Capitolo 8. La circolazione in ambito nazionale. 1. L alienabilità dei beni demaniali

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1 Edizioni Simone - Vol. 28/1 Diritto dei beni culturali e del paesaggio Capitolo 8 La circolazione in ambito nazionale Sommario 1. L alienabilità dei beni demaniali Altri tipi di alienazione Procedure di trasferimento di immobili pubblici. 4. La permuta I trasferimenti della proprietà e della detenzione La prelazione Il commercio. 1. L alienabilità dei beni demaniali La struttura del Capo IV del Codice, dedicato alla circolazione in ambito nazionale, riproduce quella già utilizzata dal legislatore nel T.U. del 1999, con una tripartizione delle sezioni, dedicate rispettivamente alla alienazione e altri modi di trasmissione (sez. I), alla prelazione (sez. II) ed al commercio (sez. III). Al di là di queste analogie, le disposizioni contenute nel Codice tuttavia contengono novità di rilievo rispetto al sistema delineato dal T.U. La prima sezione del Capo IV, dedicata, alla alienazione e altri modi di trasmissione, affronta in primo luogo il tema della alienabilità dei beni demaniali. Si tratta di una materia che ha subito forti trasformazioni nel corso del tempo e che si riflette nella sua evoluzione ultima nelle disposizioni del Codice. L interesse dello Stato alle vicende di trasferimento e/o di costituzione di diritti sulla res culturale risponde da sempre ad esigenze specifiche. La dottrina ne ha enucleate alcune rendendo evidente l interesse pubblico sotteso alla conoscenza della circolazione della res. Una di queste si ravvisa nella diversa condizione, ai fini di conservazione e di uso pubblico, che il bene culturale assume a seconda dell appartenenza ad un soggetto pubblico o ad un soggetto privato; in questo senso il trasferimento del bene incide sullo status giuridico dello stesso. Alla stessa stregua, il mutamento di proprietà del bene ha influenza sulle condizioni di sicurezza e di accessibilità pubblica. (ALIBRANDI-FERRI). Ne discende una fondamentale esigenza di controllo delle vicende traslative della proprietà del bene culturale, anche se con poteri più limitati, ad esempio, rispetto ai controlli esercitati in altre materie, come quella della conservazione della res. Gli effetti del controllo amministrativo si possono tradurre in chiave impeditiva, nel caso in cui il trasferimento possa arrecare pregiudizio alle condizioni essenziali di conservazione e di pubblico godimento della cosa. In questa ipotesi, per evitare il pericolo del verificarsi di tale pregiudizio, è possibile per l amministrazione permettere il trasferimento del bene, imponendo al contempo specifiche prescrizioni di tutela. Altri effetti si possono ravvisare a fini meramente conoscitivi, come ad esempio nel caso della denuncia del trasferimento di detenzione dell immobile vincolato (art. 59, comma 1). Infine, il controllo amministrativo si può tradurre in un acquisizione della res, sottraendola alla circolazione privata e riservandola alla sua destinazione pubblica (ALIBRANDI-FERRI). L art. 53 del Codice detta una previsione di carattere generale, tesa a comprendere in un unica definizione i beni appartenenti al demanio culturale. Come si è visto nel capitolo dedicato alla tutela del patrimonio immobiliare pubblico, il codice civile individua un diverso status giuridico per quei beni pubblici, di interesse culturale, che appartengono allo Stato, alle regioni ed agli altri enti territoriali e che si traduce nella loro demanialità. Tale condizione, ai sensi dell art. 823 del codice civile, produce l inalienabilità degli stessi e l impossibilità di essere oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

2 176 Capitolo 8 L art. 53 si collega direttamente alle disposizioni del codice civile stabilendo che costituiscono il demanio culturale i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie indicate all art. 822 del codice civile (immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi vigenti; raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico). Le categorie del codice, pertanto, vengono ricondotte ad unità il c.d. demanio culturale ed in quanto tali sottoposti al regime giuridico contemplato dal Codice dei beni culturali. In questo senso, va letta la disposizione contenuta nel secondo comma dell art. 53, dove si prevede una riserva di legge a favore del codice dei beni culturali: «i beni del demanio culturale non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previsti dal presente codice». L intervento correttivo del 2008 (D.Lgs. 62/2008) sulla disposizione contenuta nel secondo comma dell articolo 53 ha inteso chiarire che, riguardo ai beni che costituiscono il demanio culturale, è solo la legislazione di settore che fissa non solo le modalità, ma anche i limiti e le condizioni per l eventuale dismissione o utilizzazione per delle finalità che in ogni caso devono essere compatibili con le esigenze di tutela. L inalienabilità dei beni culturali pubblici era sancita dall art. 23 della L. 1089/1939, che, al contempo, stabiliva nell articolo successivo la possibilità per il Ministero di autorizzare l alienazione di cose d antichità e d arte, di proprietà dello Stato o di altri enti o istituti pubblici, purché non ne derivasse danno alla loro conservazione e non ne venisse menomato il pubblico godimento. La successiva entrata in vigore del codice civile proponeva la distinzione di status, indicata in precedenza, per i beni demaniali sottoposti ad un regime di inalienabilità assoluta. Tale regime di inalienabilità viene confermato fino all emanazione del D.Lgs. n. 490/1999 (T.U.). Una spinta innovativa nella materia intervenne con l art. 