La salute nel DLgs n. 81/2008: profili giuridici e implicazioni di cambiamento organizzativo

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1 ..... In primo piano... Tutela della salute e sicurezza sul lavoro La salute nel DLgs n. 81/2008: profili giuridici e implicazioni di cambiamento organizzativo di Aldo Monea Avvocato - Professore universitario a contratto... La recente normativa sulla sicurezza sul lavoro (DLlgs n. 81/2004) contiene un idea di salute «meritevole», specie nelle p.a., di un significativo cambiamento organizzativo che riguarda non solo la specifica struttura organizzativa per la sicurezza, ma l organizzazione dell ente locale nel suo complesso Profili giuridici La formula giuridica Il DLgs 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell articolo 1 della legge 3 agosto 200, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) (1) presenta, tra le sue novità, una specifica definizione di «salute»(art. 2, c. 1, lett. o). Essa è d ora in poi da intendere come uno «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un assenza di malattia o d infermità». I profili di «innovazione» insiti in tale formula sono numerosi e di grande interesse, non solo sul piano giuridico. Un primo fondamentale aspetto di novità, rilevante, specificatamente, sul piano della sicurezza sul lavoro, è che, per la prima volta, viene individuato, in modo esplicito, il bene giuridico da proteggere attraverso quanto previsto nello stesso Decreto n. 81: «l oggetto» da proteggere con la disciplina citata è rappresentato, d ora in poi e fino a nuove modifiche normative, proprio da quanto espresso nell art. 2, c. 1, lett. o). Una seconda novità concerne la pluralità dei contenuti espressi nella nozione stessa. La formula, infatti, include vari elementi rilevanti giuridicamente: la salute, presa in considerazione nella recente formula, è, infatti, uno «stato», vale a dire una situazione personale sul lavoro che deve permanere; tale stato, come chiarisce la definizione in esame, non consiste «solo in un assenza di malattia o d infermità». Viene così «superata» la nozione, molto radicata nell interpretazione giuridica precedente, di una salute intesa, «in senso minimalista», come semplice mancanza di malattia o di infortunio. Il mantenimento anche di tale condizione è, evidentemente, pur sempre rilevante, ma non sufficiente a rendere il datore di lavoro esente da eventuali responsabilità; la stato di salute considerato è, altresì, quello del «completo benessere». Il «grado» della salute, che il legislatore chiede che sia perseguito, è, quindi, qualitativamente elevato, in quanto corrispondente all appagamento e alla soddisfazione piena del lavoratore (2), stati, pur sempre, considerati relativamente alla sola vita lavorativa; tale benessere deve essere tenuto presente nel profilo fisico. Il lato fisico della salute continua a Articolazione di contenuti della nozione di «salute» (art. 2, c. 1, lett. o) stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un assenza di malattia o d infermità Note: (1) GU n. 101 del 30 aprile 2008, s.o. n. 108/L. (2) Il termine «lavoratore» è utilizzato per comodità di esposizione nell articolo, essendo, in realtà da intendere come riferito a dipendenti o equiparati di sesso maschile o femminile. 7/

2 In primo piano..... rappresentare una dimensione essenziale (quanto, peraltro, ancora spesso «negata» nelle prassi lavorative) da proteggere. Esso, tuttavia, è da perseguire, secondo la nuova nozione, ad un livello elevato, rappresentato, come detto, da pieno appagamento. È evidente qui il «rimando» implicito del Diritto, ad esempio, all ergonomia nel senso più moderno del termine; lo stato di salute deve essere tale, anche, dal punto di vista mentale. Il profilo psichico era già richiesto dal legislatore nell articolo 2087 codice civile: la novità è che esso, come discende implicitamente da quanto detto, va ora realizzato, non solo in termini di assenza di patologie psichiatriche, ma, in positivo, come situazione psichica pienamente soddisfacente (benessere, appunto); la situazione personale di