Piano Regionale per la Pesca nelle Acque Interne

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1 Regione Toscana Allegato A Piano Regionale per la Pesca nelle Acque Interne (l.r. 7/2005) anni

2 Piano Regionale per la Pesca nelle Acque Interne INDICE 1. QUADRO ANALITICO 1.1 Caratteristiche delle acque interne 1.2 Evoluzione del concetto di zonazione ittica 1.3 Classificazione delle acque interne della Toscana 1.4 Carte ittiche: il documento A.I.I.A.D 1.5 Indice dello stato ecologico ISECI 2. CRITERI PER LA ZONAZIONE DELLE ACQUE TOSCANE 2.1 Zonazione nelle acque dolci Stazioni di campionamento Parametri ambientali Tipologia alveo bagnato Composizione granulometrica dell alveo bagnato Indicatori di qualità dell acqua dati relativi alla fauna ittica 2.2 Zonazione acque salmastre 3. INDIRIZZI PER LA GESTIONE E TUTELA DELLA FAUNA ITTICA 3.1 Distretti zoogeografici 3.2 Distretto Padano Veneto specie autoctone Trota fario - indirizzi per la tutela Scazzone - indirizzi per la tutela Barbo canino indirizzi per la tutela Vairone indirizzi per la tutela Lasca indirizzi per la tutela Barbo padano indirizzi per la tutela Gobione indirizzi per la tutela Cavedano indirizzi per la tutela Cobite Triotto indirizzi per la tutela 2

3 Pigo indirizzi per la tutela Savetta indirizzi per la tutela Scardola indirizzi per la tutela Alborella indirizzi per la tutela Tinca indirizzi per la tutela Luccio indirizzi per la tutela Giozzo padano Gambero di fiume e granchio di fiume indirizzi per la tutela 3.3 Distretto Tosco Laziale specie autoctone Trota fario indirizzi per la tutela Scazzone Vairone indirizzi per la gestione Barbo padano indirizzi per la gestione Barbo tiberino indirizzi per la tutela Cavedano Cavedano etrusco indirizzi per la tutela Rovella indirizzi per la tutela Triotto - indirizzi per la gestione Pigo - indirizzi per la gestione Scardola - indirizzi per la gestione Tinca indirizzi per la tutela Luccio indirizzi per la tutela Cheppia o Alosa indirizzi per la tutela Anguilla indirizzi per la tutela Lasca indirizzi per la gestione Savetta - indirizzi per la gestione Gobione - indirizzi per la gestione Ghiozzo padano Ghiozzo di ruscello - indirizzi per la tutela Cobite Carpa - indirizzi per la gestione Persico reale - indirizzi per la gestione Spinarello indirizzi per la tutela Cagnetta indirizzi per la tutela Nono indirizzi per la tutela Latterino indirizzi per la tutela Lampreda di fiume, Lampreda di ruscello, Lampreda di mare Gambero di fiume, Granchio di fiume Gamberetto di acqua dolce 3.4 Specie alloctone e di acque salmastre attualmente tutelate nel Regolamento di attuazione della Legge Regionale n. 7 del 3 gennaio 2005 (Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 54/R del 22 Agosto 2005) Persico trota Cefalo 3.5 Specie alloctone elenco delle specie e proposte di gestione 3.6 Obbligo ittiogenico 3

4 4. CRITERI PER LA REALIZZAZIONE DEGLI ISTITUTI PREVISTI DALLA L.R 7/ Zone a Regolamento Specifico 4.2 Zone di Frega 4.3 Zone di Protezione 4.4 Note all istituzione delle zone di Frega e di Protezione Ciprinidi/Esocidi/Percidi Salmonidi 4.5 Campi di gara 5. INDIRIZZI PER L ESERCIZIO DELLA PESCA DILETTANTISTICA, SPORTIVA E PROFESSIONALE, OBIETTIVI, TIPOLOGIE DEGLI INTERVENTI E PRIORITÀ 5.1 Pesca dilettantistica e sportiva 5.2 Pesca professionale Descrizione dei principali attrezzi per la pesca professionale utilizzabili in toscana Limiti di cattura per la pesca professionale 6. PARTECIPAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI ALLA PROGRAMMAZIONE ALLA GESTIONE ITTICA E ALLA FUNZIONI DI VIGILANZA 7. INDIRIZZI PER STUDI, INDAGINI ED INIZIATIVE ATTE ALLA DIFFUSIONE E PROMOZIONE DELLA CONOSCENZA DELLA FAUNA ITTICA, DEGLI AMBIENTI ACQUATICI, DELL ESERCIZIO DELLA PESCA E DELL USO DEI PRODOTTI ITTICI 7.1 Indirizzi per la diffusione e promozione di conoscenze sulla fauna ittica degli ambienti acquatici e del turismo 8. PIANI E PROGETTI PROVINCIALI E RELATIVO MONITORAGGIO 9. QUADRO DI RIFERIMENTO FINASNZIARIO PLURIENNALE 10. MONITORAGGIO ANNUALE 11. INDICATORI DI RISULTATO 4

5 Piano regionale per la pesca in acque interne (l.r. 7/2005) anni L art.8 della Legge Regionale del 3 gennaio 2005 n.7 Gestione delle risorse ittiche e regolamentazione della pesca in acque interne introduce un nuovo strumento di programmazione prevedendo che la Regione approvi il piano regionale per la pesca nelle acque interne. Il piano regionale è lo strumento programmatico con il quale la Regione assume iniziative e detta indirizzi al fine di perseguire l obiettivo primario di conservazione, incremento e riequilibrio delle popolazioni ittiche per assicurarne la corretta fruibilità nel pieno rispetto dei principi di tutela e salvaguardia degli ecosistemi acquatici. Il piano ha validità di 6 anni. La finalità del piano regionale, sopra richiamata, si realizza attraverso i seguenti obbiettivi generali: suddivisione in zone ittiche dei corpi idrici; ottimizzazione della gestione e tutela della fauna ittica; realizzazione degli istituti previsti dalla L.R. 7/2005; uniforme esercizio della pesca dilettistica, sportiva e professionale nelle acque interne; individuazione delle specie ittiche alloctone e relative misure di contenimento; partecipazione delle associazionismo alla programmazione, alla gestione ittica e alle funzioni di vigilanza. Gli obiettivi specifici, le iniziative e gli indirizzi saranno attuati dalle Amministrazioni Provinciali così come stabilito dall art.9 della L.R 7/05 mediante i piani provinciali per la pesca in acque interne che hanno durata corrispondente a quella del piano regionale. 1. QUADRO ANALITICO 1.1 Caratteristiche delle acque interne Ai fini della L.R. n.7 del 3 gennaio 2005 (articolo 2.2) sono considerate acque interne quelle a monte della congiungente i punti più foranei degli sbocchi a mare dei corpi idrici, naturali o artificiali, individuata traguardando dal punto più foraneo di una sponda il punto più foraneo dell altra. 5

