al tungsteno in tonalità calde, se paragonate a quelle della luce diurna. Le differenze nel colore della luce possono causare uno slittamento nei valori dell'immagine e modificare i risultati nell'uso dei filtri colorati anche con le pellicole in bianco e nero. Quando la luce viene riflessa, superfici bianche o grigie effettivamente neutre non modificano la distribuzione delle lunghezze d'onda presenti nella luce incidente. La maggior parte dei materiali, tuttavia, non è neutra, e tende a riflettere alcune lunghezze più di altre, assumendo così il colore che viene riflesso in misura maggiore. Una superficie che ha anche solo una leggera tendenza a favorire una lunghezza d'onda in riflessione apparirà bianca o grigia con una leggera dominante di colore. E' questo il caso di materiali come la gomma, utilizzati in studio per composizioni fotografiche, che in fotografia sono spesso resi con toni tendenti al verde. Un'altra superficie, che riflette una più elevata proporzione di una determinata lunghezza d'onda e assorbe le altre, offrirà all'occhio colori più vividi: una maggiore saturazione di colore. Un tessuto di tweed può servire da esempio: se il tessuto è prevalentemente composto da fibre grigie, con pochi fili blu, esso apparirà grigio con soltanto una leggera tendenza verso il blu. Aumentando la quantità di fili blu, il blu del tessuto apparirà sempre più saturo. La maggior parte dei colori che troviamo in natura hanno un livello di saturazione cromatica relativamente basso, ma determinati pigmenti artificiali possono rappresentare colori quasi puri, privi di sfumature parassite. (vedere figura 4)

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