COMUNICAZIONE AUMENTATIVA E ALTERNATIVA PER PERSONE CON SINDROME DI ANGELMAN

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1 COMUNICAZIONE AUMENTATIVA E ALTERNATIVA PER PERSONE CON SINDROME DI ANGELMAN Raccomandazioni per la pratica clinica a cura di Aurelia Rivarola e Alessandro Chiari con la collaborazione dell équipe di C.A.A. del Centro Benedetta D Intino Onlus Questo testo è frutto del lavoro e del confronto in équipe di tutti gli operatori di C.A.A. del Centro Benedetta D Intino Onlus Milano, Settembre 2013

2 Indice 1. Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) CAA: definizioni, obiettivi ed elementi chiave Principi della C.A.A. Modello clinico in C.A.A. - Valutazione - Intervento - Rivalutazioni - L équipe di CAA 2. Sindrome di Angelman e la CAA Premessa L impianto progettuale dell intervento di C.A.A. seguito al Centro Benedetta D Intino - Obiettivi comunicativi - Il coinvolgimento sistematico dei Facilitatori - L intervento sistematico rivolto agli Ambienti di Vita - Collaborazione con Servizi Territoriali e le Strutture educative Strumenti di osservazione per la Valutazione e l Intervento - Scheda di Osservazione delle Abilità Funzionali alla Comunicazione - Scheda di Indicatori I livelli comunicativi - Livello 1: Non Intenzionale Non simbolico - Livello 2: Intenzionale Informale - Livello 3: Simbolico Iniziale - Livello 4: Simbolico Consolidato Le Abilità Funzionali alla Comunicazione nei tre livelli comunicativi 3. Raccomandazioni Valutazione Intervento presso il Centro o dell operatore di riferimento che conduce il progetto di C.A.A. Intervento presso gli ambienti di vita 2

3 Famiglia Facilitatori Servizi Territoriali Scuola Équipe Clinica responsabile di progetti C.A.A. 4. Bibliografia 5. Appendice - Carta dei Diritti alla Comunicazione - Scheda di Osservazione delle Abilità Funzionali alla Comunicazione - Scheda di Indicatori di comportamenti comunicativi intenzionali - Esemplificazioni Pratiche j 3

4 1 Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) Per introdurre la Comunicazione Aumentativa e Alternativa riportiamo alcune riflessioni e una breve introduzione all insieme delle definizioni e dei principi chiave considerati a livello di comunità scientifica internazionale come imprescindibili per il corretto svolgimento di qualsiasi progetto di Comunicazione Aumentativa e Alternativa. Se tutte le cose che possiedo mi venissero tolte ad eccezione di una, io sceglierei di mantenere la forza della comunicazione perché per mezzo suo potrei presto recuperare tutto il resto (Daniel Webster) Ogni persona indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita. Oltre a questo diritto di base, devono essere garantiti i seguenti diritti specifici ( ) estratto da Carta dei Diritti alla Comunicazione* National Joint Committee for Communication Needs of Persons with Severe Disabilities, *In appendice la Carta dei Diritti alla Comunicazione in forma completa Spesso la gente pensa che chi non può parlare non può pensare. La CAA dà voce anche a chi non parla. (Ruth Sienkewicz- Mercer, 1992). La comunicazione è un diritto non un dono (M. Williams) Non tutte le persone riescono a comunicare in modo efficace. Alcune non riescono a rispondere ai loro bisogni comunicativi attraverso il linguaggio orale. I bambini con Sindrome di Angelman non sviluppano un linguaggio orale sufficiente ai loro bisogni comunicativi. Spesso manifestano un desiderio di comunicare, maggiore dei mezzi a loro disposizione. Per le persone con Sindrome di Angelman l intervento di Comunicazione Aumentativa Alternativa non è negoziabile. CAA: definizioni, obiettivi ed elementi chiave La Comunicazione Aumentativa e Alternativa rappresenta un area della pratica clinica, che cerca di ridurre, contenere, compensare la disabilità temporanea e permanente di persone che presentano un grave disturbo della comunicazione sia sul versante espressivo sia sul versante ricettivo, attraverso il potenziamento delle abilità presenti, la valorizzazione delle modalità naturali e l uso di modalità speciali. La CAA è l insieme di conoscenze, strategie, tecniche e tecnologie usate per integrare, aumentare o sostituire il linguaggio orale di bambini ed adulti con grave disabilità 4

5 comunicativa. L aggettivo aumentativa indica come le modalità di comunicazione utilizzate siano tese non a sostituire, ma ad accrescere la comunicazione naturale esistente. In pratica la Comunicazione Aumentativa è tutto quello che aiuta chi non può parlare a comunicare: strumenti, tecniche, ausili ma soprattutto partner comunicativi che interagiscono realmente con chi non può parlare e ne facilitano la comunicazione. L intervento di C.A.A. ha lo scopo di supportare la comunicazione naturale esistente e di fornire soluzioni che facilitino da subito l interazione fra il bambino e il suo ambiente di vita. Le limitazioni gravi alla comunicazione orale ostacolano in modo evidente gli scambi interpersonali e riducono la possibilità di partecipazione sociale, generando processi di emarginazione relazionale e frustrazione della persona. Nei bambini l intervento precoce può prevenire distorsioni nello sviluppo della personalità, che spesso frenano la piena espressione delle potenzialità individuali. Purtroppo una barriera frequentemente rilevata è la mancata presa in carico precoce con uno specifico progetto di C.A.A. L apertura dell Ambiente di Vita del bambino nei confronti della C.A.A. è elemento chiave per la riuscita dell intervento: è essenziale il coinvolgimento dei principali partner comunicativi del bambino (famiglia, insegnanti, amici), perché l efficacia della C.A.A. dipende dall acquisizione delle strategie da parte di tutti i partner. Principi della C.A.A. Verranno di seguito esposti i principi di C.A.A. a cui è bene attenersi. C.A.A. significa Sistema Multimodale Tutte le modalità che una persona con disabilità comunicativa usa a livello intenzionale e non intenzionale per mettersi in contatto con chi li circonda, fanno parte del proprio personale sistema di comunicazione; in quanto tali vanno valutate e considerate ancor prima di consigliare simboli e ausili. L identificazione del Sistema di Comunicazione esistente deve essere quindi la base per consigliare strategie, strumenti e ausili di comunicazione e per costruire nuove competenze. Per raggiungere questo obiettivo è prioritario conoscere i bisogni e le occasioni di comunicazione della persona con difficoltà comunicative in tutti gli ambienti di vita. 5

6 C.A.A. significa non richiedere prerequisiti Il solo vero prerequisito per intraprendere un intervento di C.A.A. è la presenza di reali opportunità di comunicazione; l esistenza di alcune abilità non deve quindi essere considerata prerequisito per l intervento di C.A.A. C.A.A. significa lavorare con e sull Ambiente di Vita La responsabilità della comunicazione si sposta dalla persona che non parla a quanti la circondano negli ambienti di vita, perché la comunicazione emerge se si danno opportunità. La C.A.A. non si fonda sull esercizio, ma su esperienze di reali opportunità di comunicazione offerte al bambino, che gli diano la possibilità di influenzare l ambiente, di crearsi un identità e di migliorare l immagine e la stima di sé. Pertanto, l integrazione e la condivisione di intenti tra casa, scuola e luoghi di vita è cruciale per il buon esito dell intervento di C.A.A. Un approccio di tale genere è difficile da trasmettere perché persiste la convinzione che l addestramento per la C.A.A. debba essere condotto in situazioni strutturate fino a che non venga raggiunto un qualche livello comunicativo/cognitivo, stabilito in modo arbitrario. Si pretende poi che l utente, inserito in situazioni naturali, sia in grado di utilizzare con immediatezza gli schemi comunicativi appresi. E principio condiviso, invece, che non si può insegnare a comunicare se non comunicando, e che gli utenti non sono quasi mai in grado di generalizzare, senza supporto continuo, i comportamenti appresi in seduta. C.A.A. significa modalità di insegnamento pragmatica e concreta La C.A.A. deve essere insegnata in modo interattivo e pragmatico e richiede necessariamente che qualsiasi abilità specifica, come imparare ad usare i simboli grafici, utilizzare una tabella o un ausilio con uscita in voce in modo funzionale, venga appresa in situazioni comunicative naturali e realistiche e venga subito tradotta in obiettivi funzionali. Purtroppo è abitudine diffusa ritenere che sia sufficiente l esposizione ai simboli e l abilità di associare i simboli al loro referente perché questi vengano poi usati in funzione comunicativa. Lo scopo principale nella proposta di simboli grafici è l uso per una comunicazione funzionale: far capire che il simbolo può stare al posto di persone, cose o attività non presenti è sicuramente un apprendimento che deve avvenire solo all interno di situazioni naturali e motivanti per la persona. 6

7 Modello clinico in C.A.A. Valutazione La Valutazione avvia l intervento di C.A.A. Deve essere eseguita da professionisti esperti in C.A.A. Devono essere osservate le competenze comunicative già presenti nella persona con Sindrome di Angelman, al fine di identificare obiettivi adatti. Contemporaneamente deve essere verificato l allineamento dei genitori e dei principali partner comunicativi rispetto allo scopo e alle modalità di intervento. Si stabiliscono le strategie di intervento per il singolo soggetto, approfondendo l osservazione delle Abilità Funzionali alla Comunicazione, con adeguati strumenti di osservazione e dettagliando la programmazione dei modi e degli strumenti attraverso cui dirigere lo sviluppo del soggetto. Valutazione, osservazione e intervento sono processi immessi in un sistema di reciproca influenza, in cui la coerenza dell uno con gli altri deve essere verificata di continuo. Come evidenziato, la Valutazione avvia l'intervento di C.A.A., nel senso preciso di porre le basi di conoscenza e di osservazione che permettono la definizione di un progetto di intervento per quella precisa persona con complessi bisogni comunicativi nel suo contesto di vita. La complessità del compito richiede una serie regolare di incontri, i quali configurano un percorso di osservazione - intervento: in altri termini, le prime sedute di osservazione permettono di rilevare le abilità funzionali comunicative che il soggetto già utilizza nelle sue interazioni quotidiane; tali abilità a volte sono possedute ma il soggetto non è in grado di adoperarle nei diversi contesti. Intervento La distribuzione del lavoro lungo un percorso nel contempo di osservazione e di intervento serve per evocare ed esercitare quelle abilità di cui il soggetto già dispone; serve per avviare un lavoro che permetta il mantenimento e la generalizzazione delle stesse; consente di evocare e costruire altre e nuove abilità comunicative di base o anche di avviare una comunicazione simbolica, quando questo è possibile. Come già detto, l intervento si costruisce sulle abilità presenti, ma non prescinde dalle difficoltà e dai punti critici. Entrambi vengono definiti in C.A.A. barriere : 7