soddisfacimento da perseguire riguarda anche il profilo sociale. Tale lato è, certamente, il più «impervio», anche, dal punto di vista giuridico, perché introduce, in primo piano, nella cura da realizzare nell ambito lavorativo, il rapporto del lavoratore con gli altri individui e nei gruppi. Un profilo, evidentemente, più complesso da oggettivizzare, più mutevole e, quindi, più difficile da mantenere nel tempo e più da verificare. Nel complesso, la definizione di cui all art. 2, c. 1, lett. o), pur non essendo da considerare del tutto innovativa (3), impone ai soggetti destinatari un ampliamento della nozione di salute, comprensiva non solo dei profili medici tradizionali della salute, ma anche di profili di qualità della vita lavorativa che determinano, da un lato, un innalzamento del grado di tutela da mettere in atto e che, dall altro lato, comportano, anche negli enti locali, un azione organizzativa ben più complessa. Il «dover essere»: perseguire il benessere lavorativo Per evitare fraintendimenti, sul piano giuridico, è bene ora chiarire alcuni profili inerenti all ambito di operatività della nuova nozione. Per quanto riguarda l ambito soggettivo da evidenziare è che la condizione di appagamento da perseguire è relativa all individuo: l uomo o la donna che lavorano nell ente locale sono i destinatari della protezione. Non è, invece, la salute della collettività dei lavoratori in genere quella che il DLgs n. 81/20008 richiede. Essa potrà, semmai, essere considerata un effetto positivo ed indiretto della cura del benessere di ogni individuo che lavora. L ambito oggettivo, invece, è rappresentato dall ambito lavorativo: la ricerca del suo benessere deve riguardare solo tale contesto di vita della persona del lavoratore, Ogni invadenza, da parte del datore pubblico, in termini di indagine e di elaborazione di informazioni concernenti la parte privata della vita del lavoratore è da considerare un illecito, in rapporto sia alla normativa lavoristica sia a quella sul trattamento dei dati personali. Vi è, poi, un ulteriore «risvolto», da tenere presente, inerente al contesto oggettivo del «dover essere» nascente dalla formula dell art. 2, c. 1, lett. o). Per soddisfare in pieno i precetti del DLgs n. 81/2008 non basta che la soddisfazione individuale si persegua e si raggiunga «a macchia di leopardo» in certe unità organizzative (solo in determinati singoli uffici o reparti di lavoro, magari, per la «buona volontà» del singolo responsabile), ma è necessario che essa si persegua in ogni unità organizzativa dell ente locale. È peraltro, conseguenza di tale profilo di «dover essere» che il mirare al benessere individuale deve diventare (come si chiarirà meglio successivamente in questo articolo) «pratica organizzativa» comune e diffusa. L effetto ultimo di questo «dovere essere» è che un amministrazione pubblica deve, certo, realizzare la propria mission istituzionale e deve perseguire le proprie finalità, ma nello sviluppare le proprie attività (la core activity) deve, al contempo, prestare adeguata «cura» rispetto alla salute di tutte le persone che collaborano (come dipendenti e non) alla realizzazione dei macro-fini istituzionali. Profili critici La definizione giuridica induce, però, anche ad alcune ulteriori riflessioni. Il diritto, nelle sue formulazioni più riuscite, «impegna» la società al perseguimento di nuove «soglie di civiltà». A tale obiettivo non si sottrae, attraverso il DLgs n. 81/2008, il legislatore delegato, che, ponendo la suggestiva ed ambiziosa nozione contenuta nell art. 2, c. 1, lett. o), chiede a molteplici soggetti (a cominciare dal Nota: (3) Vari testi (in ambiti disciplinari di cui il diritto non poteva tenere conto), ancor prima della posizione esplicita di cui all art. 2, c. 1. lett. o), contenevano formule identiche o parzialmente simili a quelle ore presenti nel Decreto n. 81/ La principale è la definizione, perfettamente identica a quella qui in esame, espressa dall Organizzazione mondiale della sanità (WHO) («a state of complete psysichal, mental and social well-being»). Questi ed altri riferimenti anche giurisprudenziali qui non riferiti, avevano spinto l autore di questa nota ad affermare, già negli anni passati, la rilevanza giuridica di una nozione di salute basata su «tre dimensioni» (da ultimo, «Profili giuridici della tutela del benessere sul lavoro», in Terzo Settore, Il Sole 24 Ore, n. 4/2006 e ancora prima, nel 2001, nell ambito del proprio documento finale di Dottorato di ricerca) /2008

