Prof. Giovanni Furgiuele DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI Lezioni a cura dalla Dr.ssa Giulia Tesi
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1 Prof. Giovanni Furgiuele DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI Lezioni a cura dalla Dr.ssa Giulia Tesi (Continua Capitolo 6: LA SOSTITUZIONE ORDINARIA E FEDECOMMISSARIA) 2. L eventuale sanatoria di una disposizione testamentaria che prevede una sostituzione fedecommissaria vietata: Cassazione n del pag La clausola si sine liberis decesserit: Cassazione n del 2013 pag Sostituzione fedecommissaria e usufrutto: analisi delle sentenze delle Corte di Cassazione n del 2009 e n del pag
2 (Continua) CAPITOLO 6: LA SOSTITUZIONE ORDINARIA E FEDECOMMISSARIA. 2. L eventuale sanatoria di una disposizione testamentaria che prevede una sostituzione fedecommissaria vietata: Cassazione n del Dopo aver fatto, nei paragrafi precedenti, alcuni rilievi di carattere sistematico in ordine ai problemi della sostituzione ordinaria e del fedecommesso, adesso, possiamo passare all analisi di alcune sentenze che ci consentiranno di approfondire, in concreto, le suddette questioni. La prima pronuncia è quella della Corte di Cassazione, n , del 28 giugno del Questa pronuncia riguarda un testamento olografo del 1948, con cui, una signora scriveva di voler lasciare tutti i suoi beni alle sorelle. Nello stesso atto, la de cuius scriveva, anche, che, dopo la morte delle sorelle tutto il patrimonio sarebbe dovuto andare a due bambine che lei aveva individuato come le persone alle quali, in un futuro ulteriore, sarebbero dovuti andare i beni della stessa de cuius. La vicenda, però, non si svolge secondo le linee tracciate dalla signora perché le sorelle muoiono prima di lei. Pertanto, quando, nel 1981, si apre la successione della donna, si pone un conflitto fra quelle che erano state le bambine ormai divenute donne adulte indicate, in via sostitutiva, nel testamento olografo e una parente di quinto grado, la quale sostiene la nullità del testamento per violazione del divieto della sostituzione fedecommissaria. In particolare, la parente sostiene che le bambine, istituite in via sostituita, non possono essere considerate eredi testamentarie perché il testamento avrebbe configurato un meccanismo vietato (il Cass., n /04 210
3 fedecommesso) e, quindi, ciò avrebbe comportato la caduta del testamento e l apertura della successione legittima. Il Tribunale di Viterbo accoglie la domanda della parente perché ritiene che il meccanismo descritto dalla testatrice violi, effettivamente, il divieto del fedecommesso. La Corte d appello di Roma, invece, ricostruisce la vicenda in maniera diversa. Secondo i giudici di appello, infatti, quel meccanismo di sostituzione fedecommissaria, previsto nel testamento olografo, si potrebbe considerare sanato e convertito in una forma di sostituzione ordinaria. In altre parole, le sorelle della testatrice sono premorte, per cui, questa trasformazione di fatto della situazione ha, secondo i giudici di Roma, assimilato la circostanza alla sostituzione ordinaria che, come sappiamo è ammessa. È vero che la signora aveva inteso istituire un fedecommesso, però, non è andata così perché le sorelle sono premorte e, quindi, il meccanismo che si è realizzato in concreto può, secondo la Corte d appello, essere assimilato alla sostituzione ordinaria. Tutto ciò viene giustificato valorizzando il cosiddetto principio di conservazione che trova la sua formalizzazione nell articolo 1367 c.c., in materia di interpretazione del contratto, ma che, come abbiamo detto, può essere applicato anche in materia testamentaria. Viene fatto, anche, presente che il testamento conosce delle ipotesi di sanabilità, fra le quali, si ricorda, in particolare, la conferma di cui all articolo 590 del codice civile. Pertanto, visto che il sistema conosce il fenomeno della sanabilità delle nullità, nel caso di specie, è possibile ritenere che l originaria disposizione fedecommissaria può essere sanata se la premorienza dei primi istituiti trasforma la vicenda in una sostituzione ordinaria. 211
