CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE I PROBLEMI DELLA GESTIONE INTERNAZIONALE DEL KOSOVO POST-BELLICO

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTA DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE I PROBLEMI DELLA GESTIONE INTERNAZIONALE DEL KOSOVO POST-BELLICO Tesi di Laurea di: Michele Luppi Matr Relatore: Prof. Alessandro Vitale Anno Accademico 2004/2005 1

2 INDICE TESINA Introduzione: L emergere della questione albanese pag 3 Il Kosovo per il nazionalismo Serbo pag 4 Il Kosovo nel XX secolo pag 5 Capitolo 1: Amministrazione Internazionale del Kosovo Risoluzione 1244 pag 13 Problemi e ambiguità della Risoluzione pag Struttura dell Amministrazione internazionale: UNMIK e K-FOR pag 22 Processo Democratico pag 31 Le elezioni in Kosovo pag 37 Errori e problemi dell Amministrazione Internazionale pag 42 2

3 Insanabilità e collasso economico pag 48 Conclusione: Quale futuro per il Kosovo? Indipendenza o Autonomia pag 57 I colloqui per il decentramento: le due partite pag 61 Bibliografia pag 67 3

4 INTRODUZIONE Con il lancio dell operazione Allied Force, per la prima volta nella sua storia la NATO è stata protagonista di un azione militare offensiva, attaccando uno stato sovrano e violando la carta dell ONU. L intervento in Kosovo ha rappresentato per l Alleanza Atlantica un vero punto di svolta con la sua trasformazione da Alleanza Difensiva a Comunità di Sicurezza. Come sottolineato da Michael Waller: La decisione NATO di lanciare un attacco aereo contro la Jugoslavia, in risposta alla campagna di pulizia etnica Serba in Kosovo, è stato un momento cardine nello sviluppo dell ordine internazionale dalla fine della guerra fredda. 1 La fine dei bombardamenti il 10 giugno 1999 e la votazione, con la sola astensione della Cina, della Risoluzione 1244, da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, segnarono la fine della Guerra e l inizio dell Amministrazione Internazionale. Da quel giorno sono passati sei anni e mezzo ma la questione dello status della provincia, ancora formalmente parte della Serbia, rimane un dilemma irrisolto. Dimenticata per anni dalla Comunità Internazionale, la Regione è precipitata in un vero e proprio limbo. La questione Kosovara è stata sostituita nell agenda politica internazionale da nuove problematiche come la lotta al Terrorismo, le Guerre in Afghanistan e Iraq, la questione Palestinese e i disastri ambientali. L instabilità e l incertezza politica in cui è precipitato il Kosovo, scoraggiando l arrivo di capitali ed investitori stranieri, hanno trasformato l inevitabile crisi economica che accompagna ogni guerra, in un vero e proprio collasso. Oggi la provincia vive una situazione estremamente difficile. Accanto al processo democratico in atto, con il passaggio dei poteri verso le nuove istituzioni Kosovare, si assiste all incapacità di porre fine alle violenze inter-etniche che tendono periodicamente ad emergere. La provincia è divenuta il centro di attività illecite legate al contrabbando e al traffico di esseri umani, armi e droga. Questi problemi alimentano la sfiducia della 1 David Chandler: Kosovo and the Remaking of International Relations, The Global Review of Ethnopolitics, vol 1, n 4, Giugno 2002,

5 popolazione nei confronti dell UNMIK. Le violenze scoppiate nel marzo 2004 da parte della popolazione albanese, che ha colpito le enclavi serbe ma anche le sedi dell Amministrazione Civile, ne sono la dimostrazione. Questa difficile situazione è sicuramente il frutto della guerra e della delicatezza del quadro geopolitico regionale, con il desiderio di indipendenza degli albanesi da una parte e la voglia di Belgrado di mantenere la propria sovranità dall altra, ma non solo. In questi anni gli amministratori internazionali hanno commesso dei gravi errori, a partire dall ambiguità della Risoluzione 1244, e si sono dimostrati spesso impreparati a gestire la situazione. In questi ultimi mesi sembra che qualcosa si stia finalmente movendo per cercare di trovare una soluzione al dilemma dello status, che come sottolineano gli osservatori internazionali, deve essere il frutto del dialogo tra Belgrado e Pristina. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha incaricato, l ex presidente Finlandese, Martti Ahtissari, di promuovere i colloqui tra le due diplomazie. Nel mese di febbraio del 2006 si terranno a Vienna i primi incontri sulla questione del decentramento. Secondo quanto dichiarato da Kofi Annan la soluzione alla questione kosovara sarà trovata entro la fine del Per risolvere i problemi della provincia è necessario avviare una vera e propria Road Map che chiarisca definitivamente quale sarà il futuro della regione, dettando i tempi di questa transizione. Un progetto di lungo periodo che porti non solo il Kosovo, ma l intera area balcanica, verso l Unione Europea attraverso lo sviluppo di un integrazione economica tra i paesi dell area. Processo reso possibile solo dando stabilità all intera regione e ridando agli albanesi e ai serbi fiducia negli amministratori internazionali. Solo così sarà possibile, con l aiuto finanziario dei paesi Europei, avviare un processo di sviluppo economico. In questo cammino è necessario l impegno dei leader kosovari per favorire la stabilità politica, messa duramente alla prova dopo la morte del presidente e padre del Kosovo, Rugova, e troppo spesso minacciata dal coinvolgimento dei politici albanesi in traffici illeciti e in episodi di corruzione. Solo in questo modo si potrà evitare che il Kosovo e il sud dei balcani ricada nella spirale della violenza, legata a odi etnici, faide interne e traffici illeciti, con il terrorismo islamico sempre alla porte. 5

