INCONTRO DI SPIRITUALITÀ PER GLI IMPEGNATI NELLE REALTÀ SOCIALI E POLITICHE AVVENTO 2009

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1 DIOCESI DI MILANO Segreteria per la Formazione all impegno Sociale e Politico INCONTRO DI SPIRITUALITÀ PER GLI IMPEGNATI NELLE REALTÀ SOCIALI E POLITICHE AVVENTO 2009 Il Signore stesso vi darà un segno Segni dello Spirito nella vita della Chiesa e della società (Is 7,1-16) Le premesse e il messaggio del testo 1. La necessità di scrutare la volontà di Dio. L esperienza della fede biblica pone in radice la necessità di imparare la virtù del discernimento. Il Dio biblico - pur essendo assolutamente indispensabile perchè l uomo possa scoprire la sua verità e il suo destino - non può tollerare che l uomo venga trattato come un burattino, passivo esecutore di disposizioni dettate dall alto. Dio ha un suo pensiero, un suo disegno. L uomo deve imparare a scrutarlo, ma senza rinunciare alla fatica della propria libertà, all esercizio della propria responsabilità. Dunque, nella fatica di capire quale sia la volontà di Dio ci si può anche sbagliare e a nessuno sarà mai permesso di sbandierare superbamente di aver capito dove stia tale volontà. In questa prospettiva un buon punto di partenza potrebbe essere il passo della costituzione Gaudium et spes (nn. 3-4) che mette a tema il ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo, individuando tale missione nel continuare, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito. Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto. Inoltre, la categoria dei «segni dei tempi» è stata spesso ripresa nel periodo postconciliare, secondo ottiche diverse e, talvolta, non senza toni retorici, dovuti ad un certo grado di indeterminatezza che caratterizza la categoria stessa. Tra i testi magisteriali più lucidi e significativi pubblicati su questo tema dopo il Concilio Vaticano II, si può ricordare la quinta proposizione del documento elaborato dal VI Sinodo dei Vescovi, svoltosi a Roma dal 26 settembre al 25 ottobre 1980, sul tema della famiglia cristiana. In questo testo si enuclea anzitutto una definizione del concetto di «segni dei tempi»: I segni dei tempi sono la «realtà» stessa nella quale viviamo in determinate circostanze di luogo e di tempo. In seconda battuta, si offrono alcuni criteri irrinunciabili per mettere in atto un discernimento autenticamente spirituale e dunque ecclesiale dei segni dei tempi: Per riconoscere il loro significato e cogliere in qualche modo da essi il disegno di Dio, la nostra interpretazione deve sempre aver presente: la continuità della storia della salvezza, come si manifesta

2 in forma più eminente nelle Scritture dell Antico e del Nuovo Testamento; l analogia della fede; il magistero della Chiesa; e i giusti dettami della prudenza umana (cf. GS ). Alla luce di questi spunti magisteriali, si può raccogliere l invito a comprendere la categoria profetica dei segni dello Spirito all interno dell orizzonte biblico, analizzando la pericope di Isaia 7,1-17, con immediate risonanze al tempo liturgico dell Avvento. In questo testo profetico si potrà evidenziare il rapporto tra la rivelazione divina e impegno politicoamministrativo, dal momento che la fede biblica non potrà mai far derivare immediatamente un particolare tipo di economia o di ordinamento politico. In un secondo momento della riflessione, si potrà mettere in luce come questa logica trova il suo compimento nella vita di Cristo e della Chiesa. 2. Il contesto storico-geografico in cui viene scritto Is 7, Siamo a Gerusalemme, nel a.c. L impero assiro, guidato dal re Tiglat-Pilèzer III ( a.c.), nutre mire espansionistiche sugli Aramei, governati dal re Rezìn, situati approssimativamente nei territori della Siria attuale. Per resistere all avanzata assira, gli Aramei stipulano un alleanza con il regno di Israele, oltre che con Gaza, Tiro, Sidone e altri piccoli stati circostanti. Cercano poi di allearsi anche con il regno di Giuda, così da coprirsi completamente le spalle ai confini meridionali dello stato, per concentrare le forze militari a Nord contro gli Assiri. Dal 735 al 715 a.c., il regno di Giuda è governato dal re Acaz. Il profeta di corte è Isaia. Nei giorni di Acaz figlio di Iotam, figlio di Ozia, re di Giuda, Rezìn re di Aram e Pekach figlio di Romelia, re di Israele, marciarono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla. Fu dunque annunziato alla casa di Davide: «Gli Aramei si sono accampati in Èfraim» [...] (Isaia 7,1-2). 