IL FONDO DI CREDITO DIRETTO (DIRECT LENDING FUND)

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1 IL FONDO DI CREDITO DIRETTO (DIRECT LENDING FUND) MASSIMO BIASIN e MAURIZIO SCIUTO 1 Sommario: Premessa SEZIONE I PROFILI GIURIDICI 1.Il fondo di credito fra normativa vigente e previgente. 2. La nuova normativa secondaria. Quale tipo di fondo per il credito diretto? 2.1 Ammissibilità di un FIA di credito diretto, puro o misto Focalizzazione della presente analisi sui fondi comuni di investimento 2.3 La natura chiusa del fondo di credito 2.4 Fondi di credito non riservati 2.5 Fondi di credito riservati 3. Specificità del FIA di credito diretto rispetto ad altri nuovi veicoli di credito diretto alternativo a quello bancario 3.1 Gli altri veicoli di credito diretto alternativo 3.2. Società assicurative e SACE 3.3 Società di cartolarizzazione 3.4 Specificità del fondo di credito diretto 3.5. Interferenze con le attività riservate a banche e intermediari ex art. 106 t.u.b. 4. L operatività del fondo di credito diretto 4.1 Le forme tecniche dell attività di finanziamento del Fia: applicabilità della disciplina sulla trasparenza bancaria e tendenziale assimilazione delle fattispecie Compiti del depositario 5. Scarti disciplinari e vantaggi competitivi del fondo di credito diretto (soprattutto se riservato) 6. I fondi di minibond (profili normativi) SEZIONE II PROFILI ECONOMICI 7. Fondi di credito e fondi di minibond in una prospettiva economica 8. Elementi di differenziazione tra fondi di credito e di minibond 9. Archetipo operativo dei fondi di credito e implicazioni regolamentari 10. Profili di costo e rendimento dell investimento in crediti 11. Fattori di criticità potenziale associati all operatività e regolamentazione dei credit funds 12. Cooperazione con banche o intermediari finanziari (cd. servicing)? 12.1 Profili economici 12.2 Profili normativi: «esternalizzazione» delle funzioni e possibili conflitti di interesse 13. Altri possibili conflitti di interessi Premessa È noto come la propensione del legislatore italiano a favorire l ampliamento dei canali di finanziamento non bancario alle imprese sia in atto, su larga scala, almeno a partire dalla riforma organica del diritto delle società di capitali del 2003, essendo poi proseguita, in un contesto di sempre più acuta stretta del credito bancario, attraverso la previsione di nuovi strumenti di finanziamento pur sempre cartolarizzato come quello dei cd. minibond. Una tale propensione ha marcato però un salto qualitativo nel momento in cui si è espansa verso un ambito, come quello dell erogazione diretta del credito, tradizionalmente oggetto di riserva a favore di banche o di altri intermediari finanziari regolati dal Testo Unico Bancario 2. Così introducendo (non importa ora se l animo del legislatore fosse ispirato da 1 Sebbene frutto di riflessione comune, i paragrafi da 1 a 6 nonché 12 e 12.2 sono attribuibili a Maurizio Sciuto, i paragrafi da 7 a 11 e 12.1 a Massimo Biasin. La Premessa e il paragrafo 13 sono stati condivisi dagli autori. Lo scritto è destinato ad un volume di Assogestioni dal titolo Profili evolutivi della disciplina sulla gestione collettiva del risparmio, a cura di R. D Apice, di prossima pubblicazione. 2 D. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, e d ora in avanti citato come: t.u.b.. 1

2 una visione di ampio respiro o spinto soltanto dall emergenza economica a concedere maggiori spazi al cd. «shadow banking») un elemento di possibile riconfigurazione sistematica dell ordinamento finanziario. E comunque ponendo, sin d ora, l esigenza di alcuni coordinamenti applicativi. In particolare, i fondi di credito diretto (nella terminologia anglosassone: direct lending funds, o credit funds in senso stretto) e di minibond (insieme ai primi indicati, più genericamente, come credit funds in senso lato) descrivono una forma di finanza non bancaria ammessa di recente nel nostro ordinamento (la prima) ovvero novellata negli ultimi anni (la seconda), funzionale allo sviluppo di operatori specializzati capaci di affiancare l intermediazione tradizionale, in primis bancaria, nell offerta di capitale, variamente declinato, alle imprese e alle piccole e medie imprese (PMI), più specificatamente. In tale contesto, il presente capitolo propone una disamina sia giuridica che economica delle caratteristiche istituzionali e operative di investimento del fondo di credito diretto anche in rapporto ai profili differenziali e innovativi rispetto al più tradizionale fondo di minibond funzionale a delinearne i principali elementi di favore, ma anche di criticità. In particolare, l analisi si concentra sui fondi di credito diretto in ragione dei tratti maggiormente innovativi che li caratterizzano e del potenziale ruolo che essi potrebbero svolgere nel contesto industriale italiano, contraddistinto dal peso delle piccole e medie imprese per le quali l offerta di strumenti di debito cartolari, quali i minibond, anche se più semplici e meno strutturati rispetto alle forme obbligazionarie tradizionali, potrebbe comunque risultare eccessivamente sofisticata e costosa. SEZIONE I PROFILI GIURIDICI 1 Il fondo di credito fra normativa vigente e previgente. L art. 22, comma 5, del d.l. 91/2014 3, ha modificato l art. 1, comma 1, lett. k), t.u.f. 4, introducendo una nuova definizione degli Organismi di n D.l. 24 giugno 2014, n. 91 (cd. decreto sviluppo), convertito con modifiche dalla l. 11 agosto 2014, 2

