LIBRO I: REGNO DI AMORE

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1 U LIBRO I: REGNO DI AMORE na forte cesura tematica e stilistica divide il Regno d Amore dalle altre tre cantiche, più rivolte in direzione esemplare e spiritualistica. Fonte d ispirazione molto forte per il primo libro è il Boccaccio del Ninfale fiesolano 1 e dell Amorosa Visione. L eco del certaldese è percepibile nella descrizione dell ameno paesaggio e nelle rappresentazioni delle ninfe, dei loro cortei, dei loro giochi e dei loro discorsi, così come nelle cadute che il protagonista subisce a causa di Amore, oltre che nelle celebrazioni della potenza del dio-bambino tramite l elenco delle sue illustri vittime. Boccacciano risuona il verso fluido e armonioso, toccando a volte note di sensuale mollezza, altre di crudo realismo. Importante modello di riferimento per il primo libro è anche l Eneide di Virgilio 2 ; inoltre si avverte una qualche influenza dell Ovidio delle Metamorfosi 3, del Petrarca del Trionfo d Amore, del Nadal della Leandreride 4. Gilardi 5, per il riferimento che il Frezzi fa allo scudo di Achille di Iliade XVIII 6, sostenne che l autore conobbe Omero. L indizio è molto debole; è che probabile il poeta abbia tratto tale notizia da uno dei numerosi florilegi che trattavano della guerra di Troia, tanto diffusi in epoca medievale. 1 Non è forse un caso che in due codici si trovi, accanto al poemetto boccaccesco, uno squarcio del primo capitolo del Regno d Amore. I manoscritti in questione sono il Riccardiano 1149 e il Canoniciano 46 della Bodlejana di Oxford. Cfr. E. FILIPPINI, I codici del Quadriregio, Perugia 1905, pp , 44-45; G. ROTONDI, Alcuni studi su Federico Frezzi, «Memorie del r. istituto lombardo di scienze e lettere», XXIII, (1917), p Tra gli episodi virgiliani più evidenti su cui non mi soffermerò in questo capitolo: racconto della signoria di Eolo sui venti (Quadr., I, 15, ; En. I, 56-63); promessa di Didone posta sulle fallaci labbra della ninfa Ionia (Quadr., I, 16, 76, En. IV, 24); il poeta paragona se stesso a Enea in cerca di Creusa (Quadr., I, 17, 28-30, En. II, 745 ss.) Sui rapporti con il poeta mantovano, cfr. ZABUGHIN, Virgilio nel Rinascimento italiano. Da Dante a Torquato Tasso, Bologna, 1923, pp , In primis il massiccio utilizzo del motivo delle frecce d oro e di piombo, di cui è armato Cupido, tratte da Met. I, (cfr. E. FILIPPINI, Freccie e frecciate d Amore nel poema frezziano, in ID., Studi frezziani, Foligno 1922, pp ). Tra gli altri: molteplici riferimenti ad Atteone (Quadr., I, 4, 136; III, 5, 142 ; Met. III); descrizione del carro di Giunone e Minerva (Quadr., I, 5, 28, Met. II, 107); partenza di Astrea dalla terra contaminata di delitti (Quadr., I, 12, 100, Met. I, 149); descrizione del timore di Plutone che la terra, aprendosi, mostri agli sguardi indiscreti dei mortali i tenebrosi regni d abisso (Quadr., I, 15, 109 ; Met. V). 4 Medesima apertura con la descrizione della primavera, la comparsa di Cupido e la lunga enumerazione dei trionfi di Amore sugli dèi dell Olimpo (Quadr., I, 1; Leand. I, 1); stesso frequente utilizzo delle saette d oro e di piombo utilizzate dal dio-arciere. 5 B. GILARDI, Studi e ricerche intorno al Quadriregio, Torino 1911, p Quadr., I, 11, 23-27: «lo scudo cristallin gli vidi in mano / lucente quanto al sol nullo alabastro. / Ed era sì scolpito e sì sovrano, / che tanto adorno nol fece Achille, / per preghi della madre, dio Vulcano». 24