8 l intervento consiste anche nel cercare il modo per superarle. Si definiscono barriere di accessibilità quelle che si riferiscono al bambino, e possono essere di natura medica, motoria, fisica, sensoriale, percettiva, cognitiva, di apprendimento, di comprensione del linguaggio, di comunicazione, emozionali, comportamentali e sociali. Si definiscono barriere di opportunità quelle che riguardano l ambiente e riflettono l insieme di politiche, leggi, prassi, attitudini (sia esplicite che nascoste della famiglia e dei servizi riabilitativi ed educativi) e l assenza di conoscenza e di abilità. L intervento si articola in sedute rivolte al bambino in presenza dei genitori e dei principali partner degli ambienti di vita, in particolare della scuola o dei centri diurni, per renderli il più possibile competenti ed autonomi nel supportare gli sforzi comunicativi del bambino attraverso strategie e strumenti di C.A.A. e nell individuare e progettare occasioni di partecipazione comunicativa. Gli insegnanti e gli educatori giocano un ruolo fondamentale in un progetto di C.A.A. E importante trovare tra di loro chi si assuma la responsabilità di supportare il progetto di C.A.A. Queste persone vengono chiamate facilitatori della comunicazione. E indispensabile prevedere per loro tempi, occasioni e modalità efficaci di formazione sia teorica che in presenza del bambino. Quando possibile è importante che la persona che conduce il progetto di C.A.A. intervenga direttamente negli ambienti di vita per individuare o creare opportunità. Purtroppo per limiti strutturali ciò non è sempre attuabile. Nella pratica, le sedute creano contesti d interazione strutturati dall operatore C.A.A., in cui bambino, genitori e partner (in genere insegnanti ed educatori) possano vivere scambi comunicativi significativi. Ciò generalmente avviene in situazioni di gioco e durante routine. In tali contesti, l operatore C.A.A. conosce il bambino, cerca di captare i segnali da lui inviati e le intenzioni comunicative, e costruisce interazioni, perlopiù attraverso il gioco, rispettando i suoi interessi e preferenze. In altre parole, crea contesti di partecipazione, all interno dei quali valorizza gli sforzi comunicativi del bambino e, nel contempo, propone quei simboli che gli permetteranno da subito di esplicare diverse funzioni comunicative, anche negli altri ambienti di vita. Cerca, inoltre, di rendere i genitori sensibili a cogliere e riconoscere i segnali comunicativi del bambino e a restituire significato favorendo così lo sviluppo di intenzionalità. Potrà mostrare come non fondare la C.A.A. sull esercizio, ma su esperienze che offrano opportunità di comunicazione. Ad esempio, una delle principali opportunità da insegnare e proporre è quella di fare scelte in situazioni reali. L abilità di scegliere dà infatti la possibilità di 8

9 influenzare l ambiente, di crearsi una identità, di migliorare l immagine e la stima di sé. Offrire scelte è molto più complicato di quanto possa sembrare; ma ancora più difficile è offrire scelte senza obbligare a farle. Durante le sedute si potrà trasmettere una strategia particolarmente cruciale in C.A.A. chiamata modellamento. Il modellamento comporta che chi interagisce col bambino, che sta imparando l uso funzionale dei simboli, indichi i simboli corrispondenti alla parola chiave mentre parla al bambino. In tal modo il bambino sperimenta i simboli in uso ricettivo, rinforza l associazione del simbolo al referente, condivide con un altra persona la sua modalità di comunicazione, e, se la comunicazione avviene con il supporto della tabella, consolida la memorizzazione e la collocazione del simbolo. Altro aspetto importante del modellamento è l esposizione del bambino ad una costruzione sintattica via via più evoluta, utile per affrontare le difficoltà sintattiche della comunicazione con simboli. Le interazioni naturali tra genitori e bambini offrono spesso spunto e opportunità per sostenere, ampliare e arricchire gli scambi comunicativi. I genitori, durante le sedute, possono osservare come sia possibile che i loro bambini vivano, durante il gioco, merende, uscite al bar, scambi comunicativi efficaci anche con partner comunicativi non abituali. Questo stile di intervento si applica, adeguatamente adattato, anche a ragazzi e giovani adulti. Rivalutazioni Un progetto di C.A.A. è un processo circolare e dinamico che si articola in momenti di valutazione e di intervento immessi in un sistema reciproco di influenza, in cui si prevedono regolari verifiche, consistenti in incontri di Rivalutazione. L équipe di CAA Nella condivisa pratica clinica, si ritiene importante che la valutazione e l intervento in C.A.A. siano processi dinamici condotti da una équipe di professionisti, che non solo conoscono e padroneggiano le strategie proprie della C.A.A., ma anche sappiano mantenere un attitudine di lavoro multidisciplinare e di gruppo. Purtroppo l operatore formato in C.A.A. sovente si trova a lavorare da solo sul versante della Comunicazione, anche qualora appartenga ad un gruppo di lavoro. Si pone allora l istanza di ricercare attivamente altri professionisti, con cui condividere il progetto di CAA per realizzare una concreta rete di scambio di informazioni e di condivisioni sugli 9

10 obiettivi da perseguire e sulle strategie comunicative individuate come adeguate allo scopo. 10

11 2 Sindrome di Angelman e la C.A.A. Premessa E esperienza comune che alcuni soggetti con sindromi genetiche presentano un importante disturbo della comunicazione perché non acquisiscono un linguaggio orale sufficiente ai propri bisogni di vita; spesso presentano anche una compromissione di altre modalità comunicative non verbali. In particolare, nei soggetti con Sindrome di Angelman (di seguito S.A.) appaiono compromesse sia la produzione verbale, sia le forme non verbali di comunicazione, per esempio i gesti e la mimica. I soggetti con S.A. non acquisiscono mai un linguaggio funzionale sufficiente ai loro bisogni. Solo alcuni riescono ad usare due o tre parole in modo funzionale. In rarissimi casi, soggetti perlopiù con disomia uniparentale (UPD) o difetto del Centro dell Imprinting (ID), arrivano a pronunciare, anche se con difficoltà, fino a cinquanta parole. La comprensione del linguaggio verbale risulta quasi sempre migliore rispetto alle capacità espressive. Il Prof. Francesco Viani, Neuropediatra e specialista in epilettologia infantile, ha il merito di aver ipotizzato per primo in Italia l adeguatezza dell approccio della C.A.A. per le persone con S.A. Tale ipotesi è nata da due semplici osservazioni: 1. l atteggiamento aperto agli altri dei soggetti con S.A. - la cosiddetta happy disposition, secondo l espressione del dott. Angelman; 2. l inefficacia dell intervento logopedico classico, i cui sforzi terapeutici erano e sono tuttora per lo più rivolti alla sola acquisizione del linguaggio orale. L intuizione del prof. Viani ha stimolato i primi interventi di C.A.A. con soggetti con S.A. presso il servizio di C.A.A. del Centro Benedetta D Intino, che risalgono dunque agli anni 90. Partiti come attività clinica sperimentale ed empirica, negli anni hanno portato ad una consistente esperienza clinica e ad una più efficace progettualità. Nello stesso periodo, l Organizzazione Sindrome di Angelman (OR.S.A.), all epoca ai primi anni di attività, ha fatto propria l indicazione della C.A.A. come intervento prioritario e centrale nel progetto di riabilitazione globale di soggetti con S.A. Ciò ha contribuito in modo determinante all acquisizione dei principi e delle modalità della C.A.A. da parte di molte famiglie di bambini con Sindrome di Angelman. 11

12 Oggi si può affermare che la sindrome di Angelman è, tra le sindromi genetiche, una condizione in cui l intervento di C.A.A. trova particolare giustificazione, sopratutto perché: 1. le persone con S.A. non raggiungono mai la possibilità di esprimere in modo sufficiente i propri bisogni attraverso il linguaggio orale; 2. le persone con S.A. hanno una capacità di comprensione superiore alle proprie possibilità espressive; 3. l atteggiamento aperto agli altri e di non chiusura tipico dei soggetti con S.A. (salvo casi in cui coesistono caratteristiche appartenenti allo Spettro Autistico) rende maggiormente efficaci gli interventi per aumentare la capacità comunicativa nell ambiente di vita del soggetto; 4. rispetto ad altre patologie con difficoltà comunicative, la consapevolezza che il bambino non potrà mai risolvere le gravi difficoltà espressive con il linguaggio verbale, motiva i genitori a intraprendere precocemente percorsi alternativi di espressione attraverso modalità non simboliche e simboliche. Se è vero che la comunicazione è l essenza della vita umana, privare un soggetto con S.A. di reali opportunità di comunicazione e di un modo per esprimere bisogni, richieste, desideri e stati d animo significa relegarlo a una vita di isolamento ed emarginazione. Bisogna evitare di realizzare tardivamente che il bambino con S.A. avrebbe potuto sviluppare maggiori e più evolute abilità comunicative se solo fosse stato esposto ad opportunità nei primi anni di vita. Pat Mirenda, una delle più grandi esperte di C.A.A. al mondo riassume il concetto con questa affermazione: noi non dobbiamo permettere che le mancate decisioni di oggi compromettano i bisogni di domani. L impianto progettuale dell intervento di C.A.A. seguito al Centro Benedetta D Intino Il servizio di C.A.A. del CBDI è attivo dal

