Identificazioni alienanti, patogene e/o che fanno impazzire a cura di Jorge García Badaracco *

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1 Identificazioni alienanti, patogene e/o che fanno impazzire a cura di Jorge García Badaracco * Vorremmo cominciare con un avvertimento. Sebbene la definizione dei concetti è imprescindibile, in psicoanalisi, a causa della natura stessa della mente, la definizione concettuale contiene in sé il pericolo di alterare la natura dei fenomeni che studiamo. Perciò il concetto di identificazione che nasce dalla pura definizione del termine non rispecchia adeguatamente la ricchezza potenziale di questi fenomeni, sia al fine di comprendere la dinamica intrapschica sia per permetterci di cogliere la dinamica interpersonale. L uso che Freud fece di questo termine nel corso della sua opera deve essere messo in relazione con l intera opera di Freud. È utile non alterare il suo vero messaggio ricorrendo solamente ad aspetti parziali. Non si devono prendere le identificazioni come eventi consumati una volta per tutte o per sempre. È importante considerarle come elementi vivi dentro ciascun essere umano. Mentre la pratica clinica psicoanalitica mette in evidenza l importanza dei meccanismi di identificazioni per comprendere molti aspetti della patologia mentale, la teoria psicoanalitica non sembra aver raggiunto ulteriori approfondimenti. La nozione di identificazione patogena è una idea relativamente nuova in psicoanalisi e per poterla comprendere dobbiamo ampliare la nozione classica di identificazione, che servirà di contesto per permetterci di comprendere il potere patogeno di questa classe di identificazioni. Queste considerazioni applicabili alla psicoanalisi in generale ci chiedono tuttavia una maggiore attenzione nel trattamento di pazienti gravi con i quali l analista si trova incluso in un campo psicologico ove avranno luogo fenomeni di varia natura, che per molti aspetti, eccedono il conosciuto nel lavoro psicoanalitico classico. Per affrontare queste difficoltà abbiamo coniato il termine di identificazione patogena che ci permette di pensare e lavorare su taluni di questi fenomeni. Vi sono fenomeni che sfidano da sempre la psicoanalisi: il transfert psicotico e l identificazione proiettiva massiccia, l emergere di materiale scisso, gli agiti di transfert, l attualizzarsi dentro o fuori della seduta di svariati climi emozionali, persecutori melanconici o deliranti, rispetto ai quali l analista si sentirà invaso e sopraffatto. L analista sente che le parole del paziente non provengono da lui stesso. Proverà così facilmente momenti contraddittori o di intenso dubbio a causa dei quali si vedrà forzato a ricorrere alla teoria per dare ordine al caos, anche se questa strategia spesso non darà alcun risultato. Si sentirà talora spinto a contro-agire il controtransfert e cercherà di controllare i suoi impulsi. Con dolore e preoccupazione vedrà che le inter- hllgfhf Interazioni, 2/2004 pretazioni tradizionali spesso non alleviano ma aumentano il dolore dentro il paziente, senza portare ad alcun insight positivo. Confrontato con queste difficoltà, tra le altre, si avvierà su una strada cercando di lasciarsi condurre dal paziente, nel tentativo di ricostruire a partire da se stesso a quale situazione vitale può corrispondere quello che sta dicendo, o quello che sta sentendo, quale contesto significativo possiamo ricostruire a partire da un se stesso virtuale, anche se non sviluppato, qual è il luogo che l analista in questo contesto può occupare, e quale funzione terapeutica può sviluppare a partire da lì. Esisterà sempre come è ovvio il

