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2 3UHPHVVD La redazione si scusa di immettere nel Web l importante lavoro del Prof. Giuditta in più parti. Per motivi esclusivamente tecnici che non ci consentono di immettere nel sito testi superiori ai kb. è stato infatti necessario suddividere l opera. La SULPD SDUWH riguarda O LQWURGX]LRQH OH IRQWL L FLPLWHUL HEUDLFL JOL VWHPPL HVLVWHQWL QHOO DQWLFR&LPLWHUR(EUDLFRGL9HQH]LDSHULFRJQRPLGDOODOHWWHUD$DOOD, la VHFRQGD SDUWH JOL VWHPPL GHOO DQWLFR &LPLWHUR (EUDLFR GL 9HQH]LD SHU L FRJQRPL GDOOD OHWWHUD/DOOD= la WHU]DSDUWH JOLVWHPPLGHOO DQWLFR&LPLWHUR(EUDLFRGL3DGRYD; la TXDUWDSDUWH JOL(EUHLLQ5RPDHQHO/D]LR; la TXLQWDSDUWH JOLVWHPPLGLIDPLJOLH(EUDLFKHGHVFULWWLGDDXWRULYDULXQDELEOLRJUDILDHGLO JORVVDULR /D5HGD]LRQH 2

3 ,1752'8=,21( In origine l araldica si presenta come un sistema di segni interamente costruito sull'identità della parentela, esiste un legame stretto tra lo stemma ed il nome di famiglia. Giuridicamente l'arma è l'equivalente del nome e poiché il diritto al nome è riconosciuto a tutti ne deriva che tale diritto è estensibile anche allo stemma. Cosi come afferma Bartolo di Sassoferrato nel suo Tractatus de Insignis et Armis (1). All inizio l'arma venne utilizzata dai principi e dai grandi feudatari per un impiego esclusivamente militare : distinguersi in battaglia. Successivamente il suo uso però fu esteso alla gran massa dei cavalieri che nobili non erano. Questi ultimi si fusero poi con la classe nobiliare ma contemporaneamente l'uso del segno araldico si estese ai non nobili,ai non combattenti, alle donne, ai prelati (1200), ai borghesi (1220) alle corporazioni di mestiere (1240), agli artigiani (1230), alle Comunità religiose (fine del XIII sec, e all'inizio del XIV sec). In conclusione tutte le classi sociali ne vennero investite,tanto vero che nei musei di tutta Europa sono conservati sigilli armoriati di famiglie borghesi, artigiane ed anche contadine i cui stemmi non si distinguono gran che da quelli appartenenti a famiglie nobili; in più mentre l'araldica militare e cavalleresca all'inizio del sec. XIV venne regolamentata e definitivamente fissata dagli Araldi e dalle Cancellerie di Corte,quella borghese e popolare continuò ad evolversi liberamente assumendo perciò un carattere più vivace e più aderente all evolversi della società nel corso dei secoli. Anche le Comunità Ebraiche verso la fine del XIII sec. finirono con l'adottare tale simbologia cristiana se pur spesso caricandola di richiami alla loro religione. L uso dei sigilli era già diffuso tra i membri della borghesia mercantile ebraica come segni di riconoscimento negli scambi commerciali nelle lettere di credito, e nelle ricevute di pagamento, cosi come avveniva per i mercanti cristiani con i cosiddetti marchi di casa o tessere mercantili. Ma quali sono le caratteristiche dell'araldica ebraica? Anzitutto va chiarito che gli elementi simbolici non sono identici per tutte le Comunità d'europa essi possono variare a seconda che trattasi delle Comunità spagnole, portoghesi, tedesche,francesi o italiane. Per quanto riguarda il nostro paese è indispensabile accennare prima a come si configura la presenza ebraica in Italia nei vari periodi storici a partire dall'epoca romana, quando gli insediamenti ebraici, già numerosi nel periodo repubblicano, diventano molto consistenti a partire dal I sec. dopo Cristo, soprattutto in Roma, capitale che esercitava una irresistibile attrazione su tutte le popolazioni del vasto Impero. Ma anche a Pompei a Ostia, allora centro portuale molto importante, a Napoli, Pozzuoli, Salerno, in Puglia, in Sicilia, numerosi erano i nuclei ebraici. Il ciclone devastante delle invasioni barbariche disperse come foglie al vento queste fiorenti Comunità fino al punto che intorno al VII sec. la presenza ebraica si ridusse a sparuti nuclei. La divisione del paese tra Longobardi a nord e Bizantini a sud, fece si che solo da Roma in giù i raggruppamenti ebraici avessero la possibilità di riprendersi a sviluppare, mentre che a nord scompaiono quasi del tutto (2). A partire dal XII sec, ha inizio un lento ma costante aumento di nuclei ebraici anche a nord. Ebrei ne troviamo ad Asti, Alessandria, Torino, Milano, Cremona, Pavia e Mantova, famiglie per lo più dedite al prestito su pegno. Le correnti migratorie provenivano dalla regione centro europea per quanto riguarda il Nord-Est seguite poi da una forte immigrazione di elementi provenienti dal %DUWRORGL6DVVRIHUUDWR³7UDFWDWXVGH,QVLJQLVHW$UPLV 9HQH]LD $0LODQR³6WRULDGHJOL(EUHLLQ,WDOLD ±(LQDXGLSJJ 3

