1. Il regime assicurativo

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1 Abstract della Tesi di Laurea della Le forme neoplastiche come malattie professionali: limiti diagnostici e indennizzabilità Riassunto: Il testo presenta l argomento delle neoplasie professionali sviluppato nella tesi di Laurea dell autrice che ha affrontato in modo particolare non solo l aspetto clinico della materia ma soprattutto i profili di carattere assicurativo, normativo ed indennitario descrivendo la criteriologia a cui è subordinata l erogazione dell indennità, le difficoltà che emergono specie in riferimento alle malattie professionali non tabellate, nonché l evoluzione e i mutamenti di orientamento che si sono riscontrati nella giurisprudenza e che hanno modificato così profondamente il sistema indennitario. 1. Il regime assicurativo L esigenza di offrire un adeguata tutela per i casi di malattia professionale, vale a dire le forme morbose indotte dal contatto prolungato nel tempo tra un agente lesivo presente in ambito lavorativo e l organismo del lavoratore, ha portato il Legislatore ad intervenire al fine di introdurre nell ordinamento un regime assicurativo obbligatorio ed un conseguente trattamento indennitario da applicarsi secondo quanto disposto dal T.U. n del La normativa ha subito una serie di importanti modifiche la cui ultima in ordine di tempo risale al 2004 quando sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 10 giugno è stato pubblicato il Decreto 27 aprile contenente la nuova lista delle malattie professionali, la cui particolarità è quella di aver operato una suddivisione sulla base dell elevata o della limitata probabilità che la patologia abbia un origine professionale.

2 2. I tumori come malattia professionale Le forme neoplastiche assumono la denominazione di tumori professionali qualora la loro eziopatogenesi sia riconducibile ad un esposizione a sostanze chimiche o a radiazioni, avvenuta in ambito lavorativo. La cancerogenesi da agenti fisici presenti in ambito professionale è stata poco studiata fino al secondo dopoguerra per il limitato uso delle radiazioni a livello industriale. Per la cancerogenesi di origine chimica la maggior parte delle informazioni sull effetto oncogeno delle sostanze di uso lavorativo sono state acquisite a seguito di studi che hanno indagato l effetto di esposizioni verificatesi già a partire dai primi decenni del secolo e condotti su larghe coorti di lavoratori. Alla classificazione dei cancerogeni chimici presenti in ambito lavorativo sono da ascrivere composti che appartengono al mondo organico quali idrocarburi aromatici policiclici, ammine aromatiche, cloruro di vinile monomero e al mondo inorganico come alcuni metalli ed i loro composti (cromo, nichel, berillio ecc.). 3.Difficoltà di riconoscimento Il sistema per l erogazione dell indennizzo gestito dall I.N.A.I.L. con cui l Ente assicuratore assegna le prestazioni economiche in caso di malattia professionale o inabilità al lavoro, si basa sul presupposto della riconducibilità eziologica della patologia neoplastica al verificarsi dell esposizione ad agenti cancerogeni presenti nell ambiente di lavoro, requisito che rientra sotto la denominazione di nesso di causalità. Esaminando i tumori professionali nell ambito di un più ampio raggio di malattie professionali la caratteristica che immediatamente emerge è quella di una indistinguibilità sotto il profilo clinico e anatomo-isto-patologico dei tumori di origine occupazionale rispetto a quelli ad eziologia sconosciuta. Stabilire l eziologia di una forma neoplastica professionale ed arrivare così ad affermare che una sostanza o un tipo di attività siano la causa certa di tale patologia, si dimostra essere un compito estremamente complesso ed in

