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1 Rivista della Pro Civitate Christiana Assisi ANNO periodico quindicinale Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post. dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Perugia e gennaio 2015 l insostenibile depressione del docente via la parola razza dalla Costituzione TAXE PERCUE BUREAU DE POSTE ASSISI ITALIE politica italiana la destra moderna e estremista di Matteo Salvini ISSN X papa Bergoglio dal Consiglio d Europa al Fanar le derive di Egitto e Israele non profit dalla zona grigia alla trasparenza le tante scuole buone pregiudizi la magia più grande di Harry Potter il pluralismo nel Nuovo Testamento Rocca 2014 indice per tematiche

2 Rocca sommario 1 gennaio Ci scrivono i lettori 7 Anna Portoghese Primi Piani Attualità 11 Vignette Il meglio della quindicina 13 Maurizio Salvi Medio Oriente Le derive di Egitto e Israele 15 Raniero La Valle Papa Bergoglio Dal Consiglio d Europa al Fanar 19 Romolo Menighetti Oltre la cronaca Il sacco di Roma Ritanna Armeni Politica italiana La destra moderna e estremista di Matteo Salvini 23 Tonio Dell Olio Camineiro Scacco matto alla corruzione 24 Roberta Carlini Non profit Dalla zona grigia alla trasparenza 27 Giuliana Rippo Società Essere donna non è facile 29 Rocca 2014 Indice per Tematiche principali 35 Oliviero Motta Terre di vetro Quella voce dall alto 36 Marco Gallizioli Diario scolastico L insostenibile depressione del docente 49 Stefano Cazzato Lezione spezzata Esci, ragazzo esci 40 Fiorella Farinelli Istruzione Le tante scuole buone 43 Pietro Greco Antropologia Via la parola razza dalla Costituzione 46 Rosella De Leonibus I volti del disagio Adultescenti 49 Giovanni Sabato Pregiudizi La magia più grande di Harry Potter 52 Carlo Molari Teologia Il pluralismo nel Nuovo Testamento 54 Lidia Maggi Qohelet Gioire nella fatica 55 Ilenia Beatrice Protopapa Nuova Antologia Gabrielle Zevin Datemi un libro e vi solleverò il mondo 57 Paolo Vecchi Cinema Magic in the Moonlight 58 Roberto Carusi Teatro Un insolito santo 58 Renzo Salvi Rf&Tv Il ritorno di Ulisse 59 Mariano Apa Arte Bonechi 59 Michele De Luca Fotografia Life 60 Alberto Pellegrino Fumetti Don Milani a fumetti 60 Giovanni Ruggeri Siti Internet Assalto a Google 61 Libri 63 Luigina Morsolin Fraternità Sierra Leone: contenere il virus Ebola

3 PAPA BERGOGLIO dal Consiglio d Europa al Fanar Raniero La Valle Prima di andare a Costantinopoli papa Francesco ha voluto fare i conti con l Europa. Non è più una Chiesa identificata con l Occidente che ora incontra l Islam, l Ortodossia e le altre Chiese e comunità cristiane. Non è per caso che il papa abbia voluto fare i conti con l Europa prima di andare in Oriente ad incontrare l Islam e il Patriarcato ortodosso, col breve intermezzo del 27 novembre a Roma usato giusto per dire alla famiglia paolina, la grande fucina della comunicazione editoriale e multimediale della Chiesa, che tutta la notizia che essa ha da trasmettere è che «Dio è amore». Si è disegnata così una straordinaria strategia comunicativa: un mese prima c era stato l incontro in Vaticano con i movimenti popolari di tutti i continenti, come a voler domiciliare la Chiesa fuori dello spazio europeo; poi, ma da posizioni ormai autonome e distinte, l incontro con l Europa; infine, ribadita un identità tutta incentrata sul- l amore di Dio, la Chiesa cattolica ha rimesso a fuoco il suo rapporto col mondo dal luogo che è stato al centro del primo millennio cristiano e in cui si è estinto l ultimo califfato ottomano. È come se in quei brevi giorni la Chiesa romana avesse riposizionato se stessa nella nuova realtà geopolitica di questo inizio di terzo millennio. Interrogato così il viaggio di Francesco a Strasburgo e in Turchia mostra tutti i caratteri di una svolta. Prima di tutto su come la Chiesa intende se stessa. Qui c è un rovesciamento rispetto al modo in cui Benedetto XVI mostrava di pensare il cristianesimo nel famoso discorso di Regensburg del 12 settembre 2006, che aveva messo in crisi il rapporto della Chiesa con le culture di matrice non occidentale e in particolare con l Islam. Sviluppando il tema a lui caro del rapporto tra fede e ragione papa Benedetto aveva rinvenuto un legame indissolubile tra la fede biblica e il pensiero greco, stabilendo una 15 ROCCA 1 GENNAIO 2015