3 tinvestimento Collettivo (Oicr), descrivendoli come «organismi. il cui patrimonio è ( ) investito in strumenti finanziari ( ), crediti, inclusi quelli erogati a valere sul patrimonio dell Oicr, partecipazioni o altri beni mobili o immobili». Il d.l. 14 febbraio 2016, n. 18 5, ha integrato poi tale definizione precisando che i crediti così erogati potranno esserlo solo a favore di soggetti diversi dai consumatori ; e introducendo un nuovo Capo IIquinquies rubricato Oicr di credito, comprendente gli artt. da 46-bis a 46-quater t.u.f., il primo dei quali rubricato Erogazione diretta di credito da parte di FIA italiani ribadisce che I FIA italiani possono investire in crediti, a valere sul proprio patrimonio, a favore di soggetti diversi da consumatori, nel rispetto delle norme del presente decreto e delle relative disposizioni attuative adottate ai sensi degli articoli 6, comma 1, e 39. La possibilità, così sancita per legge, che un Oicr possa impiegare il proprio patrimonio erogando credito diretto, e non solo rilevando crediti preesistenti, rappresenta un significativo progresso (già auspicato negli ultimi anni a fronte di un sempre più preoccupante fenomeno di credit crunch 6 ) rispetto ad un quadro normativo previgente che, se non altro 4 D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (d ora in avanti citato come: t.u.f. ), ampiamente modificato, oltre che dal decreto menzionato alla nota precedente, altresì dal d. lgs. 4 marzo 2014, n. 44, attuativo (ma in realtà soltanto dopo l emanazione, avvenuta nel 2015 con ampio ritardo rispetto ai termini previsti dalla direttiva comunitaria, della normativa regolamentare ricordata nelle note seguenti) della «Direttiva 2011/61/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell 8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010», e cioè della direttiva europea cd. «Aimfd» in materia di gestori («Gefia») di cd. fondi di investimento alternativi («Fia») al cui novero, come si ricorderà appresso, vanno ricondotti i fondi di credito diretto di cui ci si occupa in queste pagine. 5Dal titolo Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio e pubblicato in G. Uff. n. 37 del 15 febbraio 2016: decreto intervenuto proprio mentre si stava per licenziare il presente contributo, e del quale s è quindi potuto tener conto, in questa sede, nei limiti di quanto possibile ad una primissima valutazione. 6 Almeno dal 2013 in Italia si registrava un clima generalmente favorevole alla creazione di fondi di credito che consentissero l allentamento del credit crunch attraverso la disintermediazione del credito bancario (anche se in tal caso pare pensarsi prevalentemente all esemplare dei fondi di «minibond»): ciò emergeva non solo a livello mediatico e di enti esponenziali del mondo imprenditoriale (v. ampiamente le prime tre pagine de Il Sole 24 Ore dell 11 agosto 2013, pp. 1 3; più di recente, invece, per l interesse destato dal nuovo contesto normativo che si andava delineando, v. l articolo Credit funds. Cercasi capitali, su «Italia Oggi», 7 aprile 2014), ma anche da parte della stessa Banca d Italia (PANETTA, Il Credito e il Finanziamento alle Imprese, intervento al convegno Reload banking. La Banca del domani per un nuovo sviluppo dell Italia, Roma 21 giugno 2013 (scaricabile dal sito della Banca d Italia) o del suo ex direttore generale all epoca divenuto Ministro dell Economia e delle Finanze (v. intervento di SACCOMANNI al Ministero dell Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, Roma, 16 luglio 2013, Credit crunch. Credit funds, pubblicato sul sito web del Ministero: «A fronte di una possibile, significativa diminuzione dei finanziamenti bancari, le esigenze di credito dell economia dovranno essere soddisfatte da altri attori, soprattutto investitori istituzionali, e da nuove forme di intermediazione finanziaria, di cui sono un esempio i credit funds, ovvero quei fondi che erogano credito trasformando scadenze, 3

4 stando alla sua concreta applicazione, veniva correntemente interpretato come incompatibile con la medesima possibilità 7 : così dando luogo ad un dislivello normativo fortemente anticompetitivo rispetto ad altri ordinamenti ove una tale possibilità viene da tempo ritenuta fuori discussione e praticata 8. rischi, liquidità. I credit funds, relativamente poco diffusi in Europa, intermediano circa l 80 per cento del credito alle imprese e alle famiglie negli Stati Uniti. Si tratta di intermediari la cui operatività rientra nello shadow banking, di cui generalmente si temono i rischi sistemici prodotti al di fuori del perimetro della regolamentazione. In un momento in cui il credito bancario è in significativa e prolungata contrazione, il ruolo del sistema bancario ombra potrebbe tuttavia rivelarsi di supporto al rilancio dell economia. Una transizione simile richiederà equilibrati interventi sul perimetro e la qualità della regolazione, che tuttavia non ostacolino la transizione verso un ruolo crescente dell intermediazione non bancaria all economia; ne rappresenta un esempio la nuova normativa sulle operazioni con parti correlate, che regola in maniera più trasparente i rapporti tra banche e partner privilegiati, quali potrebbero essere appunto i credit funds». Dalle cronache giornalistiche («Il Sole 24 Ore» del 15 luglio 2013, Tutti pazzi per i fondi di debito, i finanziamenti alternativi per le PMI) in particolare, risultava che già prima della novella del 2014 la stessa Banca d Italia avesse autorizzato la commercializzazione in Italia di quote di un direct lending fund (Tenax Credit Opportunity Fund), il cui «schema di funzionamento», allora, deve congetturarsi fosse stato giudicato dall Autorità di Vigilanza come «compatibile» con il diritto italiano secondo quanto prescriveva l art. 42, comma 5, t.u.f. (versione allora vigente). 7 La dottrina, e ancor prima lo stesso legislatore (storico), dubitava infatti che un fondo di crediti (peraltro precostituiti) potesse trovare attuazione, in Italia, al di là dell ambito delle operazioni di cartolarizzazione: e v. infatti, MAIMERI, Prime osservazioni sul disegno di legge in tema di cartolarizzazione dei crediti (AC 5058), in questa Rivista, 1999, I, 236 ss.; M. LA TORRE, La cartolarizzazione dei crediti, in Banc., 2000, 45.; F. DI CIOMMO, I soggetti che svolgono operazioni di cartolarizzazione, in La legge sulla cartolarizzazione dei crediti, a cura di R. Pardolesi, Milano, 1999, 67; G. GENTILE, L applicazione della legge sulla cartolarizzazione ai fondi comuni di credito, in questa Rivista, 755, affermando ad esempio che ritenendo che il fondo di crediti «non possa che riguardare l oggetto della cartolarizzazione e non possa che riguardare tipologicamente i medesimi beni cui fa riferimento la l. 130/1999»; sulla novità del fondo di crediti previsto dalla l. 130/99 nel quadro della disciplina dei fondi comuni, e sui conseguenti problemi di compatibilità, v. Marco MAUGERI, Il fondo di crediti, ne La disciplina delle gestioni patrimoniali, Quaderno Assogestioni, Roma, 2000, 337 ss., a p Sul dibattito, v. poi, più di recente, PICARDI, Il fondo comune di crediti nel sistema della separazione patrimoniale, in questa Rivista, 2008, I, 76 ss., spec. p. 78. Lo stesso legislatore, ancor prima, nei lavori preparatori della predetta legge (Relazione al disegno di legge n. 5058A) sulla cartolarizzazione aveva affermato che una previsione ad hoc per il fondo di crediti si giustificasse proprio sulla base del fatto che in Italia, nonostante le previsioni del t.u.f., non potesse in realtà operare un fondo che investisse solo in crediti. V. in proposito LA LICATA, Commento all art. 7, comma 1, lettera b). La cartolarizzazione e i fondi comuni di investimento, in La cartolarizzazione. Commento alla legge n. 130/99, a cura di P. Ferro - Luzzi e Pisanti, Milano, 2005, 477 ss. 8 Nel panorama non solo statunitense (si pensi, solo a mo di esempio al RSF - Social Investment Fund, inc., con sede a San Francisco, che investe totalitariamente il proprio patrimonio in prestiti diretti ad imprese, profit e non-profit, operanti nel settore alimentare, dell educazione, dell arte, e dello sviluppo sostenibile), ma anche europeo, erano già noti ed operanti fondi di direct lending, che propongono quale oggetto del loro investimento prestiti (loans) rilevati da terzi oppure, ed indifferentemente, direttamente da essi generati. Si potevano già in allora menzionare, fra molti altri, il Blue Bay Direct Lending Fund, di promanazione statunitense ma stabilito nel Regno Unito (e con un fondo feeder stabilito in Lussemburgo); o il Senior European Loan Fund, stabilito come fondo alternativo in Lussemburgo che, oltre ad acquistare, eroga anche nuovi finanziamenti (immobiliari) in partnership con banche; o il Lfp Opportunity Loans, operante anche sul mercato primario del credito e stabilito in Lussemburgo; o il già citato Tenax Credit Opportunity Fund, di diritto irlandese ( «We 4