3 alcuni casi quasi impossibile, dato che la diagnosi risulta puramente eziologica e basata sull ammissibilità che la pregressa esposizione lavorativa ad una sostanza oncogena sia stata sufficiente ad esercitare un ruolo nell induzione della malattia. Di conseguenza si dimostra arduo riconoscere la relazione di causa-effetto tra l esposizione professionale e la neoplasia, per cui accade che spesso tale relazione sia misconosciuta e difficilmente dimostrabile. Questi rilievi rendono quindi particolarmente complessa l identificazione dell origine di queste patologie e motivano la diffusa opinione che le forme neoplastiche professionali siano malattie aspecifiche La cancerogenicità delle sostanze: Nell iter che mira a dimostrare l origine professionale di una forma neoplastica le maggiori difficoltà si evincono dalla natura delle sostanze coinvolte nel processo di cancerogenesi le cui caratteristiche oncogene non sono sempre note. Per esprimersi in merito alla capacità cancerogena di una sostanza ci si basa sulle classificazioni condotte dai vari organismi internazionali come l International Agency for Research on Cancer (IARC) o la Commissione Tossicologica dell Unione Europea che le hanno catalogate istituendo gradi diversi di evidenze compresi tra la certezza, la probabilità, la possibilità e la non cancerogenicità. Quando una sostanza viene definita appartenente al Gruppo 1 IARC (l agente è cancerogeno accertato per l uomo) o al Gruppo 2A IARC (l agente è un probabile cancerogeno per l uomo) la ricostruzione del nesso causale impone solo di documentare che le mansioni del lavoratore siano state svolte in un ambiente contaminato dall agente in questione. Nel caso in cui la sostanza rientri tra quelle inserite nel Gruppo 2B IARC (l agente è un possibile cancerogeno per l uomo) e la patologia tumorale non trovi riscontro eziologico nella tabella delle malattie ad origine professionale

4 riconosciuta, l onere della prova circa l esistenza del nesso di causalità è a carico del lavoratore che dovrà quindi essere in grado di procedere non solo all identificazione di una causa idonea a produrre l effetto cancerogeno ma dovrà provare l avvenuta esposizione. In questi casi, allo scopo di pervenire ad un tale risultato, è necessario approfondire le conoscenze sulla sequenza temporale che consente di individuare in maniera consequenziale la causa e l evento causale, cioè l elemento che permette di stabilire l effettivo collegamento tra la causa stessa e l effetto patologico (Figura 1) L esposizione: Le valutazioni dell esposizione invece si basano sulla relazione tossicologica descritta nella curva dose-risposta in base alla quale ad un aumento della dose corrisponderà un proporzionale aumento della risposta, in questo caso patologica, per cui si può correttamente affermare che ciò che consente di evolvere nel giudizio dal grado della probabilità e possibilità a quello della certezza non si riferisce solo alla sostanza come presunta causa del tumore, bensì alla dose di essa a cui il soggetto è stato esposto. Alla quantificazione della dose di cancerogeno assunta dal lavoratore concorrono due elementi, ovvero la concentrazione ambientale della contaminazione presente nel luogo di lavoro moltiplicata per l effettiva durata dell esposizione, componenti che hanno una differente valenza: mentre la prima ha valore probante ed assoluto (è sufficiente che ne venga accertata solo la reale esistenza o meno), la seconda ha carattere relativo poiché deve risultare compatibile con il tempo di latenza, in altre parole l intervallo temporale che intercorre tra l inizio dell esposizione e l insorgenza della malattia.

5 Figura 1: Sequenza degli eventi per stabilire il nesso di causalità tra causa ed effetto nell esposizione a sostanze tossiche EVENTO CAUSALE (esposizione) CAUSA EFFETTO Sostanza Agente Lesivo Malattia componente NECESSARIA EVENTO CAUSALE (esposizione) componente SUFFICIENTE intensità durata

