VISTO il regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta Regionale 6 settembre 2002, n. 1 e successive modifiche;
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- Giorgiana Casadei
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1 Deliberazione Giunta Regionale 8 aprile 2014 n. 173 Istituzione della tipologia di struttura socioassistenziale a ciclo residenziale denominata "Comunità familiare ad accoglienza mista". (Lazio, BUR 17 aprile 2014, n. 31, supplemento n. 1) LA GIUNTA REGIONALE SU PROPOSTA dell'assessore alle Politiche Sociali e allo Sport; VISTO lo Statuto regionale; VISTA la legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6 concernente "Disciplina del sistema organizzativo della Giunta e del Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza ed al personale regionale" e successive modifiche; VISTA la legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 recante "Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socioassistenziali nel Lazio" e successive modifiche; VISTO il regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta Regionale 6 settembre 2002, n. 1 e successive modifiche; VISTO il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 recante "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59"; VISTA la legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 recante "Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo" e successive modifiche; VISTA la legge 8 novembre 2000, n. 328 concernente "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"; VISTO il decreto 21 maggio 2001, n. 308 del Ministro per la Solidarietà Sociale: Regolamento concernente "Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328"; VISTA la legge regionale 12 dicembre 2003 n. 41 concernente: "Norme in materia di autorizzazione all'apertura ed al funzionamento delle strutture che prestano servizi socio-assistenziali"; VISTA la Delib.G.R. 23 dicembre 2004, n recante: "Autorizzazione all'apertura ed al funzionamento delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale che prestano servizi socio-assistenziali. Requisiti strutturali e organizzativi integrativi rispetto ai requisiti previsti dall'articolo 11 della L.R. 41/2003"; VISTA la proposta di legge regionale n. 88 del 17 ottobre 2013 recante: "Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio", d'iniziativa della Giunta regionale e approvata con Delib.G.R. 10 ottobre 2013, n. 321; VISTO in particolare il comma 3 dell'articolo 29 (Strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale), che prevede espressamente: "La Giunta regionale, con propria deliberazione, istituisce tipologie di strutture multiutenza e/o polifunzionali, anche a carattere sperimentale; CONSIDERATA la positività di alcune buone prassi avviate in altre regioni (Emilia-Romagna, Piemonte, Marche) relative al funzionamento di strutture socioassistenziali ad accoglienza mista di tipo familiare, gestite da soggetti del terzo settore, che, attraverso la presenza stabile di due persone adulte di riferimento,
2 garantiscono a minori e adulti in stato di difficoltà, di abbandono e di svantaggio un contesto di vita familiare in grado di sostenere il processo di evoluzione positiva e di maturazione, con modalità di condivisione adeguate alle esigenze dell'età e del livello di maturazione di ciascun soggetto; PRESO ATTO di sollecitazioni provenienti dal territorio che hanno rappresentato, sulla scorta di esperienze avviate nelle altre regioni, l'esigenza della presenza di strutture socioassistenziali che, all'interno di una dimensione familiare, soddisfino contemporaneamente bisogni di più tipologie d'utenza; RILEVATO che strutture socioassistenziali con le caratteristiche citate non trovano un formale riconoscimento nella normativa regionale di settore; RITENUTO pertanto opportuno istituire nella Regione Lazio, anche alla luce dei buoni risultati riscontrati in altre regioni italiane, una tipologia di struttura socioassistenziale multiutenza denominata "comunità familiare ad accoglienza mista", i cui requisiti sono contenuti nell'allegato A che costituisce parte integrante della presente deliberazione; ATTESO che la comunità familiare ad accoglienza mista deve essere caratterizzata dalla presenza effettiva di una famiglia o di almeno due persone adulte preferibilmente di sesso diverso e adeguatamente preparate che, ponendo stabile dimora nella struttura e condividendo un legame diretto con gli ospiti, offrono agli stessi un ambiente familiare adeguato e ai minori un rapporto di tipo genitoriale personalizzato; ATTESO che il servizio reso dalle comunità familiari ad accoglienza mista deve comunque: a) essere inserito nella rete dei servizi territoriali; b) attenersi alle normative regionali e ai regolamenti comunali vigenti in materia; c) essere caratterizzato dalla costante partecipazione