6 L EMERGERE DELLA QUESTIONE ALBANESE Il Kosovo nonostante le sue piccole dimensioni (i suoi 11 mila km quadrati rappresentano l 11% del territorio della Repubblica di Serbia) è da secoli al centro di un contenzioso internazionale, rivendicato contemporaneamente sia dai Serbi che dagli Albanesi. Per i primi la regione rappresenta il cuore del primo stato Serbo, fondato nel 1100, e la culla della Chiesa Ortodossa Serba. Nel 1346 infatti, proprio in Kosovo, a Pec, venne insediato il Patriarcato della Chiesa Ortodossa. Gli albanesi invece rivendicano l area in quanto costituiscono da sempre la popolazione maggioritaria, oggi rappresentano il 90% dell intera popolazione (circa 2 milioni di persone). Secondo alcuni studiosi, inoltre, gli albanesi sarebbero i discendenti degli Illiri, antica popolazione indoeuropea che occupò la Grecia e la penisola Balcanica a partire dal 6 secolo a.c, molti secoli prima dell arrivo delle tribù serbe. La questione albanese si è affermata al centro del dibattito internazionale per la prima volta al Congresso di Berlino nel La conferenza diplomatica aperta il 13 giugno, era stata organizzata dal Bismark per rivedere le clausule del trattato di Santo Stefano (3 marzo 1878), con il quale l impero ottomano, appena sconfitto, aveva fatto ampie concessioni alla Russia vittoriosa e agli Slavi nei Balcani. Proprio in quell occasione le potenze Europee riconobbero lo status indipendente delle Serbia, decretando la completa emancipazione del Regno di Serbia dall Impero Ottomano. In quei giorni si riunì a Prizren, città nel Kosovo meridionale al confine con l Albania, un assemblea di notabili albanesi per protestare contro la decisione del Congresso di cedere alla Grecia e al Montenegro, terre abitate dai loro connazionali. Nacque così, con il sostegno iniziale del governo di Istanbul, la Lega di Prizren, che ruppe ben presto con l Impero Ottomano, rivendicando nel novembre successivo, l autonomia del popolo albanese. Iniziò così una vera e propria lotta di liberazione che culminò nel 1881 con la costituzione di un governo provvisorio, soffocato nel sangue dall intervento militare turco. Per quanto di breve durata, la Lega di Prizren, fu il segnale di una rinascita degli Albanesi, che seppero superare le differenze di religione, di lingua e di clan, dando 6

7 vita ad un risorgimento culturale e nazionale che li avrebbe reinseriti con pieno diritto nella realtà europea. 2 L idea degli albanesi era quella di opporsi all espansionismo di uno stato nazionale emergente nei balcani. A Belgrado si stava, infatti, affermando l idea della costituzione di una Grande Serbia che avrebbe dovuto includere non solo le terre abitate dai Serbi, ma anche tutte le terre in cui avevano vissuto e i luoghi significativi per la loro storia e cultura. IL KOSOVO PER IL NAZIONALISMO SERBO Il Kosovo incuneato fra Albania, Macedonia, Serbia e Montenegro, pur sprovvisto di barriere naturali di valore storico o simbolico, con le sue memorie e i suoi santuari rappresenta nella sua interezza per i serbi un simbolo della loro individualità religiosa, culturale e politica, una specie di Gerusalemme, segnata però, al pari di essa, da un grosso neo: quello di essere abitata per lo più da una popolazione diversa, gli albanesi. 3 L importanza della regione per il nazionalismo serbo risale al 1389, anno in cui, nella Piana dei Merli in Kosovo si tenne una battaglia in cui i Turchi travolsero le armate cristiane guidate dal principe serbo Lazar e stabilirono il proprio dominio sulla regione 4. Questa data segnerà la definitiva affermazione dell Impero Ottomano nei Balcani. Le gesta eroiche dei guerrieri serbi furono narrate in un ciclo di poesie popolari intitolato I Canti del Kosovo, che costituiscono uno dei fondamenti del nazionalismo serbo. Quella narrata in questo poema epico non è per i nazionalisti una semplice battaglia ma lo scontro decisivo tra Cristianità e Islam, in cui il popolo Serbo si era immolato per il bene di tutta l Europa, come Cristo per il genere umano. Da allora nella coscienza nazionale serba questa battaglia ha acquistato una dimensione mistica a cui si collegava il destino della nazione. 2 Joze Pirjevec: Le Guerre Yugoslave Joze Pirjevec: Le Guerre Yugoslave Stefano Bianchini: La questione Jugoslava Giunti Editore pag. 28 7

