Prime riflessioni sui delitti di inquinamento, disastro e omessa bonifica introdotti dalla legge 68/2015

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1 Prime riflessioni sui delitti di inquinamento, disastro e omessa bonifica introdotti dalla legge 68/2015 di Federico Vanetti 1 La protezione dell ambiente riveste un ruolo sempre più centrale nel mondo e in Italia, in quanto sviluppo, globalizzazione e crescita della popolazione comportano inevitabilmente un consumo delle risorse naturali. Il concetto di sostenibilità, dunque, deve rappresentare la linea guida del futuro, e al legislatore spetta il compito di definire e distinguere ciò che è consumo sostenibile da ciò che, invece, rappresenta un consumo vietato. In questo contesto si inserisce la recente legge sui reati ambientali del 22 maggio 2015, n. 68, pubblicata in G.U. il 28 maggio 2015, che prevede pene più severe per gli inquinatori. La citata normativa introduce un nuovo titolo al codice penale relativo ai delitti contro l'ambiente ed incide così anche sul diritto ambientale sostanziale. A seguito di una prima lettura dei nuovi articoli, si ritiene opportuno svolgere qualche preliminare considerazione di raccordo tra la disciplina ambientale e le nuove fattispecie penali, soprattutto rispetto ai termini utilizzati e alle diverse norme che si intersecano tra loro 2. In particolare, verranno di seguito analizzati i delitti di inquinamento ambientale e di disastro ambientale di cui ai nuovi articoli 452 bis e 452 quater del codice penale, nonché il delitto di omessa bonifica di cui all art. 452 terdicies c.p., rispetto ai quali si pongono dubbi di coordinamento con le previsioni del d.lgs. n. 152/ I delitti di inquinamento e disastro ambientale Secondo il nuovo art. 452 bis c.p., il delitto di inquinamento ambientale sussiste ogniqualvolta qualcuno «abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna». In primo luogo, occorre evidenziare che la norma sanziona solo gli inquinamenti abusivi, ammettendo di contro gli inquinamenti leciti, ossia causati da attività autorizzate 3. Il principio di sviluppo sostenibile, infatti, impone di trovare il giusto bilanciamento tra l esigenza di continuare a sfruttare e consumare le risorse ambientali e la necessità di preservarle per le generazioni future, introducendo così norme che consentano un uso controllato e, per l appunto, sostenibile di tali risorse. 1 Avvocato amministrativista in Milano, Partner di DLA Piper. 2 Non vengono, invece, affrontati ed analizzati gli aspetti più propriamente penalistici relativi ai nuovi articoli del codice e alle fattispecie di reato. 3 Ovviamente, entro i limiti stabiliti dalle stesse autorizzazioni. 1

2 In secondo luogo, occorre domandarsi cosa debba intendersi per inquinamento. Il d.lgs. n. 152/2006, infatti, ne contiene una propria definizione, introdotta dalla disciplina sull AIA e sulla tutela delle acque. In particolare, l art. 5, comma 2 lett. i-ter, del citato decreto legislativo definisce inquinamento «l introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell aria, nell acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell ambiente o ad altri suoi legittimi usi». Il successivo articolo 74, comma 1 lett. cc, invece, offre una definizione più restrittiva e più incentrata sulla matrice acqua, secondo cui per inquinamento deve intendersi «l introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell aria, nell acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell ambiente». Invero, lo stesso art. 452 bis c.p. reca un proprio concetto di inquinamento, riconducibile ad una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile di acqua, aria, suolo, sottosuolo, ecosistema, biodiversità, flora o fauna, che, pur riprendendo in parte le definizioni sopra richiamate, risulta più ampio, nonché maggiormente in linea con la definizione di danno ambientale di cui alla Parte VI del d.lgs. n. 152/2006, secondo cui con tale espressione deve intendersi «qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell utilità assicurata da quest ultima» (art. 300, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006). La disciplina sul danno ambientale, tuttavia, non solo è stata oggetto di ripetuti e anche recenti correttivi, ma va coordinata anche con le altre parti del d.lgs. n. 152/2006 (es. siti contaminati 4 ). Sorge, dunque, spontaneo domandarsi se il reato di inquinamento ambientale debba trovare applicazione nei limiti delle definizioni e previsioni sopra richiamate, ovvero possa avere una portata più ampia e generale che travalichi anche la portata del d.lgs. n. 152/2006. Occorre, inoltre, domandarsi se ogni ipotesi di danno ambientale ai sensi della Parte VI del d.lgs. n. 152 costituisca automaticamente anche un ipotesi di inquinamento ambientale penalmente rilevante. Il punto è sicuramente delicato in quanto il Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in passato, ha dato una propria lettura applicativa della Parte VI del citato decreto legislativo, che ha destato non pochi dubbi di legittimità sia con riferimento alla normativa nazionale (per l appunto più volte riformata), sia con quella comunitaria 5. 4 Sul punto, si osserva che la Parte IV, Titolo V del d.lgs. n. 152/2005, introduce una specifica definizione di contaminazione legata al superamento di specifiche soglie (CSR) misurabili, che tuttavia non coincide con le definizioni di inquinamento sopra richiamate. 5 Ci si riferisce alla quantificazione economica del danno ambientale per i Siti di Interesse Nazionale, che ha portato all'apertura di una procedura di infrazione e, quindi, all'introduzione di diversi correttivi alla Parte VI del d.lgs. n. 152/