nelle scelte dei servizi sociali territoriali; Delibera Per le motivazioni indicate in premessa e che integralmente si richiamano: A) di istituire una nuova tipologia di struttura socioassistenziale, ulteriore rispetto a quelle previste dalla Delib.G.R. n. 1305/2004, denominata "Comunità familiare ad accoglienza mista", avente i requisiti strutturali, funzionali ed organizzativi di cui all'allegato A, che forma parte integrante della presente deliberazione; B) di stabilire che, ai fini dell'apertura e del funzionamento, le strutture socioassistenziali rientranti nella tipologia di cui alla lettera A) sono soggette al regime autorizzatorio di cui alla L.R. n. 41/2003. La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio. Il Presidente pone ai voti, a norma di legge, il su esteso schema di deliberazione che risulta approvato all'unanimità. Allegato A Comunità familiare ad accoglienza mista 1 Definizione La comunità familiare ad accoglienza mista, di seguito denominata comunità familiare, è una struttura socioassistenziale che garantisce a minori e adulti in stato di difficoltà, di abbandono, di svantaggio, per qualsiasi motivo esso sia stato originato o causato, un contesto di vita familiare in grado di sostenere il
3 processo di evoluzione positiva e di maturazione mediante un'organizzazione caratterizzata da relazioni stabili, affettivamente significative e personalizzate, inserite in una rete comunitaria, con modalità di condivisione adeguate alle esigenze dell'età e del livello di maturazione di ciascun soggetto. La comunità familiare è gestita da uno degli organismi del terzo settore di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000 n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), di seguito denominato organismo gestore, il quale, attraverso una famiglia o almeno due figure adulte, garantisce una risposta di accoglienza di tipo familiare unitamente alla qualità dell'accoglienza, a un contesto ambientale adeguato agli utenti e al rispetto delle dimensioni gestionali e strutturali oltre che progettuali, anche attraverso la formazione continua dei propri operatori. La comunità familiare ad accoglienza mista è caratterizzata dalla presenza effettiva di una famiglia o di almeno due persone adulte preferibilmente di sesso e adeguatamente preparate che, ponendo stabile dimora nella struttura e condividendo un legame diretto con gli ospiti, offrono agli stessi un ambiente familiare adeguato e ai minori un rapporto di tipo genitoriale personalizzato. La coppia ospitante vive principalmente del frutto del lavoro relativo all'accoglienza degli ospiti. Le comunità familiari sono inserite nella rete dei servizi territoriali, si attengono alle normative regionali e ai regolamenti comunali, sono caratterizzate dalla costante partecipazione nelle scelte dei servizi territoriali attraverso la condivisione della progettazione e dell'organizzazione dei servizi e degli interventi. 2. Destinatari e capacità ricettiva La comunità familiare accoglie: a) minori, per i quali si ritengono appropriate dinamiche relazionali, affettive e educative proprie della famiglia; b) adulti in difficoltà, compresi quelli già ospitati in età minorile, ad esclusione di quelli in fase di dipendenza attiva o, più in generale, portatori di problematiche particolari non compatibili con la compresenza di minori. È altresì consentita l'accoglienza di persone, sia minori sia adulti, con patologie psichiatriche stabilizzate o disabili anche gravi e/o con patologie complesse, anche non autosufficienti, che non necessitano di assistenza sanitaria e presenza infermieristica per l'intero arco della giornata. La comunità familiare può ospitare fino a un massimo di otto assistiti. Vi può essere deroga nel caso di accoglienza di fratelli o sorelle. In caso di presenza di figli minori della coppia dei responsabili la somma fra persone accolte e figli naturali/adottivi non può superare il tetto di 10 unità. Sono escluse dal conteggio le figure di supporto anche residenti. Il responsabile della struttura, in raccordo con i servizi sociali del comune territorialmente competente, valuta le condizioni per l'accoglienza di nuovi ospiti, con particolare riguardo alla tutela del preminente interesse di minori. 3. Requisiti strutturali Le comunità familiari sono strutture residenziali inserite in edifici a uso abitativo, e si configurano, sul piano strutturale, sui criteri propri della civile abitazione, ivi comprese le cucine. Le dimensioni e le caratteristiche degli ambienti pertanto ripropongono caratteristiche tipologiche e di suddivisione degli spazi di quotidianità propri di un comune appartamento, con zona notte, zona giorno, servizi igienici, cucina ed eventuali locali di servizio. La comunità familiare è dotata di un servizio igienico ogni quattro persone conviventi nella struttura.