4 La parente soccombente, a questo punto, presenta ricorso per Cassazione. In sede di ricorso per Cassazione, la parente riafferma la tesi della nullità del testamento perché contesta il richiamo, fatto dalla sentenza d appello, all articolo 590 c.c., in quanto tale norma presuppone una volontà di convalida da lei, certamente, non espressa. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e, quindi, conferma la soluzione della Corte d appello di Roma. Innanzitutto, viene chiarito che l articolo 590 c.c. non è la norma a cui si fa riferimento nel caso specifico, ma è la norma da cui si ricava, insieme ad altri riferimenti, il principio, per cui, nel testamento è ammissibile e ben vista l ipotesi del recupero della nullità. Quella del caso di specie, quindi, è una diversa sanatoria, rispetto alla conferma di cui all articolo 590 del codice civile. Le due ipotesi condividono il medesimo canone interpretativo di favore nei confronti della conservazione del testamento, però, nell ipotesi in commento, si arriva ad affermare il suddetto favor nei confronti della conservazione dell atto testamentario non per diretta applicazione dell articolo 590 c.c., ma, per via interpretativa, attraverso l applicazione dei principi generali che operano in materia testamentaria. Per questa ragione, il ricorso presentato dalla parente, nella parte in cui sosteneva che non fossero presenti le condizioni per l applicazione dell articolo 590 c.c., è, ad avviso della Cassazione, erroneo ed interpreta male la sentenza di merito. Venendo, poi, al merito della questione, la specifica sanatoria del fedecommesso che, per effetto della premorienza del soggetto primo istituito, si trasforma in una sostituzione ordinaria è una soluzione che la stessa giurisprudenza ha affermato da sempre. 212
5 A tale proposito, nella sentenza viene fatto un riepilogo delle posizioni giurisprudenziali del passato. In particolare, si richiama una sentenza della Corte di Cassazione di Roma del 12 giugno Pertanto, già sotto la vigenza del Codice Civile del 1865, la giurisprudenza sosteneva che, se il primo istituito muore prima del de cuius, la vicenda si sana perché quello che era stato pensato come fedecommesso diventa, nei fatti, una sostituzione ordinaria ammissibile. Tale soluzione diventò, per così dire, legislativa nel novecento perché il Codice Civile del 1942 che prevedeva alcune ipotesi di ammissibilità del fedecommesso in via generale, all articolo 696, prevedeva espressamente la sanatoria suddetta per il fedecommesso vietato che diveniva sostituzione ordinaria. Nell attuale testo del Codice Civile, modificato dalla riforma del 1975, anche se non è più prevista la sanatoria generale di cui all articolo 696 c.c., si ritiene che tale principio non venga eliminato. Si fa, comunque, presente che il testamento, di cui si discute nel caso di specie, è del 1948, quindi, è retto dalle disposizioni legislative precedenti alla riforma del Dopo aver fatto questa esposizione di carattere storico, la sentenza esplicita le ragioni sostanziali che rendono ammissibile questa forma di sanatoria. Nella sostanza, operando la cosiddetta conversione del fedecommesso nullo in sostituzione ordinaria, si ottiene il risultato di salvare la volontà del testatore e, al tempo stesso, non si viola la ratio del divieto del fedecommesso. Il fedecommesso, infatti, è vietato per evitare che il testamento crei, in capo al primo istituito, l obbligo di conservare i beni per ritrasmetterli 213
6 al secondo istituito, con la conseguenza che i beni medesimi vengono sottratti alla libera circolazione sul mercato. 1 Nell ipotesi in cui il primo istituito muore prima del de cuius, il problema suddetto non si pone: in questo caso, il semplice fatto di indicare che vi è un secondo istituto non determina nessuno degli effetti, politicamente ed economicamente, negativi del fedecommesso. In altre parole, se la ratio del divieto del fedecommesso è solo quella di impedire il meccanismo di conservazione e ritrasmissione del patrimonio ereditario, quando la vicenda della premorienza del primo istituito fa si che il problema della conservazione del patrimonio non si ponga nemmeno, la legge non può tutelare la posizioni di quei parenti che chiedono, senza alcun motivo, l eliminazione del testamento. In questi casi, l atteggiamento del soggetto che vuole utilizzare il divieto del fedecommesso per raggiungere un risultato che non ha nulla a che fare con le ragioni del divieto stesso, può essere ricondotto nell ambito della categoria del cosiddetto abuso del diritto. In conclusione, coerentemente con quanto detto, l esito della vicenda è quello della conferma della soluzione offerta dalla Corte d appello, ossia della sanabilità della disposizione testamentaria fedecommissaria che viene convertita in una sostituzione ordinaria ammissibile. 1 Il codice napoleonico introduce il divieto del fedecommesso e del maggiorascato per ottenere il medesimo risultato. Nel sistema di antico regime i due istituti servivano proprio per conservare, nei secoli, i patrimoni familiari delle famiglie feudali. Dopo la Rivoluzione francese, l eliminazione di questi due istituti determina una trasformazione storica ed antropologica della società. 214
