FACCIAMO IL PUNTO SULL ART. 303 TULD di Ubaldo Palma

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1 FACCIAMO IL PUNTO SULL ART. 303 TULD di Ubaldo Palma 1. Premessa L art. 303 TULD è la norma sanzionatoria più ricorrente nella pratica doganale in quanto prevede i casi di differenza tra dichiarato e riconosciuto attinenti agli elementi della qualità, della quantità e del valore della merce sulle bollette doganali emesse per il regime dell'importazione definitiva, del transito comunitario e del deposito doganale. Infatti esso recita: Qualora le dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana con bolletta di cauzione, non corrispondano all accertamento, il dichiarante è punito con la pena pecuniaria da euro 103,29 a euro 516,46. La precedente disposizione non si applica: a) quando nei casi previsti dall art. 57, lettera d), pur essendo errata la denominazione della tariffa, è stata indicata con precisione la denominazione commerciale della merce, in modo da rendere possibile l applicazione dei diritti; b) quando le merci dichiarate e quelle riconosciute in sede di accertamento sono considerate nella tariffa in differenti sottovoci di una medesima voce, e l ammontare dei diritti di confine, che sarebbero dovuti secondo la dichiarazione, è uguale a quello dei diritti liquidati o lo supera di meno di un terzo; c) quando le differenze in più o in meno nella quantità o nel valore non superano il 5% per ciascuna qualità delle merci dichiarate. Se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza supera il 5%, la pena pecuniaria, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è applicata in misura non minore dell intero ammontare della differenza stessa e non maggiore del decuplo di essa. Tuttavia, se tale differenza dipende da errori di calcolo, di conversione della valuta estera o di trascrizione commessi in buona fede nella compilazione della dichiarazione ovvero è dovuta ad inesatta indicazione del valore, sempreché il dichiarante abbia fornito tutti gli elementi necessari per l accertamento del valore stesso, si applica la pena pecuniaria non minore del decimo e non maggiore dell intero ammontare della differenza stessa. Più esattamente il primo comma nella prima parte definisce espressamente (ed esattamente) il campo di applicazione della norma sanzionatoria, limitandolo alle difformità tra dichiarato e riconosciuto relative a soli tre elementi dell accertamento riscontrate sulle bollette doganali emesse per i tre regimi doganali sopra indicati, stabilendo una pena pecuniaria fissa da un minimo ad un massimo, se la differenza diritti da pagare non supera il 5%. Il secondo comma prevede tre casi in cui, in deroga al campo d applicazione definito al primo comma, la sanzione non si applica. Il testo letterale in questo caso è talmente chiaro e preciso che non abbisogna di commenti. Il terzo comma, a sua volta si divide nelle seguenti due parti: la prima parte prescrive una pena pecuniaria molto più pesante nel caso in cui la differenza dei diritti dichiarati in meno superi il 5% rispetto alla somma totale dei diritti riconosciuti: in tal caso l'ammontare della pena pecuniaria è proporzionale a tale differenza e va da un minimo di una volta a un massimo di 10 volte la differenza stessa; l ultima parte del terzo comma introduce una attenuazione di quest'ultima sanzione, nel caso in cui la suddetta differenza (indipendentemente dall entità) dipenda da errori di calcolo, di conversione della valuta estera o di trascrizione commessi in buona fede nella compilazione della dichiarazione. In questo caso la pena pecuniaria va da 1/10 a una volta la differenza stessa. A proposito di quanto sopra, si noti che: nel testo letterale del primo comma, che circoscrive il campo di applicazione dell intero articolo, non è citata la differenza sull origine quale quarto elemento dell accertamento, già 1

2 indicata come tale sia dall art. 57 che dall art. 59 (oggi art. 8 terzo comma Decreto Legislativo 08/11/1990, n. 374) che dall art. 65 dello stesso TULD; il primo comma dell art. 2 del Decreto Legislativo 18/12/1997, n. 472 (sistema sanzionatorio tributario) stabilisce che le sanzioni pecuniarie possono essere irrogate solo nei casi espressamente previsti e il secondo comma dell art. 3 stabilisce che nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile (principio di legalità); il comma 5 bis dell art. 6 del suddetto D.Lgs. stabilisce che la sanzione non è dovuta se la violazione non ha ostacolato l azione di controllo e non ha arrecato danno all erario (caso della differenza uguale a zero o addirittura negativa, cioè a favore dell erario con restituzione al contribuente di quanto pagato in più); il terzo comma dello stesso articolo 3 di cui sopra dispone che se due leggi diverse prevedono trattamenti sanzionatori diversi, si applica la legge più favorevole al contribuente (principio del favor rei ). 