3. La necessità di scegliere. In questo frangente, il giovane re Acaz è angosciato. Tocca a lui prendere la decisione ultima. Fin da bambino, si è sentito raccontare più volte la promessa di protezione fatta dal Signore al casato del re Davide, a cui Acaz appartiene: La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre 1. Ma ora che c è bisogno, Dio dov è? Dio tace! E quando il Signore tace, gli uomini si dibattono in varie opinioni. In pratica, il re Acaz ha due possibilità: parteggiare per l impero assiro oppure schierarsi con gli eserciti degli Aramei e degli Israeliti, che stanno per invadere i territori di Giuda. Se non si allea con costoro, Gerusalemme a breve sarà assediata. Difatti, a Gerusalemme è giunta ormai la notizia che gli eserciti avversari di Rezìn, re di Aram, e di Pekach, re d Israele, si sono uniti sulle vicine montagne di Efraim (Isaia 7,2) e stanno, quindi, per penetrare nei confini del regno di Giuda. È chiaramente un azione di forza per costringere il re Acaz ad entrare nella coalizione contro l impero assiro. Acaz e gli abitanti di Gerusalemme sono scossi «come si agitano i rami del bosco per il vento» (v. 2; cf 3,1-12). Si deve scegliere; non si può restare neutrali. Ma Dio da che parte sta? Il re di Giuda, guidato da una certa dose di buon senso politico, si schiera dalla parte dell impero assiro. Acaz mandò messaggeri a Tiglat-Pilèzer re di Assiria, per dirgli: «Io sono tuo servo e tuo figlio; vieni, liberami dalla mano del re di Aram e dalla mano del re di Israele, che sono insorti contro di me». Acaz, 1 2 Sam 7,16; cf 1 Cr 17,14. Si tratta dell oracolo del profeta Natan al re Davide (2 Sam 7,1-17; 1 Cr 17,1-15).

3 preso l argento e l oro che si trovava nel tempio e nei tesori della reggia, lo mandò in dono al re di Assiria (Secondo Libro dei Re 16,7-8). Nel frattempo, Acaz si prepara a fronteggiare gli eserciti degli Aramei e d Israele. Senza perdere tempo, si affretta a disporre le difese nella zona del rifornimento idrico della città (cf 22,11), la cosiddetta «piscina superiore» (7,3). Nell imminente assedio, non si può rischiare di perdere l acquedotto. Altrimenti, la città sarebbe costretta ad arrendersi in poco tempo agli avversari a causa della sete. 4. Il primo segno di Dio: un resto ritornerà. Mentre gli abitanti di Gerusalemme predispongono freneticamente le difese della città entra in scena l uomo di Dio, Isaia. In quanto profeta, egli ha il compito di dare al re Acaz un segno da parte del Signore: Il Signore disse a Isaia: «Va incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore sulla strada del campo del lavandaio. Tu gli dirai: Fa attenzione e sta tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumosi, per la collera di Rezìn degli Aramei e del figlio di Romelia. Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelia hanno tramato il male contro di te, dicendo: Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl. Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà! Perché capitale di Aram è Damasco e capo di Damasco è Rezìn. Capitale di Èfraim è Samaria e capo di Samaria il figlio di Romelia. Ancora sessantacinque anni ed Èfraim cesserà di essere un popolo. Ma se non crederete, non avrete stabilità» (Isaia 7,3-9). Il segno di Dio è un bambino, uno dei figli dello stesso Isaia. Il Signore ha fatto intuire al profeta l utilità di portarlo con sé, perché il nome di quel bambino contiene già un messaggio divino: Š e ār yāšûb (v. 3) è un nome composto in ebraico e significa «Un-restotornerà». Prima ancora che il profeta apra bocca, quel bambino rivela già la speranza che Dio intende offrire al suo popolo. Una speranza esile, è vero: Š e ār yāšûb non è un segno di vittoria sui nemici. Ciò nonostante, quando