4 ROCCA 1 GENNAIO PAPA BERGOGLIO sorta di identificazione tra cristianesimo e Europa, proprio in forza della sintesi realizzata tra fede e ragione; non così era avvenuto per l Islam che aveva perseguito la diffusione della fede mediante la violenza, che è cosa irragionevole, e anzi, diceva Benedetto citando l imperatore Manuele II Paleologo, contraria alla «natura di Dio». Ma a parte l accenno all Islam (che suscitava veementi reazioni nel mondo musulmano) quello che papa Ratzinger voleva dire era che una «deellenizzazione» del cristianesimo, (quale a varie riprese è stata tentata nella storia della Chiesa), significherebbe la perdita della fede. Se così stessero le cose, con un Europa secolarizzata e dimentica delle sue «radici cristiane», il cristianesimo sarebbe finito. un Europa isterilita Nella sua visita al Parlamento europeo papa Francesco ha portato invece una Chiesa che è altro dall Europa, in un mondo che del resto non è più eurocentrico: quella fase si è chiusa. Ci sarebbe, secondo papa Bergoglio, una bella immagine dell Europa, è quella che si ricava dall affresco della «Scuola di Atene», che egli contempla in Vaticano nelle Stanze di Raffaello: lì c è Platone «con il dito che punta verso l alto, verso il mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo»; e Aristotele che «tende la mano in avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta»: il cielo che significa l apertura a Dio, la terra che indica la capacità di affrontare le situazioni e i problemi. Era facile però vedere che questa immagine non corrisponde più all Europa. Non ci sono più le idee che l hanno ispirata, ma, diceva il papa, «i tecnicismi burocratici delle sue istituzioni»; la solitudine è una delle sue malattie più diffuse, che si vede negli anziani, nei giovani, nei poveri, «negli occhi smarriti dei migranti». Solitudine «acuita dalla crisi economica», che ha fatto crescere la sfiducia dei cittadini nei confronti di «istituzioni ritenute distanti se non addirittura dannose. Da più parti si ricava un impressione generale di stanchezza, di invecchiamento, di un Europa nonna e non più fertile e vivace». Il papa ha ripreso qui la sua denuncia della «cultura dello scarto»: «L essere umano rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo da utilizzare», che viene scartato «senza troppe remore, come nel caso dei malati, dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura, e dei bambini uccisi prima di nascere»; e ciò mentre lo stesso Mar Mediterraneo diventa «un grande cimitero!» Quando si potrà «costruire insieme l Europa che ruota non intorno all economia, ma intorno alla sacralità della persona umana»? Secondo papa Francesco, e così ha concluso il suo discorso, sarebbe «giunto il momento»; ma si direbbe che non ci creda troppo. Quell immagine che mette insieme il cielo e la terra, trascendenza e centralità della persona umana, non descrive più l Europa, descrive però il cristianesimo. Ed è questo patrimonio, ancora attivo, che papa Francesco ha inteso offrire come contributo all Europa e al mondo, «non un pericolo per la laicità degli Stati e per l indipendenza delle istituzioni dell Unione, bensì un arricchimento». Questo il discorso che il papa ha fatto ai 28 membri dell Unione Europea; ma la sua speranza è già apparsa più