BOSCHI E TERRITORIO TUTELA E VALORIZZAZIONE NELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA

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1 REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA DIREZIONE REGIONALE DELLE FORESTE E DELLA CACCIA BOSCHI E TERRITORIO NELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA TUTELA E VALORIZZAZIONE

2 REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA DIREZIONE REGIONALE DELLE FORESTE E DELLA CACCIA BOSCHI E TERRITORIO NELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA TUTELA E VALORIZZAZIONE

3 La presente pubblicazione è stata realizzata dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Direzione regionale delle foreste e della caccia (Sito web: regione.fvg.it; posta elettronica: foreste@regione.fvg.it). A cura di Pietro Luigi Bortoli, Dirigente ispettore forestale, Direttore regionale delle foreste e della caccia della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia - supervisione Piero Perini, Dirigente ispettore forestale, Direttore del Servizio della selvicoltura - organizzazione e coordinamento Emanuele Moro, Ispettore forestale (Servizio della selvicoltura) - organizzazione, assemblaggio, elaborazione grafici Massimo Stroppa, Ispettore forestale (Ispettorato ripartimentale delle foreste di Pordenone) - collaborazione all organizzazione e revisione contenuti Andrea Missio, Architetto (Servizio della selvicoltura) - coordinamento e veste grafica Servizi direzionali, contenuti delle attività di competenza Hanno inoltre collaborato: Rinaldo Comino, ispettore forestale; Raffaello Bettinazzi, ispettore forestale; Fabio Perco, naturalista; Franco Perco, naturalista; Massimo Zanetti, tecnico faunistico; Daniele Bini, geometra esperto GIS; Umberto Alberini, guardia forestale Fotografie: M. Buttazzoni, A. Di Daniel, D. Di Gallo, L. Felcher, A. Missio, M. Pradella, M. Stroppa, S. Toffolutti, M. Zanini Grafica e stampa: Graphis - Fagagna (UD) Gli autori ringraziano la casa editrice Tabacco per la gentile concessione della cartografia di sfondo delle cartine 1, 2, 3, 9, 12 Il simbolo 1 invita a spostarsi alla pagina indicata per un approfondimento Copyright: Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e autori. Tutti i diritti sono riservati. Non è consentita la riproduzione, la memorizzazione in qualsiasi forma (fotocopia, microfilm o ogni altro tipo di supporto) senza autorizzazione scritta dei detentori del Copyright.

4 INDICE PRESENTAZIONE pag. 7 INTRODUZIONE pag. 9 I BOSCHI REGIONALI pag Le funzioni del bosco pag Le principali caratteristiche climatiche del Friuli-Venezia Giulia pag I suoli forestali pag Storia delle foreste della regione pag Le principali categorie forestali pag. 16 PIANIFICAZIONE FORESTALE...pag Obiettivi...pag Piano di Gestione Forestale...pag Piani Integrati Particolareggiati...pag Progetti di riqualificazione forestale e ambientale...pag Utilizzazione dei boschi privati...pag Il Sistema Informativo Forestale Regionale (SITFOR)...pag. 28 GESTIONE E PROSPETTIVE...pag Le foreste di proprietà della Regione...pag Filiera foresta-legno...pag. 31 Osservatorio del legno...pag. 32 Borsa del legno...pag. 33 Certificazione forestale...pag Le misure di sostegno al settore forestale...pag I vivai forestali...pag Il Centro servizi per le Foreste e le Attività della montagna...pag. 40 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO pag Tutela Idrogeologica pag. 42 Monitoraggio, controllo e autorizzazione pag. 42 Catasto delle opere di sistemazione idraulico-forestale pag. 43 Monitoraggio dei dissesti pag. 43 Rilievi neve e valanghe pag. 43 Vincolo idrogeologico pag. 44 Opere e interventi di sistemazione idraulico-forestale pag. 45 La sistemazione dei torrenti pag. 45 La sistemazione dei versanti pag. 47 La manutenzione delle opere pag Il monitoraggio dello stato di salute dei boschi pag Il Corpo forestale regionale pag. 50 Attività di Polizia Giudiziaria pag. 51 Protezione civile pag. 51 Difesa dei boschi dagli incendi pag La fauna del Friuli-Venezia Giulia pag. 54 La tutela e la gestione faunistica e venatoria pag. 54 La fauna regionale pag. 55 CONSIGLI PRATICI...pag. 59 BIBLIOGRAFIA pag. 63

5 INTRODUZIONE Conoscere tutto ciò che riguarda il territorio, la montagna e il bosco è importante non solo per chi ci abita, ma anche per chi vi trascorre di tanto in tanto alcune ore di relax. Chi vive in montagna ha necessità di avere a disposizione tutti gli elementi possibili, culturali, tecnologici e finanziari, per massimizzare la produttività e ridurre i costi delle proprie iniziative imprenditoriali in un territorio difficile e con risorse ancora da utilizzare in modo pienamente adeguato. In questo contesto, deve essere chiaro che il legname può oggi essere prodotto in modo ecosostenibile e riconoscendone i livelli di qualità fra i più elevati in Europa; il sistema di commercializzazione può essere sviluppato anche rendendo più elevato il valore aggiunto dei singoli soggetti della filiera foresta-legno. La tecnologia è ormai talmente sviluppata da permettere un lavoro in bosco più sicuro, agevole ed efficace e da approfondire, a livelli mai visti prima d ora, la conoscenza dei meccanismi biologici ed ecologici alla base della produttività e della pianificazione delle risorse forestali; le reti informatiche consentono poi di ampliare molto i contatti e le possibilità di transazione, anche per territori di non facile accesso con le ordinarie vie di comunicazione. Chi vive in pianura, invece, ha la necessità di chiedere alla montagna spazi di ricreazione che permettano, in tutta sicurezza, di recuperare energia e rilassamento, ottenendo un articolata proposta da parte delle attività imprenditoriali locali: montagna, appunto, vuol dire non solo bosco, ma anche prodotti e servizi legati alle tradizioni ed alle realtà naturali e culturali locali. Tutti i cittadini della Regione, poi, hanno bisogno di sicurezza: è la corretta, continua e capillare tutela idrogeologica del territorio montano che ci mette al massimo riparo possibile dalle bizze della natura e dai fenomeni meteorologici, i cui effetti negativi si riverberano anche ai territori di pianura fino alle zone costiere. La presente pubblicazione sintetizza proprio questi aspetti: come sono stati organizzati, sviluppati e promossi dalla Direzione regionale delle foreste e della caccia, incaricata dall Amministrazione regionale di occuparsi di questa complessa, ma affascinante materia. La lettura dei capitoli che seguono permette di conoscere, illustrato da chi se ne occupa di prima mano, qualcosa di più del bosco, della montagna e dei problemi di chi ci opera e abita. In poche parole: conoscere per capire, capire per tutelare, tutelare per sviluppare. Il Direttore regionale delle foreste e della caccia Dott. Pietro Luigi Bortoli

6 I BOSCHI REGIONALI 10 I BOSCHI REGIONALI LE FUNZIONI DEL BOSCO Il bosco è vivo. Si comporta come un organismo vivente in cui ogni parte è indispensabile all altra. Pertanto, la conservazione della vitalità degli organismi e della vivacità e complessità dei loro rapporti è condizione necessaria affinché il bosco svolga tutte le sue funzioni. Si deve allora: porre un attenzione particolare alle dinamiche naturali negli interventi che lo interessano; mantenere elevata la fertilità del suolo con la continua copertura vegetale e la conservazione di vecchie piante; ricercare la mescolanza di specie favorendo quelle più a rischio, meno rappresentate in sintonia con l ecologia della zona; in alcuni casi attendere che il bosco degradato si riprenda da solo attraverso un lento processo di evoluzione naturale. Il bosco ci protegge Ogni giorno, nascostamente, il bosco esercita funzioni importantissime per la vita di noi tutti: conserva la stabilità e la struttura del suolo; blocca l erosione 47 gli smottamenti e le valanghe; purifica le acque e protegge le riserve d acqua; tutela raggruppamenti vegetali particolari (biotopi) conserva specie rare o minacciate mitiga gli eccessi climatici delle zone circostanti fissa l anidride carbonica pericolosa per l effetto serra migliora la qualità dell aria attutisce i rumori assordanti scherma il paesaggio dagli elementi artificiali perturbatori. Si deve allora cercare di non introdurre specie estranee a quelle caratteristiche della località, rinunciare ai fertilizzanti, tagliare le piante mature a partire dal momento in cui le giovani piantine che hanno bisogno di luce si sono insediate naturalmente e con le modalità più adatte a ridurre gli effetti negativi dell utilizzazione, individuare delle riserve integrali come Foto 1. Il bosco è un complesso insieme di organismi viventi che ci protegge, ci fornisce il prezioso legno, rende più bello l ambiente che ci circonda e ci permette di avvicinarci alla natura per stare meglio. esempio per lo studio delle dinamiche naturali, sincronizzare le misure di gestione forestale 22 con aree boscate dotate di specifiche funzioni di protezione fisica, mantenere permanentemente la copertura forestale, conservare piante vecchie o morte. Il bosco produce legno Il bosco produce una risorsa ecologica che può contribuire a garantire sviluppo e occupazione ai territori montani: il legno. Esso infatti è un materiale rinnovabile, non inquinante, conserva l energia solare, è durevole e può essere riciclato. Nella nostra regione il legno si impiega nei settori dei pannelli compensati e truciolati, della sedia, del mobile e dell arredamento, dei pavimenti e dei serramenti, oltre che per il riscaldamento. Si deve allora cercare il giusto equilibrio fra accrescimento degli alberi 24 e prelievo del legname, ridurre i rischi di schianti migliorando la stabilità meccanica ed ecologica del bosco con i diradamenti e i tagli colturali, tendere all aumento del valore del capitale bosco grazie alla selezione e alle cure effettuate in tutte le sue fasi di sviluppo, impiegare metodi di taglio e macchinari in grado di evitare danni al suolo e alle piante che rimangono, controllare che la densità della fauna 55 sia in equilibrio con la capacità di sostentamento della foresta. Il bosco valorizza il paesaggio e ci avvicina alla natura Il bosco è un ambiente sempre più importante per il benessere fisico e psichico delle persone: la purezza dell aria e i profumi, la suggestione degli ambienti e dei panorami, il contatto con il mondo vegetale e la fauna selvatica, la lonta-

7 Foto 2. Il legno è un materiale ecologico che può contribuire allo sviluppo e all occupazione dei territori montani. La selvicoltura naturalistica che si applica in regione, si preoccupa che il legname venga scelto ed estratto anche per rinforzare la vitalità del bosco stesso, conciliando tecnicamente ecologia ed economia. nanza dai rumori meccanici e la quiete dei suoni naturali, la presenza di luoghi in cui misurare la propria capacità di resistenza fisica sono tutte qualità rigeneratrici largamente profuse dal bosco. Si deve allora privilegiare forme silenziose di ricreazione (percorsi natura, piste ciclabili, aree di meditazione, ecc.), concentrare in specifiche aree le installazioni per i giochi ed il picnic, promuovere la variabilità degli ambienti (radure, visuali, piante monumentali, composizione del bosco, ecc.). Il bosco aumenta la biodiversità La biodiversità, cioè la numerosità di specie viventi in un determinato territorio, è il risultato di milioni di anni di evoluzione e pertanto va salvaguardata e promossa, anche per sostenere la stabilità dei fenomeni naturali. Il bosco, con le sue radure e i suoi margini, è un grande contenitore di specie viventi in rapporto tra di loro: la salvaguardia della sua variabilità deve essere quindi un obiettivo primario nella gestione forestale. LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE CLIMATICHE DEL Friuli-Venezia GIULIA In linea generale, il clima del Friuli-Venezia Giulia si caratterizza per una marcata penetrazione nel territorio regionale delle correnti umide e miti del Mare Adriatico. In particolare si possono distinguere, da nord a sud, sette distretti climatici principali, a cui corrispondono assetti vegetazionali diversi. Distretto endalpico Il clima in queste aree è continentale, con una debole influenza oceanica causata dalle correnti umide adriatiche. Infatti se le escursioni termiche risultano marcate, le precipitazioni annue restano invece elevate ( mm) con regime pluviometrico di tipo equinoziale (cioè con massimi in autunno e primavera). Si trova in una stretta fascia prossima al confine con l Austria. Vegetazione forestale: peccete 21 quasi prive di faggio e con ridotta presenza anche di abete bianco, ontanete a ontano verde, mughete e lariceti. Distretto mesalpico Per effetto della penetrazione, lungo le valli del Tagliamento e dei torrenti Degano e But, di correnti mitiganti adriatiche, le temperature e le precipitazioni medie annue raggiungono rispettivamente gli 8 C e i mm. Interessa le valli più settentrionali della Carnia e della Val Canale. Vegetazione forestale: peccete, piceo-abieteti, abieti-piceo-faggeti, piceofaggeti e pinete di pino silvestre di una certa estensione. Distretto esalpico Precipitazioni abbondanti ( mm ad est, e mm ad ovest) e temperature medie annue sui C. Nei pressi del Monte Canin le precipitazioni superano i 3200 mm all anno. Interessa tutta la fascia prealpina. Le faggete 18 dominano nettamente nella fascia montana e altimontana; gli abeti, ancora relativamente diffusi, manifestano precoci fenomeni di deperimento (in particolare l abete rosso). Su aree più accidentate si formano pinete di pino nero e orno-ostrieti (boschi di carpino nero e orniello). Verso l esterno del distretto, in particolare verso est compaiono estesi aceri-frassineti, soggetti con una certa frequenza alla galaverna. Distretto avanalpico Precipitazioni tra i 1400 e i 1800 mm, temperature medie annue tra 9 e 13 C, assenza di temperature medie mensili inferiori a 0 C. Si ritrova nella zona collinare della regione. Sui versanti si rinvengono i castagneti, ostrio-quer- BOSCHI REGIONALI 11

8 I BOSCHI REGIONALI ceti (boschi di carpino nero e roverella), ornoostrieti. Sulle colline invece i carpineti e i querco-carpineti. Distretto planiziale Temperature annue superiori a 13º C, assenza di temperature medie mensili inferiori a 0º C e precipitazioni comprese tra i 1000 e i 1400 mm. Riguarda tutta la pianura regionale. La vegetazione forestale è caratterizzata complessivamente da una superficie molto limitata: si tratta di formazioni fiancheggianti i corsi d acqua e di pochi lembi di querco-carpineti planiziali, risparmiati dal disboscamento effettuato nei secoli passati per aumentare la superficie agricola e le aree urbane. Distretto illirico-dinarico (carsico) Si caratterizza per un marcato gradiente termico tra il Carso monfalconese (temperature medie annue di 14 C) e la parte interna del Carso triestino (attorno agli 11 C). Le precipitazioni variano dai mm del Carso monfalconese ai mm di quello triestino. Le formazioni prevalenti sono date dagli ostrio-querceti e dalle pinete di pino nero di origine artificiale, ma si segnala anche la pseudomacchia a carpinella. Distretto mediterraneo (costiero) Sulla costiera triestina le temperature medie annue si aggirano sui 14 C e le precipitazioni si attestano sotto i mm, lungo lo stretto litorale Alto Adriatico le temperature medie annue si aggirano sui 13,5 C e le precipitazioni raggiungono i mm annui. La costiera triestina è caratterizzata dall ostriolecceta (boschi di carpino nero e leccio), mentre nel resto del litorale il leccio coesiste con gli elementi delle pinete a pino nero e con quelli dei querco-carpineti planiziali. Cartina 1. L influenza climatica del mare Adriatico si evidenzia anche nella rappresentazione delle temperature medie annue (curve=isoterme): si noti come temperature più miti si riscontrino nella catena alpina grazie ai venti che risalgono la valle del Tagliamento. Sfondo: cartografia Tabacco 1: Cartina 2. Il gradiente della piovosità annua (curve=isoiete) evidenzia come le masse d aria umida e calda che risalgono l Adriatico si condensino a partire dai primi rilievi della catena alpina scaricando sulle Prealpi le piogge più copiose. 12 Cartina 3. Gli organismi vegetali si distribuiscono ordinatamente sul territorio a seconda delle loro esigenze climatiche e di substrato vegetativo; all opposto, la presenza di determinate specie fornisce preziose indicazioni sul clima locale e sul terreno. La fitosociologia è la scienza che studia la distribuzione territoriale delle specie vegetali e le loro relazioni ambientali: la cartina evidenzia schematicamente i principali raggruppamenti fitosociologici (distretti) della regione.

9 I SUOLI FORESTALI Il Friuli-Venezia Giulia presenta una eterogeneità di substrati litologici abbastanza rilevante, ma per chiarezza e semplicità si propone un raggruppamento in due categorie principali, che si differenziano per l attitudine a originare tipi di suoli con sostanziali differenze fisico-chimiche: 1) substrati carbonatici, 2) substrati silicatici. 1. categoria dei substrati carbonatici Sono formazioni ricche in carbonati di calcio e/o di magnesio e che originano suoli di scarsa o media fertilità. La disponibilità idrica è generalmente bassa, ma in taluni casi buona se i versanti sono meno acclivi e se le esposizioni mantengono una componente settentrionale. A questa categoria appartengono: a. Substrati calcarei: comprendono i calcari del Mesozoico e quelli più antichi del Paleozoico. Si tratta di substrati con discreta propensione a formare suoli forestali. In generale le rocce sono permeabili solo per fratturazione o per carsismo; la stabilità è in genere buona, ottima dove i calcari sono compatti, bassa dove si manifestano intercalazioni marnose. b. Substrati dolomitici: vi sono compresi le dolomie, le dolomie calcaree e i calcari dolomitici. La permeabilità è minore rispetto ai substrati calcarei, come minore è l'alterabilità e conseguentemente la propensione a formare suoli forestali. La stabilità, funzionalmente al grado di fratturazione, è ottima o buona. c. Substrati gessosi: si tratta di substrati facilmente alterabili, ma i cui principi minerali vengono velocemente e irrimediabilmente dilavati dai versanti acclivi, dando luogo a suoli primitivi sui versanti e a suoli potenti e fertili alla loro base. La stabilità è sempre scadente. 2. Categoria dei substrati silicatici Nonostante i litotipi siano caratterizzati dalla riduzione notevole del contenuto di carbonati piuttosto che dalla comparsa della silice, come avviene invece nel settore centrale e orientale della catena alpina, per semplicità si è deciso di includere i litotipi non carbonatici della regione BOSCHI REGIONALI Cartina 4. La nostra Regione presenta una grande variabilità di rocce da cui si originano anche i terreni che ospitano la vegetazione forestale. In generale si possono raggruppare in due grandi categorie: i substrati carbonatici che in genere danno origine ai terreni poveri ed aridi; i substrati silicatici che originano terreni profondi e ricchi. 13

10 I BOSCHI REGIONALI nell'ampia categoria dei substrati silicatici. A questa categoria appartengono: a. Substrati flyscioidi del Cenozoico: sono costituiti da una mescolanza tra arenarie e marne, con intercalazioni di banchi calcarenitici. Sono semipermeabili, da cui deriva una elevata attitudine alla formazione di suoli forestali, marcatamente acidi e moderatamente xerici (= aridi) dove prevale la componente arenacea. La stabilità è bassa o scadente. b. Substrati arenacei del Mesozoico: producono suoli fertili e con buone caratteristiche chimicofisiche. La stabilità è buona dove prevalgono le arenarie e scadente dove affiorano le argilliti. c. Substrati flyscioidi del Paleozoico: sono tipici della parte più settentrionale della regione. Il litotipo arenaceo-argilloso con intercalazioni calcaree presenta una bassa permeabilità, soprattutto dove prevale la componente argillosa, mentre l'alterabilità è abbastanza elevata. Danno origine a suoli mediamente profondi, frequentemente acidi e, in questo caso, con una debole connotazione xerica. La stabilità complessivamente è bassa. STORIA DELLE FORESTE DELLA REGIONE Le foreste del Friuli-Venezia Giulia hanno subito delle vicissitudini climatiche e storiche che, come in altre parti d'italia e d'europa, hanno portato a variazioni notevoli della loro estensione e della loro composizione. Nell'Era glaciale la pianura era in generale coperta da pinete di pino silvestre che successivamente, col riscaldamento del clima, furono sostituite da boschi misti di querce. In montagna, dopo il ritiro dei ghiacciai si affermano i boschi di abete rosso, mentre il faggio iniziò a spostarsi dalle zone di collina a quelle montane mescolandosi 20 con l'abete rosso e l'abete bianco. L'uomo interviene in foresta all'inizio con il taglio di alberi per realizzare palafitte o piccoli manufatti, ma furono le prime attività agricole ( a.c. nel nord Italia) che diedero inizio ad una vera e propria fase di disboscamento (attuato anche con gli incendi) che continuò a fasi alterne fino all'ultimo dopoguerra. In pianura durante il periodo romano avvenne il radicale passaggio da ecosistemi naturali a sistemi agricoli, la cui permanenza dipese dalla costante manutenzione ad opera dell'uomo. In Foto 3. Le specie vegetali si sono specializzate nella loro azione di colonizzazione del territorio. Col passare del tempo la loro azione porta generalmente alla formazione di terreni più evoluti, se l orografia e il clima lo permettono. 14