2 Seppur minore rispetto al resto del Quadriregio, anche nel primo libro la Commedia di Dante risulta essere fonte molto importante. Notevoli sono le riprese di situazioni e sintagmi danteschi, e sarebbe troppo lungo elencarle tutte: fra i tanti esempi ricordo l apparizione della ninfa Filena, di là da un fiumicello, intenta a cogliere fiori, che rievoca la Matelda del Purgatorio 7 ; la definizione del satiro che tradirà il poeta come «falso e bugiardo» 8 ; la minima modificazione tra le rime dantesche segnorso : morso : soccorso 9 e quelle frezziane signorso : corso : soccorso 10. Se la trama generale del poema sembra ricalcare quella della Commedia, in questa prima cantica, però, Frezzi si rivela originale nel suo indugiare compiaciuto nella descrizione del proprio periodo di traviamento giovanile, differendo in ciò dall Alighieri, che non accenna alla sua vita di peccatore, se non nel rimprovero di Beatrice nel XXXI del Purgatorio. Nella descrizione di se stesso «giovinetto» e nel continuo inseguimento che fece di vani amori, è come se il Frezzi abbia voluto percorrere ed esplicitare la «selva oscura» dantesca, raffigurandola però, non con cupi, ma con graziosi e splendidi colori, come quelli delle contemporanee pitture tardo-gotiche 11. Le vicende raccontate, dopo la precisa, ma topica introduzione dei primi versi che descrivono l avvento della primavera, si svolgono in un passato indefinito, lontano dalla precisione cronologica e simbolica di Dante. La rievocazione della propria giovinezza è ambientata in una geografia fatta di pianure, valli, fiumi, boschetti, giardini e colli; questi luoghi sono descritti in maniera stilizzata e convenzionale, ma non senza una dolce vena poetica. In questo contesto nascono gli amori del giovane Frezzi, sempre destinati al fallimento poiché, seppur le ninfe si mostrano spesse volte accondiscenti, inflessibile è la severità dei vari dèi, che tengono in maniera particolare alla castità delle loro protette. Lo schema narrativo è abbastanza ripetitivo: innamoramento dell autore; ninfa che esprime il proprio disprezzo per Amore; Cupido, con le sue frecce, punisce la ninfa facendola innamorare; breve incontro dell autore con la ninfa, sempre interrotto da qualche accadimento; la divinità cui appartiene la driade viene informata 7 Quadr., I, II, ; Purg., XXVIII, Quadr., I, 3, Inf. XXIX, 77, 79, Quadr., I, 11; 95, 97, Cfr. A. LANZA, L apogeo della letteratura tardogotica. Il poema tardogotico, in ID., La letteratura tardogotica. Arte e poesia a Firenze e Siena nell autunno del Medioevo, Anzio 1994, pp

3 dell innamoramento; obbligata separazione dei due amanti; imprecazioni contro Cupido e promessa di non seguirlo più; riapparizione del dio, riappacificazione e nuovo innamoramento del Frezzi. Non mancano però momenti elegiaci di efficace poesia, come nel canto VIII, dove è descritta la scena in cui Lippea, colpita dalla freccia di Cupido, piena di timore e vergogna 12, rivela il proprio amore per Federico, cui segue la loro eterna promessa d amore e la notte passata insieme in una fiorita valle rischiarata dal plenilunio 13. L episodio, pur nella sua freschezza, è pieno di dissimulati echi virgiliani: innanzitutto, l idillio tra i due può ricordare quello tra Enea e Didone, di Eneide IV. Nel Quadriregio, dopo il connubio, l Invidia, cui «nulla è mai nascosto, / c ha mille orecchie la malvagia e rea, / e l occhio suo in mille lochi è posto» 14, diffonde tra le dee e le ninfe la notizia dell amore tra i due, causando la punizione di Lippea da parte di Giunone. Non differentemente la Fama virgiliana, divinità malvagia e sinistra, provvede a diffondere fra i popoli dell Africa la notizia che Didone si è concessa al troiano Enea, facendo così infuriare il violento Iarba, il re che contava un giorno di sposare la regina di Cartagine. Costretta da Giunone ad abbandonare il regno di Diana, Lippea «come va l cervio, a cui già velenosa / è giunta saetta, e move il corso / or qua or là, e insin che muor non posa: / così ed ella per aver soccorso / giva» 15 ; non dissimilmente da Didone, che infiammata dall amore per il principe troiano, infelice, si aggira per la sua città, come una cerva colpita da una freccia e prossima alla morte 16. L episodio si segnala per la marcata attenzione al dato cromatico: Lippea, colpita da Cupido, diviene «vermiglia» e, lagrimando, abbassa gli occhi simili a «zaffiri»; di lei risaltano la «bianca mano» e il 12 Il pudico abbassare gli occhi di Lippea (Quadr., I, 8, 73-75) ricorda l analogo comportamento di Matelda in Purg. XXVIII, Da notare come il poeta spesso utilizzi, volti in ambito profano, sintagmi e versi di cui Dante si era servito in contesti decisamente diversi. Nell episodio in questione, il poeta viene chiamato dall amata «amoroso drudo» (Quadr., I, 8, 115), lo stesso epiteto che Bonaventura aveva rivolto a san Domenico (Par. XII, 55). Così, quando Lippea, giunta l alba, si congeda dall amato, gli dice: «prego che a vedermi torni tosto, / ché solo in veder te l mio core ha pace» (Quadr,, I, ), il cui ultimo verso è un calco di Par., XXX, 102: «che solo in lui vedere ha la sua pace». 