4 La zona pranzo-soggiorno permette lo svolgimento di attività collettive e individuali, in coerenza con le esigenze delle ospiti presenti. La cucina è in possesso dei requisiti previsti per le strutture di civile abitazione dalla normativa vigente in materia igienico-sanitaria. Le camere da letto sono singole, doppie o triple. La superficie minima delle camere da letto è la seguente: - mq. 9 per la camera a un letto; - mq. 14 per le camere a due letti; - mq. 20 per le camere a tre letti. 4 Requisiti organizzativi 4.1. Progetto globale e carta dei servizi La comunità familiare è dotata di un progetto globale e di una carta dei servizi. Il progetto globale illustra le finalità e l'organizzazione della struttura e la colloca sulla base delle sue caratteristiche peculiari nell'ambito della rete dei servizi, agevolando il corretto inserimento dei minori e degli adulti attraverso il confronto degli obiettivi individuati nei piani personalizzati con quanto in esso definito. La carta dei servizi indica i criteri per l'accesso alle prestazioni erogate dalla struttura, le modalità di funzionamento della stessa, l'assetto organizzativo interno e le procedure per assicurare la tutela degli utenti. 4.2 Modalità di ammissione e dimissione Le richieste di ammissione alle comunità familiari, sono presentate alla sede territoriale dell'organismo gestore da un servizio pubblico (sociale, giudiziario, sanitario), o direttamente dall'interessato e, nel caso di persone soggette a limitazioni giuridico-legali, da chi ne ha la tutela. La richiesta dovrà essere integrata da una relazione redatta dal servizio sociale del comune competente. Una volta individuata la struttura più idonea a rispondere ai bisogni della persona proposta e avuta la conferma della disponibilità, la presa in carico avviene con comunicazione scritta da parte dell'ente al servizio pubblico richiedente. L'inserimento è vincolato a un periodo di prova, definito di volta in volta secondo le caratteristiche e le condizioni della persona e della situazione presa in carico ed è concordata ed esplicitata al momento della conferma dell'ammissione. Durante il periodo di prova la persona accolta, compatibilmente alle sue caratteristiche e capacità, è accompagnata in una progressiva comprensione delle caratteristiche dell'ambiente in cui si trova, delle risorse che può offrirgli e dei vincoli che gli impone, delle regole di vita che la qualificano, con l'aspettativa di suscitare in lui/lei un sufficiente livello di coinvolgimento e partecipazione attiva e responsabile al progetto che si va a porre in essere nei suoi confronti. La verifica al periodo di prova serve anche alla valutazione della compatibilità con le altre persone già inserite nell'ambito della comunità familiare, al fine di garantire a ciascuno un ambiente realmente qualificato in termini di rapporti precisi, personalizzati e adeguatamente integrati fra loro nell'insieme del gruppo.
5 Al termine del periodo di prova viene fatta una valutazione dell'inserimento e nel caso la verifica risulta positiva, l'inserimento prosegue secondo l'iter previsto dal piano personalizzato che il responsabile della struttura ha redatto in collaborazione con il servizio sociale comunale competente. La durata e la natura dell'inserimento sono determinate dallo stato di bisogno del soggetto, sono concordate e formalizzate al momento della conferma all'ammissione e sono oggetto di verifica periodica in relazione all'evolversi dei bisogni della persona e agli obiettivi del piano personalizzato. Qualora invece il periodo di prova risulti negativo ai fini di un eventuale inserimento protratto, il responsabile della comunità familiare, redige una relazione da inviare al servizio sociale del comune competente in cui sono evidenziate le ragioni della valutazione. I motivi che possono determinare la dimissione dalla comunità familiare sono: a) modificazione delle condizioni che hanno determinato la richiesta di presa in carico; b) raggiungimento degli obiettivi prefissati in ragione di un eventuale reinserimento presso la famiglia e/o contesto di origine; c) sviluppo di un sufficiente livello di autonomia personale/sociale; d) presenza di comportamenti pregiudizievoli e inadeguati da parte della persona inserita; e) trasgressioni gravi e continuative delle regole di convivenza della comunità familiare; f) libera scelta da parte della persona maggiorenne non soggetta a limitazioni giuridiche della capacità d'agire e con sufficiente grado di autodeterminazione; g) formale richiesta di dimissione adeguatamente motivata per scritto, da parte del Servizio Inviante. La comunicazione di dimissione di una persona inserita nella comunità familiare, può essere inoltrata dalle figure responsabili della stessa, sulla base di una relazione scritta, contenente le motivazioni e inviata al servizio referente per il soggetto. La relazione contiene