11 montagna, invece, si ricercavano soprattutto nuove superfici per il pascolo, ma si sfruttava anche l'ingente risorsa rappresentata dal legname, con eccezione del Tarvisiano e delle valli interne delle Prealpi Carniche. Dopo il periodo romano la foresta recuperò gli spazi perduti, mentre i boschi cedui (= di latifoglie tagliate periodicamente per legna da ardere) esistenti si convertirono naturalmente all'alto fusto, come oggi sta avvenendo in molte parti delle Prealpi. Con il periodo patriarcale la situazione si invertì di nuovo e quando nel 1420 subentrò la Repubblica di Venezia, i boschi di buona parte del Friuli erano ridotti di numero ed estensione e in cattive condizioni selvicolturali. Anche nei territori austriaci di Trieste e di Gorizia la situazione era pressoché analoga. Le inondazioni delle campagne causate dal Tagliamento nel XV secolo lasciano ritenere che pure i boschi della Carnia dovessero essere in pessimo stato. Fu allora che la Repubblica di Venezia, soprattutto per disporre di legname in quantità adeguata alle esigenze della sua flotta, stabilì leggi finalizzate, tra le prime in Europa, alla gestione del bosco e del territorio. Dopo la caduta di Venezia subentra nuovamente il malgoverno boschivo fino all'avvento del dominio austriaco su tutto il territorio. Il patrimonio forestale si presenta generalmente in un grave stato di decadimento, eccezion fatta per le peccete ed abetine della Carnia. L'Austria era interessata al buon governo forestale per le stesse ragioni che già furono di Cartina 5. Nella nostra regione sono stati individuati ben 105 tipi forestali differenti, con oltre 70 varianti, raggruppati in 20 categorie: sono stati raccolti in un archivio informatizzato che permette per esempio di individuare i popolamenti più a rischio o quelli più produttivi. La cartina mostra le principali categorie forestali. Venezia; pertanto conservò e integrò la legislazione napoleonica a tutela del bosco. Anche il Carso, ridotto ad una landa desolata da secoli di pascolo irrazionale, fu rimboschito con il pino nero a partire dalla metà del 1800, per opera dei forestali austriaci e poi di quelli delle amministrazioni successive. Si intervenne nelle aree marginali più povere e che avevano meno importanza per la pastorizia. Nel corso dell' 800 l'incremento demografico ebbe quale diretta conseguenza una notevole intensificazione dell'attività agricola e si tradusse nella tendenza all'estensione delle superfici a prato e a pascolo, al punto tale che, in diverse zone dell'area Carnica (Val Pesarina, Forni Avoltri, Prato Carnico), il bosco non era più l'elemento caratterizzante del paesaggio, come era avvenuto in precedenza. BOSCHI REGIONALI Foto 4. Le foreste regionali come le vediamo oggi sono il risultato dell azione, nel corso della storia, sia dei fattori climatici che degli interventi umani. Nella foto: un paesaggio montano modellato dalla presenza del bosco. 15

12 I BOSCHI REGIONALI 16 Le vicende degli ultimi decenni del 900 vedono, al contrario, lo spopolamento delle frazioni e delle borgate più lontane dai centri abitati ed il progressivo abbandono di molte attività agro-silvopastorali in montagna, con la conseguenza sia dell invecchiamento dei cedui (spesso non più tagliati dagli anni 50-60) sia soprattutto dell invasione del bosco negli ex coltivi ed ex pascoli non più gestiti. Significativa per il tarvisiano la foresta del F.E.C. (Fondo Edifici per il Culto) che si estende su una superficie di circa ettari. LE PRINCIPALI CATEGORIE FORESTALI Come visto in precedenza, la vegetazione forestale del Friuli-Venezia Giulia è stata fin dall antichità sottoposta all azione dell uomo che, pur riducendone parzialmente la naturalità, non ha tuttavia alterato le relazioni esistenti tra la vegetazione forestale, gli elementi territoriali ed il clima. Nel 1998 la Direzione regionale delle foreste e della caccia ha pubblicato un testo in due volumi sulla vegetazione forestale e la selvicoltura del Friuli-Venezia Giulia che è il risultato di uno studio interdisciplinare tra docenti universitari in materia di selvicoltura e botanica, fitosociologi e tecnici forestali, sia professionisti che dipendenti dell Amministrazione forestale regio-nale, con una consolidata esperienza nella pianificazione e gestione selvicolturale. Si è individuata una realtà forestale molto articolata con ben 20 categorie tipologiche, 105 tipi forestali ed oltre 70 varianti. Nell ottica dei forestali della regione Friuli-Venezia Giulia, le tipologie forestali vanno considerate un sistema di interpretazione e classificazione delle zone boscate che, partendo dallo studio dei parametri di funzionalità delle singole specie forestali, dalla valutazione dei rapporti di concorrenza inter ed intra-specifici e dall analisi della dinamica strutturale interna ad ogni formazione, permette di definire puntuali e fondate indicazioni per la gestione selvicolturale. In tal modo si superano i criteri selvicolturali del passato, permeati spesso di genericità proprio per la carenza di una corretta interpretazione ecologica e la mancanza di considerazione per le peculiarità e le tendenze evolutive del bosco e dei suoi processi bio-ecologici 33. L individuazione sul terreno delle varie tipologie, in rapporto alle caratteristiche potenziali della stazione, può anche permettere di individuare i popolamenti forestali più a rischio a causa dello sfruttamento intensivo del passato ed ora lontani da parametri di stabilità ecologica, strutturale e funzionale, in cui gli interventi di gestione forestale devono essere ancor più calibrati, graduali e frequenti nel tempo. 1. Boschi costieri (Ostrio-leccete, Leccete con pino nero, Bosco costiero dei suoli idrici: ha 116) Rivestono un elevata importanza naturalistica e turistica pur essendo di ridotta estensione. L ostrio-lecceta è costituita soprattutto da specie a portamento arbustivo: leccio, carpino nero e specie mediterranee e orientali come carpinella, terebinto, fillirea, acero minore danno origine a una formazione esclusiva della costiera Triestina. Il leccio è da noi residuale a Grado e Lignano insinuandosi nei rimboschimenti costieri di pino nero assieme alla robinia. Il bosco costiero dei suoli idrici lo troviamo fra le dune più interne non interessate da ristagni di acqua salmastra. Foto 5. Le tipologie forestali sono il risultato di un sistema di classificazione che è stato ricavato partendo dalle caratteristiche della singola specie, dalla definizione dei rapporti concorrenziali fra soggetti e dalla dinamica di sviluppo delle singole formazioni.

13 2. Boschi di salice e di pioppo (Saliceti e formazioni particolari: ha 736) Le numerose specie del genere Salix sono colonizzatrici di vari ambienti. Per questa caratteristica, sono molto usate negli interventi di ingegneria naturalistica. Altre formazioni particolari sono quelle a ginepro nano e sabina, a olivello spinoso, di pioppo tremulo e di frassino ossifillo. 3. Boschi di carpino bianco e querce (Carpineti e Querco-carpineti: ha 2.440) Sono formazioni dove il carpino bianco esercita un ruolo determinante nella composizione arborea insieme alla farnia, pur non costituendo necessariamente la specie dominante. La loro diffusione era ampia, oggi limitata ai relitti dei boschi planiziali sia per cause antropiche (si tratta di aree destinate prevalentemente alla produzione agricola), sia perché le caratteristiche del suolo sono molto variabili. Località caratteristiche: Bosco Baredi - Muzzana del Turgnano; Bosco Sacile - Carlino; Solimbergo; Dolina di Percedol, ecc. 4. Boschi di robinia (acacia) (Robinieti: ha 6.091) La robinia è stata introdotta ad inizio XX secolo per consolidare le scarpate ferroviarie e impiegata dopo le due guerre mondiali per rimboschire i boschi distrutti. Successivamente si è diffusa spontaneamente grazie alla sua forte capacità pollonifera ed allo sviluppo della viticoltura in quanto produce ottimi pali di sostegno. 5. Boschi di rovere e castagno (Rovereti e castagneti: ha ) Sono le formazioni dove la rovere e/o il castagno risultano essere le specie principali. Anche i boschi di rovere hanno subito una notevole riduzione di superficie avendo lasciato spazio alle colture agricole (vigneti e, in passato, castagneti da frutto). Solo pochi dei castagneti su suoli acidi possono ritenersi naturali, mentre per le altre formazioni si dovrebbe parlare di castagneto su altro tipo forestale. Località caratteristiche: Draga S. Elia; Bosco Romagno; Mezzana - S. Pietro al Natisone, ecc. 5. Boschi di orniello, carpino nero e roverella (Orno-ostrieti e Ostrio-querceti: ha ) Coronano l Alta Pianura friulana, nei versanti esposti a sud dell area esalpica, su substrati calcarei e dolomitici e costituiscono il prolungamento delle analoghe formazioni venete. Presentano spiccate funzioni protettive e sono- BOSCHI REGIONALI Foto 6. All inizio dell epoca romana, la pianura regionale appariva ricoperta di querce (farnia) e carpini (carpino bianco): i querco-carpineti planiziali. Di questa grande selva infestata dai lupi, oggi non rimangono che pochi brandelli. Nella foto: un bell esemplare di farnia nel bosco di Muzzana del Turgnano (UD). 17

14 I BOSCHI REGIONALI da lasciare in parte alla libera evoluzione ed in parte da gestire secondo i modelli del bosco ceduo per la produzione della legna da ardere. L area carsica si caratterizza invece per gli ostrio-querceti, composti in prevalenza da roverella, carpino nero e orniello. Sono boschi di neoformazione originatisi a seguito dell abbandono dell attività agricola o che vanno a sostituire progressivamente le pinete artificiali di pino nero. 6. Boschi di acero montano e frassino (Aceri-frassineti: ha ) L abbondanza delle precipitazioni e l estesa presenza di substrati flyscioidi del Cenozoico rendono l area prealpina collinare particolarmente favorevole alla diffusione dell acero montano e del frassino maggiore. Si tratta prevalentemente di neoformazioni forestali derivanti da processi di ricolonizzazione di coltivi o prati abbandonati gradualmente nell ultimo cinquantennio. Sono soprassuoli giovani che, qualora dimostrassero la loro bontà qualitativa, potrebbero costituire un patrimonio forestale di notevole valore per il futuro. É però necessario attuare fin da subito interventi di cura e di selezione per valorizzare al massimo livello una specie molto pregiata come il frassino maggiore. Località caratteristiche: Valli del Natisone e del Torre; Colvera - Frisanco, ecc. 7. Boschi di faggio (Faggete: ha ) Il faggio è la specie arborea che maggiormente caratterizza la vegetazione forestale regionale per la frequenza degli ambienti livellati con inverno freddo, ma non troppo, primavera nebbiosa e senza gelate, periodo vegetativo lungo, ma senza eccessi di evapotraspirazione e suolo con ottime caratteristiche fisiche. Le faggete pure o quasi sono presenti soprattutto nel settore esalpico su substrati calcarei o dolomitici (Prealpi Carniche e Giulie). Nel pia- 18 Grafico 1. Come si vede dal grafico, ben un quarto dei boschi regionali è composto da faggete e un altro quarto da boschi in cui l abete rosso gioca un ruolo preponderante. Dato da non sottovalutare è quell 1,60% (ultimo a destra) che rappresenta la superficie dei nuovi boschi che invadono le aree agricole abbandonate.

15 no subalpino e in parte in quello altimontano la faggeta si arricchisce di una o più conifere (abete rosso, abete bianco e larice). Sempre nel settore esalpico, ma su substrati flysciodi del Cenozoico ed esclusivamente nel piano submontano, la composizione delle faggete si arricchisce con le latifoglie tipiche del piano submontano. Nel passaggio dal settore esalpico a quello mesalpico il clima assume un connotato maggiormente continentale e alle faggete si sostituiscono progressivamente i boschi misti a partecipazione di faggio. Per mantenere in ottimo stato le faggete vengono applicati i tagli successivi uniformi su turni di 140 anni, periodi di rinnovazione ventennali e con una serie di diradamenti a cadenza quindicennale. Viene assecondata così la tendenza strutturale monoplana propria di questi popolamenti. 8. Pinete di pino nero e pino silvestre (ha ) Le pinete di pino nero costituiscono una delle formazioni più caratteristiche del paesaggio forestale della regione, vista l ampia diffusione dei substrati calcarei e dolomitici che formano terreni poco evoluti sui versanti meridionali della fascia prealpina e l impronta oceanica del clima: questa conifera è naturalmente presente nel Nord Italia solo nel Friuli e prevalentemente nel settore esalpico, salvo limitate penetrazioni nel vicino Veneto. Il pino silvestre è invece presente soprattutto nel settore mesalpico ed è meno frequente a causa della sua predilezione per gli ambienti continentali. Le pinete pure tendono a mantenersi tali solo in condizioni di continuo disturbo (incendi, pascolo, ecc.) o su suoli primitivi; diversamente evolvono verso formazioni miste con latifoglie. Vista la loro prevalente funzione protettiva, questi boschi vengono generalmente lasciati alla libera evoluzione. I boschi migliori vengono utilizzati per la fornitura di materiali da costruzione andanti, imballaggi, nonché di legname da impiegare nella realizzazione di opere secondo le tecniche dell ingegneria naturalistica. Le pinete artificiali di pino nero del Carso si presentano in evoluzione naturale verso gli ostrio-querceti: qui vengono attuati interventi di diradamento nelle pinete a densità eccessiva e tagli di sgombero dei pini dove il bosco di latifoglie si è ormai affermato. 9. Boschi di abete rosso e faggio (Piceo-faggeti: ha ) Nel settore mesalpico, in ambienti di transizione tra quelli propri delle faggete e quelli delle BOSCHI REGIONALI Foto 7. Sui terreni argillosi dell area prealpina collinare, negli ultimi cinquant anni si stanno formando nuovi boschi composti prevalentemente da acero montano e frassino maggiore: sono gli aceri-frassineti. Nella foto: un acero-frassineto in comune di Taipana (UD). 19

16 I BOSCHI REGIONALI peccete e generalmente su suoli di origine carbonatica caratterizzati da una minore disponibilità idrica, si formano boschi misti di faggio e abete rosso con abete bianco presente solo marginalmente. La frequente prevalenza dell abete rosso è stata spesso determinata dai passati trattamenti selvicolturali. Località caratteristiche sui substrati carbonatici: Tarvisiano, Carnia, Alto pordenonese. I piceo-faggeti sono largamente presenti anche sui substrati silicatici più antichi (carbonifero), dando luogo al fenomeno dell alternanza tra faggio e abete rosso. Località caratteristiche: versanti esposti a sud compresi fra Ligosullo e Forni Avoltri in ambiente montano. 10. Boschi di abete bianco e faggio dell area prealpina (Abieteti esalpici: ha 501) Sono formazioni in cui l abete bianco gioca un ruolo preminente nella composizione dello strato arboreo, mescolandosi con il faggio. Sono presenti sui calcari dell area prealpina, ma su suoli freschi ed evoluti. Località caratteristiche: Val Caltea - Barcis; Bosco Crovat - Claut; Pecolaz - Trasaghis. 11. Boschi di abete rosso, abete bianco e faggio (Abieti-piceo-faggeti: ha ) Addentrandosi nel settore mesalpico dove il clima inizia ad essere favorevole anche all abete rosso, diventano frequenti gli abieti-piceofaggeti presenti dalle basse quote a quelle elevate (piano altimontano). La struttura si presenta a tratti multiplana e a tratti monoplana a tessitura fine (gruppi coetanei di area inferiore mediamente a 2000 m 2 ): conseguentemente, per mantenere in ottimo stato questi boschi, bisogna intervenire con il classico taglio di curazione per pedali e per piccoli gruppi liberando le giovani piantine (rinnovazione) ormai affermate. Località caratteristiche: Alta Val Pesarina; Bosco Bernone - Ampezzo; ecc. 12. Boschi di abete rosso e abete bianco (Piceo-abieteti: ha 6.351) Sono formazioni miste in cui il faggio, condizionato dalla bassa temperatura dei fondovalle interni o dalla presenza di terreni profondi che favoriscono gli abeti, più esigenti, partecipa solo in modo sporadico. Questi boschi si conservano attraverso dei tagli di curazione a gruppi o dei tagli ad orlo (liberando cioè dei nuclei di rinnovazione già presenti), vista la maggiore competitività delle giovani piantine. Località caratteristiche: Pradibosco - Prato Carnico, Boschi di Paularo, Foresta Regionale di Pramosio - Paluzza. ecc. Foto 8. L abete rosso, il caratteristico albero di Natale, è la specie più diffusa ed importante della montagna interna. Da sempre è stato utilizzato per la produzione di legname da opera. Nella foto: una pecceta altimontana dei substrati silicatici in località M.te Goriane in comune di Tarvisio (UD). 20

17 13. Boschi di abete rosso (Peccete: ha ) L abete rosso costituisce la seconda specie in ordine d importanza nel paesaggio forestale del Friuli-Venezia Giulia. I boschi di questa specie, le peccete, sono prevalenti nel settore endalpico e molto frequenti in quello mesalpico. Nel piano montano superiore, sui substrati flyscioidi del Paleozoico e su versanti esposti a sud caratterizzati pertanto da un maggiore continentalismo, si trova il tipico bosco di abete rosso (pecceta montana tipica dei suoli acidi). Salendo al piano altimontano, la pecceta è riscontrabile anche sui substrati carbonatici, mentre nel piano subalpino il substrato è indifferente e la pecceta domina generalmente. In ambiente montano su substrati acidi e versanti esposti a sud, la pecceta si presenta in alternanza o mescolanza alla faggeta formando i piceo-faggeti già citati. In basso, vi sono poi peccete submontane particolari condizionate dai trattamenti selvicolturali (peccete di sostituzione): si tratta di formazioni che nel prossimo futuro, e in parte già oggi, manifestano un cambiamento marcato della composizione delle specie arboree: nei suoli acidi, all abete rosso si mescolano castagno, carpino bianco, rovere e faggio; nei suoli mesici derivanti da substrati arenacei, nei casi più favorevoli si evolvono verso carpineti o aceri-frassineti e, in quelli meno favorevoli, manifestano un rallentamento o un blocco della successione verso boschi misti di latifoglie, con fasi prolungate a nocciolo e rovo. Le peccete montane dei suoli acidi si tutelano con tagli di margine o a buche e, dove la rinnovazione è presente, con dei tagli a gruppi o ad orlo per la scarsa attitudine dei gruppi di rinnovazione a tollerare la copertura. Più in alto la rinnovazione diviene meno abbondante e, a seconda dei casi, tollera o meno la copertura: nella prima situazione s interviene con il taglio di curazione, mentre nella seconda si procede con dei tagli a strisce e di margine. Abbastanza frequenti sono infine le peccete artificiali, derivanti dalle opere di rimboschimento, e quelle secondarie originatesi a seguito della ricolonizzazione naturale di aree destinate in passato all agricoltura: gli interventi odierni sono volti ad agevolare l ingresso o l affermazione della vegetazione potenziale tramite cure colturali, quali i diradamenti, soprattutto al fine di conferire maggiore stabilità meccanica ai popolamenti. 14. Boschi di larice (Lariceti: ha 3.356) Le formazioni a netta prevalenza di larice sono poco diffuse in regione per il clima solo localmente continentale, segnalato dall assenza totale del pino cembro nel territorio del Friuli. Frequenti i lariceti che ricolonizzano ex prati ed ex pascoli in evoluzione verso peccete, piceofaggeti e faggete. BOSCHI REGIONALI Tabella 1. La gestione sostenibile delle foreste della regione avviene da decenni attraverso un estesa pianificazione delle risorse: sono 96 i Piani di gestione (PGF) delle proprietà forestali oggi operativi nel territorio. La tabella evidenzia la superficie dei boschi regionali a seconda dell archivio specifico. 21

18 PIANIFICAZIONE FORESTALE 15. Boschi di ontano verde (Alnete: ha 3.472) Alle quote più elevate, su terreni con buona presenza di argilla e carenza di calcio, sulla parte alta dei versanti lungamente innevati e anche su ex pascoli, si incontrano queste formazioni a cui si affiancano salici e rododendro ferrugineo. 16. Boschi di pino mugo (Mughete: ha 7.249) Su substrati calcarei o dolomitici, dalle quote più elevate fino a circa 500 m sul mare, dove i terreni faticano ad approfondirsi per instabilità o per basse temperature, a seconda della quota e del distretto geografico, sono stati individuati quattro tipi di mughete. Queste formazioni sono importanti per la protezione dei suoli poco evoluti e per il loro valore naturalistico. PIANIFICAZIONE FORESTALE Obiettivi La gestione sostenibile delle risorse forestali nella regione Friuli-Venezia Giulia avviene da decenni attraverso un estesa attività di pianificazione, che investe le principali aree forestali di proprietà pubblica (foreste regionali, comunali o di Enti e Consorzi) ed anche le più significative tra quelle di proprietà privata: sono 96 i piani di gestione delle proprietà forestali operativi in regione. Va precisato, in proposito, che una maggiore diffusione della pianificazione anche sulla restante proprietà privata appare difficile a causa della sua frammentazione e polverizzazione, che spesso non ne consentono quindi nemmeno una gestione unitaria e coerente, se non attraverso i Consorzi tra proprietari limitrofi e, negli ultimi tempi, con la predisposizione dei Piani Integrati Particolareggiati previsti dalla L.R. n. 20/2000. La pianificazione forestale, attraverso la conoscenza delle caratteristiche salienti del patrimonio forestale e degli ambienti in cui esso vegeta, individua le azioni ed i tempi utili per realizzare una gestione corretta e sostenibile dei boschi e garantire quindi, nel miglior modo possibile, l erogazione dei molteplici beni e servizi sia per il singolo proprietario che per l intera collettività: produzione di legname, tutela idrogeologica e protezione diretta di abitati e infrastrutture, raccolta di piccoli frutti e funghi, PIANIFICAZIONE FORESTALE Piani di Gestione forestale Piani Integrati Particolareggiati Progetti di riqualificazione forestale e ambientale 22 Grafico 2. Da circa 80 anni le proprietà forestali pubbliche e le grandi proprietà forestali private sono oggetto di pianificazione degli interventi. In Regione oggi sono ben 96 i Piani di Gestione Forestale operativi al fine di massimizzare le funzioni della foresta (produzione, protezione, turistico-ricreativa, paesaggistica, naturalistica), la cui integrazione e attuazione avviene attraverso i Piani Integrati Particolareggiati e i Progetti di riqualificazione forestale e ambientale.