3 ..... In primo piano datore di lavoro per la sicurezza) un complesso «dover essere». Ciò evidentemente rappresenta un lato importante e fecondo dell innovazione qui in esame. La formula presenta, però, anche parecchi lati critici, che potranno determinare immediate e inevitabili conseguenze sul piano dell applicazione organizzative ed operativa della nozione stessa: il riconoscimento giuridico della salute come benessere e, per di più, a «più dimensioni (tra cui quella sociale) prende in considerazione, come detto, «uno stato di salute» di livello e natura elevatissimi. Ne è logica ed impegnativa conseguenza che se, in qualsiasi momento, la persona del lavoratore dovesse trovarsi in una condizione inferiore a tale livello, essa, di conseguenza si troverebbe in una situazione di malessere rilevante per il diritto. L avere posto un livello elevatissimo di stato da preservare renderà, prevedibilmente, molto più frequenti le insufficienze nelle condotte dei soggetti obbligati in materia (naturalmente, dando per acquisito, con molta benevolenza, che esse saranno, accuratamente e capillarmente, analizzate e verificate); la nuova formula pone, peraltro, nuove questioni di non semplice soluzione, almeno a breve, (che coinvolgeranno, direttamente o indirettamente, il datore di lavoro, ma anche i soggetti della vigilanza pubblica e l autorità giudiziaria) a cui occorrerà dare risposte adeguate. Alcuni esempi sono: come valutare tecnicamente, in modo idoneo, se il lavoratore versa o meno in una condizione di benessere? in particolare, come valutare, adeguatamente, il malessere sociale (e, implicitamente, come verificare il livello di qualità della vita sociale lavorativa dell individuo)? come valutare l incidenza di interferenze derivanti dalla vita privata del lavoratore? D altra parte, la formula di legge crea non poche difficoltà (taluni con un qualche connotato di paradossalità), in questo caso specie al datore di lavoro ed alla sua organizzazione, anche su altri aspetti, quali ad esempio: qual è, in concreto, lo stato di salute del lavoratore? chi può dare all interno dell ente, compiutamente ed organicamente, una risposta al precedente quesito, considerando che esso implica una visione interdisciplinare dello stato dei singoli lavoratori? come fare a dimostrare oggettivamente (o, comunque, utilmente a fini giudici) che la singola persona versa in una condizione di benessere, se la stessa afferma il contrario? (sul piano gestionale) come fare a mantenere, senza soluzioni di continuità, la condizione di benessere di ogni lavoratore, senza trasformare un comune o una provincia in un luogo puramente «ludico», in cui la soddisfazione del singolo debba prevalere, sempre e comunque, su ogni obiettivo istituzionale? (sul piano gestionale, ma anche su quello giuridico) come coinvolgere, nella promozione del benessere degli altri dipendenti, una serie di soggetti non dipendenti (ad esempio, gli equiparati o i collaboratori non dipendenti) senza essere nei loro confronti datori di lavoro in senso lavoristico e, di conseguenza, in mancanza di quei poteri giuridici (ad esempio, quello disciplinare) tipici del rapporto di lavoro dipendente? Conseguenze sull organizzazione per la sicurezza La struttura «ad hoc» Un esame delle implicazioni di natura organizzativa e gestionale derivanti dalla nuova nozione espressa nel decreto n. 81/2008 non può non iniziare che considerando l impatto sulla specifica organizzazione per la sicurezza sul lavoro prevista nel Titolo I del testo stesso. Tale parte del documento, com è noto, delinea (peraltro, assumendo quanto previsto dal diritto europeo tra cui la storica direttiva n. 89/ 389/CEE) un organico quadro di