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (legge finanziaria 1999) che disegnò una compiuta disciplina per l alienazione dei beni immobili appartenenti al demanio culturale. In base a questa norma, i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili, salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali. Il regolamento doveva essere adottato entro un anno nel rispetto dei criteri indicati dalla stessa disposizione. Il regolamento è stato adottato con D.P.R. n. 283/2000, interrotto nel suo disegno dall emanazione del Codice dei beni culturali e paesaggistici, che l ha abrogato espressamente con la disposizione contenuta nell art In realtà, il Codice ha ripreso e replicato più di una disposizione del D.P.R. n. 283/2000, pur abbandonando il sistema degli elenchi ivi previsto e sostituendolo con il procedimento di verifica dell interesse culturale ex art. 12. Si osserva in dottrina che con il termine «alienazione» nel Codice si fa riferimento non ad un istituto giuridico specifico, ma ad un effetto che può conseguire da più istituti e che consiste nel trasferimento del diritto di proprietà, a titolo oneroso o gratuito, o nella costituzione o traslazione di un diritto reale di godimento o di garanzia (SCIULLO). A) I beni assolutamente inalienabili L art. 54 del Codice individua le categorie dei beni che restano assolutamente inalienabili. Sotto questo aspetto, la norma riproduce in parte le disposizioni del D.P.R. n. 283/2000, che analogamente prevedeva alcune categorie di beni culturali assolutamente inalienabili (monumenti nazionali, beni archeologici, beni di interesse storico-identitario, in quanto rappresentativi di istituzioni pubbliche, collettive, ecclesiastiche). Sono pertanto inalienabili, ai sensi dell art. 54, comma 1 del Codice (come modificato dal D.Lgs. 62/2008): a) gli immobili e le aree di interesse archeologico;

3 La circolazione in ambito nazionale 177 b) gli immobili dichiarati monumenti nazionali ai termini della normativa sull epoca vigente; c) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche; d) gli archivi; d-bis) gli immobili dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell articolo 10, comma 3, lettera d); d-ter) le cose mobili che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se incluse in raccolte appartenenti a Stato, regioni e gli altri enti pubblici territoriali. È appena il caso di ribadire che si tratta di beni demaniali e che quindi il regime di inalienabilità è insito necessariamente nella sussistenza del carattere demaniale del bene. Il comma 2 dell art. 54 stabilisce l inalienabilità temporanea per quei beni che non siano stati sottoposti al procedimento di verifica culturale ex art. 12. Infatti, la norma dispone l inalienabilità delle cose immobili e mobili, appartenenti ad enti pubblici territoriali e non ovvero a persone giuridiche private senza scopo di lucro, fino alla conclusione del procedimento di verifica. Deve trattarsi, in ogni caso, di cose che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni. Nella norma in esame, il legislatore ha previsto un ipotesi di inalienabilità cautelare, che non risulta del tutta nuova nel sistema di tutela dei beni culturali. Infatti, una similitudine di regime è ricavabile nell art. 6 del D.P.R. n. 283/2000, che prevedeva la non alienabilità di quei beni culturali del demanio storico artistico di proprietà pubblica (appartenenti a regione, provincia e comune) non inseriti negli elenchi di cui allo stesso regolamento. Il legislatore è intervenuto nel 2006 con una modifica di cui al comma 2, lett. a) dell art. 54, dettata da esigenze di chiarezza in riferimento al collegamento con il procedimento di verifica ex art. 12. In particolare, si è reso chiaro che la misura della inalienabilità per le cose che appartengono al demanio, sia dello Stato sia di un ente territoriale, trova applicazione fino al momento della conclusione del procedimento di verifica. Nel caso in cui il procedimento sia negativo, le cose che sono state sottoposte a verifica sono liberamente alienabili, previa necessaria sdemanializzazione nel caso in cui la cosa sia ascritta al demanio per altra finalità pubblica (quindi, non culturale). Nel caso in cui non vi sia tale ascrizione al demanio, all esito della verifica negativa del bene si potrà liberamente commerciare il bene. Si tratta di intendere quale sia l ambito oggettivo e soggettivo del comma 2 dell art. 54. Per quanto riguarda il primo aspetto si discute sulla possibilità di comprendere o meno nel regime cautelare di inalienabilità la totalità dei beni appartenenti agli enti pubblici e privati senza scopo di lucro o soltanto quelli che in certo modo presentino qualche caratteristica di culturalità. È evidente che l accoglimento dell una o dell altra ipotesi produce conseguenze di rilievo dal punto di vista pratico. Come è stato osservato da parte della dottrina, una verifica totale dei beni appartenenti agli enti pubblici produrrebbe un evidente mancanza di proporzionalità fra l interesse pubblico da proteggere e i mezzi amministrativi dispiegati (SERRA). A conferma di tale orientamento, viene proposta un interpretazione del comma 2 dell art. 54 che colleghi l inalienabilità delle cose indicate all art. 10, comma 1 con il regime cautelare di inalienabilità, sulla base del riferimento testuale operato nel primo comma dell art. 12 dove si legge che tale procedimento debba essere applicato solo alle cose immobili e mo-

4 178 Capitolo 8 bili indicate all art. 10, comma 1. Da questo punto di vista, l inalienabilità temporanea verrebbe a «colpire» solo i beni che presentino qualche caratteristica che faccia sospettare la presenza dell interesse storico-artistico. Pur condividendo l intenzione di rendere meno gravoso il regime di inalienabilità temporanea previsto dal Codice, non sembra possibile dar seguito all interpretazione appena prospettata. In ciò si deve fare riferimento alla testualità del disposto di cui al comma 2 dell art. 54, dove si legge che sono inalienabili le cose immobili e mobili appartenenti ai soggetti indicati all art. 10, comma 1 e non le cose indicate allo stesso comma. Inoltre, prendendo a riferimento il procedimento di cui al D.M. 6 febbraio 2004 (Verifica dell interesse culturale dei beni immobiliari di utilità pubblica), che coinvolge lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali, i richiami agli immobili da verificare per via informatica sono di carattere generale, senza alcun accenno ai soli beni immobili culturali. Infine, la prassi delle verifiche effettuate dai competenti organi ministeriali dimostra che l Agenzia del Demanio, cofirmataria del D.M. 6 febbraio, ha iniziato a sottoporre a verifica tutti gli immobili di appartenenza e non solo quelli che presentano una qualche caratteristica storico-artistico. In realtà, accettare questo ultimo assunto porterebbe alla conseguenza di sottrarre al MiBACT, organo tecnicamente qualificato ed istituzionalmente