4 Centro Italia (Roma e Lazio); nel Piemonte si registrò invece una discreta immigrazione di famiglie ebraiche che sfuggivano alle persecuzioni dalla Francia del nord. Nel XV secolo infine si dirigono a Nord molti ebrei romani autorizzati dallo Stato Pontificio ad aprire banchi di prestito. Di solito era un nucleo familiare che si stabiliva in città per impiantare un banco di prestito, a questo si aggiungeva un certo numero di subordinati che aiutavano a gestire il banco. Successivamente arrivavano altre famiglie quasi sempre imparentate con la prima, che si associavano nella gestione degli affari, si formava cosi una Comunità, si creava un luogo di preghiera e di riunione: la Sinagoga o Scuola, si impiantava un cimitero. Però non tutti i componenti della Comunità potevano dedicarsi alla attività del banco, ecco quindi che accanto ai banchieri, i medici, i commercianti, gli artigiani, i rabbini, gli studiosi, venivano a costituire il necessario corollario di questa nuova realtà sociale che si era venuta a formare. Si può dire quindi che la famiglia ebraica costituisce il nucleo fondante di ogni Comunità ebraica in Italia, favorendo cosi l istituirsi di stretti legami parentali che si mantenevano saldi tra gli ebrei delle diverse Comunità a prescindere dai confini politici dei diversi stati italiani, legami che formavano una complessa ed intricata rete di interessi e di rapporti fondata sui vincoli di consanguineità (3). A Bologna la prima presenza ebraica documentata risale al 1353 quando Gaio Finzi, strazzarolo, giudeo proveniente da Roma è annoverato tra gli abitanti del quartiere di Porta Procula. Intorno al 1387 a Bologna erano presenti 35 nuclei familiari ebraici esercitanti per lo più attività feneratizia. Nel 1393 Beniamino da Orvieto, titolare di un banco di pegno, compera per 200 lire bolognesi un terreno agricolo per crearvi un cimitero che, con il tempo, divenne forse il più bel cimitero ebraico d Italia arricchito com era di splendide tombe rinascimentali. Purtroppo con l ascesa al trono pontificio di Paolo IV, ebbero inizio le persecuzioni antiebraiche che culminarono sotto il papato di Pio V quando venne ordinata la chiusura e la distruzione del cimitero. L emarginazione porterà alla scomparsa pressoché totale di quella fiorente Comunità. Del cimitero si sono salvate solamente poche lapidi oggi conservate presso il Museo Civico-Medievale della città, due delle quali armoriate. Destino relativamente migliore ebbe la Comunità di Ferrara ove l istituzione del ghetto avvenne molto più tardi nel 1624 allorché la città passò sotto il diretto governo della chiesa. A Lugo il ghetto venne istituito solo nel 1634 poiché la Comunità riuscì ad ottenere la protezione di influenti Cardinali di Roma. A Mantova la presenza di giudei rimontava al XIII sec. ma solo nel XV sec. assume consistenza con il flusso di ebrei provenienti sia dalla Germania (Askenaziti) che di ebrei emigrati dal sud e dal centro Italia. Nel 1500 ammontavano a 2000 anime e pur non essendo stati ancora ghettizzati grazie alla tolleranza e agli ottimi rapporti che i Gonzaga avevano con la Comunità, essi preferirono concentrarsi in un vecchio quartiere del centro.tra il 1500 ed il l600 furono aperte in città ben sei Sinagoghe. Nel Veneto e nel Friuli a partire dal XIII sec. la presenza ebraica diventa alquanto consistente con l'apertura di Banchi di credito sopratutto nei piccoli centri (Asolo, Treviso, Conegliano). A Venezia solo nel 1366 venne concesso ai banchieri ebrei di Mestre di aprire in città tre banchi di pegno e, sempre nella seconda metà del secolo, anche in Padova si verificò un afflusso di famiglie ebraiche che ebbe un notevole sviluppo nei secoli successivi. Nel 1516 Venezia istituì il primo ghetto in Europa. La parola deriva dalla località in cui vennero ristretti gli ebrei, un quartiere pantanoso, facilmente isolabile, dove erano insediate alcune fonderie o geto, da cui, per deformazione dialettale, ghetto. I primi a stabilirsi furono gli ebrei provenienti dall area germanica seguiti poi da ebrei italiani, spagnoli e levantini (sefarditi)(4). $&DPSDQLQL³8QD)DPLJOLD(EUDLFDD%RORJQDWUD0HGLR(YRHG(Wj0RGHUQD LQ =DNKRUULY'LVWRULDGHJOLHEUHLG,WDOLD,,,±±)LU3DJ *DGL/X]]DWWR9RJKHUDFHQQLSHUXQDVWRULDGHOO LQVHGLDPHQWRHEUDLFRQHO9HQHWRLQ 1RWL]LDULR%LEOLRJUDILFR5HJ9HQHWDQSJ 4

