Ambito soggettivo delle norme sugli enti associativi

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1 Marisa Pancucci L art. 30, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2) ha introdotto l onere di comunicare dati e notizie rilevanti ai fini fiscali in capo agli enti associativi - già costituiti o di nuova costituzione - in possesso dei requisiti qualificanti richiesti dal legislatore per avvalersi delle disposizioni di favore dettate dall art. 148 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e dall art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n La comunicazione rappresenta un onere e non un obbligo perché il comportamento richiesto mira a realizzare un interesse proprio dei predetti enti associativi, ossia il mantenimento del più favorevole regime fiscale delineato dalle norme appena menzionate, consistente sostanzialmente nella detassazione di corrispettivi, quote associative e contributi; da altro lato, il riferimento puntuale agli artt. 148 del TUIR e 4 del D.P.R. n. 633/1972 consente di circoscrivere l ambito soggettivo di applicazione delle nuove norme. In particolare, l onere della comunicazione grava anche sugli enti associativi che, in applicazione del comma 1 dell art. 148 del TUIR, si limitano a riscuotere quote associative oppure contributi versati dagli associati o partecipanti a fronte dello svolgimento della propria attività istituzionale. Al contrario, gli enti che non hanno natura associativa (ad esempio, le fondazioni), gli enti di diritto pubblico (la rubrica dell articolo in questione recita, infatti, Controlli sui circoli privati ), gli enti destinatari di una peculiare disciplina fiscale (ad esempio, i fondi pensione) e, soprattutto, gli enti associativi commerciali, non sono tenuti all invio dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali. A tale ultimo riguardo, non può non rilevarsi come il presupposto di carattere generale per l applicazione sia delle disposizioni dell art. 148 del TUIR, sia dell art. 4 del D.P.R. n. 633/1972 (e, di riflesso, delle norme recate dall art. 30 cit.), consista nella qualificazione dell ente associativo come ente non commerciale, ossia come ente che - ai sensi dell art. 73, comma 1, lettera c), del TUIR - non ha per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività commerciali. Ancora una volta, quindi, torna alla ribalta il tema della commercialità dell attività degli enti, sul quale vale la pena di soffermarsi. L art. 73, comma 1, lettera c), del TUIR colloca tra i soggetti passivi dell imposta sul reddito delle società (IRES) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività commerciali ; ai sensi dei successivi commi 4 e 5, l oggetto esclusivo o principale (laddove per oggetto principale si intende l attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall atto costitutivo o dallo statuto ) è determinato in base alla legge; all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata; in mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato. 1

2 Pertanto, come evidenziato dalla Circolare n. 124/E del 12 maggio 1998 (paragrafo 1.2): ai fini della qualificazione dell'ente come commerciale o non commerciale, occorre anzitutto avere riguardo alle previsioni contenute nello statuto, nell'atto costitutivo o nella legge; nell'ipotesi in cui i menzionati atti prevedano lo svolgimento di più attività, di cui alcune di natura commerciale ed altre di natura non commerciale, per la qualificazione dell'ente occorre fare riferimento all'attività che per lo stesso risulta essere essenziale, vale a dire quella che gli consente il raggiungimento degli scopi primari e che tipicizza l'ente medesimo; se l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari è non commerciale, l'ente deve annoverarsi fra quelli non commerciali; quando l'attività essenziale per la realizzazione degli scopi tipici è di natura commerciale, l'ente è considerato commerciale, ancorché dichiari finalità non lucrative; per attività di natura commerciale si deve intendere quella che determina reddito d'impresa ai sensi dell'art. 55 del TUIR. Inoltre, la Circolare n. 12/E del 9 aprile 2009 (paragrafo 1.1.1) ha evidenziato che "la commercialità o meno di un'attività è determinata ai fini fiscali sulla base di parametri oggettivi che prescindono dalle motivazioni del soggetto che la pone in essere e dalle sue finalità" e che, di fatto, la qualificazione ai fini fiscali dell attività deve essere operata verificando se la stessa possa ricondursi fra quelle previste dall art del codice civile o, qualora essa consista nella prestazione di servizi non riconducibili nel menzionato articolo (es. prestazioni didattiche, sanitarie, terapeutiche etc.), se venga svolta con i connotati dell organizzazione, della professionalità e abitualità. In perfetta aderenza a tali principi, con la successiva Risoluzione n. 141/E del 4 giugno 2009 l'agenzia delle Entrate ha escluso che possa qualificarsi come ente non commerciale un'associazione che svolge un'attività complessa consistente nell'acquisto e nella messa a disposizione degli associati di appartamenti di lusso e di diversi servizi accessori resi direttamente dall'associazione e/o da soggetti terzi con quest'ultima convenzionati. Tale attività assume infatti i connotati tipici della commercialità (professionalità, sistematicità e abitualità), ancorché l associazione non persegua scopi di lucro ed effettui soltanto le prestazioni individuate nello statuto, esclusivamente a favore dei propri associati e non anche di soggetti terzi. Del resto, come precisato, da ultimo, dalla già menzionata Circolare n. 12/E, il carattere di imprenditorialità può di fatto derivare anche dallo svolgimento di un solo affare in considerazione della sua rilevanza economica e della complessità delle operazioni in cui si articola e la funzione organizzativa dell imprenditore può rilevarsi nel coordinamento dei mezzi finanziari nell ambito di un operazione di rilevante entità economica (si veda, sul punto, anche la Risoluzione n. 286/E dell 11 ottobre 2007: realizzazione e successiva gestione di un parcheggio pertinenziale ). Il reddito complessivo degli enti non commerciali residenti è determinato, ai sensi dell art. 143 del TUIR, secondo regole analoghe a quelle previste per le persone fisiche, ossia sommando i redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi conseguiti dall ente nel periodo d imposta, al netto delle eventuali perdite derivanti dall attività commerciale esercitata. Lo stesso art. 143 prevede, inoltre, in favore della generalità degli enti non commerciali, due tipi di agevolazioni, consistenti nell esclusione di determinati proventi dalla 2