deputato all accertamento del valore storico-artistico di un bene, una sua propria competenza istituzionale, per cederla ad altri soggetti, non altrettanto qualificati. Da ultimo, si vuole ricordare che la relazione illustrativa al Codice, trattando del regime di inalienabilità provvisoria, fa espressamente riferimento a tutte le cose immobili e mobili, sia di proprietà pubblica, sia di proprietà di persone giuridiche private non perseguenti scopi di lucro. In tale affermazione si trova la risposta anche alla domanda relativa all estensione dell ambito soggettivo di applicazione del regime provvisorio di inalienabilità che deve necessariamente essere riferito anche alle persone giuridiche private non perseguenti scopi di lucro ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Sono altresì inalienabili, ai sensi del comma 2 dell art. 54 i singoli documenti appartenenti agli stessi soggetti nonché gli archivi e i singoli documenti di enti ed istituti pubblici diversi da quelli indicati all art. 53. Il comma 3 ed il comma 4 dell art. 54 configurano due eccezioni a quanto previsto nei commi precedenti. In particolare, il comma 3 dispone che i beni inalienabili, ai sensi dei commi 1 e 2 dell art. 54, possono formare oggetto di trasferimento tra lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali. Inoltre, il legislatore del 2008 (D.Lgs. 62/2008) ha previsto che, nell ipotesi si tratti di beni o cose che non siano in consegna al Ministero, sia obbligatorio dare preventiva comunicazione al Ministero stesso per gli effetti di vigilanza ed ispezione di cui agli articoli 18 e 19 del Codice. Sulla base della relazione illustrativa del Codice si ricava che la ratio della norma è fondata su due aspetti. Il primo si riferisce al fatto che il passaggio da un ente territoriale all altro non modifica il regime demaniale cui i beni sono assoggettati. Il secondo aspetto attiene allo scopo di consentire una migliore distribuzione dei beni stessi tra le raccolte pubbliche, con vantaggio della loro fruibilità da parte della collettività. Un altra considerazione si basa sul significato da attribuire alla nozione di trasferimento che, secondo parte della dottrina, configurerebbe una situazione diversa da quella della commerciabilità del bene, in quanto solo nel primo caso il carattere della demanialità del bene culturale rimarrebbe immutato, mentre nel secondo caso viene sottinteso un passaggio con negozio di diritto privato a titolo oneroso, incidente sullo status futuro del bene (TRENTINI).

5 La circolazione in ambito nazionale 179 Infine, l ultimo comma dell art. 54 prevede la possibilità di utilizzazione del bene e delle cose indicate ai commi 1 e 2 esclusivamente secondo le modalità e per i fini previsti dal Titolo II, dedicato alla fruizione e valorizzazione. B) Beni alienabili L art. 55 del Codice prevede le ipotesi di alienabilità di immobili appartenenti al demanio culturale. Infatti il codice dopo aver individuato le categorie di beni culturali per cui è sancita l inalienabilità (definitiva o provvisoria), agli articoli che vanno dal 55 al 57 configura un regime di alienabilità, sottoposta al controllo del Ministero (autorizzazione). Prima di procedere all esame del procedimento di autorizzazione, è interessante notare il meccanismo di garanzia apprestato per la tutela dei beni culturali pubblici, una volta che siano stati alienati. In particolare il comma 3-quinquies (inserito dal D.Lgs. 62/2008) dispone che per tali beni l autorizzazione comporta la sdemanializzazione (la perdita del carattere della demanialità) del bene a cui si riferisce. In ogni caso il bene resta sottoposto a tutte le disposizioni di tutela previste nel Titolo I della Parte Seconda del Codice. Come si è visto, l interesse culturale richiesto per il singolo bene si differenzia a seconda della appartenenza dello stesso, secondo una graduazione che parte dalla semplice sussistenza nelle cose pubbliche, al carattere di particolare importanza nelle cose private. Con questa premessa, si capisce che il richiamo operato dall art. 55 comporta che possano assurgere allo status di bene culturale anche quegli immobili diventati privati pur non presentando l interesse particolarmente importante richiesto ordinariamente, ma al contrario un interesse di intensità minore (SERRA). L autorizzazione ad alienare comporta automaticamente la sdemanializzazione del bene, che da quel momento cessa di avere il carattere di bene demaniale. Quanto alla procedura di autorizzazione, il Codice richiede la sussistenza di condizioni ben precise, che garantiscano la funzione culturale dei beni oggetto di alienazione. Al riguardo si deve ricordare che il legislatore del 2008 (D.Lgs. 62/2008) ha novellato profondamente la procedura di autorizzazione ad alienazione, introducendo maggior controllo preventivo in funzione delle finalità dell alienazione in relazione alla valorizzazione e tutela del bene. Per fare un esempio, nel 2004 il legislatore aveva posto come requisito del rilascio dell autorizzazione all alienazione il rispetto della condizione che dalla stessa non dovesse derivare pregiudizio al pubblico godimento del bene. L intervento del 2006 ha prodotto il mutamento della formula positiva costituita dall assicurazione della fruizione pubblica ad opera dell alienazione. Con la novella del 2008 la prospettiva muta ancora una volta con un inasprimento delle condizioni e di limiti di tutela. In particolare, la richiesta di autorizzazione ad alienare deve essere corredata: a) dalla indicazione della destinazione d uso in atto; b) dal programma delle misure necessarie ad assicurare la conservazione del bene; c) dall indicazione degli obiettivi di valorizzazione che si intendono perseguire con l alienazione del bene e delle modalità e dei tempi previsti per il loro conseguimento; d) dall indicazione della destinazione d uso prevista, anche in funzione degli obiettivi di valorizzazione da conseguire; e) dalle modalità di fruizione pubblica del bene, anche in rapporto con la situazione conseguente alle precedenti destinazioni d uso. Prima di procedere al rilascio del provvedimento di autorizzazione dovrà essere acquisito il parere della competente soprintendenza di settore, dovrà essere sentita la regione e, per suo tramite, gli altri enti pubblici territoriali interessati.