6 Poiché convenzionalmente si considerano acque dolci quelle che contengono sali in soluzione in misura inferiore a 5 grammi per litro (salinità < del 5 Convenzione di Venezia, 1958) non tutte le acque interne rientrano nella categoria delle acque dolci. Le acque interne vengono suddivise in due grandi categorie: acque lotiche (ovvero correnti, rappresentate da fiumi, torrenti, corsi d acqua minori e canali artificiali) e acque lentiche (ovvero quelle ferme, rappresentate da laghi, stagni, invasi artificiali). Gli ambienti d acqua corrente sono condizionati dal fluire ininterrotto delle masse d acqua verso il basso. Le caratteristiche principali che differenziano gli ambienti lotici da quelli lentici sono quindi: la corrente; le ampie superfici di contatto acqua atmosfera e acqua sedimenti; una più uniforme distribuzione dell ossigeno disciolto e di altri gas nella massa d acqua; una sensibile interdipendenza con le caratteristiche del bacino di drenaggio. Mentre nei laghi, stagni, bacini artificiali si ha una zonazione delle caratteristiche ecologiche che, nei suoi aspetti più essenziali, può essere raffigurata come una serie di anelli concentrici dalle rive alla zona più depressa, in un corso d acqua si hanno invece due gradienti distinti: trasversale e longitudinale. Il primo interessa la modificazione ambientale che si ha dal greto della riva al filone centrale della corrente fluviale (dove la velocità è massima), comportando modificazioni nella composizione dei sedimenti che tappezzano l alveo fluviale e dei relativi insediamenti faunistici. Il secondo gradiente riguarda la modificazione che interviene nel corso d acqua dalle sue origini fino al termine del suo corso. La diversa natura del substrato gioca un ruolo di primissimo piano nel definire la struttura delle comunità dei popolamenti animali e vegetali di un corso d acqua. Vi sono inoltre altri fattori fisici e chimici naturali che condizionano la distribuzione delle comunità e che possono agire con effetti diretti (es. durezza) o indiretti (es. torbidità). Negli ambienti soggetti a processi di inquinamento delle acque o ad interventi di trasformazione delle caratteristiche morfologiche ed idrologiche, si aggiungono altri fattori determinanti la struttura di queste comunità. In particolare un corso d acqua va interpretato come una serie di ecosistemi definiti da un insieme di cambiamenti delle condizioni ambientali da un ecosistema al successivo nella direzione della corrente. Dalla 6

7 sorgente alla foce variano: velocità di corrente, caratteristiche del substrato, portata, temperatura, ossigenazione, nutrienti disciolti, durezza e tutta una serie di zonazioni biologiche. La struttura delle biocenosi fluviali è resa più complessa dall intersecarsi di mosaici di microhabitat, da aree di sovrapposizione fra le diverse zone, dal verificarsi di cambiamenti improvvisi della tipologia ambientale per sbarramenti, cascate, ambienti igropetrici, ipogei, freaticoli. Ciascuna zona è colonizzata da comunità caratteristiche che ne formano il biocenotipo. 1.2 Evoluzione del concetto di zonazione ittica Nell ambito degli studi sulla distribuzione della fauna ittica delle acque correnti assume in genere particolare rilievo l individuazione delle zone ittiche che si susseguono dalla sorgente alla foce dei corsi d acqua. Nel tentativo di descrivere la distribuzione spaziale dei pesci secondo aree omogenee, fin dall inizio del secolo il mondo scientifico ha formulato proposte spesso legate ai ristretti ambiti studiati dai ricercatori e senza valide caratterizzazioni ecologiche. Un analisi organica dei criteri di classificazione proposti in questo secolo è contenuta nella Carta Ittica Regionale (Auteri et al., 1995), in cui vengono riportati anche alcuni criteri applicativi in Italia. Le comunità ittiche sono state inizialmente descritte e classificate in relazione a differenti zone del fiume secondo le specie dominanti in esse presenti (Thienemann, 1925; Carpenter, 1928; Huet, 1954; Banarescu, 1956). Questa zonazione individua sei regioni ittiche in Europa Centrale (Thienemann, 1925) (Tab. 2) e, con poche differenze, è stata ritenuta valida per la Gran Bretagna (Carpenter, 1928) e la Romania (Banarescu, 1956). Tipologia Specie guida Nome scientifico regione della sorgente - - regione della trota trota di torrente Salmo trutta regione del temolo temolo Thymallus thymallus regione del barbo barbo comune Barbus barbus regione dei ciprinidi abramide Abramis brama regione della foce acerina Acerina cernua Tab. 2 Zonazione ittica secondo Thienemann. 7

8 Huet semplificò la suddivisione proposta da Thienemann, riducendo a solo quattro zone le tipologie dominanti (Tab. 3). Egli propose un diagramma in cui, conosciute la pendenza e la larghezza, è possibile attribuire un tratto di fiume ad una determinata zona ittica. Zona Descrizione ambientale Ittiofauna zona della trota zona del temolo zona del barbo zona dell abramide Fig. 3 Zonazione ittica secondo Huet. pendenza elevata,acque fredde (Tmax < 15 C) e ben ossigenate, corrente veloce, substrato a granulometria varia (massi, sassi, ciottoli e ghiaia), assenza di vegetazione acquatica pendenza alveo e velocità corrente ridotte, acque ben ossigenate, granulometria del fondo a ciottoli, presenza macrofite acquatiche lungo le sponde pendenza alveo e velocità corrente ulteriormente ridotte, granulometria del fondo a ghiaia e sabbia, componente vegetale importante pendenza lieve, velocità corrente molto lenta, acque calde nel periodo estivo, substrato prevalentemente limoso-fangoso salmonidi dominanti mista: salmonidi dominanti in corrente veloce e ciprinidi reofili dominanti in corrente debole mista: ciprinidi reofili dominanti; salmonidi presenti in corrente veloce ciprinidi limnofili dominanti, ciprinidi reofili in corrente Questa zonazione è stata messa a punto per i fiumi d Europa; in Italia l abramide è specie di recente introduzione per cui, come specie di riferimento per il tratto terminale dei corso d acqua italiani, vengono di norma considerate la tinca o la carpa. Anche se di una certa utilità, questa suddivisione non può essere considerata esaustiva, soprattutto per i corsi d acqua italiani nei quali la distanza tra la sorgente e la foce spesso è alquanto breve; in effetti i pesci citati sono dotati di una gran mobilità ed è facile trovare più specie guida o comunità miste nello stesso tratto di fiume. Da questo punto di vista va detto che specifiche indagini ittiofaunistiche condotte in varie parti d Italia 8