3 formazione del reddito complessivo (sostanzialmente, fondi derivanti da raccolte pubbliche e contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche) e nella decommercializzazione di talune attività di prestazioni di servizi. Poiché, come vedremo avanti, nei confronti degli enti associativi le ipotesi di decommercializzazione sono più ampie, è opportuno soffermarsi su questa seconda categoria di agevolazioni. Più precisamente, ai sensi dell'art. 143, comma 1, secondo periodo, del TUIR, non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi diverse da quelle elencate nell'art c.c. e caratterizzate dalla congiunta presenza dei seguenti requisiti: conformità alle finalità istituzionali dell'ente; assenza di un'organizzazione specifica per la gestione delle medesime, ossia senza impiego di fattori produttivi organizzati in funzione dell'attività in esame; non eccedenza dei corrispettivi previsti per le attività suindicate rispetto ai costi di diretta imputazione sostenuti per le prestazioni stesse. A tale ultimo riguardo la già citata Circolare n. 124/E (paragrafo 5.2.2) ha precisato che la locuzione "costi di diretta imputazione" va interpretata sulla base dei criteri adottati in precedenza nella Circolare n. 40 del 26 novembre 1981 con riferimento ai c.d. "costi specifici": tale documento aveva, infatti, chiarito che "per costi specificamente imputabili devono intendersi tutti i costi sostenuti dall'impresa per la realizzazione dell'opera e che entrano a comporre il valore dell'opera stessa", quali i costi per le materie prime e sussidiarie; i costi per i semilavorati; la mano d'opera diretta; gli ammortamenti dei beni strumentali impiegati nella produzione; i costi industriali imputabili all'opera o fornitura (stipendi dei tecnici, spese di mano d'opera, energia elettrica degli impianti, materiale e spese di manutenzione, forza motrice, lavorazioni esterne, combustibile e oli minerali, ecc.); qualsiasi altro costo imputabile all'opera, tra cui le spese commerciali (es. provvigioni, spese viaggio, ecc.). Secondo la Circolare n. 40 cit. sono invece da escludere, "non essendo costi che attengono specificamente alla produzione", le spese generali e gli stipendi per il personale amministrativo. La mancanza anche di una sola delle suddette condizioni impedisce di applicare la disciplina di decommercializzazione. Così, ad esempio, l Amministrazione finanziaria ha ritenuto che la gestione di una scuola materna da parte di un'associazione riconosciuta, che si avvale di una stabile organizzazione composta da beni mobili ed immobili e percepisce per i servizi resi corrispettivi e compensi da parte sia dei soci, sia da parte di terzi non soci che usufruivano dei servizi stessi, deve essere considerata commerciale e, conseguentemente, assoggettabile ad imposizione (Risoluzione n. 11/599 del 28 ottobre 1992). Allo stesso modo, con la sentenza n dell 8 settembre 1999 la Corte di Cassazione (Sezione I civ.) ha escluso che possano fruire del regime di non imponibilità in esame i redditi provenienti dalla gestione di un asilo nido da parte di una parrocchia, in quanto attività estranea alle finalità istituzionali dell ente, esercitata attraverso una specifica organizzazione (mezzi materiali, strutture adeguate, personale docente e non). Peculiari disposizioni agevolative sono dettate per gli enti non commerciali di tipo associativo, ossia per gli enti destinatari delle nuove disposizioni sulla comunicazione di 3