13 Circa 80 famiglie con bambini e giovani adulti con Sindrome di Angelman si sono rivolte per una valutazione. 42 di essi sono stati presi in carico con un progetto di C.A.A. Dal 1998 l Or.s.a. (Organizzazione Sindrome di Angelman ) e il CBDI, hanno collaborato per diffondere la C.A.A. e la irrinunciabilità dell intervento di C.A.A. per persone con S.A. in Italia, paese con radicata tradizione oralista, in cui ancora oggi professionisti e centri di riabilitazione stigmatizzano tutto ciò che non viene fatto per ripristinare il linguaggio orale. Dal 2004 al 2007 grazie al finanziamento della Fondazione Umanamente del gruppo ALLIANZ il CBDI ha condotto un progetto sperimentale di C.A.A. rivolto a 24 bambini e giovani adulti con S.A. dal titolo C.A.A. e ambiente di vita. L obiettivo del progetto è stato quello di sperimentare un modello di intervento in C.A.A., che prevedesse oltre alle sedute con il bambino, un intervento sistematico diretto e indiretto negli ambienti di vita. Tale modello era ispirato a evidenze scientifiche internazionali riportate dai maggiori esperti in C.A.A., che avevano definito come modello di partecipazione il modello di valutazione - intervento a cui attenersi. Dalle conoscenze derivate dalle ricerche cliniche internazionali e dalla nostra personale esperienza clinica ne è derivato l impianto progettuale utilizzato al CBDI di cui descriveremo i principali aspetti. Tali aspetti vengono trasmessi allievi della Scuola Annuale in C.A.A. del nostro Centro. Ciò che segue è quindi il risultato delle conoscenze derivate dalla letteratura internazionale in C.A.A. e dalla nostra esperienza clinica e di ricerca. Obiettivi comunicativi L impianto progettuale prevede un processo per la definizione degli obiettivi: il responsabile della conduzione del caso di C.A.A. non si limita a elencare un certo numero di obiettivi, ma per ciascuno di essi valuta rispetto a quale livello di intervento si pone il suo lavoro (Acquisizione Generalizzazione Mantenimento). In base alle abilità del soggetto, può infatti proporsi come primo obiettivo comunicativo che il bambino cominci a esperire una determinata funzione comunicativa nel contesto della seduta; può successivamente adoperarsi affinché il bambino metta in atto la medesima funzione comunicativa in contesti diversi; può concentrare il proprio intervento affinché il bambino mantenga nel tempo quella determinata funzione 13

14 comunicativa. In questo caso, pur coinvolgendo la medesima funzione comunicativa, si è di fronte a tre obiettivi comunicativi differenti, rispettivamente legati ai concetti di Acquisizione di nuove abilità, Generalizzazione e Mantenimento. Volendo fornire una definizione dei tre concetti, si può affermare che: - per Acquisizione di una abilità o funzione comunicativa si può intendere l evoluzione del comportamento manifestato dal soggetto nel corso di una interazione comunicativa, ossia il fatto di aver posto in essere quella abilità o esercitato quella funzione non posseduta in precedenza; - per Generalizzazione di una abilità o funzione comunicativa si può intendere la capacità di esplicare tale abilità o funzione comunicativa in situazioni (o condizioni) diverse da quelle di apprendimento (Schlosser & Braun, 1994); - per Mantenimento di una abilità o funzione comunicativa acquisita si può intendere il fatto che la persona la esercita regolarmente - nel tempo - ogni qual volta gli permetta la soddisfazione dei propri bisogni comunicativi. L impianto concettuale qui sopra descritto è importante ai fini della rivalutazione dello intervento. Il coinvolgimento sistematico dei Facilitatori All interno della condivisa pratica clinica in C.A.A., il facilitatore è colui il quale si assume la responsabilità di supportare gli sforzi comunicativi del bambino; è un tramite, un promotore della comunicazione e delle relazioni tra il bambino ed altri partner: vicini di casa, amici di scuola, insegnanti ed amici in genere, in modo che non sia solo la famiglia il suo interlocutore. La scuola è, per esempio, uno degli ambienti che offre ai bambini disabili il maggior numero di occasioni di comunicazione e di interazione. Gli insegnanti di sostegno sono spesso le figure che con maggior successo assumono il ruolo di facilitatori. Come tale, il coinvolgimento di tale figura è un elemento importante nella pratica clinica di C.A.A. del Centro. La figura dei facilitatori è fondamentale per la realizzazione di ciascuna attività perché in continuo contatto con i contesti di vita ed è quindi in grado di sperimentare la quotidianità del lavoro insieme al personale scolastico e degli altri ambienti di vita. 14

15 L intervento sistematico rivolto agli Ambienti di Vita L impianto progettuale prevede il coinvolgimento degli ambienti di vita della persona con Sindrome di Angelman, effettuando quando possibile osservazioni dirette nei contesti prevalenti in termini di tempi di frequentazione e importanza. In particolare, vengono presi in considerazione: - ambienti scolastici; - centri diurni; - ambienti domestici (in particolare per i soggetti più piccoli); - altri ambienti frequentati generalmente una o due volte durante la settimana (Cooperativa, Oratorio, ecc.) L introduzione sistematica dell ambiente di vita come scenario di lavoro riveste una cruciale importanza, evidente in particolare per quanto riguarda la definizione degli obiettivi comunicativi e l'elaborazione delle concrete proposte di lavoro. Il consistente percorso di sedute svolte presso il Centro dall operatore e/o dal responsabile del progetto certamente permette la messa a fuoco delle competenze di cui il soggetto già dispone e delle competenze ulteriori su cui concentrare i nostri sforzi. Permette, altresì, nel corso delle analisi dei vari ambienti condotte assieme ad alcuni dei partner comunicativi, l'individuazione del contesto o dei contesti che meglio possono offrire spazi ed occasioni significativi per l'implementazione del progetto in C.A.A., vale a dire gli Ambienti di Vita rilevanti. Tuttavia, va sottolineato che soltanto il poter vedere e conoscere direttamente gli ambienti in oggetto - e soprattutto la possibilità di rilevare i concreti atteggiamenti dei partner comunicativi - consente la precisa individuazione di obiettivi realisticamente perseguibili. Infatti, gli operatori di C.A.A., alla luce delle risorse e delle barriere che non favoriscono scambi comunicativi, osservate nei vari momenti della giornata (ad esempio, il momento dell ingresso, l appello, la ricreazione, la mensa, il gioco libero, le attività strutturate) possono suggerire le modalità per sostenere, o proporre nuovi scambi comunicativi, che tengano in considerazione gli obiettivi individuati nella fase precedente. 15

16 Osservare come è strutturata una giornata scolastica (dal nido alla scuola materna, elementare, media) permette, infatti, di valutare le occasioni di partecipazione all interno delle singole situazioni, di conoscere quali scambi avvengono tra tutti i componenti del sistema, in quali occasioni il bambino con complessi bisogni comunicativi può esprimersi ed anche di valutare come l ambiente è abituato ad accogliere, sostenere e rispondere a tali bisogni. Per ciascun soggetto, perciò, si giunge a definire una programmazione di interventi concreti, legati al contesto osservato, che ha permesso di: - rendere sistematico l intervento del facilitatore, proponendo possibili modelli d interazione; - focalizzare l attenzione su tematiche e obiettivi specifici per ogni soggetto. Ciò è stato possibile avendo avuto la possibilità di individuare i bisogni comunicativi e di cogliere tempestivamente gli spunti comunicativi, - pensare a supporti adeguati ad esprimere nella maniera più efficace tali bisogni; - creare opportunità di scambio più ricche e articolate coinvolgendo tutti gli attori (educatore, insegnanti, bambini); - scandire i tempi dell intervento all interno della giornata tipo. La possibilità di confrontarsi già in loco con i partner comunicativi, attorno ai problemi quotidiani, permette la elaborazione di proposte e, in modo particolare, di strategie, che facilitino l'emergere di nuove competenze o la generalizzazione di quelle già acquisite. Ad esempio, nei casi in cui ci si propone un obiettivo di maggiore integrazione scolastica (obiettivo legato soprattutto ai ragazzini più grandi), è stato chiesto agli insegnanti di pensare ad attività finalizzate a coinvolgere scolasticamente il ragazzo/a con compiti di effettiva utilità per la classe. Una volta individuate tali attività, il facilitatore può suggerire agli insegnanti indicazioni, strumenti, modalità di intervento per poterle attuare in modo personalizzato, proponendo, secondo i casi, lavori individuali (rapporto uno a uno) o in piccoli gruppi. Questo tipo di intervento è importante per far crescere l autostima del soggetto e per migliorare l idea che i compagni hanno del soggetto con Sindrome di Angelman. 16

17 Nei casi invece di intervento con i bambini più piccoli, la programmazione tende, tra le altre cose, a organizzare l ambiente introducendo input aumentativi ed etichette utili a renderlo più chiaro, a ripulirlo da stimoli disturbanti alla esplicazione efficace degli intenti e dei bisogni comunicativi del bambino. In conclusione, possiamo dichiarare che l intervento di operatori di C.A.A. negli ambienti di vita produce effetti positivi sia in termini di ampliamento e rafforzamento delle possibilità di impattare e influenzare l ambiente, sia in termini di sostenere la partecipazione ed il coinvolgimento da parte delle famiglie ad un progetto che non si limiti ad un intervento sul bambino, ma che incida anche sul suo ambiente di vita. Questa migliore accoglienza poggia sulla percezione dell intervento degli esperti in C.A.A., finalmente avvertito come consiglio e suggerimento ben aderente al reale tessuto della vita quotidiana. Collaborazione con Servizi Territoriali e le Strutture educative Nella comune esperienza, tutti i soggetti con Sindrome di Angelman dispongono di una presa in carico presso un Servizio Territoriale o una struttura educativa -. La concreta pratica clinica in C.A.A. porta spesso a dover affrontare barriere di prassi, relative alla difficoltà ad integrare la C.A.A. con l approccio clinico fino a quel momento adottato. Infatti l approccio della C.A.A. porta a rivedere l insieme delle strategie cliniche e delle modalità organizzative con cui operare. Occorre sottolineare che il processo di valutazione e di intervento in C.A:A. mira anche a cercare le proposte possibili volte a superare proprio queste barriere di conoscenza e di prassi. Strumenti di osservazione per la Valutazione e l Intervento L operatore C.A.A. del Centro nelle fasi di valutazione e di rivalutazione in itinere ha a disposizione come strumento di registrazione una scheda di osservazione che elenca le principali Abilità Funzionali alla Comunicazione. Il termine-concetto di Abilità Funzionale rimanda alla personale capacità di ciascuno di noi di conseguire i propri obiettivi di comunicazione: tali obiettivi cambiano ed evolvono a seconda della tappa evolutiva del ciclo di vita in cui ci si trova e si configurano in relazione ai differenti contesti di vita in cui si è coinvolti. Tali abilità 17