3 Discorso analogo vale anche per il concetto di disastro ambientale introdotto dall art. 452 quater c.p., inteso, alternativamente, come: 1. l alterazione irreversibile dell equilibrio di un ecosistema; 2. l alterazione dell equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3. l offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. In questo caso, il concetto di disastro ambientale non trova riscontro tra le definizioni del d.lgs. n. 152/2006, ma è la stessa norma penale ad inquadrare e definire la fattispecie sostanziale. Volendo privilegiare una lettura sistematica dei nuovi reati penali, il delitto di disastro ambientale dovrebbe avere ad oggetto una fattispecie più grave rispetto a quella dell inquinamento. Mentre quest'ultimo, infatti, per quanto abusivo, potrebbe anche essere ripristinato e corretto, il disastro ambientale dovrebbe avere ad oggetto una compromissione definitiva e particolarmente grave dell ambiente. È bene osservare che entrambe le fattispecie criminali sopra considerate possono essere imputate sia a titolo di dolo (ossia azioni volontarie poste in essere dagli inquinatori), sia a titolo di colpa come espressamente disposto dall art. 452 quinquies. 2. L omessa bonifica La legge n. 68/2015 introduce anche uno specifico reato di "omessa bonifica" (art. 452 terdicies) che si affianca e integra il reato disciplinato dall'art. 257 del d.lgs. n. 152/2006 relativo ai siti contaminati. Entrambe le fattispecie fanno salve le ipotesi di reati più gravi, restando così inteso che i reati di inquinamento ambientale e di disastro ambientale potrebbero anche trovare applicazione rispetto ai casi di omessa bonifica (salvo ritenere prevalente la norma speciale su quella generale). Occorre, dunque, comprendere quali siano le differenze tra la nuova norma penale e quella inserita nella disciplina ambientale (peraltro, anch'essa modificata in parte dalla l. 68/2015). Il reato di cui all art. 452 terdicies prevede che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro a euro ». La fattispecie prevista dall art. 257 del d.lgs. n. 152/2006, invece, dispone che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cagiona l inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell arresto da sei mesi a un anno o con l ammenda da euro a euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall autorità competente nell ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione 3

4 della comunicazione di cui all articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell arresto da tre mesi a un anno o con l ammenda da euro a euro». A voler ben vedere, le due ipotesi di reato, in parte, coincidono e sembrerebbero avere ad oggetto la medesima fattispecie, ossia la mancata esecuzione degli interventi di bonifica. Il d.lgs. n. 152/2006, basandosi sul principio comunitario chi inquina, paga, stabilisce che l obbligo a bonificare un sito contaminato è principalmente in capo a colui che ha causato la contaminazione 6. Al contempo, anche il soggetto obbligato ex lege a cui si riferisce l art. 452 terdicies (nei cui confronti, peraltro, le amministrazioni dovrebbero ordinare la bonifica 7 ) è comunque riconducibile a colui che ha cagionato la contaminazione, per l appunto obbligato a bonificare ai sensi dell art. 242 del d.lgs. n. 152/2006. Ciò porterebbe a ritenere che entrambe le ipotesi di reato contemplino nella sostanza la medesima fattispecie, con conseguente dubbio applicativo. Invero, alcune differenze sussistono tra le due norme, sia rispetto all'elemento soggettivo, sia rispetto all'elemento oggettivo. Per quanto riguarda il primo aspetto, l'art. 452 terdicies, potrebbe avere una portata ben più ampia dell'art. 257, il quale è esclusivamente limitato al soggetto responsabile della contaminazione. La nuova norma, infatti, si rivolge ai soggetti obbligati per legge o per ordine del giudice e non solo ai soggetti responsabili della contaminazione. Tra i soggetti obbligati per legge rientra anche la Pubblica amministrazione. L art. 250 del d.lgs. n. 152/2006, non a caso, dispone che «qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all articolo 242 sono realizzati d ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio». L'intervento d ufficio da parte del Comune e della Regione, dunque, pur rappresentando un ipotesi residuale, è obbligatorio e non volontario a differenza dell intervento da parte del proprietario 6 v. C. Stato, Ad. Plen. n. 21/2013 e Corte di Giustizia Europea C-534/13 del 5 marzo Secondo l art. 244, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006, «la provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo» e, quindi, «l ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253». La giurisprudenza nazionale e quella comunitaria hanno comunque chiarito che il proprietario incolpevole non è obbligato a bonificare, ma può decidere di intervenire su base volontaria al sol fine di evitare l intervento d ufficio con conseguente apposizione dell onere reale ai sensi dell art