6 180 Capitolo 8 Al riguardo si osserva un maggior coinvolgimento degli enti pubblici territoriali sin dalla fase di autorizzazione all alienazione, con una conseguente equilibrata valutazione degli interessi coinvolti, ma anche con un inevitabile appesantimento burocratico dell iter procedimentale. Ad un attenta analisi, l indicazione del legislatore sulla configurazione del procedimento autorizzatorio dei beni demaniali si differenzia in misura notevole dall analoga previsione di cui al D.P.R. n. 283/2000 per il punto specifico riservato al coinvolgimento della regione e degli altri enti territoriali interessati. Infatti, tale previsione non era presente nel procedimento autorizzatorio configurato dal D.P.R n. 283/2000. Da segnalare la difficoltà interpretativa di spiegare l intervento degli enti locali territoriali in un procedimento che si basa su una valutazione ordinariamente esercitata degli organi ministeriali competenti. Con tutta probabilità l intervento (formale?) assicurato a regioni ed enti locali va ascritto al ruolo esercitato in tema di assicurazione sulla valorizzazione del bene garantita dall alienazione. In ogni caso, resta dubbio cosa accada nel caso in cui gli enti territoriali non vengano sentiti così come richiesto dalla norma in esame. Il provvedimento, ai sensi del comma 3 dell articolo 55, dovrà: a) dettare prescrizioni e condizioni in ordine alle misure di conservazione programmate; b) stabilire le condizioni di fruizione pubblica del bene, tenuto conto della situazione conseguente alle precedenti destinazioni d uso; c) pronunciarsi sulla congruità delle modalità e dei tempi previsti per il conseguimento degli obiettivi di valorizzazione indicati nella richiesta. Ancora una volta, si può osservare che le norme introdotte dal D.Lgs. n. 62/2008 assumono maggior rigorosità rispetto alle formulazioni del 2004 e del 2006, implicando un controllo specifico e dettagliato degli obiettivi di conservazione, valorizzazione e fruizione pubblica del bene. Al riguardo, l articolo 55 introduce diverse novità racchiuse nei commi che procedono dal 3-bis e si concludono al 3-sexies e che si inseriscono nell ottica di un maggior controllo della circolazione interna dei beni culturali. Si osserva che l autorizzazione non potrà essere rilasciata se la destinazione d uso proposta sia suscettibile di arrecare pregiudizio alla conservazione e fruizione pubblica del bene o comunque risulti non compatibile con il carattere storico e artistico del bene medesimo, potendo il Ministero indicare quali siano le destinazioni d uso compatibili (art. 55, comma 3-bis). Una notevole innovazione è costituita dalla previsione di cui all articolo 55, comma 3ter in base alla quale il contenuto del provvedimento di autorizzazione potrà essere anche concordato con il soggetto sulla base di una valutazione comparativa fra le proposte avanzate con la richiesta di autorizzazione ed altre possibili modalità di valorizzazione del bene. Un ulteriore interessante previsione è costituita dalla disposizione contenuta nell articolo 55, comma 3quater che nell ipotesi di alienazione di immobili utilizzati a scopo abitativo o commerciale, stabilisce che la richiesta di autorizzazione sia corredata dai soli elementi di cui al comma 2, lettere a), b) ed e) [a) dalla indicazione della destinazione d uso, in atto; b) dal programma delle misure necessarie ad assicurare la conservazione del bene; e) dalle modalità di fruizione pubblica del bene, anche in rapporto con la situazione conseguente alle precedenti destinazioni d uso.], e l autorizzazione è rilasciata con le indicazioni di cui al comma 3, lettere a) e b) [a) detta prescrizioni e condizioni in ordine alle misure di conservazione programmate; b) stabilisce le condizioni di fruizione pubblica del bene, tenuto conto della situazione conseguente alle precedenti destinazioni d uso]. Infine, il comma 3-sexies dispone, in linea con le previsioni di carattere generale, che l esecuzione di lavori ed opere di qualunque genere su beni alienati è sottoposta alla preventiva autorizzazione di cui all articolo 21, commi 4 e 5.