8 I canti del Kosovo hanno rappresentato per tutti i serbi un supporto morale e psicologico durante i secoli di dominio turco. A partire dal 1814, sotto l influsso del romanticismo tedesco, ci fu un proliferare di altri canti epici ispirati ai canti del Kosovo, come il famoso poema Il serto della Montagna, che portarono alla nascita di un mito risorgimentale di grande impatto emotivo 5. L importanza del Kosovo per la cultura serba non è legata soltanto a questi avvenimenti ma anche all ambito religioso. A partire dal medio evo questa regione ha rappresentato la culla della Chiesa Ortodossa Serba. La sacralità di questa terra è sottolineata dal nome stesso con cui ancora oggi viene chiamata nei documenti ufficiali serbi: Kosovo-Metohia, dove Metohia significa terra monastica. Oggi in Kosovo si possono ammirare circa 20 santuari Cristiano Ortodossi e altre chiese minori, costruiti nel medio-evo, che rappresentano ancora importanti luoghi di pellegrinaggio per la comunità serba. IL KOSOVO NEL XX SECOLO Il teatro di guerra del Kosovo, pur condizionato anch esso dalla volontà di potenza dei serbi, ha caratteristiche proprie, dato che vi si confrontano due etnie non già imparentate, come quelle slave del Sud, ma profondamente diverse per lingua e religione. Fin dal loro inserimento nello Stato Serbo, dopo le guerre balcaniche , gli albanesi, in maggioranza di religione mussulmana, furono avvertiti dai serbi come un corpo estraneo, da distruggere o espellere al più presto e con qualsiasi mezzo. A questa politica che assunse spesso nel corso dei decenni caratteri genocidi, gli albanesi opposero un inattesa capacità di resistenza e un incremento demografico che ridusse i serbi della provincia all ingrato ruolo di minoranza, alimentandone il nazionalismo. 6 5 S Stefano Bianchini: La questione Jugoslava Giunti Editore pag Joze Pirjevec: Le Guerre Jugoslave

9 Nel 1912 dopo la definitiva sconfitta dell Impero Ottomano nei Balcani, Serbia, Montenegro, Romania e Grecia si scontrarono con la Bulgaria per dividersi i territori strappati ai Turchi. In quell occasione il Governo Serbo riuscì ad assicurarsi una porzione della Macedonia e l intera piana del Kosovo, sebbene in questi territori la maggioranza della popolazione fosse albanese. Nello stesso anno grazie all aiuto dell impero Austro-Ungarico l Albania divenne uno stato Europeo. Nel 1921 i Kosovari, trattati dai serbi come una popolazione inferiore, fecero una petizione alla Società delle Nazioni per chiedere l annessione all Albania, ma la richiesta fu negata. Nel 1941 le truppe tedesche, italiane, ungheresi e bulgare attaccarono la Jugoslavia e mentre la Serbia divenne un protettorato Tedesco, il Kosovo venne ceduto all Italia all interno della Grande Albania. Questa situazione accolta con grande favore dagli albanesi, contribuirà a minare la convivenza futura con i Serbi. Proprio in questi anni i nazionalisti albanesi formarono i Balli Konbetar, un movimento di resistenza che mirava a favorire l unificazione tra il Kosovo e l Albania 7. Quando dopo il 1943 la regione tornò sotto la sovranità di Belgrado questo comportamento fece sì che gli albanesi venissero considerati dei nemici e soggetti a terribili rappresaglie. Dopo l ascesa al potere di Tito e la sua ristrutturazione federale venne creata la provincia autonoma del Kosovo. La Costituzione Jugoslava del 1946 definiva gli Albanesi una nazionalità e non una nazione. Questa particolare definizione non dava quindi agli albanesi Kosovari diritto a una repubblica propria. Nel 1968 in un momento di grande tensione tra URSS e Jugoslavia, gli albanesi di Pristina scesero in piazza per protestare contro le discriminazioni subite. Chiedevano di staccarsi dalla Serbia, ma rimanendo nell ambito della federazione, assumendo uno status che gli avrebbe dato diritto alla secessione e all autodeterminazione. La richiesta venne respinta perché considerata pericolosa, in quanto rendeva ancora più difficili i rapporti tra Jugoslavia e Albania, paese che dopo il 1948 si era schierato al fianco di Stalin, contro Tito. Il Governo di Belgrado decise tuttavia di soddisfare le legittime richieste della popolazione albanese concedendole, almeno, un effettiva autonomia a livello culturale e amministrativo. Diritti ribaditi nella nuova Costituzione Jugoslava del 1974, che 7 Carole Rogel: Kosovo: where it all began International Journal of Politics, Culture and Society Vol 17, n