19 ricreazione e turismo, presenza di paesaggi di valore, depurazione dell aria e dell acqua, assorbimento di anidride carbonica, garanzia di habitat per numerose specie animali e vegetali, possibilità dell esercizio venatorio, luogo di didattica e ricerca scientifica, ecc. Si tratta di una serie complessa di funzioni che a volte, non lo si deve trascurare, possono anche essere tra loro conflittuali e necessitano quindi di mediazioni pianificatorie chiare ed ecologicamente fondate. Più specificatamente gli obiettivi della pianificazione sono i seguenti: a) Garantire o ripristinare il funzionamento dei sistemi forestali, riconoscendo i differenti ecosistemi e il loro dinamismo ed assecondando, senza forzature, i processi evolutivi con l applicazione di idonei interventi di gestione. Tali interventi devono quindi armonizzarsi con i meccanismi che regolano il funzionamento del bosco (selvicoltura naturalistica). b) Esaltare al massimo la capacità di ciascuna formazione boscata di soddisfare la funzione prevalente attribuita (produzione, protezione, turistico-ricreativa, paesaggistica), individuando quindi le misure da adottare per raggiungere le caratteristiche ottimali del popolamento, in linea con le condizioni stazionali, senza peraltro pregiudicare il funzionamento del sistema nel suo complesso. c) Prevenire o contenere gli effetti di fenomeni naturali che, per la loro natura od entità, potrebbero arrivare a pregiudicare l esistenza stessa del bosco; si citano come esempio i fenomeni degli schianti e degli incendi boschivi, da prevenire rispettivamente attraverso adeguati interventi colturali selettivi per migliorare la stabilità dei popolamenti e con il contenimento della biomassa bruciabile. d) Consentire una programmazione economica della proprietà boscata, capace anche di valorizzare al massimo la risorsa produttiva legno; questo obiettivo si raggiunge con la programmazione dei tagli, che nei diversi periodi della validità del piano di gestione dovrà garantire una certa costanza della massa di legname ritraibile e soprattutto una buona efficienza economica nelle operazioni di utilizzazione. e) Fornire gli strumenti per una adeguata programmazione delle infrastrutture ed un coordinamento a lungo termine per la loro realizzazione, sia per definire la dotazione di quelle esistenti e la loro esigenza di manutenzione nel tempo, sia di quelle da realizzare (es. viabilità forestale, interventi in aree con finalità turistico-ricreativa o paesaggistica). f) Fornire informazioni utili per vari scopi, con particolare riferimento alla difesa del suolo, all approvvigionamento idrico ed alla salvaguardia naturalistica, ambientale e della diversità biologica (es. dissesti in atto, aree di captazione idrica, mantenimento di specie protette o rare e così via). IANIFICAZIONE FORESTALE Foto 9. La progettazione forestale si avvale oggi di moderni indirizzi al fine di massimizzare la qualità ecologica degli interventi. I nuovi strumenti informatici possono inoltre attingere a basi di lavoro, come la scansione iperspettrale rappresentata all infrarosso nell immagine, che aumentano la profondità dell analisi preventiva a livelli mai visti prima d ora. 23

20 PIANIFICAZIONE FORESTALE Va in proposito precisato che il nuovo modello di pianificazione, in vigore in Friuli-Venezia Giulia dall anno 2000, si basa sull integrazione dei piani di gestione con i recenti studi sulle tipologie forestali, 16 che costituiscono un passo in avanti di fondamentale importanza, al fine di avere un utile punto di riferimento per le decisioni selvicolturali ed evitare quindi forzature nelle concrete scelte di gestione forestale, in applicazione dei principi della selvicoltura naturalistica. In linea generale, si può affermare che la pianificazione e la gestione forestale in Friuli- Venezia Giulia avvengono su tre livelli principali, anche con l utilizzo di software appositamente predisposti: i piani di gestione forestale (PGF), i piani integrati particolareggiati (PIP) ed i progetti di riqualificazione forestale ed ambientale (RFA). PIANO DI GESTIONE FORESTALE Sono redatti sulla base delle linee di indirizzo emanate dall Amministrazione regionale ed alle quali ci si deve attenere durante il processo di pianificazione forestale. Esse si fondano sui principi della selvicoltura naturalistica e comprendono anche indicazioni sui metodi, sulle tecniche da utilizzare, nonché sui limiti ed i parametri da tenere in considerazione per l elaborazione del piano di gestione forestale. Si tratta dello strumento pianificatorio di base su cui si fonda da oltre settant anni la gestione delle proprietà forestali, analogamente a quanto avviene, per la materia urbanistica, con il Piano Regolatore Generale dei Comuni. Il piano è obbligatorio per le proprietà pubbliche significative, viene predisposto dai liberi professionisti forestali e concerne i seguenti aspetti principali: analisi dello stato reale della proprietà forestale, con la descrizione dell ambiente e l individuazione delle funzioni prevalenti (zonizzazione); valutazione della consistenza dei boschi e delle aree a pascolo; indicazione degli eventi storici e valutazione dell applicazione della precedente pianificazione; individuazione dello stato ottimale necessario per mantenere o migliorare l equilibrio e l efficienza complessiva dell ecosistema bosco e massimizzare tutte le sue funzioni individuandone, dove necessario e possibile, le priorità. Durante il periodo di validità del piano, in genere compreso tra 12 e 15 anni, le azioni da intraprendere riguardano l applicazione del piano dei tagli e delle cure colturali, nonché la progettazione e la realizzazione delle infrastrutture previste (viabilità forestale principale e secondaria, aree attrezzate, punti di sosta e svago, ecc.). Alle superfici boscate oggetto di pianificazione viene attribuita una funzione prevalente, che può essere individuata tra quattro categorie principali: 1. produttiva: particelle nelle quali è possibile Cartina 6. La cartografia tecnica regionale informatizzata raster (CTR e ortofoto) e vettoriale (CTRN) permette di visualizzare le banche dati nel territorio e di relazionarle tra di loro, ad es. per pianificare gli interventi di protezione dalle valanghe o di manutenzione della viabilità forestale. La cartina è un estratto della CTR 1:

21 ricavare legname da opera e legna da ardere senza tuttavia compromettere la stabilità e la vitalità del bosco; 2. protettiva: particelle che, per la loro particolare posizione, svolgono una funzione prevalentemente protettiva, sia nei confronti di strade, abitati e altre infrastrutture, sia nei confronti dell esistenza stessa del bosco, qualora esso si trovi in situazioni precarie o a seguito di eventi calamitosi. Un particolare aspetto della funzione protettiva si ha quando un area boscata ricade in un territorio in cui sono collocate delle strutture per il prelievo delle acque da destinare al consumo umano (zone di captazione) oppure quando il bosco richiede una particolare gestione, tesa a garantire la conservazione o il miglioramento di popolazioni animali di notevole rilevanza faunistica (es. grandi rapaci e tetraonidi); 3. turistico-ricreativa: particelle interessate da questo utilizzo prevalente e la cui fruizione ottimale è garantita da specifici interventi infrastrutturali o colturali. In particolare a questa funzione vanno attribuite quelle aree in cui è in atto, o sia prevedibile, un intenso uso turistico, tale da comportare una gestione del bosco diversa da quella ordinaria (si pensi ad esempio alla zona dei laghi di Fusine nel Tarvisiano o della Foresta del Cansiglio); 4. paesaggistica: particelle che, per la loro posizione, caratterizzano un particolare paesaggio, la cui conservazione è legata a specifici interventi colturali (es. lariceti d alta quota che, se lasciati all evoluzione naturale, tendono a trasformarsi in boschi a prevalenza di altre specie, come l abete rosso). Piani Integrati Particolareggiati Sono a carattere facoltativo e assumono una diversa valenza se vi è o meno il piano di gestione: a) in assenza, è lo strumento pianificatorio sommario per quanto concerne le analisi dei dati di massa legnosa ed accrescimenti (dendro-auxometrici) e puntuale per il contenuto di concretezza degli interventi programmati, in un periodo temporale limitato, per significativi complessi boscati; attua, inoltre, la gestione integrata di proprietà anche di soggetti diversi, individuando gli interventi specifici da realizzare, la loro scadenza temporale nonché le risorse finanziarie necessarie; b) in presenza del piano di gestione forestale, è lo strumento pianificatorio puntuale per lo sviluppo di aree significative del patrimonio forestale attraverso la programmazione degli interventi da realizzare mediante progetti di riqualificazione forestale ed ambientale. Costituisce quindi un documento di approfondimento e integrazione del piano di gestione forestale. Progetti di Riqualificazione Forestale ed Ambientale Essi sono predisposti dai liberi professionisti forestali e dai tecnici forestali della pubblica amministrazione e costituiscono lo strumento operativo per la progettazione delle azioni da realizzare sulla base delle previsioni del piano: interventi di taglio di maturità del bosco, finalizzati al prelievo di legname di valore ed a favorire la rinnovazione naturale del popolamento; interventi di taglio per cure colturali (sfolli, diradamenti, ecc.), finalizzate a migliorare l efficienza ecologica e strutturale dei boschi; costruzione e manutenzione della viabilità forestale, necessaria per ridurre i costi delle utilizzazioni, consentire interven- 33 ti più calibrati e sostenibili e permettere una più efficace e tempestiva azione di vigilanza (prevenzione, spegnimento incendi, ecc.); esecuzione di interventi di manutenzione idraulico-forestale sui torrenti od i versanti delle aree montane. Utilizzazione dei boschi privati Infine, per quanto concerne gli interventi di utilizzazione dei boschi privati in assenza di piano di gestione, va evidenziato che essi sono soggetti ad un differente regime autorizzativo a seconda della loro entità: per gli interventi più modesti (meno di 1000 m 2 di superficie nel ceduo, meno di 15 m 3 di massa legnosa nelle fustaie) non serve alcuna procedura autorizzativa, quelli che comportano prelievi più rilevanti possono necessitare, a seconda dell entità dell intervento, di una preventiva dichiarazione (da 1000 m 2 a 2,5 ha nel ceduo, da 15 a 100 m 3 nelle fustaie) da presentare all Ispettorato fore- IANIFICAZIONE FORESTALE 25

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24 PIANIFICAZIONE FORESTALE 28 stale con l assistenza della locale Stazione forestale, mentre serve una vera e propria autorizzazione, rilasciata sulla base di un progetto predisposto da un tecnico forestale libero professionista, per gli interventi più rilevanti (più di 2,5 ha nel ceduo, più di 100 m 3 nelle fustaie). Il Sistema Informativo Territoriale Forestale (SITFOR) La moderna pianificazione forestale si avvale oggi di potenti strumenti per la gestione delle banche dati in grado anche di localizzarli sul territorio, i cosiddetti sistemi informativi territoriali. Il Sistema Informativo Territoriale Forestale è quindi un supporto informatico alla pianificazione forestale e alla sorveglianza territoriale 50. Gli archivi elettronici permettono una rapida catalogazione dei dati per la migliore valutazione di molti elementi variamente correlabili. Parte di questi archivi sono anche georiferiti, possiedono cioè una caratteristica specifica che diventa in pratica una specie di marcia in più : il dato singolo è localizzato precisamente nel territorio ed è rappresentabile a video e sulla carta come elemento ambientale. Oggi si iniziano a dotare gli uffici centrali di un sistema pianificatorio interdisciplinare aggiornato, rapido e potente, e gli uffici periferici di uno stimolante strumento di controllo degli ambiti rispettivamente affidati. I sottoprogetti dell Osservatorio del legno relativi alle direttive per una moderna gestione forestale, hanno permesso di definire la struttura di numerosi archivi di questo tipo (Zonizzazione forestale, Tipologie forestali, Sistemi di esbosco, Catasto delle teleferiche, Aree di stoccaggio e piazzali di deposito, Valangosità, Qualità tecnologica dei boschi, Potenzialità economica dei boschi). Gli archivi si possono sovrapporre alla cartografia disponibile. Le Carte fornite dalla Regione non sono immediatamente utilizzabili; si devono prima preparare e renderle gestibili dai software cartografici specifici. Esse sono le seguenti: a) CTR (Carta Tecnica Regionale). È una carta tecnica, in scala 1:5000 di tutto il territorio regionale su supporto cartaceo della quale oggi esistono anche i raster (=carte scansite al computer e formate da un mosaico di quadretti colorati o in b/n) georiferiti. Si basa su riprese aeree effettuate negli anni b) CRN (Carta Regionale Numerica). È una cartografia numerica (=vettoriale: ogni elemento della carta è dotato di caratteristiche codificate) al 1:25000 di tutto il territorio regionale; è una carta topografica (=contiene la rappresentazione simbolica degli elementi) che permette una rappresentazione continua e personalizzata del territorio, la realizzazione di DTM (modello digitale tridimensionale del terreno). È la prima carta numerica della regione, che ha dato l avvio alla diffusione dei GIS (=archivi o sistemi informativi geografici) e ad una analisi del territorio anche nella dimensione 3D. c) CTRN (Carta Tecnica Regionale Numerica). È una cartografia vettoriale al 1:5000 di tutto il territorio regionale; è una carta tecnica (=elementi rappresentati con dimensioni reali) che contiene tutti i vantaggi di Foto 10. Con l introduzione del GPS, la fase di rilievo forestale ha raggiunto livelli di precisione e di velocità senza precedenti. In pochi minuti il proprio lavoro è visibile al computer sovrapposto alla cartografia e relazionato agli archivi. Inoltre, lo strumento GIS permette di aggiornare direttamente sul campo anche gli archivi coinvolti (es. stato di manutenzione della viabilità forestale). Nella foto, rilievo con gps gis (Trimble ProXR) di precisione inferiore al metro.

25 una carta numerica, con precisione metrica di una carta di scala 1:2000 (~0.4 m), è un buon supporto per la pianificazione ed è di recente realizzazione (riprese ). È una carta impegnativa da gestire dal punto di vista informatico. d) ORTOFOTO DIGITALE A COLORI. È un raster georiferito di foto a colori, con pixel (=mattone base del mosaico) di 1 m, di tutto il territorio regionale con una scala nominale 1: È stata realizzata nel 1998, è geometricamente corretta, permette l individuazione della sagoma del singolo albero e quindi un analisi molto dettagliata del territorio arricchendo le informazioni della CTRN; consente inoltre di esaltare la funzione di controllo paesaggistico ed ambientale del territorio; è un ottima base per l aggiornamento delle carte tecniche. Gli archivi del SITFOR possono essere aggiornati con il GPS. È uno strumento di rilevamento che permette di fare misure in tempi molto rapidi e si basa sui seguenti presupposti: presenza di un numero minimo di satelliti distribuiti nello spazio celeste (costellazione) a disposizione in modo ottimale; preparazione del rilievo al fine di utilizzare la migliore costellazione disponibile; raggiungibilità dei punti di rilievo; presenza di stazioni fisse per aumentare la precisione del rilievo. Alcuni modelli di GPS permettono di fare accurati rilievi per ogni esigenza d ufficio che sono poi implementabili nel SITFOR, tenendo presente che i dati geometrici registrati sono arricchiti dalla possibilità di inserire, al momento del rilievo, dati descrittivi e codifiche varie applicando quella che si definisce una gestione GIS del rilievo. IANIFICAZIONE FORESTALE Cartina 7. Fra gli archivi dell Osservatorio del legno, quelli georeferenziati (cartografici) sono a disposizione dei tecnici nei formati più comuni per le svariate progettazioni forestali. La cartina è un estratto di quello della Zonizzazione forestale relativo a un area a confine tra 4 proprietà boschive rappresentato su CTR. 29

26 GESTIONE E PROSPETTIVE 30 GESTIONE E PROSPETTIVE Le foreste di proprietà della Regione La gestione dei boschi, dei pascoli, dei terreni e dei fabbricati, appartenenti al patrimonio regionale viene esercitata dal Servizio per la gestione delle foreste regionali. Questo patrimonio si è formato nel corso degli anni a seguito di acquisizioni, lasciti oppure per trasferimento dallo Stato o da Enti soppressi, come l Ente Nazionale per le Tre Venezie. Le proprietà silvopastorali più importanti, che superano i 1000 ettari di superficie, sono le foreste regionali di Fusine in Comune di Tarvisio e dei Lotti situata nei Comuni di Tarvisio, Malborghetto e Pontebba, della Val Alba in Comune di Moggio Udinese, di Pielungo nei Comuni di Vito d Asio, Clauzetto e Tramonti di Sotto, del Prescudin in Comune di Barcis e del Cansiglio nei Comuni di Caneva, Budoia e Polcenigo. Inoltre, in Carnia, a seguito dell acquisizione di una proprietà forestale privata, è stato recentemente creato il complesso Pramosio-Lodin- Pecol di Chiaula-Ramaz, di notevole importanza naturalistica, con una superficie di oltre 1500 ettari. Esistono inoltre altre proprietà di superficie inferiore. Alcune proprietà regionali, quali la Foresta del Cansiglio, la Val Alba, la Val Collina, Pramosio, Pecol di Chiaula, Lodin, Ramaz, e le Foreste dei Lotti e di Fusine, hanno importanza naturalistica ed ambientale in quanto sono interessate da aree di reperimento, da siti di importanza comunitaria (SIC) oppure da zone di protezione speciale (ZPS). Di minore importanza sono altre proprietà regionali non soggette a vincoli di aree protette, quali, ad esempio, il bacino del Prescudin, il bosco Caltea, la Foresta del Monte Rest, il compendio silvo-pastorale di Corce, la Foresta del Monte Tersadia, di Forchiutta, di Pielungo (Conte Ceconi), i boschi di Attimis e le Foreste triestine. Altre proprietà assumono invece un importanza notevole ai fini della fruizione turisticoricreativa: così, ad esempio, il parco Rizzani ed il bosco Romagno in provincia di Udine, il bosco di Plessiva ed il bosco Piuma in provincia di Gorizia, rappresentano località molto frequentate da quanti vogliono trascorrere qualche ora di svago nel verde. Alcuni degli immobili in gestione, quali Villa Emma nella foresta del Prescudin, la Casa di Crosetta nella foresta del Cansiglio, la Baita Morgante a Malga Pramosio, la Capanna Ghezzi nei pressi dei Laghi di Fusine e la Baita Val Collina a Collina Grande di Paluzza, possono essere utilizzati da parte di istituzioni scientifiche, scuole o professionisti, per lo svolgimento di attività nel settore naturalistico, scientifico e della didattica ambientale. Nell ambito di queste proprietà il Servizio per la gestione delle foreste regionali esercita la gestione selvicolturale dei boschi, predispone la vendita del legname che viene ricavato dai boschi in gestione, attua la manutenzione della viabilità a servizio dei boschi e dei pascoli e la manutenzione ordinaria e straordinaria di malghe e rifugi, offre la didattica ambientale, attuata attraverso visite guidate, promuove gli studi e le ricerche volte alla conoscenza ed all approfondimento dei temi naturalistici e selvicolturali. Anche le dieci proprietà regionali più importanti sono dotate di piano di gestione forestale e le utilizzazioni boschive vengono eseguite in base a specifici progetti di riqualificazione forestale ed ambientale. Tabella 3. Anche la Regione possiede delle aree boscate che hanno importanza naturalistica e turistica. Esse vengono gestite secondo i più moderni criteri e sono a disposizione per la sperimentazione e la didattica oltre che per il turismo.