nella storia è buio fitto, anche una lucerna offre conforto (cf Giobbe 29,3). «Un resto tornerà»: significa che il popolo sarà sopraffatto, certo; ma una parte di esso riuscirà a sopravvivere. Tocca al profeta Isaia comprendere, in quella determinata circostanza, l indicazione divina a cui rinvia il significato del nome di suo figlio, che Dio gli ha suggerito di portare con sé. Quel bambino è il segno della promessa divina di sopravvivenza almeno di un resto del popolo. È chiaro, però, che l adempimento di questa promessa salvifica dipende da una condizione preliminare che Dio richiede al suo popolo, cioè la fede in lui: «Se non crederete, non avrete stabilità!». 5. Il secondo segno di Dio: Dio è con noi. Nonostante il segno di Dio, Acaz non sembra per niente convinto. Il testo biblico non riporta alcuna risposta da parte sua. Forse, preso dai frenetici preparativi di difesa delle riserve idriche cittadine, il re ha ascoltato distrattamente il profeta di corte; oppure non gli ha dato neppure retta. Magari, non si è accorto neanche del bambino che accompagnava Isaia. Forse, dentro di sé, ha tacciato di quietismo rinunciatario l interpretazione della situazione offertagli dal profeta. Una cosa, comunque, è certa: di fatto, Isaia deve tornare una seconda volta dal sovrano. Dunque, da questo suo intervento ulteriore, si può intuire che il primo segno di Dio non è

4 stato accolto con fede dal re. Il segno divino e la sua interpretazione profetica non sono stati compresi come messaggio proveniente da Dio. Eppure, Dio non si arrende davanti alle chiusure dell uomo e, con pazienza, manda un secondo segno: un altro bambino (Isaia 7,14). Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò. Non voglio tentare il Signore!» (vv ). Questa volta, il segno è espressamente presentato dal profeta come proveniente da Dio (cf v. 14). Ma altrettanto esplicitamente quel segno non è desiderato dal sovrano, che dichiara di non voler mettere alla prova il Signore (v. 12). Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonato il paese di cui temi i due re. Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Èfraim si staccò da Giuda: manderà il re di Assiria» (vv ). La risposta del re Acaz offre lo spunto per mettere allo scoperto due atteggiamenti erronei dell uomo rispetto ai segni di Dio, vale a dire l ateismo pratico e il fatalismo religioso. Il secondo segno che Isaia promette al re, nonostante l incredulità di costui, è un altro bambino. Questa volta, però, il segno è effettivamente più difficile da interpretare, anzitutto, perché il bambino deve ancora nascere e non si sa da chi. Certo, Isaia offre un indizio, predicendo che la madre del nascituro sarà almâ (7,14). Di per sé, questo termine, che, sulla scia della versione dei Settanta, è tradotto dalla Volgata con virgo («vergine»), in ebraico indica una giovane donna che non ha partorito e che può essere coniugata o nubile. Con una certa verosimiglianza, i concittadini di Isaia avrebbero potuto pensare spontaneamente ad Abi, la giovane moglie del re Acaz, la quale in effetti non aveva ancora dato alla luce il primogenito. Ma, di fatto, l oracolo non lo esplicita. Anche il nome del bambino è un segno: «Emmanuele» (v. 14), ossia «Dio-con-noi» 2. Il popolo, forse, sarà sopraffatto; ne sopravvivrà soltanto un resto, come il Signore ha lasciato intendere attraverso il nome allusivo del figlio di Isaia (cf v. 3). Ma è certo che Dio non abbandonerà questo resto; gli resterà fedele. Però, Isaia non precisa qui come si attuerà concretamente questa vicinanza del Signore al suo popolo. La dieta del bambino è pure da interpretare: che cosa significa che il piccolo Emmanuele «mangerà panna e miele» (7,15)? È un segno di prosperità futura? Questa espressione fa riecheggiare la promessa divina di un «paese dove scorrono latte e miele» 3? Forse. Ma potrebbe indicare anche un tempo di carestia. Difatti, Isaia non parla di «latte», ma di «panna» o, più esattamente, di «latte cagliato». Il Secondo Libro di Samuele racconta che «latte cagliato e miele» sono dati agli uomini di Davide che erano profughi, affamati e assetati (17,29; cf anche Giudici 5,25). Dunque, anche nell oracolo di Isaia poteva trattarsi di un cibo di fortuna per profughi, come si vede anche dall annotazione in 7,22. Tant è vero che la pagina immediatamente successiva del libro di Isaia predice l invasione assira (Isaia 7,18-25). In fin dei conti, il povero re Acaz, a causa della sua mancanza di fede, si trova davanti a un segno, che non può che apparirgli molto ambiguo e misterioso. Davvero una bella sfida interpretativa per l incredulo Acaz! 2 Cf Mt 1,23. 