14 Quadr., I, 8, Quadr., I, 9, En. IV, 66-73: «Est mollis flamma medullas / interea et tacitum vivit sub pectore volnus. / Uritur infelix Dido totaque vagatur / urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta, / quam procul incautam remora inter cresia fixit / pastora gens telis liquitque volatile ferrum / nescius; illa fuga silvas saltusque peragrat / dictaeos, haeret lateri letalis harundo». 26

4 «capo bianco»; di variopinti fiori è il prato, rischiarato dalla luna, cui pervengono la ninfa e Federico per trascorrere la notte 17. E probabile che il primo libro, sotto la veste dell allegoria, riveli un reale traviamento giovanile del folignate 18, dietro le lusinghe del piacere sensuale; si è ipotizzato in ciascuna ninfa una donna amata dall autore e, nel racconto poetico di Ilbina portata via da Minerva, un allusione a un amore per una giovane monaca pisana 19. Proprio in quest ultimo episodio 20, il canovaccio di un Frezzi in continua caccia di ninfe sembra terminare con Minerva che lo convince a seguirlo nel suo regno celeste; ma la tentazione di una nuova ninfa promessagli da Venere, lo distoglie dalla retta strada. Anche questo avvenimento è interessante in prospettiva autobiografica: la comparsa di Minerva, dea della sapienza e, in un certo senso, della teologia, potrebbe rivelare come Frezzi, già da giovane, seppur per breve periodo, abbia sentito il bisogno di abbandonare gli svaghi mondani per dedicarsi agli studi e alla religione. Ritornato sotto l egida delle due divinità dell amore, proprio nel regno di Venere Federico raggiunge il culmine della disillusione nei loro confronti: prima è disgustato dalla vista di una gioconda compagnia di ninfe, uomini e ermafroditi tutti nudi, tanto da chiedere alla dea di condurlo da ninfe di più onesto contegno 21 ; poi si fidanza con la quindicenne Ionia, ninfa all apparenza timida e inesperta, che non fa che asciugarsi gli occhi umidi di pianto coi biondissimi e lunghi capelli fluenti; la fanciulla simula di essere terrorizzata da «centauri e fauni incestuosi, / turpi in ogni atto scostumato e rio» 22 e, dopo avergli promesso di raggiungerlo nottetempo in un boschetto contiguo, si congeda. Dopo aver trascorso l intera notte in sua attesa, il poeta, esausto, si addormenta. In sogno gli appare Ilbina, che lo informa del fatto che Ionia lo ha preso in giro col pieno consenso dei due dèi e si sta sollazzando con un fauno «vile, rozzo e negro» 23. Al risveglio Frezzi si mette immediatamente sulle orme della ninfa, «come il bracco va cercando a caccia» e constata, suo malgrado, che Ilbina gli ha detto il vero: 17 Quadr., I, 8, Il poeta viene continuamente chiamato con l appellativo di «giovinetto». 19 Che fosse pisana si deduce da Quadr., I, X, 163, in cui legge «Io nacqui già in Alfea». Dove Alfea è nome antico di Pisa, come è esplicito in Quadr., II, 17, Quadr., I, Quadr., I, 16, Quadr., I, 16, Quadr., I, 17,