7 3. La clausola si sine liberi decesserit: Cassazione n del Dopo aver visto la possibile sanatoria del fedecommesso, adesso procederemo con l analisi della sentenza della Corte di Cassazione, n , del 14 ottobre 2013, che si occupa del problema della cosiddetta clausola si sine liberis decesserit. La vicenda inizia quando, dopo la morte di un uomo, si apre una lite fra gli eredi legittimi e la moglie del de cuius. Gli eredi legittimi dell uomo sostenevano di essere, insieme ad altri parenti, coeredi di una quota del patrimonio del de cuius. La moglie, invece, sosteneva di essere erede universale del marito, in virtù di un testamento olografo del Dopo la morte dell uomo, infatti, la donna aveva ritrovato una lettera, a lei indirizzata, in cui il marito la metteva a conoscenza dell esistenza di un testamento olografo da lui redatto nel 1949, con il quale il de cuius istituiva la moglie sua erede universale. Pertanto, non essendo stato ritrovato il testamento del 1949, la donna faceva valere l esistenza di questa lettera che, secondo lei, doveva essere considerata un vero e proprio testamento olografo. Gli eredi legittimi, quindi, di fronte a questa situazione, agivano presso il Tribunale di San Angelo dei Lombardi, chiedendo che fosse dichiarata la nullità del testamento per difetto dei requisiti di forma. La moglie, da parte sua, chiedeva il rigetto della domanda e sosteneva la validità del testamento. In questa situazione, già abbastanza complicata, si inserisce un terzo soggetto. Ad un certo punto, infatti, interviene nel processo il Comune di Teora, il quale, sostiene che il padre del de cuius aveva, con un testamento del 1932, istituito eredi i futuri figli del de cuius (i nipoti), con la Cass., n /
8 clausola che, nel caso in cui il figlio fosse morto senza discendenti, il patrimonio paterno sarebbe stato attribuito all ente comunale per la costruzione di un asilo che avrebbe portato il suo nome. Pertanto, il comune interviene nel processo, facendo valere il testamento del padre e sostenendo che, essendo effettivamente il figlio morto senza discendenti, tutto il patrimonio paterno doveva essere devoluto all ente, con delle conseguenze, chiaramente, anche sulla consistenza del patrimonio ereditario del figlio che, presumibilmente, per la maggior parte, era formato dai lasciti del padre. Il testamento del padre, nella sostanza, conteneva una cosiddetta clausola si sine liberis decesserit (ossia se sarà morto senza figli ) che è una clausola, con cui il testatore nomina un erede, disponendo che, nel caso in cui questo muoia senza figli, gli venga sostituito un altro soggetto. Tale clausola pone dei problemi di validità perché, a seconda di come è formulata, può contrastare con il divieto di sostituzione fedecommissaria. Nel caso in esame, quindi, si pone il problema di stabilire se tale clausola del testamento paterno sia valida, oppure sia invalida perché in contrasto con il divieto di sostituzione fedecommissaria. Il processo è un po complesso: si ha una prima pronuncia del Tribunale, poi, una pronuncia della Corte d appello e un rinvio della Cassazione. Tralasciando i dettagli su tutti i diversi passaggi processuali, in questa sede, è interessante soffermarsi sul fatto che il Tribunale aveva ravvisato nella suddetta clausola del testamento paterno un ipotesi di sostituzione fedecommissaria vietata perché, se il figlio fosse deceduto senza prole, l intero patrimonio paterno (sia la quota di 216
