AGENZIA DEL LAVORO E DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA

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1 AGENZIA DEL LAVORO E DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA Piano di gestione della situazione di grave difficoltà occupazionale del settore tessile redatto ai sensi dell articolo 47 della legge regionale 18/2005 Settembre 2006

2 Indice del documento 1. Gli obiettivi del piano 2. Il settore tessile ed il comparto moda in Italia; 3. Evoluzione del settore tessile in Friuli Venezia Giulia; 3.1 L andamento degli indicatori di crisi; 3.2 Altri indicatori negativi: domanda interna, domanda estera, consumi di energia e elettrica del settore; 4. Progetti integrati diretti all orientamento, alla riqualificazione e alla ricollocazione dei lavoratori interessati, attraverso apposite misure di accompagnamento, con il concorso preminente dei Centri per l impiego (legge 18/2005 articolo 47 lettera b); 4.1 Gli interventi in favore delle imprese in crisi del settore tessile; 4.2 Interventi in favore delle lavoratori espulsi dalla crisi del settore tessile; 4.3 Ricerca delle nuove opportunità di lavoro ed agevolazioni per le imprese che assumono; 5. Progetti per il raccordo ed il rilancio, o la riconversione del tessuto industriale ed imprenditoriale, nonché ulteriori misure per la promozione di nuove attività imprenditoriali di cui all articolo 31 (legge 18/2005 articolo 47 lettera c); 6. I soggetti che partecipano all attuazione del piano; 7. Coordinamento e monitoraggio del progetto. Appendice: classificazione ATECO 2002; Appendice Elenco dei codici ISTAT esclusi dall intervento del piano. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 2

3 Piano di gestione della situazione di grave difficoltà occupazionale del settore tessile redatto ai sensi dell articolo 47 della legge regionale 18/2005 La crisi d'impresa ha rappresentato nel percorso di sviluppo del settore industriale l'aspetto negativo a cui per lungo tempo è sembrato impossibile contrapporsi con una qualche efficacia. Essa - al pari di una malattia - è stata per lungo tempo considerata un evento al di fuori delle possibilità di controllo della componente imprenditoriale e del management aziendale, di conseguenza, il percorso di studio per analizzarne con sistematicità gli aspetti caratterizzanti, le dinamiche interne ed esterne, gli impatti nei diversi contesti sociali e produttivi, è risultato lento e complesso. La crisi industriale è stata considerata, di volta in volta, come il frutto di una scarsa capacità imprenditoriale oppure di un'eccessiva temerarietà nel proprio percorso di crescita, mentre il successo imprenditoriale è sempre stato interpretato come un elemento di avvedutezza, di serietà, di giustizia e di equilibrio nel percorso all'intrapresa. Crisi e successo imprenditoriale hanno rappresentato, pur nel diverso destino, le facce della stessa medaglia che, in qualche modo, convivono e si alimentano tuttora. La storia del settore industriale, infatti, testimonia ampiamente l'evoluzione dei comparti produttivi in cui si alternano fasi di sviluppo e di crisi ed in questo processo troviamo settori e territori che declinano oppure scompaiono ed altri che, al contrario, si espandono e rafforzano il loro ruolo. In questo senso la letteratura economica rappresenta uno specchio fedele degli sforzi compiuti per capirli ed interpretarli. Piuttosto numerosi sono i filoni di studio: da quello della crisi generale del sistema industriale che ha costretto la comunità mondiale ad interrogarsi a fondo sulle cause di crisi e sulle terapie per fronteggiarla, a quello sulla crisi dei settori industriali come quella intervenuta nel nostro Paese nel corso degli anni 70 che diede luogo alla predisposizione della legge n. 675 del 1977 e successivamente della sua applicazione. Un terzo, importante, filone di studi è rappresentato dall'approccio aziendale orientato a studiare a fondo le origini del fenomeno ricercando i fattori scatenanti e gli indicatori economici e di bilancio più chiari ed esplicativi, che prosegue con il "case history" che ripercorre il percorso di crescita e di degrado dell'impresa ricercando tutti quei fattori che hanno contribuito a determinarla, ovvero il più recente l'approccio sistemico che vede la crisi di impresa nel rapporto tra azienda e contesto, tra clienti e fornitori, tra impresa ed ambiente sociale ed economico riunificando in una unica chiave interpretativa gran parte degli approcci sulla crisi sviluppati in precedenza, incorporando variabili, scarsamente considerate, in passato, come il capitale umano, la cultura aziendale, il sistema organizzativo, il linguaggio, oppure i soggetti del contesto esterno come i sindacati dei lavoratori, l'operatore pubblico, il sistema bancario e finanziario, i clienti e l'opinione pubblica. Il versante del percorso alla crisi si configura come un processo patologico della vita dell'impresa i cui sbocchi sono indefinibili senza una precisa diagnosi ed un'altrettanto efficace terapia di intervento. La crisi, per questa ragione, diffonde insicurezza nell'imprenditoria, nel management, nei lavoratori e nella società nel suo complesso. Essa si rivela lentamente, in maniera quasi impercettibile, si sviluppa poi attraverso la produzione di squilibri ed inefficienze che a loro volta provocano perdite economiche. Se, nella prima fase, i fenomeni appaiono piuttosto impercettibili, al di fuori del controllo della stessa componente imprenditoriale e del management, con il passare del tempo essi diventano più manifesti ed espliciti fino a riverberarsi nei principali indicatori finanziari e logorare, nella fase terminale, il patrimonio aziendale. La crisi, in questo modo finisce per incidere sui meccanismi di creazione del valore limitandone le potenzialità dal lato dei ricavi di vendita oppure ampliando i costi di produzione, inaridendo fonti di produzione di ricchezza e, consumando il patrimonio aziendale. La diminuita capacità di produrre reddito finisce inevitabilmente per incidere su tutti gli aspetti della struttura e della dimensione aziendale con i conseguenti riflessi negativi nei confronti delle componenti interne all impresa e così pure le componenti esterne come i creditori, i clienti e l'ambiente sociale di riferimento. In questo modo la crisi si diffonde dalla dimensione economica a quella sociale e relazionale finendo per influenzare direttamente tutto il sistema socio-economico in cui essa è inserita. Il piano di gestione della situazione di grave difficoltà occupazionale del settore tessile, in questo quadro, si propone di illustrare le trasformazioni che sono intervenute nel corso degli ultimi anni in Italia ed in Friuli Venezia Giulia nonché l andamento degli indicatori di crisi, le difficoltà che Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 3