la sintesi della valutazione che ha motivato la richiesta e la possibile formulazione di valide alternative di inserimento presso altre realtà ritenute più idonee ad accompagnare il processo di sviluppo della persona in riferimento agli obiettivi stabiliti nel piano personalizzato 4.3. Piano personalizzato A) Minori Per ogni minore accolto nei servizi residenziali è predisposto un piano personalizzato educativo-assistenziale. Il piano personalizzato è predisposto sulla base degli elementi desunti dalla documentazione relativa alla presa in carico del singolo ospite fornita dal servizio sociale territoriale, dal rapporto diretto e personale con il minore, dai colloqui con la famiglia d'origine, dalla scuola e con il gruppo sociale di appartenenza, dalle informazioni provenienti dagli operatori territoriali eventualmente coinvolti nel caso. Il piano personalizzato è quindi uno strumento di lavoro che si basa sulla conoscenza della storia del minore, della sua situazione, del suo contesto familiare e sociale, conoscenza che suggerisce un modello d'intervento che possa garantire al minore un ambiente "familiare, " in cui si riproducano cioè occasioni del vivere quotidiano con figure adulte stabili in grado di offrire stimoli ed esperienze finalizzati ad assicurare l'acquisizione e lo sviluppo di capacità cognitive, relazionali e sociali e/o il recupero dell'equilibrio affettivo del minore. Il piano è definito dall'équipe degli operatori della struttura, in collaborazione con il servizio sociale territorialmente competente, coinvolgendo la famiglia e il minore in considerazione della sua capacità di
6 discernimento, tenendo conto degli eventuali decreti e prescrizioni del Tribunale per i Minorenni, non oltre i 30 giorni successivi all'ammissione. In ogni piano personalizzato è indicato il referente responsabile della sua attuazione, che ha anche il compito di curare i rapporti con il servizio sociale territoriale. In particolare il piano personalizzato definisce: a) gli obiettivi educativi da raggiungere; b) i contenuti e le modalità dell'intervento da attuare; c) le soluzioni in rapporto alla condizione del minore; d) i tempi di realizzazione; e) le figure professionali responsabili dell'attuazione dell'intervento; f) le procedure per la valutazione e le modifiche in itinere; g) criteri di informazione e coinvolgimento delle figure e delle istituzioni interessate alla realizzazione dell'intervento (minore, famiglia d'origine, Tribunale per i Minorenni, strutture formative). B) Adulti A seconda della tipologia di utenza e dei bisogni degli ospiti adulti accolti, è predisposto in coerenza con il progetto globale della struttura un piano personalizzato di assistenza, che indichi gli obiettivi da raggiungere, i contenuti e le modalità degli interventi finalizzati: a) per le persone adulte disabili e anziani, al mantenimento e al recupero delle capacità fisiche, cognitive, relazionali e dell'autonomia personale, con particolare riferimento; b) per le persone in stato di difficoltà, di abbandono e di svantaggio, all'inserimento sociale e al recupero di funzioni di autonomia e di autogestione. Nel piano personalizzato sono indicati in particolare i tempi di attuazione degli interventi, la tipologia e l'intensità della risposta assistenziale, il responsabile dell'attuazione dell'intervento, le attività e le prestazioni socio-assistenziali che la struttura fornisce, e ogni altro intervento necessario a conseguire i risultati attesi, il sistema di verifica, nonché i criteri di informazione e coinvolgimento dell'utente. Nel piano personalizzato sono inoltre indicate le azioni relative alle modalità di adesione e di partecipazione dell'utente al progetto di inserimento e/o reinserimento sociale proposto. Ogni informazione contenuta nel piano è regolarmente aggiornata e verificata, in modo tale da seguirne l'evoluzione nel tempo. Le strutture comunicano l'andamento degli interventi previsti nel piano personalizzato di riabilitazione sociale all'ospite ed agli operatori territoriali coinvolti. 4.4 Attività e prestazioni Nelle strutture l'organizzazione della giornata è tale da soddisfare la necessità di socializzazione, stimola la capacità di rapporto sociale, favorisce le possibilità di sollecitazioni culturali e di creatività per le persone assistite. Le attività si caratterizzano per:
