La ricerca sul campo
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- Lia Assunta Cocco
- 7 anni fa
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1 La ricerca sul campo Per la ricerca sul campo è stata utilizzata la Carta Idrografica del 1887 dell Istituto Geografico Militare, costruita sulla mappa di primo impianto, contemporaneamente a moderne cartografie escursionistiche e, dove possibile, alla cartografia IGM a scala 1:5.000 per la ricerca dei toponimi. La difficoltà di lettura stava nel sovrapporre le due carte, in quanto le denominazioni sono spesso diverse rispetto alle carte più moderne. La ricerca è durata molto a lungo. Per compiere l attività di ricerca occorreva che la vegetazione non fosse eccessivamente rigogliosa, e dunque il periodo era limitato alle stagioni invernale, autunnale e inizio primaverile. Spesso i mulini sono stati individuati in zone totalmente abbandonate e lontane dalle abitazioni. Per questi mulini la ricerca poteva durare anche qualche settimana. In molti casi il ritrovamento del mulino è avvenuto per la presenza di tracce di mulattiera che portavano al mulino stesso. In altri casi sono stati gli abitanti delle zone limitrofe ad indicare la posizione del mulino, abitanti che in alcuni casi mi hanno accompagnato di persona. Dei mulini censiti, alcuni erano in buono stato di conservazione, mentre per altri rimaneva spesso solo la macina a testimoniarne la presenza. Quando un mulino era da ricercare nelle vicinanze di un centro abitato, spesso si trovava una costruzione che aveva cambiato totalmente la destinazione d uso, mediante opere di restauro per nulla rispettose della struttura e funzione originaria della costruzione. Alcuni dei mulini più antichi della Val Trebbia sono stati trasformati in abitazione moderna, senza lasciare alcuna traccia della struttura originaria. Forse, con una politica di protezione di queste opere di architettura rurale, (opere che testimoniano una civiltà ormai scomparsa), sarebbe stato possibile salvare ciò che è rimasto dei mulini della media e alta Val Trebbia. Il recupero di qualche mulino lascerebbe alle generazioni future una testimonianza della civiltà contadina della montagna, con evidenti funzioni educative e didattiche. Il recupero anche soltanto strutturale di qualche mulino, permetterebbe di disporre di opere per lo sviluppo turistico del territorio, come per esempio musei della civiltà contadina, ostelli, sale conferenze. A questo proposito ritengo doveroso esprimere la mia gratitudine per quelle persone, spesso anziane, che hanno dedicato intere giornate per accompagnarmi a visitare mulini di cui ormai solo loro conoscono l esistenza. I
2 Elementi di cartografia storica I primi esempi di cartografia storica relativa alla Val Trebbia risalgono alla fine del XV secolo: sono alcuni disegni della riviera del torrente Cordarezza, affluente destro del F. Trebbia: il documento trattava di una vicenda giudiziaria relativa alla morte di una giovane donna presso il mulino di Coli. La carta è stata rinvenuta presso l archivio di Stato di Parma (Confini, busta 266/1, dis. 1005). Fig. 1 Particolare del disegno datato 1472.
3 Le mappe risalenti al XV sec. sono acquerellate e di grande effetto, con un ricco corredo di note esemplificative. Gli opifici, come gli altri edifici, sono raffigurati in alzato, con un tratto stilizzato e caratterizzati dall elemento di maggior distinzione costituito dalla tipica ruota in legno. Pur nella imprecisione topografica, l immediatezza del segno consente una informazione assai significativa sulle relazioni tipologicoambientali. Fig.2 Disegno raffigurante il mulino di Coli (XV-XVI sec.) Tra il XV ed il XVI secolo prevalgono i disegni relativi a zone di confine. Una tipologia cartografica di notevole importanza reca come titolo Delimitazione topografica dei confini della provincia dell oltrepò Stato di S.M. Re di Sardegna col piacentino Stato di S.A.R.D. Filippodi Borbone Infante di Spagna duca di Parma.
