Il collegato al lavoro: quali scenari? La conciliazione giudiziale e il nuovo regime delle sanzioni nel contratto di lavoro a tempo determinato
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- Simona Lillo
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1 La conciliazione giudiziale e il nuovo regime delle sanzioni nel contratto di lavoro a tempo determinato
2 Art. 31, comma 4: all art. 420, primo comma, del codice di procedura civile, le parole: <<e tenta la conciliazione della lite>> sono sostituite dalle seguenti: <<, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva>> e le parole: <<senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione>> sono sostituite dalle seguenti: << o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio>>;
3 Art. 420, primo comma, c.p.c. nella formulazione post riforma: Nell udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, (e) tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva.
4 Segue: La mancata comparizione personale delle parti o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio ;
5 Qual è il giustificato motivo di rifiuto di una proposta transattiva formulata dal giudice????
6 Il nuovo collegato al lavoro: quali Attenzione: Siamo in presenza di una proposta transattiva formulata dal giudice all esito del tentativo di conciliazione; Una proposta transattiva, per definizione, non coincide con la vittoria della causa;
7 Valutabilità del rifiuto ai fini del giudizio >>> art. 116 c.p.c. la mancata comparizione personale della parte - all'udienza fissata ex art. 420 c.p.c. per l'interrogatorio libero da parte del giudice del lavoro non equivale ad ammissione dei fatti, ma costituisce mero elemento valutabile (nel contesto di ogni altro acquisito) dallo stesso giudice, ai fini della decisione;
8 Il rifiuto della proposta conciliativa del giudice può assumere lo stesso rilievo (art. 116 c.p.c.), ma soprattutto può rilevare nell ambito della regolamentazione delle spese del giudizio come disciplinata dal nuovo testo degli artt. 91 e 92 c.p.c.;
9 Art. 91, primo comma, c.p.c., Condanna alle spese: il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell altra parte e ne liquida l ammontare insieme con gli onorari di difesa. si tratta della regola generale secondo cui la parte soccombente subisce il carico delle proprie spese e deve rimborsare alla parte vittoriosa quelle da quest ultima sostenuta; pacificamente la giurisprudenza ravvisava una violazione di legge nella condanna al pagamento delle spese posta a carico della parte vittoriosa;
10 Art. 91, primo comma, seconda parte: Se accoglie la domanda in misura non superiore all eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell articolo 92 ;
11 Ratio della norma: Evitare che conciliazioni concretamente possibili siano rifiutate; Riforma funzionale alle esigenze di economia processuale, con finalità deflattiva sul contenzioso infondato o pretestuoso;
12 La condanna riguarderà solo le spese relative alla fase successiva alla proposta conciliativa, per cui: Le spese maturate fino alla proposta vanno liquidate e poste a favore della parte vittoriosa, mentre quelle successive vanno liquidate e poste a favore della parte soccombente;
13 Quando le spese maturate dalla parte vittoriosa fino alla proposta conciliativa siano più o meno equivalenti rispetto a quelle maturate dalla parte soccombente dopo la proposta conciliativa il giudice potrà anche compensarle per l intero;
14 Prima della riforma dell art. 420 c.p.c. si era posto il problema di stabilire quando una proposta conciliativa fosse congrua e dunque ingiustificato il suo rifiuto
15 E stata ritenuta incongrua (e quindi giustificatamente rifiutabile, rilevante solo ai fini della compensazione e non della condanna di cui al secondo periodo dell art. 91, primo comma, c.p.c.) una proposta sostanzialmente coincidente con il solo capitale accertato dal giudice (e non comprensiva degli accessori) oppure di poco inferiore a quanto accertato;
16 Un offerta congrua non deve invece necessariamente contemplare il riconoscimento delle spese di lite, purchè le spese sostenute non siano eccessive; Il sacrificio della mancata rifusione delle spese è compensato dall attuazione del diritto in tempi celeri;
17 In caso di rateizzazioni o di dubbi sulla solvibilità del debitore la valutazione relativa alla ravvisabilità di un giustificato motivo di rifiuto deve essere compiuta di volta in volta;
18 L art. 412, terzo comma, c.p.c. già consentiva al giudice di tener conto, in sede di decisione sulle spese, delle risultanze del verbale di mancata conciliazione; L art. 91 c.p.c. attribuisce rilievo ad una situazione diversa ovvero al rifiuto di una proposta conciliativa intervenuta nel processo (ad opera del giudice);
19 Art. 92, secondo comma, c.p.c.: Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti ;
20 Questa modifica è un po il frutto della mancata attuazione del principio della soccombenza e del largo ricorso alla compensazione; Con la L. 263/05 è stato affermato il dovere, per il giudice, di esplicitare nella motivazione i giusti motivi per la compensazione (SS.UU n );
21 A titolo esemplificativo (SS.UU n ): oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva; oggettive difficoltà di accertamenti in fatto idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti;