soggetti, aventi una missione relativa, proprio, alla tutela della salute sul lavoro. Tale quadro si compone, in via principale, delle seguenti figure: datore di lavoro per la sicurezza (art. 2, c. 1, lett. b); dirigente per la sicurezza (art. 2 c. 1 lett. d, art. 18); preposto per la sicurezza (art. 2 c. 1 lett. e, art. 19); servizi di supporto, quali il servizio di prevenzione e protezione (responsabile ed eventuali addetti) (artt. 2 c. 1 lett. l e 31-34) e il medico competente (art. 25); addetti alle varie emergenze (antincendio; primo soccorso; ecc.); lo stesso lavoratore (artt. 2 c. 1 lett. a e 20). Tale organizzazione, specie per quanto riguarda dirigenti e preposti, può essere variamente «progettata» da parte del datore di lavoro, che può utilizzare a tale scopo lo strumento giuridico - organizzativo della delega (i cui requisiti sono delineati all art. 16) in modo da conformare, adeguatamente, la struttura organizzativa per la sicurezza necessaria per il singolo ente. Pur senza far parte della linea gerarchica della sicurezza che nasce dal datore vi è, poi il contributo di 7/

4 In primo piano..... stimolo e di «controllo» affidato dalla legge al rappresentante per la sicurezza. Devono, poi, collaborare, in modo del tutto specifico, alla struttura per la sicurezza una serie di ulteriori ruoli, quali il progettista dei luoghi di lavoro e dei posti di lavoro (art. 22), il fornitore (art. 23) e gli installatori (art. 24). Se seri studi organizzativi (4) hanno evidenziato che l ambiente di lavoro e l organizzazione lavorativa determinano problemi all individuo, producendo, automaticamente, come una sorta di sottoprodotto della realtà organizzata (la «costrittività organizzativa»), che provoca, di conseguenza, nell individuo un certo grado di malessere, l organizzazione per la sicurezza, composta dai soggetti in precedenza citati, rappresenta un primo fondamentale «baluardo» organizzativo per prevenire il malessere sul lavoro e perseguire il benessere lavorativo a «tre dimensioni» (tav. 1). Benessere e ruolo del datore Proprio in conseguenza della definizione di salute in termini di benessere a più dimensioni, è chiaro che, considerando molte delle prassi in atto, la maggior parte dei datori di lavoro pubblici deve modificare le proprie condotte in materia. Conseguentemente a quanto detto in precedenza (solo apparente innovatività della nuova formula di legge sulla salute), tale attenzione era, in parte, da realizzare già in passato ed il cambiamento organizzativo da realizzare, in larga misura, è dovuto, quindi, a manchevolezze, passate e presenti. Prescindendo da tale circostanza, una possibile «check- list» per l adeguamento da parte dei datori di lavoro pubblici non può non appuntarsi, almeno, sui seguenti aspetti: a) accrescimento delle proprie conoscenze in materia. Il datore deve, in primo luogo, adeguare la propria competenza in materia, accrescendo le proprie conoscenze in materia alla luce del nuovo «bene giudico da proteggere»; b) adeguamento dell «orientamento organizzativo». Un secondo profilo di cambiamento organizzativo, sempre per quanto concerne l azione organizzativa del datore di lavoro per la sicurezza deve riguardare una sorta di ri-orientamento (ed in parte anche una ri-modulazione) della specifica organizzazione dell ente per la sicurezza sul lavoro. Il datore di lavoro pubblico, senza pretesa di esaurire qui le implicazioni, nello svolgimento della propria attività dovrà, ad esempio, procedere a: 1) individuare adeguatamente, rispetto al bene da proteggere, i titolari dei ruoli in materia di sicurezza. Il vertice gestionale della sicurezza deve individuare i ruoli gestionali (dirigenti e preposti) in grado di gestire adeguatamente le tematiche del benessere del lavoratore, in primo luogo, essendo sicuro che essi siano consapevoli dei varie tipologie di rischio che la salute può correre in ambito lavorativo; 2) designare staff effettivamente competenti in materia. Lo stesso soggetto deve prestare particolare attenzione nel designare un responsabile (e degli addetti) del servizio di prevenzione e protezione