3 L espressione definisce la prosperità della terra promessa (cf Es 3,8.17; 13,5; Lv 20,24; Nm 13,27; Dt 6,3), se non addirittura dei tempi escatologici (cf Gl 4,18). Si legga anche il Sal 81,17.

5 A questo punto, non interessano gli ulteriori particolari del conflitto siro-efraimita. È noto che gli eserciti degli Aramei e degli Israeliti invasero i territori di Giuda e assediarono Gerusalemme, ma non riuscirono a conquistarla (cf Secondo Libro dei Re 16,5). Anzi, la lega siro-efraimita fu sconfitta dagli Assiri, che deportarono la popolazione del regno di Damasco (732 a.c.) e ridussero il regno d Israele alla sola città di Samaria e ai suoi dintorni. Ma anche il regno di Giuda fu reso vassallo dell impero assiro (cf 16,7-18), che in breve tempo estese i suoi confini dai fiumi Tigri e Eufrate fino al Mare Mediterraneo. A prescindere da questo sviluppo successivo della vicenda storica, l analisi della pericope isaiana permette di pervenire a una prima conclusione di ampio respiro sul discernimento profetico dei segni di Dio: lungo la storia della salvezza attestata nella sacra Scrittura, Dio ha continuato a dare al suo popolo segni verbali e soprattutto fattuali di rivelazione allo scopo di educarlo 4. I segni nella vita di Cristo e della Chiesa 1. Il segno del sogno di Giuseppe. Di per sé, il termine almah del testo ebraico dell Antico Testamento indicava una giovane donna che non ha ancora partorito, probabilmente la giovane moglie del re Acaz di Gerusalemme. Dunque, gli ascoltatori di Isaia si aspettavano che il futuro primogenito della moglie del re portasse a tutto il regno felicità, benessere, pace... Ma la loro speranza non si realizzò. Dalla storia, sappiamo che l erede al trono, il re Ezechia, fu, per molti versi, un re come tanti altri. Non poteva essere lui l Emmanuele, il re messianico che avrebbe portato il regno di Dio su questa terra. Ma la speranza si sa! è sempre l ultima a morire. E quella profezia viene rilanciata dai credenti in avanti: l Emmanuele deve ancora venire. Dio ha dato la sua parola e Dio mantiene sempre le sue promesse. Per questo, quando l Antico Testamento venne tradotto dall ebraico in greco, alcuni credenti hanno espresso la loro fede in questo Emmanuele futuro, dando un colpo di pollice alla traduzione e hanno tradotto il termine ebraico almah, piuttosto neutro una giovane donna con l aggettivo greco parthénos, che significa vergine in senso stretto. La madre dell Emmanuele credevano questi traduttori non può essere una semplice giovane, come diceva il profeta Isaia. Dev essere vergine, perché il messia non sarà frutto di un semplice atto umano. Ma, in qualche modo, deriverà direttamente da Dio. L evangelista Matteo, dopo aver vissuto con lui, dopo aver visto tanti suoi segni e dopo aver ascoltato tante sue parole, dopo aver assistito soprattutto alla sua morte e alla sua risurrezione, crede e vede. Crede nel Figlio di Dio e, collocandosi all interno della lunga schiera di credenti del passato che speravano nel messia, trova questo segno scritto nella versione greca dell Antico Testamento; e capisce. Giunge così ad identificare quella vergine della profezia di Isaia con Maria. Con questo sostantivo greco, parthénos, che ha il significato univoco di vergine, Matteo mostra che il concepimento verginale di Gesù porta a compimento la profezia isaiana. Davvero quel Dio dell Antico Testamento, che aveva già iniziato a rivelarsi e ad essere il Dio-con-noi in Gesù ha mantenuto la sua parola. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: 4 Cf Dt 4,36; 8,5; Sap 12,2.22; Sir 18,13; Ger 2,30; 5,3.