18 dunque vengono messe in atto dalla persona per conseguire una comunicazione efficace nel proprio contesto di vita. L area di significato cui facciamo riferimento è quella della competenza comunicativa, così come viene definita ed inquadrata da J. Light nell ambito degli studi in C.A.A. Il termine competenza comunicativa corrisponde alla capacità del soggetto di comunicare funzionalmente nei vari contesti di vita naturali, per far fronte adeguatamente ai propri bisogni comunicativi della vita quotidiana, attuali e prevedibili, integrando le proprie conoscenze, abilità e capacità di giudizio. La costruzione della competenza comunicativa si traduce in un percorso complesso di acquisizione, di padronanza e di integrazione delle competenze linguistiche, socio - linguistiche, operazionali e strategiche da parte sia della persona con disabilità comunicativa che dei suoi partner comunicativi. Qui si intuisce e si coglie appieno la peculiarità dell approccio della C.A.A. La descrizione delle abilità funzionali alla comunicazione rimanda pure alla comprensione delle principali ragioni per cui comunichiamo. Anche qui il riferimento è rappresentato dagli studi di J. Light, che individua «quattro obiettivi principali o scopi della comunicazione: esprimere bisogni e necessità, sviluppare delle relazioni sociali, scambiare delle informazioni e adempiere alle convenzioni sociali quotidiane». Scheda di Osservazione delle Abilità funzionali alla Comunicazione Le differenti abilità considerate vengono riportate in una griglia appositamente elaborata, in modo che l operatore C.A.A. possa registrare durante l osservazione e/o l intervento: - la presenza o assenza di ciascuna di queste abilità; - la frequenza con cui una specifica abilità viene messa in atto dalla persona; - la modalità con la quale viene espressa; - il contesto/setting nel quale viene esercitata tale capacità; - il contenuto dello scambio comunicativo così realizzato; 18

19 - le eventuali barriere - di accessibilità o di opportunità - che si sono riscontrate nel corso dello svolgimento dell interazione comunicativa. In particolare, la scala di frequenze considerata è la seguente: 0 ASSENTE 1 UN EPISODIO 2 QUALCHE VOLTA 3 SPESSO 4 SEMPRE L unità di tempo per la quale considerare la frequenza è la durata della seduta presso il Centro o la situazione di interazione naturale che si osserva nell ambiente di vita. L osservazione, dunque, ha l obiettivo di registrare l emergenza delle Abilità Funzionali alla Comunicazione nell istante in cui accadono. Come si vede nella scheda riportate alla fine della tabella, le Abilità Funzionali alla Comunicazione considerate sono: Titolo Definizione 1 ATTENZIONE AL PARTNER Interesse dimostrato verso una persona nell ambiente con modalità diverse: sguardo, contatto fisico. 2 RICHIESTA DI ATTENZIONE Messa in atto di comportamenti che, in modo non intenzionale o intenzionale, inducono l attenzione su di sé. 3 PROTESTA Comportamento che manifesta ed esprime la propria opposizione e non gradimento di una particolare situazione/persona/attività. 4 ACCETTAZIONE/RIFIUTO Comportamento che esprime l adesione/opposizione, in modo non intenzionale o intenzionale, verso una proposta o una situazione. 5 ATTENZIONE CONDIVISA Abilità di condividere con l interlocutore un fuoco di attenzione esterno alla diade, mantenendo un coinvolgimento sociale reciproco. 6 ALTERNANZA DI TURNO Abilità di alternare lo scambio comunicativo senza interrompere la comunicazione. 19

20 7 PRESA DI TURNO OBBLIGATORIA Abilità di produrre un atto comunicativo nel momento opportuno in seguito a una sollecitazione da parte dell interlocutore. 8 PRESA DI TURNO NON OBBLIGATORIA Abilità di produrre un atto comunicativo di risposta nel momento adeguato senza bisogno della sollecitazione da parte dell interlocutore. 9 ESPRESSIONE DI ANCORA SU RICHIESTA Abilità di rispondere ancora in seguito all opzione posta dall interlocutore di ripetere l attività in corso. 10 ESPRESSIONE DI ANCORA SPONTANEA Abilità di richiedere la ripetizione dell attività in corso senza bisogno della sollecitazione da parte dell interlocutore. 11 ESPRESSIONE DI BASTA SU RICHIESTA Abilità di rispondere basta in seguito all opzione posta dall interlocutore di interrompere l attività in corso. 12 ESPRESSIONE DI BASTA SPONTANEA Abilità di richiedere l interruzione dell attività in corso senza bisogno della sollecitazione da parte dell interlocutore. 13 MANIFESTAZIONE DI PREFERENZE Abilità di un individuo a mostrare spontaneamente la propria preferenza tra due o più possibilità presenti. 14 ATTUAZIONE DI SCELTE Abilità di un individuo a esprimere a un interlocutore la propria preferenza tra due o più opzioni, spontaneamente o su sollecitazione dell interlocutore. 15 RICHIESTA SPONTANEA DI PERSONE, OGGETTI, AZIONI Comportamento mirato ad ottenere persone/oggetti/azioni presenti o non presenti nell ambiente, senza bisogno della sollecitazione da parte dell interlocutore. 16 ESPRESSIONE DI SI/NO Abilità di rispondere a una domanda posta dall interlocutore che richieda una risposta Si/No. 17 ESPRESSIONE DI COMMENTI Abilità di manifestare la propria partecipazione con modalità che vanno da semplici reazioni corporee o gestuali a modalità non simboliche e simboliche. 18 RIFERIRE/RACCONTARE SU RICHIESTA Abilità di percepire, organizzare e comunicare la realtà a seguito di una sollecitazione da parte dell interlocutore. Il contenuto della comunicazione può essere espresso con un unico simbolo/frase o estendersi a un espressione più articolata, sia dal punto di vista del contenuto sia della forma. 19 RIFERIRE/RACCONTARE SPONTANEAMENTE Abilità di percepire, organizzare e comunicare la realtà senza bisogno di una sollecitazione da parte dell interlocutore. Il contenuto della comunicazione può essere espresso con un unico simbolo/frase o estendersi a un espressione più articolata, sia dal punto di vista del contenuto sia della forma. 20

21 20 FARE DOMANDE Abilità di richiedere notizie, informazioni e chiarimenti su situazioni presenti e/o eventi passato e/o futuri, su persone, su attività. 21 RICHIESTA DI AIUTO Comportamento attraverso la quale si richiede esplicitamente un sostegno/supporto nella risoluzione di un problema. 22 SALUTARE/RINGRAZIARE Comportamenti che attestano la presenza di strategie e competenze sociali. 23 INIZIARE LA CONVERSAZIONE Abilità di attirare l attenzione dell interlocutore e di introdurre un argomento. 24 PARTECIPARE/MANTENERE/ Abilità di inserirsi spontaneamente all interno di una CONCLUDERE LA CONVERSAZIONE conversazione, di rimanere sull argomento, possibilmente e di dare una conclusione alla conversazione. In appendice è possibile trovare la scheda di Osservazione delle Abilità Funzionali alla Comunicazione. 21

22 2.6.2 Scheda di Indicatori di comportamenti/atti comunicativi intenzionali La concreta valutazione di alcune situazioni ha portato ad evidenziare un livello di sviluppo comunicativo non intenzionale, cui corrispondono comportamenti non funzionalmente efficaci ma altresì fondamentali per l emergere dell intenzionalità comunicativa. Ad integrazione della scheda suddetta, per indagare più approfonditamente questi tipi di situazione ci si è avvalsi di una serie di indicatori di comportamenti comunicativi intenzionali, specificamente elaborati per osservare i comportamenti comunicativi dei cosiddetti comunicatori iniziali. Tali indicatori hanno rappresentato una sorta di guida nel concreto svolgersi dell osservazione. Questi sono: 1 C è alternanza di sguardo tra un oggetto (i.e. un obiettivo) e interlocutore? 2 C è un orientamento del corpo ad indicare che il segnale è stato rivolto all interlocutore? 3 Quando un segnale viene prodotto, c è una pausa prima che esso venga ripetuto che possa indicare che il comunicatore sta aspettando una risposta da parte dell interlocutore? 4 Quando un segnale viene prodotto e l interlocutore risponde, il segnale si esaurisce? 5 Quando un segnale viene prodotto e l interlocutore risponde, il comunicatore mostra, nei confronti della risposta, soddisfazione o insoddisfazione? 6 Quando un segnale viene prodotto e l interlocutore non risponde, il comunicatore persiste ripetendo o cambiando il segnale? 7 Il segnale è ritualizzato (i.e. lo stesso ogni volta) o ha una forma convenzionale (p.e. puntare, scuotere la testa)? In appendice la scheda Indicatori di Comportamenti Comunicativi Intenzionali. 22