2. Il punto di vista dell Amministrazione Doganale Considerato che il suddetto articolo di legge, ormai in vigore da quasi quattro decenni, è tutt ora oggetto di applicazioni delle autorità doganali spesso contestate dagli operatori del settore, sarà interessante esaminare i principali provvedimenti interpretativi emessi in proposito dall Amministrazione Doganale attraverso gli anni. Con nota prot del 19/09/1977 l allora Dogana di Genova si pose il problema di stabilire quale sanzione applicare nel caso di difforme classifica doganale per la quale viene meno la riduzione daziaria chiesta nella dichiarazione. Si trattava di una importazione di tessuti di cotone dichiarati ad una Voce Doganale a dazio pieno pari al 14% ma a dazio zero entro un determinato contingente, riconosciuta ad altra voce doganale non contingentata, a dazio pieno pari al 13%. La dogana rivolse quesito al proprio Compartimento Doganale (oggi Direzione Regionale) per sapere se doveva considerare la differenza ai fini sanzionatori pari a 14% (14% - 0%) o a 1% (14% - 13%). La risposta fu che doveva essere considerata la differenza tra il dazio riconosciuto e il dazio che si sarebbe liquidato se la merce fosse stata considerata conforme (cioè 14%). Questa interpretazione sembra abbastanza sensata e coerente con la ratio della norma. Con circolare n. 4522/VIII del 01/10/1984 l allora Direzione Generale delle Dogane ha formulato una particolare interpretazione dell art. 303 nel caso di importazione di merce riconosciuta conforme per quantità, valore e Voce Doganale, ma di tipo diverso dal tipo di prodotto dichiarato e soggetto ad aliquota IVA maggiore, in cui tuttavia non venisse raggiunta la differenza del 5% rispetto all ammontare complessivo dei diritti di confine. In tale caso, la circolare, innovando la norma giuridica, ha stabilito che la percentuale del 5% (per la sanzione da una a 10 volte) venisse calcolata non sulla base del rapporto tra la differenza IVA e l ammontare complessivo dei diritti di confine dichiarati, ma sulla base del solo rapporto tra l IVA dichiarata e quella riconosciuta. Resta però il fatto che una circolare non può modificare una norma giuridica. Con circolare n. 5126/VIII del 04/03/1987 la Direzione Generale delle Dogane ha ancora una volta innovato l articolo in questione dando disposizione a tutti i propri uffici dipendenti di non applicare l agevolazione della sanzione di un decimo nel caso di inesatta indicazione del valore pur avendo il dichiarante fornito tutti gli elementi necessari per l accertamento del valore stesso. La circolare, nel disporre di applicare le sanzioni maggiori previste dal 303, afferma che le altre ipotesi ivi previste (errori di calcolo, di conversione della valuta estera o di trascrizione), esulano dal campo di applicazione della norma agevolativa. La motivazione di tale affermazione, in pratica, sarebbe riconducibile alla considerazione che il passaggio dal sistema del valore normale al sistema del valore di transazione ai fini imponibili in dogana avrebbe di fatto determinato una modifica dell art. 303 del TULD. 2

3 Con circolare n. 5702/VIII del 23/11/1989 la Direzione Generale delle Dogane ha risposto ad un quesito rivoltole da una società di Milano che chiedeva l applicazione della minore sanzione prevista dall ultima parte del terzo comma dell articolo suddetto ad un caso di errata indicazione della valuta estera. Questa volta il diniego è stato motivato dal fatto che con l adozione del formulario unico sono state eliminate alcune caselle di collegamento aritmetico alla base imponibile esposta nella casella della liquidazione dei diritti e, pertanto, taluni elementi di calcolo (correttivi previsti dalla normativa sul valore in dogana) vanno incorporati direttamente nella base imponibile, ora dichiarata e non solo riportata nella citata casella 47. Con nota 4421 del 20/04/1994 il Compartimento Doganale di Genova ha risposto alla Dogana di Genova in merito al quesito relativo alle modalità di calcolo per la valutazione della percentuale del 5% nel caso di differenze riscontrate in più singoli della stessa bolletta doganale d importazione, considerato che l art. 198 del Reg. CE n. 2454/93 (Disposizione d applicazione del Codice Doganale Comunitario) stabilisce che qualora una dichiarazione in dogana comporti più articoli le indicazioni relative a ciascun articolo sono considerate costituire una dichiarazione separata. Il Compartimento ha disposto che i diritti di confine debbono essere presi in considerazione complessivamente perché la circolare n. 308 del 18/12/1993 chiarisce che, per gli aspetti sanzionatori deve farsi riferimento alle norme nazionali e non