larga quando dal Parlamento europeo si è trasferito al Consiglio d Europa, che riunisce 47 Stati, praticamente tutta l Europa, e comprende anche la Turchia e la Russia. In questa sede l approccio di papa Francesco è stato tutto incentrato sui diritti umani e la democrazia posta a loro tutela, che del Consiglio d Europa rappresentano la ragione sociale specifica. Ed anzi papa Francesco ha individuato nella Corte europea dei diritti dell uomo, che giudica dell osservanza di quei diritti, «la coscienza dell Europa». Si direbbe che volgendo lo sguardo al futuro, mirando alla costruzione della pace, papa Francesco abbia preso più sul serio il Consiglio d Europa, con la sua platea più vasta di popoli sovrani, che non l Unione Europea più omologata e ristretta; ed è al Consiglio d Europa che egli ha riservato la visione di una più grande Europa, ormai lontana dal modello bipolare o al più tripolare del passato (Roma- Bisanzio-Mosca), ma multipolare e poliedrica per popoli, culture, religioni, e trasversale per l incontro tra le generazioni. È con questa ricollocazione della Chiesa rispetto all Europa, non più identificata con essa e con il razionalismo europeo, che papa Francesco si è presentato all incontro, in Turchia, con l Islam e con l Ortodossia. E lo ha fatto come se il suo pulpito non fosse la cattedra di una Chiesa, ma il par-

5 terre di un intera umanità sofferente. Tanto poco ha parlato a nome dell Europa che, come ha raccontato nel viaggio di ritorno, nell incontro ad Ankara col presidente Erdogan non è stato neanche ricordato il tema dell ingresso della Turchia nell Unione Europea. Si è parlato invece delle sofferenze inenarrabili di intere popolazioni non solo gruppi etnici e minoranze in particolare in Medio Oriente, di guerre fratricide «che sembrano nascere l una dall altra, come se l unica risposta possibile alla guerra dovesse essere sempre nuova guerra e altra violenza», si è parlato dei tormenti arrecati dal fanatismo, dal fondamentalismo, dalle fobie irrazionali fonti di incomprensioni e discriminazioni; si è parlato delle centinaia di migliaia di persone costrette ad abbandonare le loro case e la loro patria, si è parlato dei profughi, molti dei quali hanno trovato accoglienza in Turchia (e il papa avrebbe voluto andare a trovarli, fin presso ai confini del cosiddetto Stato islamico, ma non glielo hanno permesso); si è parlato della libertà religiosa «che è libertà di culto e libertà di vivere secondo l etica religiosa», e si è parlato delle «lotte degne dell uomo, contro il traffico delle armi, la lotta contro la fame e le malattie, la lotta per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia del creato». Ma soprattutto su due grandi questioni si è avuta l impressione che papa Francesco in questo suo viaggio volesse aprire strade nuove: sul rapporto con l Islam e sul perseguimento dell unità con le Chiese d Oriente, prototipo di un nuovo rapporto ecumenico tra tutte le Chiese cristiane. l Islam non è questo Riguardo all Islam, contro il senso comune che sempre più lo identifica, almeno potenzialmente, con la violenza, la tesi è che la violenza non è dell Islam, ma di gruppi estremisti e fanatici come ce ne sono in tutte le religioni; anzi perfino con lo Stato islamico, aveva detto il papa nel volo di ritorno da Strasburgo, benché il dialogo appaia impossibile, non bisogna «mai chiudere la porta». E tornando da Istanbul (le rivelazioni fatte ai giornalisti durante i voli di ritorno dai viaggi faranno storia a sé nel futuro bilancio del pontificato) il papa ha ripreso il tema della paura dell Islam provocata dal terrorismo, e ha fatto propria la risposta di tanti islamici «che sono offesi» e dicono: «No, noi non siamo questo. Il Corano è un libro di pace, è un libro profetico di pace. Questo non è Islam». Ed è perché