7 La circolazione in ambito nazionale 181 Il legislatore del 2008, inoltre, ha previsto un nuovo articolo (55-bis) che impone l apposizione nel provvedimento di autorizzazione della c.d. clausola risolutiva espressa a garanzia del rispetto delle obbligazioni relative alle prescrizioni e condizioni dell autorizzazione stessa. È necessario osservare che il regime di autorizzazione ad alienare beni di appartenenza pubblica trovava efficace applicazione con il D.P.R. n. 283/2000, agli artt. 7 e ss. Facendo un rapido raffronto con le disposizioni del Codice appena commentate, si ricava agevolmente che la novella del 2008 ha sciolto l idea che la previsione del regolamento individuava forme maggiori di garanzia «concreta» degli obiettivi di tutela e valorizzazione conseguibili con l alienazione. In particolare, nel regolamento l alienante era obbligato a presentare un programma che contenesse tali indicazioni, con riferimento alle misure di conservazione, destinazione d uso del bene, modalità di pubblica fruizione e tempi di realizzazione. Inoltre, nel caso che l alienazione riguardasse porzioni di complessi immobiliari, il programma avrebbe dovuto contenere l indicazione dell impatto degli interventi previsti sul complesso in cui il bene era inserito. L autorizzazione veniva rilasciata, tra l altro, sulla base del programma presentato la cui mancata realizzazione costituiva uso del bene incompatibile con il suo carattere storico-artistico (art. 10, comma 8 del D.P.R. n. 283/2000). Inoltre, all art. 11 veniva prevista l ipotesi di risoluzione del contratto di alienazione in caso di inadempimento degli impegni assunti. Il mantenimento di tali previsioni anche nel Codice ha prodotto una maggiore garanzia di tutela e conservazione del bene alienato. Da ultimo giova ricordare che l organo del MiBACT competente al rilascio dell autorizzazione ad alienare è la Direzione regionale. 2. Altri tipi di alienazione Proseguendo nell esame delle alienazioni soggette ad autorizzazione da parte del Ministero, l art. 56 elenca le fattispecie di alienazione di beni pubblici o appartenenti a soggetti privati non perseguenti scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiatici civilmente riconosciuti. Infatti, l articolo 56 prevede il meccanismo di autorizzazione per quei beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali, diversi da quelli già indicati ai commi 1 e 2 dell articolo 54 e comma 1 dell articolo 55; in definitiva dei beni culturali residuali rispetto a quelli contenuti nelle previsioni indicate in precedenza, anche con riferimento alla natura dei soggetti proprietari (soggetti pubblici diversi da quelli indicati alla lettera a) o a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti). Anche in questo caso si assiste ad una riduzione numerica e qualitativa delle condizioni richieste per l autorizzazione come nelle ipotesi di alienazione di immobili utilizzati a scopo abitativo o commerciale. In particolare, la richiesta di autorizzazione è corredata dagli elementi di cui all articolo 55, comma 2, lettere a), b) ed e) e l autorizzazione è rilasciata con le indicazioni di cui al comma 3, lettere a) e b) del medesimo articolo. Il comma 4ter dell articolo 56bis, inoltre, prevede che le prescrizioni e condizioni contenute nell autorizzazione siano riportate nell atto di alienazione e siano trascritte, su richiesta del soprintendente, nei registri immobiliari. Il comma 4-quinquies non fa che replicare il contenuto della originaria formulazione dell articolo 56 del Codice 2004 che riprendeva pedissequamente il contenuto dell articolo 57 del T.U. del Il comma 4-quinquies prevede l estensione del regime di autorizzazione anche per le costituzioni di ipoteca e di pegno e, più in generale, per i negozi giuridici che possono comportare l alienazione di beni culturali.

8 182 Capitolo 8 Pegno ed Ipoteca Pegno: ai sensi dell art del codice civile il pegno si costituisce a iniziativa del debitore o di un terzo per il debitore; potendo essere dati in pegno i beni mobili, le universalità dei beni mobili, i crediti ed altri diritti aventi ad oggetto beni mobili. L art cod. civ. prevede che il pegno si costituisca con la consegna al creditore della cosa o del documento che conferisce l esclusiva disponibilità della cosa. Attraverso la procedura di cui agli artt del codice civile, il pegno può condurre alla alienazione del bene, rendendo necessaria l autorizzazione del MiBAC nel momento costitutivo del pegno stesso. Ipoteca: costituisce una forma di garanzia sui beni del debitore o di terza persona, a vantaggio del creditore, per assicurare sul valore dei beni il soddisfacimento del credito (art cod. civ). L oggetto dell ipoteca può essere costituito da beni immobili, diritti di usufrutto, superficie e diritti enfiteutici. Anche l ipoteca può comportare l alienazione del bene con necessaria preventiva autorizzazione del MiBAC. Pertanto, sia nel caso di costituzione di pegno che di ipoteca, potendosi verificare l alienazione del bene in favore del creditore, in caso di mancata soddisfazione del debito, sarà necessario ottenere preventivamente il rilascio dell autorizzazione del Ministero. Infine, il novellato articolo 57 dispone che gli atti che comportano l alienazione di beni culturali a favore dello Stato, ivi comprese le cessioni in pagamento di obbligazioni tributarie, non sono soggetti ad autorizzazione 3. Procedure di trasferimento di immobili pubblici Si è osservato in precedenza quanto è previsto dal codice in tema di autorizzazione ad alienare ed in particolare delle condizioni richieste per il regime autorizzatorio sui beni appartenenti al demanio culturale, dalle previsioni contenute negli articoli 55 e seguenti. Proseguendo nell esame, una disposizione di particolare interesse, soprattutto perché frutto della novella del 2008, è contenuta nell articolo 57bis rubricata come «procedure di trasferimento di immobili pubblici». Il legislatore, nel caso specifico, dispone che le indicazioni normative contenute negli articoli 54, 55 e 56 si applicano a qualsiasi procedura di dismissione o di valorizzazione e utilizzazione, anche a fini economici, di beni pubblici di interesse culturale. Si tratta, pertanto, delle ipotesi di alienazione, in termini generali e generici, di concessione d uso e di locazione degli immobili rientranti nella tipologia appena richiamata. La novità non è di poco conto se solo si rifletta sulla portata che potrebbe avere l imposizione di una procedura così appesantita dalla novella del 2008 in tema di alienazione anche alle ipotesi di concessione d uso e di locazione di beni pubblici di interesse culturale. Resta fermo in ogni caso il dispositivo di cui al comma 2 dell articolo 57-bis, in base al quale le condizioni e le prescrizioni contenute nell autorizzazione sono riportate nell atto di concessione o nel contratto di locazione e sono trascritte su richiesta del soprintendente nei registri immobiliari. Per rendere effettiva ed operativa l obbligatorietà delle prescrizioni e delle condizioni imposte, la norma dispone che in caso di loro inosservanza da parte del concessionario o del locatario si proceda, su richiesta delle amministrazioni cui beni pertengono, alla revoca della concessione o alla risoluzione del contratto senza indennizzo.