6 La ricostruzione del nesso di causalità, che appare in teoria molto semplice e lineare, in pratica risulta estremamente complessa per la presenza di ostacoli e di difficoltà che rendono non accessibili i diversi elementi conoscitivi che lo caratterizzano. La mancanza di informazione può riguardare la difficoltà di identificare la causa, ma può anche sussistere incertezza nell attribuire ad una sostanza una proprietà cancerogena, inoltre non sempre è possibile ricostruire con certezza quando si é verificata l esposizione al cancerogeno (la cui natura deve risultare adeguata per durata temporale ed intensità), specie nel caso in cui il lavoratore abbia svolto differenti attività e qualora il tempo di latenza che caratterizza la forma tumorale sia particolarmente lungo. Un contributo significativo che mira ad alleggerire e facilitare la posizione probatoria del lavoratore affetto da neoplasia non tabellata, si è dimostrato essere il D.Lgs. 626/94 dove all art. 70 è prevista la redazione del Registro degli Esposti a sostanze cancerogene. Questo documento contiene tutti i dati sanitari e le informazioni riferibili non solo ai lavoratori classificati come esposti (che saranno così sottoposti ai protocolli di sorveglianza sanitaria), ma anche a coloro che risultino solo potenzialmente esposti o ex-exposti, categoria che comprende tutti coloro per i quali l esposizione a sostanze cancerogene si sia verificata accidentalmente. La compilazione e l aggiornamento competono al datore di lavoro che si avvale della collaborazione del Medico Competente. La creazione del Registro degli Esposti non risponde solo ad un esigenza di prevenzione nei confronti dei rischi connessi all uso di sostanze pericolose, ma la ratio che ha portato il Legislatore ad imporne la redazione permette al lavoratore che contragga una neoplasia professionale non tabellata di poter disporre di una serie di informazioni sulla natura della sostanza e sulle circostanze di esposizione che si riveleranno di estrema importanza rendendo così meno complesso affrontare l onere della prova su di lui gravante 1. 1 I lavoratori interessati possono chiedere la consegna delle annotazioni contenute nel Registro.

7 L obiettivo di identificare con maggiore chiarezza le circostanze che hanno determinato l insorgenza della patologia, i dati contenuti nel Registro degli Esposti vengono incrociati con le informazioni ricavate dal Registro Nazionale Tumori dove sono raccolte le segnalazioni di neoplasia riferite ad una zona geografica. Le prime fonti di segnalazioni sono gli Osservatori Epidemiologici (1), le A.S.L. (2) e i Registri dei Tumori Regionali (3) e in seguito la massa informativa viene convogliata nel Registro Nazionale Tumori (4). A questo punto subentra l Istituto Superiore per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro (I.S.P.E.S.L. 6) separando le segnalazioni dei tumori professionali sulla base dei dati dei Registri Nazionali Tumori e di quelli dei Registri degli Esposti compilati dai datori di lavoro. Figura 2. Schema dei flussi informativi per la gestione dei dati in entrata relativi alla malattia neoplastica. Datore di lavoro (Registro degli Esposti) (5) Osservatori Epidemiologici (1) A.S.L. (2) Registro Regionali Tumori (3) Registro Nazionale Tumori (4) I.S.P.E.S.L. (6)

8 Il punto nevralgico attorno al quale ruota l intero meccanismo indennitario è rappresentato dalla riconoscibilità.dell origine professionale della patologia, resa particolarmente difficile non solo dall assenza di stimmate cliniche in grado di differenziarla rispetto ad una neoplasia ad eziologia extralavorativa, ma anche dal tempo di latenza che caratterizza le forme neoplastiche, a volte molto lungo, nonché dal ruolo giocato da fattori concausali per cui è possibile che una neoplasia polmonare si manifesti in un lavoratore esposto a cancerogeni ma che contemporaneamente era esposto ad un fattore dotato di ruolo concausale nell insorgenza del tumore come l abitudine voluttuaria al fumo di sigaretta. L esistenza di una tale circostanza in grado di determinare la patologia solleva diversi interrogativi a cui non è semplice dare risposta soprattutto in riferimento alla necessità di stabilire se tale circostanza abbia agito nella patogenesi quale fattore di confondimento o fattore sinergico. L interazione tra esposizione lavorativa e condizioni di rischio extraprofessionali può dare origine sia ad un effetto additivo (somma tra l azione dei cancerogeni) come dimostrato dagli studi sul radon (anche se è possibile che si verifichi un effetto di potenziamento per la riduzione del tempo di latenza in caso di neoplasia polmonare), sia ad un effetto moltiplicativo (prodotto tra l azione dei cancerogeni) evidenziato dai diversi studi (anche se non sempre con risultati univoci) che si sono occupati di analizzare l interazione tra esposizione ad amianto, carcinoma polmonare e fumo di sigaretta. In questi casi la difficoltà maggiore che si riscontra è quella di stabilire il peso delle diverse situazioni come causa della comparsa del tumore, per definire a quale ambito sia prevalentemente riconducibile l insorgenza della forma neoplastica, cioè quale sia il ruolo e il peso del fattore professionale rispetto a quelli extra professionali.