10 stabiliva l impossibilità della Serbia di influire sulle scelte interne delle province autonome. Il Kosovo divenne così una delle otto unità ufficiali della federazione. La causa nazionale serba si riaffermò sulla scena balcanica nel 1980 con la morte di Tito. Nel 1981 gli albanesi tornarono a protestare contro la crisi economica rivendicando il diritto di staccarsi dalla Serbia. Nel 1986 l Accademia delle Scienze e delle Arti di Belgrado realizzò un Memorandum in cui si chiedeva il ripristino della piena sovranità di Belgrado sulle province autonome del Kosovo e della Vojvodina. Il manifesto fu sostenuto da una grande mobilitazione di massa guidata da Slobodan Milosevic, che alla fine del 1987 riuscì con un golpe ad impossessarsi della guida del Partito Comunista Jugoslavo. Il 6 dicembre 1989 Milosevic venne eletto presidente dalla Serbia. Appena insediatosi al potere impose il controllo sulle due province autonome, i cui benefici costituzionali erano stati aboliti l anno precedente. Il governo serbo emise una serie di decreti legge fortemente discriminatori nei confronti degli albanesi del Kosovo, dove venne istaurato un vero e proprio governo coloniale di stampo poliziesco che dava alle forze di sicurezza e al Movimento di Resistenza Serbo (e al suo braccio armato) poteri illimitati. In risposta il 2 luglio 1990, 114 albanesi del Parlamento di Pristina proclamarono l indipendenza della regione, sia pure nell ambito della federazione. Il 28 settembre Milosevic rispose dando vita ad una purga di grandi dimensioni a danno di 115 mila dipendenti statali albanesi (medici, insegnanti, giornalisti, funzionari) e sciogliendo tutte le organizzazioni politiche, culturali e sportive. Le vicende Kosovare iniziarono poi ad intricarsi con le drammatiche vicende delle altre Repubbliche della Jugoslavia, sconvolte dalla guerra. Per quattro anni, dal 27 giugno 1991 al 14 dicembre 1995, l intera penisola balcanica è stata attraversata dalle vicende belliche. Il 22 settembre 1991, seguendo l esempio delle due repubbliche ribelli, Slovenia e Croazia, i Kosovari organizzarono un referendum clandestino per chiedere l Indipendenza. I votanti, circa l 87% della popolazione, si espressero a favore. Il 19 ottobre 1991 il Parlamento del Kosovo proclamò l indipendenza, chiedendo nel dicembre il riconoscimento alla Comunità Europea come previsto dall appello 10

11 rivolto nei mesi precedenti alle repubbliche ex Jugoslave. Riconoscimento che fu però negato. Dietro a questa decisione vi erano anche ragioni politiche: sollevare la questione albanese avrebbe creato problemi non solo in Serbia ma anche in Macedonia, Grecia e Montenegro. Nonostante questa sconfitta vennero organizzate elezioni clandestine, tenutesi il 24 maggio 1992, vinte con voto quasi plebiscitario dalla Lega Democratica del Kosovo (LDK) del leader Ibrahim Rugova, professore di letteratura albanese, laureato all Università Sorbona di Parigi e convinto sostenitore di una linea pacifista. Il suo slogan era Kosovo indipendente con mezzi pacifici e politici. Negli anni della guerra in Croazia e Bosnia-Erzegovina, il Kosovo fu in parte dimenticato da Belgrado tanto che nella regione sorse un vero Stato Ombra dotato di proprie strutture politiche, sociali, mediche e d informazione. Questa organizzazione era sostenuta da un governo in esilio a Stoccarda, istituito nell ottobre 1991, da Bujar Bukashi e finanziato dalla numerosa comunità kosovara dell Europa Centrale. La situazione degenerò subito dopo la conclusione degli accordi di Dayton. Nella fretta di arrivare ad una conclusione della questione Bosniaca, la diplomazia americana decise di ignorare la questione del Kosovo accettando la tesi di Milosevic che parlava di problemi interni. Dopo la firma degli accordi Milosevic non fece nulla per migliorare i rapporti con gli albanesi, guastati nel 1989 quando l autonomia della provincia era stata abolita grazie ad alcuni emendamenti alla Costituzione. Gli albanesi erano considerati usurpatori di una terra sacra, la culla della Nazione, per questo considerati primitivi e sottosviluppati 8. Nel 1996 l UE riconobbe la Repubblica federale Jugoslava per premiarla dopo la svolta del riconoscimento della Macedonia. Intanto in Kosovo cresceva la repressione dell etnia albanese. Nel corso del 1997 le forze di sicurezza serbe uccisero 35 persone, 16 delle quali in stato di arresto. Il 28 novembre ad un funerale di un uomo ucciso dalla polizia, trasformatosi in manifestazione di massa, comparvero per la prima volta 3 guerriglieri mascherati, che portavano sul petto la grande aquila nera su sfondo rosso, simbolo dell Albania. 8 Joze Pirjevec: Le Guerre Jugoslave