5 Per la verità, che il quadro normativo previgente fosse davvero incompatibile con la possibilità di un fondo di credito diretto avrebbe potuto, già prima della novella del 2014, ritenersi un affermazione opinabile se non preconcetta, dal momento che, in effetti, alcun divieto espresso si rintracciava nel medesimo quadro normativo, risultando questo così articolato: la legge (art. 4, comma 1, lett. k, t.u.f., precedente versione) consentiva che un Oicr potesse «investire in crediti», seppure senza specificare se questi potessero derivare da un erogazione diretta o meno; la normativa secondaria di riferimento (d.m. 228/1999, art. 4, lett d), prevedeva la possibilità di investire in «crediti e titoli rappresentativi di crediti» (con una distinzione che, nel primo termine, risultava escludere quantomeno la necessità di una cartolarizzazione) per i fondi chiusi (art. 12); ed inoltre che se il fondo era riservato, valevano limiti agli investimenti diversi da quelli stabiliti in via generale dalle norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio emanate dalla Banca d Italia (qui appresso: «Istruzioni di Vigilanza» 9 ); d altra parte, tali Istruzioni: ~ in via generale (Tit. V, cap. III, sez. II, 2 e 6.6) consentivano che potessero essere concessi prestiti: seppure nelle sole «forme previste in materia di operazioni a termine su strumenti finanziari» e ai soli fini di una «efficiente gestione del portafoglio» 10,; ~ specificavano tuttavia che un siffatto limite sulla concessione dei prestiti non operasse per i fondi chiusi (Tit. V, cap. III, sez. V, 2); seppure in questo caso prevedendo ( 6.3 della predetta sez. V) che la possibilità di concedere prestiti venisse comunque mantenuta entro limiti ristretti (operazioni a termine su strumenti finanziari; funzionali o complementari all acquisto o alla invest in existing loans and bonds that we buy from existing lenders, and we make new loans on a primary basis, either bilaterally, or as part of a lending group». 9 Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio dell 8 maggio 2012, come aggiornato dal Regolamento dell 8 maggio Cfr. la Nota di chiarimenti (Nota di chiarimenti della Banca d Italia sul Regolamento della gestione collettiva del risparmio del 16 luglio 2015, reperibile su chiarendo con precisazione che si direbbe estensibile anche al quadro normativo previgente che tutti i fondi, anche diversi dai fondi di credito, possono effettuare operazioni a termine su strumenti finanziari (ad es., pronti contro termine) dalle quali originino posizioni creditorie per il fondo (seppure nei limiti di quanto previsto nella Sez. II, par. 6.5 in materia di tecniche di gestione efficiente del portafoglio ). 5

6 detenzione da parte del fondo di partecipazioni; di leasing immobiliare, per i fondi immobiliari), ferme restando «le riserve di attività previste per le banche e per gli intermediari finanziari»; ~ specificavano però anche (Tit. V, cap. III, sez. VI, 2) che, qualora si trattasse di fondi chiusi riservati, fra le «deroghe ai limiti alla concentrazione dei rischi» previste per fondi chiusi, potessero operare «limiti diversi» rispetto a quelli previsti per i fondi chiusi tout court in materia di «concessione di prestiti» ( 6.3 sopra cit.). Nella normativa italiana non constava, insomma, alcun divieto espresso. Anzi: già da prima della novella del 2014 ricordata nell incipit, particolarmente significativa risultava la normativa comunitaria in questo caso di diretta applicazione all interno dell ordinamento italiano (seppure, in pratica, condizionata dall emanazione di una normativa secondaria di esecuzione) posta dai Regolamenti UE n. 345 e n. 356 del 17 aprile 2013 (tuttora in vigore, naturalmente): il primo relativo ai fondi europei «per il venture capital» (cd. «EuVeCa»), il secondo relativo ai fondi europei «per l imprenditoria sociale» (cd. «EuSEF»). Limitandosi ora alle previsioni del primo (poiché del tutto conformi, per quanto ora interessa, a quelle del secondo), viene in esse considerato, innanzitutto, come sia opportuno seppure «ad integrazione» degli investimenti effettuati dal fondo in «strumenti (finanziari) rappresentativi di equity o quasi-equity» «consentire prestiti garantiti e non garantiti quali, a esempio, finanziamenti ponte, concessi dal fondo per il venture capital qualificato a un'impresa di portafoglio ammissibile» (così considerando n. 16). Più in particolare, nella sua parte prescrittiva (art. 3, lett. e, ii), il Regolamento n. 345/2013 stabilisce che fra gli «investimenti ammissibili» sono senz altro compresi i «prestiti garantiti e non garantiti concessi dal fondo per il venture capital qualificato a un'impresa di portafoglio ammissibile nella quale il fondo per il venture capital qualificato detiene già investimenti ammissibili, a condizione che non oltre il 30% dell ammontare complessivo dei conferimenti di capitale e del capitale sottoscritto non richiamato del fondo per il venture capital qualificato, sia utilizzato per tali prestiti». V è da dire, peraltro, che già prima della novella del 2014 sarebbe stata forse fuorviante una valutazione del predetto Regolamento sui fondi per il 6