5 A questi si aggiunsero soprattutto nel secolo successivo quelli provenienti dal Portogallo, per lo più marrani. Sia i Levantini che i marrani si dedicarono quasi esclusivamente ai traffici marittimi con il beneplacito del governo della Serenissima. Il secolo XVII fu il periodo di maggiore prosperità della Comunità veneziana che nella seconda metà del secolo accolse un altra ondata di profughi provenienti dall Europa orientale (Polonia, Ucraina) per sfuggire ai Pogrom del La Comunità raggiunse cosi una popolazione di circa cinquemila anime. Con la decadenza politica ed economica della Repubblica Veneta anche le attività bancarie e mercantili degli ebrei andarono lentamente declinando. La venuta di Napoleone li liberò dal Ghetto, ma con il passaggio della città sotto il dominio asburgico, agli ebrei vennero di nuovo denegati alcuni diritti come quello di rivestire cariche pubbliche e di esercitare la professione farmaceutica. La completa emancipazione si ebbe con l annessione al Regno d Italia. A Padova i primi insediamenti ebraici provenivano dall area germanica, seguiti poi da quelli di origine italiana. Nel 1369 si costituì la prima condotta di prestatori ebrei provenienti dall Italia centrale, nel 1372 se ne costituì una seconda, e nel 1380 una terza. I Banchi ebraici nel 1437 erano diventati cinque. Quando nel 1406 anche Padova passò sotto il dominio di Venezia, gli ebrei che, durante la signoria dei carraresi, avevan vissuto un periodo di relativa tranquillità, furono sottoposti alle leggi della Repubblica Veneziana che erano alquanto più restrittive fino a giungere nel 1445 alla loro cacciata dalla città, che fu però di breve durata. Con la fondazione nel 1491 del Monte di Pietà, i banchi ebrei di prestito su pegno, furono a poco a poco eliminati e le famiglie ebree che lo esercitavano, per sopravvivere, si dedicarono, non senza resistenza da parte delle Corporazioni cristiane, al piccolo commercio. Ma la maggior fonte di reddito per gli ebrei divenne allora l industria della seta introdotta nel XV secolo da Mosè Mantica e sviluppatasi poi rigogliosamente nel XVII secolo. Padova, sede della famosa Accademia Rabbinica, fu comunque il più importante centro ebraico del Veneto dopo Venezia. A Verona la presenza di qualche sporadico elemento ebraico risale al 1146 quando era presente in Città il poeta e biblista Abrham Ibn Ezra; il poeta Immanuel Giudeo ( ) era attivo presso quella Corte Scaligera e verso la fine del secolo, il dotto rabbino Eleazar Ben Samuel. All inizio del 1300 compaiono i primi prestatori ebrei ma solo quando Verona passa sotto il dominio di Venezia, gli ebrei ottennero il permesso di stabilirsi in città purché esercitassero esclusivamente il prestito e nessun altra professione. Nel 1422 vennero costretti a portare il segno (una stella di panno giallo cucita sul vestito) e nel 1499 furono espulsi dalla città per essere poi riammessi poco tempo dopo. Il Ghetto venne istituito solo nel verso la seconda metà del XVII sec. la Comunità aumentò di consistenza per l afflusso di numerosi marrani fino a raggiungere le 900 anime. In proposito va ricordato che l apporto degli ebrei provenienti dalla Spagna e dal Portogallo nei sec. XVI e XVII segna un momento importante per lo sviluppo delle Comunità ebraiche italiane. Nel 1482 Isabella Regina di Spagna istituisce il gran consiglio della Suprema Inquisizione, lo strumento politico di cui la regina si servirà, tra l altro, per contrastare l influenza degli ebrei convertiti (ma solo in apparenza) per sfuggire ai massacri perpetrati dai cattolici nel 1391 sia in Spagna che in Portogallo: i cosiddetti marrani, termine spregiativo che vuol dire giovane porco. L Inquisizione deve impedire che il primo stato moderno sia governato da una èlite dalla doppia ideologia. La Corte infatti e nelle mani dei conversos, perché gli ebrei spagnoli nel XV secolo non sono emarginati ma fanno anzi parte della società più attiva: artigiani, commercianti, medici, intellettuali, non c è professione in cui non eccellono. In realtà sono loro che rappresentano nel regno la borghesia e primeggiano in una dimensione sociale in cui il lavoro è il fulcro, al contrario della Spagna della riconquista dove i nobili e gli Hidalgos che non sono nobili ma hanno titoli, non lavorano e non pagano le tasse. 5

6 Tutto ciò è considerato dalla Corte intollerabile e così il 31 Luglio 1492 lo, stesso giorno in cui Colombo salpa dal porto di Palos con le sue caravelle, viene decretata l espulsione di tutti gli ebrei dalla Spagna. Data simbolo di una stagione della fede tra le più affascinanti d Europa: l epopea degli ebrei marrani. Centomila di loro sono costretti ad abbandonare il paese in tutta fretta riversandosi parte lungo la costa dell Africa settentrionale e della Turchia, parte verso le coste nord atlantiche, parte lungo quelle occidentali dell Italia e dell Adriatico. In Toscana la presenza ebraica risale all inizio del XIV sec., ma trattasi di sparuti elementi per lo più provenienti dal territorio laziale. Nel 1437 una piccola Comunità si formò a Firenze (perché si potesse formare una Comunità occorrevano almeno 25 nuclei familiari). Il comune aveva favorito l afflusso di famiglie ebree esercitanti