7 - stabile convivenza delle persone accolte con figure di riferimento significative in grado di permettere una maggiore personalizzazione degli interventi educativi, con modalità di relazioni interpersonali dirette, immediate e individualizzate; - organizzazione della vita quotidiana in base ad un modello di vita familiare, rispettosa dei ritmi, capacità, e potenzialità delle persone accolte; - utilizzo, secondo le specifiche problematicità delle persone accolte, di competenze e professionalità appartenenti ai servizi presenti sul territorio; - finalizzazione di ogni progetto ed intervento educativo inteso allo sviluppo delle capacità specifiche e consapevolezza di se stessi, in ordine all'autonomia personale, alla capacità di relazione interpersonale, all'assunzione di responsabilità, compatibilmente con la situazione di ogni persona accolta; - assunzione e presa in carico dei casi di bisogno con la disponibilità di mantenere l'accoglienza fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi possibili. Nella relazione diretta con la persona accolta la comunità familiare offre: - presa in carico diretta e globale della persona, attraverso una relazione stabile, precisa e continuativa; - organizzazione e gestione della vita quotidiana in tutti i suoi aspetti ed attività; - gestione degli incontri (visite e/o rientri) con e presso la famiglia di origine; - organizzazione e gestione delle attività extra-residenziali utili alla soddisfazione dei bisogni sociali della persona accolta. In particolare sono garantiti i seguenti servizi e prestazioni: - alloggio, vitto, cura dell'igiene personale e ambientale, assistenza diurna e notturna; - interventi di sostegno e di sviluppo di abilità individuali che favoriscano l'espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane, nonché attività formative e ricreative che promuovano la vita di relazione dell'ospite e la sua inclusione sociale; - interventi di mediazione culturale concordati e programmati in relazione alle specifiche esigenze delle ospiti; - assistenza educativa per i minori accolti; - prestazioni sociali e sanitarie concordate e programmate con i servizi territoriali, nonché la pronta reperibilità in relazione alle urgenze sanitarie. L'organizzazione della struttura prevede l'attiva partecipazione delle ospiti nella gestione della comunità familiare. Il funzionamento della struttura è garantito per l'intero arco dell'anno. 4.5 Documentazione Nelle strutture residenziali in questione la documentazione relativa agli ospiti è costantemente aggiornata e comprende, un registro delle presenze degli ospiti, come stabilito dall'articolo 11, comma 1, lettera f), della legge 41/2003 ed una cartella personale per ogni singolo ospite, contenente i dati personali, amministrativi, sanitari, sociali, psicologici nonché la registrazione di tutte le fasi del lavoro compiuto.
8 Tutte le prestazioni, sanitarie, sociosanitarie ed assistenziali e gli interventi attuati sono registrati nella cartella personale dell'ospite. 4.6 Personale La comunità familiare è caratterizzata dalla presenza effettiva di una famiglia o di almeno due figure adulte che pongono stabile dimora nella struttura, preferibilmente una coppia con figli o un uomo ed una donna, in possesso di idoneità all'affido se accolgono minori. Le due figure adulte che pongono stabile dimora nella struttura devono essere adeguatamente formate dall'organismo gestore. Uno dei due adulti accoglienti è il responsabile della struttura; in particolare è responsabile della programmazione, dell'organizzazione e della gestione di tutte le attività che si svolgono all'interno della struttura e del coordinamento con i servizi territoriali. Effettua altresì verifiche e controlli sui programmi attuati dalla struttura. L'adulto accogliente che assume il ruolo del responsabile della struttura deve possedere la qualifica di educatore professionale oppure una documentata esperienza almeno triennale quale responsabile di strutture e servizi socio-assistenziali di analoga natura. L'altro adulto accogliente deve possedere la qualifica di educatore professionale oppure una documentata esperienza almeno annuale di attività, anche di supporto, in strutture e servizi socioassistenziali di analoga natura. Deve essere garantito, nei momenti di presenza dei minori presso la comunità e durante le attività esterne, un'adeguata presenza di figure adulte educative, comunque in misura non inferiore di un adulto ogni quattro minori. Per garantire il rispetto di tale rapporto numerico la coppia di adulti accoglienti può essere integrata da personale educativo di supporto in possesso di qualifiche di assistente di base o altre analoghe oppure di una documentata esperienza almeno annuale presso strutture e servizi socioassistenziali. Gli adulti accoglienti e gli operatori della struttura non devono essere stati condannati con sentenza di condanna passata in giudicato, di cui alle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro secondo del codice penale, tranne nel caso sia intervenuta la riabilitazione, ovvero avere procedimenti penali in corso per tali reati. Nelle ore di riposo notturno deve essere garantita la presenza di almeno uno degli adulti conviventi e accoglienti o altra figura adulta educativa e, se necessario, la presenza di personale adeguato secondo quanto stabilito nel piano personalizzato.
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