7 venture capital (e di quello sull imprenditoria sociale) che portasse a considerarlo, restrittivamente, come una normativa d eccezione, caratterizzata dal ricorso a strumenti «atipici» altrimenti inammissibili per altri fondi (almeno se riservati), o comunque ammissibili nei soli limiti indicati da tale regolamento. Al contrario e come emerge nitidamente dagli stessi Considerando che motivano l intervento del legislatore comunitario lo scopo dichiarato del Regolamento è semplicemente quello di «connotare», definendone contorni e limiti operativi, quei fondi di investimento riservati che intendano «fregiarsi» della denominazione «EuVECA» (European Venture Capital), sottoponendosi allora, nell ambito del più ampio genus dei fondi alternativi (inferiori a certe soglie dimensionali), ad una normativa ad hoc, omogenea in tutta l area UE, al dichiarato scopo di favorirne un vero e proprio mercato comune (cfr. in particolare i Considerando nn. 2, 4, 10 e 11 del Reg. cit.). Può quindi ritenersi, alla luce di questa prima ricognizione, come in realtà già prima del 2014 (ma poi ancora in seguito, e similmente, con il più recente Regolamento sui cd. «Eltif» 11 ), emergesse per diritto direttamente applicabile in Italia, seppure non nell interpretazione corrente e nella prassi applicativa della normativa nazionale un concetto di «investimento» comprensivo (anche) di un erogazione diretta di credito; e non solo, quindi, limitato all acquisto di un preesistente prodotto finanziario, o comunque al subentro in una situazione giuridica precostituita fra terzi. 11 Si tratta, come noto, dei «Fondi di investimento europei a lungo termine» («European long-term investment funds», cd. Eltif) previsti ma dopo oramai che i Fia di credito diretto erano stati definitivamente legittimati anche all interno del nostro ordinamento dal «Regolamento comunitario n. 760/2015/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015 relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine». Gli Eltif sono a tutti gli effetti Fia, di cui anzi si prevede espressamente che rappresentino una species (cfr. art. 3 par. 2: «solo i FIA UE possono presentare domanda di autorizzazione ed essere autorizzati [sic] come ELTIF») autorizzata a certe condizioni ad assumere la denominazione di Eltif ed allora destinataria di una normativa uniforme aggiuntiva; anche in questo caso (come per gli EuVeCa e gli EuSEF) ai fini di una migliore «riconoscibilità» del tipo di fondo e di una maggiore omogeneità dell offerta sul mercato. Essi sono caratterizzati dall essere rivolti a fornire finanziamenti di lunga durata a progetti infrastrutturali di varia natura, a società non quotate ovvero a piccole e medie imprese quotate che emettono strumenti rappresentativi di equity o strumenti di debito per i quali non esiste un «acquirente facilmente identificabile», e diretti a generare proventi periodici e preservare la regolarità dei flussi di cassa, mantenendo un portafoglio diversificato di attività di investimento. In tale prospettiva, anch essi possono concedere credito diretto, ma solo (anche in questo caso al pari degli EuVeCa e gli EuSEF) a favore di «un'impresa di portafoglio ammissibile», e «con una scadenza non superiore al ciclo di vita dell'eltif» (art. 10, Reg. cit.). 7

8 Concetto, questo, comunque ad oggi ribadito o se si preferisce finalmente affermato al di là d ogni dubbio dal «nuovo» art. 1, comma 1, lett. k, t.u.f. 2 - La nuova normativa secondaria. Quale tipo di fondo per il credito diretto? Ammissibilità di un FIA di credito diretto, puro o misto. Alle norme contenute nella normativa primaria sopra ricordata, ha fatto seguito un coerente aggiornamento della normativa secondaria di settore. In particolare, con d.m. 30/ , il Ministero dell economia e delle finanze (qui appresso: «Mef») ha emanato (in luogo del precedente d.m. 228/1999, e quindi con la stessa centrale rilevanza per il settore della gestione collettiva del risparmio) il nuovo regolamento attuativo dell articolo 39 del t.u.f., «concernente la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi gli Oicr italiani» (qui appresso: «regolamento Mef»). Il quale regolamento, per quanto qui interessa, ha previsto che «il patrimonio dell OICR può essere investito in una o più delle categorie dei seguenti beni: ( ) e) crediti e titoli rappresentativi di crediti, ivi inclusi i crediti erogati a valere sul patrimonio dell Oicr» (art. 4, lett. e). Ne risulta così confermata, anche a livello di normativa secondaria, la possibilità di un FIA di credito diretto: - sia puro : che cioè origini direttamente credito, mediante un attività del suo gestore (o degli intermediari del cui ausilio questo si avvalga) che converta la iniziale dotazione patrimoniale del fondo in situazioni giuridiche di credito destinate a realizzare gli asset previsti dal suo regolamento; - sia misto : che cioè affianchi alla modalità di «investimento» appena indicata, anche un operatività sul «mercato secondario», acquistando crediti già precostituiti (o, come si dice, già «originati») in capo a terzi, rendendosene cessionario secondo la disciplina di diritto comune (art. 12 D. m. n. 30 del 5 marzo 2015 n. 30, del Ministro dell Economia e delle Finanze, intitolato «Regolamento attuativo dell articolo 39 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (t.u.f.) concernente la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi gli Organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) italiani». 8

9 1260 e ss., Cod. civ.) o, eventualmente, secondo quella in materia di cartolarizzazione, nelle forme e nei limiti da essa prevista (cd. «subparticipation», prevista dall art. 7, l. 130/1999). Ciò con un significativo ampliamento, all evidenza, della stessa nozione (e relativa riserva di legge) di attività di gestione collettiva del risparmio Focalizzazione della presente analisi sui fondi comuni di investimento. Naturalmente, e come noto, secondo l attuale normativa 14 nella nozione di Oicr e se alternativi, come ora interessa, di Fia possono rientrare sia i fondi comuni di investimento, che le Sicav, che le Sicaf (queste ultime in ogni caso Fia). Con l ovvia differenza 15, peraltro, che mentre per le Sicav e le Sicaf ad essere investito è il patrimonio della stessa società, che dunque assume anche la qualità di gestore (nel caso di Fia: «Gefia») dello stesso patrimonio nell interesse degli investitori azionisti, per i fondi comuni di investimento il ruolo di gestore è invece assunto da una società di gestione del risparmio (qui appresso: «Sgr»), dotata di propria soggettività a differenza del fondo che non ne ha. Essa quindi (come meglio si tornerà a vedere più avanti circa l operatività del fondo di credito diretto) è l unico soggetto a poter assumere la veste formale di controparte contrattuale con i terzi per impegnare le attività del fondo; seppure poi questo, pur formalmente imputabile, nelle sue componenti sia attive che passive, alla stessa Sgr, resti da essa autonomo, e cioè posto a garanzia esclusiva dei crediti sorti in ragione dell attività di investimento del fondo stesso, e non delle altre obbligazioni della Sgr. In ragione di questa formale, ma poi anche operativamente significativa, differenza strutturale dei fondi rispetto a Sicav e Sicaf (come anche suol dirsi, a struttura «contrattuale» i primi, «societaria» i secondi), per non dover eccessivamente articolare il discorso si farà riferimento, qui 13 Su un tale ampliamento in generale (vuol dirsi cioè anche oltre l ambito del credito diretto considerato in queste pagine), anche in rapporto alla correlativa erosione delle forme di investimento esercitabili in regime di diritto comune, v. l ampia analisi di SANDRELLI, Raccolta di capitali e attività di investimento. Note sulla nozione di organismo di investimento collettivo del risparmio a seguito della direttiva sui fondi alternativi, in Riv. soc., 2015, 387 ss., e in particolare p. 391, nt Art. 1, comma 1, lett. m-ter) t.u.f.; nonché Reg. Mef 30/2015, cit., art. 1, comma 1, lett. m). 15 Art. 1, comma 1, lett. p), q), q-bis) t.u.f. 9