9 (Zerunian, 1982, 1984) (Tab. 4) hanno permesso localmente di dettagliare meglio le varie situazioni, ma rimane il fatto che in generale questo criterio di zonazione appare talvolta inapplicabile. Zona Descrizione Specie guida zona a trota T < 14 C trota macrostigma, trota fario zona dei ciprinidi a T < 19 C deposizione liofila barbo, barbo canino zona dei ciprinidi a T < 25 C deposizione fitofila tinca, carpa zona ad acque salmastre S > 5 - Tab. 4 Zonazione ittica secondo Zerunian. Un diverso approccio per tipizzare i vari tratti dei fiumi è quello espressamente ecologico formulato da Illies e Botosaneanu nel Essi proposero di dividere il corso d acqua in tre grandi zone ecologiche : la zona delle sorgenti, denominata creon, la zona del torrente, denominata rhithron, e la zona del fiume di pianura, denominata potamon. Le ultime due zone sono inoltre suddivise in sottozone (epi-, meta-, e hypo-) per meglio descrivere le porzioni superiore, intermedia e inferiore di entrambe le zone. Appare evidente come al rhithron corrisponda in generale la zona della trota mentre le acque del potamon sono individuabili come quelle a ciprinidi. Anche questa classificazione presenta comunque i limiti di applicabilità della precedente e spesso non è facile associare una determinata morfologia del torrente o la sua componente biotica ad una delle zone sopra definite. Le zone descritte da Huet (1949), Illies e Botosaneanu (1967) e riprese da Hawkes (1975) non sono ben delimitate, ma sovente sfumano le une nelle altre accavallandosi. Il concetto stesso di zonazione è stato pertanto ritenuto da alcuni ricercatori non solo impreciso, ma addirittura privo di significato (Cushing et al., 1983; Minshall et al., 1985), poiché non tiene conto del fatto che le comunità a monte influenzano quelle a 9

10 valle attraverso il trasporto di materia da parte dell acqua corrente (Fischer, 1983).Questi autori sono tra i proponenti del River Continuum Concept (Vannote et al., 1980) secondo il quale la struttura della comunità varia gradualmente dalla sorgente alla foce dei fiumi senza soluzioni di continuità. Tuttavia molti corsi d acqua mostrano bruschi cambiamenti delle condizioni ambientali (in particolare del regime idraulico) che contribuiscono ad una zonazione delle comunità biologiche (Statzner e Higler, 1986; Botosaneanu, 1979). Numerose e giustificate sono state pertanto le critiche al concetto di continuum (Winterbourn et al., 1981; Statzner e Higler, 1985). In realtà questi due modi di vedere, zonazione e continuum, appaiono essere nient altro che due modi diversi di rappresentare la stessa situazione: se è infatti vero che lungo il fiume non è possibile separare nettamente le diverse zone ecologiche, è anche vero che non esiste mai il perfetto continuum. In natura quello che si osserva è certamente un passaggio da una tipologia montana a quella di pianura fino alla foce, ma la gradualità di questo cambiamento è estremamente variabile e avviene soprattutto attraverso la successione di un mosaico di miocrozone che possono appartenere alle varie tipologie ambientali. Secondo Verneaux (1977), l analisi multivariata sembra rappresentare uno strumento molto più preciso in grado di dare una descrizione delle distribuzione ittica lungo dei gradienti ecologici. Le tecniche di ordinazione e classificazione delle comunità sono state applicate in differenti parti del mondo con buoni risultati. Nonostante i validi risultati ottenuti con questo metodo, ampiamente usato in altre discipline, il suo utilizzo nello studio dei popolamenti ittici è limitato a pochissimi esempi in Francia (Verneaux, 1977 e 1981; Grandmottet, 1983) e Inghilterra (Townsend et al., 1983). Anche in Italia è possibile ritrovare un analisi di questo tipo per le acque della provincia di Vicenza (Maio e Marconato, 1987), per le acque del Friuli Venezia Giulia (Stoch et al., 1992) e per le acque della provincia di Teramo (Loro e Bortot, in stampa). Senza voler approfondire ulteriormente questo dibattito, dal punto di vista pratico è chiaro che risulta conveniente procedere ad una classificazione dei vari tratti del fiume; problema importante è quindi porsi correttamente gli obiettivi per cui si ritiene utile procedere alla classificazione e successivamente adottare un adeguata strategia per la scelta dei siti dove condurre le relative analisi. 10

11 1.3 Classificazione delle acque interne della Toscana Le acque interne della Toscana, dall entrata in vigore della precedente Legge Regionale (L.R. 25/84), sono state classificate, per fini amministrativi e gestionali, in zone a salmonidi, zone a ciprinidi e zone ad acque salmastre. Nella vigenza della L.R. 25/84 è stata condotta un indagine su tutti i bacini idrici toscani (266 campionamenti in due anni) finalizzata prevalentemente alla determinazione della vocazione ittica (Auteri et al., 1988). Nel 1995 è stata infine redatta la Carta Ittica Regionale (Auteri et al., 1995) a cura del Consorzio Regionale di Idrobiologia e Pesca (CRIP), dove sono state utilizzate tutte le informazioni disponibili al momento, circa la presenza, la dislocazione e l abbondanza delle specie ittiche, oltre alle altre informazioni sulle caratteristiche chimico-fisiche, ecologiche ed ambientali dei corsi d acqua esaminati. Per la realizzazione della Carta Ittica della Toscana è stata adottata una zonazione comprendente cinque tipologie (Tab. 5). Occorre comunque ribadire che la zonazione rappresenta una schematizzazione semplificativa di una realtà più complessa e che tra una zona e la successiva esiste sempre un ecotono, talvolta anche piuttosto esteso, dove le caratteristiche delle due zone limitrofe sono entrambe presenti. Zona zona a salmonidi superiore Descrizione ambienti integri, ottima qualità delle acque (limpide, ben ossigenate e oligotrofiche) ABACO > 85 Specie caratterizzanti trota fario e/o scazzone Localizzazione parte più montana dei torrenti della Toscana settentrionale e nord-occidentale, prevalentemente nelle province di Massa Carrara, Lucca, Pistoia e Arezzo, mentre è quasi completamente assente nella parte meridionale della regione 11