27 Finora si è provveduto alla vendita dei lotti boschivi ricavati dalle foreste regionali con il sistema della vendita delle piante in piedi, cioè ancora da tagliare: la ditta che si aggiudica il lotto esegue tutte le operazioni in bosco, poi paga il legname e quindi deve a sua volta venderlo. Attualmente ci si propone, in sintonia con le innovazioni del settore forestale in Regione 26, di valorizzare il prodotto legnoso di maggiore qualità, mettendo in vendita legname già suddiviso in assortimenti, curando che imprese specializzate nelle utilizzazioni boschive eseguano i lavori di taglio, allestimento ed esbosco e provvedano alla preparazione delle cataste per conto dell Amministrazione regionale; il legname così suddiviso verrà poi venduto direttamente o attraverso il mandato alla vendita a imprese che operano nel settore del commercio del legname. Le imprese di trasformazione che intervengono alle aste possono quindi scegliere quali assortimenti acquistare, in funzione delle proprie esigenze commerciali. Il Servizio cura inoltre la progettazione e la realizzazione di opere, interventi di manutenzione ordinaria ad edifici ed infrastrutture, il taglio della vegetazione erbacea delle aree a più intensa fruizione turistica ed eventuali interventi straordinari, quali tagli boschivi o sistemazione di dissesti. Filiera foresta-legno La Direzione regionale delle foreste e della caccia, consapevole dell importanza ecologica, economica e sociale delle foreste, sta perseguendo, da diversi anni, profondi cambiamenti tecnici, organizzativi ed operativi nel sistema foresta-legno, cambiamenti che partono dalla pianificazione della gestione delle risorse forestali e vanno fino alla commercializzazione del legname. L obiettivo principale di queste azioni è sviluppare l intero settore forestale fornendo, a tutti i soggetti che vi operano, strumenti aggiornati, moderni ed efficaci. A partire dal 1995, è stato messo a punto uno strumento organico e articolato, il programma Filiera Foresta-Legno, finanziato con fondi europei ed avente i seguenti obiettivi: Tabella 4. Il programma Filiera Foresta-Legno, finanziato dall Unione Europea, è promosso dalla Regione per valorizzare le risorse forestali locali e sviluppare il settore, dalle proprietà alle imprese boschive al mercato del legno. È composto da due settori informatici: l Osservatorio (contenitore degli archivi del settore a disposizione degli operatori) e dalla Borsa del Legno (contenitore delle contrattazioni) Nella tabella, una fotografia del settore. - valorizzazione delle risorse forestali locali; - possibilità di disporre di dati omogenei per la pianificazione forestale a livello locale e regionale; - dare risposta alla forte carenza a livello di coordinamento ed informazione dei singoli interventi sia pubblici che privati; - aumento della trasparenza del mercato del legno e riduzione dei fattori di incertezza nei prezzi e nelle quantità di legname offerto e richiesto; - consolidamento delle imprese forestali che rappresentano l anello più debole, ma insostituibile all interno della filiera; - evoluzione dell intero settore legno dal punto di vista tecnologico e produttivo per portarlo ai livelli medi europei. Per rispondere a queste esigenze nel programma si è prevista la costruzione di un Osservatorio e di una Borsa del Legno regionali. L Osservatorio del legno, finanziato e gestito dalla Direzione regionale delle foreste e della caccia, è lo strumento predisposto per fotografare la si-tuazione del comparto, strutturarne le informazioni in appositi archivi e formulare dei modelli operativi di sviluppo. La Borsa del legno, gestita dalla società coope- ESTIONE E PROSPETTIVE 31

28 GESTIONE E PROSPETTIVE 32 Cartina 8. La viabilità forestale è fondamentale per la gestione naturalistica dei boschi. La pianificazione, la progettazione e la manutenzione delle strade forestali sono oggi notevolmente facilitate accedendo all archivio specifico dell Osservatorio del legno. Nella cartina si noti la potenzialità della gestione GIS (sistemi informativi geografici) della viabilità e degli altri archivi cartografici. rativa Legno Servizi di Amaro (UD) composta dai principali soggetti economici del settore foresta-legno (proprietari boschivi pubblici e privati, imprese di utilizzazione forestale, imprese di trasformazione del legno), è stata progettata e costruita per coordinare le azioni delle attività produttive all interno della filiera, con particolare riguardo agli aspetti commerciali; essa diviene anche il principale veicolo di distribuzione ed aggiornamento dei dati e delle informazioni raccolte dall Osservatorio lungo la filiera. Osservatorio del legno L Osservatorio del legno è strutturato in una serie di sottoprogetti finalizzati da una parte al completamento della fase pianificatoria già iniziata dalla Direzione regionale delle foreste e della caccia e dall altra alla raccolta, organizzazione e catalogazione delle principali informazioni e dati inerenti il settore foresta-legno regionale. L archivio è stato predisposto dalla Direzione regionale e da Legno Servizi. Uno degli scopi principali del programma filiera foresta-legno è infatti acquisire i dati relativi al settore a livello regionale ed extraregionale e restituire le informazioni elaborate ai diversi segmenti e soggetti operanti nella filiera mediante l organizzazione e la costruzione di diversi archivi relativi agli aspetti più importanti. Archivio dello sviluppo tecnologico Costituisce l osservatorio delle nuove tecnologie disponibili, in particolare nel settore delle utilizzazioni forestali, ma anche nella prima e seconda lavorazione del legno. Archivio della produttività del lavoro in bosco È composto dagli osservatori dei costi e delle rese di lavorazione nelle diverse fasi delle utilizzazioni forestali. Archivio della legislazione forestale Raccoglie tutte le norme italiane regionali e nazionali relative agli aspetti gestionali e commerciali del settore forestale. Archivio delle norme per la sicurezza sul lavoro Raccoglie su supporto informatico tutte le norme inerenti la sicurezza sul lavoro nel settore forestale ed evidenzia gli organismi italiani e stranieri che si occupano di prevenzione, controllo e produzione di materiale informativo sulla sicurezza. Archivio sulla valorizzazione delle risorse forestali Raccoglie le norme italiane ed europee sull assortimentazione, il collaudo e la qualificazione del legno. Tutti gli archivi sono accessibili in Internet affinché diventino patrimonio comune di tutte le Regioni a livello istituzionale e dei soggetti economici che vi operano e sono aggiornati e supervisionati dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. Archivi georeferenziati (del SITFOR) 1. Zonizzazione. È l archivio permanente dei Piani di gestione forestale. Si pone l obiettivo di gestire l insieme delle informazioni implementate negli anni precedenti per le particelle forestali (attualmente sono archiviate 3018 particelle di 55 piani su un totale di 96). Permette ai tecnici forestali di avere una precisa base di lavoro per l aggiornamento dei Piani e alla Direzione di avere un quadro d insieme delle caratteristiche delle foreste assestate. Inoltre, ed è lo scopo principale di questo archivio, fornisce all Osservatorio del legno regionale la pianificazione degli interventi da realizzare nel tempo per ogni unità archiviata. 2. Viabilità forestale. È costituito dall implementazione dei piani della viabilità forestale a scala di Comunità montana unitamente all aggiornamento dei dati ed alla loro georeferenziazione. È formato dai seguenti archivi:

29 Viabilità forestale esistente che associa al tracciato importato dalla CTRN, CRN, CTR o documentazione di progetto, dati informativi utili alla programmazione dei lavori di manutenzione della viabilità e di utilizzazione boschiva; Viabilità pubblica di interesse forestale riportante i tracciati di strade utili ai fini forestali; Proprietà, divisa in pubblica e privata; inoltre sono implementati archivi sulla programmazione della viabilità forestale e sulla esigenza di servizio viabile da parte delle formazioni boscate. 3. Tipologie forestali. È l archivio delle superfici boscate del territorio alpino e prealpino come individuate nelle pubblicazioni La vegetazione forestale e la selvicoltura nella regione Friuli-Venezia Giulia redatte a cura della Direzione. La finalità principale è quella di fornire al tecnico forestale informazioni più precise possibili riguardanti l ecologia delle singole formazioni boscate presenti negli ambiti interessati dalla pianificazione e dalla progettazione specifica di carattere forestale e naturalistico. Inoltre, l archivio fornisce l unico dato ufficiale storicamente e geograficamente individuato sulla distribuzione della superficie boscata regionale alla precisione della Carta tecnica regionale. Opportunamente relazionato ad altri archivi (inventario forestale regionale del 1984, inventario dei boschi di pianura, piani di gestione forestale) fornisce quindi dati sulle superfici e masse legnose presenti nel territorio regionale. 4. Teleferiche forestali. È un catasto permanente aggiornato dalle Stazioni forestali e validato dal Servizio della selvicoltura. Raccoglie prevalentemente la posizione e i dati principali delle teleferiche utilizzate per scopi forestali (oltre 600 nell intero territorio regionale). La finalità principale di questo archivio è quello di mettere a disposizione dei tecnici forestali elementi aggiuntivi per la moderna progettazione dei sistemi di esbosco del legname. Inoltre, permette alla Pubblica Amministrazione di monitorare il dato per l Osservatorio del legno e di avere a disposizione, per chi si occupa della sicurezza del volo aereo, informazioni relative agli ostacoli scarsamente visibili a bassa quota (elisoccorso, lavori aerei, antincendio, militari): per esempio risultano ben 425 i fili a sbalzo sospesi a quote pericolose, di cui 136 abbandonati da tempo. Borsa del legno La finalità è quella di promuovere la valorizzazione di tutti gli aspetti della gestione in un ottica di filiera, partendo dalla foresta fino al prodotto finito. Le funzioni sono esercitate dalla Società Legno Servizi di Amaro. È opportuno ricordare che il settore forestalegno è composto da diversi segmenti - risorse forestali, utilizzazioni boschive, trasformazione del prodotto legno - in cui operano i proprietari boschivi, le imprese di utilizzazione forestale, i tecnici forestali e le imprese di prima e seconda trasformazione. La Borsa del legno è lo strumento principale del processo d ammodernamento del settore e si fonda sull ottimizzazione dei diversi segmenti attraverso le azioni seguenti. Valorizzazione qualitativa del legname locale Le foreste sono composte da varie specie legnose che possono fornire assortimenti di diverso valore, anche elevato, se correttamente gestite Il presupposto della valorizzazione è il passaggio dal sistema di preparazione e vendita del legname in piedi al sistema di preparazione e vendita del legname atterrato (tondo) a strada :ciò consente una più precisa qualificazione dei tronchi, applicando le recenti normative europee, e quindi una migliore valorizzazione. Inoltre, è non meno importante ottimizzare la fase di preparazione del legname tondo da parte della impresa di utilizzazione forestale, puntando sull ottenimento di assortimenti legnosi di elevato valore sulla base della conoscenza del sistema di classificazione europeo e delle esigenze degli acquirenti di legname fornite dalla Borsa del legno. Figura chiave di queste nuove procedure è il direttore dei lavori di utilizzazione forestale, un dottore forestale, che dirige i lavori impostando la fase di assortimentazione e qualificazione del legno e costituisce il raccordo tra la proprietà,l impresa e il mercato del legno. ESTIONE E PROSPETTIVE 33

30 GESTIONE E PROSPETTIVE Sostegno e sviluppo delle imprese di utilizzazione forestale Non è possibile valorizzare le foreste e la risorsa legno senza un adeguato sviluppo delle imprese boschive. Gli strumenti messi a punto attraverso la Borsa del legno promuovono la vendita del legname a strada (e non più delle piante ancora in piedi), sia per ottenere la massima valorizzazione del legname, sia per far in modo che le imprese si concentrino sulle fasi del lavoro in bosco (taglio, allestimento ed esbosco) e non disperdano energie nella fase di commercializzazione. Ciò consente alle imprese di evitare anticipazione di capitali per l acquisto del bosco in piedi e, dal punto di vista tecnico, una maggiore specializzazione, un elevata sicurezza sul lavoro e l adozione di tecnologie innovative. Gestione collettiva della commercializzazione tramite la Società Legno Servizi di Amaro La fase di commercializzazione è quella che consente di valorizzare il prodotto e ottenere il massimo da tutti gli sforzi effettuati nella fase produttiva. L unione dei produttori di limitate dimensioni, come è il caso della nostra Regione, per ottimizzare la fase di commercializzazione dei prodotti fornirebbe i seguenti vantaggi: possibilità di valorizzare il prodotto attraverso offerte più differenziate; accesso a commesse di maggior valore; maggiore capacità contrattuale e possibilità di spuntare prezzi più alti; maggiore forza contrattuale, cioè possibilità di imporre le proprie regole agli acquirenti; maggiore sicurezza nei pagamenti; maggiore professionalità nella vendita. Un altra figura chiave sono i proprietari forestali pubblici e privati: da essi può iniziare la concreta valorizzazione delle risorse forestali a patto che gestiscano le foreste in maniera più attiva, considerando questo patrimonio come una vera e propria impresa, che va condotta secondo le regole della buona gestione aziendale. Si vuole puntare verso aziende forestali, 34 Grafico 3. Lo schema illustra il lavoro che è stato effettuato con i programmi Osservatorio e Borsa del legno ed indica il processo organizzato, certificato, ma soprattutto integrato nei diversi aspetti: ecologico, di qualità del prodotto, di qualità del sistema.

31 molto diffuse all estero, la cui gestione viene impostata su base imprenditoriale e persegue un organizzazione di tipo integrato tra le diverse risorse disponibili. A seconda delle capacità e possibilità operative dei proprietari forestali sono state messe a punto dalla Legno Servizi due diverse modalità di gestione della proprietà. 1. Mandato alla vendita Presuppone una partecipazione attiva della proprietà che cura direttamente, attraverso i propri addetti o affidando direttamente l incarico ad imprese boschive abilitate e a tecnici forestali di fiducia, le fasi dell utilizzazione boschiva, della qualificazione del legname e della formazione delle cataste a piazzale, mentre affida alla Borsa del legno, tramite il mandato alla vendita, la vendita del materiale legnoso assortimentato e qualificato raccolto nei piazzali. 2. Mandato alla gestione Il proprietario provvede al progetto di taglio ed affida ai tecnici forestali ed alla Borsa del legno la gestione dell intero processo produttivo, dalla fase di utilizzazione forestale, alla qualificazione del legname, alla formazione delle cataste a piazzale ed alla successiva commercializzazione. Le modalità di vendita organizzata del legname si concretizzano essenzialmente in due tipologie. a. Asta privata Questo modello di vendita è stato sperimentato per la prima volta alla fine del 1999 con risultati molto positivi. L asta privata si basa sulle fasi preparatorie alla vendita così come descritte precedentemente, sulla messa a punto di un regolamento d asta molto snello, chiaro, trasparente, rigoroso e attento alla tutela dei diritti e dei doveri di acquirenti e venditori e sullo sviluppo di archivi tecnici ed economici degli acquirenti di legname, che permettono di far incontrare le esigenze di acquirenti e venditori, di contattare un cospicuo numero di acquirenti e creare quindi un mercato molto ampio e competitivo. b. Commercializzazione su commessa La commercializzazione su commessa consente Grafico 4. Legname consumato dall industria di trasformazione. Il legname prodotto dai boschi regionali (circa m 3 ) soddisfa meno del 10% del fabbisogno delle industrie del settore. una migliore collocazione del legname locale attraverso una maggiore elasticità verso le esigenze del mercato ed in particolare del mercato nazionale, caratterizzato da imprese piccole, che agiscono in un mercato di nicchia e quindi molto vario. La tendenza di ridurre al minimo il magazzino porta ad ordini di legname per commesse specifiche e tempi di consegna molto brevi, con possibilità di spuntare prezzi anche sostenuti. Questa tipologia di vendita consente di diversificare il sistema di lavoro in bosco lasciando i tronchi interi, ossia il legname abbattuto ma non depezzato, e procedere alla successiva assortimentazione in presenza di precise indicazioni da parte degli acquirenti. La condizione ideale per entrambi i sistemi di gestione e di vendita è che, attraverso il completamento e l informatizzazione della fase pianificatoria condotta dall Osservatorio del legno, si conoscano i lotti boschivi con 23 le piante da abbattere già individuate (martellate), affidati in utilizzazione per periodi pluriennali, consentendo alla Borsa del legno, alle imprese ed ai tecnici forestali di programmare ed ottimizzare il proprio lavoro. La condizione indispensabile per un buon funzionamento della filiera foresta-legno è che si sviluppi un sistema integrato ed efficiente di produzione che eroghi servizi e prestazioni ad alto livello in coordinamento costante con la Borsa del legno stessa. ESTIONE E PROSPETTIVE 35

32 GESTIONE E PROSPETTIVE 36 Foto 11. Anche in Italia sono stati definiti i criteri di gestione forestale sostenibile dalla Associazione PEFC Italia. I proprietari forestali che dimostrino di rispettare queste regole potranno ottenere il marchio riportato nella foto. CERTIFICAZIONE FORESTALE La valorizzazione delle risorse forestali, la riorganizzazione della fase di commercializzazione del legno attraverso vendite organizzate e trasparenti e l applicazione della selvicoltura naturalistica nella gestione delle foreste regionali hanno permesso di procedere alla definizione dei criteri e delle procedure per la creazione dei marchi ecologico e di qualità della filiera foresta-legno. La pianificazione e razionalizzazione del sistema qualità della filiera foresta legno conduce, a seconda dei segmenti interessati, a diverse possibilità di certificazione. Qualità della gestione forestale Il primo passo della valorizzazione delle risorse forestali è quello relativo alla certificazione delle modalità di gestione dei boschi del Friuli- Venezia Giulia che, da oltre trent anni, viene attuata attraverso i principi della selvicoltura naturalistica: per fare ciò si è iniziata 14 l attivazione delle procedure che individuano il percorso del legname proveniente da foreste ecocertificate fino al consumatore finale (rintracciabilità del prodotto o chain of custody). Questa azione è rivolta alla valorizzazione della foresta e dei suoi prodotti, alla divulgazione dei principi e delle modalità di gestione sostenibile, nel rispetto dei criteri della selvicoltura naturalistica, nonché all allineamento con i percorsi già avviati dai vicini paesi esteri. Applicando da tempo i criteri della selvicoltura naturalistica per la gestione delle proprie foreste, attraverso il progetto Filiera Foresta legno e in collaborazione con Legno Servizi, la Regione Friuli-Venezia Giulia è tra i capofila dell istituzione del marchio di gestione forestale sostenibile (GFS) ed insieme ad altre Istituzioni e Regioni italiane ha fondato l Associazione PEFC Italia. Questa Associazione, con il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse in un forum nazionale, ha predisposto i criteri e gli indicatori di GFS attraverso i quali è possibile valutare e misurare la qualità della gestione forestale. I proprietari forestali che dimostrino di rispettare le regole imposte attraverso la verifica di un istituto di certificazione indipendente potranno ottenere il marchio PEFC di gestione forestale sostenibile per le loro foreste e per la rintracciabilità dei prodotti legnosi da queste ottenuti. Qualità del prodotto legno L obiettivo è la valorizzazione commerciale dei più importanti legnami regionali attraverso la conoscenza delle loro caratteristiche tecnologiche e dei livelli qualitativi degli assortimenti legnosi. A questo scopo è stata messa a punto una metodologia rigorosa ma pratica, finalizzata a dare risultati immediatamente applicabili nelle diverse fasi di lavoro. Il programma di qualificazione si è svolto partendo dalla pianta in piedi, passando al legname tondo ed agli assortimenti segati, andando a verificare la rispondenza del legname regionale a determinati livelli qualitativi, comparabili in sede nazionale ed europea. Qualità del processo produttivo A seguito dell ottimizzazione e modernizzazione dei lavori forestali è stato possibile procedere alla certificazione del sistema qualità all interno della filiera legno. Un contributo decisivo è stata la razionalizzazione attuata attraverso le Direttive per la redazione dei Progetti di riqualificazione forestale ed ambientale 27 e per l assorti-