10 di seguito, ai soli FIA che assumano la forma di «fondi comuni di investimento», per brevità indicati «Fondi di credito diretto». Fermo restando comunque che, pur al di là di una tale semplificazione discorsiva, i profili appresso trattati varranno allo stesso modo ovvero mutatis mutandis anche per gli altri Fia a struttura «societaria» La natura chiusa del fondo di credito Il sopra citato regolamento Mef, dopo aver ammesso in generale la possibilità che un Oicr investa anche, fra gli altri possibili «beni», in quello rappresentato da «crediti, anche erogati direttamente»: - precisa poi che in tale «bene» (cioè crediti, anche erogati direttamente) possano investire solamente gli Oicr di investimento alternativo («Fia») chiusi. Esso esclude infatti sia gli OICVM «armonizzati» (art. 7, comma 1 ) che i Fia aperti (art. 8); e soprattutto prevede espressamente (art. 10, comma 1 ) che: «sono istituiti in forma chiusa i Fia italiani il cui patrimonio è investito, nel rispetto dei limiti e dei criteri stabiliti dalla Banca d Italia, ai sensi dell art. 6, comma 1, lett. c, del t.u.f.., nei beni previsti dall articolo 4, comma 1, lettere d), e), e f) ( )»; - non specifica tuttavia se tale Fia, oltre ad essere necessariamente chiuso, debba, altresì, essere anche riservato (cioè destinato ad essere sottoscritto, tendenzialmente, solo da «investitori professionali»: art. 14, comma 1 ) oppure anche non riservato Fondi di credito non riservati. Che tuttavia si possa trattare anche di fondo chiuso non riservato ad investitori professionali, al di là di un assenza di divieti espressi nel regolamento Mef, risulta espressamente previsto (oltre che, nella normativa comunitaria, per i Fia autorizzati come Eltif 16 ) dalle «nuove» Istruzioni di Vigilanza della Banca d Italia V. supra, nt Provvedimento della Banca d Italia del 19 gennaio 2015, recante il Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, e sostitutivo di quello previgente, sopra ricordato alla nt

11 Tali Istruzioni, infatti, nello stabilire i «divieti e le norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio» (tit. V, cap. III), espressamente concedono, per i fondi non riservati (sez. V, 1, lett. e) che il loro patrimonio possa essere investito anche in «crediti erogati a valere sul patrimonio dell Oicr». Con il limite, peraltro (sez. V, 5), che ove non si tratti di Fia istituito per realizzare operazioni di cartolarizzazione, allora «l investimento in crediti verso una stessa controparte non può eccedere il 10 per cento del totale delle attività del fondo»; né può trattarsi di crediti «con durata superiore a quella del fondo». Essi inoltre (sez. V, 6.3), sempre nello svolgimento dell attività di investimento in crediti, «possono utilizzare strumenti finanziari derivati esclusivamente per finalità di copertura» e possono «assumere finanziamenti entro il limite massimo del 30 per cento del valore complessivo netto del fondo» e, comunque, solo «con banche, intermediari finanziari ex art. 106 t.u.b. o altri soggetti abilitati all erogazione di crediti» Fondi di credito riservati. Ben più ampio, invece, il margine di operatività per i Fia chiusi riservati, i quali secondo il regolamento Mef (art. 14) restano del tutto sottratti: (i) sia all approvazione del loro regolamento da parte della Banca d Italia; (ii) sia alle norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio stabilite dalla Banca d Italia per i FIA non riservati (salvo i profili di coincidenza con la disciplina di questi ultimi in virtù di espressi rinvii, qui appresso riferiti). Quanto ai fondi riservati, dunque, le Istruzioni della Banca d Italia (tit. V, cap. III, sez. VI, 1), solo si limitano a prevedere che il relativo regolamento possa prevedere l utilizzo di una leva finanziaria, ma non oltre il limite di 1,5, e in tal caso indicando i mezzi attraverso i quali generarla e le sue fonti di finanziamento; indicando altresì ogni altra interconnessione o relazione con altre istituzioni finanziarie che potrebbero comportare un rischio sistemico, nonché la necessità di limitare l esposizione a una singola controparte. 11

12 Inoltre, come per i FIA non riservati, anche per i FIA riservati che investano in crediti l esposizione verso una stessa controparte non può eccedere il 10% del totale delle attività del fondo 18. Il che, del resto, ancor prima che un puntuale vincolo promanante dall autorità di regolamentazione secondaria (vincolo che in materia di fondi riservati avrebbe anche potuto non esservi) si direbbe costituire comunque, al di là di una percentuale di concentrazione più o meno predeterminata, un elemento tipologicamente necessario della stessa nozione di gestione collettiva del risparmio, quale attività orientata alla diversificazione e al frazionamento del rischio che qualunque «politica di investimento» di un Oicr dovrebbe osservare. 3 - Specificità del FIA di credito diretto rispetto ad altri nuovi veicoli di credito diretto alternativo a quello bancario Gli altri veicoli di credito diretto alternativo La figura del Fia (al suo interno ulteriormente articolata) di credito diretto non è la sola novità che il già ricordato art. 22 del d.l. 91/2014 ha introdotto nell ambito del più ampio disegno ricordato in premessa di ampliare l ambito del finanziamento non bancario alle piccole e medie imprese. La norma citata ha infatti previsto, oltre alla possibilità di Fia di credito diretto, anche la possibilità di concessione di finanziamenti diretti erogati da società assicurative e società di cartolarizzazione, secondo una disciplina i cui connotati salienti meritano, in questa sede, d essere richiamati soprattutto per mettere in risalto alcune delle sopradette esigenze di coordinamento con l ordinamento bancario che non sempre, invece, vengono risolte allo stesso modo per i Fia. Non rientrano invece nella nozione di fondo di credito né, più in generale, meritano di essere considerati quali veicoli di credito diretto, 18 Cfr. Istruzioni di Vigilanza, Tit. V, cap. III, sez. V, 5; mentre ulteriori limiti di carattere generale per tutti i fondi che investono in crediti (previsto al 6.3) consistono (i) nel poter utilizzare strumenti finanziari derivati solamente per finalità di copertura e (ii) nel poter assumere finanziamenti entro il limite massimo del 30% del valore complessivo netto del fondo, soltanto da banche, intermediari finanziari ex art. 106 t.u.b. o altri soggetti abilitati all erogazione di crediti. 12