6 «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù (Matteo 1,18-25). 2. Il segno della croce di Gesù. La morte e la risurrezione di Cristo sono il momento culminante per aprirsi nella fede e comprendere chi è Dio Davvero costui era Figlio di Dio! (Mt 27,54), oppure per chiudersi nell incredulità È il re d Israele. Scenda ora dalla croce e gli crederemo (Mt 27,42; cf anche vv ). L applicazione immediata di questo dato di fatto della storia della salvezza la croce è il segno più alto della rivelazione di Dio è che in tutte quelle azioni che partecipano della carità di Cristo in croce, Dio si rivela. In tutti quegli atti umani che, in qualche modo, realizzano, rendono reale, l amore, c è una rivelazione di Dio. Nell atto di chi dà da mangiare a chi ha fame, oppure di chi visita il malato o il carcerato si sprigiona un segno che rivela che il Dio di Gesù Cristo è carità. Quando il Figlio dell uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora, il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Allora, i giusti gli risponderanno: «Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». Rispondendo, il re dirà loro: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l avete fatto a me» (Matteo 25,31-40). In questa parabola evangelica è interessante notare che i segni di rivelazione di Dio che si sprigionano da atti concreti di carità, prima ancora che valere come testimonianza per altri, sono segni che consentono di percepire Dio da colui che vive la carità. I segni dello spirito e il discernimento storico del credente Le osservazioni precedenti possono essere ulteriormente articolate ed approfondite anche in ambito sociale e politico, tenendo conto del fatto che, secondo la rivelazione biblica, in ogni atto, in ogni avvenimento, in ogni istante della vita di ogni uomo sulla faccia della terra, si gioca questo rapporto tra la multiforme manifestazione di Dio 5 e la libertà della persona umana 6. Ogni momento può diventare un occasione favorevole perché Dio si manifesti tramite segni storici 7 (o anche della natura) 8, sia ordinari 9 che straordinari Cf, ad es., Dt 4,36; Ez 38,23; 1 Cor 2,10; Eb 1,1. 6 Cf, ad es., 2 Cor 3,17; Eb 11,7.8.17; 1 Pt 2,16. 7 Cf emblematicamente Dt 34, Cf soprattutto Gn 9,12. 9 Cf, ad es., 1 Sam 10,1-7; 14,8-14; 2 Sam 5,24; 2 Re 19,29; Is 8,1-4.