a quelle comunitarie. Tra le norme nazionali si deve pertanto applicare per analogia l art. 328 del Regolamento Doganale approvato con R.D. 13/02/1896, n. 65, il quale, nei casi di grosse partite uniche scaricate dalla nave a più riprese con emissione di più bollette, consente di fare la compensazione tra le differenze di quantità in più e in meno a fronte delle singole dichiarazioni. Con circolare n. 1128/VIII del 05/07/1994 la Direzione Generale delle Dogane ha aggiunto l origine ai tre elementi dell accertamento indicati dall articolo di che trattasi, con la seguente motivazione: si ritiene che il generico rinvio dell accertamento operato dal terzo comma dell art. 303, per la determinazione della differenza tra i diritti di confine complessivamente dovuti e quelli calcolati in base alla dichiarazione, debba intendersi fatto all accertamento come istituto non come mera attività quale risulta dal complessivo quadro normativo, con regole di funzionamento sue proprie e di generale applicazione, certo suscettibili di disapplicazione, anche parziale, però soltanto in presenza di esplicite disposizioni derogatorie. E tale non apparendo, per contenuto e finalità, il primo comma dell art. 303 TULD, non vi è alcuna plausibile ragione perché l accertamento previsto dal successivo terzo comma non vada eseguito con riferimento, oltre che alla qualità, alla quantità e al valore, anche all origine delle merci, come espressamente previsto in via generale dal ripetuto art. 8 del D.Lgs 374/90, escludendo perciò qualsiasi mediazione interpretativa. Questa circolare è molto importante, perché con essa per la prima volta l Amministrazione Doganale ha introdotto di fatto apertamente e ufficialmente l origine nella fattispecie del primo comma dell articolo in esame. Indipendentemente dalla logica o meno della su riportata motivazione, si ribadisce che una circolare non può modificare una norma tributaria, facendovi rientrare una fattispecie che la norma non prevede espressamente. Con la nota n. 4566/IX del 10/02/97 il Dipartimento delle Dogane (già Direzione Generale delle Dogane ed oggi Agenzia delle Dogane) indirizzata all Avvocatura Generale dello Stato di Roma e di Trento, esprime il parere favorevole al ricorso in Cassazione per un caso, già perso dalla dogana nei due gradi di giudizio davanti alla magistratura tributaria, sostenendo in pratica che l esimente di cui al secondo comma lett. a) dell art. 303 non è applicabile se la differenza supera il 5%. Ne scaturì il ricorso in Cassazione, la quale emise la sentenza Cass. Sez. Civ. n. 2590/99 (citata dalla stessa Agenzia delle Dogane nella circolare n. 2195/IV indicata più avanti) che ha bocciato la suddetta tesi stabilendo che il primo comma si applica indipendentemente dall ammontare della differenza 3

4 dei diritti, in quanto il terzo comma non è una norma a sé stante ma un aggravante della fattispecie prevista al primo comma. Prima di formulare il parere il Dipartimento ha tracciato un breve excursus dell articolo in esame, precisando, tra l altro, di ritenere che la sanzione prevista nel primo comma sia da applicare anche nel caso in cui i diritti dichiarati siano maggiori di quelli riconosciuti (con la conseguente restituzione al contribuente della somma pagata in più) concludendo che in tal caso viene punita l erronea dichiarazione per la sua mancata corrispondenza con la realtà. Ma ciò è in contrasto con quanto dispone il comma 5 bis dell art. 6 del D. Lgs 472/97, il cui testo è stato riportato in premessa. Molto interessante è la circolare n. 1339/IX del 08/04/1999, che, una volta tanto, è completamente a favore del contribuente. Con essa il Dipartimento delle Dogane comunica a tutti gli uffici doganali dipendenti che non è sanzionabile il caso di importazione di frumento tenero, soggetto a dazio più alto se di bassa qualità, a dazio inferiore se di media qualità e a dazio ancora più lieve se di alta qualità. La dichiarazione di una qualità superiore non può considerarsi infrazione, ai sensi dell art. 303, perché le autorità doganali hanno l obbligo (stabilito con regolamento CE) di analizzare dei campioni prima di procedere allo sdoganamento e di far garantire preventivamente l eventuale differenza fra il dazio pagato e quello più elevato della categoria. Di fondamentale importanza è la circolare n. 2195/IV del 25/11/2003 dell attuale Agenzia delle Dogane, la quale, pur confermando il disposto della circolare 1128/VIII del 05/07/1994 in merito al considerare l origine come rientrante nel campo di applicazione definito al primo comma, tuttavia precisa che: a) sulla base di alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. I Civ. n. 2590/99 e n /99) nonché in linea con il parere dell Avvocatura generale dello Stato, approvato dal Comitato Consultivo