5 sorprende, infatti, Ionia «stare tra le braccia / del fauno duro ed abbracciargli il seno» 24. Furente, si scaglia contro i due, che se la danno a gambe, mentre ricopre di insulti la ninfa traditrice: «perché fuggi così, o mala putta? / Son queste tue parole e atti onesti? / Tu m hai fatto aspettar la notte tutta / ed hai lasciato me sol per restarte / con un mostro cornuto e fèra brutta!» 25. Estremamente seccato, accetta perciò di buon grado la comparsa della donna che, dicendosi mandata da Minerva e Ilbina 26, lo invita a intraprendere il cammino alla ricerca della dea della Sapienza, che lo avrebbe salvato dai perfidi lacci di Cupido 27. Proprio Cupido, oltre al poeta, è il protagonista del primo libro, non per altro a lui intitolato 28. Nei primi versi l autore lo invoca e subito egli compare con aspetto giocondo. Il dio è descritto secondo l iconografia in voga in quel periodo, con i capelli biondi su cui spicca una corona di verde mirto, la veste rosso fuoco e le ali adorne di splendide penne; ed è, naturalmente, munito di arco, faretra e frecce d oro e di piombo per fare innamorare o per spegnere la passione. Cupido si offre a Frezzi come guida, ma si rivela inaffidabile: in più occasioni promette al poeta l amore di una ninfa, ma ogni volta tale amore risulta infelice, a volte proprio per colpa sua, come nell episodio sopra citato in cui fa innamorare la ninfa Ionia di un fauno 29. Nonostante i numerosi elogi che fa della propria potenza, come quando si mette a enumerare gli eroi e gli dèi che è riuscito a soggiogare 30, Amore viene continuamente ingiuriato: dalle ninfe, e ogni volta dovrà ferirle con le sue frecce per farle cambiare idea; da Frezzi, a conclusione di ognuno dei suoi sciagurati amori; dalle divinità, continuamente infastidite dall influenza 24 Quadr., I, 17, Quadr., I, 17, Quadr., I, 18, 44-45: «Minerva a te mi manda ed anco Ilbina, / ch io ti tragga del cammino stolto». Reminiscenza di Inferno, II, in cui Virgilio informa di essere giunto in soccorso a Dante per esortazione di Lucia e Beatrice. 27 La conversione da Cupido a Minerva è totale e manichea. Se in questo primo libro il poeta si è, con compiacimento, descritto in un fantastico mondo di ninfee e divinità, con tale moralistica esortazione a Dio inizierà il secondo: «O alto re, monarca, o sommo Dio, / non vedi tu che l mondo va sì male / e quanto egli è perverso e fatto rio? / Non vedi il vizio che la virtù assale? / E da che questo da te si comporta, / o tu nol vedi o dell uom non ti cale». (Quadr., II, 1, 10-15). 28 Il primo libro è chiamato Regno d Amore, ma in verità i regni che il poeta pellegrini attraversa sono tre: quello di Diana, di Eolo e di Minerva. Il primo, in particolare, occupa ben quattordici dei diciotto capitolo che compongono il libro. 29 Quadr., I, Il secondo capitolo si apre con Amore che dichiara: «Né ciel, né mar, né are mai, né terra / potero al foco mio far resistenza, / né all arco dur, ché mai ferendo egli erra». Segue poi il catalogo delle illustri vittime delle sue frecce, quali Giove, Nettuno, Plutone, Febo ed Ercole. Tale descrizione della potenza d Amore è frequente nei testi del tempo, tra cui i massimi esempi si ritrovano nell Amorosa Visone di Boccaccio e nel Trionfo dell Amore di Petrarca. Il motivo è presente anche nella Leandreride, I, 2 e nella Fimerodia III, 6,8. 28

6 che il dio alato vuole esercitare sulle loro driade; addirittura il suo patrigno Vulcano, arrabbiato, scenderà sulla terra, dando inizio a un combattimento memorabile per l umorismo e il grottesco che contiene 31. Se in seguito, nel canto XIV del Regno dei Vizi, il poeta smaschererà definitivamente la falsa bellezza di Amore e i suoi fallaci insegnamenti, in questo primo libro Frezzi lo pone addirittura come saggio maestro: nel canto X, infatti, Cupido fa una divagazione in cui spiega l origine dei fenomeni atmosferici; seppur di matrice aristotelica, essa in parte ricorda la descrizione fatta da Buonconte da Montefeltro nel quinto del Purgatorio. Come è noto, anche in Dante non mancano le digressioni erudite, ma in Frezzi esse appaiono fini a se stesse, non collegate con la trama: in ciò si può cogliere una costante della letteratura del Trecento, che apprezzava e imitava il poema dantesco in primis come summa enciclopedica dei saperi del tempo. Nel Regno d Amore, oltre a quella di Cupido, appaiono altre due lunghe digressioni scientifiche: nella prima 32 è la ninfa Taura a parlare delle stelle e delle comete 33, nella seconda 34 è la ninfa Panfia a spiegare il funzionamento dei venti. Nel primo libro tuttavia mancano quelle disquisizioni teologiche e morali che caratterizzeranno fortemente le restanti cantiche. 