il prestito per contrastare gli alti tassi di interesse praticati dai prestatori cristiani; tuttavia il diritto di esercitare l attività feneratizia era sottoposto a severe restrizioni ed a gli ebrei era proibito acquistare o possedere immobili come pure la residenza non poteva durare più di dieci anni, inoltre la forsennata predicazione dei frati Cappuccini (celebre il frate Bernardino da Feltre) contro gli ebrei, aizzava l odio del popolo minuto. Con l avvento della Signoria dei Medici la situazione si venne a modificare per la protezione accordata da questi agli ebrei. Nel 1495 con la cacciata dei Medici, nuova espulsione degli ebrei che vennero poi di nuovo riammessi quando i Medici ritornarono definitivamente al potere nel Cosimo I era in ottime relazioni con gli Abravanel di Ferrara che consigliarono il Duca di offrire garanzie ai mercanti ebrei levantini che volessero stabilirsi in città al fine di sviluppare il traffico commerciale con il vicino Oriente. La cosa si realizzò nel 1551 quando il Duca emanò un decreto in tal senso determinando le condizioni perché si formasse una Comunità Sefardita accanto a quella preesistente di rito italiano. Favorire in Toscana gli insediamenti ebraici fu una costante della politica medicea. Anche il Granduca Cosimo II per incrementare lo sviluppo del porto franco di Livorno, nel 1591 emanò solenni lettere patenti che garantivano privilegi agli ebrei provenienti dal Portogallo e dalla Spagna o anche dal vicino Oriente che decidevano di stabilirsi a Pisa e a Livorno (che allora dipendeva da Pisa) privilegi che venivano estesi anche agli ebrei battezzati: i marrani. A seguito di queste iniziative le Comunità di Pisa ma soprattutto di Livorno (separatesi da Pisa nel 1597) conobbero un rigoglioso sviluppo. Livorno che nella, prima metà del XVII secolo contava una Comunità di 1250 unità, alla fine del XVIII sec. raggiungeva e superava le 5000 unità. La città per merito dell attività imprenditoriale ebraica era diventato un porto commerciale di primaria importanza non solo, ma anche un centro manifatturiero per la lavorazione del corallo, della lana, della seta. Con l unione della Toscana al Piemonte (1859) gli ebrei ottennero i pieni diritti civili ma con l abolizione del porto franco nel 1869, la Comunità, causa l emigrazione di molte famiglie, andò sempre più decrescendo fino a ridursi alla metà nel periodo fra il 1929 e il A commento conclusivo di questi succinti cenni storici si impone una spiegazione sul perché gli ebrei hanno svolto per secoli una attività prevalentemente del tipo feneratizio. Si può anzi dire che la storia degli ebrei, non solo italiani, si identifica con la storia dei loro banchieri e dei loro mercanti. La risposta va cercata nella peculiare posizione delle Comunità ebraiche in seno alla popolazione cristiana. Queste piccole minoranze sparse in ogni parte d Europa, marchiate con l appellativo di deicidi, giuridicamente in posizione di netta inferiorità rispetto ai cristiani, escluse dal diritto a possedere beni immobili, o terreni, escluse da ogni professione se si eccettua in parte quella medica, e da ogni impiego, non potevano certo reggere la concorrenza con i grandi banchieri e commercianti cristiani. Restava una sola attività che, per motivi di carattere etico-religioso, veniva condannata dalla Chiesa: il prestito ad usura, prestito che peraltro dall XI al XIII sec. resta in mano ai banchieri toscani e lombardi che praticavano tassi molto elevati fino ad arrivare in alcuni casi, dal 66,66 %. Costoro trattavano però solo grandi somme trascurando invece il piccolo prestito su pegno. 6

7 Ed è proprio in questo spazio libero che si inseriscono gli ebrei, favoriti anche dai governi cittadini che non potevano rinunciare al piccolo prestito, mezzo indispensabile non solo per aiutare la popolazione più povera ma anche per favorire lo sviluppo delle piccole aziende artigiane, dei commercianti al minuto, dei negozianti. Necessità che induceva anche le autorità ecclesiastiche a chiudere un occhio sull imperativo morale contro l usura permettendo solo agli ebrei di esercitare il prestito su pegno e proibendolo ai cristiani; una scelta obbligata quindi che consentiva agli ebrei di dedicarsi ad una attività che permetteva loro di sopravvivere in mezzo ad un mare di difficoltà. Merito poi delle capacità imprenditoriali dei banchieri ebraici se alcuni banchi divennero con il tempo delle aziende floride ed importanti, ma lucrare sui bisogni e le miserie della gente restava ugualmente un marchio infamante che ha alimentato per secoli l antisemitismo, creando la favola dell ebreo sordido usuraio che specula sulle disgrazie del povero cristiano. In realtà i Banchi