12 zona a salmonidi inferiore zona a ciprinidi superiore zona a ciprinidi inferiori zona ad acque salmastre buona qualità delle acque, con alternanza di tratti a corrente più o meno veloce, acqua limpida, ben ossigenata e non supera mai C ABACO acque limpide, soggette a torbide di breve durata, e discretamente ossigenate, alternanza di tratti a corrente veloce o calma, fondo con ghiaia fine e sabbia, temperatura acqua < 20 C, moderata presenza di macrofite, ABACO < 60 acque fortemente torbide, moderatamente ossigenate, velocità corrente bassa, fondo fangoso, temperatura acqua fino a 25 C, abbondante presenza di macrofite, ABACO < 60 salinità > 5 trota fario e vairone barbo e ghiozzo di ruscello carpa e tinca specie eurialine maggiormente presente nelle aree già nominate per la zona superiore, è comunque ben rappresentato anche nelle province di Prato, Firenze, Siena e Grosseto. spesso presente in zone collinari e pedemontane molto suggestive e complessivamente integre diffusa nelle zone pianeggianti di fondovalle e riguarda sia fiumi di dimensioni mediograndi che piccoli corsi d acqua loro affluenti o che si riversano direttamente in mare. aree di foce di tutti i corsi d acqua, ma anche, con caratteristiche analoghe, negli stagni e nelle lagune costiere. Tab. 5 Zonazione ittica secondo il CRIP. In questo caso, per arrivare alla individuazione delle varie zone ittiche, è stato utilizzato il metodo ABACO (Baino e Spitaleri, 1989), uno strumento di analisi più complesso di una semplice valutazione della composizione delle specie catturate ed inoltre in grado di consentire una valutazione oggettiva e ripetibile. Si tratta di un metodo che consiste in un 12

13 algoritmo che utilizza una serie di 20 parametri chimico-fisici, ambientali, biologici e popolazionistici e che è indirizzato ai soli popolamenti salmonicoli, ma che consente di individuare anche gli ambienti di transizione tra la zona della trota e quella dei ciprinidi reofili. 1.4 Carte ittiche: il documento A.I.I.A.D. L Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci A.I.I.A.D. (1996) definisce come obiettivo della carta ittica quello di pianificare la gestione razionale dell ittiofauna e delle attività alieutiche, intendendo come razionale una gestione basata su valutazioni tecnicoscientifiche quantitative, verificabili e migliorabili nel tempo. Poiché le carte ittiche studiano lo stato dell ittiofauna in relazione alle caratteristiche ambientali delle zone umide ad acque permanenti, l obiettivo primario di queste è l analisi diretta dei popolamenti ittici. Nella fase di realizzazione e attuazione della carta ittica, si deve tener conto sia di aspetti di idrologia, di qualità delle acque, degli effetti antropici e di tutti gli altri parametri utili per il conseguimento dell obiettivo preposto. In tal modo la carta ittica si configura come strumento integrante per la gestione del territorio. Per la realizzazione della carta ittica è necessario raccogliere dati, secondo metodologie di base standardizzate, su una serie di stazioni distribuite sul territorio interessato dall indagine. Tale raccolta si pone due obiettivi principali: 1) individuare le relazioni esistenti tra i parametri ambientali e la struttura delle comunità ittiche; 2) ottenere valori di riferimento utili per il confronto con i dati che saranno raccolti nei monitoraggi successivi. Il primo livello di indagine, applicato su ambiti territoriali ampi quali le province, gli insiemi di province, le regioni ecc., prevede l acquisizione di dati su: caratteristiche naturali dei bacini e degli alvei; 13

14 qualità delle acque; distribuzione dell ittiofauna. I dati vanno raccolti su sezioni di riferimento scelte sulla base di criteri puramente morfometrici ed idrologici, ed allocate, per quanto possibile, immediatamente a monte di confluenze significative. Il numero di sezioni dovrebbe essere tale da garantire almeno una sezione ogni 70 Kmq di territorio e/o una ogni 15 Km di corso d acqua. L utilità delle carte ittiche è anche legata alla loro capacità di rappresentare la situazione ambientale attuale e poiché quest ultima è spesso in rapida evoluzione, è molto importante che i tempi di realizzazione non siano eccessivamente lunghi; quando possibile, il primo livello dovrà essere completato non oltre 24 mesi dall inizio dei campionamenti. Sulla base delle informazioni raccolte con il primo livello, si potranno fornire indicazioni su: zonazione o classificazione delle acque che tenga conto della reale situazione ambientale; l obiettivo principale della zonazione è di differenziare le attività di pesca e la loro gestione; la zonazione va effettuata con metodi statistici; aree di particolare interesse naturalistico; specie che necessitano di misure di protezione; aree di crisi ambientale che necessitano di interventi di recupero; campi di gara e indicazioni su zone adatte alle attività agonistiche; indicazioni di tipo qualitativo sui ripopolamenti. Allo stato attuale delle conoscenze sulla biologia della pesca e più in generale sull ecologia degli ambienti acquatici, il valore dei dati raccolti durante la realizzazione delle carte ittiche non sta tanto nella costruzione di modelli teorici predittivi, quanto nel rappresentare dei riferimenti per valutare, attraverso verifiche successive, gli effetti degli interventi. I dati raccolti con il monitoraggio devono essere utilizzati per pianificare le variazioni a carico dell ittiofauna, per valutare gli effetti della gestione proposta dalla carta ittica e per proporre modifiche alla stessa. 14