2 pericolo di una contro-identificazione patologica che potrà perturbare o bloccare il processo psicoanalitico. Identificazioni e intersoggettività Su una base di una intersoggettività anonima comune a tutti gli uomini caratteristica della condizione umana, l essere psichico nasce e si sviluppa entro una matrice di intersoggettività privata nella quale le identificazioni giocano un ruolo preponderante (Hesnard, 1957). L identificazione è il primo vincolo strutturato dell individuo con i suoi simili. L intersoggettività prepara strutturalmente il soggetto, apparendo per primo nell altro e rivelandogli contemporaneamente la sua propria esistenza. Il soggetto scopre se stesso identificandosi per primo con l altro e poi identificandosi allo stesso. Talora non prende coscienza di se stesso se non alienandosi per primo nell altro. C è un consenso generale che l identificazione è uno dei processi di base della strutturazione della personalità e una delle pietre angolari della teoria psicoanalitica. I processi identificatori sono presenti fin dallo sviluppo mentale precoce e, come sosteneva Freud, costituiscono la forma più primitiva del legame affettivo con gli altri. Sono essenziali alla organizzazione dell Io nelle sue differenti tappe, canalizzano in molti aspetti le vicissitudini della libido, contribuiscono all elaborazione e alla risoluzione del complesso di Edipo, alla formazione del Super-Io e dell Ideale dell Io, e intervengono nella strutturazione definitiva dell apparato psichico del carattere e della identità. Intervengono, altresì, nei meccanismi della elaborazione onirica, nelle fantasie inconsce e nei sogni diurni e nella formazione dei sintomi. Giocano anche un ruolo importante nell empatia, nell apprendimento della capacità di pensare, nello sviluppo della simbolizzazione del linguaggio e della creatività. Il Super-Io e i meccanismi di identificazione reciproca consolidano l integrazione dell individuo all interno della società. L individuo è portatore di pattern culturali determinati e assicura la trasmissione e continuità degli stessi attraverso le generazioni. Sebbene è impossibile contattare come tali le prime fasi dello sviluppo, a causa del processo di rimozione primaria che instaura l amnesia infantile, le identificazioni che si collocano in questa fase della vita si conservano nelle tracce mnestiche inconsce e si attualizzano nei contenuti mentali che chiameremo rappresentazioni (Freud), fantasie inconsce (M. Klein), oggetti interni (M. Klein e Fairbairn) fantasmi di identificaticazione (A. De Mijolla). Essi reincarnano e prendono una nuova vita dentro di noi, in nuovi scenari, nei sogni, nelle fantasie diurne, nei pensieri, negli atti, nei sintomi etc. La capacità di elaborare conflitti dipenderà dalle caratteristiche del funzionamento mentale messo in atto per processare questi conflitti. Però queste caratteristiche a loro volta dipenderanno, in gran parte, dalle caratteristiche del funzionamento mentale degli oggetti parentali che incorporiamo per identificazione e che nella patologia mentale grave giocano un ruolo fondamentale come presenze alienanti o che fanno impazzire che impediscono la risoluzione dei conflitti. Deficit delle autentiche risorse dell Io

3 L attività mentale può avere due destini. Quando i fantasmi identificatori (De Mijolla, 1986) servono per crescere e svilupparsi, o a formare il proprio Io, questa attività serve per lo sviluppo del pensiero simbolico. Quando invece i fantasmi identificatori sono contenuti psichici che non possono essere mentalizzati, rimangono tali con una qualità compulsiva e sono vissuti come corpi estranei che devono essere mantenuti scissi dal normale processo associativo. Durante la vita di ogni essere umano i processi identificatori possono apportare elementi positivi per lo sviluppo della personalità o, al contrario, condizionare incorporazioni negative che contribuiscono a configurare strutture patologiche. In altre parole, nei processi identificatori possiamo differenziare qualità normogeniche e patogeniche. Alla nascita l essere umano è indifeso, ha bisogno di assistenza. Tende a simbiotizzarsi con un altro al fine di utilizzare le sue risorse egoiche come se fossero le proprie, e ha bisogno che l altro indovini e riconosca le sue necessità di soggetto in modo che possa assisterlo adeguatamente, possibilmente evitando esperienze traumatiche (García Badaracco, 1988). Riguardo