OBIETTIVI. Gli obiettivi sono:

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1 OBIETTIVI Gli obiettivi sono: Fornire agli Enti locali un quadro di riferimento omogeneo per l'elaborazione dei Piani di Emergenza nel proprio ambito territoriale, favorendo altresì l'integrazione e la collaborazione con le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo e gli Organi statali sul territorio; Favorire una gestione coordinata delle emergenze, assicurando interventi più efficaci e tempestivi in caso di alluvioni, terremoti, eventi idrogeologici, incendi boschivi di interfaccia urbano/foresta o rischi di tipo chimico-industriale. PREMESSE Un Piano di Emergenza non è altro che il progetto di tutte le attività coordinate e di tutte le procedure che dovranno essere adottate per fronteggiare un evento calamitoso atteso in un determinato territorio, in modo da garantire l'effettivo ed immediato impiego delle risorse necessarie al superamento dell'emergenza ed il ritorno alle normali condizioni di vita. Il Piano di Emergenza è il supporto operativo al quale ci si riferisce per gestire l'emergenza col massimo livello di efficacia attraverso la distribuzione di precisi impegni e competenze volte: a conoscere le vulnerabilità territoriali ed antropiche; ad individuare e organizzare procedure operative finalizzate al superamento dell'evento. Se il Piano di Emergenza è strutturato in modo corretto, gli Enti preposti disporranno quindi di un valido riferimento che determinerà un indirizzo organizzativo in grado di provvedere alle necessità conseguenti ad ogni evento calamitoso che, verosimilmente, può colpire il territorio di competenza. Il Piano deve rispondere alle domande: quali eventi calamitosi possono interessare il territorio comunale? quali persone, strutture e servizi ne saranno coinvolti o danneggiati? quali sono le iniziative possibili volte a ridurre al minimo gli effetti dell evento considerato con particolare attenzione alla salvaguardia della vita umana? quali sono le procedure operative di emergenza necessarie per fornire assistenza e soccorso alla popolazione? quali sono le risorse disponibili? Per poter soddisfare queste necessità occorre innanzitutto definire gli scenari di rischio, sulla base dei pericoli a cui va soggetto il territorio e della vulnerabilità della porzione di territorio interessata (aree, popolazione coinvolta, strutture danneggiabili, etc.), al fine di poter disporre di un quadro globale ed attendibile relativo all'evento atteso e, quindi, poter dimensionare preventivamente la risposta operativa necessaria al superamento della calamità, con particolare attenzione alla pag. 1

2 salvaguardia della vita umana (occorre prevedere quanti vigili del fuoco, quanti volontari, quali strutture di comando e controllo, quali strade o itinerari di fuga, quali strutture di ricovero, aree sanitarie, etc. sono necessari). Il Piano è dunque uno strumento di lavoro tarato su una situazione verosimile sulla base delle conoscenze scientifiche dello stato di rischio del territorio, aggiornabile e integrabile non solo in riferimento all'elenco di uomini e mezzi, ma soprattutto quando si acquisiscano nuove conoscenze sulle condizioni di rischio che comportino diverse valutazioni degli scenari, o ancora quando si disponga di nuovi o ulteriori sistemi di monitoraggio ed allerta alla popolazione. A livello comunale, si rende necessario arrivare ad un dettaglio che consenta agli operatori delle varie componenti della Protezione Civile di avere un quadro di riferimento corrispondente alla dimensione dell'evento atteso, della popolazione coinvolta, della viabilità alternativa, delle possibili vie di fuga, delle aree di attesa, di ricovero, di ammassamento e così via. A livello provinciale, il Piano individuerà, a scala intercomunale o provinciale, da un lato le situazioni che possono configurare un'emergenza più estesa del singolo comune, dall'altro le situazioni, anche localizzate, di maggior rischio segnalando, quando occorre, la necessità di un approfondimento relativo ad alcuni aspetti riferiti alla scala Comunale, alle aree di ammassamento ed alla valutazione di funzionalità tecnico/logistica dei Centri Operativi sovracomunali in base alle indicazioni regionali. Considerato che il rischio presente in un territorio può fare riferimento a diverse tipologie di evento (alluvioni, terremoti, frane.) il Piano deve prevedere uno o più "scenari di rischio", a cui debbono o possono corrispondere diverse tipologie di intervento. E' opportuno a questo proposito sottolineare un punto essenziale e cioè che il Piano deve essere redatto comunque sulla base delle conoscenze scientifiche e storiche possedute al momento, senza attendere studi in corso o futuri incarichi o perfezionamenti. Un piano "speditivo", sia pure impreciso e cautelativo, se riferito alle procedure del modello di intervento, è comunque meglio che nessun piano. Occorre inoltre essere consapevoli che, aldilà delle attività di pianificazione, sarà sempre possibile, in ogni emergenza, dover affrontare qualcosa di non previsto. Pertanto occorre la massima flessibilità e contemporaneamente la capacità di creare i presupposti (ad es. attraverso le esercitazioni) affinché anche in questi casi vi siano le migliori condizioni di successo. QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE In materia di protezione civile il quadro normativo di riferimento è attualmente definito dal combinato disposto dalla legge n. 225/1992, dal decreto legislativo n. 112/1998 e dalla legge n. 401/ la legge n. 225/1992, che istituisce il Servizio Nazionale della Protezione Civile, delinea un sistema di competenze e di attività ripartite tra i diversi livelli di governo (Stato, Regioni, Province, Comuni), in ragione della tipologia di eventi che sono chiamati a fronteggiare. pag. 2

