La temperatura e il calore

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1 La temperatura e il calore La temperatura è una grandezza fisica che presuppone necessariamente una definizione a livello microscopico dato che essa si riferisce alle particelle più piccole costituenti la materia (atomi e molecole). Per prima cosa serve puntualizzare che la temperatura non è la misura della quantità di energia termica (comunemente detta calore) che da un sistema passa ad un altro, ma è ad essa correlata. Una fornitura di calore in generale provoca un innalzamento della temperatura mentre una sottrazione di calore ha come conseguenza diretta (non sempre però) una diminuzione della temperatura: così ha senso definirla come una grandezza fisica che esprime lo stato termico di un corpo o di un sistema e che descrive la sua attitudine a scambiare calore con l ambiente o con altri corpi che siano caratterizzati da diversi livelli di temperatura. Se si osserva la materia un po più da vicino, ovvero a livello microscopico, si può verificare che le particelle che la costituiscono, atomi e molecole, non sono ferme, ma sono in un movimento continuo e disordinato detto stato di agitazione termico. uesta agitazione termica delle particelle e la temperatura sono grandezze concordi nel senso che un incremento dello stato di agitazione corrisponde, a livello macroscopico, ad una temperatura più elevata del corpo e viceversa. Il modello cinetico della materia ha consentito di definire sia il significato della temperatura (stato di agitazione termico) sia quello del calore (energia cinetica e potenziale collegata alla singola particella). Fin dal 1700 è stata fatta confusione tra il concetto di calore e quello di temperatura non essendo chiaro quale dei due influenzasse l altro, quale fosse la causa e quale l effetto. In aggiunta a ciò si deve anche sottolineare come non sia possibile effettuare la misurazione della temperatura, pur essendo essa una delle sette grandezze fondamentali, per confronto diretto con un campione, come per la lunghezza, la massa o il tempo, e quindi come sia indispensabile effettuarne una per via indiretta, basata cioè sulla misurazione di grandezze la cui variabilità dipende dalla modifica della temperatura. I primi termometri dell'accademia del Cimento (metà del XVII secolo), derivati dal termobarometro di Galileo Galilei, si basavano sulla dilatazione termica di una miscela di acqua e alcool contenuta in un capillare di vetro sigillato, come avviene in gran parte dei termometri d'oggi. Un altro termometro, detto infingardo per la lentezza della risposta, si basava invece sulla variazione di densità di un liquido contenente sferette di vetro di densità controllata. All'innalzarsi della temperatura la densità del liquido diminuisce e le sferette, che galleggiano fino a che la loro densità è inferiore a quella del liquido, affondano una a una a temperature determinate. La calibrazione veniva fatta usando scale arbitrarie e la taratura veniva effettuata per confronto con un prototipo. Misure accurate eseguite presso il Museo di Storia della Scienza di Firenze hanno dimostrato l'eccellente linearità e riproducibilità dei termometri dell'accademia. Una risposta al problema della distinzione tra calore e temperatura è arrivata solo un secolo dopo i primi studi sulla calorimetria e tale distinzione è stata proposta, almeno come ipotesi di lavoro, da Joseph Black nelle sue Lectures on the Elements of Chemistry, manoscritto pubblicato nel 1803, quattro anni dopo la sua morte. uesti argomenta che ponendo a contatto due corpi, uno caldo e uno freddo (in realtà si dovrebbe dire uno a temperatura maggiore rispetto all altro), essi tendono a uguagliare le loro temperature, ma non si sa a priori se quello che passa dall'uno all'altro è la stessa temperatura o qualcosa d'altro, che possiamo chiamare calore. Allora egli fece le seguenti considerazioni: prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 1 di 8

2 masse o volumi diversi di corpi costituiti dalla stessa materia e con la medesima temperatura cui vengano fornite uguali quantità di calore non raggiungono la medesima temperatura finale: ciò significa, in termini matematici, che la variazione di temperatura è inversamente proporzionale alla massa t a,i = t b,i t a,f > t b,f t a,i m a m b t b,i t 1 m masse uguali di corpi diversi esposte a una medesima sorgente di calore, ponendo in atto tutti gli accorgimenti necessari per assicurarsi che tutti i corpi ricevano la medesima quantità di calore, si scopre che ancora una volta essi non raggiungono tutti la medesima temperatura: ciò significa che la variazione di temperatura dipende dalla natura del corpo t a,i = t b,i t a,f = t b,f m a t a,i m b t b,i t = f ( materiale ) masse uguali di uno stesso materiale e alla stessa temperatura sottoposte a due diverse forniture di quantità di calore non raggiungeranno la stessa temperatura, ma si avrà una temperatura maggiore nel corpo che ha ricevuto più calore: ciò significa che calore e variazione di temperatura sono direttamente proporzionali t a,i = t b,i t a,f > t b,f m a t a,i m b t b,i t > infine, per fondere del ghiaccio o bollire dell'acqua, o qualsiasi altra sostanza, occorre mantenere l'esposizione a una sorgente di calore, ma la temperatura della sostanza che subisce la transizione di fase non varia. prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 2 di 8