all oggetto, c è una tendenza nella letteratura psicoanalitica a vedere l oggetto gratificante come buono e l oggetto frustrante come cattivo. A nostro avviso, l essere buono o cattivo di uno oggetto dipende molto di più dalla sua capacità di dare assistenza all Io debole e immaturo. L oggetto buono sarà quello che, per la sua funzione strutturante, offre le condizioni affinché una esperienza frustrante sia tollerabile e un esperienza di soddisfazione possa essere limitata. L oggetto cattivo sarà quello che a causa delle sue condizioni di mancanza o di carenza, non può apportare questi elementi indispensabili e, al contrario, si comporta come un amplificatore di frustrazioni, di invidie e di odi primitivi. Questo si collega con le caratteristiche dell oggetto che fa impazzire (García Badaracco, 1985, 2005). Le identificazioni che promuovono la normale strutturazione dell apparato psichico contribuiscono allo sviluppo delle risorse egoiche, che serviranno a far fronte ai conflitti mentali con cui l essere umano è chiamato a confrontarsi nel corso della sua vita. Quando le identificazioni si collocano dentro un vincolo simbiotico sano, in una relazione di dipendenza, il figlio può utilizzare le figure genitoriali come parti di se stesso sviluppando attraverso identificazioni strutturanti risorse egoiche dei suoi genitori risorse egoiche proprie. In queste condizioni i genitori sostengono di continuo l Io spontaneo immaturo che sta facendo nuove esperienze. In questo processo di crescita psicologica, le interazioni si realizzano in gran parte in una forma di gioco, creativa e reversibile. Il bambino in crescita può giocare le sue identificazioni in un processo di tentativi ed errori che configurano un apprendimento. Identificazioni strutturanti e identificazioni alienanti Nelle identificazioni strutturanti si giocano meccanismi di assimilazione di accomodamento tra il soggetto e l oggetto della relazione oggettuale mediante i quali si arricchisce lo scambio che diventa ogni volta più creativo mano a mano che il tempo passa. Dalla dipendenza si va così passando lentamente a un interdipendenza reciproca sana ogni volta più ricca, all interno di un vincolo dove ogni volta di più appare la

4 dimensione intersoggettiva che, simultaneamente, consente la differenziazione Io/non Io, come la distinzione tra l Io e l altro. Dalla simbiosi primitiva, attraverso un processo di de-simbiotizzazione, si arriva ad una crescente individuazione e autonomia. Dalla tappa dell illusione passando attraverso la disillusione si giunge, grazie alla creatività ad una relazione più realistica con l oggetto. Se al posto di questo processo il soggetto ottiene una sviluppo precario di se stesso, a causa della carenza delle risorse egoiche dell oggetto la sua identità povera lo obbligherà a ricorrere ai legami patogeni introiettati come modo di modulare l angoscia di autodistruzione o disintegrazione dalla quale si sentirà minacciato. Questa identificazione sarà, quindi, una specie di salvavita. Discuterò quindi il mio concetto di identificazione patogena. Essa consisterà in un identificazione che incorpora elementi che agiranno come una presenza invadente ed esigente obbligando ad una ristrutturazione e ad una sottomissione delle restanti funzioni mentali a causa di questa presenza. In questi casi troveremo sempre una storia di situazioni traumatiche e di intensa sofferenza psichica. Si strutturano legami asfissianti per la spontaneità del soggetto che generano sottomissione e paralisi a causa dei meccanismi di introiezione e di identificazione introiettiva. Tali meccanismi sembrano prodursi grazie all invasione in un Io fragile e immaturo che non può difendersi e perciò si vede costretto a trasformarsi nell altro, rinunciando alla sua propria identità. Questa identificazione sarà perciò alienante, poiché l Io è stato rimpiazzato da un oggetto estraneo che si è impossessato di lui e lo ha sottomesso alla sua arbitraria autorità. Le identificazioni alienanti descritte da Haydée Faimberg (1981, 1985) coincidono in gran parte con alcuni dei concetti che sviluppo in questo lavoro. In particolare mi pare importante l analisi della re-interpretazione narcisistica che il paziente opera dell interpretazione dell analista, re-interpretazione che spesso annulla il possibile effetto terapeutico di queste costituendo una delle resistenze più difficili da superare. Rispetto alla sviluppo, tali identificazioni patologiche restano dissociate e si organizzano come parti scisse della mente, come oggetti interni che fanno impazzire, che entrano a far parte di un inconscio scisso come affermava Freud e che devono essere mantenuti sotto controllo da imponenti meccanismi di difesa. Tutto ciò determina un continuo logorio delle energie necessarie a strutturare l apparato psichico. Questi precursori sadici e patologici del Super-Io impediscono infatti la strutturazione definitiva dell apparato psichico di cui ci parla Freud (1924) nel lavoro Il tramonto [Untergang] del complesso edipico (García Badaracco e Zemborain, 1979). La presenza di questi oggetti interni che fanno impazzire obbliga ad strutturare organizzazioni mentali patologiche per acquisire un equilibrio instabile, che tuttavia sarà così continuamente minacciato dall interno e dall esterno. In queste circostanze, i precursori dell Io, propriamente detto, non si possono strutturare sulla base della sua spontaneità e delle esperienze con il mondo esterno. Paralizzato davanti a altre istanze e di fronte alla realtà esterna, l Io è obbligato a ricorrere a identificazioni mimetiche con differenti aspetti delle figure parentali che andranno ad alimentare il Super-Io, senza poter sviluppare un sé autonomo. Si costituisce così un circolo vizioso. Rispetto a un minor numero identificazioni egoiche strutturanti e a un maggior numero di identificazioni superegoiche minaccianti ci sarà una minore possibilità di acquisire una vera identità che includa un sé con una capacità di intimità personale e con la capacità di esser solo (Winnicott, 1958).

5 Il soggetto esisterà così solamente grazie a identificazioni alienanti. La personalità come sé costituisce un prototipo di questa struttura. In tutte le patologie incontriamo una dimensione come sé, sottostante alla patologia manifesta che potrà essere elaborata psicoanaliticamente nel processo terapeutico. Sarà importante perciò conoscere quali sono i fattori nella storia di ognuno che abbiano determinato il formarsi di identificazioni strutturanti o alienanti. Per alienante intendo quelle identificazioni caratterizzate dalla presenza dell altro dentro il sé. In particolare in queste situazioni, le figure parentali invece di fornire la possibilità che il soggetto sia se stesso, in realtà lo hanno invaso, parassitato, abitato e hanno occupato il posto del sé impedendogli di essere il padrone della propria vita e condizionandolo a vivere la vita alla maniera dell altro, in riferimento all altro, come propaggine dell altro sia nella realtà esterna che in quella interna. La vera natura delle identificazioni patogene può essere compresa dall analista a partire dal proprio controtransfert nel processo analitico che implicherà necessariamente processi di dis-identificazione con lo scopo di ottenere la dissoluzione di questo potere patologico. La dis-identificazione nel processo analitico Il processo di dis-identificazione si presenta sempre come qualcosa di doloroso ed è vissuto come pericoloso. Essendo l identità molto legata alla identificazione, si possono sperimentare sensazioni di dis-organizzazione e di de-personalizzazione, angosce senza nome, stati confusionali e angosce di morte e di follia. Il paziente ha la sensazione di essere vuoto. Abituato a convivere con queste identificazioni asfissianti all interno del suo apparato psichico, [il paziente] comincia a sentire un sentimento di solitudine ed estraneità, come se non sapesse realmente chi è. A volte, la sensazione di sentirsi indifeso può diventare intollerabile. L analista percepisce allora perché quella persona, da