9 legittima, che quella disponibile) sarebbe stato devoluto all ente comunale. Da ciò, il Tribunale deduceva che la clausola si sine liberis decesserit era stata inserita nel testamento del padre con l intento di conservare l intero patrimonio, saltando il figlio e facendo pervenire tutta l eredità all ente comunale. Dinanzi ad una clausola testamentaria si sine liberis decesserit, infatti, due sono le strade percorribili. Da un lato, si può ritenere che tale clausola sia stata inserita dal testamento al solo scopo di garantire la conservazione di un determinato patrimonio che, alla morte dell erede, passerà per intero ad un altro soggetto, con la conseguenza che tale clausola è nulla perché contrastante con il divieto di sostituzione fedecommissaria. Questa è la strada seguita dal Tribunale che ritiene che, nel caso in esame, il padre, non avendo una buona opinione del figlio e delle sue capacità, abbia voluto, istituendo eredi virtuali gli ipotetici nipoti, far si che il figlio si limitasse semplicemente a conservare il patrimonio paterno che, poi, sarebbe stato devoluto all ente indicato. La clausola in questione può essere considerata, anche, in modo diverso, nel senso che essa si riferisce solo alla quota disponibile del patrimonio del testatore, per cui, se l istituito effettivamente muore senza lasciare figli, solo la disponibile passa al sostituto, mentre la legittima rimane nella disponibilità dell erede. In questo caso, la clausola si sine liberis decesserit non configura un ipotesi di sostituzione fedecommissaria, ma è considerata valida. Siamo, nella sostanza, di fronte ad una disposizione testamentaria sottoposta a condizione (nascita di discendenti) risolutiva per l erede istituito; sospensiva per il secondo istituto. 217
10 Nel caso in esame, come abbiamo detto, il Tribunale ritiene che la clausola in questione sia invalida perché si configura come un ipotesi di sostituzione fedecommissaria vietata dalla legge. La Corte d appello di Napoli si conforma alla decisione di primo grado. In particolare, secondo i giudici di appello, essendo la disposizione testamentaria non chiara, non è possibile stabilire quale sia stato l effettivo intento del testatore. A questo punto, il Comune propone ricorso per Cassazione. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del Comune, innanzitutto, perché ritiene che la decisione della Corte d appello impugnata, per come è stata impostata, non può essere condivisa. Ad avviso del giudice di legittimità, la Corte d appello, in quanto giudice di merito, aveva il compito di interpretare la volontà del testatore. Tale compito, però, non è stato assolto dal giudice di merito che si è limitato a dichiarare che le disposizioni del testamento paterno sono poco chiare e che, per questo, non è possibile stabilire se la clausola si sine liberis decesserit in questione sia valida, o invalida. Nello specifico, la Corte d appello non ha fatto una corretta applicazione delle norme previste in materia di interpretazione del contratto che, per quanto possibile, si applicano anche all interpretazione del testamento. In altre parole, il giudice di secondo grado non ha saputo interpretare la volontà del testatore, in modo tale, da scegliere fra le due possibili letture alternative della clausola si sine liberis decesserit. Pertanto, per stabilire se la clausola in questione è valida ossia è qualificabile come una disposizione testamentaria sottoposta a condizione risolutiva oppure è invalida ovvero utilizzata al solo scopo di mascherare una sostituzione fedecommissaria vietata dalla 218
11 legge è necessario un accertamento da effettuarsi caso per caso e che è mancato nella decisione della Corte d appello impugnata che, quindi, deve essere cassata e la causa rinviata ad altro giudice. Tra l altro, sostenere che il padre aveva inserito tale clausola nel suo testamento perché voleva, nella sostanza, saltare il figlio e attribuire i suoi beni all ente indicato perché non aveva alcuna fiducia nelle capacità del figlio, non è, per la Cassazione, motivo sufficiente e decisivo per configurare un ipotesi di istituzione fedecommissaria, legata alla certezza che l evento dedotto (nascita eredi) non si sarebbe mai verificato. Un argomentazione del genere poteva, eventualmente, essere sostenuta se, per esempio, il figlio era affetto da una malattia che lo rendeva capace di procreare. Infine, nella sentenza si fanno due ulteriori precisazioni. In primo luogo, si sottolinea l errore del giudice di merito nel sostenere la nullità della disposizione testamentaria per lesione della quota di legittima del figlio perché, come abbiamo già avuto modo di dire, la lesione della legittima non rende il testamento nullo, ma riducibile. In secondo luogo, la Cassazione si esprime anche sulla validità del testamento del figlio. Anche per tale questione, la Corte ritiene che il giudice d appello non abbia chiarito, in maniera esaustiva, in ordine alla possibilità di considerare la lettera del 1950 come un vero e proprio testamento olografo. In conclusione, i ricorsi vengono accolti, la sentenza impugnata cassata e la causa rimessa ad un nuovo giudice. 219