3 - Il D. Lgs. n. 112/1998, di attuazione della riforma Bassanini, ridefinisce le competenze tra le diverse componenti istituzionali del sistema, conferendo nuove funzioni e compiti alla Regione e agli Enti locali, lasciando, però, invariato l impianto e la sistematica della legge n In particolare, per quanto attiene alla competenza della pianificazione di emergenza, la legge n. 225 dedica ai suddetti piani due articoli: l'art. 4, trattando dei piani di livello nazionale da predisporre a cura del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri; l'art. 14, comma 1, trattando dei piani di livello locale, da predisporre a cura dei Prefetti, non attribuendo né alle Regioni, né agli Enti locali specifiche responsabilità in materia di pianificazione d'emergenza; - Il D.Lgs n.112/1998 innova il quadro delle responsabilità, stabilito dalla legge n. 225 del 1992, in materia di pianificazione d'emergenza e, in particolare: ha introdotto il piano comunale ed intercomunale (art. 108, comma 1, lettera c), punto 3); ha ripartito la responsabilità di pianificazione in sede locale tra gli organismi di rappresentanza democratica (Regioni ed Enti locali); ha distinto i piani, e la relativa competenza, per eventi di tipo "c" e per quelli di tipo "b"; - Per quanto riguarda gli eventi di tipo "c" o, comunque, le emergenze di rilievo nazionale, il D. Lgs. n. 112, all art. 107, comma 1, lettera f), punto 2), ha attribuito allo Stato (senza distinzione tra livello centrale e periferico, né limitazioni di carattere territoriale) la responsabilità della pianificazione d'emergenza e del coordinamento unitario degli interventi di soccorso, specificando, comunque, che essi devono essere realizzati rispettivamente con l'intesa e con il concorso delle Regioni e degli Enti locali interessati; - anche questa disposizione deve essere letta coordinandola con la Legge n. 401/2001, che contribuisce a definire il quadro delle responsabilità a livello statale. L art. 5, comma 4, della citata legge, attribuisce alla responsabilità del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri l'attività tecnico-operativa volta ad assicurare i primi interventi, effettuati in concorso con le Regioni eda queste in raccordo con i Prefetti e con i Comitati provinciali di protezione civile. Infine, il successivo comma 4-bis assegna al medesimo Dipartimento della Protezione Civile, d'intesa con le Regioni, il compito di definire in sede locale e sulla base dei piani d'emergenza gli interventi e la struttura organizzativa necessari per fronteggiare gli eventi calamitosi da coordinare con i prefetti anche per gli aspetti dell'ordine e della sicurezza pubblica. - Per quanto riguarda gli eventi di tipo "b" o, comunque, le emergenze di dimensione regionale, il D.Lgs. n. 112 ha, invece, conferito: - alle Regioni la responsabilità di dettare indirizzi per l'elaborazione dei piani provinciali di emergenza per gli eventi di tipo "b" (art. 108, comma 1, lettera a), punto 3) e di attuare gli interventi urgenti in caso di crisi determinata dal verificarsi o dall'imminenza di eventi di tipo pag. 3

4 "b", anche avvalendosi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (art. 108, comma 1, lettera a), punto 2). - alle Province la responsabilità di predisporre i piani provinciali di emergenza (art. 108, comma 1, lettera b), punto 2); - ai Comuni la responsabilità di predisporre i piani comunali e/o intercomunali di emergenza (art. 108, comma 1, lettera c), punto 3); - Dal dato normativo della distribuzione delle competenze tra Regione, Provincia e Prefetto, con riferimento alle emergenze di tipo b), emerge che, se la predisposizione del piano di emergenza è di competenza della Provincia e non più dell organo prefettizio, per gli eventi di tipo b), rimane incerta l attribuzione della direzione unitaria dei servizi di emergenza in caso di calamità, almeno fino a quando non sia stata determinata la dimensione e la tipologia dell evento da fronteggiare. Al complesso normativo illustrato si è infine aggiunta la riforma costituzionale del 2001 che ha novellato l art. 117 della Costituzione, qualificando la protezione civile tra le materie per le quali spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali che resta riservata alla legislazione dello Stato. Con la menzione esplicita della materia di protezione civile nella Carta costituzionale è confermata la riforma di decentramento avviata dalla Legge n. 57/1997 (c.d. Bassanini), che punta alla valorizzazione delle autonomie locali, ispirandosi ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Il nuovo assetto costituzionale ha posto, così, le basi per la creazione di una pluralità di sistemi regionali di protezione civile che concorrono a formare il Sistema Nazionale di protezione civile. - In tale contesto normativo appare utile richiamare la Circolare del Dipartimento della Protezione Civile n. 5114, del 30 settembre 2002, che, prendendo atto del processo di riforma che coinvolge le Autonomie locali, fornisce una serie di indicazioni volte ad agevolare la comprensione del quadro normativo di riferimento e le competenze che ne derivano. La Circolare ribadisce: le competenze degli Enti territoriali nelle situazioni emergenziali, fatte espressamente salve dall'art. 5, comma 1, del D.L. n. 343/2001, convertito nella Legge n. 401/2001; la vigenza dell'art. 14 della Legge n. 225/1992 in materia di competenze del Prefetto, (per effetto dell'art. 5, comma 4, del citato D.L. n. 343/2001), tenendo conto, però, della necessità di interpretare l art. 14 sulla base delle leggi successive, anche costituzionali, dando alle disposizioni contenute nel suddetto articolo un interpretazione evolutiva, il più possibile coerente con il complesso normativo in cui la norma è collocata. Sulla base di tali indicazioni, le richiamate competenze prefettizie e degli Enti territoriali debbono "convivere" in un contesto di unicità di obiettivi da perseguire in termini di prevalente interesse pubblico, così da realizzare quella fondamentale integrazione ed implementazione di risorse che il legislatore, anche costituzionale, ha ritenuto indispensabile in materia di protezione civile. In concreto, una volta verificatosi l'evento, il Prefetto, coerentemente con quanto pianificato in sede locale dai competenti Enti territoriali, assicurerà, agli stessi, il concorso dello Stato e delle relative pag. 4