9 4. Il ruolo della Giurisprudenza Ai fini del riconoscimento indennitario della tecnopatia si delinea una trilogia di criteri: il riconoscimento della causa della malattia, con riferimento all agente eziologico che la determina; l identificazione delle lavorazioni che espongono il lavoratore all azione della sostanza e la definizione del periodo massimo di tempo che intercorre tra l insorgenza della malattia e la cessazione dell attività lavorativa, intervallo che per le neoplasie è invece illimitato. Un analisi che si proponga di sondare le problematiche che emergono dal tema dell indennizzabilità delle forme neoplastiche non può dirsi completa se tralascia di sottolineare il peso che la giurisprudenza ha avuto nell evoluzione della materia. L evoluzione della disciplina si snoda attraverso due momenti fondamentali rappresentati dal periodo antecedente e successivo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 18 febbraio Dal 1935 e fino al 1988 il regime indennitario è stato regolato dal sistema della lista sulla base del quale erano indennizzate le sole tecnopatie che risultassero inserite nelle classificazioni tabellari previste dalla legge (intossicazione da piombo, mercurio, fosforo, solfuro di carbonio, benzolo, infezione da carbonchio). Paradigmatica della corrente giurisprudenziale di quegli anni si dimostra la pronuncia della Corte di Cassazione 2 n del 1987 in base alla quale l affermazione della natura professionale di una malattia (nella fattispecie si trattava di una neoplasia laringea chirurgicamente asportata) presuppone l accertamento dell inclusione della stessa malattia in una delle voci previste dalla tabella di cui all art. 3 del D.P.R. 30 giugno 1965 n Attraverso la sentenza n. 179/1988 la Corte, che in passato aveva sancito la legittimità costituzionale del regime tabellare rispetto all art. 38 della 2 Cassazione civile, sez.lav. 2 marzo 1987, n (Pastorelli c. Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato).

10 Costituzione,(vedi Sentenza 27 giugno n. 206 del 1974) cambia radicalmente orientamento dichiarando illegittimi il primo comma degli artt. 3, 211 e 134 del T.U. n. 1124/65. A seguito della predetta sentenza si verifica quindi il passaggio da un sistema chiuso ad uno di tipo misto che consente di ampliare la tutela in tema di tecnopatie estendendola sia alle malattie non tabellate sia a quelle che pur essendo inserite nelle classificazioni previste dal T.U. si manifestano oltre i termini di indennizzabilità stabiliti. Con questa pronuncia si realizza un passaggio importante nel sistema indennitario che da chiuso qual era si modifica nelle sue componenti essenziali per diventare misto, in questo modo vengono ad essere tutelate non soltanto le malattie tabellate, di cui si presume la natura professionale, ma anche quelle di cui si provi la causa di lavoro 3. Le sentenze emesse negli anni successivi rispecchiano i cambiamenti che la decisione della Corte Costituzionale aveva indotto nel sistema indennitario, come dimostra la pronuncia della Cassazione n del 1991secondo cui in mancanza di malattia professionale tabellata contratta nell esercizio di lavorazioni tabellate, va verificato in concreto l eventuale nesso di causalità tra malattia e attività lavorativa dell assicurato; per cui la neoplasia polmonare può essere inclusa tra le malattie causate da piombo ( di cui alla voce n. 1 della tabella allegata al D.P.R. n. 482 del 1975) se il nesso di causalità tra la specifica sostanza morbigena tabellata (piombo) e detta malattia venga stabilito in base a dati (anche epidemiologici) ritenuti affidabili dalla scienza medica. Non poche sentenze si sono pronunciate sul riconoscimento dell origine professionale di forme patologiche a carattere neoplastico e, attraverso il filtro giurisprudenziale, hanno sondato alcune delle più controverse questioni soprattutto alla luce dei nuovi orientamenti successivi alla pronuncia della Corte Costituzionale che ha in maniera così incisiva portato al cambiamento strutturale del sistema indennitario. 3 Tribunale di Ravenna, 13 aprile 2000 (Laghi e altri c. Inail e altro).