23 I livelli comunicativi L osservazione complessiva del profilo comunicativo di un soggetto parte dunque dalla rilevazione della presenza/assenza delle Abilità Funzionali alla Comunicazione. La valutazione dell insieme delle competenze del soggetto, espresso anche in termini di frequenza, modalità espressiva e contenuto, permette di definire le persone con S.A. rispetto a 4 livelli comunicativi, ispirati ai lavori dello Scope Communication Research Centre Victoria, Australia.(Jacono, West, Bloomberg, K. E Johnson H. 2009) Di seguito, si descrivono i 4 livelli comunicativi: Livello 1: Non Intenzionale Non simbolico Il soggetto produce dei comportamenti spontanei (espressioni del viso, vocalizzi, pianto, tensioni del corpo) in modo non intenzionale; il partner li riconosce come segnali e dà ad essi una risposta attribuendovi quindi una valenza comunicativa. Il carattere iniziale di queste manifestazioni mette inevitabilmente in gioco la sensibilità e la capacità del partner abituale (i cosiddetti caregiver) di cogliere, valorizzare e sostenere questi comportamenti, che possono assumere significato di segnali comunicativi per il partner, ma che non hanno lo stesso valore per il soggetto. La risposta degli interlocutori a questi segnali può considerarsi una forma di comunicazione percepita dal partner (partner-perceived communication). E l attribuzione di significato da parte degli ascoltatori/osservatori che, all interno di un interazione col bambino, dà significato comunicativo a quei comportamenti aumentando il senso del loro originario scopo. La persona interagisce solo con l interlocutore o solo con l oggetto che lo interessa; non è ancora in grado di orientare la propria attenzione verso un oggetto/evento all interno di uno scambio comunicativo. L intervento di C.A.A. rivolto a soggetti a questo livello di comunicazione è definito intervento di Comunicazione Iniziale. Scopo dell intervento iniziale è quello di costruire le basi per lo sviluppo di una comunicazione simbolico/intenzionale. L intervento si focalizza sulla capacità dei partner comunicativi di dare significato ai comportamenti (gesti, suoni, azioni) e di farli evolvere. Non dipende dal controllo di complessi sistemi o ausili. Si focalizza altresì 23

24 sull acquisizione delle abilità di base da parte del comunicatore iniziale, poiché questa facilita il graduale sviluppo di abilità più complesse. Si riferisce in gran parte alle barriere di opportunità (abilità dei caregivers di rispondere ai segnali del bambino) e alla comunicazione non simbolica (abilità del bambino di produrre segnali non intenzionali decifrabili). Nella pratica l intervento a questo livello si traduce in un supporto ai genitori e agli altri partner perché imparino a riconoscere i segnali, a trovare situazioni che favoriscano l interazione, a imparare a rispettare i turni comunicativi del comunicatore iniziale, ad attuare pause, ad usare incitamenti e appropriati stimoli linguistici e, molto importante, ad usare insieme al proprio linguaggio simboli e gesti. I comunicatori iniziali, infatti, sono spesso in grado di comprendere i messaggi solo se vengono espressi anche con modalità gestuali o visive. Livello 2: Intenzionale Informale Il secondo livello considera e comprende il processo di emersione dell intenzionalità comunicativa che viene espressa con modalità unaided, vale a dire modalità naturali che non richiedono supporti esterni al proprio corpo, ma che si avvalgono della mimica, dei vocalizzi, della gestualità, dello sguardo e del movimento nel suo complesso. Con questi comportamenti la persona con disabilità comunicativa non solo cerca e richiama l attenzione generica del partner comunicativo, ma tende altresì ad influenzarne il comportamento. In altri termini, si assiste all iniziale comparsa di azioni intenzionali ed abilità attraverso le quali la persona ricerca - dietro sollecitazione del partner comunicativo ed anche spontaneamente - di controllare il proprio ambiente, determinando conseguenze precise che corrispondano ai propri bisogni. Livello 3: Simbolico Iniziale Si assiste alla comparsa della capacità della persona con disabilità comunicativa di impiegare oggetti, parti di oggetti, immagini, figure, disegni o gesti come elementi evocativi di oggetti, persone, situazioni ed attività non presenti nel contesto in cui è al momento inserita. L osservazione di questi comportamenti significativi normalmente avviene all interno di situazioni specifiche, ben circoscritte e soprattutto molto motivanti per la persona che li compie. Il carattere iniziale di questi comportamenti risiede dunque non solo nella non 24

25 costanza degli stessi, ma anche nel fatto che compaiano in contesti limitati e ben caratterizzati. L evoluzione contempla il graduale espandersi di tali comportamenti a più contesti, differenti tra loro. Inoltre ciò che qui importa non è tanto il livello di astrazione in cui si colloca la funzione simbolica della persona, quanto il semplice - ma fondamentale - fatto che faccia la sua comparsa l impiego di simboli all interno di atti comunicativi, anche solo inizialmente intenzionali. Come nei precedenti livelli, il carattere iniziale di queste manifestazioni, e soprattutto il fatto che appaiono non costanti ma legate a situazioni fortemente motivanti, mettono ancora in gioco la capacità e la sensibilità del partner abituale nel valorizzare, sostenere ed espandere questi spunti e questi avvii di comunicazione intenzionale e simbolica. Risulta importante che il partner sappia attribuire e riconoscere significato anche a comportamenti che mostrano soltanto il profilarsi di abilità orientate a cambiare i modi di interazione della persona disabile con il proprio ambiente di vita. Inoltre, occorre che il partner cerchi di evocare e sostenere tali comportamenti in contesti di volta in volta diversi e differenziati rispetto a quelli in cui sono comparsi con maggior frequenza ed evidenza. Il costante modellamento e l impiego sistematico di supporti simbolici a sostegno della comprensione può facilitare e consolidare comportamenti imitativi e iniziative comunicative da parte della persona disabile: il riconoscimento di questi comportamenti da parte dei partner stabiliscono nella persona il senso ed il potere della comunicazione. Livello 4: Simbolico Consolidato La persona sa di produrre comportamenti che hanno valore di segnale comunicativo e li produce al fine di soddisfare i propri scopi e raggiungere i propri obiettivi. La modalità simbolica (uso di parole, immagini, simboli, gesti) si integra con le altre modalità comunicative già utilizzate Nel quarto livello emergono nuove funzioni comunicative e si consolidano quelle emerse nei livelli precedenti. Tra le funzioni comunicative nuove si evidenziano la 25

26 presa di turno non obbligatoria, l espressione di commenti, il riferire/raccontare spontaneamente, il partecipare/mantenere/concludere la conversazione. Quest ultimo punto, stimola un importante riflessione: l emergere di questa abilità è possibile grazie al miglioramento della capacità attentiva. Ciò è dovuto all instaurarsi di un circolo virtuoso che lega il miglioramento dell una al rafforzamento dell altra, confermando la stretta interrelazione tra sviluppo comunicativo e cognitivo. Il quarto livello si caratterizza per frequenza, modalità e qualità con cui si esplicano le abilità comunicative dei soggetti con disabilità comunicativa. Per quanto riguarda la frequenza si può notare che, riferendosi alla legenda presentata nella scheda, si passa dall indice qualche volta / spesso segnalato nei precedenti livelli a quello di sempre. Rispetto alla modalità si osserva come già detto -, che i soggetti del quarto livello integrano le modalità simbolica alle altre modalità comunicative già utilizzate. A questo livello molte persone posseggono un vocabolario personale di immagini anche molto ricco. Alcuni posseggono tabelle di 500/1000 simboli, immagini, fotografie. Per quanto riguarda l aspetto qualitativo, si registra un utilizzo più sofisticato delle modalità comunicative. Ad esempio, lo sguardo utilizzato per richiedere attenzione nel primo livello diventa espressione di ulteriori significati: saper aspettare una risposta e/o una reazione dall interlocutore, insistere nella richiesta (qualora l interlocutore non avesse capito), mostrare assenso o diniego, soddisfazione o insoddisfazione. I soggetti che appartengono a questa quarta fascia utilizzano anche ausili con uscita in voce (SGDS) ed ultimamente applicazioni comunicative su tablet (apps per la comunicazione). Condizione per un uso funzionale degli ausili con uscita in voce o tablet è che vengano create situazioni ben strutturate, personalizzate, stimolanti per la persona stessa. Ad esempio, rispondere a interrogazioni in classe come fanno i compagni, fare richieste a persone autorevoli, utilizzare l uscita in voce per inviare messaggi di saluto al telefono. Inoltre, molte persone con S.A. a questo livello acquisiscono la possibilità di iniziare un percorso di scrittura con simboli (early literacy). L abilità di scrivere in simboli è stata utilizzata per lo svolgimento di una prova di esame di terza media. In appendice vengono riportate delle esemplificazioni pratiche relative all intervento mirato all acquisizione di alcune abilità comunicative. 26

27 Le Abilità Funzionali alla Comunicazione nei quattro livelli comunicativi Nel prospetto seguente si individua il livello minimo in cui si dovrebbe osservare una data Abilità; i passaggi da un livello all altro sono necessariamente sfumati. Titolo Livello comunicativo minimo 1 ATTENZIONE AL PARTNER DAL LIVELLO 1 2 RICHIESTA DI ATTENZIONE DAL LIVELLO 1 3 PROTESTA DAL LIVELLO 1 4 ACCETTAZIONE/RIFIUTO DAL LIVELLO 1 5 ATTENZIONE CONDIVISA DAL LIVELLO 2 6 ALTERNANZA DI TURNO DAL LIVELLO 2 7 PRESA DI TURNO OBBLIGATORIA DAL LIVELLO 2 8 PRESA DI TURNO NON DAL LIVELLO 3 OBBLIGATORIA 9 ESPRESSIONE DI ANCORA SU DAL LIVELLO 2 RICHIESTA 10 ESPRESSIONE DI ANCORA DAL LIVELLO 2 (SENZA SIMBOLO) SPONTANEA DAL LIVELLO 3 (CON SIMBOLO) 11 ESPRESSIONE DI BASTA SU DAL LIVELLO 2 RICHIESTA 12 ESPRESSIONE DI BASTA DAL LIVELLO 2 (SENZA SIMBOLO) SPONTANEA DAL LIVELLO 3 (CON SIMBOLO) 13 MANIFESTAZIONE DI PREFERENZE DAL LIVELLO 2 14 ATTUAZIONE DI SCELTE DAL LIVELLO 2 15 RICHIESTA SPONTANEA DI DAL LIVELLO 2 PERSONE, OGGETTI, AZIONI 16 ESPRESSIONE DI SI/NO DAL LIVELLO 3 17 ESPRESSIONE DI COMMENTI DAL LIVELLO 3 18 RIFERIRE/RACCONTARE SU DAL LIVELLO 3 RICHIESTA 19 RIFERIRE/ RACCONTARE DAL LIVELLO 4 SPONTANEAMENTE 20 FARE DOMANDE DAL LIVELLO 4 21 RICHIESTA DI AIUTO DAL LIVELLO 3 22 SALUTARE/RINGRAZIARE DAL LIVELLO 3 23 INIZIARE LA CONVERSAZIONE DAL LIVELLO 4 24 PARTECIPARE/MANTENERE/ CONCLUDERE LA CONVERSAZIONE DAL LIVELLO 4 27

