Omelia nella Messa del Giovedì Santo in Cena Domini Lodi, Cattedrale, 1 aprile 2010
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- Virgilio Bello
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1 Omelia nella Messa del Giovedì Santo in Cena Domini Lodi, Cattedrale, 1 aprile 2010 Cari fratelli e sorelle, la celebrazione di questa sera ci riporta idealmente nel Cenacolo di Gerusalemme dove Gesù celebra con i Dodici la sua ultima cena pasquale e nello stesso tempo istituisce l Eucaristia, memoriale della sua personale pasqua. Nell Eucaristia, Cristo porta a compimento il rito della prima Pasqua (descritta nella prima lettura presa dal libro dell Esodo) e istituisce la forma e la liturgia della Pasqua nuova, che gli apostoli ricevono con il mandato di celebrare come suo memoriale. Istituendo l Eucaristia Gesù introduce e anticipa tutto il mistero pasquale che la liturgia ci farà rivivere nel Triduo. Nel corso della sua vita Gesù aveva più volte annunciato la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione, ma la sera del giovedì santo ciò che accade nel Cenacolo è più di un semplice annuncio: è già l avvenimanto pasquale che accade. Dicendo: Questo è il mio corpo, che per voi sta per essere spezzato...questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue (1Cor 11,24-25), Gesù stabilisce un rapporto di comunione, ossia di reale partecipazione, tra il segno del pane e del vino e l evento della sua morte e risurrezione. Pronunciando queste parole sul pane e sul vino, Gesù anche se fisicamente è ancora nel Cenacolo, tuttavia profeticamente egli è già sceso nelle acque di morte del Calvario e già è risalito dalle acque della vita della tomba vuota. Se Gesù non avesse istituito l Eucaristia, l evento della sua morte e risurrezione sarebbe rimasto confinato nel passato e la Chiesa delle generazioni a venire, che siamo noi, non avrebbe avuto modo di parteciparvi. La celebrazione dell Eucaristia è dunque il nostro modo di entrare nella Pasqua di Gesù, di parteciparvi sacramentalmente, per goderne il suo frutto immenso che è la redenzione. Se questa è l Eucaristia memoriale del sacrificio pasquale di Cristo noi possiamo facilmente renderci conto del perché la Chiesa da sempre ha visto in essa la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana (LG 11), e la fonte e il culmine di tutta l evangelizzazione (PO 5). Nell Eucaristia è realmente presente Cristo che dona se stesso per la nostra salvezza, per cui non è possibile pensare la vita cristiana, la vita della 1
2 Chiesa a prescindere dall Eucaristia. Ce lo ha ricordato l amato papa Giovanni Paolo II nella sua ultima Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia. Scriveva Giovanni Paolo II: Dal mistero pasquale nasce la Chiesa. Proprio per questo l Eucaristia, che del mistero pasquale è il sacramento per eccellenza, si pone al centro della vita della Chiesa (n. 3). E ancora: L Eucaristia, presenza salvifica di Gesù nella comunità dei fedeli e suo nutrimento spirituale, è quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia (n. 9). In particolare, non è possibile per i vescovi e per i sacerdoti pensare il proprio ministero senza un riferimento essenziale e costitutivo all Eucaristia. Giustamente la tradizione liturgica ha legato, nella Messa in Cena Domini, la memoria dell istituzione dell Eucaristia a quella del sacerdozio ministeriale: il sacerdozio ministeriale scaturisce dall Eucaristia ed è finalizzato anzitutto e soprattutto a perpetuare il memoriale eucaristico. L identità e la missione del prete scaturiscono anzitutto e soprattutto dal riferimento all Eucaristia, come testimonia tra l altro l esempio del santo Curato d Ars additato da Papa Benedetto XVI come patrono di tutti i sacerdoti in questo anno sacerdotale. Accanto al gesto dell istituzione dell Eucaristia, nel Cenacolo Gesù compie un altro gesto: la lavanda dei piedi. Tale gesto è narrato dall evangelista Giovanni che nel suo vangelo non descrive l istituzione dell Eucaristia. Per cogliere in tutto il suo significato più profondo e vero questo gesto è importante considerare con attenzione i particolari del racconto. L introduzione del racconto è solenne: due volte si ripete che Gesù sapeva. Sapeva che cosa? Che era giunta la sua ora e che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani, che era venuto nel mondo e che a Dio ritornava. Gesù lavando i piedi ai discepoli esprime la consapevolezza piena di essere Dio e di avere il potere di Dio nella sue mani. E qual è questo potere? E l amore, la dedizione senza riserve. Gesù, prosegue il racconto evangelico, si alza da tavola e depone le vesti. Il verbo greco, tradotto in italiano con alzarsi, viene usato anche nel contesto della risurrezione e significa risvegliarsi, risuscitare. Lavare i piedi vuol dire allora passare già dalla morte 2