5 strutture periferiche per l'attuazione degli interventi urgenti di protezione civile. Pertanto, verificatosi l'evento suscettibile di apprezzamento nell'ambito delle competenze di protezione civile, dovrà darsi attuazione a quanto pianificato, alla stregua delle previsioni di cui all'art. 108 del decreto legislativo n. 112/1998, a livello locale dagli enti pubblici territoriali per quanto di rispettiva competenza, con il concorso, se necessario, dell'esercizio dei poteri prefettizi volti all'attivazione delle risorse statali presenti sul territorio. - Ulteriori disposizioni che integrano il predetto quadro normativo discendono dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, di conversione del decreto-legge n. 245/2002. Il combinato disposto degli articoli 1, 2 e 3, della suddetta legge stabilisce che in caso di eventi di tipo c) e in situazioni di particolare gravità, su richiesta del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, sentito il Presidente della Regione interessata, il Presidente del Consiglio dei Ministri dispone, con proprio decreto, anche prima della dichiarazione dello stato di emergenza di cui all'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, che il Capo del Dipartimento della Protezione Civile provvede, in qualità di Commissario delegato e con i poteri di cui al comma 2 dell'art. 5 della legge n. 225/1992, al coordinamento degli interventi e di tutte le iniziative per fronteggiare le situazioni emergenziali in atto, definendo con le Regioni e gli Enti locali interessati appositi piani esecutivi di misure ed opere per il superamento delle emergenze stesse. Per questa finalità il Capo del Dipartimento della Protezione Civile (quale Commissario delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri) dispone direttamente in ordine agli interventi di competenza delle strutture operative nazionali del Servizio nazionale della Protezione Civile di cui all'art. 11, comma 1, della legge n. 225/1992, realizzando anche i necessari coordinamenti con le Regioni e gli Enti locali, per assicurare la direzione unitaria dei servizi di emergenza. In particolare, in caso di evento calamitoso, occorre assicurare il massimo di protezione per la salvaguardia della vita e dell'incolumità delle persone e la salvaguardia di beni e infrastrutture, innanzitutto attraverso la immediata e coordinata attivazione di tutte le risorse necessarie disponibili sul territorio, in una logica di garanzia dell'efficacia su tutto il territorio regionale di prestazioni pubbliche che attengono alla tutela di diritti fondamentali della persona. - Per ciò che attiene al ruolo della Regione nella catena di allertamento va vista la seconda parte della presente pubblicazione che attua ai sensi della legge n. 401/2001, art. 5, comma 2, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 Febbraio 2004 denominata: "Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile". Suddetta Direttiva è stata marginalmente modificata dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 25 Febbraio 2005 e, da ultimo, dalla Direttiva DPCM del 5 Ottobre pag. 5

6 Organizzazione operativa del sistema di protezione civile LE PROCEDURE DI EMERGENZA Il sistema normativo di riferimento e le prassi operative ormai consolidate prevedono una cronologia di azioni che possono essere così riassunte: a) Alle emergenze classificate fra gli eventi di protezione civile deve far fronte in primo luogo il Comune con i propri mezzi e strutture. b) Nel caso in cui la natura e la dimensione dell'evento calamitoso lo esigano, il Sindaco richiede l'intervento del Prefetto e della Regione Liguria che cooperano per attivare, in sede locale o provinciale, le risorse necessarie al superamento dell'emergenza (art. 2, c. 1, lett. a), b), L. n. 225/1992). c) Qualora l'evento calamitoso assuma dimensioni o caratteristiche così rilevanti e tali da dover essere affrontate con mezzi e poteri straordinari, il Prefetto e la Regione richiedono l'intervento dello Stato attraverso il Dipartimento nazionale della Protezione Civile (art. 2, c. 1, lett. c), L. n. 225/1992). In ogni caso, al verificarsi di una situazione di emergenza, anche di livello comunale, il Sindaco deve darne immediata comunicazione alla Regione e alla Prefettura. IL RUOLO DEL SINDACO IN EMERGENZA pag. 6

7 La normativa di comparto assegna al Sindaco un ruolo da protagonista in tutte le attività di protezione civile (prevenzione, soccorso e superamento dell'emergenza) atteso che il Sindaco è la persona/istituzione che il cittadino riconosce quale massimo riferimento locale. Il Sindaco, Autorità comunale di protezione civile e primo responsabile delle attività volte alla salvaguardia dell'incolumità pubblica e privata, al verificarsi di una situazione d'emergenza, e acquisite le opportune e dettagliate informazioni sull'evento, assume la direzione dei servizi di soccorso ed assistenza alla popolazione colpita adottando i necessari provvedimenti. In ragione della normativa statale e regionale vigente (Legge n. 225/92, Legge Regionale n. 9/2000 e successive modificazioni) per il corretto espletamento delle competenze ad esso affidate, ogni Sindaco ha il dovere di dotarsi di una struttura operativa in grado di assisterlo nelle fasi preventive ed organizzative del sistema comunale di protezione civile nonché nelle fasi operative volte al superamento dell'emergenza. In particolare si ricordano i compiti relativi alle competenze e responsabilità del Sindaco: - Predisporre i piani comunali e/o intercomunali di emergenza; - Fornire adeguata informazione alla cittadinanza sul grado di esposizione al rischio ed attivare opportuni sistemi di allerta; - Attuare le attività di previsione e di prevenzione dei rischi nel comune; - Assicurare una reperibilità finalizzata in via prioritaria alla ricezione di comunicazioni di allerta; - Organizzare una struttura operativa comunale (tecnici comunali, volontari, imprese, ecc.) per assicurare i primi interventi di protezione civile con particolare riguardo a quelli finalizzati alla salvaguardia della vita umana; - Attivare, anche attraverso il Volontariato, i primi soccorsi alla popolazione e gli interventi urgenti necessari a fronteggiare l'emergenza; - Provvedere alla vigilanza sull'insorgere di situazioni di rischio idrogeologico o di altri rischi, specie in presenza di ufficiali comunicazioni di allerta, adottando le necessarie azioni di salvaguardia della pubblica e privata incolumità; - Individuare siti sicuri da adibire al preventivo e/o temporaneo ricovero per la popolazione esposta attivando, se del caso, sgomberi preventivi. IL PIANO DI EMERGENZA Il PIANO è il progetto di tutte le attività coordinate e delle procedure di protezione civile per fronteggiare un qualsiasi evento calamitoso che può colpire un determinato territorio. L'elaborazione del Piano di emergenza ha lo scopo di disporre, secondo uno schema ordinato, il complesso delle attività operative per un intervento coordinato di prevenzione e soccorso a favore delle popolazioni esposte ad eventi calamitosi. Il piano di emergenza deve quindi prevedere le procedure di impiego per l'utilizzo di tutte le risorse tecniche, assistenziali e sanitarie presenti con l'integrazione, in caso di necessità, delle risorse reperibili in ambito regionale (art. 108, D.Lgs. n. 112/98). LA STRUTTURA DEL PIANO pag. 7