4 dati e notizie fiscalmente rilevanti, dall art. 148 del TUIR (cui corrisponde, in materia di imposta sul valore aggiunto, l art. 4, quarto comma, secondo periodo, nonché sesto, settimo e ottavo comma, del D.P.R. n. 633/1972). Si tratta di un universo vasto ed eterogeneo (cui appartengono, ad esempio, le associazioni sportive dilettantistiche, i circoli culturali, i circoli ricreativi, le pro-loco, ecc.) che il legislatore ha ritenuto meritevole di particolare tutela e promozione; non a caso, l'attività esterna degli enti associativi, quella cioè resa nei confronti dei terzi, continua a restare, di regola, fuori dalla sfera di applicazione dell'art. 148 del TUIR (Circolare n. 12/E cit., paragrafo 1.1.2; Circolare n. 124/E cit., paragrafo 5.2.1). Ai sensi dell'art. 148, comma 1, del TUIR non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo; inoltre, viene espressamente previsto che le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo dell'associazione (in quanto corrisposte al fine di consentire la copertura delle spese di funzionamento dell'ente). In altri termini, l ente può attingere risorse dal monte-quote associative, versate al momento della prima iscrizione o del rinnovo annuale, senza che ciò sia rilevante ai fini del reddito, sempre che non sussista una specifica corrispettività tra la quota pagata e l'attività resa (Circolare n. 124/E cit., paragrafo 5.2.1). Ai sensi dell'art. 148, comma 2, del TUIR (e dell art. 4, quarto comma, primo periodo, del D.P.R. n. 633/1972), si considerano invece effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati o partecipanti a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto: infatti, "le quote differenziate costituiscono in sostanza il corrispettivo dovuto in base ad un rapporto sinallagmatico tra soci ed ente" (Circolare n. 124/E cit., paragrafo ). Viene quindi espressamente previsto che i suddetti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo dell'ente non commerciale come componenti del reddito di impresa, se le relative operazioni hanno carattere di abitualità, oppure come redditi diversi, se le relative operazioni hanno carattere di occasionalità, fermo restando il disposto dell'art. 143, comma 1, secondo periodo, del TUIR. Ai sensi dell'art. 148, comma 3, del TUIR (e dell art. 4, quarto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972), nei confronti delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali; effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti - degli iscritti, associati o partecipanti; - di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale; - dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali; non si considerano, inoltre, commerciali, le cessioni anche a terzi di pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. Come osservato dalla Circolare n. 124/E cit. (paragrafo 5.2.2) la disposizione in esame opera una parziale deroga alla regola generale, dettata dal comma precedente, secondo la quale sono considerate commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese agli associati 4

5 e partecipanti verso corrispettivi specifici, ancorché si tratti di attività conformi alle finalità istituzionali; inoltre, l'individuazione dell'attività che può ritenersi svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali "deve essere effettuata alla stregua di criteri obiettivamente riscontrabili e non sulle base di un'autoqualificazione risultante dalle sole indicazioni statutarie". L'art. 148, comma 4, del TUIR (cui corrisponde l art. 4, quinto comma, del D.P.R. n. 633/1972) esclude l'applicazione del precedente comma 3 alle seguenti operazioni, considerate in ogni caso commerciali: - cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita; - somministrazioni di pasti; - erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore; - prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito; - prestazioni di servizi portuali e aeroportuali; nonché alle prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività: - gestione di spacci aziendali e di mense; - organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; - gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; - pubblicità commerciale; - telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. In sostanza, la norma appena menzionata stabilisce che, per tutti gli enti associativi, compresi quelli indicati al precedente comma 3, alcune cessioni e prestazioni, ancorché rese agli associati, sono in ogni caso commerciali. Tuttavia, i successivi commi 5, 6 e 7 (nonché il quinto comma dell art. 4 del D.P.R. n. 633/1972) prevedono alcune deroghe in relazione a specifiche attività svolte da determinati enti associativi. Scopo di tali deroghe è favorire l aggregazione presso enti dediti alla ricreazione ed alla cultura e non, al contrario, creare organizzazioni turistiche e/o luoghi di incontro agevolati di per sé. L'art. 148, comma 5, del TUIR stabilisce che non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, le attività di somministrazione di alimenti e bevande - effettuate dalle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti a carattere nazionale di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno - presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari; occorre, tuttavia, che le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali ed effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3 (iscritti, associati, partecipanti, ecc.). Sia l Amministrazione finanziaria sia la giurisprudenza prevalente hanno avuto occasione di ribadire che, in relazione a tutti gli altri enti di tipo associativo l'attività di somministrazione di alimenti o bevande nei "bar interni", anche se svolta nei confronti dei propri associati, ha carattere commerciale. L'art. 148 comma 5 del TUIR stabilisce, inoltre, che non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, le attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici - effettuate dalle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti a carattere nazionale di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, 5