31 Quadr., I, 14. Arrabbiato poiché Cupido ha colpito e tramortito la sua Taura, Vulcano compare con mille ciclopi e, dopo averlo insultato, si mette a combattere contro di lui. Vulcano scaglia una saetta contro al dio-fanciullo, riuscendo a fondere le sue frecce nella faretra, e rendendole inutilizzabili; Cupido, dal canto suo, incendia con il «fuoco sacro» la barba del dio e i capelli dei suoi ciclopi. Solo l intervento di Giove riuscirà, pur con difficoltà, ad interrompere la zuffa tra i due. 32 Quadr., I, XIII, L introduzione scientifico-aristotelica riecheggia in parte la digressione di Matelda sul perché vi siano acqua e vento nel Paradiso Terrestre (Purg. XXVIII, ). Sono invece evidentissime le analogie tra i versi del poema frezziano («Se l vapor terreo passa l aer gielo, / sottile e secco è ad ardere disposto / più che la stoppa a lume di candelo. / Quand egli vien lassù, dove sta posto / il regno di Vulcan, l accende il foco / nel primo capo, e la fiamma tantosto / per lui trascorre e non a poco a poco, / ma ratto e presto; e la fiamma corrente / pare una stella che tramuti loco») e Par. 15, 13-18, quando, con un analoga similitudine astronomica, Dante descrive l illuminosa apparizione di Cacciaguida («Quale per li seren tranquilli e puri / discorre ad ora ad or subito foco, / movendo li occhi che stavan sicuri, / e pare stella che tramuti loco, / se non che da la parte ond el s accende / nulla sen perde, ed esso dura poco»). Si noti la presenza di un verso identico e la sequenza di rime uguali foco : loco : poco. 33 Come in certi versi dell Inferno, non mancano parti dove il linguaggio si fa bassomimetico. Qui, però, è proprio brutta la similitudine che usa Taura, nei versi , quando, spiegando come fanno le come ad essere infuocate, dice: «Pensa del cibo dentro al corpo umano, / quando è indigesto e quando egli evapora: / il qual, quando è cacciato fuor dell ano, / s infiammeria come trita vernice, / se si scontrasse in acceso vulcano». 34 Quadr., I, 15,

7 Nell ultimo canto emerge il motivo encomiastico: dallo scenario favoloso in cui si era svolta finora la vicenda, si è catapultati alla corte di Ugolino 35 a Foligno, non prima di essersi soffermato sul topos della fondazione della cittadina umbra per opera di un certo Tros, avo dei Trinci, esule troiano come vuole la tradizione. Tra i vari episodi narrati nel Regno d Amore, il più rilevante, per le ricche reminiscenze letterarie, è la trasformazione della ninfa Filena in quercia 36. Palesi sono i modelli cui Frezzi si rivolge: la tragedia di Polidoro trasformato in mirto, in Eneide III; la selva dei suicidi di Inferno XIII, dove è punito, trasformato in «pruno», Pier delle Vigne. I due celebri antecedenti sono brani ricchi di grande pathos: in Virgilio l episodio di Polidoro è particolarmente drammatico, sia per per la cruda immagine del sangue nero che sgorga dalla pianta, sia per il triste racconto di una barbara uccisione subita solo a fini di furto; in Dante la tensione drammatica dell incontro con Pier delle Vigne è ancora maggiore, grazie all ambientazione fosca e alla particolare tortuosità del linguaggio. Come il cancelliere di Federico II, anche la Filena frezziana è trasformata in pianta per punizione divina; però totalmente diverso è il tono della metamorfosi qui descritta, non più patetico, ma dotato di una elegiaca leggerezza. L episodio tratteggiato dal folignate manca di drammaticità, nonostante il fatto che la persona trasformata in pianta, a differenza degli esimi modelli, non sia per il poeta un estranea, tutt altro, si tratta addirittura della ragazza che ama. Ciò è dovuto a molteplici elementi: la scena si svolge in un ambientazione arcadica; la pianta in cui la ninfa viene tramutata non è un rovo, ma una più tranquilla quercia; Frezzi, quando raggiunge la pianta, è già consapevole della sorte dell amata, essendo stato precedentemente avvertito dalla ninfa Rifa; Filena non proferisce parola, a parte un flebile lamento («Oimè! Fa piano!»), quando un suo ramo viene spezzato dal poeta; infine perché la scena si conclude con la comparsa del giocondo Cupido che conduce presto il poeta con sé a caccia di nuove ninfe. 