13 quei Fia che possono concedere credito solo strumentalmente alla propria, diversa, politica di investimento; e così: (i) né i Fia chiusi mobiliari che concedono prestiti unicamente funzionali o complementari all acquisto o alla detenzione da parte del fondo di partecipazioni; (ii) né i Fia immobiliari che concedono beni in locazione con facoltà di acquisto per il locatario (leasing); (iii) né, più in generale, può ritenersi attività riservata ai soli fondi di credito la concessione di prestiti attraverso operazioni a termine su strumenti finanziari (ad es., pronti contro termine), da ritenersi possibile per qualunque fondo che effettui operazioni a termine su strumenti finanziari, dalle quali potranno quindi originare posizioni creditorie per il fondo (nei limiti peraltro di quanto consentito in materia di tecniche di gestione efficiente del portafoglio) Società assicurative e SACE Quanto alle società assicurative (e SACE), l art. 22 del predetto decreto: - ha introdotto un nuovo comma 2 bis dell art. 114 t.u.b. secondo cui non configura esercizio nei confronti del pubblico l'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, diversa dal rilascio di garanzie, effettuata esclusivamente nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese da parte di imprese di assicurazione italiane e di Sace (sempre che entro i limiti stabiliti dal d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, cd. Codice delle assicurazioni private, e dalle relative disposizioni attuative emanate dall Ivass); - ha prescritto che esse, se svolgano tale attività di concessione di finanziamenti, debbano inviare alla Banca d'italia le segnalazioni periodiche nonché ogni altro dato e documento richiesto, partecipando altresì alla centrale dei rischi della Banca d'italia, la quale può a sua volta stabilire che a ciò si assolva per il tramite di banche e intermediari finanziari iscritti all albo di cui all 'articolo 106 t.u.b.; - ha inoltre previsto (integrando il comma 2, dell'art. 38 del cit. Codice delle assicurazioni private) che l Ivass stabilisca condizioni e limiti operativi dei predetti finanziamenti secondo i seguenti criteri: 19 Cfr. rispettivamente, le Istruzioni di vigilanza, Tit. V, cap. III, sez. V, 6.3, nt. 52 (per i e ii); nonché, la Nota di chiarimenti della Banca d Italia sul Regolamento della gestione collettiva del risparmio del luglio 2015 (citata. alla nota 10), sez. V (per quanto riguarda iii). 13

14 a) i prenditori dei finanziamenti siano individuati da una banca o da un intermediario finanziario ex art. 106 t.u.b.; b) la banca o l 'intermediario finanziario di cui alla lettera a) trattenga un interesse economico nell'operazione pari ad almeno il 5% del finanziamento concesso, trasferibile anche a un altra banca o intermediario finanziario, fino alla scadenza dell operazione; c) il sistema dei controlli interni e gestione dei rischi dell impresa sia adeguato e consenta di comprendere appieno i rischi, in particolare di credito, connessi a tale categoria di attivi; d) l impresa sia dotata di un adeguato livello di patrimonializzazione; e) l esercizio autonomo dell'attività di individuazione dei prenditori da parte dell'assicuratore, in deroga ai criteri di cui alle lettere a) e b), è sottoposto ad autorizzazione dell Ivass, la quale, peraltro, ha poi consentito una tale modalità in via generale, seppure a certe condizioni 20 ; f) in ogni caso, opera un limite complessivo massimo per cui i finanziamenti ora in discorso non possono eccedere il 5% delle cd. riserve tecniche da coprire Società di cartolarizzazione Disciplina per diversi aspetti analoga riguarda poi le società di cartolarizzazione dei crediti, rispetto alle quali viene infatti prevista 22 la possibilità di «concedere finanziamenti nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese ( )» nel rispetto delle seguenti condizioni: a) i prenditori dei finanziamenti siano individuati da una banca o da un intermediario finanziario ex art. 106 t.u.b.; 20 L opzione di non avvalersi dell ausilio di banche o intermediari finanziari dovrà infatti essere prevista da un analitico piano degli investimenti della società assicurativa e richiederà una previa specifica autorizzazione dell Ivass (così infatti dispone il Provvedimento Ivass n. 22 del 21 ottobre 2014, modificativo del Reg. Isvap n. 36 del 31 gennaio 2011, introducendovi in particolare un nuovo art. 8 bis). 21 Artt. 17, par. A2.2; nonché 21 e 27 del Reg. Isvap sopra citato. 22 Dal nuovo comma 1 ter dell art. 1 della l. 130/1999, anch esso introdotto dall art. 22 del d.l. 91/

15 b) i titoli emessi dalle stesse per finanziare l'erogazione dei finanziamenti siano destinati ad investitori qualificati, come definiti ai sensi dell art. 100 del t.u.f.; c) la banca o l intermediario finanziario di cui alla lettera a) trattenga un significativo interesse economico nell'operazione Specificità del fondo di credito diretto. Dal complessivo quadro regolamentare così tracciato, possono trarsi alcuni spunti per riflettere sulla singolarità del fondo di credito diretto all interno del più ampio scenario dei nuovi veicoli di credito diretto alternativo a quello bancario. i) Può osservarsi innanzitutto, sul piano soggettivo, che per l erogazione di credito da parte dei fondi prevede un ampia tipologia di destinatari, restandone soltanto esclusi i consumatori. ii) Anche sul piano oggettivo, cioè del credito erogato, emerge un forte scarto rispetto alle società assicurative, per le quali l attività di finanziamento diretto è destinata ad assumere un ruolo del tutto marginale, essendo la loro attività principale evidentemente ben altra: i finanziamenti da esse concessi, infatti, non possono eccedere il 5% delle riserve tecniche; e del resto l impegno in questo settore resta espressamente condizionato al riscontro del possesso di specifici requisiti organizzativi e patrimoniali aggiuntivi rispetto a quelli richiesti in via generale. Per i Fia, invece, l erogazione di credito diretto potrebbe costituire l attività principale, se non esclusiva, anche in assenza di particolari presidi sull organizzazione del Fia, almeno quando riservato. iii) Tanto per le società assicurative che per le società di cartolarizzazione, ma non per i Fia, emerge poi un necessario (o almeno naturale, considerata la possibilità di deroga da parte dell Ivass, per le società di assicurazioni) collegamento operativo con banche o intermediari finanziari: l attività di individuazione dei prenditori di credito attività piuttosto articolata che, come si vedrà, rappresenta forse il profilo centrale dell operatività del fondo sul versante dell impiego deve tendenzialmente essere delegata ad una banca o ad un intermediario finanziario ex art. 106 t.u.b.. Non così, invece, per i fondi di credito diretto: per i quali 15