4 sono intervenute nella domanda interna ed estera. Il piano illustra inoltre i progetti finalizzati all orientamento, alla riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori, e quelli finalizzati alla riconversione del tessuto imprenditoriale. 1. Gli obiettivi del piano Il piano, in linea con la legge 18/2005, si propone i seguenti obiettivi: realizzare il monitoraggio del settore tessile regionale e delle imprese che lo compongono al fine di valutare l estensione e l incidenza dei fenomeni di crisi e la loro evoluzione nel corso del tempo; progettare interventi e soluzioni utili a fronteggiare i fenomeni di crisi presenti nel settore tessile salvaguardando le risorse umane e professionali che vi operano attraverso un processo di aggiornamento/riqualificazione professionale/ricollocazione produttiva ed occupazionale; coinvolgere gli attori della concertazione nella progettazione degli interventi e delle azioni di formazione e ricollocazione professionale dei lavoratori in esubero, nella gestione delle imprese in crisi e nel monitoraggio degli interventi; promuovere un partenariato tra Amministrazioni provinciali, Centri per l impiego ed operatori privati in grado di superare la separazione del passato e, di generare, delle buone prassi particolarmente importanti per la qualificazione del mercato del lavoro del Friuli Venezia Giulia; progettare e sperimentare strumenti utili per la gestione dei fenomeni di crisi quali la ricerca delle vacancies, la gestione del matching, le attività di formazione ed aggiornamento, quelle di accompagnamento nel nuovo posto di lavoro; promuovere una cultura ed una sensibilità diffusa nella gestione dei processi di crisi coinvolgendo le comunità locali, promuovendo un ruolo attivo ed un forte protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori, e delle imprese coinvolte; sviluppare comportamenti innovativi tra gli operatori dei Centri per l impiego e quelli dei soggetti privati che intervengono nell attuazione del Piano; sperimentare modelli organizzativi innovativi in grado di facilitare l integrazione operativa tra i vari soggetti coinvolti dalle attività previste dal Piano; 2 Il Settore del Tessile ed il Comparto Moda in Italia Il comparto del tessile e della moda rappresenta uno dei più importanti motori di crescita dell'economia italiana. La Tabella 1 riassume alcuni indici che aiutano a comprendere l'importanza del settore tessile-abbigliamento per l'industria manifatturiera nazionale: l incidenza del comparto moda raggiunge il 12,9% sul totale degli occupati, rappresenta il 12,6% delle imprese ed il 13,7% del saldo commerciale del settore manifatturiero nazionale. Il comparto moda, inoltre, si caratterizza per una notevole apertura all'estero, infatti, il fatturato estero (le esportazioni) costituisce il 66,6% del fatturato del comparto (Germania, Francia, Spagna e Regno Unito i quattro importatori più importanti). In realtà il comparto moda allargato (che comprende anche la produzione di filati, l'occhialeria e l'oreficeria) in Italia coinvolge 93 mila imprese (per la maggior parte di piccolissime dimensioni) e occupa circa 800 mila addetti (15% del totale del manifatturiero). Il comparto moda italiano (allargato) gioca anche un ruolo di rilievo a livello europeo, tanto che nel 2004 rappresentava il 23,5% del fatturato, il 36,2% degli investimenti, il 24,5% degli addetti ed il 36,3% delle imprese del comparto moda europeo (EU 25). 1 1 Dati Euratex ( Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 4

5 Tabella 1 L'importanza del comparto tessile per l'economia italiana (2004) Fatturato Export Saldo Commerciale Numero Imprese Numero Occupati (MLN Eur) (MLN Eur) (MLN Eur) Tessile e Abbigliamento Calzature Pelletterie Totale Tessile-Moda % Totale Manifatturiero 13,7 12,6 12,9 Fonte: ISTAT, Movimpresa, Prometeia, e associazioni di categoria (SMI-ATI) L'incidenza del comparto moda (i settori del tessile e abbigliamento e quello del cuoio) nell'export è andata costantemente aumentando, mentre l'incidenza nell'import è rimasta pressoché costante nel lungo periodo, caratterizzandosi per un trend crescente fino alla prima metà degli anni ottanta, poi stabilizzatosi, e da una successiva discesa, dalla seconda metà degli anni novanta, per riportarsi sui valori che aveva nel 1970Figura 1). In realtà l'incidenza del settore tessile nell'export mostra una leggera flessione a partire dal 2002, ma è ancora impossibile attribuirla ad una componente ciclica (non differente dalle flessioni precedute e seguite da periodi di crescita comuni nei periodi precedenti) oppure all'instaurarsi di una nuova componente di trend (decrescente). Purtroppo dai dati non è consentito ricostruire le serie storiche delle quantità (e dei prezzi) importate ed esportate. L'andamento dell'incidenza dell'import del settore tessile è compatibile con, e potrebbe ricollegarsi ai, processi di delocalizzazione: un aumento delle quantità importate verrebbe accompagnato (e più che compensato) da una diminuzione dei prezzi relativi (il prezzo del tessile cresce meno velocemente dell'aumento del prezzo medio dell'import). Figura 1 L'incidenza del settore tessile - abbigliamento nell'export ed import (%) Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT % Export % Import Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 5