espletavano un vero e proprio ³VHUYL]LR, le autorità cittadine stipulavano dei contratti con i titolari degli stessi: le cosiddette condotte, in cui si specificava l entità dei prestiti che potevano essere concessi, il tasso d interesse, la durata delle condotte, le sanzioni a cui andavano incontro i titolari se non venivano rispettate le clausole del contratto, le tasse da pagare ecc. in compenso i titolari ottenevano dei privilegi come quello di non essere obbligati a portare il segno per tutta la durata del contratto, non essere tenuti a risiedere nel Ghetto, ecc.. Tutto ciò non li sottraeva alle periodiche vessazioni delle autorità comunali che spesso multavano i Banchi con somme enormi provocando talvolta la chiusura o il fallimento del Banco stesso. Ma questi banchieri non sono i personaggi gretti ed avidi dediti solo ad accumulare danaro come spesso li si dipingeva, tutt altro. Frequentemente erano uomini di cultura che possedevano ricche biblioteche, che conoscevano il greco, il latino, l arabo che ospitavano nelle loro case studiosi di fama come accadeva con i da Rieti e gli Sforno di Bologna o con Dattilo di Montalcino rabbino e banchiere o con Bonaventura da Volterra e tanti altri che testimoniano la vivacità intellettuale di questi personaggi che si inseriscono degnamente nel periodo Umanistico - Rinascimentale italiano. Si venne cosi a formare una borghesia ebraica che pur mantenendo stretti legami con la propria Comunità si inserì nel ciclo economico cittadino come i mercanti cristiani La adozione di un linguaggio araldico da parte delle varie Comunità israelitiche italiane a partire dal XVI sec., non significa che la borghesia ebraica si sia conformata alle stesse regole valevoli per i cristiani. Infatti osservando gli stemmi scolpiti sui i monumenti sepolcrali dei diversi cimiteri ebraici antichi presenti in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, si ha la netta impressione di trovarsi di fronte ad una rielaborazione ricca di richiami religiosi. specie biblici, volta più alla comprensione dei correligionari che al mondo non ebraico. L uso dello stemma sui monumenti funebri assume quindi più un carattere decorativo che araldico. Inoltre accade sovente che monumenti di defunti con lo stesso cognome presentano stemmi completamente diversi; in altri casi su di un elemento figurativo comune a tutta la famiglia come ad esempio l'aquila bicipite vengono aggiunti uno o due figure diverse che potrebbero essere interpretate come brisure; in realtà non di brisure trattasi ma di elementi (specie quelli a carattere religioso) aggiunti secondo un criterio strettamente personale. Numerosissimi poi sono i casi in cui famiglie di origine e provenienza diversissima, usano un simbolo molto comune nell araldica ebraica come il leone che regge tra le branche anteriori una foglia di palma o un lulav. Molto frequente anche la stella a 8 punte, spesso forata in cuore cosi pure la corona che può essere all antica (la fascia con sole punte) ovvero con fioroni (di solito tre visibili) alternati con punte. Pure abbastanza frequentemente adottata da molte famiglie senza legami parentali tra loro è la figura di Sansone che cavalca un leone mentre con le mani gli apre le fauci (fam. Ferro, Merari, Seghel, ecc.). Altro simbolo caratteristico comune a molte famiglie è quello della terra promessa : due portatori nudi trasportano un grosso grappolo d uva appeso ad un bastone posato sulla spalla destra dei due portatori. 7

8 Altri infine adottano uno stemma personale come Eliakim Sofer che ha come stemma personale ³XQD PDQR FRQ SROVR YHVWLWR PRYHQWH GDO ILDQFR V[ H SRVWD LQ EDQGD FKH LPSXJQD XQD SHQQD QHOO DWWRGLVFULYHUH Questa variabilità ha portato qualcuno a domandarsi se si possa veramente parlare un'araldica ebraica. Ad esempio nei monumenti funerari dei cimiteri di Padova e Venezia i numerosi defunti portatori del cognome Cohen o Levi presentano nei loro stemmi i primi, le cosiddette mani benedicenti (5 in riferimento alle loro funzioni sacerdotali, sole o con altre figure,come la corona cui viene, attribuito il significato di insegnamento divino, oppure stelle o crescenti sempre con significati simbolici; per i Levi invece, compare costantemente la mano che impugna la brocca che versa acqua in un bacile, anche in questo caso la raffigurazione può essere accompagnata da altre figure. Appare evidente quindi che non di stemmi familiari trattasi ma piuttosto di simboli legati alle loro funzioni nel tempio, paragonabili a quelli che usavano le corporazioni medievali, ma poco comprensibili per i non ebrei. Un araldica quindi del tutto peculiare, ma se per araldica in senso lato si intende la rappresentazione grafica di