8 Il piano è strutturato sulla base di due elementi principali: 1) I Dati di base e gli Scenari consistono nella raccolta ed organizzazione di tutte le informazioni relative alla conoscenza del territorio, della distribuzione della popolazione e dei servizi, dei fattori di pericolosità, di rischio, della vulnerabilità e dei conseguenti scenari al fine di disporre di tutte le informazioni antropico-territoriali utili alla gestione dell'emergenza. 2) Il Modello di intervento consiste nell'individuazione dei soggetti, delle competenze e delle procedure operative necessarie all'organizzazione ed all'attivazione delle azioni corrispondenti alle necessità di superamento dell'emergenza. Il Piano di Emergenza è dunque il progetto di tutte le attività e delle procedure di protezione civile necessarie ed utili per fronteggiare qualsiasi evento calamitoso che verosimilmente possa avvenire in un dato territorio, consentendo l'impiego razionale e immediato delle risorse. GLI SCENARI Come è evidente, una buona organizzazione operativa, strutturata in ragione di criteri di pronta disponibilità di uomini e mezzi da porre in campo in caso di emergenza, è da considerarsi l irrinunciabile rimedio ad una situazione calamitosa o catastrofica prevista od in atto. Tale organizzazione è necessaria per gestire al meglio i soccorsi e per accelerare al massimo il ritorno alle normali condizioni di vita dei cittadini. La struttura organizzata del C.O.C., sulla base dell'esperienza maturata e della competenza dei propri componenti responsabili ed operativi, fornisce la risposta pratica alle necessità indotte dalle calamità. Lo scenario altro non è che la valutazione preventiva degli effetti sul territorio, sulle persone, sulle cose e sui servizi essenziali, ingenerati da un determinato evento calamitoso, da cui deriva la valutazione dei probabili sviluppi progressivi e finali, che tali effetti producono nella catena di comando e nelle azioni di risposta. Il Sindaco potrà così disporre di un quadro orientativo di riferimento, la cui valenza è evidente poiché permette di rispondere con ampi margini di certezza a domande del tipo: che cosa succederà o stà succedendo? cosa si deve fare per mitigare i danni attesi? quali azioni intraprendere per assicurare l'incolumità dei cittadini? quali sono le risorse di cui disponiamo? quali sono le risorse necessarie di cui non disponiamo e che dobbiamo chiedere affinchè siano commisurate all'evento che stiamo affrontando? da dove è meglio iniziare le operazioni di ripristino dei danni e di quali strutture è necessaria la disponibilità per assicurare alloggi temporanei? Per arrivare ad uno scenario attendibile è necessario disporre dei dati di base e poi organizzare gli stessi in una sequenza logica del tipo: - informazioni generali sul territorio; pag. 8

9 - informazioni generali e particolari relative ad ogni tipologia di rischio presente sul territorio; - considerazioni sulla vulnerabilità, relativamente a: persone, cose, servizi, infrastrutture, attività economiche ecc., per ogni evento che possa verosimilmente colpire il territorio. Correlando queste informazioni, sia con i livelli di riferimento operativo già delineati nel paragrafo precedente, sia con le informazioni generali sulle aree di emergenza, sulle strutture idonee all'accoglienza temporanea, la viabilità alternativa, i servizi di pronto intervento e soccorso, sia con le informazioni generali e particolareggiate sugli strumenti operativi disponibili (uomini, mezzi ecc ), viene definito uno scenario globale che mette in evidenza il danno atteso ed inoltre definisce la risposta possibile e le procedure di applicazione del Piano di emergenza, producendo di fatto la traccia delle azioni da intraprendere in caso di evento. Il MODELLO DI INTERVENTO Il metodo Augustus (DPC Informa n ), che è una sintesi coordinata degli indirizzi per la pianificazione dell emergenza, individua procedure, condivise dalla Regione Liguria, per coordinare la risposta di protezione civile in ambito comunale, provinciale, regionale e nazionale. Nel metodo Augustus sono evidenziate le competenze degli Enti territoriali preposti alla pianificazione, nonché il modello di intervento per la gestione delle emergenze. Il modello di intervento consiste nell'assegnazione delle responsabilità e dei compiti, nei vari livelli di comando e controllo, per la gestione delle emergenze. Tale modello riporta il complesso delle procedure per la realizzazione del costante scambio di informazioni tra il sistema centrale e periferico di protezione civile, in modo da consentire l'utilizzazione razionale delle risorse con il coordinamento di tutti i Centri Operativi dislocati sul territorio, in relazione al tipo di evento (art. 2, L. n. 225/92). Per modello di intervento si deve intendere, quindi, la definizione delle procedure operative da attivare in situazioni di crisi per evento imminente o per evento già iniziato, finalizzati al soccorso ed al superamento dell'emergenza. Attraverso protocolli d'intesa tra le diverse Componenti Istituzionali e Strutture Operative si individuano sia le fasi nelle quali si articola l'intervento di protezione civile sia i Centri Operativi che devono essere gradualmente attivati (C.O.C - C.O.M. - C.C.S. - S.O.R. - DI.COMA.C. ), stabilendone composizione, responsabilità e compiti. CARTA DEL MODELLO DI INTERVENTO Ubicazione dei Centri Operativi Ubicazione delle aree di emergenza (aree di attesa, centri di ricovero, aree di ammassamento dei soccorritori) Indicazione delle vie di fuga Indicazione dei percorsi dalle aree di attesa ai centri di ricovero Indicazione dei cancelli Indicazione dei presidi delle forze dell'ordine e del volontariato Indicazione dei Posti Medici Avanzati pag. 9