di tale Organo, il terzo comma dell art. 303 costituisce esclusivamente un ipotesi aggravante della violazione contemplata dal precedente primo comma e non un autonoma e residuale fattispecie sanzionatoria nella quale far entrare qualsiasi caso di differenza tra dichiarato e riconosciuto, oltre ai casi definiti al primo comma; b) pertanto, l art. 303 è applicabile alle differenze tra dichiarato e riconosciuto imputabili esclusivamente ai tre elementi citati espressamente al primo comma nonché, secondo la dogana, all origine, mentre non è applicabile in tutti gli altri casi, con particolare riferimento ai casi di revoca del trattamento preferenziale. La circolare trae infatti lo spunto da alcuni casi di importazione di merci da Paesi PTOM, in cui la dogana aveva revocato il trattamento preferenziale (a dazio zero) in seguito alla invalidazione dei certificati EXP, che attestano l avvenuta immissione in libera pratica della merce in quei Paesi, svolgendo pertanto una funzione analoga ai certificati FORM/A ed EUR/1, i quali attestano l origine preferenziale. Con la circolare n. 2376/IV del 24/11/2005 l Agenzia delle Dogane ripete, riportandolo parzialmente, il testo della circolare 1128/VIII, ritenendone condivisibile il ricorso all interpretazione estensiva sulla base del complesso delle prescrizioni contenute nel TULD, ribadendo che l elemento dell origine, anche se non indicato espressamente nella norma sanzionatoria, deve essere considerato come rientrante nel campo di applicazione della stessa. 3. Il punto di vista della Giurisprudenza Abbiamo già visto che la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n del 20/03/1999 ha stabilito in maniera definitiva che la fattispecie contemplata dall art. 303 è sostanzialmente unica: il suo contenuto è delineato chiaramente nel primo comma e il terzo comma ne configura solo una circostanza aggravante. 4

5 Anche l altra tesi sostenuta dall Amministrazione Doganale sulla base della vecchia circolare n. 1128/VIII del 1994, che con non chiara motivazione fa rientrare le differenze per l origine nella fattispecie sanzionabile prevista dal primo comma, è ormai univocamente respinta dalla giurisprudenza. Così la Commissione Tributaria Provinciale di Trieste, la quale, con sentenza n. 93/07/04 depositata il 14/12/2004, nell accogliere il ricorso del contribuente annullando l atto di irrogazione, ha concluso che l art. 303 del T.U. doganale contempla le differenze tra accertato e dichiarato che concernono la qualità, la quantità e il valore delle merci e non anche l origine di esse. Più interessante e circostanziata nella motivazione è la sentenza del Tribunale di Milano n. 6233/04, depositata il 17/05/2004, che dà conto del perché il legislatore ha escluso la differenza per l origine dai fatti sanzionabili. Infatti precisa: il concetto stesso di origine identifica la provenienza da un determinato Paese della merce e non attiene alla sostanza dei beni oggetto di importazione, che non risulta per tale ragione suscettibile di essere modificata Da quanto dedotto ne consegue che sotto il profilo sanzionatorio le differenze accertate in tema di origine delle merci, non richiamate espressamente dal citato articolo 303, non giustificano l irrogazione di pene pecuniarie E ancora: differenze relative a elementi sostanziali delle merci (qualità, quantità e valore) non possono sfuggire all importatore, mentre l effettiva provenienza delle merci da uno Stato, formalmente attestata dall esportatore, non può essere percepita dal soggetto importatore. Si cita infine la recente sentenza di appello (secondo grado di giudizio) della Commissione Tributaria Regionale di Milano n. 46/11/09 dell 11/05/09 (facente parte di una serie di più sentenze analoghe), della quale è stato pubblicato il contenuto con un commento nel quotidiano Il Sole 24 Ore del 22/06/09. La sentenza ribadisce che non è sanzionabile ai sensi dell art. 303 del TULD l importatore che abbia dichiarato un origine preferenziale con certificati FORM/A risultati non validi: il riferimento nel corpo della norma ai soli elementi della qualità, della quantità e del valore del bene, con esclusione dell origine, è il frutto di una consapevole scelta del legislatore e non di una mera dimenticanza. La sentenza riporta una evidente contestazione delle argomentazioni della dogana esposte nella circolare 1128/VIII del 1998, riprese poi nella circolare 2376/IV del 2005, evidenziando come sotto l egida dell art. 57 del TULD (soppresso e sostituito dall art. 8 del D. Lgs 374/90) l origine fosse uno dei quattro elementi dell accertamento doganale, talché la sua esclusione dall art. 303 è stata valutata e decisa dal legislatore e non costituisce una mera dimenticanza. 5

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