33 mentazione del legname, l istituzione della figura del Direttore lavori e del sistema organizzato di commercializzazione. Ai marchi ecologico e di qualità della filiera foresta legno possono accedere tutti i soggetti che operano nella stessa, ognuno dei quali può essere certificato per il settore in cui opera. LE MISURE DI SOSTEGNO AL SETTORE FORESTALE La Direzione regionale delle foreste e della caccia valuta la risorsa forestale non solo per la funzione economica, ma soprattutto per le sue valenze multiple in termini di contenuti naturalistici e ambientali, di protezione della biodiversità 10, dei climi regionali, del suolo e dell aria dall inquinamento (riduzione della CO 2 ecc.). In quest ottica nella nostra regione da alcuni decenni si sostiene l attuazione di una gestione e uno sviluppo forestale sostenibile mediante l applicazione dei principi della selvicoltura naturalistica che consentono di esaltare al massimo livello i contenuti ambientali, naturalistici e di biodiversità, senza rinunciare alla valorizzazione economica della risorsa legnosa. Tale selvicoltura, peraltro, ha dei costi aggiuntivi particolarmente elevati per il proprietario, costi che nella selvicoltura più intensiva di altri Paesi europei non si riscontrano e che pertanto devono essere riconosciuti con forme di sostegno economico all attività imprenditoriale, quando è rivolta a mantenere e migliorare la stabilità ecologica della foresta per i fini già citati d interesse generale. La gestione sostenibile delle foreste non può essere disgiunta dall economia e pertanto vanno attivate quelle azioni sinergiche fondamentali per valorizzare gli aspetti multifunzionali delle foreste. Tutte le linee d intervento applicate in passato sul territorio forestale, così come quelle che verranno adottate in futuro, sono caratterizzate da tecniche e procedure ampiamente ecosostenibili nel rispetto di norme di grande rigore ed efficacia per la salvaguardia dell ambiente. È in vigore nella regione Friuli-Venezia Giulia una legislazione che prevede la realizzazione di azioni di gestione forestale precedute 22 Foto 12. Le misure di sostegno al settore forestale sono volte a coprire i costi aggiuntivi determinati dall applicazione delle tecniche ecosostenibili della selvicoltura naturalistica che rispettano le tendenze strutturali dei boschi. da un attenta pianificazione delle risorse in un ottica di tipo multifunzionale. La realizzazione della viabilità forestale risponde a criteri e norme particolarmente rigide per la realizzazione delle strutture nel rispetto dell ambiente. In passato nel comparto forestale delle aree più svantaggiate sono stati realizzati programmi di sostegno quali: - finanziamento della redazione dei Piani di gestione delle foreste attraverso la L.R. 22/82; - interventi mirati alla realizzazione di infrastrutture viarie, ritenute indispensabili per attuare i successivi interventi forestali veri e propri, FIO, L.R. 22/82 art. 26 bis e L.R. 6/82; - attuazione di programmi integrati quali: il piano della viabilità forestale ed un sistema informatico completo (banca dati) contenente tutte le informazioni ritenute utili alla realtà forestale ed imprenditoriale. - Reg. CEE 2080/1992 relativo all imboschimento di superfici agricole; - Reg. CEE 867/1990 per il sostegno alle imprese boschive; - l Ob. 5B per le attività legate alla filieralegno, comprendente diverse tipologie d intervento. La Regione Friuli-Venezia Giulia ha realizzato il progetto Osservatorio-Borsa del legno che è parte essenziale del programma integrato Filiera-Legno. Attualmente tutti gli aiuti previsti per il settore ESTIONE E PROSPETTIVE 37

34 GESTIONE E PROSPETTIVE forestale sono riuniti in un unica tipologia di sostegno denominata Piano di Sviluppo Rurale, che rappresenta il documento programmatico in attuazione del Regolamento CE 1257/1999, e persegue finalità relative all aumento delle superfici boscate in aree agricole, la conservazione e il miglioramento dei boschi esistenti e la razionalizzazione della filiera foresta-legno. Il Piano di Sviluppo Rurale relativo al settore forestale prevede una serie di contributi, di premi e di pagamenti compensativi che configurano una politica complessiva d intervento integrato: sono infatti previsti aiuti per l aumento delle superfici boscate in pianura, per la conservazione e il miglioramento dei boschi esistenti in montagna, per la razionalizzazione della filiera bosco-legno. I VIVAI FORESTALI I vivai forestali di proprietà regionale producono complessivamente circa piantine l anno. La loro funzione è quella di fornire materiale di qualità per attività forse non rilevanti dal punto di vista economico, ma determinanti dal lato ecologico. Il ruolo principale che i vivai forestali vengono ad assumere in modo sempre più netto nell ambito regionale, infatti, anche se le specie più numerosamente prodotte sono ancora quelle di interesse forestale, riguarda la produzione di piante per interventi di ingegneria naturalistica, cioè quelle specie che, 47 pur non avendo significato economico, rivestono un elevata importanza per la loro funzione ecologica nella stabilizzazione di terreni e di manufatti. In questo senso un attenzione particolare è volta alla diffusione di arbusti e di materiale in vaso, che garantisce meglio l attecchimento proprio nelle condizioni più difficili. L attività si concentra poi come produzione di materiale adatto a fornire un aiuto agli ambienti degradati dagli incendi, cercando sia di accelerarne la ripresa (che naturalmente si manifesterebbe in un periodo più lungo), come pure di mascherarne gli effetti visivi più dirompenti. Inoltre vengono prodotti soggetti arborei adatti ad arricchire la complessità degli interventi di imboschimento dei territori agricoli e per marginali operazioni di alberatura in aree di proprietà di Enti pubblici. Le specie prettamente forestali sono seguite anche dal punto di vista genetico, cercando di 38 Grafico 5. Le specie prodotte sono numerose, ma comunque le più adatte ecologicamente ai nostri territori. In Regione operano anche 24 vivai forestali privati.

35 promuovere quelle popolazioni locali che meglio si presentano come resistenza alle patologie e come aspetto esterno. Alcune di queste possono quindi essere accompagnate da un attestazione di origine che ne permette l impiego negli imboschimenti finanziati dall Unione Europea. Come si vede dal grafico le specie prodotte sono numerose, ma comunque le più adatte alla sopravvivenza nei nostri ecosistemi regionali. L Amministrazione regionale provvede alla manutenzione e alla coltura dei vivai stessi e all approvvigionamento di semi e piantine che vengono fornite, su richiesta, ad enti pubblici, cooperative e privati. La Direzione regionale delle foreste e della caccia coordina l attività di quattro vivai forestali che vengono direttamente gestiti dagli Ispettorati ripartimentali (Udine, vivaio forestale Pascul in Comune di Tarcento, superficie ha 2; Pordenone, vivaio forestale Pascolon in Comune di Maniago, ha 5; Tolmezzo, vivaio forestale Avons in Comune di Verzegnis e vivaio forestale Ombladina in Comune di Ovaro per una superficie complessiva di circa 4,5 ettari). Nel territorio regionale operano anche 24 Foto 14. La funzione dei vivai forestali è quella di fornire piante di qualità per interventi di ingegneria naturalistica, per aiutare la ripresa di terreni devastati dagli incendi e per arricchire la complessità degli imboschimenti degli ex seminativi. Nella foto un imboschimento in terreno ex agricolo. vivai forestali privati, 18 in provincia di Udine e 6 in provincia di Pordenone, dei quali 19 per la produzione di cloni di pioppo e 5 per la produzione di piantine da rimboschimento certificate, questi ultimi costituitisi in conseguenza dell attivazione dei finanziamenti relativi al Regolamento CEE 2080/92. I vivaisti privati che producono materiale forestale sono soggetti al regime di certificazione che consente il controllo e il riconoscimento dell origine, e quindi della qualità, del materiale venduto. ESTIONE E PROSPETTIVE Foto 13. I vivai forestali sono gestiti dagli Ispettorati ripartimentali delle foreste di Udine, Pordenone e Tolmezzo e producono oltre piantine all anno. Nella foto ripresa al vivaio Pascolon (Maniago - PN) si nota un semenzaio di giovani plantule di quercia. 39

36 GESTIONE E PROSPETTIVE 40 Foto 15. Il Centro servizi per le foreste e le attività della montagna ha sede in Paluzza (UD) e si compone di Convitto con 65 posti letto (nella foto), di laboratorio e di edificio scolastico. Le esercitazioni in bosco si effettuano nella vicina foresta regionale di Pramosio. IL CENTRO SERVIZI PER LE FORESTE E LE ATTI- VITÀ DELLA MONTAGNA Il Centro Servizi è una struttura che dipende dalla Direzione regionale delle foreste e della caccia tramite il Servizio per la gestione delle foreste regionali ed è situato a Paluzza (Udine) nel centro dell area montana del Friuli-Venezia Giulia. Il Centro si compone di: convitto, dove è possibile usufruire di un servizio mensa e alloggio con 65 posti letto, laboratorio - magazzino, dove effettuare le esercitazioni finalizzate allo studio, all utilizzo in sicurezza e alle manutenzioni dei macchinari per i lavori forestali e ambientali, edificio scolastico, dove tenere le lezioni utilizzando anche sale informatiche, foresta di Pramosio, di proprietà della Regione Friuli-Venezia Giulia, distante dal Centro circa una quindicina di minuti di auto. Il Centro, oltre a offrire a pagamento il servizio di vitto e alloggio, mette a disposizione servizi di foresteria, segreteria, anche didattica e ambienti di esercitazione per attività didattica autogestita da parte di soggetti terzi; svolge attività di aggiornamento professionale nel settore forestale e ambientale montano per operatori di vario tipo, che vanno dall operaio al tecnico laureato, dal dipendente pubblico al privato, dall imprenditore boschivo al libero professionista; i suoi servizi possono essere rivolti a utenti della regione e di fuori regione. Il Centro, infine, svolge anche attività di assistenza tecnica a favore degli operatori pubblici e privati della Regione Friuli-Venezia Giulia ai fini della qualificazione professionale e della verifica d idoneità per l esecuzione di lavori di carattere forestale/ambientale. I corsi, organizzati direttamente dal Centro Servizi, riguardano l impiego della motosega, di gru a cavo, del trattore forestale, la selvicoltura e gestione forestale, l ingegneria naturalistica e la manutenzione del verde urbano. Programmazione didattica e utenza Il programma dei corsi viene stilato annualmente sulla base delle indicazioni che pervengono dagli Enti locali, amministrazioni pubbliche, organizzazioni di categoria e in particolare da: proprietari di boschi pubblici e privati; istituti od organismi privati che svolgono attività di formazione ed aggiornamento nel settore forestale e dell agricoltura montana; imprese di lavori forestali; imprese di servizi forestali o loro associazioni; ordini e collegi professionali; organizzazioni professionali del settore forestale o agricolo; associazioni ambientaliste; organizzazioni venatorie; scuole medie superiori (per stages formativi pre e post-diploma) scuole medie inferiori (per attività didattiche e formative); Edificio scolastico Laboratorio CENTRO SERVIZI PER LE FORESTE E LE ATTIVITÀ DELLA MONTAGNA Convitto Foresta di Pramosio Grafico 6. Struttura del Centro servizi per le foreste e le attività della montagna.

37 Università (per corsi pre e post-laurea ed esercitazioni pratiche); Enti pubblici o privati che operano nel settore della protezione civile; Enti pubblici o privati cui compete la vigilanza ambientale; Altri soggetti. Ruolo nazionale del Centro Il Centro Servizi ha l obiettivo di diventare un punto di riferimento per le attività di formazione professionale nel settore forestale ed ambientale a livello nazionale grazie ad alcuni punti di forza: la Regione Friuli-Venezia Giulia si colloca al confine tra la cultura mediterranea, quella tedesca, quella latina e quella slava. La vicinanza con Austria e Slovenia rappresenta in particolare una opportunità di confronto tra scuole di pensiero e pratiche operative in ambito forestale per certi versi tra le più avanzate d Europa; la variabilità delle caratteristiche geolitologiche e climatiche 13 del territorio montano della Regione ha provocato una notevole diversificazione delle tipologie forestali, con conseguente articolazione e varietà delle modalità di intervento in bosco. A ciò si aggiunge una tradizione di gestione forestale sostenibile e multifunzionale, che viene concretamente attuata da alcuni decenni. Foto 17. I corsi organizzati dal Centro servizi riguardano l impiego della motosega, della gru a cavo e del trattore forestale, la selvicoltura e la gestione forestale, l ingegneria naturalistica e la manutenzione del verde urbano. Nell immagine, preparazione della tacca di direzione per l abbattimento di un abete rosso, foresta di Pramosio (Paluzza - UD). Le foreste del Friuli-Venezia Giulia sono quindi un laboratorio particolarmente interessante ed articolato, dove effettuare attività di formazione di tipo pratico. Come visto in precedenza, la Regione si sta predisponendo per stimolare il cambiamento dei modelli gestionali delle proprietà forestali: si cerca di favorire la piena valorizzazione del prodotto legnoso 36 e di dare maggiore sicurezza economica alle imprese boschive. C è pertanto l opportunità di effettuare delle esercitazioni pratiche su sistemi gestionali innovativi, largamente praticati negli altri Paesi europei, ma poco diffusi in Italia e nel Friuli-Venezia Giulia, quali ad esempio la vendita del legname a strada (corsi di misurazione, assortimentazione e qualificazione del legname tondo). ESTIONE E PROSPETTIVE Foto 16. Il Centro servizi organizza corsi per: operai, tecnici laureati, dipendenti pubblici o privati, imprenditori boschivi e liberi professionisti. Nell immagine ripresa all interno del laboratorio di Paluzza (UD), un momento del corso sull impiego della motosega. 41

38 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 42 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO Tutela idrogeologica La concentrazione degli insediamenti umani nelle zone di fondovalle, nei conoidi torrentizi e nelle aree golenali, unitamente all abbandono delle attività tipiche dell economia montana, quali lo sfalcio e le piccole opere di idraulica agraria, e al decremento demografico tuttora in atto, ha portato ad un progressivo abbandono del patrimonio forestale, delle praterie e dei pascoli montani con conseguente peggioramento sia della funzione regimante ed antierosiva della copertura vegetale, che delle opere di sistemazione idraulico-forestale esistenti, costituite da briglie, opere spondali, opere di consolidamento delle pendici, muretti a secco, ecc., tutti elementi essenziali dell equilibrio del territorio. L attività umana stessa, inoltre, può provocare erosioni e dissesti a causa di azioni e comportamenti non adeguati sui terreni più delicati. Pertanto, i terreni montani e quelli più esposti a questi rischi sono stati assoggettati al vincolo idrogeologico, istituito dalla legge forestale nazionale 3267/1923 e successivamente ripreso dalla L.R. 22/1982 e successive modificazioni, nell ambito del quale sono vietati o quantomeno regolamentati dalla normativa tra l altro: il disboscamento per la formazione di terreni agricoli (prati, pascoli, arativi), la costruzione di strade e l urbanizzazione di vaste superfici. Pertanto la Direzione regionale delle foreste e della caccia è impegnata a consentire lo svolgimento in sicurezza delle tradizionali attività Foto 18. La popolazione di montagna cura i propri territori anche con piccole opere di sistemazione idraulica e con lo sfalcio: il progressivo abbandono del patrimonio silvopastorale ha comportato così anche un aumento dell erosione a causa della mancata manutenzione di questi elementi essenziali alla stabilità dei suoli montani. Cartina 9. Tutte le opere di sistemazione idraulico-forestale (17000, di cui oltre un quinto risultano danneggiate e quindi bisognose di interventi di manutenzione) sono registrate nel Sistema Informativo Territoriale Forestale con le loro caratteristiche costruttive, la loro posizione geografica e con riferimento alla parte di corso d acqua interessata. La cartina evidenzia l archivio nella zona di Forni di Sopra (UD) riportato su estratto di ortofoto digitale e raster Tabacco 1: economiche, quali la coltivazione dei boschi, dei pascoli e l esercizio dell agricoltura di montagna, nonché le altre attività economiche, quali il turismo, tenendo presente inoltre che la tutela del territorio montano ha un importanza e una ricaduta sociale molto più ampia rispetto alla zona geografica strettamente interessata: essa infatti rappresenta la prima efficace azione di difesa della stessa pianura, dove si concentra la maggior parte della popolazione e della ricchezza economica della regione. Gli strumenti attraverso cui viene svolta la tutela sono i seguenti. Monitoraggio, controllo e autorizzazione La spesa pubblica per la realizzazione delle opere di sistemazione idraulico-forestale va continuamente aumentando nel tempo, nonostante il territorio montano veda continuamente diminuire la popolazione. Ed è anzi proprio il pesante abbandono dell attività agricola e silvo-pastorale in montagna che ha esposto il territorio a crescenti fenomeni di dissesto, ormai affrontabili solo con l intervento pubblico in un ottica di assetto complessivo esteso all intero bacino idrografico. Con i piani di bacino quindi viene seguito un approccio interdisciplinare con la massima attenzione per l ambiente e la natura, perseguendo, accanto alla primaria esigenza di sicurezza per l uomo, anche la rinaturalizzazione dei corsi d acqua e

39 dei suoli adiacenti. La sistemazione dei versanti e anche gli interventi di correzione del torrente in via ordinaria devono essere preceduti da uno studio basato sulla raccolta, la più completa possibile, dei parametri relativi ai fattori che sono responsabili dei dissesti attuali e potenziali e cioè: parametri climatici, geolitologici, morfologici, idrogeologici, pedologici e di uso del suolo; quindi occorre effettuare una serie di indagini e valutazioni che portano alla redazione di opportune carte tematiche necessarie per 32 adottare le misure di intervento ed effettuare le scelte progettuali. A tal fine sono stati attivati diversi strumenti atti a seguire nel tempo lo stato della stabilità e della difesa del suolo montano relativamente a vari tipi di dissesto. Catasto delle opere di sistemazione idraulico-forestale Per la realizzazione del catasto delle opere di sistemazione idraulico-forestale l intero territorio montano è stato suddiviso in bacini e sottobacini idrografici, all interno dei quali sono stati individuati e codificati i diversi corsi d acqua, ulteriormente suddivisi in tronchi di caratteristiche idrauliche omogenee. Con riferimento a questi ultimi, è stato effettuato l inventario e la georeferenziazione cartografica (= digitalizzazione sulla cartografia informatizzata) di tutte le opere presenti, distinte nelle seguenti categorie: briglie, soglie, repellenti, opere spondali, opere di canalizzazione e piazze di deposito. Per ogni opera è stata quindi compilata una scheda che riporta le caratteristiche geometriche e costruttive delle opere stesse. In tal modo sono state censite oltre opere interamente gestite con sistemi informatici. Mediamente circa un quinto di queste opere risulta danneggiato da eventi alluvionali, per cui si rende anche necessario provvedere ad interventi di manutenzione, a volte urgenti. Il catasto fornisce anche le sezioni caratteristiche dei singoli tronchi e le pendenze longitudinali di questi ultimi. I dati consentono pertanto di redigere programmi accurati per la sistemazione dei vari corsi d acqua. Monitoraggio dei dissesti È stato attivato un sistema di monitoraggio dei vari tipi di dissesto, che sono stati suddivisi in tre categorie: dissesti idraulici, frane e valanghe. Accanto a semplici informazioni di carattere tecnico da annotare su un apposita scheda, è prevista anche l ubicazione cartografica del dissesto e la sua georeferenziazione. Il sistema, a regime, sarà informatizzato e collegherà mediante rete intranet i centri di rilevamento (Stazioni forestali) con gli Ispettorati ripartimentali e la Direzione regionale delle foreste e della caccia e dunque con l intera Regione. In definitiva, si realizzerà un sistema G.I.S. per la gestione completa dei dissesti: questa tecnica consentirà di sovrapporre la cartografia dei dissesti alle numerose carte tematiche disponibili, ottenendo così informazioni di notevole valore aggiunto, utilizzabili per le scelte operative: i programmi di sistemazione annuali e pluriennali, gli studi stralcio di bacino e gli studi per il riordino del vincolo idrogeologico. Rilievi neve e valanghe Si tratta di un attività svolta da lungo tempo con lo scopo anche di fornire, durante la stagione sciistica, le previsioni relative al pericolo valanghe. Le valanghe costituiscono infatti uno dei fenomeni più distruttivi che si possono incontrare nel territorio alpino della nostra regione. In passato i territori interessati da valanghe erano in genere occupati da pascoli e boschi; oggi, in seguito al grande sviluppo turistico anche invernale della montagna, si hanno estese aree interessate da insediamenti residenziali e da infrastrutture. La difesa dalle valanghe è Foto 19. Con il monitoraggio permanente dei dissesti idrogeologici e la sua gestione informatizzata, è oggi possibile quantificare e pianificare gli interventi di sistemazione dei territori montani in modo rapido ed efficace. A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 43