10 ORGANISMI DI COORDINAMENTO CENTRI OPERATIVI Il modello di intervento, per le emergenze di tipo a), prevede, da parte dei sindaci, l'attivazione dei Centri Operativi Comunali C.O.C., organizzati per funzioni come previsto dal Metodo Augustus. Per gli eventi di tipo b) e c) il modello di intervento, in conformità a quanto delineato in direttive nazionali, prevede la costituzione dei Centri Operativi Misti (C.O.M) incaricati del coordinamento delle attività di emergenza riguardanti un ambito territoriale composto da più comuni e del Centro Coordinamento Soccorsi (C.C.S.). I COM e i CCS sono formati dai rappresentanti delle Amministrazioni, degli Enti e delle Strutture Operative ed organizzati anch'essi secondo le funzioni del Metodo Augustus. I centri denominati Centro Operativi Misti (C.O.M.), costituiti di norma nelle sedi prestabilite previste nei piani di emergenza provinciali, sono attivati dal Prefetto e sono retti di norma da un Sindaco o dal Presidente della Comunità Montana. Componenti, sedi ed attività dei C.O.C, dei C.O.M, dei C.C.S. e delle relative sale operative costituiscono parte integrante della pianificazione provinciale e comunale dell'emergenza. Sarà pertanto compito della pianificazione provinciale e comunale individuare costituzione e modalità di funzionamento delle Strutture di Coordinamento (C.O.C. - C.O.M. - C.C.S.) e della SALA OPERATIVA a livello provinciale, garantendo il necessario raccordo funzionale ed operativo con la Sala Operativa Regionale per la protezione civile (S.O.R.). In particolare, le Province con il Piano Provinciale di Emergenza definiscono, d'intesa con i Prefetti, i comuni sede di C.O.M. e i relativi comuni afferenti, tenendo conto dei diversi parametri di funzionalità necessari (sicurezza dei siti, aree adeguate, strutture e mezzi idonei, funzionalità delle comunicazioni di emergenza, viabilità di emergenza ecc.) FUNZIONI DEL METODO AUGUSTUS Attraverso l'attivazione delle funzioni di supporto si conseguono quattro distinti obiettivi: - Si individuano i responsabili per ogni funzione ed il loro coordinatore. - I singoli responsabili mantengono vivo, e quindi efficace, il Piano attraverso il quotidiano aggiornamento dei dati e delle procedure relative alla propria funzione di supporto. - In caso di emergenza i singoli responsabili di funzione assumono la veste di operatori specializzati nell'ambito della propria funzione di supporto. - Si struttura la Sala Operativa a seconda del numero di funzioni di supporto da attivare. ORGANIZZAZIONE DEL C.O.C. Il Sindaco posto a conoscenza di un evento calamitoso previsto od in atto attiverà e presiederà il C.O.C attribuendo a ciascuna Funzione i relativi compiti e definendo le procedure operative per l'attuazione del modello di intervento in funzione degli eventi possibili od in corso. Il modello di intervento Comunale dovrà prevedere almeno le seguenti procedure operative: - l'immediata reperibilità dei funzionari del C.O.C.; - l'attivazione dei monitoraggi di evento con l'eventuale istituzione di uno stato di presidio h 24; - il controllo del territorio, la delimitazione delle aree a rischio, gli eventuali sgomberi cautelativi, la predisposizione dei cancelli stradali e quanto altro di necessità per assicurare la pubblica e privata incolumità e l'organizzazione dei soccorsi; - l'impiego organizzato della Polizia Municipale assistita dalle Organizzazioni di Volontariato o pag. 10

11 dalla Squadra Comunale; - l'allertamento della popolazione; - l'organizzazione ed il presidio delle aree/strutture di attesa; - l'allestimento delle aree/strutture di ricovero per la popolazione. L'organizzazione del C.O.C. prevede, secondo le linee guida del Metodo Augustus, nove funzioni di supporto, di seguito elencate. Le funzioni individuate dal metodo Augustus per il C.O.C. sono: a. FUNZIONE TECNICA E DI PIANIFICAZIONE (1) b. FUNZIONE SANITA', ASSISTENZA SOCIALE E VETERINARIA (2) c. FUNZIONE VOLONTARIATO (4) d. FUNZIONE MATERIALI E MEZZI (5) e. FUNZIONE SERVIZI ESSENZIALI ED ATTIVITA' SCOLASTICA (8) f. FUNZIONE CENSIMENTO DANNI A PERSONE E COSE (9) g. FUNZIONE STRUTTURE OPERATIVE LOCALI, VIABILITA' (6 e 10) h. FUNZIONE TELECOMUNICAZIONI (7) i. FUNZIONE ASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE (13) Il Sindaco, in relazione all'evento, attiverà le funzioni di supporto ritenute necessarie per la completa gestione dell'emergenza. Ciascuna funzione coordinerà, relativamente al proprio settore di competenza, tutti i soggetti individuati nel Piano che saranno impegnati nelle azioni volte al raggiungimento degli obiettivi definiti dai lineamenti della pianificazione. Il Sindaco, Autorità comunale di protezione civile (art. 15, comma 3, L. 225/92), posto a conoscenza di un evento calamitoso previsto od in atto, attiverà e presiederà il C.O.C attribuendo a ciascuna Funzione i relativi compiti e definendo le procedure operative per l'attuazione del modello di intervento in funzione degli eventi possibili od in corso, assumendo la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso in ambito comunale, ne dà comunicazione al Settore Protezione Civile della Regione e al Prefetto, utilizzando l'apposita scheda di rilevamento speditivo reperibile sui siti internet: seguendo il percorso Ambiente e Territorio, Protezione Civile, Procedure di Allerta. Il pdf scaricabile via rete è composto di due pagine (1 scheda + 1 istruzioni d'uso). Si riporta di seguito un facsimile della scheda. pag. 11