11 Tra queste citiamo le più significative come la sentenza che ha concluso i fatti di Porto Marghera, che ha goduto di grande visibilità anche pubblica, e la sentenza che ha visto imputata la fabbrica IPCA di Cirié, la prima in ordine di tempo relativa a fatti svoltisi nel I fatti che portarono la sentenza di Porto Marghera ad essere oggi reputata la più importante decisione in tema di cancerogenesi professionale iniziano intorno agli anni 50 quando la società Montedison apre uno stabilimento per la lavorazione del cloruro di vinile monomero, principalmente utilizzato per la produzione di polivinile di cloruro, una resina impiegata in molteplici settori. La pericolosità del cloruro di vinile è evidenziata la Direttiva CEE n del 1 settembre 1993 che la classifica sostanza R45 (può provocare il cancro) ed R12 (estremamente infiammabile) nonché dalle nomenclatura della IARC e della Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale che lo inseriscono nel gruppo 1. Molti anni trascorsero prima che un ex dipendente denunciasse le condizioni in cui i lavoratori erano costretti ad operare dando il via al più importante processo riguardante casi di malattia professionale. A sostegno della denuncia venne presentata una ampia documentazione attestante come nel periodo compreso tra il 1970 e il 1980 dei 424 addetti agli impianti di polimerizzazione il 19,81% (84 di essi) fossero deceduti e che per 68 di essi il decesso fosse ascrivibile a forme neoplastiche che avevano interessato fegato, laringe e polmoni, tutte sedi che la letteratura scientifica e specialistica individuava come organo bersaglio per i tumori provocati da cloruro di vinile e polivinile di cloruro. L aspetto che ancora oggi è fonte di aspre controversie giuridiche, mediche e sociali risiede nel verdetto che assolse i vertici Enichem e Montedison stabilendo che al momento del fatto (1973) s ignorava la pericolosità e, nello specifico la cancerogenicità di tali sostanze, pertanto sulla base di queste premesse i casi di malattia o di morte verificatisi prima di detto periodo non potevano reputarsi penalmente perseguibili.

12 La peculiarità della vicenda dell Industria Piemontese dei Colori di Anilina (IPCA) è prima di tutto cronologica, costituisce infatti uno dei primi processi riguardanti lesioni e morte come conseguenza di malattia professionale, in anni in non esisteva ancora una vera e propria legislazione a difesa della salute e della sicurezza dei lavoratori e il sistema indennitario chiuso era nel suo piena vigenza. All IPCA i colori si producevano con sostanze quali la beta-naftilamina, la benzidina, quelle stesse sostanze che solo molto tempo dopo verranno riconosciute responsabili dell insorgenza di carcinomi alla vescica e il cui uso che oggi è vietato dall Allegato VIII quinquies del D.Lgs. 25/02. L indagine condotta da due ex lavoratori, diventata poi fulcro centrale della denuncia, riportava proprio come fosse stato riscontrato un numero consistentemente alto di decessi all interno della realtà aziendale dell Industria Piemontese e di come tutti i decessi fossero ascrivibili a carcinomi vescicali. La sentenza emessa nel 1977 ha riconosciuto il nesso tra esposizione a benzidina e neoplasia vescicale condannando l azienda per quelle morti. La vicenda nella sua tragicità ha contribuito in maniera determinante all elaborazione di una normativa specifica riguardante le industrie del settore chimico, costituita da due circolari del Ministero ella Sanità e da una precisa disciplina riguardante le ammine aromatiche, in seguito aggiornata dal D.Lgs. 25/02, che, pur avendo abolito de circolari ha fatto salvi i criteri generali di valutazione del rischio, fissando una serie di limiti alle concentrazioni delle sostanze presenti nei luoghi di lavoro. Oltre alle sentenze citate vi sono state molteplici decisioni aventi ad oggetto vicende legate all insorgenza di neoplasie professionali che, pur non essendo entrate nella memoria, hanno testimoniato il decisivo mutamento intervenuto a livello giurisprudenziale e la cui analisi conferisce una maggiore visione d insieme alla tematica. Per ragioni di brevità ci limitiamo a riportano una a titolo esemplificativo.