12 4. Sostituzione fedecommissaria ed usufrutto: analisi della sentenze della Corte di Cassazione n del 2009 e n del Le ultime due sentenze che proponiamo in materia di fedecommesso riguardano il rapporto fra tale istituto e l usufrutto. La prima sentenza è quella della Corte di Cassazione, n. 4435, del 24 febbraio Anche in questo caso abbiamo un testamento olografo, nel quale, con riferimento ad un patrimonio costituito solamente da beni mobili (denaro contante e titoli di credito), il testatore dice che tale patrimonio deve andare alla moglie in usufrutto. Si aggiunge, anche, che la moglie dovrà essere controllata, per quanto attiene alla gestione del patrimonio, da un nipote. Alla morte della donna, la rimanenza del patrimonio dovrà andare al nipote controllore ed ad altri nipoti del de cuius. Com è evidente, si tratta di una scheda testamentaria non totalmente chiara: si attribuisce l usufrutto alla moglie, senza indicare chi sia il proprietario dei beni; si indica a chi dovrà andare il patrimonio dopo la morte della moglie con una disposizione che, quindi, si avvicina al fedecommesso. In questo caso, non siamo, però, di fronte ad un fedecommesso puro perché la moglie non ha l obbligo di conservare il patrimonio e ritrasmetterlo, ma può, anche se sotto il controllo del nipote, consumare i beni ereditari. C è, comunque, l obbligo di ritrasmettere la rimanenza, secondo un meccanismo che il diritto antico chiamava fedecommesso de residuo. Dopo l apertura della successione, la moglie agisce in giudizio, sostenendo che il testamento è nullo perché ha istituito un Cass., n. 4435/09 220
13 fedecommesso de residuo vietato dagli articoli 692, e seguenti, del codice civile. Il Tribunale di Bolzano accoglie la domanda della vedova perché, effettivamente, si ravvisa nell attribuzione fatta alla moglie un meccanismo diverso dall usufrutto previsto dalla legge. Secondo il giudice di primo caso, il testatore ha chiamato usufrutto ciò che, in realtà, è un fedecommesso vietato. La Corte d appello di Trento, invece, interpreta diversamente e lo ritiene valido. In particolare, essa sostiene che è possibile interpretare la disposizione testamentaria come un vero e proprio usufrutto, nel senso che il testatore abbia voluto istituire la moglie come usufruttuaria e i nipoti come nudi proprietari del patrimonio ereditario. Pertanto, i poteri di controllo attribuiti al nipote si giustificherebbero come poteri del nudo proprietario. In questo modo, non si avrebbe una vicenda fedecommissaria caratterizzata dalla duplicità dei passaggi, ma si avrebbe, fin da subito, un unico passaggio, in cui i beni vengono lasciati, in usufrutto, alla moglie ed, in proprietà, ai nipoti. Seguendo questa impostazione, quindi, il testamento è valido e non si ha alcuna istituzione fedecommissaria vietata. La moglie propone ricorso per Cassazione, in cui, la stessa ribadisce la tesi fedecommesso de residuo e, sul piano tecnico, fa alcune specifiche contestazioni alla sentenza d appello impugnata. Innanzitutto, la ricorrente sostiene che dell usufrutto si può essere, eventualmente, legatari e non eredi. Inoltre, per come è strutturato, il diritto che le viene conferito sui beni del marito non è compatibile con la struttura tecnica dell usufrutto. Da un lato, alla donna è concesso di consumare i beni, cosa che l usufruttuario non può fare. Dall altro lato, vengono concessi ampi 221