28 3. Raccomandazioni Il termine Raccomandazioni sostituisce nella stesura finale del documento quello di Linee Guida, in quanto quest ultimo, in campo scientifico, viene usato per descrivere le raccomandazioni emerse da condotte cliniche che hanno dato buoni risultati, ma che costituiscono prassi condivise da più Centri che si occupano dell argomento. Speriamo che le Raccomandazioni, raccolte in questo documento, possano costituire una valida guida per chi affronta il problema della comunicazione dei soggetti con Sindrome di Angelman. Le Raccomandazioni saranno suddivise in sottocapitoli, che si riferiscono alle diverse fasi di applicazione del modello clinico condiviso a livello di letteratura internazionale ed adottato al Centro Benedetta D'Intino. Riflessioni preliminari, dove pertinenti, precederanno la comprensione delle raccomandazioni stesse. Valutazione Considerazioni sulla Valutazione Molti modelli di valutazione si sono susseguiti negli anni. Dal Modello della Candidatura, secondo il quale soltanto i soggetti con determinate abilità potevano accedere ai servizi di C.A.A., all attuale Modello della Partecipazione descritto per la prima volta da Rosemberg e Beukelman nel 1987 e successivamente sviluppato da Mirenda e Buekelman nel 1988, secondo il quale chiunque può accedere ad un intervento di C.A.A. con efficacia, a patto che ci siano reali opportunità comunicative e di partecipazione nei diversi contesti di vita. Negli anni successivi, il Modello di Partecipazione è stato arricchito e modificato grazie al contributo apportato da alcuni autori (Schlosser 2000), arrivando quindi a definire un diagramma di flusso degli step necessari per eseguire il processo di valutazione. 28

29 Come già detto, gli obiettivi principali della valutazione in C.A.A. consistono nel determinare come un soggetto comunica, identificarne i bisogni comunicativi attuali e futuri e determinare le barriere alla comunicazione e alle opportunità. La valutazione deve essere necessariamente un processo dinamico e continuo nel tempo e richiede 29

30 perciò continue rivalutazioni poiché le abilità dei soggetti ed i bisogni comunicativi sono in continua evoluzione. Di conseguenza occorre modificare strategie e strumenti di C.A.A. per adeguarli alle caratteristiche attuali dei soggetti. La valutazione cognitiva è situata all interno della valutazione delle capacità dei soggetti, così come riportato nel modello di partecipazione di cui sopra (Profilo delle capacità Cognitive/Linguistiche). In particolare, parlare di valutazione cognitiva rivolta a soggetti con bisogni comunicativi complessi è un aspetto molto delicato. Come chiaramente segnalato dalla letteratura (Sarika U. Peters 2004), i soggetti con Sindrome di Angelman presentano un ritardo mentale grave o gravissimo. Alcuni studi sembrano rilevare una compromissione più lieve nei soggetti che presentano disomia uniparentale (UPD) o difetto del Centro dell Imprinting (ID). Nella prassi clinica condivisa, emerge chiaramente come le abilità comunicative dei singoli soggetti varino dai livelli di comunicazione non intenzionale a quella intenzionale e simbolica. L intenzione comunicativa di questi soggetti spesso è comprensibile a persone familiari, ma può non esserlo a interlocutori non familiari. I soggetti con comunicazione non simbolica possono capire qualcosa di ciò che è detto, a seconda dell efficacia comunicativa e della familiarità del partner e del contesto, ma possono capire poco al di fuori dei contesti di routine. Quindi per valutare le abilità cognitive e comunicative di questi soggetti, è necessario considerare il sistema di comunicazione usato, intendendo non soltanto il repertorio e le abilità del soggetto, ma anche le caratteristiche comunicative dell interlocutore e le caratteristiche d ambiente. Per questi motivi i soggetti con disabilità cognitiva, come i soggetti con Sindrome di Angelman, richiedono un approccio di valutazione più flessibile e individualizzato rispetto ai setting standard. Le tradizionali valutazioni statiche nel setting e standardizzate nelle modalità rischiano di valutare l incapacità dei soggetti ad eseguire un compito, piuttosto che le reali competenze del soggetto e la loro capacità di modificarsi. Perciò, se l obiettivo della valutazione sono le abilità presenti ma anche quelle evocabili da un punto di vista comunicativo, è necessario prevedere contesti familiari di valutazione, evitando di porre il soggetto in situazioni rigide ed eccessivamente richiestive. 30

31 Raccomandazioni sulla Valutazione 1. La valutazione cognitiva non deve servire per escludere i soggetti con S.A. dall intraprendere un intervento di C.A.A., perché la presenza di determinate abilità cognitiva non è prerequisito per l intervento. A prova di questo assunto, esiste l evidenza che tutti i soggetti coinvolti in progetti di C.A.A., ognuno al proprio livello, sono riusciti a migliorare la propria competenza comunicativa arrivando a realizzare interazioni comunicative funzionali a rispondere alle necessità individuali. Inoltre, l intervento di C.A.A. spesso consente l esplicitazione di potenzialità cognitive che sono inespresse perché difficili da accertare; in questo senso le difficoltà cognitive possono anche ridimensionarsi nella misura in cui sono forniti strumenti per la comunicazione. La rivalutazione continua nel corso del trattamento diventa quindi doverosa (on going assessment). 2. All interno della valutazione generale, la valutazione cognitiva deve testare quelle abilità dello sviluppo cognitivo rilevanti per la C.A.A. e deve avvenire all interno del contesto comunicativo. Generalmente è difficile somministrare integralmente test standardizzati per la valutazione cognitiva. Del resto, anche la letteratura conferma (Sarika U. Peters 2004) che non esiste un unico strumento di valutazione in grado di sondare i diversi aspetti dello sviluppo cognitivo, importanti per l intervento di C.A.A. nella Sindrome di Angelman. Le abilità dello sviluppo cognitivo rilevanti per la C.A.A. sono alcune abilità sensomotorie (permanenza dell oggetto, relazione causa effetto ecc.), la consapevolezza di sé e degli altri, l intenzionalità comunicativa, la memoria, la rappresentazione simbolica. Le funzioni comunicative e le abilità cognitive dei singoli soggetti sono intrinsecamente e reciprocamente collegate tra loro al punto che una difficoltà nell uso di alcune funzioni può compromettere lo sviluppo cognitivo e viceversa. La valutazione di tali abilità consente di capire, per ciascun soggetto, l effettiva possibilità di usare, in modo efficace, le strategie e le tecniche di C.A.A.; di acquisire simboli e utilizzarli in modo appropriato alle svariate situazioni (competenza comunicativa strategica); di mantenerne l uso funzionale nel tempo. 31

32 3. La valutazione delle abilità comunicative va condotta in modo dinamico con osservazioni durante interazioni comunicative spontanee o provocate, ma comunque necessariamente occorrenti in situazioni altamente motivanti. Le abilità comunicative vengono spesso valutate per mezzo di interviste rivolte ai partner comunicativi e di osservazioni degli scambi comunicativi e dei comportamenti nei contesti di vita, talvolta anche attraverso l elicitazione diretta delle singole abilità. Intervento presso il Centro o dell operatore di riferimento che conduce il progetto di C.A.A. Considerazioni sull intervento presso il Centro La fase iniziale di un progetto di C.A.A. prevede una serie regolare di incontri, la cui funzione è duplice: proseguire ed approfondire la valutazione dei bisogni delle persone con Sindrome di Angelman e, nel contempo, proporre e verificare modalità ed attitudini concrete per favorire la costruzione di reali competenze comunicative. Il fatto di poter lavorare in presenza sia dei genitori che del facilitatore, permette un reale e consistente scambio di informazioni utili per l implementazione del progetto stesso. Raccomandazioni sull intervento presso il Centro 1. Appare fondamentale potere fin da subito avviare l intervento di C.A.A. ed interagire con la persona con disabilità comunicativa in presenza dei principali partner comunicativi. Questa modalità operativa consente una miglior efficacia nel compito - di per sé non facile di mostrare e trasmettere ai partner i modi concreti che favoriscono lo scambio comunicativo, lo sostengono e lo espandono. 2. Appare fondamentale poter continuare ad accompagnare i partner nell evoluzione di attitudini e prassi che promuovano la comunicazione e non la ostacolino. La frequenza e la costanza degli incontri presso il Centro o comunque con il referente del progetto, soprattutto nelle fasi di avvio di un progetto di C.A.A., permette di osservare e monitorare costantemente i genitori e i principali 32

33 partner negli atteggiamenti che attuano negli scambi comunicativi con la persona disabile. In modo particolare, nelle fasi iniziali di un progetto di Early Communication, appare fondamentale supportare concretamente e passo dopo passo i principali partner comunicativi: è importante accompagnarli a consolidare la capacità di cogliere i segnali che la persona disabile comincia a produrre, in modo che diventino sempre più capaci nel restituire ed attribuire significato a questi comportamenti messi in atto ancora non intenzionalmente. 3. E buona norma adeguare il numero di interventi a seconda dell età anagrafica della persona con Sindrome di Angelman; in particolare, per le famiglie con i bambini più piccoli (indicativamente fino ai tre anni di vita), è opportuno prevedere un numero di sedute presso il Centro o l operatore di riferimento maggiore rispetto al caso di soggetti più grandi. Questa modalità operativa consente di ricavare il tempo per focalizzarsi sulle abilità di base; di ovviare all ostacolo della minor tenuta dei bambini piccoli rispetto a quelli più grandi, di offrire ai genitori un più graduale percorso di condivisione del progetto. Intervento presso gli ambienti di vita Raccomandazioni sull intervento presso gli ambienti di vita 1. Appare fondamentale impostare la micro-analisi delle situazioni e delle modalità comunicative attuate e delle specifiche occasioni di interazione. L obiettivo è avere fin da subito la visione globale delle abitudini di interazione nei consueti contesti di vita. Questa modalità operativa consente di censire e valutare tutte le relazioni rilevanti: persona disabile verso i suoi partner adulti e viceversa; persona disabile verso i suoi pari e viceversa; gruppo dei pari verso partner comunicativi del soggetto disabile e viceversa. Consente, inoltre, di valutarle considerando anche le specifiche occasioni di interazioni, quali ad esempio il grande piccolo gruppo o l attività con rapporto uno a uno. 33