simboli legati alla cultura, alla tradizione, alla storia ai costumi e non ultimi ai valori religiosi di una società ecco che anche per il giudaismo valgono gli stessi principi; compito dello studioso quello di esaminarli cercando di penetrarne il significato e darne la giusta interpretazione ove possibile. Come già detto i simboli che appaiono sugli stemmi ebraici hanno per lo più riferimenti religiosi, tale caratteristica però non è sempre presente ed a volte lo stemma ebraico non è distinguibile da uno non ebraico come nel caso degli Almagià (fasciato d oro e d azzurro). Negli stemmi degli ebrei provenienti dalla Spagna è frequente il castello (riferimento all arma di Castiglia?) in quelli portoghesi il giglio araldico (6), alcuni sono timbrati da elmi con piume e lambrecchini, inoltre gli ebrei spagnoli convertiti a forza, i cosiddetti marrani assumevano spesso l arma ed il nome del signore cristiano loro padrino di battesimo. Tra gli ebrei mitteleuropei invece oltre ai simboli rituali sono frequenti gli stemmi parlanti come l oca nella famiglia Gans (dal tedesco gans=oca), oppure quelli ispiratisi ai contrassegni degli edifici ove svolgevano la loro attività come il cappello rosso dei Rothschild o la nave degli Schiff. Per la verità solo in Italia l uso dello stemma divenne cosi diffuso mentre tra le altre Comunità solamente lo stemma Cohen (le mani benedicenti) e quello dei Levi (bacile con la brocca per le abluzioni) appaiono frequentemente in relazione alle loro funzioni sacerdotali. Tra gli emblemi tipicamente ebraici si può dire che il più comune è il OHRQH quasi sempre rampante, che essendo il simbolo della tribù di Giuda sta ad indicare la loro origine, significato quindi completamente diverso da quello della tradizione occidentale; lo si può trovare raffigurato solo o con altre figure: torre, albero, foglia di palma, che regge uno scudo, impugna una spada, un fascio di fiori o un lulav. Altra figura frequente ODOEHUR GL SDOPD R SDOPL]LR solo od associato ad altri mobili, OD IRJOLD GL SDOPD che simboleggia il JLXVWR OH VWHOOH L FUHVFHQWL questi ultimi peraltro comuni anche nell'araldica non ebraica, ODSRUWDLOJDOORODVWHOODGL'DYLGH. Frequenti gli stemmi parlanti come il FRQLJOLR per i Conegliano poi trasformato in VFRLDWWRORLO JDOOR per i Gallico, OD VFDOD per i Sullam (in ebraico significa scala) OD SDOPD per i Tanari ecc.. A. SCORDO ha recentemente pubblicato tredici stemmi di famiglie ebraiche piemontesi in cui è raffigurata una fede araldica. G.A. Pisa con il termine ebraico Parnassim indica coloro che provvedono al sostentamento, cioè i capi delle famiglie abbienti che sentivano la responsabilità di aiutare i correligionari bisogne- /H³PDQLEHQHGLFHQWL VLSUHVHQWDQRFRPHGXHPDQLDIILDQFDWHVSHVVRXQLWHSHULSROOLFLH FRQLOPHGLRHO DQXODUHDFFRVWDWLVSHVVRVRUPRQWDWHGDXQDFRURQD (0HQGH]3LGDO³/HV$UPRLULHVQRQ1REOHVHQ(XURSH;,,,;9,,,VHF3DULVSDJ 8

9 voli, essi non erano solamente banchieri o mercanti ma anche dotti, uomini di legge e di fede. Una ³OLWH orgogliosa delle sue tradizioni che godeva anche la stima e la considerazione dei non ebrei, e come tutte le elite anche i Parnassim hanno cercato di trasmettere ai propri discendenti oltre ai valori di solidarietà verso la Comunità, anche il senso della continuità della stirpe né più né meno come il patriziato non ebraico. In affetti i Parnassim erano considerati parte del notabilato cittadino anche se talvolta erano oggetto di angherie e soprusi dovuti alla loro estrazione ebraica. L autore nel suo approfondito lavoro, oltre a riportare notizie storiche-genealogiche su 268 famiglie di Parnassim riporta anche la descrizione degli stemmi di 194 di esse e di 71 dà anche la blasonatura con i colori. Degli stemmi descritti la figura di gran lunga più frequente è il leone (92 volte), solo o in coppia o sostenente altri mobili, seguono le stelle (53 oltre), le torri (22), i crescenti (18) le palme o i palmizi (17), le mani benedicenti (16), il gallo (12) 1 aquila (10), la colomba (9), il sole (5). Altro emblema caratteristico il lulav : una corona (che può anche mancare) intrecciata con tre ramoscelli, uno di palma o ulivo, uno di mirto, ed un altro di salice che rappresentano le tre condizioni umane: la palma l'uomo buono, il mirto l uomo contemplativo, il salice l uomo fragile. Si è già accennato alle odiose discriminazioni subite degli ebrei a causa del loro credo, a tal proposito vale ricordare che ai giudei era inibita la possibilità di conseguire una laurea, nel senso che pur potendo esercitare la professione ad esempio quella medica, in qualità di maestri non potevano ottenere il dottorato che solo autorizzava l'insegnamento universitario, se poi si tiene conto che la laurea