16 iv) l approvvigionamento di un attività di servicing resa da banche o altri intermediari finanziari, anche per quanto riguarda la stessa attività di riscossione 23, dipenderà da una scelta della Sgr (v. amplius, 12). Due profili comuni con l attività bancaria - assai rilevanti anche sul piano sistematico, nel senso di una tendenziale assimilazione dell operatività del fondo di credito diretto con quella tipicamente bancaria sono poi i seguenti. Innanzitutto, l art. 46-quater, t.u.f. 24, sancisce che l erogazione di credito diretto da parte dei Fia italiani (ma anche UE che intendano operare in Italia: art. 46-ter ss., t.u.f.) andrà soggetta alla generale disciplina sulla trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti prevista per le banche e gli altri intermediari finanziari (esclusa la parte sul credito al consumo, non potendo i consumatori essere destinatari, come sopra ricordato, del credito erogato dai Fia). Del che peraltro si dirà ancora, appresso ( 4), riflettendo sul modello e le condizioni di operatività del fondo di credito diretto. Un secondo profilo comune riguarda poi la necessità di inviare alla Banca d Italia, in relazione ai crediti concessi, le segnalazioni periodiche e di partecipare alla centrale dei rischi, anche per il tramite di banche e intermediari finanziari ex art. 106 t.u.b.. Questo significa che non si crea una zona franca per gli affidati, rispetto al monitoraggio dell esposizione debitoria realizzato mediante la centrale dei rischi; e che l erogazione di credito diretto, seppure alternativo a quello bancario, viene comunque percepita, su questo terreno, come ad esso omogenea. Emergendo così una convergenza 23 Il modello di fondo di credito qui analizzato, proprio in quanto previsto come capace di gestire in autonomia tutta la vita del credito, dalla sua erogazione all incasso, postula quindi la possibilità sia in termini materiali (come apparato organizzativo) che formali (come legittimazione giuridica) ed anzi la normalità, dell ipotesi in cui il fondo si occupi anche di quella fase necessaria della vicenda creditizia che la conclude con la riscossione. Senza pertanto che possano estendersi al nuovo modello generale quei limiti valevoli per quel particolare, e per certi aspetti antesignano, modello di fondo di crediti previsto in materia di cartolarizzazione dei crediti, per il quale invece l attività di riscossione era necessariamente da demandarsi ad una banca o ad un intermediario finanziario (art. 2, comma 3, lett. c), e comma 6, l. 130/1999: e sul punto v. più diffusamente MAUGERI, Il fondo di crediti, (nt. 7), Di recente introdotto dal sopra citato (nt. 5) d.l. 18/2016 e che prevede: «(1) Ai crediti erogati in Italia da parte di FIA italiani e FIA UE, a valere sul proprio patrimonio, si applicano le disposizioni sulla trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti di cui al Titolo VI, Capi I e III, con esclusione dell'articolo 128 bis, e le disposizioni sulle sanzioni amministrative di cui al Titolo VIII, Capi V e VI, del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, fermo restando quanto previsto dall'articolo 23, comma 4 del presente decreto. (2) Al rispetto degli obblighi previsti dalle disposizioni indicate al comma 1 è tenuto il gestore del FIA». 16

17 normativa che evidenzia l interferenza fra i due settori, manifestata anche dal coinvolgimento operativo di banche ed intermediari finanziari incaricati di curare le segnalazioni. v) Un ulteriore interferenza con l attività propriamente bancaria se non una vera e propria sovrapposizione anch essa sistematicamente meritevole di grande attenzione emerge poi sul profilo della raccolta. La questione appare forse trascurabile per le società di assicurazione, ove l attività di raccolta è rivolta a soggetti (gli assicurati) individuabili in ragione del tipo di attività principale prestata, la quale è a sua volta destinataria di un autonomo sistema di vigilanza prudenziale rispetto al quale il rischio derivante dall attività, sussidiaria, di erogazione diretta del credito, assume un ruolo certamente marginale, anche in ragione del suo contenimento a livello complessivo massimo: così da non richiedere ulteriori e particolari presidi a tutela dei destinatari dell attività di raccolta. Quanto invece alle società di cartolarizzazione, emerge una netta limitazione soggettiva nello svolgimento dell attività di raccolta: essendo questa, come sopra ricordato, limitata soltanto ad investitori qualificati (unici destinatari dei titoli emessi per finanziare l erogazione dei finanziamenti). Limiti analoghi a questi ultimi, del resto, valgono per i Fondi comunitari per il EuVeCa e EUSEF sopra ricordati: rispetto ai quali al di là della loro rilevanza marginale 25 e del fatto che la componente di rischio legata all impiego in attività di credito diretto è limitata al 30% massimo del patrimonio del fondo anche sul versante della raccolta viene imposto che le rispettive quote possano essere commercializzate, tendenzialmente, solo presso investitori professionali 26. I fondi di credito diretto, invece, possono anche essere, come visto, non riservati: con la possibilità quindi di rivolgere l attività di raccolta anche verso investitori non qualificati, cd. clientela retail. 25 Sia per il settore, relativamente di «nicchia», nel quale investono; sia per poter essere solamente Fia «sottosoglia», cioè con attività gestite inferiori alla soglia fissata dall'articolo 3, paragrafo 2, lettera b, Dir. 2011/61/UE. 26 Ovvero presso chi chieda di essere così trattato secondo la direttiva Mifid; ovvero verso investitori non professionali, ma solamente se ed in quanto si «qualifichino» impegnandosi ad investire almeno e dichiarando d essere consapevoli dei rischi connessi all investimento (cfr., per i Fondi EuVeCa, l art. 6 del già citato Reg. 345/2013). 17

18 Destinazione, questa, che anzi si cerca di propiziare in particolar modo 27 quando si tratti dei già ricordati Eltif Interferenze con le attività riservate a banche e intermediari ex art. 106 t.u.b. Benché possa azzardarsi una previsione secondo cui i Fia di credito diretto saranno, nella pratica, per lo più se non esclusivamente riservati 29, resta comunque il dato per cui la possibilità appena considerata (sub v) rende profilabile, oltre a un esigenza di tutela del pubblico risparmio (come rilevante ai sensi degli artt. 94 ss., t.u.f.) eventualmente 30 coinvolto 31, anche una possibile sovrapposizione con la riserva dell attività bancaria) come definita dall art. 10 t.u.b. Per entrambe, in effetti, si dà la possibilità che «l esercizio del credito» (secondo forme tecniche, peraltro, verosimilmente analoghe a quelle tipiche utilizzate dalle banche, secondo quanto si osserverà al seguente) venga finanziato da una «raccolta» presso investitori al dettaglio, e così suscettibile di essere considerata effettuata «presso il pubblico» Seppur con molte cautele aggiuntive rispetto a quelle previste per gli altri Fia non riservati, e volte ad assicurare, in particolar modo, l adeguatezza e la consapevolezza dell investimento, in quanto ancorato ad una prospettiva di lunga durata: v. soprattutto gli artt del Reg. Eltif, sopra citato alla nt Chiaro invece che nel caso di fondi riservati la raccolta effettuata solamente (o almeno tendenzialmente: v. infra) presso investitori professionali fa sì che «il fondo comune cessi di essere per definizione un prodotto finanziario rivolto al pubblico spezzandosi il legame tra il fondo e la natura pubblica dell investimento» (F. ANNUNZIATA, Gestione collettiva del risparmio e nuove tipologie di fondi comuni di investimento, in Riv. soc., 2000, 350 ss., p. 367, e più ampiamente p. 365 ss.). 29 Ed eventualmente operanti come fondi di fondi, cioè fondi specializzati partecipati da altri fondi: il che consentirebbe loro, forse, un costo della raccolta non troppo superiore a quello delle banche, così riducendo un differenziale competitivo derivante dal naturale afflusso, per le banche, del risparmio di soggetti non professionali. 30 In effetti almeno a voler valorizzare un dato letterale che pure, per la verità, non parrebbe di per sé concludente - la nozione di gestione collettiva del risparmio, compresa quella «alternativa», presuppone soltanto una raccolta operata presso una «pluralità di investitori» (art. 1, comma 1, lett. k), t.u.f.) e non necessariamente presso il «pubblico» (al quale invece v era un riferimento, ora espunto, nella legislazione previgente in materia di Sicav), almeno per come inteso nella disciplina dell intermediazione finanziaria agli artt. 94 ss. t.u.f. (anche se non invece in quella prevista dal t.u.b. in materia di banche e intermediari finanziari, alla quale piuttosto la disciplina della gestione collettiva del risparmio deve ritenersi allineata: cfr. G. SANDRELLI, Raccolta di capitali e attività di investimento, (nt. 13), p. 397 ss., spec. nt. 28 e 34, ove anche ulteriori riferimenti). 31 Tutela assicurata dall apposita disciplina del t.u.f. e relativa normazione secondaria (v. in particolare il Reg. emittenti della Consob n /1998, come appositamente modificato in punto di commercializzazione delle quote di Fia dalla delibera Consob n dell 8 gennaio 2015), a parte quanto specificamente previsto per gli Eltif (v. nt. 27). 32 Cfr. nt