3 Risulta quindi molto ragionevole affermare che quello che si trasferisce da un corpo all'altro non è la temperatura, ma che questa è un indicatore (non misuratore!!) dell'entità di quello che passa. Dalle considerazioni prima introdotte si può anche ricavare una misurazione della quantità di calore che transita dalle sorgenti ai corpi. Infatti la variazione di temperatura che il calore può provocare: dipende dal materiale considerato, è indirettamente proporzionale alla massa ed è direttamente proporzionale alla quantità di calore. Allora si può dire che dove: c s = t = = 1 t = = m cs t c m s è il calore specifico dei corpi, ovvero la quantità di calore che si deve fornire alla massa unitaria per ottenere una variazione di temperatura unitaria; è la variazione ottenuta a seguito della somministrazione di una certa quantità di calore è la quantità di calore (fornita o tolta) A proposito di quest ultima grandezza, si fa rilevare che essa può assumere valori positivi (calore fornito) oppure valori negativi (calore prelevato) a seconda che la temperatura finale sia rispettivamente superiore o inferiore rispetto a quella iniziale. L ultima considerazione di Black, quella che mette in luce la costanza della temperatura durante il cambiamento dello stato di aggregazione della materia, introduce una quantità di calore che dipende sostanzialmente da due soli fattori: dal tipo di cambiamento di stato dalla quantità di materia interessata (massa). Per quanto attiene al primo punto precisiamo che per cambiamento di fase si intendono i seguenti processi: brinamento solidificazione condensazione E ovvio che i processi di cambiamento di stato siano abbinati, nel senso che ogni coppia rappresenta la strada di andata e quella di ritorno rispetto ad uno qualsiasi dei tre stati della materia: così la fusione porta dallo stato solido a quello liquido e la solidificazione fa percorfusione sublimazione ebollizione o vaporizzazione prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 3 di 8

4 rere la strada inversa. Il significato fisico di questa affermazione è che i due calori fornito/sottratto durante il cambiamento sono opposti di segno, sarà >0 il calore della fusione e <0 quello della solidificazione. Infatti il primo rappresenta un calore fornito al corpo, mentre il secondo è un calore sottratto al corpo stesso. uesta quantità di calore è caratteristica di ogni coppia di passaggi di stato e si definisce calore latente. E ancora evidente che questo calore latente dipende dalla quantità di materia considerata e normalmente viene fornito per una quantità unitaria di massa (cioè per ogni kg): in definitiva il colore latente si calcola con la seguente relazione generale: = m λ, dove λ è, per l appunto, il calore latente unitario. Il secondo problema evidenziato, quello della misurazione indiretta della temperatura, viene superato con la definizione operativa della grandezza stessa, ovvero mediante: metodo di misura unità di misura Per quanto attiene al primo punto ci si può riferire alle esperienze dei primi sperimentatori in materia di termometria e in particolare a quelle del fisico olandese, di origine polacca, Gabriel Daniel Fahrenheit ( ), costruttore di strumenti e probabile inventore del termometro a mercurio, che nel 1714, scoprì la costanza dei punti di fusione e di ebollizione dell'acqua, usandoli come punti fissi per la calibrazione dei suoi termometri: in essi la fusione dell'acqua avveniva a 32 gradi e l'ebollizione a 212. La scala di Fahrenheit è ancora in uso oggi in America e in pochi altri stati. L attuale scala termometrica, ottenuta dividendo in 100 parti l'intervallo fra i punti di fusione e di ebollizione dell'acqua e ponendo lo zero in corrispondenza del primo, pare vada attribuita allo svedese Anders Celsius ( ), astronomo ed è detta centigrada o Celsius. L obiettivo della taratura di un termometro, come era stata nelle esperienze di Fahrenheit, segue modalità molto semplici. Molto schematicamente si prende un contenitore con del ghiaccio tritato e si introduce un capillare di vetro con al suo interno un materiale molto sensibile alla variazione di temperatura, cioè facilmente deformabile quando assorbe calore, come il mercurio (Hg). Il mercurio a contatto con il ghiaccio riduce il suo volume, attestandosi ad una certa altezza nel capillare. L esperienza ha inizio fornendo una quantità di calore minima e costante a tutto il ghiaccio: come conseguenza diretta si assisterà ad un aumento di volume del mercurio che, quindi, salirà all interno del tubicino in vetro. Ad un certo punto, però, tale aumento di volume si arresta e tutto il calore che viene fornito non provoca alcuna variazione di temperatura, ma fa in modo che il ghiaccio cambi il suo stato di aggregazione da solido a liquido. uesta costanza della temperatura appare importante e quindi si segnala questo fenomeno con una tacca disegnata sul tubo in vetro. Se si continua a fornire calore, si osserverà prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 4 di 8