conferiva spesso un titolo di nobiltà insito nella formula ³GRFWRUHWPLOHV con cui veniva conferito il diploma, si comprenderà la grave discriminazione a cui soggiacevano gli studenti di religione ebraica. Va però detto che tale divieto fu ripetutamente trasgredito durante i sec. XVI e XVII da numerose Università. A Padova furono nominati 229 dottori ebrei da al 1721, undici lo furono a Siena, e poi a Bologna nel 1528 ed a Pavia nel Guglielmo Portaleone e Leone di Vitale celebri filosofi e medici, vennero entrambi creati cavalieri. In pratica dal 1500 al l700 il divieto venne aggirato tramite il comodo grimaldello della dispensa papale (spesso ottenuta mediante esborso di danaro). Nel 1579 Emanuele Filiberto Duca di Savoia emetteva un editto con il quale stabiliva che per avere diritto a portare un arma era necessaria la convalida del sovrano, pertanto tutti i possessori di un arma dovevano presentarsi ad una commissione per accertarne l autenticità ed il diritto ad averla. L'operazione aveva un obbiettivo sopratutto fiscale poiché chi voleva continuare ad avere il proprio stemma, oltre a dovere dimostrare il suo diritto a possederlo, doveva versare una oblazione compresa tra i 10 e i 40 scudi d'oro. Tali ³&216(*1$0(17,G$50$ si ripeterono negli anni successivi (1598,1614,1687). Nel consegnamento del 1598 a Chieri e a Carignano, molti ebrei si presentarono per denunziare il proprio stemma, ma la commissione, pur accettando l'obolo offerto si riservò di chiedere il parere del Duca data la particolare posizione che i giudei avevano nella società, nonostante che quattro anni prima il Duca avesse concesso agli ebrei la piena tolleranza religiosa. Si trattava di persone danarose che spesso nei documenti vengono citate con l'appellativo di messere. Colorni. riferisce che il primo ebreo ad avere un feudo fu Josef da Fano di Mantova investito della signoria di Villimpenda con il titolo di marchese, mentre a Bologna con il titolo di cavaliere dello speron d oro Carlo V nobilitò più di un ebreo laureatosi presso quella Università. 9

10 /()217, Non esistono stemmari ebraici antichi ma solo alcuni documenti miniati in cui sono raffigurati stemmi, come i contratti matrimoniali tra ebrei con gli stemmi delle famiglie degli sposi. In un frammento di Macazor (rituale) conservato nella Biblioteca Ambrosiana sono dipinti alcuni stemmi non identificati, altri se ne trovano su libri di preghiere, su alcuni codici, su stampe, su tovaglie ricamate ecc. Ma la maggior parte degli stemmi ebraici che sono giunti fino a noi sono quelli incisi sulle lapidi sepolcrali nei cimiteri e pertanto l elemento colore, pur importantissimo nell'araldica occidentale, assume in quella ebraica scarsa rilevanza. Presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino è conservato uno stemmario manoscritto del XIX sec. di famiglie ebraiche con stemmi colorati (7), ma l'autore afferma di averli rilevati in gran parte da lapidi funerarie, viene allora da chiedersi da dove abbia tratto i colori. In verità la mancanza di veri stemmari, unita alla scarsità di fonti scritte non ci permettono di poter parlare di un araldica ebraica nel senso comunemente inteso, stante la mancanza totale di un elemento importantissimo quale il colore. Dopo la rivoluzione francese gli ebrei vennero finalmente equiparati a tutti gli altri cittadini Da allora molti sovrani hanno concesso titoli di nobiltà a personaggi ebrei meritevoli, ed in tal caso l'arma veniva concessa con lettere patenti secondo le comuni regole araldiche. In proposito corre l obbligo di dire che fino alla vigilia delle leggi razziali fasciste, nessuna Comunità ebraica d Europa era cosi integrata nella vita politica amministrativa e sociale., come nel Regno d Italia, a riprova, oltre le numerose nobilitazioni di personalità ebraiche, (a differenza degli Asburgo che richiedevano la conversione al cristianesimo in cambio di un titolo nobiliare che comunque non avrebbe superato la baronia) i Savoia concessero, senza alcuna odiosa contropartita, titoli di marchese (Cahen) e di conte (Ottolenghi, Sacerdoti) oltre che di barone e di nobile. Se poi si scopre l elenco dei senatori a vita nominati dalla casa regnante a partire dal 1848, numerosissimi sono i nomi di personalità ebraiche come Giuseppe Ottolenghi, Pio Foà, Eduardo Arbib, Alessandro D Ancona, Giacomo Levi-Civita, Ludovico Mortara, Gabriele Pincherle, Adriano Diena, Leone Wollemberg. Isacco ed Ernesto Arton, Dario Cassuto, Vito Volterra, Achille Loria.(8). 35LJKHWWL$UPLHG,QVLJQHGHJOLHEUHLHPLJUDWLLQ,WDOLD7RULQR%LEOLRWHFD1D]LRQDOH 8QLYHUVLWDULD0V59 $UFKLYLRVWRULFRGHO6HQDWRHOHQFRGHO6HQDWRYLWDOL]LR 10