22 palese sproporzione tra l'interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste; un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali;
23 E stato osservato come un interpretazione letterale della norma possa portare alla sua sostanziale inapplicabilità; Per cui servirebbe a richiamare l attenzione sulla necessità di fare rigorosa applicazione della regola generale, ovvero quella della soccombenza, limitando al massimo la compensazione;
24 Art. 96, terzo comma, c.p.c. (condanna del soccombente ad una somma determinata): in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell articolo 91, il giudice, anche d ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata ;
25 la condanna può riguardate solo il soccombente; è facoltativa e pronunciabile d ufficio; può essere assunta anche in assenza di alcun danno ed in presenza di condotte diverse da quelle rilevanti ai fini della lite temeraria; ha carattere sanzionatorio nei confronti del soccombente il cui comportamento processuale si sia tradotto in un abuso del processo;
26 Es. Trib. Prato n. 386 (su Foro It. 1/2010): opposizione a D.I. pretestuosa ed infondata nel merito diretta solo ad ostacolare la realizzazione del diritto del creditore;
27 Art. 35, comma 5: nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell articolo 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604 ;
28 Il cambiamento rispetto al passato è evidente, in quanto l entità del risarcimento del danno conseguente alla illegittima apposizione del termine è prederminata dal legislatore nell ambito di una misura minima ed una massima;
29 La legge non incide sulla prima ed immediata conseguenza derivante dalla nullità del termine apposto al contratto di lavoro ovvero la sua conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; L inciso nei casi di conversione del contratto a tempo determinato sembra essere sufficientemente chiaro o comunque difficilmente superabile;
30 Art. 32, sesto comma: in presenza di contratti ovvero accordi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l assunzione, anche a tempo determinato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà ;
31 ha solo la funzione, a mio parere, di incidere sulla quantificazione della indennità; si presume che l inserimento in graduatoria abbia agevolato il lavoratore nel ricollocamento, riducendo il danno;
32 L azione diretta all accertamento della illegittimità del termine va qualificata come azione di nullità (parziale) del contratto e ad essa consegue la conversione in un rapporto a tempo indeterminato (come conseguenza della declaratoria di nullità della clausola appositiva del termine);
33 In ordine alle pretese economiche del lavoratore le sezioni unite della Corte di cassazione (2334/1991) hanno chiarito come, in linea con i principi generali dei contratti sinallagmatici, l'obbligazione retributiva costituisca necessariamente il corrispettivo della prestazione di lavoro, cosicché, quando la prestazione manchi per causa imputabile al datore di lavoro, il lavoratore può ottenere soltanto il risarcimento del danno (in linea generale, nella misura corrispondente alla retribuzione) subito a causa dell'impossibilità della prestazione cagionata dal rifiuto ingiustificato del datore di lavoro, concretante inadempimento contrattuale ai sensi e per gli effetti dell'art c.c.;
34 per ottenere il risarcimento è (era) necessario che il lavoratore si attivi per offrire l'esecuzione delle prestazioni, costituendo in mora il datore di lavoro nelle forme di cui all'art c.c. (la giurisprudenza della Corte ha fatto costante applicazione dei principi sopra enunciati, v. tra le numerose decisioni, Cass. 5932/1998: 5821/2000; 14882/2000; 10782/2000; 12697/2001; 9962/2002: 17524/2002);
35 Con la riforma l entità del risarcimento è predeterminata, sembra essere introdotta una presunzione ( juris ed de jure??) dell entità (ancorché compresa tra un minimo ed un massimo) del danno; Non c è più spazio per l aliunde perceptum in senso proprio, sarà solo un elemento valutabile dal giudice ai fini della quantificazione della indennità;
36 I criteri per la determinazione saranno quelli di cui all articolo 8 L. 604/66 ovvero: numero di dipendenti occupati, dimensione dell impresa, anzianità di servizio del prestatore di lavoro, comportamento e condizioni delle parti; La fattispecie non è completamente sovrapponibile;
37 Profili di illegittimità costituzionale? l art. 4 bis d.lgs. 368/01 (come introdotto dall art. 21, comma 1 bis, d.l. 112/08 conv. in l. 133/08), che aveva previsto unicamente l obbligo di indennizzare il prestatore di lavoro con un indennità compresa tra 2,5 e 6 mensilità, è stato dichiarato incostituzionale per la disparità di trattamento, dovuta all applicazione della norma ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge;
38 La previsione attuale si applicherebbe a tutti i giudizi in corso (art. 32, comma sette), farebbe salva la conversione, per cui non sembra porre problemi di incostituzionalità, ma solo di pesanti ricadute sui giudizi in corso, essendo dubitabile che la Corte di cassazione proceda ad accertamenti di fatto relativi alla determinazione della indennità.
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