6 Dall'andamento dell'incidenza del settore tessile (import ed export), dato il sostanziale pareggio della bilancia commerciale (ad eccezione del periodo corrispondente alla prima metà degli anni novanta), si può osservare l'andamento, tendenzialmente positivo, del saldo del settore tessile. Il comparto della moda ha dimostrato una capacità crescente di contribuire alla ricchezza nazionale, considerando il saldo tra import ed export dei settori appartenenti al comparto (i settori del tessile e abbigliamento e quello del cuoio). Il settore è costantemente caratterizzato da un saldo positivo, anche nei periodi durante i quali il saldo del commercio estero italiano languiva intorno allo zero (Figura 2). Il saldo ha cominciato ad essere eroso dal 2001, ma il peggioramento del saldo del comparto moda è più modesto della flessione che ha, invece, subito il saldo commerciale nazionale. Il comparto moda, ed il settore tessile in particolare, sta però attraversando un periodo di crisi, nel periodo il numero di imprese è calato del 6,1%, il numero di addetti è diminuito del 9,3% mentre il fatturato ha perso il 10,3%. Inoltre, tra il 2002 ed il 2005 il settore tessile ha visto crescere il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria, passando da 10 Milioni di ore nel 2002 a 14,7 Milioni di ore nel La percentuale delle ore di CIGO a carico del settore tessile è passato dal 12,2% al 14,3%, computando le ore richieste dal settore pelli e cuoio le percentuali diventano 20,2% e 22% rispettivamente. La crisi dei settori legati al tessile e abbigliamento è evidenziata dalla percentuale delle ore di CIG (ordinaria e speciale) afferenti ai settori tessile, abbigliamento, pelli e cuoio, che nel periodo dal 1981 al 2005 hanno rappresentato l'11% (tessile), l'8% (abbigliamento) ed il 9% (pelli e cuoio) del totale della CIG ordinaria ed il 7,5% (tessile), il 5,5% (abbigliamento) ed il 5% (pelli e cuoio) del totale della CIG straordinaria. Un altra rilevante annotazione, relativa allo stato di difficoltà del settore in Italia, proviene dalla CGIL che sottolinea come al 31 Dicembre 2005 su aziende in crisi, ben (25,9%) sono associate a FILTEA (il settore tessile-moda). Figura 2 Il saldo commerciale nazionale e quello relativo ai prodotti del settore tessileabbigliamento (Milioni di Euro) 40,000 30,000 20,000 10, ,000-20,000 Italia Settore Tessile, Abbigliamento, Pelletterie Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 6

7 La crisi che sta attraversando il settore non è recente. La Figura 3 mette infatti in evidenza come l'andamento dell'incidenza dell'occupazione attribuibile ai settori afferenti al comparto moda (in questo caso tessile e abbigliamento, pelletteria e prodotti chimici e fibre tessili) sia caratterizzata da un trend negativo. Il calo di importanza è all'inizio leggero ( ) ma si fa poi più accentuato. Il settore tessile è quello che ha sofferto maggiormente della crisi. Nel periodo che va dal 1970 al 2005 la percentuale dell'occupazione italiana attribuibile al comparto moda si è dimezzata (perdendo ben 4,2 punti percentuali); anche la percentuale dei settori tessile, abbigliamento, pelletterie e calzature all'interno del manifatturiero è diminuita, linearmente, dal 24% (nel 1970) al 15,4% (nel 2005). 2 La diminuzione della percentuale di occupati nel settore tessile si caratterizza come una vera e propria espulsione di forza lavoro a fronte a fronte di una crescita significativa dell occupazione generale (Tabella 2). Nel periodo il settore tessile (insieme a quello delle pelletterie e calzature) ha perso 570 mila lavoratori pari al 42% della forza lavoro totale dei due settori nel Le perdite più consistenti si sono avute nella decade quando vennero espulsi 258 mila lavoratori dal settore tessile e abbigliamento e 55 mila lavoratori dal settore delle pelletterie e calzature. Figura 3 Percentuale di occupati nei settori afferenti al comparto della moda (%) Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Tabella 2 Andamento dell'occupazione totale (migliaia di persone) Tessile e Abbigliamento Pelletterie e Calzature Italia Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Tessile - Abbigliamento Pelletterie e Calzature Prodotti Chimici, e Fibre Totale 2 La diminuzione è meno marcata perché nello stesso periodo anche il settore manifatturiero si è contratto sotto la spinta dei cambiamenti della struttura economica che hanno favorito la crescita del settore dei servizi. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 7

8 Ponendo l attenzione solo all ultimo quinquennio la crisi occupazionale attraversata dal settore può essere ricondotta a tre diversi elementi: una sostanziale stagnazione dei consumi interni dovuti sia alla situazione macroeconomica non favorevole sia all'instaurarsi di effetti sostituzione che hanno visto l'abbigliamento cedere il passo a beni durevoli e a prodotti high-tech; di conseguenza la percentuale della spesa delle famiglie italiane per vestiario e abbigliamento si è ridotta di 0,7 punti percentuali (nel lungo periodo la riduzione della numerosità dei nuclei famigliari ha anche avuto un ruolo importante, ma la sua influenza non è deducibile dai dati mostrati perché l'orizzonte temporale è troppo limitato)( Figura 4); l'andamento dell'euro, in continuo apprezzamento nei confronti delle principali valute straniere, che ha favorito le importazioni di materie prime e semilavorati nonché la concorrenza diretta sui prodotti finiti, specialmente da parte dei paesi asiatici. Non tutti i settori del comparto moda stanno però soffrendo sui mercati internazionali; alcuni hanno visto aumentare la loro quota di mercato (filati di fibre tessili da 8,6% nel 2000 a 9,3% nel 2004, tessuti da 10,5% nel 2000 a 12% nel 2004) ma il settore nel suo complesso ha perso quote di mercato passando da 8,4% nel 2000 a 8,2% nel 2004 (particolarmente forte la perdita dei prodotti di maglieria); un processo di delocalizzazione (legato alla ristrutturazione dei processi produttivi) che ha visto le produzioni a basso valore aggiunto prendere la via dell'estero. 3 Va però evidenziato che sotto il profilo delle caratteristiche dell occupazione la gamma alta della produzione è uscita rafforzata dal processo di delocalizzazione. In pochi anni il comparto abbigliamento-tessile ha subito una profonda trasformazione nell'organizzazione della produzione: i terzisti sono virtualmente spariti, ed i tagli di personale più drastici hanno riguardato gli addetti con le qualifiche più basse, mentre le aziende che si sono riconvertite, e si sono legate al sistema moda (il "made in Italy"), hanno assunto tecnici e manodopera qualificata di alto livello. 4 Figura 4 La spesa (consumi) delle famiglie italiane in abbigliamento e calzature (%) Il fenomeno della frammentazione del ciclo produttivo è particolarmente importante nel settore tessile. Ad esempio, nel 2005, il 75% delle importazioni della Regione Veneto in regime di traffico di perfezionamento passivo era dovuto al settore tessile e abbigliamento ( Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 8