12 Il CENTRO OPERATIVO MISTO (C.O.M.) Il C.O.M. è una struttura operativa decentrata che coordina le attività in emergenza di più Comuni in supporto alle attività dei Sindaci dei Comuni colpiti dalle calamità, svolgendo compiti di determinazione del quadro di evento, di riscontro delle necessità rappresentate dai Comuni di riferimento e di intervento logistico operativo. E' infatti presso i COM attivati che vengono recepite tutte le informazioni correlate all'evento, che si impostano le strategie di intervento di livello intercomunale e che si dispone l'impiego razionalizzato delle risorse a supporto dei comuni afferenti. Il C.O.M. si struttura quale luogo di riferimento per un numero (preordinato e già conosciuto) di Comuni. L'ubicazione del C.O.M. è di norma baricentrica rispetto ai Comuni afferenti ed è opportuno che sia localizzata in strutture antisismiche, non vulnerabili a qualsiasi tipo di rischio, tenendo inoltre in considerazione parametri quali: - aree di ammassamento - viabilità - sistema di comunicazioni di emergenza con i Comuni di riferimento, con il C.C.S.e la SOR. IL CENTRO COORDINAMENTO SOCCORSI (C.C.S.) Il C.C.S. rappresenta il massimo organo di gestione delle attività di Protezione Civile a livello provinciale e si identifica in una struttura operativa che elabora il quadro determinato dalla calamità, che riceve le richieste di intervento e soccorso provenienti dai COM ed ancora, che elabora le strategie di intervento operativo e supporto logistico necessarie al superamento pag. 12

13 dell'emergenza in corso. Nell'ambito dell'attività svolta dal C.C.S. si distinguono: una area strategia, alla quale afferiscono i soggetti preposti a prendere decisioni, ed una area operativa nella quale operano 15 funzioni di supporto che, in coordinamento con l'area strategica ed il responsabile dell'emergenza, determinano gli interventi di settore e globali necessari al superamento dell'emergenza. Le funzioni individuate dal metodo Augustus per il C.C.S. e per il C.O.M. sono: 1. TECNICO SCIENTIFICA E PIANIFICAZIONE 2. SANITÀ, ASSISTENZA SOCIALE E VETERINARIA 3. MASS MEDIA E INFORMAZIONE 4. VOLONTARIATO 5. MATERIALI E MEZZI 6. TRASPORTI, CIRCOLAZIONE E VIABILITÀ 7. TELECOMUNICAZIONI 8. SERVIZI ESSENZIALI 9. CENSIMENTO DANNI A PERSONE E COSE 10. STRUTTURE OPERATIVE E S.A.R. 11. ENTI LOCALI 12. MATERIALI PERICOLOSI 13. ASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE 14. COORDINAMENTO CENTRI OPERATIVI 15. TUTELA BENI CULTURALI Le funzioni da attivare possono essere esercitate mediante opportuni accorpamenti, in funzione della tipologia del fenomeno da fronteggiare, della sua estensione territoriale e della gravità dell'evento. CONSIDERAZIONI Dall'esposizione dei paragrafi precedenti emerge con evidenza il fatto che una adeguata organizzazione operativa (supportata dalla conoscenza dello stato di rischio per il territorio e da una procedura di gestione del Piano Comunale di Emergenza) fornisce al Sindaco gli elementi necessari per il superamento degli stati di crisi determinati da eventi calamitosi. Ovviamente non sarà sempre possibile essere preparati per ogni calamità, ma se il principio della organizzazione preventiva è assunto quale base di riferimento per l'impostazione delle procedure di emergenza è chiaro che, nel tempo, i meccanismi generali individuati nelle fasi di pianificazione non potranno altro che assurgere a prassi e consuetudine portando ogni ambiente di riferimento, anche il Comune più piccolo, ad un più elevato livello di preparazione e di capacità. ELEMENTI NECESSARI A RENDERE EFFICACE IL PIANO COMUNALE pag. 13

14 1- Informazione alla popolazione 2- Misure di salvaguardia della popolazione 3- Misure di salvaguardia del sistema produttivo 4- Misure di Ripristino della viabilità e dei trasporti 5- Individuazione delle Aree di Emergenza 6- Indicatori di evento e procedure di intervento locali 7- La continuità amministrativa 8- La funzionalità delle comunicazioni 9- La funzionalità dei servizi essenziali 10- Attuazione di esercitazioni In questo senso si raccomanda una puntuale applicazione dei concetti anzi rappresentati e si ritiene utile riassumere alcune sintetiche informazioni per la gestione del Piano Comunale di Emergenza: L'INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE E' fondamentale che il cittadino delle zone direttamente o indirettamente interessate all'evento conosca preventivamente: lo scenario di rischio che insiste sul proprio territorio; le linee generali del piano comunale di emergenza; i comportamenti da assumere, prima, durante e dopo l'evento; i mezzi ed i modi attraverso i quali verranno diffuse informazioni ed allarmi. Il Sindaco dovrà, quindi, predisporre e divulgare un sistema di allertamento per la popolazione. MISURE DI SALVAGUARDIA DELLA POPOLAZIONE Il Sindaco, quale Autorità di protezione civile, ha precisi obblighi nei confronti della collettività che rappresenta ed in particolare ha il compito prioritario della salvaguardia della popolazione e della tutela del proprio territorio. Le misure di salvaguardia per la popolazione, in caso di eventi prevedibili, sono prevalentemente finalizzate all'allontanamento della popolazione dalla zona di pericolo; un particolare riguardo deve essere dato alle persone con ridotta autonomia (anziani, disabili, bambini). Occorre, quindi, predisporre un piano di evacuazione e saperlo attivare con l'apporto congiunto di tutte le strutture operative e del volontariato, utilizzando anche lo strumento degli sgomberi preventivi. Particolare attenzione è da porsi nella gestione delle infrastrutture turistiche, anche temporanee, poste in prossimità dei corsi d'acqua. MISURE DI SALVAGUARDIA DEL SISTEMA PRODUTTIVO LOCALE Questo intervento deve essere effettuato nel periodo immediatamente precedente al manifestarsi dell'evento, informando i soggetti pubblici e privati dell'imminenza dell evento per consentire la messa in sicurezza dei mezzi di produzione e dei relativi prodotti stoccati. pag. 14