che sia capace di supportarlo tecnicamente proprio in merito alle più attuali tematiche della salute, recentemente valorizzate dal legislatore delegato. Come stabilisce l art. 31 c. 2, il datore deve attentamente scegliere il responsabile proprio in relazione alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Si tratta di un profilo su cui molte amministrazioni pubbliche risultano «deboli» per effetto della scelta di soggetti aventi competenza esclusivamente ingegneristica. Diviene, altresì, sempre essenziale nominare un medico competente in grado di non sottovalutare Nota: (4) B. Maggi, Razionalità e benessere, Rcs Libri Spa, Milano, ed Tavola 1 Un primo livello di soggetti interessati dal cambiamento derivante dalla nozione di salute 364 7/2008

5 ..... In primo piano le eventuali problematiche psichiche del lavoratore (5); 3) dare informazione agli staff, ma effettivamente su tutti i rischi. Il datore pubblico deve assicurare (art. 18. c. 2), sia al Spp sia al medico competente, un informazione «di base» relativa alla natura dei rischi (non solo incidenti sul benessere fisico, ma anche su quello psichico e sociale) esistenti nell ente, ritenuta dal diritto essenziale presupposto logico per lo svolgimento dei compiti da parte degli stessi staff. 4) rivedere il documento di valutazione dei rischi. La redazione del documento, divenuto nel nuovo testo legislativo un obbligo maggiormente gravato di sanzioni, dovrà prendere in adeguata considerazione i criteri per valutare i rischi psico-sociali, individuando le misure di prevenzione e protezione da mettere in campo per tutelare (oltre al benessere fisico) anche il benessere psichico e sociale; 5) informare adeguatamente anche il lavoratore. Il datore dovrà procedere ad informare sui rischi di natura psichica e sociale connessi all attività dell ente, sulle misure adottate (evidentemente anche in relazione ai rischi psichici e sociali). Egli dovrà formare i lavoratori anche su rischi - danni - misure-procedure di prevenzione, anche in relazione ai profili di natura psichica e sociale della salute. Data l accresciuta pervasività o concetto di salute, appare, inoltre, opportuno anche se non strettamente necessario, sul piano giuridico, coinvolgere nel processo di analisi/valutazione dei rischi, e, in specie, nell individuazione degli effettivi rischi lavorativi, anche gli stessi lavoratori. Un adeguata «valorizzazione» dei rischi psico-sociali L avvenuta posizione, nel testo legislativo del decreto n. 81/2008, di una definizione di salute «a tre dimensioni» determina importantissimi effetti anche sul piano dei rischi. Come è noto i rischi per la salute vanno, anche in base al nuovo testo (che reitera il precedente impianto normativo di cui al decreto n. 626 del 1994), individuati nella specifica realtà lavorativa, a cura del datore e del suo Spp. Il DLgs n. 81/2008, come anche il precedente testo normativo (riformulato in tale senso in conseguenza di una «reprimenda» della Corte di Giustizia europea), esige (art. 28) una valutazione di «tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari». Il richiamo al benessere fisico, la riaffermazione esplicita in esso della salute mentale e la posizione ex novo del profilo del benessere sociale non possono, tuttavia, non richiedere una maggiore e innovativa attenzione in sede di mappatura dei rischi presenti nel lavoro nel singolo comune o nella specifica provincia. All attenzione verso i rischi tradizionalmente analizzati e valutati (fisici, biologici, chimici) non può, infatti, non affiancarsi anche un analisi e valutazione di altri rischi emergenti nelle moderne situazioni di lavoro. Non si tratta, peraltro, anche in questo caso di una novità per gli «addetti ai lavori» attenti a queste tematiche. Ad esempio, l Ilo (International Labour Office) nel 1986 e l Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, nel 2002, affermavano la necessità della «prevenzione dei rischi psicosociali». In Italia, l Ispesl (6), nelle Linee guida, ha dato da tempo importanti indicazioni circa i «rischi organizzativi». Non si tratta, inoltre, di