una parte venuta in analisi per curarsi, dall altra sta evitando, negando e preservando quelle identificazioni che sente come vitali. Inoltre, molte volte la perdita è vissuta come infedeltà a quegli oggetti primari tanto amati e necessari. Il lavoro analitico sulle identificazioni patogene ci fa rivivere come analisti la riattivazione della situazione traumatica come un trauma psichico in un vincolo narcisista. Alcuni autori tentano di comprendere il vincolo narcisista a partire dalle identificazioni proiettive del paziente sull analista. Ma nel lavoro analitico ricostruiamo che in questo dramma narcistico, si tratta più del narcisismo della madre (o del padre) che del narcisismo del bambino, che si è visto così sottomesso al deficit della funzione genitoriale. Per poter comprendere come questi interscambi in un vincolo narcisista lascino segni, per così dire, indelebili, come psicoanalisti dobbiamo cercare di visualizzarli nello scenario di un contesto familiare (dimensione familiare della psicoanalisi), dove non solo tenteremo di vedere gli agiti del soggetto, ma anche gli sviluppi che ha ottenuto e ottiene dagli oggetti. Pensiamo che con queste impostazioni siamo nelle migliori condizioni per trattare psicoanaliticamente il problema delle identificazioni patogene, in particolare in quei casi di patologia mentale grave. Quando la difficoltà di elaborare un conflitto è strettamente connessa con la compulsione a ripetere, e perciò a una identificazione

6 patogena della situazione traumatica attraverso cui il soggetto riafferma la sua identità, questa forma di funzionamento mentale è una trappola patologica e patogena. Il processo analitico tenderà perciò a realizzarsi sempre in un successivo alternarsi di momenti di elaborazione interpretativa, fasi di dis-identificazione e di sviluppo di nuove risorse egoiche, di processi di elaborazione e di risoluzione dei conflitti. Vi sono dei conflitti che non si risolveranno se l analista non cerca di ottenere che il paziente si confronti con essi. Se egli stesso sta funzione come un altro, starà sempre nascosto dietro una identificazione che dovrà essere smascherata in una fase precedente affinché possa ottenersi un processo genuino e autentico. Bibliografia (1) de Mijolla A. (1986), Les visiteurs du moi, Société d Édition Les Belles Lettres, Paris. (2) Faimberg H. (1981), Une des difficultés de l analyse: la reconnaissance de l altérité, Revue Française de Psychanalyse, 45, (3) Faimberg H. (1985), El telescopaje de generaciones: la genealogía de ciertas identificaciones, Revista de Psicoanálisis, XLII: 5. (4) Freud S. (1924), Il tramonto del complesso edipico, in OSF, 10, Boringhieri, Torino (The Dissolution of the Oedipus Complex, The Standard Edition of the Complete Psychological Works, Hogarth, Londres, 1974, Tomo 19). (5) García Badaracco J.E. (1985), Identificación y sus vicisitudes en las psicosis. La importancia del concepto de objeto enloquecedor, Revista de Psicoanálisis, XLII: 3, (Identification and its vicissitudes in the psychoses. The importance of the concept of the maddening object, IJPA, 1986, 67, ). (6) García Badaracco J.E. (1988), Diagnóstico de las identificaciones patógenas y los déficit de recursos yoicos, in Diagnóstico en psiquiatría, Salvat, Buenos Aires, capítulo 48. (7) García Badaracco J.E. (2005), Demonios de la mente, EUDEBA, Buenos Aires. (8) García Badaracco J.E., Zemborain E. (1979), El complejo de Edipo a la luz de la experiencia clínica con pacientes psicóticos, Revista Uruguaya de Psicoanálisis, 59, (9) Hesnard A. (1957), Psychanalyse du lien interhumain, Presses Universitaires de France, Paris. (10) Winnicott D.W. (1958), Collected Papers, Basic Books, New York. Note * Psicoanalista con funzioni di training e già presidente della Società Psicoanalitica Argentina, direttore della clinica psichiatrica ad orientamento psicoanalitico DITEM di Buenos Aires, professore presso la Facoltà di Medicina dell Università di Buenos Aires.

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