15 MISURE DI RIPRISTINO DELLA VIABILITÀ E DEI TRASPORTI Il Piano di Emergenza dovrà prevedere interventi per la riattivazione dei trasporti pubblici, il trasporto delle materie prime e di quelle strategiche, l'ottimizzazione dei flussi di traffico lungo le vie di fuga e l'accesso dei mezzi di soccorso nell'area colpita. LE AREE DI EMERGENZA Le aree di emergenza sono aree destinate, in caso di emergenza, ad uso di protezione civile. In particolare le aree di attesa sono luoghi di accoglienza per la popolazione nella prima fase dell'evento (possono essere utilizzate anche nelle fasi che precedono l'evento quando questo può essere previsto); le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse rappresentano i centri di raccolta di uomini e mezzi per il soccorso della popolazione; le aree di ricovero della popolazione sono i luoghi in cui saranno installati i primi insediamenti abitativi o le strutture in cui alloggiare la popolazione colpita. Ciascun Sindaco deve individuare nel proprio territorio aree di attesa e aree di ricovero in numero commisurato alla popolazione a rischio. Il Sindaco il cui Comune è sede di C.O.M. deve, inoltre, individuare l'area di ammassamento dei soccorritori e delle risorse in cui confluiranno gli aiuti destinati a tutti i Comuni afferenti al C.O.M.. Ciascuna area di emergenza, con i relativi percorsi di accesso, deve essere rappresentata su cartografia e/o immagini fotografiche in scala 1:5.000 e/o 1: (su supporto cartaceo e/o numerico), utilizzando la simbologia tematica nazionale. AREE DI ATTESA DELLA POPOLAZIONE Le Aree di Attesa sono luoghi di prima accoglienza per la popolazione; si possono utilizzare strutture coperte (scuole, palestre, sale riunioni, ecc.) ritenute idonee purchè non soggette a rischio (frane, crolli, allagamenti, ecc.) e raggiungibili attraverso un percorso sicuro segnalato (in verde) sulla cartografia. Il numero e la tipologia delle aree viene individuato in funzione della capacità ricettiva degli spazi disponibili e del numero degli abitanti a rischio. In tali aree la popolazione riceverà le prime informazioni sull'evento e i primi generi di conforto, in attesa di essere sistemata presso le aree di ricovero qualora la situazione lo rendesse necessario. AREE DI RICOVERO DELLA POPOLAZIONE Le Aree di Ricovero della popolazione corrispondono a strutture di accoglienza (ostelli, alberghi, abitazioni private, ecc.) o luoghi in cui saranno allestiti moduli abitativi in grado di assicurare un ricovero prolungato alla popolazione colpita. Si devono individuare aree/strutture non soggette a rischio, possibilmente ubicate nelle vicinanze di risorse idriche, elettriche e ricettive per lo smaltimento di acque reflue. pag. 15

16 Il percorso più idoneo per raggiungere tali aree deve essere riportato in rosso sulla cartografia. Tali aree devono essere poste in prossimità di un nodo viario o comunque devono essere facilmente raggiungibili anche da mezzi di grande dimensione. Inoltre, è preferibile che le aree abbiano nelle immediate adiacenze spazi liberi ed idonei per un eventuale ampliamento. Le Aree di Ricovero della popolazione potranno essere utilizzate per un periodo di tempo compreso tra poche settimane e qualche anno. AREE DI AMMASSAMENTO SOCCORRITORI E RISORSE Le Aree di Ammassamento dei soccorritori e delle risorse devono essere necessariamente individuate dai Sindaci i cui comuni sono sedi di C.O.M. poiché da tali aree partono i soccorsi per tutti i comuni afferenti. Le aree di ammassamento garantiscono un razionale impiego dei soccorritori, dei mezzi e delle risorse nelle zone di intervento: esse devono avere dimensioni sufficienti per accogliere almeno due campi base (circa m2). Sulla cartografia andrà segnalato (in giallo) il percorso migliore per accedervi. Le Aree di Ammassamento dei soccorritori e risorse possono essere utilizzate per un periodo di tempo compreso tra poche settimane e qualche mese. GLI INDICATORI DI EVENTO E RISPOSTE DEL SISTEMA COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE Il Piano dovrà riportare quali sono gli indicatori di evento cui corrispondono i tre diversi livelli di allerta (preallerta, allerta 1 ed allerta 2). A ciascun livello di allerta corrisponde in emergenza una fase operativa che, attivata dall'autorità Comunale di Protezione Civile, rappresenta l'insieme delle azioni svolte dalle singole Componenti e Strutture Operative di Protezione Civile durante un determinato momento dell'emergenza (Modello di intervento). Il Sindaco potrà predisporre in tempo reale tutte le attivazioni operative comunali in base al livello di allerta dato per l'evento, prima che quest'ultimo si manifesti. Tramite il proprio Centro Operativo (composto dai responsabili delle Funzioni di Supporto) il Sindaco potrà organizzare la prima risposta operativa di protezione civile, mantenendo un costante collegamento con tutti gli Enti preposti al monitoraggio per l'evento atteso sul proprio territorio. LA CONTINUITÀ AMMINISTRATIVA ED IL SUPPORTO ALL'ATTIVITÀ DI EMERGENZA Uno dei compiti prioritari del Sindaco in emergenza è quello di mantenere la continuità amministrativa del proprio Comune (anagrafe, ufficio tecnico, scuole ecc.). pag. 16