il papa ha voluto liberare l Islam dall accusa indiscriminata di violenza, che ha potuto far appello a tutto l Islam perché isoli e condanni i violenti. Lo ha detto al presidente Erdogan, lo ha detto alle autorità musulmane a Istanbul: «Sarebbe bello che tutti i leader islamici siano leader politici, leader religiosi o leader accademici parlino chiaramente e condannino quegli atti, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire: no... Perché noi tutti abbiamo bisogno di una condanna mondiale, anche da parte degli islamici, che hanno questa identità e che dicano: Noi non siamo quelli. Il Corano non è questo». E al presidente del Dipartimento per gli affari religiosi ad Ankara ha detto: «In qualità di capi religiosi, abbiamo l obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l Onnipotente è Dio della vita e della pace» Ma non è finita qui. Il dialogo interreligioso con il mondo islamico è andato oltre questa emergenza, né è rimasto solo sul piano umanitario, come già avevano fatto i papi precedenti. I diritti, la pace, i valori etici restano come obiettivi da perseguire, ma sono piuttosto gli effetti collaterali di un rapporto che la Chiesa di Francesco vuole stabilire in modo più profondo su un terreno specificamente religioso. Si tratta di riconoscere lo stesso Dio, «di riconoscere e sviluppare la comunanza» per la quale musulmani e cristiani sono «depositari di inestimabili valori spirituali» pur «vissuti secondo le proprie tradizioni», come l adorazione del Dio misericordioso, il riferimento ad Abramo, la preghiera, l elemosina, il digiuno; si tratta del «comune riconoscimento della sacralità della persona umana»; si tratta di pregare insieme. E parlano i gesti: quando papa Francesco è andato alla Moschea blu, ad Istanbul, si è tolto, come tutti, le scarpe. Ma poi, lì dentro che fare? Guardare i ricami di pietra e le ceramiche turchesi? Lui era andato in Turchia come pellegrino, per partecipare con il patriarca Bartolomeo alla festa di S. Andrea apostolo, per un motivo religioso. «Ma poi, quando sono andato in Moschea ha detto ai soliti giornalisti sull aereo del ritorno non potevo dire: No, adesso sono turista». E ha raccontato che mentre il muftì, mostrandogli quella meraviglia, gli spiegava bene le cose, «con tanta mitezza, e anche con il Corano», ha sentito il bisogno di pregare. «E ho detto: Preghiamo un po? Sì, sì, ha detto lui. E io ho pregato per la Turchia, per la pace, per il muftì... per tutti... per me, 17 ROCCA 1 GENNAIO 2015

6 ROCCA 1 GENNAIO PAPA BERGOGLIO che ho bisogno... Ho pregato davvero... e ho pregato per la pace, soprattutto. Ho detto: Signore, finiamola con la guerra.... Così è stato un momento di preghiera sincera». perché le Chiese si sono divise L altra grande questione ripensata a fondo nel viaggio a Costantinopoli è stata quella del rapporto tra le Chiese cristiane, in vista della loro unità. Prima di tutto, per non continuare a pestare l acqua nel mortaio, bisogna chiedersi perché le Chiese si sono divise. E qui sia papa Francesco che il patriarca Bartolomeo hanno dato la risposta: si sono divise perché la Chiesa ed è la cosa peggiore che potesse fare ha tolto la scena a Dio, e si è messa al suo posto, pretendendo di «brillare di luce propria», invece di riflettere il fulgore divino. È il processo che si è innescato all inizio del secondo millennio cristiano, proprio quando gli inviati del papa di Roma andarono a deporre sull altare di Santa Sofia a Costantinopoli la bolla di scomunica contro il patriarca d Oriente Michele Cerulario. Secondo il patriarca Bartolomeo (l aveva detto all Avvenire prima ancora del viaggio del papa) la Chiesa dei primi secoli aveva trasmesso il messaggio autentico del cristianesimo, ma poi «l idea dell impero cristiano, della Societas cristiana hanno travalicato