13 La sentenza emessa dalla Pretura di Firenze, il 25 luglio 1981 fornisce lo spunto per una riflessione che invita a non cristallizzare l attenzione esclusivamente su quelle categorie professionali nella cui attività il rischio chimico o il rischio amianto risultino essere immediatamente evidenti, ma a considerare che l esposizione può configurarsi all interno di un ampio spettro di mansioni che apparentemente non presentano caratteri di pericolosità ed insalubrità (esposizione occulta). La decisione della Pretura aveva stabilito che l attività svolta presso un distributore di carburante con annesso apparecchio di misurazione della pressione dei pneumatici poteva rappresentare una situazione di rischio professionale e che pertanto l insorgenza delle patologie neoplastiche attribuibili alle sostanze a cui il gestore e l addetto erano risultati esposti legittimava l indennizzabilità del decesso derivato dal carcinoma polmonare da piombo tetraetile. Nelle valutazioni che devono essere compiute per stabilire se esistano o meno i presupposti di indennizzabilità per una neoplasia di origine occupazionale si intrecciano le argomentazioni scientifiche della medicina del lavoro e gli orientamenti e gli indirizzi giurisprudenziali, uno degli aspetti che meglio dimostra questa profonda connessione è la concezione a lungo dibattuta della multifattorialità del tumore, dibattuta sia sotto il profilo clinico sia dal punto di vista delle sue ripercussioni in ambito indennitario. Descrivere la multifattorialità delle forme neoplastiche significa circoscrivere l indagine alla sola sfera biologica, intendendo la malattia come il concorso di più condizioni diverse (alimentazione, abitudini di vita, stati patologici preesistenti e la contemporanea esposizione al cancerogeno). Differente si propone il concetto di multicausalità del tumore attinente alla sfera eziologica secondo la quale la malattia è ascrivibile a cause sì diverse ma necessariamente non sommabili tra loro, ognuna delle quali da sola è potenzialmente in grado di determinarne l insorgenza.

14 Considerando che nessuna patologia professionale può definirsi specifica non presentando alcuna caratteristica patognomonica 4 che permetta di distinguerla da una patologia di origine non lavorativa e potendo altresì essere provocata da cause sconosciute e da sostanze chimiche diverse, ne consegue che, ai fini dell accertamento indennitario, si dimostra essenziale procedere ad una ricerca tesa a riconoscere nell attività lavorativa l eziologia del tumore. E quindi significativo esaminare, nelle parole di due massime della Cassazione, come l indagine eziologica debba essere orientata in presenza di una patologia multifattoriale e multicausale quale quella tumorale. L eziologia professionale tra malattia tabellata e le relative cause morbigene (anch esse tabellate) gode della presunzione legale che non può essere fatta valere invece, nelle ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale (come nei casi di tumore) la quale, sebbene suffragata da semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, necessita di concreta e specifica dimostrazione sulla base di ulteriori elementi idonei a tradurre in certezza giudiziale le conclusioni in termini probabilistici del consulente tecnico in relazione alla concreta esposizione al rischi ambientale ed alla sua idoneità causale alla determinazione dell evento morboso (Cassazione Civile, sezione Lavoro, 3 marzo 1997 n. 1875). La presunzione legale circa l eziologia professionale delle malattie contratte nell esercizio delle lavorazioni morbigene investe soltanto il nesso tra la malattia tabellata e le relative specificate cause morbigene (anch esse tabellate) e non può specificare la sua efficacia nell ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale (nella specie: carcinoma) in cui il nesso di causalità non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di concreta e specifica dimostrazione quanto meno in via di probabilità in relazione alla concreta esposizione al 4 Chiappino G; Tomasini M: Medicina del Lavoro pag. 285