contenuti estranei (specie nell attenzione sull importanza causale dello stress su patologie in ambito lavorativo) (7) all interpretazione giurisprudenziale. La recente nozione di salute valorizza, implicitamente, tali contributi e, soprattutto, deve «motivare» i datori di lavoro pubblici e i Spp ad analizzare, con sempre maggiore cura, gli «altri» rischi (quali quelli psico - sociali definiti da Cox e Griffith, come «aspetti relativi alla progettazione, alla organizzazione e gestione del lavoro, nonché nei rispettivi contesti ambientali sociali, che dispongono del potenziale per dar luogo a danni di tipo fisico, sociale, psicologico»). Tali rischi alla salute (tav. 2): si sviluppano nel rapporto tra l individuo e l organizzazione e possono nascere nell ambito delle relazioni lavorative dell ente locale, ad esempio, nel rapporto tra lavoratore ed utente-cittadino, tra lavoratore e colleghi, tra lavoratore e superiori; derivano, oggettivamente, dal sistema dei ruoli, dalla struttura organizzativa, dalle procedure organizzative, dai sistemi di direzione in genere e persino dal luoghi di lavoro (e dal loro stato, talvolta, degradato). Come già accennato in precedenza è il datore di lavoro (art. 18, c. 2) a dover innescare il processo «virtuoso» di protezione integrale del lavoratore Note: (5) Ciò anche per evitare i problemi nascenti da una sottovalutazione delle problematiche psichiche già evidenziata in A. Monea, «Problemi psichiatrici del dipendente e ruolo del medico competente», Azienditalia il Personale, n. 3/07, pag (6) (7) Per un caso di valorizzazione dello stress lavorativo ai fini dell insorgere di patologie si consideri, ad esempio, Cass. sez. lav., 5 novembre 1999, n e Cass. n. 5539/ /

6 In primo piano..... (tav. 3), fornendo al Spp e al medico competente le informazioni in merito alla natura dei rischi e all attuazione misure preventive correttive. Una «pre-analisi» e una «pre-valutazione» di tali tipologie di rischi va, quindi, realizzata, innanzitutto, dal datore di lavoro pubblico, che poi deve sapere utilizzare, adeguatamente, il contributo del Spp chiamato a svolgere, tenendo presente la formula di legge sulla salute, il lavoro tecnico e specialistico sui fronti: dell individuazione dei fattori di rischio e della valutazione dei rischi e dell individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro; dell elaborazione delle misure preventive e correttive e dei sistemi di controllo di tali misure; della proposta di programmi di informazione e formazione dei lavoratori. È da ricordare che proprio il DLgs n. 81/2008 ha rafforzato, in generale, l importanza di tale fase della gestione della sicurezza imponendo pesanti sanzioni in relazione proprio alla mancata valutazione di tutti i rischi presenti nello specifico ambito lavorativo. Tavola 2 Risk-analisys: esempi di macro-profili di rischio tipici dell ente locale Tavola 3 Salute: il flusso «virtuoso» di azioni specifiche 366 7/2008

7 ..... In primo piano Il rilevamento di tali rischi e il loro continuo monitoraggio, peraltro, richiede, implicitamente, una continua valorizzazione della strumentazione tecnica più adeguata allo scopo e, quindi, un certo grado di aggiornamento su tale profilo. Il contributo degli altri soggetti Il ri-orientamento alla luce dell «idea» legislativa di salute deve, come detto, riguardare tutta la struttura specifica per la sicurezza: ogni ruolo della struttura specifica per la sicurezza, in quanto attivato dal datore di lavoro, dovrà tenere conto in misura maggiore o minore della «novità» legislativa. Per fare qualche esempio, i dirigenti ed i preposti per la sicurezza dovranno, quindi, interpretare i ruoli loro affidati dal datore senza trascurare l impatto che sui compiti da svolgere ha l idea estesa di salute di cui all art. 2, c. 1, lett. o). Sul ruolo del servizio di prevenzione e protezione sì è detto, sia pure in modo sparso, in precedenza, così come anche di quello del medico competente. Una particolare menzione, nel senso qui in esame, merita il lavoratore. Egli, inteso come collega di altri lavoratori, dovrà (sulla base