il principio buono per introdurre lo spirito mondano. E questo spirito mondano è un processo che allontana dalla fonte che illumina la Chiesa, il Cristo morto e risorto, per produrre un autocoscienza ecclesiale, che vorrebbe brillare da sé. Questa mondanità, questo peccato, hanno senza dubbio facilitato la nascita delle radici della contrapposizione, dell autoaffermazione e quindi della divisione». Tornando dall incontro di Costantinopoli papa Francesco, sempre sul famoso aereo, ha fatto la stessa analisi: «la Chiesa ha il difetto, l abitudine peccatrice di guardare troppo se stessa, come se credesse di avere luce propria. Ma la Chiesa non ha luce propria. Deve guardare Gesù Cristo. La Chiesa, i primi Padri la chiamavano mysterium lunae, il mistero della luna, perché? Perché dà luce, ma non propria, è quella che viene dal sole. E quando la Chiesa guarda troppo se stessa, vengono le divisioni». E qui il papa ha ricordato proprio lo strappo di Santa Sofia, quando nel 1054 un cardinale romano era andato a deporre sull altare, la scomunica del papa al patriarca: «ha guardato se stessa, in quel momento, la Chiesa!» ha esclamato papa Francesco, «Non ha guardato Gesù Cristo. Ed io credo che tutti questi problemi che vengono tra di noi, tra i cristiani almeno parlo della nostra Chiesa cattolica vengono quando guarda se stessa, diventa autoreferenziale». Ora bisogna andare oltre, «trovare un punto d accordo alla luce del primo millennio. Il punto chiave è questo. Quando si rispecchia in se stessa, la Chiesa rinuncia ad essere Chiesa per essere una Ong teologica». Se ne può ricavare che se davvero sono questi i motivi delle divisioni delle Chiese, ed esse per prime ne sono convinte, tali divisioni non dovrebbero più durare nemmeno cinque minuti. Quali allora le nuove frontiere dell ecumenismo? Esse sono apparse con forza nella benedizione che per sé e per la sua Chiesa papa Francesco ha chiesto e ottenuto dal patriarca Bartolomeo, nel riconoscimento, formulato dal patriarca di una comune tradizione che «da sempre rispettava e riconosceva nel corpo della Chiesa un primato di amore, di onore e di servizio, nel quadro della sinodalità», nei discorsi pronunciati al Fanar e nella liturgia, nella «Dichiarazione comune» che si è appellata a un «ecumenismo della sofferenza» che mischiando il sangue dei martiri ha già realizzato l unità dei cristiani perseguitati in Medio Oriente. È un ecumenismo che non aspetta i teologi, che si mettano d accordo sull identità delle dottrine, ma che mette insieme persone, comunità, esperienze di fede. Si tratta di capire l ormai totale irrealismo di una divisione giocata sul «Filioque», o sulla «sola Scriptura», o sulla disputa se intendere il primato come giurisdizione o come onore, «mentre il mondo vive la paura della sopravvivenza e l ansia del domani», come ha detto il patriarca Bartolomeo. Perché tutto è in gioco, e tutto può essere perduto. Forse solo una Chiesa, così severamente provata dalla storia, come la Chiesa di Costantinopoli ridotta quasi a niente sul confine tra Oriente e Occidente, poteva porre le domande estreme, come ha fatto Bartolomeo al termine della liturgia nel Fanar: «Come sopravvivrà l umanità dilaniata oggi da svariate divisioni, scontri ed inimicizie, molte volte addirittura nel nome di Dio? Come sarà distribuita la ricchezza della terra in modo più equo, cosicché domani l umanità non viva la schiavitù più esecrabile che abbia mai conosciuto? Quale pianeta troveranno le prossime generazioni per abitarvi, quando l uomo contemporaneo nella sua cupidigia lo distrugge senza pietà ed in modo irrimediabile»? Francesco e Bartolomeo, riconosciutisi «fratelli nella speranza», hanno impegnato le loro Chiese a offrire risposte di vita. Raniero La Valle

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