19 Resta, tuttavia, la fondamentale differenza per cui la raccolta operata collocando le quote del fondo di credito diretto presso il pubblico non viene effettuata con la promessa di (e l affidamento su) una incondizionata restituzione (non dando luogo quindi a «moneta bancaria» (come meglio descritto infra, al 9); bensì nella prospettiva di una gestione conforme ad una politica di investimento predeterminata e condivisa dal risparmiatore: insomma, in una consapevole assunzione di rischio 33 (collegato all eventualità dell insolvenza degli affidati) che, proprio in quanto si tratta di capitale di rischio, non solleva le particolari esigenze di tutela che giustificano la disciplina prudenziale dell attività bancaria, e la relativa riserva di legge. Né, quanto alle sovrapposizioni con l attività degli intermediari ex art. 106 t.u.b. che secondo la stessa disposizione sono destinatari di una riserva per l esercizio dell attività di «concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico» viene ripetuto, per i Fia (e nemmeno per le società di cartolarizzazione) ciò che invece viene precisato per le società assicurative, e cioè che per esse l'attività di concessione di finanziamenti non configura «esercizio nei confronti del pubblico». In effetti, non può escludersi che i finanziamenti erogati dai Fia di credito diretto siano rivolti al pubblico (seppure esclusi i consumatori) 34, se si assume la definizione che di «esercizio del credito nei confronti del pubblico» fornisce il recente d.m 53/2015 del Mef 35, secondo cui «l attività di concessione di finanziamenti si considera esercitata nei confronti del pubblico qualora sia svolta nei confronti di terzi con carattere di professionalità»: il che certo risponderebbe all attività di gestione collettiva svolta un Fia di credito diretto. 4- L operatività del fondo di credito diretto 33 Per quanto, certo, si tratti pur sempre di rischio diversificato e perciò attutito; ma appunto, in questi termini, esistente e assunto consapevolmente (così che non si condividerebbe alla lettera quanto autorevolmente affermato, con riferimento alle Sicav, da P. MARCHETTI, Appunti sulle SICAV, in Riv. soc., 1992, 731 ss.) secondo cui il «conferimento non avviene con una primaria connotazione di investimento consapevole in un attività imprenditoriale a rischio, quanto come forma di affidamento di risparmio inconsapevole per una gestione tecnica capace di minimizzarne il rischio») ed allora marcando una differenza qualitativa rispetto al risparmio affidato dal depositante alla banca. 34 Un rapido cenno in questo senso in SANDRELLI, Raccolta di capitali e attività di investimento, (nt. 13), p. 415, nt D.m. del Ministro dell economia e delle finanze del 2 aprile 2015, n. 53, «Regolamento recante norme in materia di intermediari finanziari in attuazione degli articoli 106, comma 3, 112, comma 3, e 114 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nonché dell articolo 7 - ter, comma 1 -bis, della legge 30 aprile 1999, n. 130». 19

20 4.1 - Le forme tecniche dell attività di finanziamento del Fia: applicabilità della disciplina sulla trasparenza bancaria e tendenziale assimilazione delle fattispecie. Un analisi dell operatività dei fondi di credito diretto sul versante degli impieghi, deve confrontarsi innanzitutto con la tematica delle possibili forme tecniche dell erogazione, considerate nei loro profili contrattuali soggettivi ed oggettivi. Quanto ai termini soggettivi del contratto di finanziamento, nel caso di un fondo comune di investimento si tratterà in ciò peraltro non essendovi differenza rispetto ad ogni altro possibile oggetto di investimento da parte di un fondo di contratti formalmente intercorrenti fra la controparte (nel caso di specie: l affidato, che come previsto dal recente e già sopra menzionato art. 46-bis t.u.f., dovrà essere un soggetto diverso da un consumatore) e la Sgr gestore ( Gefia ). Il fondo, difatti, non ha soggettività giuridica, sicché come anche rilevato dalla Corte di Cassazione 36 dal punto di vista dell imputazione di tutte le situazioni giuridiche soggettive attive e passive, non potrà che essere la Sgr la titolare e la contraente. Diversamente, è ovvio, varrebbe invece per una Sicav o una Sicaf, persone giuridiche che impegnano direttamente il proprio patrimonio.ed è proprio perciò che, correttamente, la legge utilizza l espressione di crediti erogati a valere sul patrimonio dell OICR. Il che ovviamente non toglie come del resto è a dirsi per qualunque altro tipo di investimento del fondo che in virtù del principio della separazione patrimoniale (art. 36, comma 6, t.u.f.), l imputazione degli effetti patrimoniali di una tale operatività, così come la destinazione patrimoniale dei proventi che ne riverranno, saranno da riferirsi esclusivamente al compendio rappresentato dal fondo: impegnando cioè soltanto quest ultimo, quale patrimonio separato da quello della SGR contraente e sottratto alle pretese dei creditori di questa 37. I creditori della SGR non potranno quindi aggredire il fondo medesimo, mentre questo resta destinato esclusivamente a rimborsare i creditori del fondo (recte: creditori della SGR per ragioni inerenti alla realizzazione della 36 Cass. 15 luglio 2010, n ; e v. già, sui termini del problema, R. LENER, Commento alla l. 23 marzo 1983, n. 77, sub art. 3, in Le nuove leggi civili commentate, 1985, 398 ss., nonché P. FERRO LUZZI, Commento all art. 2, comma 2, in La cartolarizzazione. Commento alla legge n. 130/99, a cura di P. Ferro Luzzi e Pisanti, Milano, 2005, 261; nonché poi molti altri fra cui, più di recente, A. PAOLINI, Fondi comuni immobiliari, S.g.r. e trascrizione, in Riv. dir. comm., 2013, 233 ss., ove ulteriori riferimenti. 37 PICARDI, Il fondo comune di crediti nel sistema della separazione patrimoniale, (nt. 7), 76 ss. 20

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