9 Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Questa dinamica dei processi produttivi sarebbe in grado di riconciliare l'andamento positivo del saldo della bilancia dei pagamenti del settore tessile con l'andamento negativo dell'occupazione settoriale. La riconversione dei processi produttivi delle aziende che appartengono al sistema moda si basa sui risultati delle attività di ricerca e fa ampio uso dei sistemi ICT. Il processo di riconversione non è ancora completato in quanto si registra tuttora un certo ritardo nella diffusione delle tecnologie ICT tra le imprese appartenenti al comparto moda rispetto alla diffusione delle tecnologie ICT tra le imprese del manifatturiero in generale (Tabella 3). Tabella 3 La percentuale di imprese che hanno adottato tecnologie ICT (2003) % di imprese (di almeno 10 addetti) con: Computers Internet sito Web Intranet Extranet Tessile e Abbigliamento 88,5 64,6 67,4 38,2 17,8 8,9 Pelletterie e Calzature 85,4 52,4 60,2 30,7 10,9 3,3 Manifatturiero 95,7 77,3 82,2 51,5 25,4 9,3 Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT La crisi che attanaglia il settore non pare destinata a migliorare, come evidenzia l'indice di utilizzazione della capacità produttiva che è rimasto invariato negli ultimi tre anni (75% circa per tutti i settori del sistema moda: tessile; abbigliamento e pellicce; cuoio, pelletteria e calzature). Anche la fiducia al riguardo dell'andamento della domanda e della produzione (saldo tra le imprese che valutano la domanda e la produzione in aumento e quelle che danno una valutazione in diminuzione) non mostrano segnali forti di ripresa 5 (Figura 5 e Figura 6). Figura 5 Il saldo tra imprese con valutazione della domanda in aumento è quelle con valutazione in diminuzione Tessile Abbigliamento Pelletterie Fonte: Nostra elaborazione su dati ISAE 4 "Ancora in crisi il tessile abbigliamento", Il Sole24Ore 23 Agosto I dati mensili mostrano un'elevata variabilità, dopo aver filtrato le componenti cicliche non sopravvive nessun trend significativo. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 9

10 Nel settore moda nel complesso va evidenziato come le imprese del tessile mostrino gli indicatori peggiori (abbondantemente negativi negli ultimi 24 mesi, il minor andamento negativo riscontrato nel 2006 è ancora troppo breve per poter essere attribuito ad una strutturale inversione di tendenza). Figura 6 Il saldo tra imprese con valutazione della produzione in aumento è quelle con valutazione in diminuzione Tessile Abbigliamento Pelletterie Fonte: Nostra elaborazione su dati ISAE L'andamento della domanda non mostra significativi segnali di inversione della tendenza. Negli anni passati l'andamento della domanda si era accompagnato ad una riduzione di forza lavoro che sembra dover continuare anche nel In effetti, le previsioni occupazionali rimangono negative, e particolarmente per il comparto tessile (Figura 7). Le previsioni negative che riguardano l'andamento occupazionale trovano conferma nelle più basse percentuali di imprese che hanno assunto rispetto alla media del settore manifatturiero nel La più bassa propensione ad assumere che caratterizza il settore tessile allargato (che così include anche abbigliamento, confezioni, pelletterie e calzature) riguarda sia l'assunzione di dipendenti sia di collaboratori (Tabella 4). Richiamando le osservazioni fatte sopra (si veda la nota 4), anche durante i periodi di crisi, quando la maggior parte delle aziende espelle forza lavoro, le imprese che sanno riconvertirsi e che si riorganizzano riescono persino a crescere (anche dimensionalmente). L'ipotesi di lavoro è che la capacità delle imprese di riorganizzarsi sia legata alla capacità di sfruttare la crescita (e la competitività) che ancora caratterizza il comparto della moda italiano. Naturalmente, la riconversione e la riorganizzazione è più semplice per quelle imprese che si collocano all'interno di un distretto industriale afferente al comparto della moda e dell'abbigliamento. La Figura 8 evidenza la collocazione geografica dei distretti della moda italiani. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 10

11 Figura 7 Il saldo tra imprese con previsione dell'occupazione in aumento è quelle con previsione in diminuzione Tessile Abbigliamente Pelletterie Fonte: Nostra elaborazione su dati ISAE Tabella 4 Percentuale di imprese che ha assunto durante il 2005 o che prevede di assumere durante il 2006 Assunzioni Assumere Dipendenti Collaboratori Ricorso a Agenzie Tessile, Confezioni, Pellame 37,5 32,1 5,4 26,4 Manifatturiero 49,0 42,2 6,8 34,2 Previsione di assunzione Assumere Dipendenti Collaboratori Ricorso a Agenzie Tessile, Confezioni, Pellame 17,7 13,4 4,3 30,3 Manifatturiero 27,5 21,9 5,7 35,0 Fonte: Elaborazione IRES-FVG su dati ISAE Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 11