12 Nasceva così il Kosovo Liberation Army (KLA, acronimo albanese UCK), che rivendicava l indipendenza della Regione e la creazione di una Grande Albania. Il 24 settembre 1997 il Gruppo di Contatto (USA, UK, Russia, Francia, Germania), formatosi durante la guerra in Bosnia Erzegovina, con l aggiunta dell Italia invitarono le parti al dialogo, riportando la situazione kosovara al centro del dibattito internazionale. Gli Stati Uniti consideravano la regione un territorio chiave per la stabilità della penisola dichiarando però che l indipendenza non era un opzione accettabile. Nel frattempo si intensificavano gli attacchi del KLA. Il 31 marzo 1998 per la prima volta il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite intervenne sul conflitto in Kosovo definendolo una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. Attraverso la Risoluzione 1160 il Consiglio deplorava l uso eccessivo della forza contro civili e dimostranti pacifici da parte della polizia Serba e allo stesso tempo gli attacchi del KLA, decretando un embargo sulla fornitura di armi alla Repubblica Federale di Jugoslavia. Nel 1998 il KLA era riuscito a liberare il 30-40% dell intero territorio kosovaro. Nel luglio i serbi con una controffensiva riconquistarono alcune importanti città e ripresero il controllo delle principali vie di comunicazione. Nel mese di maggio si tenne a Washington un incontro tra il leader dell LDK, Ibrahim Rugova e il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, per cercare di risolvere la situazione. Il 23 settembre le Nazioni Unite con la Risoluzione 1199 tornarono a chiedere il cessate il fuoco e la ripresa del dialogo. La Risoluzione prevedeva la riduzione delle truppe dell Armata Popolare Jugoslava in Kosovo, il dispiegamento sul terreno di 2 mila osservatori dell OSCE e l invio di una missione aerea di vigilanza della Nato. Gli accordi siglati in questa fase furono confermati dalla Risoluzione 1203 del 24 ottobre Intanto all interno della NATO prese sempre più forza l ipotesi di un possibile attacco aereo, sostenuta in particolare dal Segretario di Stato Americano, Madeleine Albright. Alcuni leader dell Alleanza Atlantica erano però preoccupati perché ritenevano che se la crisi fosse stata risolta con la forza della NATO sarebbe stato difficile impedire ai kosovari di chiedere la piena indipendenza, rigettando nel caos 12

13 l intera area balcanica. 9 Il 6 febbraio si aprirono a Rambouillet, vicino a Parigi, i colloqui di pace a cui parteciparono la delegazione Albanese guidata da Ibrahim Rugova e Hashim Thaci (leader del KLA) e quella Jugoslava capeggiata da Milosevic. Gli accordi discussi prevedevano il ritiro delle forze serbe e l amministrazione internazionale del Kosovo che sarebbe stato occupato dalle forze della NATO insieme ad un contingente Russo. Al momento non sarebbe stata concessa l indipendenza al Kosovo, veniva infatti riaffermata l Integrità territoriale della Jugoslavia. Venne stabilito inoltre che gli accordi sarebbero stati rivisti dopo 3 anni. Un secondo documento prevedeva una tregua, un assemblea rappresentativa ed elezioni. I Serbi considerarono la conferenza come una pagliacciata e si dimostrarono subito non pronti al compromesso, mentre gli albanesi, che vedevano uno spiraglio per la loro Indipendenza, firmarono l accordo il 18 marzo. Sulla decisione degli albanesi giocò un ruolo importante Madeleine Albright che promise ai Kosovari albanesi un referendum sull indipendenza entro 3 anni. 10 Il 23 febbraio la delegazione Serba rigettò gli accordi. Secondo alcuni storici gli Usa vollero gli accordi di Rambouillet per uno scopo preciso: provare definitivamente all Europa l intransigenza dei Serbi. In quei giorni l ininterrotta offensiva serba provocò altri 20 mila profughi. Il 24 marzo i vertici NATO diedero ufficialmente il via agli attacchi aerei, lanciando l operazione Allied Force. Contemporaneamente il KLA tornò all offensiva, così come i Serbi che intensificarono la pulizia etnica. La regione precipitò nel caos. Iniziò il cosiddetto esodo albanese che vide flussi di profughi, fino a mille persone ogni ora, che lasciarono il Kosovo verso l Albania, la Macedonia e il Montenegro. I bombardamenti colpirono postazioni militari e civili, come industrie, centrali energetiche, centri di potere, non solo in Kosovo ma anche in Serbia e nella stessa Belgrado. La crisi umanitaria si fece sempre più drammatica: dall inizio della guerra i dati parlano di oltre 800 mila profughi. Il 6 maggio 1999 si tenne al Petersberg Centre di Helsinki un importante incontro dei ministri degli esteri del G-8. L ordine del giorno prevedeva la preparazione di 9 Joze Pirjevec: Le Guerre Jugoslave Carole Rogel: Kosovo: where it all began International Journal of Politics, Culture and Society Vol 17, n