9 La circolazione in ambito nazionale La permuta L art. 58 del Codice riproduce il contenuto dell art. 56, comma 1 del T.U. del La norma, infatti, dispone la facoltà per il Ministero (direzione regionale) di autorizzare la permuta dei beni indicati agli artt. 55 e 56 nonché di singoli beni appartenenti alle pubbliche raccolte con altri appartenenti ad enti, istituti e privati, anche stranieri. La condizione richiesta per il rilascio dell autorizzazione alla permuta è che ciò comporti l arricchimento delle pubbliche raccolte ovvero un incremento del patrimonio culturale. La permuta è un negozio traslativo della titolarità dei beni. L art del codice civile la definisce come quel contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti, da un contraente all altro. Si tratta, pertanto, di un contratto consensuale, con effetti reali, a titolo oneroso, che si distingue dalla vendita, perché invece di realizzare uno scambio di cosa contro prezzo, realizza lo scambio di cosa contro cosa. La permuta di beni culturali è vista con favore, in quanto con essa si ritiene che si abbia un risultato di accrescimento del patrimonio culturale. Risulta consequenziale che l autorizzazione del Ministero debba consistere in una valutazione di prevalenza di interesse pubblico ad acquistare la cosa di appartenenza privata, anche di provenienza straniera, piuttosto che a conservare la cosa di proprietà pubblica offerta in permuta (ALIBRANDI-FERRI). Dal punto di vista delle competenze, il D.P.R. n. 233/2007(regolamento di organizzazione del ministero) prevede che il Direttore regionale autorizza le alienazioni, le permute, le costituzioni di ipoteca e di pegno e ogni altro negozio giuridico che comporta il trasferimento a titolo oneroso dei beni culturali appartenenti ai soggetti pubblici ai sensi degli articoli 55, 56 e 58 del Codice (art. 17, comma 3, lett. h). Inoltre, l articolo 18, lett. l affida alla competenza delle soprintendenze l espressione dei pareri sulle alienazioni, le permute, le costituzioni di ipoteca e di pegno e di ogni altro negozio giuridico che comporti il trasferimento a titolo oneroso di beni culturali appartenenti a soggetti pubblici come identificati dal Codice. L art. 58 del Codice, come si è visto, stabilisce che dalla permuta derivi un incremento del patrimonio culturale. Ciò non risulta essere sempre il primo obiettivo delle Amministrazioni coinvolte o dei soggetti che chiedono tale tipologia di autorizzazione. Questo strumento è diventato oggetto di veri e propri scambi tra beni culturali e beni non culturali, in ciò tradendo lo spirito della norma. Infatti, l autorizzazione viene chiesta come una sorta di autorizzazione ad alienare, ma con minori requisiti da rispettare, visto il contenuto dell art. 58 del Codice. Auspicabile in tal senso un azione correttiva degli organi preposti alla tutela, diretta a ristabilire l essenza della permuta di beni culturali che necessariamente deve prevedere un arricchimento del patrimonio culturale della Pubblica Amministrazione e non già un suo impoverimento, derivante da una spoliazione di beni culturali. 5. I trasferimenti della proprietà e della detenzione L art. 59 del Codice, riferito alla denuncia di trasferimento, riproduce con alcune modifiche il contenuto dell art. 58 del T.U. del Una prima differenza si ricava già dall intitolazione della norma che non si arresta, come l omologa disposizione del 1999, alla indicazione generica dell istituto (denuncia), ma aggiunge un elemento ulteriore rappresentato

10 184 Capitolo 8 dall indicazione dell oggetto della denuncia, cioè il trasferimento (si intende della proprietà o detenzione di beni culturali). L elemento aggiuntivo di riferimento è inteso a soddisfare un esigenza di maggior chiarezza della norma, rispetto alla sua formulazione precedente, facilitandone l osservanza del precetto. Il comma 1 pone un generale obbligo di denuncia al Ministero (Soprintendenze nda) degli atti che trasferiscono in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o la detenzione di beni culturali. L obbligo di denuncia trova applicazione sia per gli atti che trasferiscono la proprietà del bene, sia per gli atti che trasferiscono la detenzione del bene, come i contratti di locazione, deposito e comodato. Si osservi che, a differenza di quanto accade per l autorizzazione ad alienare, relativa esclusivamente ad atti a titolo oneroso, nel caso della denuncia di cui all art. 59, il riferimento è fatto agli atti che trasferiscono la proprietà a qualsiasi titolo, sia oneroso che gratuito. La dottrina, inoltre, è orientata ad assoggettare ad obbligo di denuncia qualsiasi atto di trasferimento di diritti reali e, pertanto, anche il trasferimento o la costituzione di un diritto reale limitato (CASU). La denuncia ha in definitiva lo scopo di permettere all amministrazione di avere una conoscenza sempre aggiornata dello status del bene, per assumere le necessarie iniziative di tutela quando occorra, e per essere in grado di esercitare la prelazione, quando siano presenti le condizioni che la permettono. L art. 59 identifica chiaramente i soggetti obbligati alla denuncia, che nel caso della alienazione a titolo oneroso o gratuito sarà l alienante, mentre nel caso del trasferimento della detenzione sarà il cedente. A differenza di quanto appena detto, il T.U. all art. 58, comma 2, prevedeva che nel caso di trasferimento della detenzione, la denuncia dovesse essere fatta dal detentore, cioè dal soggetto che avesse ricevuto la detenzione del bene e non l avesse ceduta. Il mutamento del soggetto obbligato alla denuncia non è esente da conseguenze solo se si pensi che, in caso di inosservanza dell obbligo, la sanzione prevista dal Codice è dell applicazione della pena della reclusione fino ad un anno e la multa da 1.549,50 a Da questo punto di vista, suscita una certa perplessità l operato del legislatore delegato che, seppur indirettamente, ha prodotto in questo caso una innovazione non consentita dalla delega contenuta nella L. 137/2002, che non riguardava in alcun modo il riordino dei profili sanzionatori previsti nell ordinamento, con riguardo ai beni culturali, configurandosi, pertanto, un eccesso di delega. Nell ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare, oppure in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso, il soggetto obbligato alla denuncia è l acquirente del bene. Si ricorda che ai sensi dell art del codice civile, se chi è obbligato a concludere un contratto, non adempie l obbligazione, l altra parte può ottenere, in presenza delle condizioni di legge, una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Per gli atti mortis causa la denuncia va effettuata dall erede o dal legatario. Per l erede, il termine per effettuare la denuncia decorre dalla accettazione dell eredità o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari. Per il legatario il termine decorre dall apertura della successione, salva rinuncia ai sensi delle disposizioni del codice civile. Questa era la formulazione originaria della norma del Codice che è stata oggetto di modifica ad opera del d.lgs. n. 156/2006. Si legge nella Relazione illustrativa del decreto la necessità di correggere la disposizione in quanto foriera di dubbi interpretativi da risolvere. In particolare, il comma 2, lett. c) dell art.