15 1.5 Indice dello stato ecologico ISECI La Direttiva Comunitaria 2000/60/CEE, che istituisce un quadro per la protezione delle acque, pone, come scopo, all art. 1, la protezione ed il miglioramento degli ecosistemi acquatici e prevede, nell allegato V, l analisi degli ecosistemi fluviali con rilevamenti dello stato delle biocenosi acquatiche ed in particolare dei macroinvertebrati bentonici, della fauna ittica e della flora acquatica. Viene riconosciuto che i corsi d acqua devono essere studiati in tutte le loro componenti e, come anticipato dal D.Lgs. 130/1992 (e confermato dal D.Lgs 152/1999), la fauna ittica è un elemento fondamentale. La fauna ittica è una componente fondamentale degli ecosistemi fluviali, condizionata dalla qualità delle acque, dal regime idrologico, dalle condizioni morfo-idrauliche degli alvei, dalla naturalità delle fasce fluviali. Quindi l analisi delle comunità ittiche dovrebbe fornire un contributo importante nel definire lo stato dei fiumi, ma sorgono problemi di varia natura, difficilmente risolvibili, come provato dal fatto che, nonostante la particolare attenzione su questo argomento da parte degli ittiologi, non esistono ancora metodi collaudati ed affermati per la valutazione dello stato degli ecosistemi fluviali basati sull analisi dell ittiofauna. A questo proposito, almeno in Italia, l unico esempio di tentativo di individuare una metodologia sufficientemente articolata ed interessante da approfondire, è quello offerto da Zerunian (2004a, b), che ha proposto un Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche (ISECI) viventi nelle acque interne italiane. La valutazione di tale indice viene effettuata tenendo conto di 2 aspetti principali: 1) la naturalità delle comunità; 2) la buona popolazione delle zone indigene. L indice proposto, che vuole fornire in primo luogo uno strumento operativo per gli addetti al monitoraggio previsto dalla Direttiva 2000/60/CE, rappresenta inoltre un complementare agli altri indicatori della qualità biologica degli ecosistemi acquatici. Per poter applicare concretamente tale indice è però necessaria una fase sperimentale volta a saggiare e validare l indice e mettere a punto adeguate metodologie standardizzate di campionamento. Si ritiene di rilevante importanza introdurre questo indice tra quelli già necessari per la determinazione della qualità delle acque. 15

16 2 CRITERI PER LA ZONAZIONE DELLE ACQUE TOSCANE In base all articolo 10.1 della L.R. 7/05 i corpi idrici della Regione Toscana, ai fini della pesca, dovranno essere suddivisi nelle seguenti zone ittiche: a. zona a salmonidi; b. zona a ciprinidi; c. zona di foce o ad acque salmastre, ovvero specchi lacustri naturali o artificiali di rilevante superficie. Pertanto, allo scopo di promuovere la tutela e la salvaguardia degli ecosistemi acquatici attraverso una razionale gestione delle risorse ittio-faunistiche, è necessario che le province provvedano, ove non ancora effettuato, alla suddivisione in zone ittiche dei corpi idrici. 2.1 Zonazione nelle acque dolci Per giungere alla determinazione della comunità ittica vocata a vivere nell ambiente in esame, la metodologia consigliata è quella di compiere indagini dirette in stazioni campione, rappresentative di una sezione di un corso d acqua, ed in grado di rappresentare tutti gli habitat e/o microhabitat presenti in quel tratto. Insieme a questa metodologia d indagine, può essere affiancata la rilevazione del pescato dei pescatori di mestiere o sportivi, sia tramite la distribuzione di apposite schede, sia con il controllo diretto dei cestini. L A.I.I.A.D. (1996) propone una prima fase d indagine (Carte Ittiche di primo livello) nella quale si consiglia di raccogliere dati morfometrici, idrologici, fisico-chimici, biologici e relativi agli effetti antropici (altri parametri da considerare possono essere l accessibilità al corso d acqua o la presenza di zone a regime speciale di pesca), al fine di giungere ad una sua prima caratterizzazione ambientale. Per una standardizzazione dei dati raccolti, di seguito si riporta un elenco di parametri consigliati da rilevare per ciascuna stazione di campionamento (Tab. 6). 16

17 Stazione di campionamento Parametri ambientali (parametri geometrici dell alveo, idraulici e correntometrici) Tipologia alveo bagnato Composizione granulometrica dell alveo bagnato Indicatori di qualità dell acqua Dati relativi alla fauna ittica Tab. 6 Elenco delle categorie dei parametri da rilevare Stazione di campionamento: - data di campionamento; - nome e codice della stazione di campionamento; - bacino idrografico, sottobacino, corso d acqua; - regime di pesca; - categoria EBI (se disponibile); - località di campionamento (per una facile individuazione della stazione indagata); - coordinate della stazione e distanza dalla sorgente Parametri ambientali (parametri geometrici dell alveo, idraulici e correntometrici, tenendo anche in considerazione i vari aspetti di fruizione del territorio): - lunghezza del tratto campionato (m); - superficie della stazione campionata (m 2 ); - larghezza minima del tratto indagato (m); - larghezza media del tratto indagato (m); - larghezza massima dell alveo bagnato (m); - dislivello monte-valle (m), pendenze (vettore); - profondità minima del tratto indagato (m); - profondità massima del tratto indagato (m); - profondità media del tratto indagato (m); - velocità di corrente (m/s o scala 0-5): 0 = corrente nulla; 1 = corrente lenta; 2 = corrente medio - lenta; 3 = corrente media; 4 = corrente medio - forte; 5 = corrente forte; 17

18 - regime idrologico (magra, normale, morbida ); - portata idrica (m 3 /s); - antropizzazione (0-5): indica l impatto antropico sul corso d acqua sia per quanto riguarda gli scarichi che per le varie opere di regimazione (briglie, arginature, ecc ). Il valore aumenta con l aumentare dell alterazione di origine antropica. - % di copertura vegetale del fondo: percentuale di superficie dell alveo bagnato coperta da macrofite acquatiche o alghe; - ombreggiatura (0-5): indica la parte di superficie del corpo d'acqua in ombra per la maggior parte della giornata. Il valore aumenta con l'aumentare della porzione di superficie in ombra o tramite percentuale dell area ombreggiata; - torbidità (0-5): presenza di materiale in sospensione (minerale ed organico) che riduce la trasparenza; da un massimo di trasparenza pari a 0 ad un massimo di torbidità pari a 5; - caratterizzazione delle sponde (vegetazione ripariale, etc.); - IFF indice di funzionalità fluviale; - DMV - deflusso minimo vitale (metodologie teoriche basate sulla dimensione del bacino imbrifero o sulle portate medie o di magra) Tipologia alveo bagnato: - % di cascate: percentuale dell'area campionata con dislivelli superiori al metro di altezza; - % di salti: percentuale dell'area campionata con dislivelli compresi tra 0.5 e 1 m di altezza; - % di saltelli: percentuale dell'area campionata con dislivelli inferiori a 0.5 m di altezza; - % di "riffles" o di raschi: percentuale dell'area campionata in cui la superficie del corso d'acqua presenta forti increspature e turbolenze; - % di "pools" o di buche: percentuale dell'area campionata in cui sono presenti buche, cioè zone più profonde del resto del corso d'acqua e con velocità di corrente ridotta; 18