6 n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno - a condizione che le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali ed effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3 (iscritti, associati, partecipanti, ecc.). Come chiarito dalla più volte citata Circolare n. 124/E (paragrafo 5.2.2), la suddetta "complementarietà" "comporta la necessità di verificare in concreto che l'attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici sia funzionale alla completa realizzazione degli scopi istituzionali (es. viaggio e soggiorno organizzati per gli iscritti o associati in occasione di un congresso nazionale o meeting internazionale)". Il successivo comma 6 dell'art. 148 del TUIR stabilisce che le attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici non si considerano commerciali anche se effettuate da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3 (iscritti, associati, partecipanti, ecc.). Pertanto, per le associazioni diverse da quelle sopra indicate, l'eventuale organizzazione di viaggi o soggiorni turistici, anche se complementari e funzionali all'attività svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali, costituisce attività commerciale. Il legislatore tributario ha affrontato anche la materia delle cessioni di pubblicazioni. Come precisato, l art. 148, comma 3, ultimo periodo, del TUIR esclude che possano essere considerate commerciali le cessioni, anche a terzi, di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. Al riguardo, la Circolare n. 124 cit. (par ) ha chiarito che la cessione delle pubblicazioni agli associati può essere anche a titolo gratuito. Il successivo comma 7 stabilisce che, per le organizzazioni sindacali e di categoria, non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni riguardanti i contratti collettivi di lavoro, che avvengono anche in deroga al limite di cui al suddetto comma 3, vale a dire prevalentemente a terzi, purché verso pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione. Infine, il comma 7 appena menzionato stabilisce che, per le organizzazioni sindacali e di categoria, non si considerano commerciali neanche le attività di assistenza prestate prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione dei contratti collettivi di lavoro e della legislazione sul lavoro, purché effettuate verso pagamento di corrispettivi che non eccedano i costi di diretta imputazione. L'art. 148 comma 8 del TUIR stabilisce che le disposizioni di cui ai precedenti commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino a specifiche clausole, "dirette a garantire la non lucratività dell'associazione e ad evitare fenomeni elusivi" (v. Circolare n. 124/E cit., paragrafo 5.3: i vincoli in esame non si applicano agli enti associativi che beneficiano della non imponibilità delle quote associative, ai sensi dell'art. 148 comma 1 del TUIR ma non si avvalgono del regime agevolativo recato dai commi 3, 5, 6 e 7 dello stesso art. 148). Le clausole in esame devono essere inserite negli atti costitutivi o negli statuti dell'associazione, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, anche con formulazioni diverse da quelle previste espressamente dall'art. 148 comma 8 del TUIR, purché "di portata univoca" (Circolare n. 124/E cit., paragrafo 5.3). Nell'atto costitutivo o nello statuto dell'associazione devono quindi essere previsti: 6

7 il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione siano imposte dalla legge; l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'art. 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla legge; una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo: - escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa; - prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione; l'obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; l'eleggibilità libera degli organi amministrativi, il principio del voto singolo di cui all'art. 2538, secondo comma, primo periodo, del codice civile (disposizione corrispondente al "vecchio" art. 2532, secondo comma, ancora espressamente richiamato), la sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, i criteri e le idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'art. 2538, sesto comma, c.c. (disposizione corrispondente al "vecchio" art. 2532, ultimo comma, ancora espressamente richiamato) e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale; l'intrasmissibilità della quota o contributo associativo, ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte, e la non rivalutabilità della stessa. In sostanza, le suddette clausole sono finalizzate: ad assicurare una partecipazione effettiva dell'associato alla vita dell'associazione; a scongiurare il rischio di un utilizzo "indebito" delle disposizioni di agevolazione fiscale. Il comma 9 dell'art. 148 del TUIR (cui corrisponde l art. 4, ottavo comma, del D.P.R. n. 633/1972) stabilisce infine che, nei confronti delle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, non si applicano le clausole relative: alla disciplina del rapporto associativo e alle modalità associative; alle modalità di assemblea e di voto; alla libera eleggibilità degli organi amministrativi. In conclusione, la disciplina delineata dal legislatore fiscale è molto complessa e stratificata, nella ricerca di un difficile equilibrio tra la promozione dell associazionismo e la tutela della libertà dell iniziativa economica privata nonché della concorrenza. 7

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