dell informazione e della formazione ricevute dal datore): prendersi cura anche della sicurezza degli altri colleghi (art. 20, comma 1) e, in particolare, tenere presente (più che in passato) le conseguenze che le sue azioni o omissioni possono avere (oltre che sulla salute fisica) anche sulla salute psichica e relazionale degli altri lavoratori; comunicare tempestivamente (sulla base dell input normativo di cui all art. 20, comma 2, lett. e) le condizioni di pericolo rispetto alla salute fisica, ma anche a quella psichica e sociale. Superare il «dualismo organizzativo» Arrivati a questo punto, vi è da aggiungere un altro importante profilo nel ragionamento «di fondo» svolto in questo articolo, secondo cui quanto previsto all art. 2, c. 1, lett. o) richiede un significativo cambiamento organizzativo. Come chiarito ampiamente, l esigenza di un riorientamento organizzativo riguarda, in primo luogo, la struttura specifica per la sicurezza e nella parte precedente dell esposizione si sono presi in considerazione, senza volerli esaurire, taluni significativi aspetti di mutamento che devono riguardare componenti importanti di quella parte dell organizzazione dell ente locale. È, peraltro, evidente che quei cambiamenti prefigurati non appaiono sufficienti a determinare, compiutamente, la «svolta» implicitamente derivante (anche al di là della «consapevolezza» dello stesso legislatore delegato) attraverso la posizione dell idea di salute come benessere del lavoratore. Tale «obiettivo di fondo», a ben vedere, potrà essere efficacemente e compiutamente perseguito non solo attraverso una mobilitazione della struttura specifica per la sicurezza, ma bensì coinvolgendo l intera organizzazione dell ente locale (tav. 4) La sicurezza sul lavoro si è retta, infatti, a lungo sulla prevalente interpretazione riduttiva, di origine giuridica, secondo cui adempiere agli obblighi nascenti da legge fosse compito pressoché esclusivo della particolare struttura organizzativa sulla sicurezza (8). Tale logica non era e non appare (ancora di più d ora in poi) adeguata, perché, come detto, la nozione di salute, esplicitamente, si estende, da punto di vista concettuale, e richiede un attenzione organizzativa quanto più possibile«plurima». La sua «cura» deve, perciò, uscire dai ristretti ambiti organizzativi in cui è stata tradizionalmente confinata, da decenni e decenni, in quanto per il perseguimento, effettivo ed integrale, di tale «salute sul lavoro», non sono sufficienti solo l impegno e la competenza di datori di lavoro per la sicurezza, di dirigenti per la sicurezza, di ingegneri del Spp e di medici competenti, ma è necessario un impegno organizzativo più esteso e variegato che sappia anche agire, in specie e compiutamente, sul «mondo delle relazioni lavorative». Il benessere fisico, mentale e sociale dei singoli lavoratori può essere, infatti, realmente perseguito solo qualora tutto il sistema organizzativo dell ente locale, comprensivo ad esempio, della funzione specializzata sulla persona, dei dirigenti e degli apicali in genere, dei capi-ufficio e della generalità dei lavoratori che fanno parte della singola organizzazione lavorativa, sia mobilitato, nel mentre realizza i propri compiti istituzionali, a preservare, allo stesso tempo, il benessere, in ambito lavorativo, di tutti coloro che collaborano nell ente (tav. 4). Dalla consapevolezza di tale ampliamento dell «azione organizzativa» e dei soggetti partecipanti derivano una serie di conseguenze di cambiamento direzionale, tecnico ed operativo di cui si tratterà in un prossimo articolo su questa stessa Rivista. Nota: (8) In tale interpretazione solo la figura del lavoratore era da considerare elemento di collegamento tra l organizzazione specifica per la sicurezza e l organizzazione più generale dell ente locale. 7/

8 In primo piano..... Tavola 4 Il «volto» moderno della sicurezza derivante dalla nozione di salute espressa nell art. 2, c. 1, lett. o): l intera organizzazione dell ente orientata alle tre «dimensioni» della salute 368 7/2008

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