19 - % di "runs" o di piane o correnti: percentuale dell'area campionata con profondità e velocità di corrente abbastanza omogenee e costanti in cui la superficie non presenta increspature; - % di "cover"o di rifugi: percentuale della superficie di alveo bagnato adatta al rifugio per l'ittiofauna Composizione granulometrica dell alveo bagnato: - % di massi: percentuale del fondo coperto da materiale con diametro superiore a 350 mm e/o alveo impostato su fondali o sponde in roccia compatta; - % di sassi: percentuale del fondo coperto da materiale con diametro compreso tra 350 e 100 mm; - % di ciottoli: percentuale di fondo coperto da materiale con diametro compreso tra 100 e 35 mm; - % di ghiaia: percentuale di fondo coperto da materiale con diametro compreso tra 35 e 2 mm; - % di sabbia: percentuale di fondo coperto da grani con diametro compreso tra 2 e 1 mm; - % di fango (argilla e limo): percentuale di fondo coperto da grani con diametro inferiore a 1 mm Indicatori di qualità dell acqua: - parametri fisico-chimici (D.Lgs. 152/99, Allegato 2 - Sezione B); - parametri microbiologici: Coliformi Totali, Coliformi Fecali, Streptococchi Fecali e Salmonelle; - indice LIM (Livello di Inquinamento Macrodescrittori): indicatore di qualità fisico-chimica e microbiologica, previsto dal Dlgs 152/99 valutato mediante 7 parametri macrodescrittori (O 2, BOD 5, COD, N-NH + 4, N-NO - 3, P Totale ed Escherichia coli); - indice IBE (Indice Biotico Esteso) (Ghetti, 1997): indicatore di qualità biologica previsto dal D.lgs 152/99, che utilizza lo stato delle popolazioni dei macroinvertebrati come indicatore indiretto del livello d inquinamento; - indice SECA (Stato Ecologico): indice sintetico dello stato di qualità ambientale previsto dal D.lgs 152/99, espressione della qualità, della struttura e del funzionamento 19

20 degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, ottenuto dalla sovrapposizione dei due indicatori precedenti, individuandone il peggiore Dati relativi alla fauna ittica: - catturabilità (0-4): 0 = nulla, 1 = scarsa, 2 = discreta, 3 = buona, 4 = ottima; - elenco specie presenti; - specie autoctone e alloctone; - indice di biodiversità di Shannon; - indice di Simpson; - indice di Margalev; - indice di integrità zoogeografica (Bianco, 1990) (0-1): 0 = massimo degrado, 1 = massima qualità; - stima dell abbondanza relativa delle singole specie tramite un indice di abbondanza; - raccolta dati relativi agli esemplari catturati: lunghezza e peso dei singoli individui per la descrizione della struttura dei popolamenti ittici (struttura di popolazione, biomassa, densità); - determinazione dell età, accrescimento, esame patologico, ecc. Per quanto riguarda in particolare il monitoraggio dell'ittiofauna, il monitoraggio deve essere il meno selettivo possibile, cioè reperire il più vasto spettro di specie, e può essere condotto con reti o, quando possibile, con l'elettrostoditore, secondo le caratteristiche dell'ambiente. Per giungere operativamente alla classificazione dei corpi idrici d acqua dolce, il metodo ABACO (Auteri et al., 1988; Baino e Spitaleri, 1989; Auteri et al., 1995), già applicato per la Carta Ittica Regionale e parzialmente descritto nel relativo paragrafo, ha le caratteristiche di oggettività e ripetibilità che possono consentire di raggiungere efficacemente l obiettivo. Questo metodo è già stato applicato a 139 stazioni di campionamento, fornendo valori compresi tra 13 e 112; i risultati sono stati sottoposti ad un adeguata taratura per individuare il valore soglia che può essere utilizzato per separare le acque con caratteristiche salmonicole da quelle con caratteristiche ciprinicole. Confrontando la composizione dei popolamenti ittici rinvenuti durante ogni campionamento con il corrispondente valore di ABACO, si è osservato che i risultati intermedi, approssimativamente compresi tra 50 e 60, corrispondono effettivamente ad 20

21 ambienti di transizione tra la zona della trota e quella dei ciprinidi reofili. All interno dei tratti dei corsi d acqua con caratteristiche di ambienti di transizione devono essere individuati i punti notevoli che rappresenteranno, la separazione tra le due zone. I risultati che scaturiscono dall applicazione del metodo dovranno comunque essere puntualmente verificati con le eventuali ulteriori conoscenze disponibili che non sono comprese nei 20 parametri utilizzati dall algoritmo. Ad esempio è opportuno ricordare che, dall applicazione del metodo ABACO in Toscana, spesso sono risultati valori corrispondenti a zone di transizione nei tratti ad altitudine più elevata di corsi d acqua di origine collinare, che non hanno quindi la possibilità di ospitare una stabile popolazione di salmonidi nel breve tratto a monte della zona di transizione stessa. In questi casi non avrebbe senso un applicazione acritica del risultato dell algoritmo, ma sarebbe invece auspicabile una classificazione a ciprinidi per tutto il tratto. Purtroppo attualmente non esistono conoscenze scientifiche omogenee ed aggiornate relative ai corpi idrici delle diverse province toscane; questo obiettivo potrà essere raggiunto in un prossimo futuro, con la promozione coordinata delle necessarie ricerche scientifiche. Per il momento, quando il metodo ABACO non potrà essere applicato per carenza di informazioni, la classificazione delle acque potrà essere effettuata in maniera provvisoria, sulla base delle conoscenze disponibili e utilizzando un criterio di similitudine con le aree più vicine e con caratteristiche analoghe. I parametri presi in considerazione nel metodo ABACO, mediante funzioni di trasformazione, sono parametri chimico-fisici (temperatura, ph, Ossigeno disciolto, conducibilità, fosfati, nitriti, ammoniaca, zinco, rame), parametri ambientali (indice di Shannon, EBI, sedimento, vegetazione, altitudine), parametri ittici (rapporti in peso e in numero tra diverse specie) e parametri popolazionistici della trota. 2.2 Zonazione acque salmastre Si deve inoltre definire, con buona precisione, la zona ad acque salmastre dei corpi idrici considerati. In altri termini si tratta di definire la dimensione del tratto di corso d acqua 21