12 Figura 8 La distribuzione territoriale dei distretti della moda italiani Fonte: SMI-ATI Non tutti i distretti sono egualmente importanti, però. I distretti principali dal punto di vista del fatturato sono quelli di Prato, Vicenza e Napoli (e poi Bergamo e Como); per quanto riguarda il numero di imprese, invece, i più importanti sono: Prato, Asse del Sempione (Varese) e Napoli (Tabella 5). Tabella 5 L'importanza relativa dei distretti della moda italiani (2003) Distretto Fatturato Imprese Addetti % Export (MLN Euro) (numero) (numero) Fatturato Prato Vicenza Asse del Sempione Bergamo Como Schio Treviso Biella Brescia Carpi Napoli Montebelluna Castel Goffredo Empoli Lecco Grumello del Monte Valle del Liri Fonte: Nostra elaborazione su dati ATI-SMI La propensione all'esportazione dei distretti è molto eterogenea, alcuni di essi esportano una percentuale superiore al 50% del fatturato, mentre per altri è la domanda interna che conta. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 12

13 Quindi se per alcuni distretti la concorrenza sui mercati internazionali può rappresentare un elemento di crisi, per altri distretti l'elemento di crisi è rappresentato dal calo della domanda interna. Ne consegue che il fatturato medio per impresa (colonna 1 diviso per colonna 2) può differire, anche notevolmente tra i singoli distretti, così come la dimensione media di impresa (colonna 3 divisa per colonna 2). I distretti a più alta redditività media (per azienda) sono quello di Lecco, Castel Goffredo, Schio, Montebelluna e Vicenza. La redditività media di impresa risulta avere un legame positivo molto stretto con la dimensione media di impresa (numero di dipendenti per impresa) (Figura 9) 6. I distretti caratterizzati da imprese di dimensione (in media) più grande sono, di solito, anche i distretti che garantiscono un fatturato per azienda medio più alto. Figura 9 La relazione tra dimensione d'impresa e fatturato (2003) Dimensione Media Fatturato Medio Fonte: Nostra elaborazione su dati ATI-SMI E' anche interessante notare come nessun distretto afferente al settore moda sia localizzato nella regione Friuli Venezia Giulia. Quindi il settore tessile e dell'abbigliamento regionale si trova ad operare al di fuori del contesto e delle logiche dei distretti della moda. L'isolamento del settore tessile regionale rappresenta dunque un ulteriore fattore di vulnerabilità alla situazione di crisi che sta attanagliando il settore tessile nazionale (ed europeo in generale). 6 La correlazione tra la dimensione media di impresa ed il fatturato per impresa è pari a 0,84. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 13

14 3. L evoluzione del settore tessile in Friuli Venezia Giulia Come osservato nel paragrafo precedente, pur continuando a rappresentare un pilastro del made in Italy il sistema moda presenta negli ultimi 15 anni circa una pesante flessione della capacità di produrre reddito e occupazione, come dimostrano i principali indicatori macroeconomici. La crisi del comparto del tessile-abbigliamento è dunque ormai strutturale; tra le principali cause hanno giocato un ruolo importante la riduzione dei consumi e un aumento del fenomeno della contraffazione dei marchi congiunto alla sempre più agguerrita concorrenza dei Paesi in via di sviluppo. La crisi è particolarmente preoccupante dal punto di vista occupazionale, mentre il saldo della bilancia dei pagamenti continua nonostante tutto a rimanere in attivo. Anche in Friuli-Venezia Giulia il settore del tessile e dell abbigliamento accusa da lungo tempo una costante emorragia sia in termini di addetti che di imprese. Tale trend emergeva già in maniera drammatica dai risultati delle rilevazioni del più recente Censimento Generale dell Industria e dei Servizi del 2001 (Tabella 6). Rispetto a 10 anni prima il comparto presentava la perdita di oltre un terzo degli occupati in tutta la regione (pari a circa unità), e del 40% delle unità locali; la tessitura, la fabbricazione di articoli di maglieria e il confezionamento di vestiario in tessuto ed accessori risultavano in assoluto i settori più colpiti dal punto di vista della perdita di posti di lavoro. Tabella 6 Andamento delle unità locali e degli addetti del settore tessile in Friuli-Venezia Giulia tra i Censimenti Gruppo Economico u.l u.l var % u.l. addetti 1991 addetti 2001 var.% addetti 17.1 preparazione e filatura di fibre tessili , , tessitura , , finissaggio dei tessili , , confezionamento di articoli tessili, esclusi gli articoli di vestiario , , altre industrie tessili , , fabbricazione di tessuti a maglia , , fabbricazione di articoli di maglieria , ,4 Totale , , confezioni di vestiario in pelle , , confez. di vestiario in tessuto ed accessori 18.3 preparazione e tintura di pellicce; confezione di articoli in pelliccia , , , ,4 Totale , ,2 Totale industrie tessili e dell'abbigliamento , ,3 Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Censimenti Generali Industria e Servizi Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 14