14 un documento comune per trovare una soluzione politica alla crisi Kosovara. L obiettivo di fondo era appianare le divergenze tra le diverse diplomazie Europee, dopo i dissidi nati all indomani dell intervento aereo della NATO, e in particolare riuscire a trovare un accordo politico con la Russia per la gestione del Kosovo nel dopo Guerra. Nella dichiarazione presentata al termine dell incontro si chiedeva la ritirata delle armate Serbe, la costituzione di un amministrazione internazionale guidata dalle Nazioni Unite, ribadendo però la Sovranità di Belgrado, e il dispiegamento di una forza militare formata dalla NATO e da un contingente Russo. Nei giorni seguenti le tensioni all interno del Consiglio di Sicurezza dell ONU erano destinati ad aumentare. Il 7 maggio i missili della NATO colpirono l ambasciata cinese a Belgrado creando una crisi diplomatica tra gli Usa e la Cina. Il 2 giugno una delegazione Europea si recò a Belgrado presentando l ennesimo accordo per porre fine alle ostilità. Il 3 giugno 1999 il parlamento Jugoslavo votò il documento proposto dal G8 che includeva tutte le richieste di Rambouillet, più la libertà di movimento per le truppe NATO e l accettazione dell amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite. Sulla decisione di Milosevic di accettare gli accordi è stata molto influente la pressione di Mosca. Paradossalmente come scrisse Paul Rogers sulla rivista the World Today : la più grande ironia della guerra è che l Alleanza Atlantica fu salvata dalla difficile situazione in cui si era cacciata nel Kosovo dal suo nemico storico e dalla sua raison d ètre, la Russia. Il 9 giugno i vertici dell Armata Popolare firmarono con la NATO gli accordi di Kumanovo, un intesa tecnico-militare che prevedeva il ritiro delle Forze Serbe entro 11 giorni e il dispiegamento sul territorio della K-FOR (formata dalla Nato e dalla Russia), in totale 50 mila uomini divisi in 5 zone sotto il comando di USA, UK, Frangia, Germania e Italia. Il 10 giugno 1999 cessarono i bombardamenti e il Consiglio di Sicurezza dell Onu votò la risoluzione 1244 che dava il via all amministrazione internazionale del Kosovo. CAPITOLO 1 14

15 AMMINISTRAZIONE INTERNAZIONALE DEL KOSOVO 15

16 LA RISOLUZIONE 1244 Il 10 giugno 1999 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvava, con la sola astensione della Cina, la Risoluzione 1244 che poneva fine alla guerra in Kosovo, sospendendo la Sovranità di Belgrado sulla provincia e dando il via al dispiegamento delle forze NATO nella Regione. Il documento è stato approvato, con un travagliato consenso tuttora rintracciabile nella terminologia del testo giuridico, unico e supremo quadro normativo che autorizza il Segretario Generale a stabilire nella provincia del Kosovo Methoja, un amministrazione civile transitoria guidata dalle Nazioni Unite. 11 Per quanto riguarda la Cina la decisione di astenersi dal voto va ricercata nel gelo diplomatico creatosi con gli Stati Uniti dopo l episodio, definito un incidente dagli USA, del 7 maggio 1999, quando un missile statunitense colpì l ambasciata cinese a Belgrado. Il dibattito e le tensioni all interno al Consiglio di Sicurezza non riguardano soltanto il caso della Cina ma anche molti altri paesi che non erano stati favorevoli all intervento militare e non condividevano la linea di Washington. All inizio dell Operazione Allied Force durante le discussioni tenutosi all interno del Consiglio di Sicurezza, dal 24 al 26 marzo 1999, oltre alla Repubblica Federale di Jugoslavia dichiararono illegali le azioni della NATO anche Russia, Namibia, Cina, Bielorussia, India, Ucraina e Cuba. Il testo della Risoluzione si apre con un preambolo che sottolinea come l obiettivo della risoluzione è risolvere la grave crisi umanitaria in Kosovo, Repubblica Federale di Jugoslavia, e provvedere al sicuro e al libero ritorno di tutti i rifugiati e gli sfollati dalle proprie case. 12 Il testo presenta un attenzione particolare alla tragedia umanitaria in corso in Kosovo: oltre al diritto dei profughi di rientrare nelle proprie case vengono condannati tutti gli atti di violenza contro la popolazione e tutti gli atti terroristici compiuti da entrambe le parti. 11 Maria Catena: La Missione Onu in Kosovo: mantenere o fare la pace? La Comunità Internazionale Fasc.4/2001. Marina Catena è stata Consigliere del Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per l UNMIK dal luglio 1999 al febbraio Il testo completo della Risoluzione 1244 è scaricabile dal sito internet dell UNMIK 16