22 interessato dalla risalita del cuneo salino e quindi di trovare con precisione il massimo punto di risalita dello stesso. In genere, per definire questa zona non si utilizza la composizione specifica del popolamento ittico, né le principali caratteristiche chimico-fisiche ed ambientali del corso d acqua, ma vengono presi in esame i risultati dei rilevamenti eseguiti sulla salinità dell acqua. Il valore limite della concentrazione di sale nelle acque, considerato come separazione tre acque oligoaline e acque mesoaline è di 5 g/l. L estensione di questa zona è influenzata sia dalle condizioni idrauliche del fiume, sia dalle oscillazioni di marea; a questi va aggiunto anche il fattore vento che in certi casi può avere degli effetti talvolta importanti. In stazioni scelte in base ad informazioni bibliografiche raccolte (tratti storicamente interessati dalla risalita del cuneo salino), operando da un natante equipaggiato con GPS, ecoscandaglio e con specifiche sonde per la misura della conducibilità, in giornate prestabilite sulla base della conoscenza dei cicli di marea, dei venti e delle portate in arrivo, in tutti i corsi d acqua oggetto dell indagine si deve intercettare il movimento in salita dell acqua salmastra e definire il punto massimo di risalita lungo il fiume. Successivamente si dovrà cercare di descrivere il gradiente salino che si stabilisce nel tratto di fiume interessato, distribuendo alcune stazioni di rilevamento fisse dove effettuare le necessarie letture della variazione della conducibilità. 22

23 3. INDIRIZZI PER LA GESTIONE E TUTELA DELLA FAUNA ITTICA 3.1 Distretti zoogeografici Nel territorio toscano si riconoscono due distretti zoogeografici ben distinti per quanto riguarda l ittiofauna. Il distretto tosco-laziale, che occupa larga parte della regione (31 bacini idrografici), rappresentato dai fiumi che sfociano nel mar Tirreno e quello padano veneto (6 bacini idrografici), costituito dai tratti montani dei fiumi che terminano nel mar Adriatico. I due distretti hanno specie ittiche caratteristiche e distintive. A seguito dell attività antropica, si è però verificato il passaggio di specie da un distretto all altro (transfaunazione), per lo più da quello padano-veneto verso quello tosco-laziale, in origine caratterizzato da un minor numero di taxa. Specie autoctone del territorio italiano diventano quindi alloctone (o non presenti in origine) quando si spostano da un distretto all altro. Infine sul territorio regionale sono state introdotte in periodi più o meno recenti specie estranee alla fauna ittica italiana, come il siluro, che hanno ulteriormente complicato la situazione ittiofaunistica regionale. Data la presenza dei due distretti zoogeografici, padano-veneto e tosco-laziale, ciascuno di questi è stato trattato singolarmente ai fini della tutela delle specie autoctone. Le specie alloctone per il territorio italiano e quindi anche per quello regionale, sono state invece considerate insieme per i due distretti. Tutte le specie autoctone, nei distretti di appartenenza, devono essere oggetto di adeguata tutela, perché, negli ultimi anni, si è assistito ad una continua riduzione del loro areale, anche a seguito dell introduzione di specie alloctone. Per quanto riguarda invece le specie transfaunate, in particolare dall area padano-veneta a quella tosco-laziale, è importante sottolineare che molte di queste sono ormai divenute parte integrante delle comunità ittiche toscane. In alcuni casi, si tratta di introduzioni avvenute agli inizi del 1900, come nel caso del barbo comune (Barbus plebejus). Molte specie hanno quindi avuto modo di colonizzare una vasta area del territorio regionale. Si ritiene dunque opportuno provvedere ugualmente alla loro tutela anche se, in origine, non erano presenti in tutto il territorio regionale. Queste specie rivestono inoltre una grande importanza ai 23

24 fini dell attività alieutica. Il Regolamento di attuazione della L.R. 7/2005 (Decreto Presidente Giunta Regionale n. 54/R del 22/08/2005, di seguito chiamato Regolamento attuativo della L.R. 7/05), prevede, d altra parte, già forme di tutela per alcune di queste specie come il barbo comune o il persico reale. E comunque importante sottolineare che la scelta di tutelare una specie autoctona deve essere sempre valutata alla luce del distretto zoogeografico di appartenenza. Infine è importante sottolineare che alcune specie del distretto padano-veneto sono attualmente in fase di regressione e come tale risulta importante la loro tutela sul territorio regionale, anche se non originariamente presenti. Le indicazioni per la tutela e la protezione delle singole specie, devono essere applicate dalle Province, nei corsi d acqua e nei bacini lacustri dove sono state rilevate condizioni di rarefazione dei taxa autoctoni, nel rispetto della presente normativa regionale in materia di pesca nelle acque interne, della direttiva habitat e del Decreto Dirigenziale n del 31 luglio Distretto PADANO-VENETO Specie autoctone presenti nel distretto padano-veneto. Famiglia Specie Nome comune Cyprinidae Alburnus alburnus Alborella Barbus caninus Barbo canino Barbus plebejus Barbo padano Chondrostoma genei Lasca Chondrostoma soetta Savetta Gobio gobio Gobione Leuciscus cephalus Cavedano Leuciscus souffia Vairone Rutilus erythrophthalmus Triotto Rutilus pigus Pigo 24