40 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 44 Foto 20. Nei periodi più a rischio, ogni settimana personale specializzato della Direzione delle foreste esegue controlli sofisticati in aree specifiche. Nella foto è ripreso un momento della prova di stabilità del manto nevoso. diventata perciò un importante problema di incolumità delle persone e di corretta pianificazione degli insediamenti, delle infrastrutture e delle aree da destinarsi agli sport invernali. La previsione viene fatta tenendo conto di dati meteorologici (temperatura dell aria minima e massima, direzione e intensità del vento e sua influenza sul manto nevoso, nuvolosità e visibilità) e di dati nivologici (altezza totale della neve, altezza e massa volumica di quella caduta nelle ultime 24 ore, temperatura della neve a due diverse profondità, caratteristiche relative alla portanza della neve e ai fenomeni di metamorfosi, descrizione delle valanghe cadute il giorno precedente) rilevati in 14 stazioni regionali, che sono distribuite da Piancavallo a Sella Nevea. Nelle 9 stazioni nivologiche automatiche si effettuano invece solo misure fisiche (velocità e direzione del vento, temperatura dell aria e della neve, spessore totale del manto nevoso). Ogni settimana vengono inoltre misurati i parametri penetrometrico - stratigrafici, mediante sonde a percussione e analisi degli strati che compongono il manto nevoso. Tutti i dati vengono trasmessi al Servizio della tutela del suolo montano, dove si valuta come le previsioni meteorologiche (fornite dall Osservatorio meteorologico region a l e dell ARPA) possano influire sul consolidamento del manto nevoso, pervenendo così alla redazione del Foto 21. Le valanghe possono essere pericolosissime per la popolazione e per le infrastrutture: la previsione del pericolo che si verifichino tali fenomeni è il risultato di un monitoraggio permanente ed anche dell elaborazione dei dati provenienti da 9 stazioni nivologiche automatizzate. Nella foto, centralina di monitoraggio presso il rifugio Marinelli (Monte Coglians, Comune di Forni Avoltri). Cartina 10. La difesa dalle valanghe è anche un problema di corretta pianificazione urbanistica e delle infrastrutture. La carta di localizzazione dei pericoli da valanga (CLPV) è uno strumento a disposizione delle Amministrazioni locali che permette di prevenire costruzioni nelle aree più a rischio. bollettino di previsione di caduta valanghe. Il bollettino viene divulgato nel corso della stagione sciistica nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì attraverso il numero verde , un servizio di selffax e il sito internet regionale. Le valanghe sono state anche rilevate ed inserite nel relativo catasto sulla base del quale, previa integrazione con fotointerpretazione e dettagliati rilievi di campagna, è stata redatta ed informatizzata la Carta di localizzazione dei pericoli da valanga, che costituisce un documento indispensabile per la pianificazione urbanistica e delle infrastrutture del territorio montano. Vincolo idrogeologico Chi prevede di eseguire interventi comportanti trasformazioni di coltura di un terreno, trasformazioni edilizie ed urbanistiche, nonché rilevanti modificazioni di uso del suolo soggetto a vincolo idrogeologico deve chiedere l autorizzazione.

41 L istruttoria verifica che la trasformazione richiesta non dia luogo, con danno pubblico, anche al solo rischio di dissesti, perdita di stabilità dei terreni e turbamento del regime delle acque. Chi intende invece percorrere le strade forestali interdette al transito deve chiedere l autorizzazione per percorsi fuori strada (L.R. 15/1991 e successive modificazioni). Tale divieto è sorto dalla necessità di tutelare il vasto patrimonio di strade forestali pubbliche e private, realizzate in Regione soprattutto negli ultimi venti anni, da accessi indiscriminati di veicoli a motore potenzialmente dannosi sia al fondo stradale che alla fauna selvatica ed all ambiente naturale. Opere e interventi di sistemazione idraulico-forestale Finalità Le sistemazioni idraulico-forestali sono interventi, sia di carattere biologico sia di carattere ingegneristico, volti a contenere i vistosi fenomeni erosivi che portano alla distruzione dei lembi boscati, di superfici agro-pastorali, quando non minacciano direttamente insediamenti umani e infrastrutture situate in zone montane. L arresto totale dell erosione è impossibile, perché in tempi geologici i rilievi sono destinati naturalmente ad essere spianati. D altra parte, anche la riduzione eccessiva del trasporto solido dei corsi d acqua porta a gravi inconvenienti (quali l arretramento delle spiagge marine e l abbassamento del letto dei fiumi). Nella pratica delle sistemazioni idraulicoforestali da alcuni decenni si fa ricorso pertanto alla costruzione di briglie filtranti e selettive che lasciano passare il materiale solido più minuto e permettono di concorrere quindi al mantenimento dell equilibrio dinamico erosione - trasporto - sedimentazione. In via ordinaria si effettuano due categorie di interventi: di correzione del torrente e di sistemazione dei versanti; i due tipi di azione sono strettamente correlati e complementari tra loro. La sistemazione dei torrenti. Oltre alla corretta valutazione della portata liquida, che è la portata di massima piena probabile del corso d acqua, grande importanza riveste la movimentazione del materiale solido (trasporto solido), sia per gli aspetti relativi all equilibrio dinamico tra erosione e sedimentazione, sia per la progettazione degli interventi di sistemazione realizzati soprattutto con opere trasversali. La portata solida diventa in genere molto consistente proprio in concomitanza delle maggiori portate di piena liquide: occorre tenerne conto per dimensionare correttamente le opere di trattenuta e i volumi degli invasi che spesso è necessario realizzare a monte di infrastrutture ed insediamenti, al fine di difenderli dai possibili inghiaiamenti o sommersioni da parte di materiale solido. Un caso particolare si verifica invece quando il materiale solido non subisce una certa dispersione in acqua, ma si muove in modo caotico, immerso in una massa fangosa lubrificata dall acqua: è il temibile fenomeno del trasporto di massa o lava tor- Foto 23. Il trasporto del materiale solido nei torrenti va considerato per il dimensionamento degli interventi di sistemazione. Quando la percentuale di materiale solido è così elevata da presentarsi come massa fangosa, si ha una lava torrentizia in cui enormi massi galleggiano facilmente e vengono portati a valle. Nella foto si noti l esito di un evento di questo tipo nel torrente Moscardo (Paluzza - UD). A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 45

42 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 46 Cartina 11. Nuovi strumenti, come il telerilevamento, permettono la corretta interpretazione degli elementi territoriali per la migliore prevenzione idrogeologica. La cartina riporta la capacità termica dei suoli (legata al loro contenuto d acqua) del bacino del torrente Pontaiba (Treppo Carnico - UD) elaborata con software ENVI da un telerilevamento (2001) con scanner iperspettrale MIVIS aviotrasportato. rentizia, che dà luogo a vere e proprie colate che presentano notevole forza distruttrice. Nella nostra regione, il corso d acqua che tipicamente presenta questi fenomeni è il torrente Moscardo, nell alta Valle del But. In linea generale i torrenti vengono schematicamente distinti nelle tre categorie di scavo, di trasporto e di tipo misto: i torrenti di scavo presentano un energia in grado di approfondire ed incidere il livello dell alveo, mentre i torrenti di trasporto sono caratterizzati dal fatto che l energia è impiegata integralmente a trasportare materiale solido e quindi il loro alveo tende ad innalzarsi o comunque a non approfondirsi. In realtà ci si trova spesso di fronte a dei corsi d acqua che possono presentare, in tratti distinti del loro percorso o in momenti diversi, entrambe le caratteristiche. Per i torrenti di trasporto non si hanno di solito grosse Foto 24. Anche per la sistemazione della eccessiva pendenza dei torrenti si può efficacemente intervenire con tecniche ecocompatibili. Nella foto scattata su un rio in destra orografica del fiume Fella (Malborghetto-Valbruna - UD) sono riprese briglie realizzate con legname, piante vive e calcestruzzo; in primo piano briglia selettiva a fessura verticale; va ancora realizzato il rinverdimento delle scarpate. Cartina 12. L integrazione con gli altri archivi del Sistema informativo forestale consente di correlare più fattori per individuare meglio le zone più a rischio. Nella cartina sono evidenziati i tipi forestali dell intero bacino del torrente Pontaiba (Treppo Carnico - UD). difficoltà di sistemazione, anche se l eccessiva quantità di materiale solido trasportato può creare spesso problemi a causa di un suo disordinato accumulo nella parte terminale dei corsi d acqua, dove la pendenza diminuisce drasticamente e prima della sua confluenza in un corso d acqua maggiore. Questo inconveniente può comunque essere risolto con la realizzazione, immediatamente a monte di tali zone, di briglie di trattenuta, del tipo filtrante o selettivo. La sistemazione dei torrenti di scavo deve invece mirare ad impedire l approfondimento dell alveo e, nel caso questo si sia già verificato, tendere a ricostruire il livello originario, al fine di dare protezione al piede e sostegno alle pendici. Pertanto, i sistemi costruttivi impiegati sono due: 1) quelli che realizzano una diminuzione della velocità dell acqua mediante un abbassamento della pendenza longitudinale: le opere più utilizzate sono le briglie di consolidamento e le soglie che impediscono l approfondimento dell alveo del corso d acqua, così tamponando ed arrestando le frane per erosione al piede, che sono una delle principali cause dell incremento del trasporto solido. 2) quelli che rendono non erodibile il fondo delle tratte in cui non è possibile ridurre la pendenza: le opere che a tale scopo si realizzano vengono dette cunettoni e consistono in speciali canalizzazioni, con sponde e fondo normalmente rivestiti di pietrame, che non consentono il deposito del materiale solido trasportato in sospensione; è la costruzione classica adottata nell attraversamento dei centri abitati e lungo i conoidi di deiezione.

43 Foto 25. Per contenere l irruenza dell acqua che scaverebbe in profondità il torrente, si possono costruire delle opere trasversali (soglie) che bloccano la pendenza dell alveo entro valori più contenuti e verificati. Nella foto, soglia sul torrente Moscardo (Paluzza - UD). La sistemazione dei versanti. L erosione idrica dei suoli si esercita soprattutto attraverso il dilavamento superficiale, cioè attraverso l azione delle piogge sulla superficie del terreno. Nei terreni utilizzati o trasformati dall uomo si può avere un erosione normale, che è vicina come entità a quella naturale o di poco superiore, e un erosione accelerata, che invece procede in maniera molto più rapida di quella naturale, con perdite elevate di suolo. S impone pertanto la necessità di contrastare questo fenomeno con interventi sistematori, laddove i terreni hanno valore elevato e dove esso può provocare dei danni alle attività umane poste più a valle. Il controllo dell erosione, che come accennato non può essere eliminata, avviene mediante interventi sia a carico delle pendici del bacino (dove il fenomeno è diffuso, ma meno intenso), sia nei compluvi (rivi e torrenti), dove l acqua si raccoglie in maggiore quantità e acquista maggiore forza erosiva. Le acque che filtrano nel sottosuolo possono creare dissesti ancora più vistosi, le frane, che sono dei movimenti superficiali e anche profondi interessanti prismi di terreno che si assestano verso il basso, sotto l effetto della gravità, in posizioni di equilibrio più stabili. La causa principale è individuabile nelle infiltrazioni d acqua che penetra negli strati di terreno permeabile fino a raggiungere un piano di scorrimento costituito da terreno impermeabile. Pertanto, la sistemazione delle frane viene risolta spesso isolando il più possibile l acqua dal terreno, realizzando degli adeguati fossi di guardia per le acque provenienti da monte rispetto al corpo di frana, drenaggi per la captazione delle acque sotterranee e canalizzazioni superficiali di sgrondo di vario ordine. Viene inoltre dato alla pendice un profilo di maggiore equilibrio, realizzando opere di ingegneria naturalistica atte a consolidare il materiale instabile, quali gradonate, palizzate vive, graticciate, fascinate, ecc. Si procede quindi al rinverdimento delle superfici denudate mediante la messa a dimora di idonee piante erbacee, arbustive ed arboree, capaci di consolidare il suolo con le loro radici. Per il raggiungimento di questi scopi plurimi vengono sempre più privilegiati, nella sistemazione dei corsi d acqua e nella difesa del suolo in generale, i tipi costruttivi dell ingegneria naturalistica, in quanto risultano i più rispettosi degli ecosistemi e quelli che danno il miglior rapporto costi-benefici, anche in termini ambientali. Non va infine dimenticato che le frane possono essere provocate anche dai terremoti: numerosi eventi franosi si verificarono infatti nella nostra regione in concomitanza degli eventi sismici del 1976 e in seguito alle copiose piogge che li seguirono. La manutenzione delle opere. Come già accennato, mediamente circa un quinto delle opere censite risultano danneggiate da eventi alluvionali, per cui si rende necessario provvedere ad interventi di manutenzione, spesso urgenti. Per ripristinare l efficienza e la funzionalità delle opere idrauliche a volte necessita intervenire in zone non servite da strade o piste di servizio, il cui raggiungimento costringe gli operai a percorrere lunghi tragitti a piedi e che richiedono l installazione di impianti a fune o teleferiche per il trasporto dei materiali a piè d opera ed in alcuni casi anche l uso dell elicottero. Le opere di ingegneria naturalistica, sempre più impiegate negli interventi di manutenzione, utilizzano come materiali da costruzione piante vive (semi, arbusti, piantine di specie autoctone) o parti di piante (talee, astoni, rizomi, ecc.) in combinazione con materiali inerti facilmente reperibili in loco quali il legname, pietrame, terra, ecc. È pertanto un insieme di tecniche che, sfruttando le capacità colonizzatrici di Foto 26. Quando un rio attraversa un abitato non si può fare altro che intervenire in spazi ristretti senza ridurne la pendenza. Per sicurezza si interviene almeno corazzandone sponde e fondo (cunettone) ad evitare pericolosi cedimenti. Nella foto, cunettone lungo il rio Prode-Alpen (Tarvisio -UD). A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 47

44 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 48 Foto 27. L azione delle piogge sul terreno in pendenza (versante) può provocare il dilavamento superficiale (erosione) e dare inizio a marcati fenomeni di instabilità (frane). Nella foto, che riprende una frana nel bacino del torrente Orteglas (Treppo Carnico - UD), si noti come la presenza della superficie boscata trattenga il suolo impedendone l erosione. specie vegetali pioniere, consentono di consolidare i versanti franosi, di rinaturalizzare gli alvei ed il recupero ambientale di aree degradate (cave, discariche, ecc.), favorendo un migliore inserimento nell ambiente circostante delle opere di difesa del suolo, mitigando anche il loro impatto sotto il profilo estetico-paesaggistico. In considerazione della particolare natura e specificità dei lavori di manutenzione, data l urgenza di apportare in corso d opera tutte le modifiche e variazioni ritenute di volta in volta necessarie dalla direzione lavori, il Servizio delle manutenzioni può operare in amministrazione diretta anziché in appalto, impiegando personale tecnico proprio e maestranze, assunte in loco, altamente specializzate, quali operai edili, teleferisti, operatori di motoseghe, ecc. Per l esecuzione dei lavori di manutenzione in amministrazione diretta risultano pertanto in forza mediamente 130 operai, in maggioranza qualificati e specializzati, assunti con il contratto dell edilizia, che operano in 16 squadre dotate di tutte le attrezzature ed i macchinari necessari: la spesa media annua complessiva è di circa 9 milioni di euro. IL MONITORAGGIO DELLO STATO DI SALUTE DEI BOSCHI Dal 1994 la Direzione regionale delle foreste e della caccia ha attivato un programma di monitoraggio continuativo dello stato di salute dei boschi, denominato inventario fitopatologico forestale regionale (BAUSINVE). Esso ha come oggetto il rilevamento dei danni e dei deperimenti delle foreste causati da agenti biotici (funghi, insetti, batteri, virus, fitoplasmi e mammiferi) e da eventi meteorici avversi (trombe d aria, alluvioni, forti grandinate, ecc). Lo scopo di questo inventario è quello di migliorare le conoscenze relative ai potenziali agenti di danno di tutte le specie arboree ed arbustive e di monitorare sistematicamente lo stato di salute delle foreste, al fine di organizzare una risposta adeguata ad eventuali emergenze fitosanitarie, sia in termini di controllo dei fenomeni che di corretta informazione dell opinione pubblica. La sorveglianza fitosanitaria nei boschi e negli impianti da legno realizzati con contributi comunitari viene condotta dal personale del Corpo Forestale Regionale quale parte dei normali compiti d ufficio. In ognuna delle 31 stazioni forestali della Regione vi sono almeno due operatori in grado di eseguire il rilievo tecnico. Questi rilevatori hanno seguito appositi corsi di formazione e vengono costantemente seguiti da istruttori esperti che ne curano l addestramento. Ogni rilevatore controlla mediamente circa 4000 ha di superficie boscata e, quando si riscontrano fenomeni di interesse fitopatologico che superano la soglia di rilevamento (stabilita in 10 piante o 0.5 ha di superficie), compila un apposita scheda. Le schede di rilevamento danni contengono i dati stazionali riguardanti la zona colpita dal fenomeno fitopatologico (riferimenti geografici ed amministrativi; tipo di bosco e di suolo, altitudine, esposizione ed eventuali fattori di disturbo); i dati relativi ai sintomi osservati (suddivisi in sintomi da insetti ed altri animali ed in sintomi da funghi patogeni, batteri, virus e fitoplasmi), ma soprattutto esse riportano, per ogni caso esaminato, una proposta di diagnosi e la quantificazione dei danni, espressa in termini di superficie danneggiata o di numero di piante colpite. I dati contenuti nelle schede vengono poi attentamente analizzati e convalidati da consulenti esterni esperti in patologia vegetale

45 Foto 28. La sistemazione delle frane si esegue oggi con la tecnica della ingegneria naturalistica, in cui la stabilizzazione ingegneristica dei suoli e la raccolta delle acque superficiali e sotterranee viene effettuata impiegando materiali naturali (fascine, talee, tronchi, massi, erba, ecc.). Nella foto è ripresa, prima del rinverdimento della pendice, la sistemazione della frana del Rio dei Laris (Paluzza - UD). forestale, entomologia e zoologia forestale (a partire dal 2002 l inventario si avvale anche della collaborazione del Dipartimento di Biologia applicata alla difesa delle piante dell Università di Udine), che esaminano i campioni allegati alle schede e spesso procedono a sopralluoghi di controllo. Infine, i dati validi vengono inseriti in un database relazionale dotato di GIS, mediante il quale è possibile effettuare interrogazioni che consentono di disporre di una notevole quantità di informazioni generali e particolari relative sia al complesso delle foreste, che a singole specie arboree o singoli agenti di danno. Al termine di ogni anno viene poi elaborato un sintetico rapporto sullo stato fitosanitario dei boschi del Friuli-Venezia Giulia. La banca dati dell Inventario Fitopatologico Forestale Regionale, che si trova presso il Servizio della selvicoltura della Direzione regionale delle foreste e della caccia contava, alla fine del 2001, 1335 record distinti in 1271 segnalazioni di eventi di interesse fitopatologico forestale e 64 schede per danni da eventi meteorici. Dalle indagini svolte in questi otto anni di attività ( ) risulta che i boschi del Friuli-Venezia Giulia godono nel complesso di buona salute. Nel periodo di osservazione i diversi agenti biotici attivi a livello delle chiome (defogliatori e malattie) hanno danneggiato in media una superficie di circa 1800 ettari di boschi all anno, pari a meno dello 0,7% del totale della superficie boscata dell intera Regione. Se si esaminano invece i danni causati da agenti che hanno provocato la morte degli alberi in bosco (si tratta soprattutto di marciumi radicali o attacchi di insetti xilofagi), si osserva che mediamente ogni anno viene rilevata la morte di circa alberi corrispondenti a circa 1800 m 3 di volume legnoso, pari all 1% del totale delle utilizzazioni forestali che vengono normalmente eseguite ogni anno. Nel biennio il recupero di legname per eventi meteorici avversi, principalmente schianti da vento, ammonta invece a circa 5300 m 3 all anno, pari al 3% delle utilizzazioni ordinarie. Oltre ai dati quantitativi relativi ai danni, sono Foto 29. Anche nel bosco, le popolazioni degli organismi viventi sono in equilibrio dinamico tra di loro: quando un soggetto si sviluppa troppo minacciando gli altri, la natura provvede a limitarne lo sviluppo potenziando i suoi nemici naturali. Non sempre questo avviene rapidamente e può succedere che qualche specie di insetti o di funghi si propaghi diventando pericolosa per gli alberi. Nella foto gli esiti di un attacco di Bostrico tipografo nel bosco di abete rosso del M.te Pala (Clauzetto - Pn). A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 49