17 Pertanto, qualora la sede municipale risultasse a rischio, occorrerà provvedere già in fase di pianificazione ad individuare una sede alternativa per garantire la continuità amministrativa in emergenza. LA FUNZIONALITÀ DELLE TELECOMUNICAZIONI Il piano dovrà definire il grado di vulnerabilità dei sistemi di comunicazione ordinari e definire con i gestori del servizio le possibili procedure per il ripristino o l'attivazione di sistemi alternativi. La riattivazione delle telecomunicazioni dovrà essere assicurata nel più breve tempo possibile. Si dovrà verificare la funzionalità delle reti radio delle diverse strutture operative per garantire i collegamenti fra i vari Centri Operativi che potrebbero essere interessati dagli eventi calamitosi, considerati secondo gli scenari del piano. In ogni piano sarà prevista una singola funzione di supporto che garantisca il coordinamento di tutte le risorse e gli interventi mirati, per ripristinare piena funzionalità alle telecomunicazioni. LA FUNZIONALITÀ DEI SERVIZI ESSENZIALI Le procedure di riattivazione delle reti erogatrici dei servizi essenziali dovranno essere previste nel Piano Comunale mediante specifici piani particolareggiati elaborati da ciascun ente competente. L'ATTUAZIONE DI ESERCITAZIONI L'esercitazione è il mezzo, fondamentale, per verificare il Modello di Intervento in relazione alle diverse attività di pianificazione dell'emergenza, per tenere aggiornate sia le conoscenze del territorio, che l'adeguatezza delle risorse (uomini e mezzi) e possono essere organizzate su scala nazionale, regionale, provinciale e comunale. LE ESERCITAZIONI DI PROTEZIONE CIVILE Le esercitazioni di protezione civile possono essere organizzate da Organi, Strutture e Componenti del Servizio Nazionale della PC. Sono classificate in: A. Per posti comando; B. Operative; C. Dimostrative; D. Miste. A Esercitazioni per posti comando e telecomunicazioni quando coinvolgono unicamente gli organi direttivi e le reti di comunicazione. B Esercitazioni operative quando coinvolgono solo le strutture operative con l'obiettivo specifico di testarne la reattività, l'impiego dei mezzi e delle attrezzature tecniche necessarie, correlati allo scenario considerato. C Esercitazioni dimostrative, movimenti di uomini e mezzi con finalità insita nella denominazione. D Esercitazioni miste quando sono coinvolti uomini e mezzi di Amministrazioni ed Enti diversi e si organizzano prevedendo l'attivazione dei Centri Operativi previsti dal Modello di Intervento. pag. 17

18 GLI ELEMENTI INDISPENSABILI 1- PREMESSA. Analisi della sussistenza dei presupposti essenziali per l'organizzazione e l'attuazione dell'esercitazione medesima. 2- SCOPO. Dipende dalla tipologia dell esercitazione prescelta e verifica: -per le esercitazioni di tipo A e D, l'efficacia del modello di intervento relativamente alla capacità di allestire e di far comunicare i Centri Operativi Comunali (C.O.C.), i Centri Operativi Misti (C.O.M.), i Centri Coordinamento Soccorsi (C.C.S.), Sala Operativa Regionale (S.O.R.), Direzione di Comando e Controllo ( DI.COMA.C.); -per le esercitazioni di tipo B, la reattività di risposta delle strutture operative, in termini di uomini coinvolti e logistica, correlata allo scenario considerato. 3- SCENARIO. La tipologia del rischio preso in considerazione e il danno atteso correlato all'evento. 4- OBIETTIVI. Sono le diverse risposte operative che si renderebbero necessarie in caso di evento reale (previste nei Piani di Protezione Civile ) e sulle quali si ritiene occorra migliorarne l'efficacia e verificarne il funzionamento. 5- TERRITORIO. Si devono indicare i limiti territoriali coinvolti nell'esercitazione. 6- DIREZIONE. Occorre indicare il nominativo del direttore responsabile dell'esercitazione. 7- PARTECIPANTI. L'elenco di tutte le componenti della protezione civile che partecipano (Istituzioni, Enti, Associazioni di Volontariato ecc.). 8- AVVENIMENTI IPOTIZZATI. Gli avvenimenti che si ipotizza possano accadere nel territorio interessato dall'evento a seguito dello scenario considerato. 9- ANALISI DEI COSTI. Il preventivo di spesa necessario anche al fine di istruire le pratiche di rimborso per gli oneri del Volontariato. LA CARTOGRAFIA REGIONALE DELLE CRITICITÀ AD USO DI PROTEZIONE CIVILE l fine di agevolare la redazione degli scenari per la pianificazione comunale di protezione civile, le indagini conoscitive, gli studi di settore dei piani di bacino e la relativa cartografia di rischio sono stati omogeneizzati sul territorio regionale e sintetizzati in una cartografia che identifica le aree ed i fenomeni a maggiore criticità per la protezione civile. Tale cartografia, denominata cartografia delle criticità ad uso di protezione civile, riporta gli elementi di rischio sulla base dei quali si possono già fare scenari di pianificazione verosimili per il rischio idrogeologico e, in attesa di eventuali ulteriori approfondimenti scientifici che si rendano necessari per definire meglio tali fenomeni alla scala comunale, provvedere comunque alla redazione della parte di pianificazione relativa al modello d intervento. La cartografia delle criticità riporta anche la classificazione sismica, la posizione degli impianti a pag. 18

19 rischio industriale e delle dighe e sbarramenti. Le zone a rischio idrogeologico ed idraulico elevato e molto elevato sono inoltre da utilizzarsi, in mancanza di ulteriori approfondimenti o indicazioni di livello locale, quale riferimento per le attività di presidio territoriale previste in caso di allerta idrogeologica. pag. 19

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