25 Scardinius erythrophthalmus Scardola Tinca tinca Tinca Cobitidae Cobitis taenia Cobite Esocidae Esox lucius Luccio Salmonidae Salmo (trutta) trutta Trota fario Gobidae Padogobius martensi Ghiozzo padano Cottidae Cottus gobio Scazzone Potamidae Potamon fluviatile Granchio di fiume Astacidae Austropotamobius pallipes Gambero di fiume Trota fario (Salmo (trutta) trutta): Questa specie è già tutelata a livello regionale tramite la definizione della misura minima per la cattura, un periodo di divieto ed un numero massimo di capi che si possono catturare giornalmente. E una specie che riveste un notevole interesse sia da un punto di vista naturalistico che alieutico. Per la sua tutela è importante distinguere tra popolazioni artificiali, mantenute grazie a continui interventi di ripopolamento, e popolazioni naturali, costituite da soggetti autoctoni e/o rinselvatichiti, in grado di riprodursi autonomamente. Di particolare importanza sono le popolazioni che si possono attribuire a Salmo (trutta) macrostigma (trota fario di ceppo mediterraneo), ritenute autoctona dell Italia centrale. A tal proposito è importante promuovere ed attivare opportuni studi per la caratterizzazione genetica dei salmonidi presenti nel territorio regionale. E' fondamentale l'attivazione o il potenziamento delle strutture dette incubatoi di valle, vale a dire di quelle piccole unità produttive necessarie per la buona riuscita delle pratiche di riproduzione artificiale d'individui selvatici, catturati nello stesso bacino idrografico e appartenenti al ceppo locale. Queste azioni hanno lo scopo di preservare l integrità genetica delle popolazioni presenti, in special modo di quelle a fenotipo "mediterraneo. L'attivazione o il potenziamento degli incubatoi di valle è molto importante per il raggiungimento di questo scopo. Dove sono presenti popolazioni naturali deve inoltre essere vietata l'immissione di soggetti d'allevamento, se non strettamente necessaria ed in presenza di un eccessivo prelievo da parte dei pescatori. Questa specie, per l interesse che riveste nei confronti dei pescatori, 25

26 può essere oggetto di piani di gestione tramite l istituzione di zone a regolamento specifico e zone di protezione parziale o totale. Indirizzi per la tutela a) Monitoraggio e caratterizzazione genetica delle popolazioni regionali; b) Recupero delle popolazioni locali, autoctone o rinselvatichite; c) Attivazione e potenziamento degli incubatoi di valle; d) Istituzione di zone di frega; e) Istituzione di zone di protezione; f) Istituzione di zone a regolamento specifico Scazzone (Cottus gobio): E' presente solamente nel bacino del Reno, con popolazioni isolate e molto localizzate. Si tratta di una specie di notevole interesse naturalistico poiché è particolarmente esigente in fatto di qualità ambientale e delle acque. Dove è presente sono da limitare i ripopolamenti sovradensitari con salmonidi per evitare un'eccessiva predazione e fenomeni di competizione alimentare. La specie è protetta attraverso un divieto di pesca assoluto durante tutto l arco dell anno (art. 6, comma 3 del Regolamento attuativo della L.R. 7/05). Indirizzi per la tutela a) Evitare ripopolamenti sovradensitari con salmonidi dove la specie è presente; b) Istituzione di zone di protezione Barbo canino (Barbus caninus): E' un ciprinide bentonico, particolarmente esigente in fatto di qualità delle acque, che tende a localizzarsi nel tratto superiore dei corsi d acqua, sovrapponendosi alla trota fario. La specie è attualmente in via di rarefazione a causa degli eccessivi ripopolamenti con salmonidi e per il generale peggioramento dell'habitat. Indirizzi per la tutela a) Evitare ripopolamenti sovradensitari con salmonidi dove la specie è presente; b) Istituzione di zone di frega; 26

27 c) Istituzione di zone di protezione Vairone (Leuciscus souffia): Il vairone predilige acque fresche e ben ossigenate e si trova nella parte terminale della zona a salmonidi e nel tratto dei ciprinidi reofili e, a volte, può costituire popolazioni abbondanti. E oggetto di predazione da parte dei salmonidi. La specie è attualmente in via di rarefazione in alcuni bacini idrografici e le cause sono da ricercare nella presenza di briglie e sbarramenti e nell introduzione eccessiva di salmonidi. Se necessario è opportuno prevedere un divieto di pesca per questa specie nel periodo riproduttivo, nei luoghi dove si è rilevata una contrazione dei popolamenti. Indirizzi per la tutela a) Evitare ripopolamenti sovradensitari con salmonidi dove la specie è presente; b) Istituzione di zone di frega; c) Istituzione di zone di protezione; Lasca (Chondrostoma genei): E una specie in costante diminuzione, in particolarmente nei tratti montani e collinari a causa della presenza di sbarramenti, che ostacolano il raggiungimento delle aree di frega, ed all'eccessiva captazione idrica, in particolare nel periodo estivo. La specie va tutelata con una misura minima ed un periodo di divieto, nei tratti in cui si assiste ad una rarefazione dei popolamenti ed a evidenti difficoltà riproduttive e di reclutamento delle classi giovanili. Indirizzi per la tutela a) Istituzione di zone di frega; b) Istituzione di zone di protezione Barbo padano (Barbus plebejus): Ciprinide reofilo che riveste un notevole interesse ai fini della pesca sportiva. E tutelato da una misura minima. E opportuno prevedere l istituzione di un periodo di divieto nel periodo riproduttivo, per una sua migliore tutela, dove si assiste ad una rarefazione dei suoi popolamenti. 27

28 Indirizzi per la tutela a) Istituzione di zone di frega; b) Istituzione di zone di protezione Gobione (Gobio gobio): Piccolo ciprinide reofilo, tipico dei tratti collinari e di alta pianura. La specie, autoctona del distretto padano-veneto, è attualmente in declino e necessita di essere opportunamente tutelata anche attraverso l istituzione di opportune zone di protezione. La specie è comunque già tutelata con un divieto di pesca assoluto su tutto il territorio regionale (art. 6, comma 3 del Regolamento attuativo della legge 7/05). Indirizzi per la tutela a) Istituzione di zone di frega; b) Istituzione di zone di protezione Cavedano (Leuciscus cephalus): Si tratta di una specie in grado di adattarsi a condizioni ambientali molto diverse, grazie alla sua grande rusticità. La specie non sembra quindi necessitare di nessuna forma particolare di tutela. Questa specie inoltre potrà trarre vantaggi dall istituzione di zone di frega per gli altri ciprinidi reofili (barbo comune, lasca e vairone). Indirizzi per la tutela a) Istituzione di zone di frega Cobite (Cobitis taenia): Si tratta di una specie bentonica di piccole dimensioni, in via di rarefazione a causa dell'alterazione degli habitat fluviali. La specie è già opportunamente tutelata a livello regionale da un divieto di pesca. (art. 6, comma 3 del Regolamento attuativo della L.R. 7/05) Triotto (Rutilus erythrophthalmus): Piccolo ciprinide, tipico d'acque calde e ricche di vegetazione. Specie tipica del distretto padano-veneto. Le sue popolazioni sono in costante declino e dove è presente necessita di essere opportunamente tutelato, ad esempio tramite l istituzione di zone di frega. 28

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