34 Famiglia Considerazioni sulla Famiglia L esperienza dei progetti di C.A.A. fa emergere e conferma con forza la validità della prassi di coinvolgere le famiglie in tutti i momenti di sintesi, sia durante l intervento negli ambienti di vita, sia durante gli incontri presso il Centro. Ciò ha portato alla strutturazione di una vera équipe di lavoro, comprendente anche i genitori. Queste modalità di coinvolgimento hanno sostenuto la motivazione della famiglia, facendola sentire realmente partecipe nelle decisioni riguardanti anche i contesti di vita differenti da quello domestico. Raccomandazioni sulla Famiglia 1. Appare fondamentale il coinvolgimento regolare della famiglia dall'inizio di un progetto di C.A.A. e lungo tutti i passaggi che lo stesso prevede. Questo stile permette di mantenere alta la motivazione e consente un regolare scambio di informazioni proficuo per tutti i partner. Questo stile consente inoltre alla famiglia di maturare una graduale consapevolezza del loro impegno nel dover sostenere il progetto di C.A.A. per tutto l arco della vita del figlio. 2. Appare fondamentale il coordinamento costante con la famiglia per affrontare al meglio i passaggi significativi da un ordine di scuola all altro e/o da un contesto educativo all altro, introducendo in modo graduale la riflessione sulle prospettive future e sul progetto di vita. Questa modalità operativa permette di garantire una certa continuità nel corso dei cambiamenti dovuti a variabili indipendenti ed esterne. In particolare, per le famiglie dei bambini più piccoli, l impegno concordato per intraprendere un progetto di C.A.A. rappresenta un'occasione per condividere le prospettive di sviluppo del proprio figlio che si affaccia alla vita sociale (nido) o procede per cammini più impegnativi (avvio della scuola elementare). Per le famiglie di bambini già scolarizzati, il disegno complessivo di un progetto di C.A.A. rappresenta in maniera evidente uno stimolo all'ambiente scolastico ed educativo a mantenere una certa tensione progettuale e prospettica nei confronti del proprio figlio: in altri termini, il progetto è vissuto 34

35 come occasione di riprendere con vigore una prospettiva educativa per il bambino. Per le famiglie dei ragazzi più grandi il progetto di C.A.A viene vissuto in modi differenti. Da un lato c'è il bisogno di trovare validi partner comunicativi al di fuori della cerchia familiare, partner che sappiano sostenere e sviluppare anche tutti gli aspetti attinenti l'autonomia personale, oltre ed assieme agli obiettivi comunicativi condivisi. Dall'altro lato vi sono situazioni oggettive di transizione e cambiamento in atto nei centri frequentati o all'interno del percorso del singolo soggetto (necessità di passaggio da una struttura ad un'altra), situazioni per le quali e nelle quali la presenza di un facilitatore riveste un ruolo particolare: il ruolo di chi può garantire una certa continuità nel corso dei cambiamenti dovuti a variabili indipendenti ed esterne. 3. Appare fondamentale individuare lo stile di relazione maggiormente motivante e rispettoso per ciascuna situazione familiare, al fine di stimolarne la collaborazione. Ragionando per fasce d'età dei soggetti coinvolti in un progetto, possiamo affermare che: le famiglie dei più piccoli talvolta manifestano un affidamento ed un investimento, che, in qualche misura, va oltre il reale ambito di competenza degli operatori del progetto: sollecitano risposte attorno a temi e problemi non strettamente attinenti alla C.A.A.; per le famiglie dei più grandi il progetto si conferma essere una importante occasione per migliorare la conoscenza reciproca tra la famiglia stessa e la scuola o i centri frequentati dai ragazzi. In questa direzione gioca un ruolo significativo la presenza del facilitatore, che svolge il compito di mantenere un canale aperto tra contesti di vita extrafamiliari e famiglia. Una conseguenza significativa può essere quella di creare una continuità tra i vari ambienti di vita: si amplia il ventaglio di occasioni di scambio comunicativo; si può recuperare il valore degli strumenti e delle strategie; si stimola la partecipazione di alcune famiglie. 35

36 4. Rispetto alle difficoltà emerse con le famiglie con bambini più piccoli, è buona norma intensificare la frequenza di momenti di restituzione alle famiglie stesse, rispetto al progressivo svolgimento dell intervento. In questa stessa prospettiva, è significativo rendere regolare e costante il coinvolgimento della famiglia anche negli incontri di verifica con gli operatori scolastici e/o dei centri educativi. In molti casi, si è osservato l instaurarsi di un circolo virtuoso tra la scelta di condivisione attuata nel progetto dai genitori e l adozione di uno stile più aperto al confronto sui temi relativi al progetto educativo e riabilitativo globale da parte degli operatori della scuola e della riabilitazione. Facilitatori Considerazioni sui Facilitatori L evidenza suggerisce che i compiti del facilitatore vengano stabiliti in relazione al livello di sviluppo comunicativo del soggetto con S.A. Con riferimento ai soggetti che si collocano ad un livello di comunicazione iniziale, il facilitatore si pone come mentore, ossia come modello che, mostrando a tutti i partner comunicativi le modalità di interazione efficaci, stimoli nel bambino l acquisizione delle abilità di base. In questa prospettiva, il facilitatore deve impegnarsi nel creare esperienze ed occasioni di scambio comunicativo, verificando in prima persona e registrando quali strumenti e quali strategie vadano sostenuti e sviluppati nei contesti di vita. Con riferimento, invece, ai soggetti che già hanno acquisito una significativa competenza comunicativa e sono in grado di usare strumenti di C.A.A., l obiettivo principale è la generalizzazione delle funzioni comunicative acquisite. Pertanto, il facilitatore della comunicazione deve supportare l emergere di sempre nuove opportunità comunicative e favorire la comparsa di partner comunicativi nuovi, senza diventare il partner comunicativo privilegiato. 36

37 Raccomandazioni sui Facilitatori 1. Appare fondamentale curare attentamente la formazione sul campo delle persone che andranno a ricoprire il ruolo di facilitatore negli ambienti di vita. Il metodo formativo che risulta più efficace prevede un momento di introduzione teorica ed un consistente training in situazione di reale intervento ed interazione comunicativa. La riflessione condivisa con l operatore esperto di C.A.A., il compilare insieme la scheda di osservazione, permette al futuro facilitatore di arricchire la propria autonomia e competenza di osservazione delle situazioni di intervento di C.A.A., imparando a cogliere e a valorizzare tutte le modalità e funzioni comunicative dei soggetti in esame. L'osservazione condotta negli ambienti di vita risulta essere un altro aspetto delicato della formazione sul campo: occorre accompagnare il facilitatore a maturare un'attitudine di costante osservazione delle situazioni concrete, affinché riesca a cogliere e valorizzare le stesse orientandole in senso comunicativo. Ciò si traduce nell occorrenza di fornire ai facilitatori spunti e proposte concrete di interazioni realmente significative e comunicative per le persone con Sindrome di Angelman inserite in contesti educativi. Soprattutto nelle fasi iniziali, risulta importante accompagnare i partner comunicativi nel dare rilievo e consistenza anche alle piccole occasioni che le routine quotidiane offrono. 2. Appare fondamentale il reperimento di facilitatori che siano disponibili a formarsi in C.A.A e siano stabili per ciascun soggetto con S.A., in modo da poter seguire l implementazione del progetto stesso nei reali contesti di vita. L evidenza dell esperienza ha confermato l efficacia della presenza di un facilitare formato in C.A.A. e stabile. Il soggetto con S.A. può avvantaggiarsi di un supporto costante e significativo per migliorare la comunicazione; l operatore esperto di C.A.A. può contare su un referente costante all interno dei contesti di vita, attraverso il quale verificare puntualmente l efficacia delle proposte concordate e delle strategie adottate. In ogni caso, il facilitatore garantisce la continuità in coincidenza di cambiamenti importanti nei contesti di vita (ad esempio, nei passaggi di scuola da materna a elementare, nei cambiamenti di insegnanti, ecc); purtroppo la stabilità e continuità di lavoro diventa sempre più difficile. 37

38 I soggetti con Sindrome di Angelman godono, nella maggior parte dei casi, dell assegnazione di un assistente ad personam da parte dei Servizi Sociali: sarebbe dunque auspicabile che i Servizi Sociali prevedano di individuare operatori, che permettano continuità e siano disponibili ad una formazione in C.A.A. 3. Appare importante stabilire e prevedere una regolarità negli incontri periodici di verifica tra gli operatori esperti in C.A.A. ed i facilitatori. Tale modalità operativa permette di gestire, in modi e tempi il più possibile immediati, eventuali criticità o difficoltà emerse nel contesto di vita e ottenere un quadro aggiornato della situazione per ri-programmare nuovi interventi nell ambiente di vita. Servizi territoriali Come già detto nella comune esperienza, tutti i soggetti con Sindrome di Angelman dispongono di una presa in carico presso un Servizio Territoriale o una struttura educativa. La concreta pratica clinica porta a dover affrontare la comparsa di barriere di prassi, relative alla difficoltà a modificare l approccio clinico fino a quel momento adottato nei Servizi. Infatti l approccio della C.A.A. porta a rivedere l insieme delle strategie cliniche e delle modalità organizzative con cui operare. Occorre sottolineare che il processo di valutazione ed intervento in C.A:A. mira anche a cercare le proposte possibili volte a superare proprio queste barriere di conoscenza e di prassi. Considerazioni sui Servizi Territoriali Il lavoro di coordinamento dei soggetti coinvolti in progetti di C.A.A. si rivela particolarmente critico rispetto alla relazione tra il Centro di riferimento in C.A.A e il Servizio Territoriale. I Servizi procedono con un proprio background formativo definito e, soprattutto, inserito in una realtà istituzionale che può fare fatica ad accettare un approccio diverso. Ad esempio, alcuni Servizi hanno avviato (in adempimento agli obblighi amministrativi) iniziative istituzionali non rispondenti alla logica dell approccio della C.A.A. e non condivise con gli operatori esperti di C.A.A. Ciò è un peccato, perché nelle situazioni più positive, in cui invece e' stato possibile avviare una proficua collaborazione, il percorso di coinvolgimento proposto specificamente ai terapisti dei Servizi ha permesso di disporre di un'ulteriore risorsa sul territorio a favore del bambino e del suo ambiente di vita. 38