5 incolpevole. L'ordinamento nazionale, infatti, non contempla l ipotesi che un sito contaminato rimanga tale e, quindi, in ultima istanza, impone alla Pubblica amministrazione di intervenire d ufficio e attuare gli interventi di cui all art. 242, salva poi la possibilità di rivalersi sull area bonificata ai sensi dell art Un ulteriore possibile differenza soggettiva tra le due ipotesi di reato potrebbe riguardare il caso di ordine dell autorità giudiziaria ad eseguire un intervento di bonifica e/o ripristino («obbligato per ordine del giudice»). Tale ordine non necessariamente deve provenire dal giudice amministrativo rispetto agli atti assunti dagli enti nelle procedure di bonifica, ma potrebbe anche essere emesso da giudice civile rispetto ad obblighi contrattualmente assunti dai privati, anche in deroga alle responsabilità e obblighi di legge. Basti pensare ad una parte che, acquistando un sito contaminato, si sia impegnata - pur non essendone obbligata ex lege - ad eseguire la bonifica del sito e che, poi, risulti inadempiente a tale obbligo. In tal caso, non è difficile ipotizzare che un contenzioso possa anche portare ad un ordine del giudice volto ad imporre la bonifica del sito al soggetto contrattualmente obbligato. Ricorrendo, dunque, tale ipotesi e rimanendo ancora inadempiente la parte obbligata nei cui confronti è rivolto l ordine, si potrebbe configurare il reato di cui all art. 452 terdicies c.p. Se da un lato, l assunzione di impegni contrattuali tra parti private, pur non facendo venir meno le responsabilità ex lege, può effettivamente creare un legittimo affidamento in merito all esecuzione della bonifica, dall altro, potrebbe risultare eccessivo ricondurre un inadempimento contrattuale ad una responsabilità di carattere penale. In tal senso, basti pensare che il soggetto responsabile della contaminazione che omette di bonificare potrebbe essere sanzionato ai sensi dell art. 257 del d.lgs. n. 152/2006 con una contravvenzione, mentre un privato non responsabile che ha assunto contrattualmente l impegno a bonificare (sostituendosi così al responsabile) sarebbe passibile del delitto previsto dal citato art. 452 bis. La formulazione della nuova norma penale, in ogni caso, richiederà una particolare attenzione nella negoziazione degli accordi privati che regolano anche gli adempimenti di bonifica. Per quanto riguarda, invece, l elemento oggettivo della nuova ipotesi di delitto, è bene osservare che l art. 452 bis non considera solo l omessa bonifica, ma anche il mancato «ripristino» o «recupero» dello stato dei luoghi, ampliando così il possibile campo di applicazione delle norme rispetto a quanto previsto dall art. 257 del d.lgs. 152/2006. Tuttavia, si osserva che l art. 452 dodicies c.p. riconduce sostanzialmente l ipotesi di ripristino dello stato dei luoghi agli interventi di cui al d.lgs. n. 152/2006 («Al ripristino dello stato dei luoghi di cui al comma precedente si applicano le disposizioni di cui al titolo II della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di ripristino ambientale»), equiparando di fatto tali interventi alla bonifica e, quindi, restringendo il campo di applicazione dell art. 452 terdicies. Da ultimo, un ulteriore differenza tra le due ipotesi di reato riguarda la non punibilità. 5

6 L art. 257 del d.lgs. 152/2006 (per come modificato dalla legge 68 in esame) prevede espressamente come causa di non punibilità l osservanza (ovvero l esecuzione) dei progetti di bonifica approvati dagli enti. Tale norma di favore, tuttavia, trova oggi applicazione solo rispetto alle contravvenzioni, ovvero al reato di cui allo stesso art. 257, ma non anche al delitto di cui al nuovo reato introdotto dall art. 452 bis. Rispetto a tale nuova fattispecie di reato, l esecuzione degli interventi di bonifica potrebbe al più giustificare l applicazione dell art. 452 decies (ravvedimento operoso) con conseguenti sconti di pena, ma non rappresenterebbe invece una causa di non punibilità. 3. Conclusioni In conclusione, sebbene un inasprimento delle pene per i reati ambientali sia condivisibile, le fattispecie di reato introdotte dalla l. 68/2015 non sempre si coordinano con il diritto ambientale sostanziale di cui al d.lgs. n. 152/2006. Tale mancanza di coordinamento si traduce, per lo meno in sede di prima applicazione, in dubbi per gli operatori, i quali potrebbero trovarsi coinvolti in procedimenti penali anche solo per ipotesi colpose. A ciò si aggiunge anche il fatto che le contestazioni dei nuovi reati lasciano un ampio margine di discrezionalità sia nella valutazione del caso ambientale, sia nella valutazione della gravità di tale caso. Gli operatori, pertanto, sono chiamati ad assumere una maggior cautela nella gestione di quelle attività che possono teoricamente impattare sull ambiente, onde evitare la contestazione dei nuovi reati che comportano l applicazione di pene più severe. 6

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