15 Per quanto concerne la dimensione media delle unità locali, dalla Tabella 7 si può desumere come il segmento produttivo che presenta i valori più elevati è quello della preparazione e filatura di fibre tessili, con una media di circa 60 addetti, seguito da quello della tessitura, dove però il numero medio di addetti tra il 1991 e il 2001 si è quasi dimezzato per la chiusura di alcune realtà industriali di notevoli dimensioni (il saldo passivo è stato pari a 6 unità locali e 581 addetti). Anche l attività di finissaggio dei tessili presenta un numero medio di addetti rilevante, pari a oltre 20 unità, ma in questo caso si tratta di un settore che presenta un numero di unità locali più contenuto anche se in apprezzabile crescita (da 5 a 9 unità locali in dieci anni e da 111 a 212 addetti). I rimanenti gruppi economici riportati nella tabella presentano invece una dimensione media in termini di addetti piuttosto bassa, non superando mai le 8 unità. In questi segmenti, evidentemente, si collocano soprattutto le ditte individuali che, come si vedrà in seguito utilizzando i dati forniti dal Sistema Informativo delle Camere di Commercio (si veda in particolare la Tabella 15), nel 2001 rappresentavano poco meno del 70% del totale del settore. Da quanto detto emerge altresì come i primi tre gruppi economici considerati, che nel 2001 impiegavano complessivamente il 55% degli occupati nel settore, date le dimensioni medie sono evidentemente composti pressoché esclusivamente da società di capitali o da società di persone (i lavoratori dipendenti costituiscono oltre il 90% del totale, nel caso della preparazione e filatura di fibre tessili la percentuale si aggira intorno al 98%, contro una media del settore pari all 84,5%). Tabella 7 Numero medio di addetti e distribuzione % degli addetti per gruppo economico del settore tessile-abbigliamento. FVG Gruppo Economico n. medio di addetti per u.l. % addetti sul tot. del comparto Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione preparazione e filatura di fibre tessili 58,4 61,3 30,7 41, tessitura 38,4 21,8 13,3 8, finissaggio dei tessili 22,2 23,6 1,4 4, confezionamento di articoli tessili, esclusi gli articoli di vestiario 5,1 4,4 10,4 10, altre industrie tessili 6,5 7,4 4,3 7, fabbricazione di tessuti a maglia 3,6 3,1 2,4 2, fabbricazione di articoli di maglieria 7,2 5,6 12,8 5,2 Totale 17 12,3 12,7 75,3 79, confezioni di vestiario in pelle 4,1 6,2 1,3 1, confezioni di vestiario in tessuto ed accessori 3,3 3,3 21,6 17, preparazione e tintura di pellicce; confezionamento di articoli in pelliccia 2,3 1,7 1,7 1,0 Totale 18 3,2 3,2 24,7 20,2 TOTALE TESSILE E ABBIGLIAMENTO 7,3 8,0 100,0 100,0 TOTALE INDUSTRIA (ESCLUSA EDILIZIA) 10,4 11, Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Censimenti Generali Industria e Servizi Il peso del settore sul totale del comparto industriale (edilizia esclusa), viene mostrato nella Figura 10 e nella Figura 11; anche l analisi di questi dati conferma il forte ridimensionamento del tessileabbigliamento, sia in termini di unità locali, passando dall 8,5% al 5,2%, sia in termini di addetti (dal 6% al 3,7%). Nel 2001 la provincia di Udine risultava comunque quella in cui era stato maggiore il ridimensionamento in termini di addetti, mentre quella di Gorizia manteneva l incidenza più elevata, pari al 7,1%.

16 Figura 10 Incidenza % delle unità locali del settore tessile-abbigliamento sul totale dell industria (esclusa edilizia) 10,0 9,0 8,4 8, ,4 8,5 8,0 7,0 7,5 7,4 6,0 5,0 5,0 4,8 5,3 5,2 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 UD PN GO TS FVG Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Censimenti Generali Industria e Servizi Figura 11 Incidenza % degli addetti del settore tessile-abbigliamento sul totale dell industria (esclusa edilizia) 9,0 8,0 7,0 8,1 7, ,0 5,9 5,5 5,3 6,0 5,0 4,0 3,7 4,0 3,7 3,0 2,9 2,0 1,0 0,0 UD PN GO TS FVG Fonte: Nostra elaborazione su dati ISTAT Censimenti Generali Industria e Servizi Venendo agli ultimi anni, i dati relativi al numero di unità locali presenti in regione nel settore tessile indicano che da circa 650 del 2001 (645 per il Censimento, 669 secondo Infocamere) nel Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 16

17 secondo semestre del 2006 sono passati ad un centinaio in meno, il che significa in media un saldo negativo di 20 unità all anno (Tabella 8). Per quanto concerne la dimensione territoriale, tale tendenza fortemente negativa si riscontra soprattutto nelle province di Udine e Pordenone, che presentano nel complesso le flessioni maggiori, sia in termini relativi che assoluti; in particolare spicca l andamento delle unità locali del comparto relativo al confezionamento degli articoli di vestiario e nella preparazione di pellicce, che nell ultimo decennio hanno visto dimezzarsi il loro numero. Tabella 8 Andamento delle unità locali, FVG (DB17 Industrie tessili) var. ass UD PN GO TS FVG Fonte: Movimprese Infocamere Tabella 9 Andamento delle unità locali, FVG (DB18 Confezionamento articoli di abbigliamento; preparazione di pellicce) var. ass UD PN GO TS FVG Fonte: Movimprese Infocamere Tabella 10 Andamento delle unità locali, FVG (Totale industria tessile e dell abbigliamento) var. ass UD PN GO TS FVG Fonte: Movimprese Infocamere Il ridimensionamento maggiore è quello subito dal comparto relativo al confezionamento degli articoli di vestiario e nella preparazione di pellicce, sia nel periodo (-18%), sia soprattutto in quello precedente (-26%); nel complesso nell ultimo decennio tale segmento produttivo ha perso quasi il 40% delle sedi produttive (si veda la Tabella 11). 7 I dati del 2006 sono riferiti al secondo trimestre. 8 I dati del 2006 sono riferiti al secondo trimestre. 9 I dati del 2006 sono riferiti al secondo trimestre. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 17