7 1. Sul binomio profezia-realismo - Il tema più generale: quale profezia, oggi? Qual è, oggi, l autentico atteggiamento profetico, da incentivare, valorizzare, rilanciare? Ad esempio, quello fatto di scelte estreme, che invitano a prendere nettamente le distanze da quanto mediamente si fa e si agisce, quello di chi interpreta comunque benevolmente il presente, quello di chi promuove lo storicamente possibile nella direzione del futuro, di chi sa donare motivi autentici di speranza, di chi sa additare nuove vie, nuove soluzioni concrete? - Il richiamo alla necessità della lettura del segno dei tempi. Spesso chi agisce nel sociale e nel politico si trova nella situazione del Re. Tutto preso dalla organizzazione, sia pur di cose importanti come la difesa delle fonti, non coglie il segno, non capisce il momento. Agisce perché sente questa del fare come la urgenza più immediata e lascia passare il segno che potrebbe spiegare la necessità di più lunga scadenza. Non ci si accorge della profezia, che oggi potrebbe essere quella delle persone che pongono i problemi che si proiettano nel futuro. Quindi la domanda: che equilibrio trovare tra la necessità del momento e la attenzione ai segni del tempo che ci proiettano nel domani? Soprattutto: quale atteggiamento, interiore e non solo, ci aiuta a vedere i segni dentro il quotidiano? - Il tema della prosperità. Prosperità, felicità, bene comune. Come indirizzare le scelte quotidiane in questa ottica? Qual è il posto della solidarietà nell agire politico dei cristiani? E allora forse occorrerebbe riprendere il tema del servizio alla comunità, alla città, al Paese. E la politica oggi è ancora servizio agli altri? O spesso trascende nell interesse di pochi, nel benessere di pochi, nel bene-stare solo della propria comunità? Il tema del federalismo solidale, per esempio: come declinarlo nell ottica della prosperità, del bene comune? 2. Sulla solitudine dell amministratore - Sforziamoci di dare un nome preciso alle paure del re Acaz (quindi alle nostre) e a ricercarne le cause (incredulità? timore di perdere la propria posizione di potere? altro )? - La solitudine del Re: deve decidere lui e solo lui. Spesso questa è l esperienza del politico: una volta eletto non ha più nessuno intorno. Gli altri, assorbiti da degnissimi impegni di ogni genere, delegano le decisioni a chi ha ricevuto il mandato. In una certa misura ciò è normale, ma apre un problema grosso: come decidere, soprattutto in quei casi in cui capisci che non puoi riuscire a realizzare del tutto i valori che difendi, ma occorre scendere a compromessi e mediazioni? Come aiutarsi a capire fino a che punto spingersi nelle mediazioni per non tradire il proprio mandato e la propria ispirazione ideale? Come evitare il rischio di affidare alla propria labile ed incerta intuizione la scelta politica? Occorre una comunità che segua il politico: come costituirla? - Il tema del dubbio. Chi sta in politica e chi deve assumere decisioni molto spesso è roso dal tema del dubbio. Ma il politico deve decidere. Come aiutarlo a riconoscere i segni dello Spirito? Come aiutarlo a prendere decisioni che siano nel solco del bene 10 Cf, ad es., Es 4,3-9; 7, ; 34,10; Dt 4,34; 6,22; At 14,3; Eb 2,4; 11,

8 comune? Come aiutarlo a superare il senso della solitudine che spesso lo attanaglia, soprattutto nella fase decisionale? E come soprattutto aiutarlo a non far trasformare il dubbio in incertezza? 3. Sul discernimento dei segni rappresentati dalle attuali vicende socio-politicoeconomiche - Quali segni dei tempi ci sembrano prioritari, da non perdere assolutamente di vista, oggi? Quali sono di speranza e quali di inquietudine? Anche dai segni negativi come pure dagli errori, nostri e altrui, si può imparare qualcosa, ma a quali condizioni? Cfr. ad es. Caritas in veritate 21: La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente. - Quali atteggiamenti assumiamo, come credenti, di fronte ai segni rappresentati dalle vicende odierne: siamo liberi dalla preoccupazione di essere in pochi, assoluta minoranza, sapendo che un contributo può essere portato in ogni caso alla società? O ci si sente un gruppo di assediati senza più speranza di contare davvero qualcosa? Con quale prospettiva, logica, obiettivi si ricercano alleanze con altri, oggi? nell affrontare i problemi sociali cerchiamo anzitutto di schierarci, di trovare la collocazione più appropriata nel quadro politico attuale o di cogliere la rilevanza del problema, quale apporto potremmo dare noi e ricevere da altri? Schierarsi dev essere sempre il primo passo o quello ponderato, maturo?

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