17 La risoluzione 1244 si basa su due documenti principali che sono contenuti nel testo stesso come annessi. Il primo, l annesso 1, è la dichiarazione sottoscritta, il 6 maggio 1999, dai ministri degli esteri del G-8 alla conclusione dell incontro di Helsinki. 13 Il secondo pilastro su cui poggia il testo giuridico è costituito dai principi contenuti nei punti dall 1 al 9 del documento presentato dall ONU e approvato dal Parlamento Jugoslavo il 3 giugno Oltre al richiamo alla tragedia umanitaria, all interno del preambolo viene riaffermata la sovranità e l integrità territoriale della Repubblica Federale Jugoslava e degli altri stati della Regione come previsto dall Atto finale di Helsinki. Sottolineando come la situazione continui a costituire una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale l ONU attraverso la risoluzione chiede a Belgrado di porre immediatamente fine alle violenze e alla repressione in Kosovo. Contemporaneamente si chiede di iniziare e completare, secondo una rapida tabella, la ritirata di tutte le forze militari, paramilitari e di polizia. Dopo la completa ritirata sarà permesso a personale militare e di polizia Serbo di rientrare in Kosovo, in accordo con l Amministrazione Internazionale. Il cuore della Risoluzione è però rappresentato dal dispiegamento in Kosovo di una presenza internazionale civile (UNMIK) e di sicurezza (K-FOR). Il compito dell UNMIK è provvedere all amministrazione ad Interim del Kosovo favorendo la sostanziale autonomia dei Kosovari all interno della Repubblica Federale Jugoslava. Un amministrazione transitoria per controllare e favorire lo sviluppo di istituzioni democratiche di auto-governo, creando le condizioni di una vita pacifica e normale. Il documento prevede la nomina di un Rappresentante Speciale del Segretario Generale della Nazioni Unite come responsabile dell UNMIK. Il Segretario Generale dell ONU, come referente, è tenuto ad informare periodicamente il Consiglio di Sicurezza, circa la situazione nella regione e il lavoro dell Amministrazione Internazionale. La Risoluzione definisce i compiti principali dell UNMIK: promuovere la sostanziale autonomia e auto-governo in Kosovo, svolgere le funzioni di base dell amministrazione civile, favorire il passaggio dei poteri verso le nuove 13 vedi pag-9 14 Il punto 10 degli accordi non sottoscritto da Belgrado prevedeva l accettazione da parte della Repubblica Federale Jugoslava di un tabella per il ritiro dei soldati e affermava che gli attacchi NATO sarebbero terminati solo dopo aver verificato l inizio del ritiro. 17

18 istituzioni locali, supportare la ricostruzione delle infrastrutture civili ed economiche, favorire il lavoro delle Organizzazioni Internazionali per risolvere la tragedia umanitaria, proteggere e promuovere i diritti umani, favorire il ritorno dei profughi. L UNMIK deve operare collaborando con la presenza di sicurezza internazionale (K-FOR), che deve essere dispiegata sotto il comando unificato della NATO. I compiti della K-FOR riguardano prima di tutto il porre fine alle ostilità, favorendo la ritirata dell Armata Popolare e stabilendo un ambiente sicuro per il ritorno dei profughi e per il lavoro delle organizzazioni umanitarie. Alla K-FOR è inoltre riservato un compito molto delicato: procedere alla smilitarizzazione del KLA e degli altri gruppi armati del Kosovo, di cui si chiede la sospensione immediata di tutte le attività. Per favorire la ripresa economica della regione, le Nazioni Unite appoggiano il lavoro della UE e delle Organizzazioni Internazionali per l implementazione di un Patto di Stabilità per il sud-est Europa. La Risoluzione stabilisce inoltre che l embargo sulla vendita di armi alla Repubblica Federale Jugoslava, stabilito dalla Risoluzione 1160, non sarà applicata alle armi e al materiale utilizzato dalla presenza internazionale civile e di sicurezza. Per quanto riguarda, invece, il futuro del Kosovo si chiede all UNMIK di facilitare un processo politico per determinare lo Status Futuro del Kosovo, tenendo conto degli accordi di Rambouilliet 15. La presenza civile e Internazionale è stabilita per un periodo iniziale di 12 mesi, prorogabile fino a quando il Consiglio di Sicurezza lo riterrà necessario. PROBLEMI E AMBIGUITA DELLA RISOLUZIONE Vedi pag 9 18