5 che la dilatazione del mercurio riprende a segnalare una variazione di temperatura ora che il materiale è tutto allo stato liquido. Raggiunta una nuova situazione limite molto nota (acqua in ebollizione) di nuovo la dilatazione del mercurio si arresta a segnalare che la quantità di calore fornito non va ad aumentare la temperatura, ma è la causa della nuova modifica dello stato di aggregazione della materia, da liquido a vapore. Di nuovo si segnala esternamente sul tubicino questa costanza della temperatura. In tal modo, ad esperienza conclusa, mi è rimasto il tubicino con due tacche corrispondenti ai due passaggi di stato: questi punti vengono denominati PUNTI FISSI, e servono quali capisaldi nella definizione delle scale termometriche, e la distanza tra loro viene denominata INTERVALLO TERMOMETRICO. Nella scala Fahrenheit e nella scala Celsius si ha 1 punto fisso 2 punto fisso scala Fahrenheit 32 F 212 F scala Celsius 0 C 100 C uindi si può osservare che mentre Celsius ha suddiviso l intervallo termometrico in 100 parti uguali, Fahrenheit lo ha suddiviso in 180 parti con la conseguenza che 1 F < 1 C. Il fattore di conversione tra le due scale si ottiene mediante una proporzione che risulterà più chiara se si fa riferimento al seguente schema: F t F 100 t C 0 C 2 P.F. 1 P.F. considerando la proporzionalità tra i due segmenti (quelli indicati dagli archi in rosso e i corrispondenti in blu), si può impostare la seguente proporzione t 32 F t = C o meglio, moltiplicando a sinistra e a destra per 20, t F 32 tc = 9 5 Nel Sistema Internazionale (SI) la temperatura si misura in kelvin, la cui entità è uguale al grado Celsius, ma con lo zero della scala posto a -273,15 C cioè in corrispondenza dello zero assoluto. In sostanza lo zero della scala delle temperature viene fatto coincidere col valore nullo della proprietà termometrica e fra temperatura e valore della proprietà si assume un legame lineare. Per convenzione si definiscono la scala ed l ampiezza del kelvin nel seguente modo: la temperatura del punto triplo dell'acqua (ovvero quando alla pressione di 4,58 mmhg coesistono tutte e tre le fasi dell acqua) viene posta pari a: T tr =273,16 K prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 5 di 8