46 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 50 Foto 30. Anche i nuovi arboreti che sono stati realizzati in pianura grazie a contributi europei per la conversione delle superfici cerealicole, possono essere attaccati da parassiti e pertanto vengono monitorati a campione. Nella foto defogliazione causata dal fungo della cilindrosporiosi (Blumeriella jaapi) su un impianto di ciliegio. di estremo interesse scientifico anche quelli relativi alle specie agenti di danno: in otto anni di rilevamento sono state censite 52 specie di funghi patogeni e 138 specie di insetti, tra cui due specie di coleotteri scolitidi nuove per la fauna italiana. Per assicurare il continuo miglioramento delle metodologie di rilevamento e confrontare diverse esperienze nel settore del monitoraggio fitosanitario, la Direzione regionale delle foreste e della caccia mantiene contatti con diverse istituzioni di ricerca in Italia e all estero, queste ultime facenti capo al working party dell IUFRO dedicato alle metodologie di controllo degli insetti forestali e delle malattie in Europa Centrale. Per chi fosse interessato ai risultati dell attività dell Inventario Fitopatologico Forestale Regionale, si informa che i rapporti annuali d attività possono essere consultati e scaricati, in formato pdf, dal sito internet della Regione. IL CORPO FORESTALE REGIONALE Il Corpo forestale regionale nasce nel La continuità, anche formale, con il Corpo forestale dello Stato venne assicurata da somiglianze e richiami nei testi di legge regionali ad alcuni fondamentali aspetti organizzativi e funzionali, in particolare dall attribuzione delle qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Da quel momento in poi il C.F.R. ha tuttavia imboccato una strada separata ed intrapreso un evoluzione autonoma in risposta alle particolari esigenze locali ed in rapporto alla crescita ed all evoluzione dell intera Amministrazione regionale. Uno dei principali compiti del C.F.R. è la polizia forestale ed ambientale, che fa del forestale un difensore dell ambiente naturale e controllore del territorio (foreste, fauna, flora, cacciapesca, cave, inquinamenti, corsi d acqua ed aree protette, rifiuti, ecc.). La Regione riserva infatti al C.F.R. competenze in materia di vincolo idrogeologico, di tutela delle foreste e del loro incremento e di controllo e sanzionamento delle violazioni alle norme di buon governo dei boschi e di tutela dell ambiente. Un altro campo importante d attività per il C.F.R. è quello che vede i forestali impegnati nel controllo e sanzionamento dell accesso dei veicoli a motore nelle zone soggette al vincolo idrogeologico. Occorre poi ricordare che la Regione, con L.R n. 42/96, ha posto mano anche al problema dei parchi e delle riserve naturali, e che l attività di Grafico 7. Il monitoraggio permanente di questi otto anni di attività evidenzia che i boschi regionali godono di buona salute grazie alla loro elevata naturalità (molto più marcata che in Paesi vicini). Sono di notevole interesse scientifico anche i rilevamenti effettuati, tra i quali due coleotteri scolitidi nuovi per l Italia.

47 Foto 31. Dal 1994 i boschi regionali sono monitorati dal Corpo forestale regionale e i fenomeni dannosi sono registrati in un apposito archivio sia come agente di danno che come entità e confrontati con le caratteristiche meteo del periodo. Nella foto, un operatore specializzato del CFR raccoglie da una trappola a feromoni per bostrico tipografo i soggetti per la conta delle catture. vigilanza su tali beni è stata affidata al personale del C.F.R.. E c è pure da rammentare l ampia attività effettuata dal Corpo forestale in materia di vigilanza venatoria, nel cui ambito esso svolge servizi coordinati con i Corpi provinciali di vigilanza. Fra i compiti attribuiti al Servizio del C.F.R. vi è inoltre quello del coordinamento in materia di vigilanza forestale ed ambientale fra tutti gli organi, uffici ed Enti che esercitano analoghe funzioni sul territorio regionale. Attivita di polizia giudiziaria Il C.F.R. svolge un intensa attività di P.G. che si estrinseca nella vigilanza, prevenzione e repressione in un elevato numero di settori. In particolare, l attivazione di un nucleo centrale di intelligence operativa, in grado di svolgere autonomamente attività d indagine e di organizzare e formare il personale periferico, ha portato in questi ultimissimi anni a importanti risultati contro trafficanti di avifauna attivi in Italia ed in Europa. Protezione civile Il C.F.R. ha decisamente contribuito nel far fronte a situazioni d emergenza in regione a causa di eventi calamitosi, quali quelli provocati dalle alluvioni del 1965 e del 1966, dal terremoto del 1976 e dai nubifragi del 1983, del 1991, del 1994, del 1996 e degli ultimi anni ed anche in Irpinia, a seguito del terremoto del 1980, per realizzare interventi volti a ristabilire una provvisoria abitabilità a strutture danneggiate o per recuperare un ricovero d emergenza nelle località terremotate più decentrate. Il personale del C.F.R. collabora con le squadre del soccorso alpino nel recupero di feriti a seguito d infortuni in montagna, nella ricerca di persone scomparse ed in tutti i casi d incidenti in zone impervie. La capacità del personale di fronteggiare emergenze ed imprevisti dipende in buona misura dal fatto che il servizio è esercitato in modo coordinato con i colleghi in modalità fortemente operative. Il forestale è a disposizione per informazioni, consigli ed assistenza, in qualità di esperto, anche in caso di necessità e per chi va in montagna per studio o lavoro. LA DIFESA DEI BOSCHI DAGLI INCENDI Le cause dell incendio La minaccia causata ai boschi dagli incendi è fra le più gravi interessando non solo la massa legnosa, ma l intero ecosistema forestale: alberi, arbusti, erbe, suolo, fauna e microrganismi. Il fuoco distruggendo e debilitando le piante compromette le principali funzioni della foresta. Le cause innescanti l incendio boschivo in questi ultimi anni sono certamente dovute ad alcuni cambiamenti sociali: in primo luogo l abbandono della coltivazione del bosco in molte zone della montagna, quindi il riversarsi massiccio della gente nelle aree verdi naturali in cerca di spazi riposanti, ricreativi e di silenzio. Pur essendo la foresta costituita da materiali di facile combustione, non prenderebbe mai fuoco spontaneamente: i dati statistici indicano che, pur rimanendo dubbia in molti casi l origine, sicuramente gran parte degli incendi è direttamente o indirettamente provocata dall uomo per negligenza, disattenzione o incuria (responsabilità di tipo colposo ) o per dolo, mentre il resto è dovuto esclusivamente a cause cosiddette naturali (caduta di fulmini senza pioggia). Gli incendi di tipo doloso, provocati per puro vandalismo, per vendette, per A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 51

48 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 52 Foto 32. Dal 1969 la Regione ha un proprio Corpo Forestale (CFR) che fa capo a 31 Stazioni forestali e 5 Ispettorati ripartimentali. I compiti affidati al CFR sono molteplici nel campo della tutela attiva e preventiva dell ambiente. Nella foto, esercitazione della squadra per la sicurezza dell attività AIB in ambiente montano per interventi in zone impervie. incomprensibili scopi speculativi, per istinti più o meno patologici di tipo piromane, sono purtroppo in aumento e tendono a diffondersi su grandi superfici per l abbandono delle pratiche forestali ed agricole di montagna. La prevenzione degli incendi L azione preventiva contro gli incendi boschivi si esplica in tre distinti momenti: sensibilizzazione della popolazione, vigilanza e interventi di prevenzione sul territorio. Sensibilizzazione della popolazione Uno sforzo notevole è stato compiuto per rendere noto a tutta la popolazione il numero verde da chiamare da qualsiasi punto della regione non appena si avvista un focolaio di incendio; a questo scopo sono stati stampati e distribuiti adesivi, affisse locandine, diramati comunicati ai giornali, alle televisioni e radio locali. Sono state anche intensificate e rinnovate le iniziative propagandistiche già intraprese negli anni passati inserendole tuttavia in un progetto generale di sensibilizzazione, redatto con l aiuto di esperti e finanziato tramite un contributo dell Unione Europea. Vigilanza Nel corso dell anno, i controlli sono intensificati nei periodi di maggiore pericolosità con la predisposizione di particolari turni di servizio dei forestali che permettono lo svolgimento del pattugliamento anche nelle ore serali ed eventualmente anche in quelle notturne. In alcune zone, l avvistamento e la tempestiva segnalazione degli incendi boschivi sono effettuati con la preziosa collaborazione dei volontari comunali che si intende estendere quanto più possibile. Lavori di prevenzione sul territorio Vengono realizzati interventi colturali nelle zone boscate o cespugliate esposte al massimo rischio di incendio: il sottobosco viene ripulito da una buona parte del materiale combustibile leggero per non offrire facile esca ai focolai in modo che l incendio possa al massimo svilupparsi in un fuoco basso o di ridotta intensità e da permettere il rapido e agevole accesso al personale che interviene per lo spegnimento. La migliore prevenzione è data dall applicazione della selvicoltura naturalistica che, prevedendo di assecondare la naturale evoluzione del bosco, favorisce lo sviluppo di latifoglie resistenti e adatte all ambiente al posto dei vecchi impianti di conifere e rende quindi l ambiente boschivo meno vulnerabile dal fuoco. Negli ultimi anni si è poi operato per incrementare la disponibilità di punti d acqua artificiali per lo spegnimento degli incendi. Grazie anche ad un contributo europeo, specialmente nella parte pedemontana della regione, in zone ad alto rischio di incendio, sono stati ripristinati vecchi invasi ormai inutilizzati e costruiti ex novo vasconi in cemento da utilizzarsi per il rifornimento di condotte idriche o della benna dell elicottero. Foto 33. L impiego coordinato di mezzi terrestri (autobotte) ed aerei (elicottero) permette di affrontare lo spegnimento anche degli incendi boschivi che si sviluppano in zone impervie o prive di viabilità. Nella foto, ripresa nel corso dell incendio boschivo del M.te Cretò a Tramonti di Sopra (PN), l elicottero sta pescando acqua con la benna da un vascone alimentato dall autobotte del CFR.

49 Foto 34. L incendio è per lo più causato da negligenza o addirittura volontariamente: questo vuol dire che nei periodi di maggiore aridità estiva o invernale e nelle zone più a rischio (Prealpi e Carso), bisogna fare molta attenzione a non accendere alcun fuoco ed evitare azioni che possono comportare inneschi e che sono anche vietate (gettare sigarette e fiammiferi, parcheggiare auto catalitiche fuori strada, ecc.). È importante anche una rapida segnalazione dell incendio da parte di chi lo avvista al numero verde Nella foto, ripresa durante l incendio di una pineta in Val Tramontina (PN), si può notare un fuoco radente che sta per interessare anche i tronchi e le chiome dei pini. Organizzazione della lotta attiva In base alla legge regionale n. 8/1977 e alla legge regionale n. 64/1986, le strutture a cui spetta lo svolgimento del servizio di prevenzione e repressione degli incendi boschivi sono: la Direzione regionale della protezione civile, alla quale compete la funzione del coordinamento di tutte le misure organizzative tramite la Sala Operativa di Palmanova; la Direzione regionale delle foreste e della caccia, alla quale compete il coordinamento generale dell attività di prevenzione e repressione degli incendi boschivi; gli Ispettorati ripartimentali, ai quali va il coordinamento del lavoro delle Stazioni e dei Volontari; le Stazioni forestali che costituiscono la struttura operativa; le Squadre volontarie comunali e le Associazioni volontarie che intervengono direttamente sul fuoco con il personale forestale. L informazione ricevuta, anche tramite il numero verde , viene inoltrata immediatamente alle Stazioni competenti, alle pattuglie in servizio antincendio ovvero, in caso di irreperibilità del personale forestale, direttamente alla squadre volontarie per renderne possibile il più rapido intervento. Questi operatori, una volta recatisi sugli incendi, provvedono a chiamare i volontari ed i mezzi aerei necessari per affrontare l opera di spegnimento da terra o per via aerea. Per incendi di maggiore gravità, la Sala Operativa può richiedere i soccorsi delle Forze Armate, del Centro Operativo Aereo Unificato, dei Vigili del Fuoco. Le Stazioni forestali effettuano la sorveglianza del territorio, segnalano alla Sala Operativa l avvistamento di focolai e provve- A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO Grafico 8. Prevenzione contro gli incendi significa sensibilizzazione della popolazione, vigilanza sul territorio e lavori preventivi (ripuliture, viabilità antincendio, fasce tagliafuoco, vasche per rifornimento idrico, ecc.). Il grafico evidenzia come, negli ultimi anni, grazie all andamento climatico favorevole, ci sia stata una complessiva riduzione della superficie annualmente percorsa dal fuoco. 53

50 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 54 Foto 35. La vigilanza venatoria e ambientale della Laguna di Marano e Grado comporta una preparazione specifica del personale. Nella foto, pattuglia della Stazione forestale di Monfalcone a bordo del motoscafo di servizio. dono al primo e spesso decisivo intervento sugli incendi e ad ogni altro eventuale compito connesso allo spegnimento; decidono di norma strategie e modalità di intervento per lo spegnimento; compilano degli appositi Fogli Notizie Incendi Boschivi per i dati statistici; curano i contatti con le squadre volontarie della zona al fine di conoscerne le capacità operative, svolgono le indagini e gli accertamenti necessari per individuare i responsabili degli incendi. Struttura radio di comunicazione L intero territorio regionale è stato diviso in cinque zone che sono servite da reti autonome, ognuna delle quali fa comunque capo alla Sala Operativa della protezione civile di Palmanova. Si è scelta questa soluzione per evitare di sovraccaricare un unica rete al contemporaneo verificarsi di numerosi incendi in zone diverse. Per ultimo, si è provveduto a dotare le squadre di volontari antincendio di apparati radio per il collegamento con il personale forestale sugli incendi boschivi. Ciò consentirà di incrementare e migliorare le comunicazioni nelle emergenze e di migliorare la sicurezza degli operatori antincendio. Per il futuro si estenderanno queste dotazioni a tutto il volontariato. LA FAUNA DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA La tutela e la gestione faunistica e venatoria Con l emanazione della legge regionale 30/1999 il Friuli-Venezia Giulia ha dato vita ad una riforma del sistema di organizzazione del settore venatorio, nel rispetto dei principi generali della normativa comunitaria e nazionale, ricercando nel contempo la valorizzazione delle consuetudini, degli usi e delle culture che a livello regionale affondano le radici in un passato di forti tradizioni. La Regione, riconoscendo di primaria importanza l esigenza di tutela del patrimonio faunistico, adotta metodi di razionale programmazione del territorio ai fini faunistici, e ne individua diversi criteri di gestione, ivi compreso un razionale prelievo venatorio. Le Riserve di Caccia sono associazioni di cacciatori che provvedono alla gestione faunistica e venatoria in un determinato territorio ad esse assegnato. È loro il compito di censire la consistenza delle popolazioni di animali selvatici e programmare il prelievo attraverso piani di abbattimento che consentano un giusto equilibrio fra presenza della fauna selvatica e risorse del territorio. L istituzione delle Riserve non è tuttavia una novità, ma le competenze loro assegnate sono state ridisegnate dalla legge regionale 30/1999 in virtù del principio dell autogestione, secondo il quale la gestione faunistica venatoria è attribuita agli stessi cacciatori. Per il coordinamento e la razionalizzazione dell attività di gestione delle Riserve sono stati istituiti quindici Distretti venatori, unità territoriali omogenee dal punto di vista ambientale, di usi, consuetudini e tradizioni locali, che provvedono anche al controllo ed alla ratifica degli atti emessi dalle Riserve di caccia, nonché, attraverso apposite Commissioni, alla valutazione disciplinare del comportamento dei cacciatori. La Regione ha mantenuto funzioni di indirizzo generale, che esercita con il supporto tecnico del Comitato faunistico-venatorio regionale, organo consultivo composto da rappresentanti di amministrazioni locali, associazioni venatorie, organizzazioni professionali agricole, associazioni di protezione ambientale, mentre la consulenza scientifica è forni-

51 ta dall Istituto Faunistico Regionale, di nuova costituzione. Con la nuova legge si è anche disciplinata la gestione privata del territorio ai fini faunistici, attraverso l individuazione e l autorizzazione delle Aziende faunistico-venatorie, delle Aziende agri-turistico-venatorie e delle zone cinofile. Per l espletamento delle funzioni di carattere amministrativo e per coadiuvare l attività dei Distretti venatori è stato istituito il Servizio per la conservazione della fauna e della caccia, presso la Direzione regionale delle foreste e della caccia, con il compito di determinare il numero dei cacciatori da assegnare ad ogni singola Riserva, individuare il territorio di quest ultime, autorizzare l istituzione delle Aziende venatorie, organizzare i corsi formativi ed abilitativi per i Direttori delle Riserve ed i rappresentanti delle Aziende venatorie, istituire Oasi di Protezione per la fauna, sovraintendere alla corretta applicazione della legge da parte dei cacciatori delle riserve e dei distretti venatori. La fauna regionale Sono oltre 600 le specie di animali selvatici Foto 36. Sono oltre 600 le specie di uccelli e mammiferi che si possono osservare in Friuli-Venezia Giulia. Tra queste alcune sono particolarmente frequenti e note, altre, per le loro abitudini di vita, per gli habitat occupati o per le loro dimensioni ridotte sfuggono all osservazione dei più. Nella foto un esemplare di lepre. Foto 37. La selvicoltura naturalistica riserva alcune piante lasciandole completare il loro ciclo naturale per consentire la formazione di particolari nicchie adatte a vari organismi ed accrescere la diversità biologica del sistema. vertebrati (uccelli e mammiferi) che si possono osservare nel territorio della regione Friuli-Venezia Giulia. Tra queste alcune sono particolarmente frequenti e note, altre, per le loro abitudini di vita, per gli habitat occupati o per le loro dimensioni ridotte sfuggono all osservazione dei più. Il Mustiolo, ad esempio, con i suoi 4,5 cm di lunghezza è il mammifero più piccolo d Europa, ma ben pochi lo conoscono, così come i suoi simili toporagni e crocidure. Difficili da osservare sono pure alcune specie di pipistrelli, come la Nottola gigante o il Vespertillo di Daubeton, vere rarità presenti in regione. Ben più conosciuti sono invece, per l interesse venatorio che rivestono o hanno rivestito, la lepre comune, l alpina lepre variabile o il coniglio selvatico, più raro, tutti appartenenti all ordine dei duplicidentati e quindi parenti solo alla lontana dei roditori, rappresentati dalla Marmotta, oggetto di numerose reintroduzioni in diversi ambiti territoriali alpini, lo Scoiattolo, la cui diffusione negli ultimi anni ha interessato anche la pianura e le città, il Ghiro ed il Moscardino, legati soprattutto ad ambienti forestali di latifoglie. I roditori sono importanti anche perché costituiscono, con le 9 specie di arvicole e topi campagnoli e le 7 specie di topi selvatici, la principale fonte alimentare per numerosi A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 55