15 rischio ambientale ed alla sua idoneità causale alla determinazione dell evento morboso (Cassazione Civile, sezione Lavoro, 4 giugno 2002 n. 8108). 5 Il danno biologico La malattia neoplastica che insorge a causa dell esposizione a cancerogeni presenti nel luogo di lavoro può lasciare significative conseguenze in grado di compromettere non solo la salute ma anche la capacità lavorativa del soggetto. L evoluzione che ha caratterizzato la giurisprudenza sul tema delle malattie professionali ha portato all introduzione del principio del danno biologico di origine lavorativa attuato con il D.Lgs. 38/00. Si è fatta così strada una nozione destinata ad avere notevoli ripercussioni sul piano indennitario poiché valuta l incidenza del danno sulla salute considerandola nella sua interezza, in sintonia con quanto sostenuto dall Organizzazione Mondiale della Sanità secondo la quale la salute non è soltanto l assenza di malattia, ma il pieno benessere psico-fisico e sociale. La giurisprudenza della Suprema Corte chiarì attraverso diverse pronunce emesse a partire dal 1979 le connotazioni di questo nuovo principio definendolo menomazione dell integrità psicofisica della persona in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell ambiente in cui la vita si esplica ed avente rilevanza non solo economica, ma anche biologica, sociale,culturale ed estetica. 5 L accoglimento del danno biologico da parte della dottrina e della giurisprudenza ha avuto notevoli ripercussioni concorrendo a far abbandonare 5 Sentenza 6 aprile 1983 n. 2396

16 l impostazione precedente che calcolava il valore della persona in funzione della capacità di produrre reddito per adottare una visione della salute dell individuo giudicata nella sua globalità. 6. Conclusioni L evoluzione delle tecnologie da un lato e la trasformazione della sociologia del lavoro dall altro, potranno modificare anche notevolmente le condizioni di lavoro dei prossimi anni; non è quindi facilmente prevedibile quali potranno essere nel futuro le condizioni lavorative e le esposizioni ad agenti nocivi per la salute non solo in ambito industriale ma anche nel settore terziario ed in particolare in quello dei trasporti e delle comunicazioni che sembrano essere oggi in forte espansione. Si auspica che in futuro le indagini epidemiologiche, le ricerche e gli studi dell oncologia professionale possano identificare in maniera sempre più precisa le circostanze che determinano l insorgenza delle neoplasie professionali e che i risultati così raggiunti si coordino in una prospettiva caratterizzata dal massimo livello di interazione e collaborazione con gli strumenti creati dal Legislatore a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, di modo che sulla base delle evidenze scientifiche si possa costruire un meccanismo di valutazione dell origine professionale più snello ed agevole soprattutto in caso di neoplasia non riconosciuta giuridicamente come patologia di origine professionale. Non è irragionevole pensare che accanto alla riduzione dell esposizione ad alcuni importanti cancerogeni in virtù di una legislazione italiana ed europea più attenta ai problemi della salute, i nuovi scenari produttivi e lavorativi potranno determinare nuove condizioni di rischio, di fronte ai quali la comunità scientifica e gli operatori della prevenzione dovranno misurare la propria capacità di intervento.

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