6 essa deve essere distinta dalla temperatura di fusione del ghiaccio che si ha solo alla pressione atmosferica e con la coesistenza delle sole fasi liquida e solida La temperatura del punto triplo dell acqua espressa nella scala centigrada corrisponde a t C = +0,01 C: in tal modo si comprende come allo 0 C corrispondano 273,15 K. il kelvin e' definito come la frazione 1/273,16 della temperatura del punto triplo dell'acqua t C = T 273,15 t C = T K il kelvin e' l'unita' di misura della temperatura nel SISTEMA INTERNAZIONALE. Lo 0 K (o zero assoluto) rappresenta quindi un vincolo, un limite posto dalla natura a questa grandezza fisica: a questa temperatura non si è mai scesi fino ad oggi. A temperature molto basse, prossime allo zero assoluto, la materia esibisce molte proprietà inusuali, quali la superconduttività (la materia oppone una resistenza praticamente nulla all attraversamento della corrente elettrica), la superfluidità (ovvero l assenza della viscosità nei fluidi che possono scorrere in assenza di attrito interno). Per poter studiare tali fenomeni, gli scienziati hanno elaborato metodi per ottenere temperature sempre più basse. Nel 1999 a Helsinki è stata raggiunta la temperatura più bassa mai ottenuta pari a 100 pk (picokelvin) o K raffreddando del Rodio con tecniche magnetiche, mentre al M.I.T. nel 2005 si sono raggiunti i 450 pk o 4, K da Wolfgang Ketterle e colleghi. La nebulosa boomerang è stata recentemente scoperta come il posto più freddo conosciuto, al di fuori dei laboratori, con una temperatura di soli 272 C (1 K). La nebulosa è a 5000 anni luce dalla Terra (nella costellazione del Centauro). Dalle considerazioni di Licke inizialmente esposte si sono tratte delle conclusioni quantitative in grado di descrivere tutte le conseguenze della fornitura di calore ad una sostanza. Infatti due sono le relazioni che regolano gli scambi di calore tra sostanza e fonte: = m c t = m λ dove la prima esprime il riscaldamento/raffreddamento quando la materia si trova in un unico stato di aggregazione, mentre la seconda è propria dei passaggi di stato, ovvero quando sono presenti due stati di aggregazione. Se ora proviamo a seguire passo passo che cosa succede in termini di variazione della temperatura allorquando ad una certa massa di ghiaccio si fornisce, con costanza, una certa quantità di calore, si otterrà una curva detta di riscaldamento/raffreddamento (i due termini dipendono dal senso di percorrenza della relativa curva). Tale curva viene resa lineare e la sua validità può essere estesa a tutti i materiali, ovviamente con i valori delle temperature dei due punti fissi, inerenti cioè i cambiamenti di stato, e dei calori latenti diversi a seconda della sostanza considerata. Dal punto di vista pratico l esperienza è molto simile a quella già analizzata per la taratura del termometro secondo le indicazioni di Fahrenheit: si prende un contenitore con del ghiaccio tritato e si fornisce una quantità di calore costante osservando che cosa succede e registrando le grandezze temperatura raggiunta e calore fornito. Di seguito si riporta il grafico e la valutazione delle quantità registrate tenendo presente che si parte con una massa m s prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 6 di 8

7 di ghiaccio alla temperatura t g, si raggiunge dapprima la temperatura di fusione (t f ) e successivamente la temperatura di ebollizione/vaporizzazione (t v ); i calori latenti di fusione e di vaporizzazione sono indicati rispettivamente da λ f e λ v. 1 3 = m c = m c g a ( t ( t v f t t f g ) ) 2 4 = m λ = m λ v f Come si può osservare dal grafico la pendenza della retta che corrisponde al riscaldamento del ghiaccio ( 1 ) è maggiore di quella corrispondente al riscaldamento dell acqua( 3 ): ciò è dovuto al diverso calore specifico che compete ai due stati di aggregazione dell acqua c ghiaccio = 0,5 cal/g C = 2,093 J/gC = = 2093 J/kgC = 2,093 kj/kgc (*) c acqua = 1,0 cal/g C = 4,186 J/gC = = 4186 J/kgC = 4,186 kj/kgc (*) (*) nelle unità di misura menzionate è possibile sostituire C con K senza che i valori prima scritti subiscano variazioni: infatti il calore specifico è riferito ad un salto termico unitario, ma dal fatto che 1 C = 1 K discende l uguaglianza sopra indicata. t t v t f t g Sempre analizzando il grafico è possibile accorgersi che il tratto orizzontale corrispondente alla fusione è più breve rispetto a quello che rappresenta l ebollizione o vaporizzazione: ciò significa che il calore latente di vaporizzazione sarà maggiore di quello di fusione λ fusione = 80 cal/g 335 J/g 3, J/kg 335 KJ/kg λ vaporizzazione = 540 cal/g 2260 J/g 2, J/kg 2260 KJ/kg Ancora osservando il grafico si può notare come solo durante la fornitura delle quantità di calore 1 e 3 si ha un aumento di temperatura: la prima provoca un aumento da t g a t f, prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 7 di 8

8 mentre la seconda dalla temperatura t f si passa alla t v. Durante i cambiamenti di stato la temperatura resta costante. Infine giova di nuovo ricordare che la curva ha validità anche in fase di raffreddamento, ovvero la percorrenza a ritroso (invertendo il verso delle frecce presenti nel grafico) comporta che dalla fase di vapore si passi, attraverso la condensazione, alla fase liquida, quindi, dopo il raffreddamento dell acqua fino alla temperatura di fusione, alla fase solida mediante la solidificazione: non ci sono modifiche, quindi, nella formulazione delle quantità di calore prima calcolate, ma si deve fare attenzione esclusivamente ai segni dei calori latenti. Infatti in questo secondo caso si tratta di calore sottratto al corpo e quindi caratterizzato, numericamente, da un segno negativo: λ fusione = -80 cal/g -335 J/g -3, J/kg -335 KJ/kg λ vaporizzazione = -540 cal/g J/g -2, J/kg KJ/kg prof. Paolo STEL I.T.C. A. Zanon Udine Pagina 8 di 8

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