4 Fig. 5 Titolo della carta del 1821 Fig. 6 particolare della carta (sulla destra il mulino di Marsaglia).
5 Per avere una cartografia di maggior dettaglio e precisione occorre esaminare il catasto geometrico-particellare conservato presso l Archivio di Stato di Piacenza, fatto realizzare da Maria Luigia d Austria nel 1821 per i territori dipendenti. Il modello di riferimento è dunque il Catasto Cessato, che costituirà la base su cui si imposteranno i rilievi catastali e gli aggiornamenti, ancora correnti, di fine Ottocento. I rilievi, in scala 1:2000, consentono una verifica completa e circostanziata del patrimonio edilizio esistente all epoca. I mulini sono chiaramente identificabili, sia per la precisa indicazione delle opere di derivazione sia per le denominazioni che ad essi si riferiscono. Fig. 3 Catasto cessato: il mulino di Villanova. Accanto a questo rilievo, ci si può avvalere anche dell eccellente carta topografica dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla levata sulla base di misure trigonometriche negli anni , sempre sotto il governo di Maria Luigia, ed incisa in Milano a cura dell Istituto Geografico Militare dell Imperiale e Reale Stato Maggiore Generale Austriaco. La scala è nel rapporto 1:28800 e ne verrà poi eseguita una riduzione, che sarà quella diffusa, in scala 1: Questo documento è realizzato in tavolette
6 analoghe a quelle successive dell IGM, acquerellate a sfumo e con il riporto particolare di ogni elemento topografico. Con queste carte è stato possibile ricostruire l intera maglia della distribuzione dei mulini agli inizi dell Ottocento. Un altro contributo a questo studio è stato fornito dalla Carta Idrografica d Italia, edita nel 1888 dal Ministero di agricoltura, industria e commercio. Fin dal 1863 era stato avviato un esame generale sul sistema idraulico-agrario d Italia. Questo intervento, interrotto per vicende politiche e finanziarie, poté riprendere solo nel Nell ottobre 1877 si riuscì ad avere per ogni provincia una carta idrografica indicante la natura ed il numero degli opifici, oltre a diverse indicazioni sulle caratteristiche idrauliche degli stessi. Si pervenne quindi alla determinazione di pubblicare una carta generale, in fogli, per tutto il Regno. La carta dell Emilia, aggiornata al 1886, la prima ad essere edita nel Fu realizzata sulla base dei diversi elaborati provinciali in scala 1: e ridotta in scala 1: per analogia sia con la carta topografica dell IGM, sia con quella geologica (fig.4) La carta presenta comunque alcune imprecisioni relative alla localizzazione, soprattutto per la mancanza di ogni riferimento topografico che non sia la rete idrica ed alcuni abitati. Una verifica dei mulini costruiti o scomparsi tra gli inizi del XIX secolo e la metà del XX è stata inoltre resa possibile dalla puntuale analisi delle tavolette dell IGM. L uso di questi elaborati, in scala 1:25.000, oltre ad un indispensabile confronto con la Carta idrografica, permette una discreta ricognizione direttamente sul campo, fatte salve le modificazioni intervenute successivamente soprattutto nella rete viaria. Come già nella carta del Genio Militare Austriaco, gli opifici vi sono distinti con un elemento simbolico a forma di piccolo cerchio dentato. Anche la nomenclatura riflette la toponomastica locale, precisando ulteriormente il significato dei segni: tra le denominazioni generiche ricorrono infatti Il Molino, Le Mole, il Molinello.
7 Le fonti orali La raccolta di una parte dei dati e delle informazioni economiche e di tutte quelle relative agli aspetti tecnici e linguistici sui mulini della Val Trebbia è stata effettuata tramite l inchiesta diretta sul campo. Quattro mugnai sono stati intervistati, tra questi i coniugi Barbieri di Aglio, proprietari dell opificio oggetto del progetto di conservazione e riuso. La relativa limitatezza numerica di mugnai, è dovuta alla scomparsa pressochè totale dell ultima generazione che ha lavorato all interno degli opifici in attività da cinquecento anni e ormai abbandonati. Si tratta ormai di prendere atto di una macroscopica e generalizzata scomparsa delle persone un tempo addette ai cicli di lavoro tradizionale (della terra, delle acque, dei mestieri) praticati anteriormente alla meccanizzazione: con il loro progressivo e quasi ultimato dissolvimento, chi è stato protagonista di quelle attività o le ha da anni abbandonate, cambiando lavoro se generazionalmente nella condizione di farlo, o ha già cessato o sta cessando di vivere. E dato che, come conseguenza, non sono più attivi quella trasmissione orale e quell apprendimento delle conoscenze tecniche (e non), che garantivano continuità e vitalità ai diversi cicli di lavoro, plurisecolari saperi della prassi si sono definitivamente perduti (stiamo consumando proprio in questi anni le ultime occasioni per documentare e testimoniare quell immenso patrimonio storico, tecnico-economico ed etnoantropologico: non ci sono alibi per chi, responsabile di enti di ricerca o di istituzioni di cultura del settore, traccheggia e non promuove sistematiche raccolte di dati mediante audio, video, registrazioni, dai costi oltretutto molto contenuti). Ci si è rivolti ai mugnai sopravvissuti, ancora abitanti in loco. Di fronte al degrado inces sante degli ultimi opifici, allo smantellamento o alla loro distruzione compiuta talvolta dagli stessi mugnai o ex-mugnai o al mercato che ne viene fatto da parte di nuovi propietari.
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