14 poteri di controllo al nipote che non sono compatibili con i poteri, pressoché inesistenti, del nudo proprietario. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Fondamentalmente, anche in questa sentenza si ritrova la consueta formula, per cui, l interpretazione svolta in sede di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in Cassazione. Sul piano tecnico, comunque, la Corte di Cassazione fa delle importanti specificazioni. Innanzitutto, si specifica che, ai sensi dell articolo 588 c.c., può essere, a titolo di erede qualunque disposizione che abbia generale e, quindi, anche l usufrutto generale, per cui, non è corretto sostenere che l usufrutto possa essere attribuito solo a titolo di legato. In secondo luogo, l usufrutto può avere ad oggetto anche cose consumabili e crediti e non è, quindi, riferibile solo a beni immobili. A tal proposito, l usufrutto di cose consumabili (previsto dal codice civile) implica l utilizzazione e la consumazione del bene. Nel caso di specie, quindi, il fatto che la moglie abbia l obbligo di restituire la rimanenza non esclude il riferimento all usufrutto. L esito finale della pronuncia è, quindi, quello di confermare la sentenza di secondo grado e ribadire la validità del testamento, con la conseguenza di considerare, fin da subito, i nipoti nudi proprietari e usufruttuaria la moglie. La prossima sentenza è quella della Corte di Cassazione, n , del 18 luglio del Anche in questo caso, come vedremo, si ripropone la questione del fedecommesso e dell usufrutto. Un uomo muore lasciando un testamento olografo, in cui, attribuiva alla moglie tutti i beni di sua proprietà, ad eccezione di alcuni terreni che venivano attribuiti ad un nipote e alle due sorelle del de cuius. Cass., n /05 222
15 Nel testamento si diceva, anche, che alla morte della moglie tutti i beni del de cuius, attribuiti vita natural durante alla moglie, dovevano essere ripartiti tra i nipoti (figli delle sorelle). Il testatore stabiliva, anche, che, dopo la morte della moglie, l indennizzo che il de cuius percepiva dal 2002 per danni bellici doveva essere attribuito alla Curia di Santa Maria Capua Vetere, in modo tale che questa somma di denaro fosse impiegata per celebrare tre messe al mese per la sua anima, l anima di sua moglie e per quella di tutti i suoi parenti defunti. Questa seconda parte del testamento, non essendo totalmente chiara, porta alla lite fra la moglie e i nipoti del de cuius. Dopo la morte dell uomo, infatti, vengono presentate due diverse e distinte denunzie di successione. La prima denunzia di successione viene presentata dai nipoti del de cuius, i quali, seguendo quanto detto nel testamento, assumono di essere i nudi proprietari dei beni ereditari e che alla moglie è attribuito solo l usufrutto sui medesimi beni. La seconda denunzia di successione è presentata dalla moglie, la quale ritiene che il testamento contiene una sostituzione fedecommissaria vietata e che, quindi, lei deve essere considerata erede universale del marito e legittimaria alla quale spetta la quota riservata per legge. A causa di questa visione contrastante, i nipoti agiscono presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, chiedendo che fosse dichiarata l apertura della successione testamentaria dello zio e che fosse dichiarata la validità ed efficacia della disposizione testamentaria che attribuiva a loro la nuda proprietà dei beni e alla moglie il mero usufrutto. 223
16 La moglie si costituisce in giudizio, sostenendo che lei era, comunque, stata nominata dal marito, quale sua erede universale. La donna sostiene, anche, che la disposizione testamentaria, con cui il marito attribuiva, dopo la morte della moglie, tutti i suoi beni, doveva essere considerata nulla perché configura un fedecommesso vietato, in quanto, non rientrante in nessuna delle ipotesi tassativamente previste dall articolo 692 del codice civile. Si costituiva anche la Curia che, seguendo la stessa impostazione della moglie, chiedeva che la disposizione testamentaria in suo favore fosse dichiarata nulla perché si trattava di un fedecommesso vietato. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accoglie la domanda degli attori (nipoti) e, quindi, dichiara aperta la successione testamentaria, non ritenendo che la disposizione testamentaria in questione configurasse un ipotesi di fedecommesso vietato. La Corte d appello di Napoli riforma la sentenza di primo grado e fa un ragionamento particolare. Essa, infatti, ritiene che le disposizioni testamentarie a favore della moglie e dei nipoti dovessero essere considerate disposizioni a titolo particolare, con le quali, veniva attribuito, alla moglie un legato di usufrutto sui beni immobili del testatore e, ai nipoti, un ulteriore legato avente ad oggetto la nuda proprietà dei medesimi beni immobili. Pertanto, essendo le disposizioni testamentarie a titolo particolare, per la restante parte del patrimonio del de cuius doveva considerarsi aperta la successione legittima. In particolare, ad avviso della Corte d appello, nel caso di specie si doveva procedere all applicazione dell articolo 582 c.c. che regola l ipotesi di concorso del coniuge coni fratelli e i nipote del de cuius e che riserva al coniuge una quota pari a 2/3 dell eredità. 224