11 La circolazione in ambito nazionale , nella formulazione del 2004, individuava per il legatario, nel caso di successione a causa di morte, il termine per la denuncia, fissandolo entro 30 giorni dall apertura della successione. Il problema interpretativo sorto in riferimento a quest ultimo punto era che per il legato, disposto con atto testamentario, l obbligo di denuncia non poteva essere fatto risalire al momento di apertura della successione, ossia al momento della morte del testatore, in quanto il legatario ha effettiva conoscenza dell acquisto soltanto a seguito di comunicazione notarile, di cui all articolo 623 del cod. civ. La denuncia deve contenere precise e puntuali indicazioni. In particolare, dovranno essere indicati i dati identificativi delle parti e dei beni; l indicazione del luogo ove si trovano i beni, l indicazione della natura e delle condizioni dell atto di trasferimento, l indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste dal Titolo I della Parte Seconda. Infine, una prescrizione «innovativa» è quella che richiede la sottoscrizione della denuncia ad opera delle parti o dei loro rappresentanti legali. Come spiega la relazione illustrativa al codice, si tratta di un ritorno al passato, in quanto tale obbligo era previsto dal regolamento di cui al R.D. 30 gennaio 1913, n In tal modo, risulterà che entrambe le parti sono edotte dei vincoli esistenti sulla cosa per effetto della notifica (art.57 del R.D. n. 363/1913) e si assumono la responsabilità di ottemperare alle prescrizioni di tutela. A tale proposito occorre fare una breve precisazione. L obbligo della sottoscrizione della denuncia ad opera dei contraenti era stato previsto, come si è detto, nel regolamento del 1913 ed il fatto che il T.U. del 1999 non avesse riprodotto tale obbligo nel corpus delle sue disposizioni e, specificamente all art. 58, non ha avuto alcuna influenza sul vigore dello stesso. In realtà, l obbligo de quo non è stato mai espunto dal sistema, in quanto il regolamento ha mantenuto la sua efficacia fino ad oggi. Infatti, l art. 130 del Codice recita testualmente che «.. fino all emanazione dei decreti e dei regolamenti previsti dal presente codice, restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni dei regolamenti approvati con regi decreti 2 ottobre 1911 n e 30 gennaio 1913, n. 363». Quanto al termine entro il quale deve essere fatta la denuncia, esso è fissato in 30 giorni, che decorreranno dall atto di trasferimento, ad eccezione delle ipotesi già indicate in precedenza in merito agli atti mortis causa. Un ultima notazione va riservata all organo ministeriale competente alla ricezione delle denunce che è identificato, sia nel codice sia nel regolamento di riorganizzazione del MiBAC, nel soprintendente del luogo ove si trovano i beni. 6. La prelazione La Sezione II del Capo IV si occupa della prelazione artistica. Si tratta di un istituto autonomo che, pur essendo previsto legalmente, non partecipa degli elementi propri e comuni della c.d. prelazione legale, assumendo un autonoma disciplina dettata in via esclusiva dal Codice. La giurisprudenza ha osservato che la c.d. prelazione artistica si differenzia dalla prelazione legale, in quanto costituisce tipica espressione di potestà autoritativa a carattere ablatorio, poiché l amministrazione non acquista la proprietà del bene culturale attraverso il rapporto negoziale sotteso, subentrando alla regolamentazione giuridica posta in essere col contratto, bensì attraverso un provvedimento amministrativo a contenuto sostanzialmente espropriativo, come tale idoneo a degradare le posizioni soggettive a meri interessi legittimi (PALUMBO).