3 alla vita, entrare in una prospettiva di vita che è divina. Ciò che vince la morte è l amore e l amore è da Dio. Gesù poi depone le vesti e si cinge il grembiule, che è il vestito del servo, dello schiavo. Indossando il grembiule, Gesù appare come il servo per amore che è venuto al mondo non per essere servito ma per servire. In definitiva, Gesù lavando i piedi ai suoi discepoli non compie semplicemente un gesto di umiltà, nè tanto meno di purificazione, bensì un gesto che dice amore infinito, amore totale per Dio e per gli altri, quell amore totale che si manifesterà in tutta la sua evidenza nella morte in croce. In una parola Gesù lavando i piedi ci insegna la legge evangelica dell amore. Ciò che abbiamo detto per l Eucaristia, vale anche per la lavanda dei piedi: entrambi i gesti infatti anticipano e rivelano il senso della morte in croce di Gesù, il senso della sua Pasqua. Io credo che nelle nostre Comunità, nelle parrocchie, negli oratori, nelle Associazioni ecclesiali, ci sia da riflettere con impegno sul tema del rapporto fra l Eucaristia, la Messa, e la carità, l amore per gli altri, che diventa accoglienza, fraternità, giustizia, solidarietà, riconciliazione, a partire dalla apertura alla vita. Guardate, per fare un esempio, che il proporre la Colletta (come abbiamo fatto per il Fondo di solidarietà), nel contesto della celebrazione eucaristica, non è occasionale: dice esattamente sia il senso di fede, di scelta di fede, che siamo invitati a fare, a rinnovare, tutte le volte che partecipiamo alla s. Messa; sia il senso di amore e di carità che dall Eucaristia discende, pena di essere anche noi condannati, se non c è in noi amore per il Signore e per i fratelli, come colpevoli verso il Corpo e il Sangue del Signore (1Cor 11,27). Verità della scelta di fede dunque e amore verso gli altri. Preghiera e amore fattivo per gli altri, innanzitutto per i poveri. Pasqua e riconciliazione sincera. Sono temi su cui questa sera, domani di fronte alla croce, sabato nel silenzio del sepolcro, possiamo riflettere in vista di sempre nuova conversione. Aiutati dai testi biblici e liturgici, e anche dal ricordo di quanto ebbe a dire in questa Cattedrale lo scorso anno nelle celebrazioni di s. Bassiano il nostro concittadino Goffredo Boselli, monaco di Bose: la relazione tra liturgia e povertà non può essere né 3
4 tralasciata né tanto meno taciuta, perchè nelle pagine dell Antico testamento come in quelle del Nuovo testamento, nell insegnamento di Gesù come nella predicazione degli apostoli, la qualità essenziale che fa del culto a Dio un culto a lui gradito è la giustizia verso i poveri. In riferimento anche ad una espressione del Papa in occasione dell anno paolino: Amore per i poveri e liturgia divina vanno insieme, l amore per i poveri è liturgia. I due orizzonti sono presenti in ogni liturgia celebrata e vissuta nella Chiesa, che per sua natura si oppone alla separazione tra il culto e la vita, tra la fede e le opere, tra la preghiera e la carità per i fratelli. Che ci possano essere anche molti non credenti capaci di solidarietà non può che farci contenti, come non può che farci contenti il vedere intorno a noi persone di buona volontà anche di diversa estrazione culturale o religiosa. Sappiamo però che ciò che per gli altri può essere frutto di opzione etica o filosofica di varia natura, che certamente rispettiamo, per noi cristiani è elemento costitutivo della nostra scelta e appartenenza di fede e di Chiesa. E senza alternative, non è un optional dettato solo dal buon carattere o dal sentimento, pur positivo. Con la conseguenza che la testimonianza e l esempio, per essere credibili, non possono non comprendere, con la fede vissuta, la carità di giustizia e di amore fattivo per gli altri, vicini e lontani. Cari fratellie sorelle, la celebrazione di questa sera ci invita alla riscoperta della carità. Questa "riscoperta della carità" è la grazia più pertinente da chiedere in questa sera dell ultima cena, quando, come abbiamo ascoltato, "Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). Preghiamo gli uni per gli altri perchè la carità di Gesù diventi sempre più la nostra carità, il suo amore per Dio e per gli altri, il nostro amore. 4
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