17 In questo modo, la moglie, se riteneva che le attribuzioni fatte, in sede testamentaria, dal marito ai nipoti fossero lesive della quota a lei spettante (ex articolo 582 c.c.), essa poteva agire in riduzione. Anche attraverso questa interpretazione della scheda testamentaria, quindi, si esclude la sussistenza di un fedecommesso vietato dalla legge. Contro tale sentenza la moglie propone ricorso per Cassazione, la quale, disattendendo quanto deciso dai giudici di merito, propone una diversa interpretazione del testamento. In particolare, in sede di ricorso per Cassazione, la moglie sostiene che la sentenza della Corte d appello, nel qualificare la disposizione testamentaria a suo favore come legato d usufrutto, abbia completamente travisato la volontà del testatore ed abbia, in sostanza, mal interpretato il testamento del marito. Secondo la ricorrente, la Corte d appello ha valorizzato esclusivamente l espressione vita natura durante utilizzata dal testatore per qualificare l attribuzione fatta a favore della moglie. Il giudice di secondo grado ha, invece, trascurato altri elementi fondamentali, ossia la mancanza, nel testamento, di un qualsiasi riferimento all usufrutto; l utilizzazione dell espressione lascio a mia moglie tutte le mie proprietà ; la posticipazione, ad un momento successivo alla morte della moglie, dell acquisto del diritto di proprietà da parte dei nipoti. La considerazione di tutti questi elementi, secondo la ricorrente, rende inequivocabile la sussistenza di un fedecommesso. La Corte di Cassazione, come abbiamo già anticipato, accoglie il ricorso e dà ragione alla moglie. Per la Cassazione, infatti, la Corte d appello avrebbe dovuto accertare se il testatore aveva inteso istituire la moglie sua erede universale con 225
18 attribuzione ad essa della piene proprietà dei beni e con sostituzione, dopo la sua morte, dei nipoti del de cuius. In questo caso, si sarebbe trattato di un istituzione fedecommissaria caratterizzata dalla duplice chiamata e dall ordine successivo delle chiamate stesse. Oppure, accertare se il testatore aveva, viceversa, inteso attribuire alla moglie solo l usufrutto con immediata attribuzione della nuda proprietà dei beni ai nipoti. Per poter accertare ciò era, però, necessario effettuare un interpretazione complessiva della scheda testamentaria. Cosa che, ad avviso della Cassazione, non era stata fatta dal giudice di merito, il quale, come abbiamo detto, si era limitato semplicemente a considerare l espressione vita natura durante. L insufficienza dell indagine interpretativa compiuta dalla Corte d appello è dimostrata anche dal fatto che la durata della vita del soggetto (in questo caso della moglie) è rilevante sia per il diritto di usufrutto la vita dell usufruttuario è la misura temporale del diritto reale sia nel caso di fedecommesso vita istituito costituisce il termine finale al quale far riferimento perché si realizzi la chiamata a favore del sostituto. Pertanto, per poter effettivamente comprendere la natura delle attribuzioni effettuati dal testatore a favore della moglie e dei nipoti, non si deve dare rilievo solo al termine vita natura durante, ma bisogna considerare il complesso della scheda testamentaria. Ad esempio, nel caso di specie, si doveva considerare anche che, nel designare l oggetto dell attribuzione a favore della moglie, il testatore ha utilizzato il termine proprietà, e lo stesso termine è stato anche utilizzato in riferimento all attribuzione fatta a favore dei nipoti. E ciò farebbe pensare non all usufrutto, ma al fedecommesso. 226
19 In conclusione, quindi, vista l insufficienza dell indagine interpretativa svolta nella sentenza impugnata, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza di secondo grado e rinvia la causa ad altro giudice che dovrà interpretare la scheda testamentaria tenendo conto dei rilievi svolti dalla Corte di Cassazione. 227
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