18 Le province di Trieste e Gorizia, invece, presentavano una consistenza più ridotta in termini di sedi produttive e hanno anche subito un calo inferiore in termini relativi nel numero di unità locali. Tabella 11 Variazione % delle u.l per provincia, quadro riassuntivo var. % DB17 DB18 Totale var. % var. % var. % var. % var. % var. % var. % var. % UD -20,6-8,4-27,3-34,6-23,6-50,0-29,0-16,8-40,9 PN -14,0-29,6-39,5-26,3-8,0-32,2-20,3-19,5-35,8 GO -9,5-10,5-19,0-10,3-28,6-35,9-9,9-19,2-27,2 TS -7,5-16,2-22,5-9,9-12,2-20,9-9,2-13,4-21,4 FVG -15,8-16,4-29,6-26,1-17,8-39,3-21,8-17,2-35,2 Fonte: Nostra elaborazione su dati Movimprese Infocamere Figura 12 Andamento delle unità locali, FVG 1995-II semestre 2006 (n.i. 1995=100). Confronto tra tessile-abbigliamento, industria (esclusa edilizia), economia (esclusa agricoltura) 110,0 105,0 100,0 95,0 90,0 85,0 80,0 75,0 70,0 65,0 60, TESSILE-ABBIGLIAMENTO (17+18) INDUSTRIA (esclusa edilizia) ECONOMIA (esclusa agricoltura) Fonte: Nostra elaborazione su dati Movimprese Infocamere Il confronto con il resto dei settori economici e anche con il comparto industriale confermano l andamento marcatamente negativo del settore tessile-abbigliamento (Figura 12); in particolare se negli ultimi dieci anni il complesso dell economia (esclusa l agricoltura 10 ) ha visto un incremento 10 Precedentemente al 1996, infatti, le aziende agricole, non erano tenute all iscrizione presso le Camere di Commercio; il loro numero, sempre in termini di unità locali attive, è perciò passato da circa nel 1995, a oltre nel 1996 a l anno successivo. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 18

19 del numero di unità locali pari a quasi il 10%, l industria ha accusato una flessione dell 8,5%, decisamente più contenuta rispetto a quella del comparto tessile (-35%). I dati forniti dal sistema informativo delle Camere di Commercio non contemplano l aspetto dell occupazione; è però possibile operare alcune considerazioni in tale ambito esaminando la suddivisione delle imprese del settore tessile in base alla forma giuridica. Innanzitutto (Figura 13) si può notare come in termini relativi la variazione percentuale più negativa sia quella relativa alle ditte individuali (-36% nell ultimo decennio), ma destano ancora più preoccupazione dal punto di vista dell impatto sull occupazione le flessioni relative alle società di persone (che ha subito un accelerazione nel periodo ), e delle società di capitali (più marcata invece nel periodo ). In particolare, sempre secondo i dati Infocamere, nel primo semestre del 2006 su circa 30 società per azioni solo poco meno del 20% risultano ancora attive, mentre le altre o hanno appena cessato l attività, oppure sono fallite o hanno in corso una procedura di fallimento. Infine si può osservare come le variazioni negative maggiori in termini percentuali negli ultimi anni stiano riguardando soprattutto le società di persone (-22% tra il 2001 e il 2006), mentre negli anni precedenti (periodo ) erano le ditte individuali e le società di capitali ad accusare le perdite più rilevanti. Figura 13 Variazioni % del numero di unità locali suddivise in base alla forma giuridica 11, FVG ,2-35,8-35,1-30,6 var % Totale Ditte individuali Soc. di persone Soc. di capitale -22,2-17,2-16,1-13,9 var % ,8-23,5-16,6 var % ,4-40,0-35,0-30,0-25,0-20,0-15,0-10,0-5,0 0,0 Fonte: Nostra elaborazione su dati Movimprese Infocamere Le ditte individuali, come in molti altri settori produttivi, costituiscono comunque ancora il 70% del totale nel 2006 (ovviamente il contributo in termini di occupazione risulta invece molto più modesto), e la loro quota è rimasta costante nel corso dell ultimo decennio; la provincia di Pordenone è quella che nel 2006 presentava l incidenza più bassa, pari al 60%. Trascurando la categoria residuale delle altre forme giuridiche che conta poche unità, abbiamo le società di persone che costituiscono il 18% e le società di capitali che si attestano intorno al 12% del totale delle unità locali. Tabella 12 Unità locali del settore delle industrie tessili (DB 17), per forma giuridica (FVG ) 11 Nel presente grafico è esclusa la categoria delle Altre Forme, che comprende appena 3 unità locali nel Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 19

20 Società di capitali Società di persone Ditte individuali Altre forme Totale Fonte: Movimprese Infocamere Tabella 13 Unità locali del settore del confezionamento degli articoli di abbigliamento e della preparazione di pellicce (DB 18), per forma giuridica (FVG ) Società di capitali Società di persone Ditte individuali Altre forme Totale Fonte: Movimprese Infocamere Tabella 14 Unità locali del settore del totale delle industrie tessili e dell abbigliamento (DB 17+ DB 18), per forma giuridica (FVG ) Società di capitali Società di persone Ditte individuali Altre forme Totale Fonte: Movimprese Infocamere Tabella 15 Composizione % delle unità locali del settore tessile e dell abbigliamento (DB 17+ DB 18) per forma giuridica (FVG ) Società di capitali 11,5 11,6 11,8 11,7 11,8 11,8 11,8 11,2 12,4 13,2 12,3 12,3 Società di persone 17,7 17,7 17,5 17,9 18,6 18,5 18,8 18,7 18,1 18,5 17,8 17,7 Ditte individuali 70,2 70,0 70,0 69,5 68,7 68,8 68,6 69,2 68,6 67,6 69,3 69,5 Altre forme 0,7 0,7 0,6 0,9 0,8 0,9 0,7 0,9 1,0 0,7 0,5 0,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Nostra elaborazione su dati Movimprese Infocamere Per quanto concerne la distribuzione nelle quattro province (Tabella 16), infine, si può notare una concentrazione relativa delle società di capitali nelle province di Pordenone e di Gorizia, mentre le ditte individuali e le società di persone risultano in proporzione più presenti nella provincia di Udine. Nel 2006, però, rispetto al 1995 si nota una maggiore incidenza delle società di persone nella provincia di Pordenone e delle ditte individuali in quella di Trieste. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 20