35 Il nome del signore di Foligno è evocato tramite un gioco linguistico: «e dietro al tuo signor movi il cammino / (per U e go, e per quel nominollo), / ch a Pier fu nel papato più vicino» (Quadr. I, 18, 70-72). L ultimo verso allude a san Lino, il secondo papa della storia, che nell anno 67 successe a Pietro sul soglio pontificio. Forse qui Frezzi è memore del gioco linguistico dantesco di Par. VII, 13-15: «Ma quella reverenza che s indonna / di tutto me, pur per Be e per ice, / mi richinava come l om ch assonna». 36 Quadr., I, 4,

8 Ulteriore fonte di ispirazione nell invenzione dell episodio, oltre alle Metamorfosi di Ovidio, fu il Filocolo di Boccaccio, in cui si narravano le trasformazioni di Idalogos in pino 37 e di Fileno in fonte 38. Interessante è anche l incontro di Frezzi con Diana e le sue ninfe, che ricorda quello che vede protagonista Africo nel Ninfale Fiesolano 39. La canzone che le ninfe cantano alla loro regina («O dea sovrana, / benedetta sii tu in ciascun ora, / e benedetti li fonti e li boschi, / dentro alli quai tua deità dimora» 40 ) riecheggia, volta ambito profano, il saluto dei ventiquattro vegliardi della mistica processione della Vergine di Purgatorio, XXIX, («Benedica tue / ne le figlie d Adamo, e benedette / sieno in eterno le bellezze tue!») 41. Frezzi, occultato dietro un albero e intento a spiare la splendida compagnia, ricorda l Atteone delle Metamorfosi ovidiane 42. La lunga olimpiade tra le ninfe 43, cui Frezzi assiste di nascosto, sembra essere una variazione sul tema dei giochi funebri celebrati in Sicilia da Enea in onore del defunto Anchise 44. La consonanza è evidente soprattutto nella gara di tiro con l arco 45 : in entrambi i casi partecipano quattro concorrenti e la vittoria, ottenuta con l ultima frecciata, è frutto dell intervento di una divinità 46. La seguente lite tra due ninfe per la «palma», ricorda un episodio simile del VI libro della Tebaide 47. Onde placare la contesa tra le driade, Diana e Giunone organizzano una battuta di caccia al cervo bianco, animale già protagonista del celebre 37 Cap. VIII. 38 Del rapporto con l opera boccaccesca è conferma lo stesso nome: Fileno, che ricorda la Filena frezziana. 39 Quadr., I, 4; Ninf. Fies Quiadr., I, 4, Frequente è l utilizzo di Frezzi di moduli religiosi di origine dantesca, volti in un uso profano. Le parole che le ninfe Pallia e Lippea rivolgono a Giunone («O regina del cielo, o alta Iuno, / moglie e sorella del superno Iove», Quadr., I, V, 1-2) ricordano l incipit della celebre preghiera di san Bernardo alla Vergine («Vergine madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura», Par. XXXIII, 1-2). Poco dopo, Quadr., I, 7, 16-18: Lippea, desiderosa di ottendere la ghirlanda meritata per la vittoria alla gara di tiro con l arco, così si rivolge alla stessa Giunone: «Se il pregio mio, regina, non ti piega / mover ti debbe la mia compagnia: / vedi che ognuna per me te ne prega». Ricorda la già gia citata preghiera di san Bernardo: «vedi Beatrice con quanti beati / per li miei preghi ti chiudon le mani» (Par. XXXIII, 38-39). 42 Met. III. Già in precedenza Cupido così aveva avvertito il poeta: «Se Diana ti vede, / come Acteon, quando da lei fu visto, / trasmutar ti farà da capo a piede» (Quadr., I, 2, ). Quando però Federico sarà sorpreso da Diana, nel capitolo VIII, Frezzi, a differenza del suo sfortunato predecessore, ottiene di non essere punito, chiedendo di poter stare nel suo regno come già fece Ippolito. 43 Quadr., I, En. V, 485 ss. 45 Quadr., I, 5, ; En. V, Nell Eneide Giove, nel Quadriregio Cupido. 47 Teb. VI,

9 sonetto CXC del Canzoniere 48, che richiama alla memoria una medesima scena presente in Ninfale Fiesolano, 214 ss. Roma S. CIGADA, La leggenda medievale del Cervo Bianco e le origini della Matière de Bretagne, 32

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