12 186 Capitolo 8 Le disposizioni contenute originariamente agli artt modificano parzialmente la disciplina contenuta del D.Lgs. n. 490/1999, per ricollegarsi sotto certi aspetti alla normativa del D altra parte anche il legislatore del 2006 è intervenuto sulle disposizioni relative alla prelazione determinando nel corso del tempo un quadro incerto e confuso ed, in alcuni casi, non fondatamente giustificato. Procedendo con ordine, si dirà in primo luogo che il legislatore delegato mostra di aver recepito quanto appena detto in tema di differenziazione tra prelazione artistica e legale, tanto da aver eliminato nelle norme de quo qualsiasi riferimento al termine «diritto» di prelazione. In questo modo si è inteso accogliere, anche formalmente, l orientamento giurisprudenziale in materia. La prima novità riguarda i soggetti che possono esercitare la prelazione. A tale proposito è evidente, nella lettura del comma 1 dell art. 60 in coordinamento con il comma 3 dell art. 62, che oltre allo Stato, anche gli enti pubblici territoriali possono esercitare la prelazione artistica. Si faccia attenzione al fatto che anche nel sistema previgente, come delineato dal T.U, la regione e gli altri enti pubblici territoriali potevano acquistare il bene in via di prelazione, ma l unico soggetto demandato all emanazione del decreto di prelazione era lo Stato (art. 61, comma 3). Nel Codice, il tenore della previsione dell art. 62, comma 3 è tale per cui sarà lo stesso ente territoriale ad adottare il provvedimento di prelazione, notificandolo all alienante e all acquirente, sempre che lo Stato abbia rinunciato all acquisto del bene in via di prelazione. È necessario specificare che l acquisto viene effettuato dallo Stato (o dagli enti pubblici territoriali) allo stesso prezzo stabilito nell atto di alienazione. In caso di mancata indicazione del prezzo di cessione del bene, o di permuta, o di vendita di bene culturale in blocco con altri beni, il valore economico è determinato in prima battuta dal soggetto che procede alla prelazione. Nel caso in cui l alienante non ritenga di accettare la determinazione così effettuata, sarà un terzo a dover individuare il valore economico del bene. Il terzo viene designato di comune accordo dal soggetto che procede alla prelazione e l alienante. In caso di disaccordo, la nomina è effettuata, su richiesta di una delle parti, dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto. Ad un analisi attenta si può ricavare che il procedimento di determinazione del valore del bene, indicato ai commi 2, 3 e 4 dell articolo 60, è un ipotesi di arbitraggio del tutto analoga a quella contenuta nell art del codice civile, in tema di compravendita. La determinazione del terzo dovrà essere effettuata con equo apprezzamento e sarà impugnabile se frutto di errore o di manifesta iniquità. La prelazione può essere esercitata anche quando il bene sia a qualunque titolo dato in pagamento. L art. 61 detta le condizioni della prelazione. Il primo comma adegua i termini per l esercizio della prelazione rendendoli omogenei nel computo fissato dal codice. In questo modo, il termine risulta individuato in 60 giorni dalla data di ricezione della denuncia, prevista dall art. 59, e non più in due mesi, come determinato nel sistema previgente al Codice. Nell ipotesi in cui la denuncia sia stata omessa o sia stata presentata tardivamente oppure risulti incompleta, il termine per esercitare la prelazione è fissato in 180 giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa. Questa previsione rappresenta una novità rispetto al sistema previgente, in cui l art. 135, comma 2 disponeva che, in caso di dichiarazione omessa o incompleta, restava ferma la facoltà del Ministero di esercitare il diritto di prelazione.

13 La circolazione in ambito nazionale 187 Come si può notare, il termine per esercitare la prelazione diviene duplice: uno di carattere ordinario, che opera nel caso di denuncia presentata tempestivamente nei trenta giorni dall atto e in modo formalmente regolare; l altro, patologico, che opera quando vi sia una denuncia non regolare (CASU). Entro i due termini indicati (60 e 180 giorni) a seconda dell ipotesi in cui si versi, il provvedimento di prelazione è notificato all alienante e all acquirente. Dalla data dell ultima notifica la proprietà passa allo Stato. Uno dei motivi che hanno indotto il legislatore delegato ad optare per una duplice indicazione di termini nel procedimento, per il caso di denuncia regolare e per quello di denuncia incompleta, tardiva oppure omessa, è da far risalire all esigenza di conformare la disciplina della prelazione alle indicazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell uomo. Quest ultima ha rilevato come la precedente disposizione contenuta nell art. 135 del T.U. ( Le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni di questo Titolo, o senza l osservanza delle condizioni e modalità da esso prescritte sono nulli. Resta sempre ferma la facoltà del Ministero di esercitare il diritto di prelazione..) manchi di chiarezza nella carenza di una previsione temporale entro cui esercitare la prelazione, introducendo un margine di manovra della amministrazione eccessivamente ampio e tale da ledere il principio del giusto equilibrio fra richieste di interesse generale della comunità e salvaguardia dei diritti fondamentali dell uomo (Beyeler c. Italia n. 3320/96 del 5 gennaio 2000). D altra parte anche la giurisprudenza italiana ha rilevato come la facoltà concessa all amministrazione di porre in essere l atto ablativo in ogni tempo produca una limitazione permanente del diritto del venditore ed un altrettanto permanente incertezza. Un altra novità introdotta dalla disposizione in esame e che risulta, anche in questo caso, un ritorno alle disposizioni della normativa del 1939 è quella prevista dal comma 4 dell art. 61 il quale stabilisce che l atto di alienazione rimanga condizionato sospensivamente all esercizio della prelazione con il divieto per l alienante di effettuare la consegna della cosa. Si ricorda che la condizione è un evento (naturale o causato dall uomo) futuro ed incerto al cui verificarsi è subordinato l inizio o la cessazione dell efficacia del negozio. Nel primo caso si parla di condizione sospensiva, nel secondo di condizione risolutiva. Al contrario, nel sistema configurato dal T.U. nel periodo necessario per poter esercitare la prelazione l atto di alienazione era inefficace. La differenza, dal punto di vista operativo è notevole. Infatti, nel caso di diritto sospensivamente condizionato, non è pregiudicato in alcun modo il potere di compiere atti conservativi, cioè atti diretti alla conservazione materiale e giuridica del diritto, come, ad esempio, nelle ipotesi previste all art c.c. (sequestro conservativo) e 2901 c.c. (azione revocatoria). Inoltre, in pendenza di condizione, resta ferma la disponibilità del diritto, ivi compresa la possibilità di trasferirlo. Infine, trattandosi di condizione e non di inefficacia, gli effetti dell avveramento della stessa opereranno dalla conclusione del contratto (ex tunc) e non ex nunc. La precedente disciplina del T.U., invece, prevedendo l inefficacia del contratto, comportava che nel termine indicato vi era l impossibilità assoluta di compiere alcun atto conservativo e/o dispositivo. L ultimo comma dell art. 61 prevede, infine, che le clausole del contratto non vincolano lo Stato ed è previsto per l acquirente la facoltà di recesso dal contratto, nel caso in cui venga esercitata la prelazione su parte delle cose alienate. L art. 62 detta le norme procedimentali per l esercizio della prelazione. Una prima considerazione si riferisce al mancato coordinamento della norma del Codice con quella relativa alla competenza degli organi ministeriali, contenuta originariamente nel D.P.R. n. 173/2004. Infatti, mentre il primo comma dell art. 62, pone a carico del soprintendente l obbligo di

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