21 Tabella 16 Distribuzione % delle unità locali del settore tessile-abbigliamento (D17+D18) per provincia UD PN TS GO FVG UD PN TS GO FVG Società di capitali 28,6 34,7 17,3 19,4 100,0 33,8 44,1 5,9 16,2 100,0 Società di persone 51,7 27,2 13,2 7,9 100,0 45,9 30,6 13,3 10,2 100,0 Ditte individuali 50,0 26,2 15,7 8,2 100,0 44,7 23,1 22,3 9,9 100,0 Totale 48,1 27,1 15,3 9,5 100,0 43,9 26,9 18,6 10,6 100,0 Fonte: Nostra elaborazione su dati Movimprese Infocamere 3.1 L andamento dell occupazione e gli indicatori di crisi L esame dei dati relativi all andamento delle unità locali nell ultimo decennio mostra una tendenza inequivocabilmente negativa per quanto riguarda la dimensione della capacità produttiva del settore tessile dell abbigliamento. Si passerà ora ad esaminare i più recenti dati disponibili relativi alle tendenze in atto nel versante del mercato del lavoro del comparto. Non disponendo di sufficienti rilevazioni dell occupazione nello specifico del settore tessileabbigliamento relative agli ultimi anni, si dovrà fare ricorso anche ad alcuni indicatori indiretti, che possano restituire un immagine il più possibile fedele del comparto. Nelle tabelle seguenti vengono riportati gli avviamenti al lavoro e le cessazioni tra il 2001 il 2005, sempre per il complesso del settore tessile regionale, suddivisi per tipologia di contratto e per provincia. Per quanto riguarda i valori nulli relativi al contratto di formazione e lavoro per gli anni 2004 e 2005, si ricorda che a seguito dell'entrata in vigore del Dlgs 276/2003 tale contratto può essere stipulato solo dalla pubblica amministrazione. Tuttavia ai contratti di formazione e lavoro autorizzati prima del 23 ottobre 2003 e stipulati tra il 24 ottobre 2003 e il 31 ottobre 2004 si applica la precedente disciplina. Nel settore privato il contratto di formazione e lavoro (CFL) è stato sostituito dal contratto di inserimento. Tabella 17 Avviamenti al lavoro nel settore tessile nella provincia di Udine differenza apprendistato CFL tempo determinato tempo indeterminato tot. avviamenti Fonte: Netlabor Tabella 18 Avviamenti al lavoro nel settore tessile nella provincia di Pordenone differenza apprendistato CFL tempo determinato tempo indeterminato tot. avviamenti Fonte: Netlabor Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 21

22 Tabella 19 Avviamenti al lavoro nel settore tessile nella provincia di Gorizia differenza apprendistato CFL tempo determinato tempo indeterminato tot. avviamenti Fonte: Netlabor Tabella 20 Avviamenti al lavoro nel settore tessile nella provincia di Trieste differenza apprendistato CFL tempo determinato tempo indeterminato tot. avviamenti Fonte: Netlabor Come è evidente il numero degli avviamenti, sia al livello provinciale che regionale, negli ultimi cinque anni è diminuito in ognuna delle quattro tipologie contrattuali considerate in maniera marcata. La differenza tra gli avviamenti al lavoro nel settore tessile-abbigliamento nel 2005 e nel 2001 è in media pari al 65% in meno a livello regionale (Tabella 21). Tabella 21 Avviamenti al lavoro nel settore tessile della regione Friuli Venezia Giulia Diff Var. % apprendistato ,8 CFL ,0 tempo determinato ,4 tempo indeterminato ,5 tot. avviamenti ,0 Fonte: Netlabor Si tratta di una chiara spia della situazione di crisi del comparto. Il calo degli avviamenti è inoltre rilevante anche per contratti quali l apprendistato e quello a tempo determinato, per i quali ci si potrebbe aspettare una migliore tenuta a fronte di una situazione di mercato incerta. La conclusione che si potrebbe trarre è dunque che ci si trova di fronte ad una crisi di tipo strutturale del settore. Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 22

23 Tabella 22 Avviamenti e cessazioni del settore tessile-abbigliamento (contratti a tempo indeterminato). FVG Fonte: Netlabor anno avviamenti cessazioni saldi media Solo per quanto riguarda la tipologia dei contratti a tempo indeterminato sono disponibili anche i dati concernenti le cessazioni; in questo modo è possibile ottenere i saldi a livello regionale tra avviamenti e cessazioni. Tali dati confermano il momento molto difficile del settore, in quanto ogni anno presenta un saldo fortemente passivo, in media di oltre 300 unità all anno; tale risultato, letto congiuntamente al ricorso sempre minore ai contratti che presentano meno sicurezze per i lavoratori, quali l apprendistato e il tempo determinato, non mostra di certo una prospettiva confortante. La perdita di posti di lavoro in questo settore risulta oltremodo preoccupante se si pensa che è un comparto dove lavorano prevalentemente donne di età media, che dopo aver perso il posto di lavoro sono spesso troppo giovani per andare in pensione, e che però incontrano forti difficoltà per ricollocarsi. Figura 14 Andamento del numero annuale degli avviamenti totali al lavoro, FVG (n.i. 2001=100) tessile industria (escluso edilizia) economia Fonte: Nostra elaborazione su dati Netlabor Le dinamiche degli avviamenti del settore tessile appaiono inoltre nettamente peggiori rispetto a quelli dell'economia nel suo complesso e del comparto manifatturiero, come testimoniato in maniera eloquente dalla Figura 14. Un altra fonte relativa all occupazione è rappresentata dal sistema informativo Excelsior, realizzato in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e il Fondo sociale europeo, che Agenzia Regionale del Lavoro e della Formazione 23

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