52 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 56 Foto 38. La ricchezza d acqua e la presenza diffusa di alte montagne favoriscono l abbassamento dei limiti altitudinali anche di parecchie specie animali, altrove relegate a quote maggiori. Nella foto un esemplare maschio di capriolo. predatori, sia alati, sia terrestri. Tra questi ultimi vanno sicuramente annoverati i mustelidi, cui appartengono la Donnola e la Faina, spesso legate agli ecosistemi agrari, la Martora, che predilige habitat forestali, la rara Puzzola, tipica degli ambienti umidi, l Ermellino che frequenta i pascoli d alta quota, ed il Tasso, di dimensioni ben superiori ed abitudini notturne. Ad aggiungere pregio al complesso della fauna regionale, vi sono anche altri carnivori: oltre alla diffusissima Volpe, da qualche anno è presente stabilmente anche l Orso bruno, sebbene con densità variabile negli anni. La Lince è stata segnalata più volte, mentre dalla vicina Slovenia è arrivato lo Sciacallo dorato, con presenze sporadiche e non bene precisabili. Tra gli ungulati il Capriolo è la specie sicuramente più rappresentata (oltre esemplari), mentre il Cervo è in forte espansione, come anche il Cinghiale che in tempi recenti ha ricolonizzato gli ambienti montani e pedemontani della nostra regione. Le popolazioni di Camoscio, in parte soggette a pressione venatoria consistente, in parte protette all interno dei parchi regionali, contano oltre 5000 esemplari. Meno numerose sono le colonie di Stambecco, localizzate negli habitat d alta quota del Tarvisiano, sulla catena del Plauris e sulla catena del Turlon. Per motivi venatori, in un passato recente, è stato introdotto anche il Muflone, specie ricercata per il suo trofeo consistente in grosse corna avvolte a spirale. Tra gli uccelli la metà delle specie presenti è rappresentata da Passeriformi, i cui esponenti di dimensioni maggiori sono i Corvidi. Si tratta di uccelli dalla viva intelligenza, in alcuni casi ben diffusi in ambienti diversi. Ad esempio la Gazza, che si è adattata all ambiente modificato dall uomo, o la Cornacchia, che si osserva in Regione con due razze distinte. Tra le specie più piccole sono abbondanti gli zigoli o i Fringillidi come il Verdone, il Lucherino o il Cardellino, ma soprattutto i Turdidi. Da segnalare tra questi la presenza di specie che in Regione trovano i limiti di distribuzione: il mediterraneo Passero solitario ovvero, per contrasto, l alpino e settentrionale Merlo dal collare. Di forte interesse venatorio sono ancora il Merlo, la Cesena e i tordi Sassello e Bottaccio. Nelle zone occupate da vegetazione arborea sono abbondanti parecchie specie canore appartenenti alla famiglia dei Silvidi: come il popolare Usignolo o la Capinera. La ricchezza d acqua e la presenza di alte montagne favoriscono l abbassamento dei limiti altitudinali di parecchie specie, altrove relegate a quote maggiori. E il caso di alcune cince (famiglia Paridi) tra cui quella dal ciuffo e quella mora. Molte specie sono invece tipiche di zone umide o palustri: come, ad esempio, Cannareccione e Cannaiola. Per completare sommariamente la rassegna ricorderemo anche cutrettole e ballerine, allodole, rondini e balestrucci, passeri e averle. Un discorso a parte meriterebbero le specie adattate ad habitat del tutto peculiari: valgano per tutte il Merlo acquaiolo (che ama immergersi delle acque dei torrenti) o il Picchio muraiolo. Quest ultimo, come una grande farfalla, frequenta le pareti, spesso alle alte quote, alla ricerca di insetti per noi quasi invisibili. Le specie di dimensioni minori sono Regolo e Fiorrancino, appena più piccoli del più

53 Grafico 9. La varietà di ambienti presenti in Regione consente lo sviluppo di svariate specie di animali selvatici. Questa vera e propria risorsa naturale rinnovabile è gestita anche attraverso un prelievo razionale nel rispetto degli equilibri ecologici e delle tradizioni locali: la caccia. noto Scricciolo. Quella forse in assoluto più numerosa è invece lo Storno, che forma talora assembramenti notevoli, che gli agricoltori preferirebbero, forse, non vedere per i possibili danni alle colture. Tra i Non Passeriformi si annoverano specie d aspetto più variabile, suddivisibili in ordini ben distinti. I cosiddetti rondoni si distinguono perché più adattati al cielo libero da ostacoli; si nutrono di microscopici insetti. I più colorati sono i Coraciformi, tra cui il comune Martin pescatore. I Piciformi comprendono specie forestali, noti per l abitudine di forare il legno a colpi di becco. Si tratta di specie in fase di espansione legata a quella delle aree boscate. Vittime innocenti di credenze popolari, sono gufi e civette (Strigiformi), accusati di portare la malasorte. Ricorderemo poi il Succiacapre e il Cuculo (Cuculiformi), le cui abitudini parassitarie sono così popolari. Tra i Columbiformi vale la pena di menzionare il Colombaccio, di anno in anno più diffuso anche in pianura, la Tortora comune, presente in estate ma con popolazioni in diminuzione, la Tortora dal collare orientale, assai diffusa nei centri abitati. L ordine dei Caradriformi è particolarmente numeroso, comprendendo una varietà di specie adattate alle zone umide. Ricorderemo i gabbiani e sterne. Sin troppo numerosi sono il Gabbiano reale (ora nidificante anche nella città di Trieste) e quello comune. Nella laguna di Grado e Marano, ventimila ettari di acque, barene, velme e dune costiere costituiscono l habitat ideale per una ricca varietà di uccelli limicoli, molti dei quali di grande interesse naturalistico, come chiurli, totani, piropiro, piovanelli ed infine corrieri, pivieri e Pavoncella. Le specie oggi di maggiore interesse venatorio sono: Combattente, Beccaccino e Beccaccia. Quest ultima fa eccezione, frequentando non le lagune ma i boschi umidi della regione. Notevoli sono l Avocetta ed il Cavaliere d Italia: quest ultimo oggi in ripresa grazie all esistenza di aree protette. Tra gli uccelli acquatici, molto rappresentata è la famiglia dei Rallidi con la Folaga, la Gallinella d acqua e il Porciglione. Nelle aree montane sopravvive il Re di quaglie, in declino per la rarefazione dei prati. L ambiente forestale ospita il Gallo cedrone, il Gallo forcello e il Francolino di monte, con popolazioni in continuo declino, mentre al di sopra del limite della vegetazione arborea si trova la cangiante Pernice bianca. Sui pascoli rocciosi, benché ridotta a piccole popolazioni residue, si sente ancora cantare la Coturnice. Particolarmente in pianura si riscontrano la Quaglia (migratrice) e la Starna, danneggiata dall agricoltura moderna o da prassi venatorie discutibili, ma reintrodotta in diverse località. Il Fagiano si mantiene altresì con le numerose immissioni, la maggior parte a scopo venatorio. I rapaci diurni comprendono specie strettamente protette. Particolarmente rari sono gli avvoltoi, tra i quali tuttavia il Grifone è oggetto di una iniziativa di tutela promossa dalla Regione. Più frequente è l Aquila reale di cui si stimano presenti varie coppie nidificanti. Diffusissima quasi ovunque è la Poiana, mentre localizzati (come nidificanti) rispettivamente in aree boscose e palustri o planiziali sono da un lato: Pecchiaiolo, Astore e Sparviere; dall altro: Falco di palude e Albanella minore. I Falchi propriamente detti (fam. Falconidi) comprendono, tra gli altri: il Falcone pellegrino, il Lodolaio e il Gheppio; raro il primo, relativamente A TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO 57

54 LA TUTELA DEL BOSCO E DEL TERRITORIO Grafico 7. Il territorio regionale è stato suddiviso in 15 distretti venatori che coordinano e razionalizzano le attività gestionali delle riserve. Nel grafico, per distretto venatorio, le volpi censite, previste da abbattere ed effettivamente abbattute nell annata frequenti gli altri due. Tra gli Anseriformi le specie oggetto di caccia sono alcune anatre dette di superficie e due tuffatrici. Tutte le altre specie (e non sempre la distinzione in natura è agevole) sono protette dalla legge. Tra queste alcune sono localizzate o ecologicamente esigenti e perciò molto bisognose di speciale tutela, come ad esempio la Moretta tabaccata, il Fistione turco o la Volpoca. In sostanziale incremento sono alcune oche (particolarmente l Oca grigia) e il Cigno reale. La maggiore attenzione dedicata alla corretta gestione del patrimonio faunistico, accanto ad una cresciuta sensibilità, ha favorito l incremento anche di altre specie notevoli, come ad es. il Fenicottero. Stormi talora numerosi di questo grande trampoliere, che si nutre essenzialmente in acque basse e salate, compiono incursioni nelle zone lagunari. La Cicogna bianca (Ciconiformi), oggi nidifica nuovamente in Friuli, grazie ad uno specifico progetto. Diffusi sono l Airone cenerino, la Garzetta - che ha nidificato negli ultimi decenni in forma coloniale in un singolo sito lagunare - l Airone bianco maggiore, mentre l Airone rosso si riscontra nidificante nell area protetta della Foce dello Stella. E poi in fase di consistente incremento il Cormorano, una tipica specie ittiofaga sgradita ai vallicoltori. Infine ricorderemo svassi e strolaghe, 58 Grafico 10. La legge regionale sulla caccia viene attuata dal Servizio per la conservazione della fauna e della caccia, che si occupa degli aspetti organizzativi, disciplinari ed amministrativi generali. Il grafico riporta il carico di cacciatori della Regione.

55 anch essi legati essenzialmente a zone umide costiere ed al mare. A commento di questa succinta rassegna si può sottolineare che una migliore tutela faunistica si potrà raggiungere con la conservazione di alcuni habitat in progressiva rarefazione. Preso atto del crescente abbandono di aree montane e collinari da parte dell uomo, divengono là prioritari gli interventi per il mantenimento delle zone aperte. In pianura invece, accanto alla rigorosa tutela di magredi e prati stabili, andrebbero piuttosto estese le superfici boscate. Della massima rilevanza risulta infine la conservazione delle zone umide, per la quale precisi impegni, di livello internazionale, sono stati assunti e notevoli iniziative avviate dalla Regione negli anni recenti. CONSIGLI PRATICI 1 - PERCHÉ IL TAGLIO DEI BOSCHI É REGOLAMENTATO? Il taglio degli alberi, se eseguito secondo le regole della selvicoltura naturalistica, è un prezioso aiuto al bosco stesso; i piani di gestione forestale e il regolamento forestale interpretano queste regole fornendo criteri e suggerimenti ai tecnici forestali e ai proprietari boschivi in modo da salvaguardare il patrimonio ecologico favorendo una razionale utilizzazione delle risorse del bosco (legno, turismo, protezione idrogeologica, funghi, ecc.). Che cosa succede se si tagliano alberi in modo irrazionale? Il personale del Corpo Forestale Regionale è tenuto a far rispettare le leggi che riguardano il taglio dei boschi: chi disbosca senza tenerne conto è soggetto a vari tipi di sanzioni che in parte sono calcolate in proporzione al valore del bosco tagliato o del danno realizzato e in parte in proporzione alla superficie interessata. 2 - PERCHÉ TUTELARE LA STABILITÀ DEL SUOLO MONTANO? La montagna è soggetta continuamente all erosione degli agenti atmosferici: le aree più a rischio sono comprese nelle cosiddette zone a vincolo idrogeologico. Ogni lavoro progettato senza tenere conto di questo aspetto può provocare in queste zone dissesti potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità. Che cosa succede se si opera senza autorizzazioni? Il proprietario o possessore di terreni vincolati, il quale non osserverà le norme emanate dal Regolamento forestale relative alle modalità dei lavori di dissodamento nei terreni saldi e della lavorazione del suolo, incorrerà nella sanzione amministrativa da Euro a Euro per ogni 1000 m 2 di terreno, non mai però inferiore a Euro 82.00, ed avrà l obbligo di compiere i lavori di ripristino impostigli. 3 - PERCHÉ EVITARE POTENZIALI INNE- SCHI DI INCENDI BOSCHIVI? Un incendio boschivo è un grave danno per tutti: per gli animali che vivono nel bosco, per gli uomini che lo frequentano, per le piante che spesso ne restano irrimediabilmente colpite. Nelle zone comprese nel Piano di difesa dei boschi dagli incendi, comportamenti sconsiderati come accendere fuochi, fornelli, far scoppiare petardi o gettare sigarette accese, oppure bruciare ramaglie senza aver dato avviso alla Stazione forestale e aver preso le dovute precauzioni possono causare veri e propri incendi boschivi che poi sfuggono al controllo di chi, magari involontariamente, li ha causati. Che cosa succede se si accende un fuoco e si causa un incendio? Le violazioni alle prescrizioni indicate dalla legge regionale in materia comportano una sanzione amministrativa da a Euro (raddoppiata in periodo di massima pericolosità), ma se tali violazioni causano un incendio boschivo allora le sanzioni diventano penali, particolarmente pesanti in caso di incendio doloso. 4 - PERCHÉ NON SI PUÒ TRANSITARE IN VEICOLO AL DI FUORI DELLA VIABILITÀ CONSENTITA? ONSIGLI PRATICI 59

56 CONSIGLI PRATICI 60 Il territorio montano è un ambiente delicato, sempre a rischio sia di degradarsi provocando frane, alluvioni e valanghe, sia di vedere bruciare i suoi boschi per un azione imprudente o sconsiderata. Per intervenire rapidamente con i mezzi necessari è perciò importante mantenere in efficienza la fragile rete di viabilità a fondo non asfaltato anche evitandone l usura da logorio per indiscriminata frequentazione di veicoli a motore. Che cosa succede se si percorre in auto o in moto una strada vietata al transito in zona di vincolo idrogeologico? Solamente chi è esentato dai divieti (es. proprietari dei terreni) oppure per motivi di lavoro o altro può farlo, altrimenti è prevista la sanzione amministrativa da a Euro se si è sprovvisti di autorizzazione. 5 - PERCHÉ NON SI DEVONO ABBANDO- NARE I RIFIUTI? Alcuni materiali abbandonati hanno lunghissimi tempi di degradazione e pertanto possono essere nocivi per gli animali del bosco, sia come alimenti che come agenti di danno fisico; altri liberano nell ambiente sostanze tossiche che potremmo ingerire successivamente con l acqua o con i prodotti agroforestali; inoltre i rifiuti abbandonati sono segno di imbarbarimento culturale e di incuria gestionale. Che cosa succede se si abbandonano rifiuti? Il responsabile di una tale azione si vedrà comminare una sanzione amministrativa con importi che vanno da a Euro e da a Euro per i rifiuti pericolosi. Se l azione è compiuta da una Ditta o se modifica in modo permanente un area a causa della quantità e della qualità dei rifiuti (tossici, nocivi o pericolosi) riducendola ad una discarica abusiva, allora si compie un reato. 6 - PERCHÉ SI DEVE REGOLAMENTARE LA CACCIA? La varietà di ambienti di cui è costituito il nostro territorio consente la vita a svariate specie di animali selvatici, che rappresentano una ricchezza per la collettività. Questo patrimonio è gestito anche attraverso la caccia, intesa come prelievo razionale di una risorsa naturale rinnovabile, nel rispetto degli equilibri ecologici e delle tradizioni locali. Al fine di mantenere vitali le popolazioni degli animali che vivono in libertà sul territorio nazionale, la legge disciplina in maniera severa l esercizio della caccia, che può essere svolto solo dopo aver superato appositi esami e nell osservanza di numerosi divieti. Che cosa succede se si caccia in periodo non consentito? La caccia osserva un calendario ben preciso, stabilito dalle leggi regionali e articolato su cinque mesi l anno. La caccia di selezione agli ungulati, che costituisce una forma particolare di prelievo venatorio, è invece possibile per un periodo complessivo di otto mesi. Chi non rispetta il periodo previsto, si vede comminare una sanzione penale che stabilisce in alternativa l arresto da tre mesi ad un anno o il pagamento di un ammenda di importo variabile tra e Euro. Il cacciatore che viola questo divieto si vedrà inoltre sequestrare e confiscare la fauna abbattuta e le armi utilizzate. L uccisione anche di un solo esemplare protetto è punito con un ammenda fino a Euro. 7 - PERCHÉ NON SI POSSONO RACCO- GLIERE INDISCRIMINATAMENTE I FUN- GHI? I funghi che si raccolgono nei boschi sono solo la parte visibile di ciò che in realtà si sviluppa nel sottosuolo con il micelio. La doppia funzione dei funghi è quella, da un lato, di degradare le sostanza organiche morte e trasformarle in humus, dall altro, di entrare in simbiosi con le radici degli alberi ed aiutarli ad assimilare (fino a cento volte meglio!) le sostanze nutritive. Che cosa succede se si raccolgono funghi senza il permesso? In ogni caso è prevista la confisca dei funghi

57 raccolti senza le prescritte autorizzazioni, mentre la sanzione amministrativa è di Euro per ogni chilogrammo raccolto (e confiscato), oltre ad altre eventuali sanzioni per mancata sommaria pulizia o utilizzo di contenitori non rigidi e non aerati. 8 - PERCHÉ CI SONO FIORI PROTETTI? Ogni specie vivente conserva uno specifico bagaglio di preziosissime informazioni genetiche, risultato di millenni di selezione naturale e di rapporti con altri organismi, informazioni che possono essere preziose anche per la nostra salute; in regione alcuni fiori sono diventati rarissimi e quindi rischiamo di perdere per sempre ciò che la natura ci ha tramandato e di sconvolgere alcuni cicli biologici; inoltre, tutti i fiori comunque arricchiscono e qualificano il paesaggio, rendono più gradevole un prato o il sottobosco di una foresta e quindi la nostra passeggiata. Che cosa succede se si raccolgono fiori protetti? Ci sono venti specie protette che è vietato raccogliere (per es. la stella alpina, il giglio martagone, la brassica palustre e la ninfea bianca): in questo caso c è la sanzione amministrativa minima di Euro per ogni fiore raccolto e la confisca obbligatoria. Delle altre specie di flora spontanea, si possono raccogliere giornalmente per persona non più di dieci assi fiorali ed è consentita la raccolta di un kg delle parti commestibili di 28 specie di piante spontanee (per es. asparagi di bosco, tarassaco, erbe aromatiche, frutti di bosco). 9 - PERCHÉ IMPEDIRE GLI ABUSI AMBIENTALI? La società moderna ha compreso che l ambiente e il paesaggio sono importantissimi per la sopravvivenza del genere umano, tanto che una legge dello Stato (già cono- ONSIGLI PRATICI Foto 39. Un esempio multicolore della flora protetta nel territorio regionale: 1. Stella alpina; 2. Giglio arancione; 3. Giglio rosso; 4. Roponzolo di roccia; 5. Scarpette della Madonna; 6. Narciso con farfalla Macaone. 61

58 CONSIGLI PRATICI sciuta come Legge Galasso ) ha posto sotto vincolo paesaggistico ed ambientale i territori più delicati e significativi della Penisola (le spiagge, le sponde dei laghi e dei corsi d acqua, le montagne più alte, i ghiacciai, i parchi e le riserve naturali, le zone umide, le foreste ed i boschi). Che cosa succede se si realizzano interventi di trasformazione in queste aree? Ogni intervento di modifica permanente dei luoghi all interno delle aree sopra descritte deve essere espressamente autorizzato dalla Regione o dal Comune, a seconda della tipologia di intervento o della zona in cui si vuole intervenire. In caso contrario, la violazione è penale e provoca l apertura di un procedimento giudiziario, oltre che l obbligo del ripristino ambientale della zona manomessa PERCHÉ IMPEDIRE L IMPORTAZIONE DI FAUNA IN PERICOLO DI ESTINZIONE? Ogni specie animale vive in equilibrio nel proprio ambiente; alcune di queste sono diventate rare e possono sopravvivere e riprodursi solo nel loro territorio di origine; perciò un importante Trattato internazionale (CITES), firmato a Washington anche dall Italia nel 1973, vieta il commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, intendendo con ciò esemplari vivi o morti di animali selvatici o di piante o loro parti o prodotti derivati. Che cosa succede se, tornando da un viaggio in un Paese tropicale, si tenta di importare fauna (es. cucciolo di animale selvatico) o flora (es. orchidee) o oggetti (es. statuette di avorio) provenienti da specie a rischio di estinzione? È prevista la confisca di quanto si voleva importare, oltre all avvio di un procedimento penale a carico del trasgressore, con sanzioni aggravate se il responsabile è recidivo o è un impresa commerciale. 62 Grafico 12. La Direzione regionale delle foreste e della caccia, tramite le proprie strutture, dà attuazione ad una serie di direttive e di azioni articolate finanziate congiuntamente dalla Regione, dallo Stato e dalla Comunità Europea. Il complesso delle possibilità e delle scelte operative non sono immediatamente comprensibili a chi frequenta occasionalmente il bosco per diletto: per permettere alla popolazione di compiere al meglio e correttamente le proprie attività, le Stazioni forestali, gli Ispettorati e i Servizi direzionali, sono sempre a disposizione per ogni chiarimento o suggerimento inerente i territori montani, boscati e tutelati.

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