19 L intervento militare della NATO in Kosovo ha destato scalpore all interno della Comunità Internazionale e ha acceso numerosi dibattiti tra gli studiosi. Il motivo è legato all eccezionalità di questo conflitto. La missione Allied Force ha rappresentato la prima missione offensiva della NATO contro uno stato sovrano, senza l approvazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e in violazione dei principi sanciti dalla Carta dell ONU. L art 51 della Carta delle Nazioni Unite stabilisce, infatti, che esiste un solo caso in cui è consentito l uso unilaterale della forza: l auto-difesa. 16 L intervento in Kosovo ha fatto emergere una questione molto importante: il rapporto tra sovranità e diritti umani. Con questo intervento per la prima volta nella storia delle Relazioni Internazionali si è parlato di Guerra Umanitaria, ovvero un azione militare realizzata per salvaguardare i diritti umani di una determinata popolazione. Questo conflitto ha dimostrato l attrito tra le vecchie norme della società internazionale, basate sulla politica del bilanciamento del 1945, racchiuse nella carta delle Nazioni Unite, e norme nuove che vedono la presunzione di eguali diritti di sovranità come una barriera all effettiva regolazione internazionale. 17 Sulla legittimità o meno dell intervento NATO in Kosovo si è ampiamente scritto, chiedendosi se dietro il concetto di ingerenza umanitaria non si celi piuttosto il tentativo di moralizzare o legittimare l uso della forza militare; o se invece le situazioni di emergenza umanitaria (quando sussista una grave violazione dei diritti umani), in quanto equiparabili a situazioni di minaccia della pace, non autorizzino la Comunità Internazionale al ricorso alla forza. 18 I maggiori sostenitori di questa seconda linea interventista sono stati gli USA che hanno giustificato il loro intervento definendolo un imperativo morale di fronte alla tragedia che si stava consumando in Kosovo. Secondo l amministrazione Clinton, 16 Enrico Milano: Security Council Action in the Balkans: Reviewing the Legalità of Kosovo s Territorial Status,European Journal of International Law 2003, 14, 5, Nov, David Chandler: Kosovo and the Remaking of International Relations, The Global Review of Ethnopolitics, vol 1, n 4, Giugno 2002, Maria Catena: La Missione Onu in Kosovo: mantenere o fare la pace? La Comunità Internazionale Fasc.4/

20 la pulizia Etnica perpetuata dalle forze militari e paramilitari serbe nei confronti degli albanesi era tale da giustificare un intervento armato che obbligasse la Jugoslavia a porre fine alle violenze. La tutela dei diritti umani degli albanesi era considerato un diritto superiore rispetto al diritto di sovranità di Belgrado. Questa interpretazione del diritto internazionale era sostenuta dalla maggior parte dei paesi Europei che ritenevano necessario un intervento per porre fine alla guerra che continuava ad infiammare i balcani. Bisognava prevenire una catastrofe umanitaria, sosteneva il Cancelliere tedesco Gerhard Schroeder 19 mentre il Primo Ministro britannico Tony Blair la definiva una guerra combattuta non per il territorio ma per i valori 20 Fin dall inizio della missione aerea contro la Jugoslavia, però, molti paesi si opposero a questa idea condannando l attacco della NATO e invocando l intervento dell ONU. L 8-9 aprile 2000 i 114 ministri dei paesi partecipanti alla XIII Conferenza del Movimento dei Paesi Non Allineati, affermarono in un documento la loro condanna nei confronti dell intervento militare in Kosovo. Questa linea è stata ribadita alla conclusione dell incontro del Gruppo dei 77 paesi del Sud in cui si fece una chiara e netta distinzione tra Assistenza Umanitaria e Intervento Umanitario. Nel documento redatto in quell occasione si legge: Noi ribadiamo la necessità di mantenere una chiara distinzione tra assistenza umanitaria e ogni altra attività delle Nazioni Unite. Rigettiamo il così detto diritto di intervento umanitario, che non ha basi legali nella Carta delle Nazioni Unite o nei principi generali di diritto internazionale (.) Inoltre, riteniamo che l assistenza umanitaria dovrebbe essere condotta nel pieno rispetto della sovranità, dell integrità territoriale, e dell indipendenza politica di qualunque paese, e dovrebbe essere intrapresa in risposta alla richiesta o con l approvazione di questi Stati. 21 Alcuni studiosi hanno condannato l intervento NATO in Kosovo giudicandolo una violazione della Sovranità di Belgrado. Secondo Rogel: in questa guerra si è 19 Peter W. Rodman: The fallout from Kosovo, Foreign Affairs, vol 78, n 4, luglio-agosto, pag David Chandler: Kosovo and the Remaking of International Relations, The Global Review of Ethnopolitics, vol 1, n 4, Giugno 2002, Enrico Milano: Security Council Action in the Balkans: Reviewing the Legalità of Kosovo s Territorial Status, European Journal of International Law 2003, 14, 5, Nov,

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