39 Raccomandazioni sui Servizi Territoriali 1. Appare fondamentale richiedere una dichiarazione di reale disponibilità da parte dei Servizi Territoriali o delle Strutture educative attraverso accordi istituzionali, vincolanti e specifici nell assegnazione dei ruoli e delle responsabilità. Il rapporto con i Servizi Territoriali e le Strutture educative risulta infatti problematico per difficoltà a recepire un approccio clinico estraneo, difficoltà ad uscire da una modalità di intervento limitata alla sola attività ambulatoriale. Inoltre, risulta vincolato da importanti limitazioni logistiche/burocratiche, imposte agli stessi terapisti, nella possibilità di recarsi negli ambienti di vita e confrontarsi con gli operatori scolastici o educativi. Scuola Considerazioni sulla Scuola Queste considerazioni sono riferite ai partner comunicativi degli ambienti scolastici o educativi. Nel complesso si riscontra negli insegnanti coinvolti una buona disponibilità, ma anche una notevole difficoltà ad impegnarsi. Per esempio, si rilevano le difficoltà degli insegnanti delle scuole elementari a trovare significativi momenti di interazione comunicativa che producano reale integrazione sociale con i coetanei. Più importanti possono essere le difficoltà che si incontrano nel realizzare momenti di integrazione negli apprendimenti. In alcuni casi, da parte di insegnanti di classe, vi è una rilevante, seppure iniziale, difficoltà a portare le indicazioni date dentro il proprio atteggiamento abituale: tale resistenza può però essere risolta grazie all intervento ed alla costante presenza del facilitatore del progetto. Nei casi in cui l ambiente scolastico si è dimostra limitatamente disponibile, i soggetti con Sindrome di Angelman possono essere seguiti, per quel che riguarda il progetto di C.A.A., in ambienti di vita diversi dalla scuola. Raccomandazioni sulla Scuola 1. Appare fondamentale approntare modalità di comunicazione efficaci nel momento di presentazione e spiegazione del progetto di C.A.A. agli operatori della scuola o dei centri educativi. 39

40 E infatti necessario che la struttura educativa e gli insegnanti comprendano che avviare un progetto di C.A.A. comporta necessari cambiamenti all interno della vita scolastica; tali cambiamenti di attitudine e di prassi si collocano e si integrano all'interno del progetto educativo globale per il bambino e non si configurano come applicazione di una tecnica. In questo senso non si deve cedere alle frequenti richieste da parte del corpo docente di un riduttivo passaggio di competenze attraverso l organizzazione di incontri a tavola allargata o lezioni frontali. Sovente vengono avanzate richieste di strumenti, simboli, supporti tecnologici, che tuttavia non vengono collocati all interno di un percorso progettuale ben orientato e soprattutto condiviso L approccio della C.A.A. si deve trasmettere in modo pragmatico all interno di situazioni reali e condivise, sulle quali poi è certamente possibile ragionare in termini di strategie e obiettivi. 2. Appare fondamentale chiarire precisamente il ruolo del facilitatore. Questa risorsa ha il compito specifico di aumentare le opportunità d'interazione comunicativa e di partecipazione del soggetto con Sindrome di Angelman, e non deve in nessun modo essere percepita e relegata al ruolo di semplice assistente personale della persona cui è abbinato. 3. E buona norma individuare un unico referente tra gli insegnanti con cui interfacciarsi, al fine di ottimizzare la gestione delle attività e i rapporti professionali all interno della scuola. 4. E buona norma dedicare tempo ed ascolto agli insegnanti (e ai facilitatori) per riuscire a trasmettere il senso dell interazione comunicativa, attraverso percorsi di condivisione degli obiettivi, delle proposte e delle strategie per conseguirle. 5. E buona norma dedicare tempo ed ascolto agli insegnanti (e ai facilitatori) al fine di potersi confrontare, esprimere i propri dubbi e difficoltà. Tale modalità operativa permette di raccogliere preziose informazioni su come realmente si svolge la vita delle persone con Sindrome di Angelman nella scuola o nei centri da loro frequentati 40

41 Équipe Clinica responsabile di progetti C.A.A. Considerazioni sull equipe clinica Nella condivisa pratica clinica, si ritiene importante che la valutazione e l intervento in C.A.A. siano processi dinamici condotti da una équipe di professionisti che non solo conoscono e padroneggiano le strategie proprie della C.A.A., ma anche sappiano mantenere un attitudine di lavoro multidisciplinare e di gruppo. Gli aspetti da valutare e affrontare nell ambito di un progetto di C.A.A. richiedono, per loro natura, complessità e varietà, una molteplicità di competenze tipicamente rinvenibile in équipe multiprofessionali. Raccomandazioni sull Équipe 1. Appare fondamentale che un progetto di C.A.A. sia portato avanti da un équipe multiprofessionale e non da un singolo operatore, per quanto formato in C.A.A. 2. Appare fondamentale strutturare con regolarità momenti di scambio e riflessione clinica condivisa, attraverso i quali giungere alla elaborazione compiuta e precisa di buone prassi e di un modello di intervento applicabile in via più estensiva. 41

42 Bibliografia Beukelman D.R. & Mirenda P., Augmentative and Alternative Communication, (terza edizione), Baltimore, P.Brookes, Blackstone S., Angelman Syndrome & AAC, Augmentative Communication News, june 1995; vol.8 n.3. Carrozzo R., La sindrome di Angelman, tratto da "Le sindromi dismorfiche con ritardo mentale", Fond. Mariani, convegno tenuto a Bergamo, 18-20/03/1998. Carter M. and Iacono T., Professional Judgements of the Intentionality of Comunicative Acts, Augmentative Alternative Communication, 2002;18: Chiari A., Sindrome di Angelman e Comunicazione Aumentativa, Psicomotricità, giugno 2004, pp Clayton-Smith J., Laan L., Angelman Syndrome: a review of the clinical and genetic aspects, Journal of Medical Genetics, 2003;40: Cress J. Cynthia, Domande comuni sull utilizzo della CAA nell intervento iniziale, Augmentative Alternative Communication, 2003; 19: Pubblicazione in italiano a cura di Isaac Italy, Argomenti di CAA, 4, 2007, pp Di Natale L., Moret O., Sindrome di Angelman. Un approccio comunicativo, Handicap Risposte, dicembre Hunt P., Soto G. et alii, Collaborative Team to Support Students with Augmentative and Alternative Communication Needs in General Education Classroom, Augmentative and Alternative Communication, 2002; 18: Iacono, T., West, D., Bloomberg, K., & Johnson, H. Reliability and validity of the revised Triple C: Checklist of Communicative Competencies for adults with severe and multiple disabilities, Journal of Intellectual Disability Research, 2009, 53, Light J., Toward a Definition of Communicative Competence for Individuals Using Augmentative Alternative Communication Systems, Augmentative Alternative 42

43 Communication; 1989;5: Questo articolo è stato tradotto in italiano a cura di Isaac Italy e pubblicato su Argomenti di CAA, 4, 2007, pp 1-9. Light J., «La comunicazione è l essenza della vita umana»: riflessioni sulla competenza comunicativa, Augmentative Alternative Communication, 1997;13: Questo articolo è stato tradotto in italiano a cura di Isaac Italy e pubblicato su Argomenti di CAA, 3, 2006, pp Lyle L.Lloyd, et al, Augmentative and Alternative Communication, Allyn and Bacon, Mirenda P. et alii, Communication Options for Persons with Severe and Profound Disabilities: State of Art and Future Directions, Journal of the Association for Persons with Severe Handicaps, 1990; 15:3-21. Reichle J., Beukelman D.R., Light J. Exemplary Practices for Beginning Communicators, Baltimore, P.Brookes, Rivarola A., La Comunicazione Aumentativa e Alternativa e indicazioni per soggetti con Sindrome di Angelman, relazione al convegno Sindrome di Angelman: aspetti clinici, diagnostici, riabilitativi e prospettive future, organizzato dall Istituto Auxologico Italiano, Cusano M., Milano, Rivarola A., Principi e pratica in Comunicazione Aumentativa e Alternativa, Milano, Disponibile sul sito del Centro Benedetta D Intino Rivarola A., Chiari A., Oldrini S., A model of AAC intervention for Angelman Syndrome people, Conference ISAAC, agosto 2002, Odense (Danimarca). Rivarola A. Chiari A., Murra S., Oldrini S., A.A.C. Intervention in normal school for people with Angelman Syndrome, Biennal Conference ISAAC, 2006, Dusseldorf, Germany. Sarika U. Peters et alii, Cognitive and Adaptive Behavior Profiles of Children with Angelman Syndrome, American Journal of Medical Genetics, 2004; 128A:

44 Schlosser R. & Braun U., Efficacy of AAC Intervention: Methodologic Issues in Evaluating Behavior Change, Generalization and Effects, Augmentative Alternative Communication,1994;10: Siegel E.B. & Cress C., Overview of the Emergence of Early AAC Behaviors: Progression from Communicative to Symbolic Skills, in Reichle J., Beukelman D.R., Light J. Exemplary Practices for Beginning Communicators, Baltimore, P.Brookes, Warrick A., Comunicare senza parlare, Torino, Omega edizioni, (questo volume fa parte della collana ufficiale edita dall'international Society for Augmentative Alternative Communication -ISAAC). Williams C.A., Angelman H. et alii, Angelman Syndrome: Consensus for Diagnostic Criteria, American Journal of Medical Genetics,1995; 56: Williams C.A., et alii, Angelman Syndrome 2005: Updated Consensus for Diagnostic Criteria, American Journal of Medical Genetics,2006; 140a:

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