11 ,&,0,7(5,(%5$,&, Ogni Comunità che si costituiva chiedeva come prima cosa, la concessione di una casa per la preghiera e l'autorizzazione ad acquistare un terreno per impiantare un cimitero che di solito era posto alla periferia della città. La promiscuità con le tombe dei cristiani non era accettata per motivi rituali. Il culto dei morti fra gli ebrei era molto sentito ed i defunti erano considerati ancora presenti (tanto che era consuetudine recarsi a visitare la tomba del parente estinto per colloquiare con lui,per domandare consigli, per chiedere conforto. Dei numerosi cimiteri ebraici esistenti in Italia oggi ne restano solo alcuni. Le leggi controriformistiche ne causarono la distruzione come avvenne per il cimitero di Mantova nel 1550 e quello di Bologna nel Le belle lapidi rinascimentali che li adornavano furono distrutte o utilizzate per altri sepolcri cristiani come avvenne a Bologna, ove però ne sono state recuperate alcune che si possono ammirare presso il locale Museo Civico- Medievale (9). Tra tutti i cimiteri ebraici il più importante è forse quello di Venezia aperto nel 1386 al Lido, ricco di lapidi commemorative che forse ci permettono di ripercorrere la storia di quella fiorente Comunità. Molte di queste lapidi sono armoriate e forniscono gran parte del materiale oggetto del nostro studio; ma anche a Padova a Livorno e a Roma se ne incontrano in buon numero. In tutti i cimiteri israelitici le iscrizioni erano redatte in ebraico sia in prosa che in versi a volte intensamente lirici come la lapide di MENACHEM VENTURA conservata a Bologna. A partire dal 1992 per conto del servizio Documentazione dalla Regione Veneta sono state eseguite le schedature di tutte le lapidi cimiteriali ebraiche di Padova e Venezia a cura di due eminenti studiosi: Gadi Luzzatto Voghera e Tobia Rava. Seguendo il lavoro di questi due autori sono state da noi esaminate alcune centinaia di stele funerarie armoriate presenti nei due cimiteri che vanno dal XV al XIX sec. Trattasi spesso di monumenti in avanzato stato di degrado che solo di recente si è iniziato a restaurare; gli stemmi presenti sulle lapidi sepocrali sono spesso erosi e illeggibili, l'esecuzione degli stessi piuttosto rozza, di tipo artigianale, graffiti a rilievo molto basso, e solo alcuni sono finemente lavorati e arricchiti da ornamenti esteriori. Tuttavia è possibile trarre alcune considerazioni di carattere generale a conferma di quanto precedentemente detto. Gli stemmi dei defunti con lo stesso cognome e quindi presumibilmente appartenenti allo stesso ceppo familiare, presentano spesso uno stemma completamente diverso l'uno dall'altro anche se appartenenti allo stesso periodo temporale. Solo per alcuni cognomi lo stemma è costantemente identico, spesso invece accanto ad una figura sempre costante che caratterizza un nucleo familiare (ad esempio lo scoiattolo per i Conegliano), vengono aggiunte figure diverse quasi sempre con riferimenti di carattere religioso (stelle di David, colombe, ramoscelli di ulivo, lulav, palme ecc.). In molti casi famiglie diverse adottano uno stemma identico specialmente se le figure hanno un significato religioso, forse sarebbero potute differire nei colori ma, come sappiamo, questo elemento manca quasi sempre. Ad esempio la famiglia Askenasi, nei cimiteri di Venezia e di Padova presenta una notevole varietà di stemmi, tra gli altri uno con il segno zodiacale dei pesci: ³GXH SHVFLSRVWLLQIDVFLDO XQRVXOO DOWURLOSULPRULYROWRXQLWLSHUODERFFDFRQXQILORDG6H VRUPRQWDQWL XQ PDUH RQGDWR PRYHQWH GDOOD SXQWD uno stemma identico a quello adottato dagli Errera e dagli Jona e questo non trova una spiegazione logica. In proposito A. Scordo riporta quanto avvenuto il 15 maggio del 1580 allorché Messer Emanuel Colonna cognato di messer Benedetto Todros, entrambi ebrei, chiesero al delegato dal Duca di Savoia la conferma di uno stemma identico per tutti e due XQ OHRQH LQ FDPSR D]]XUUR H XQD EDQGLHUDVSLHJDWDELDQFD. Ciò si può spiegare con il fatto che, essendo soci di una stessa banca, usavano quell arma come sigillo. Evidentemente presso gli ebrei l arma non aveva quel carattere di ( *LXGLWWD 7HVWLPRQLDQ]H $UDOGLFKH DO 0XVHR &LYLFR 0HGLHYDOH GL %RORJQD &OLR (GL] %RORJQDSJJ 11

12 continuità caratteristico delle famiglie cristiane. Ciò era, con ogni probabilità, dovuto alla particolare situazione in cui essi venivano a trovarsi in seno alla popolazione cristiana. Il fatto di essere continuamente esposti ad accuse di ogni tipo come quella di aver causato la morte di Cristo, incerti sulla possibilità di poter restare a lungo sullo stesso luogo, costretti a vestire con particolari contrassegni sulle vesti ecc., tutto ciò finiva per ingenerare negli ebrei un senso di precarietà, di incertezza che mal si concilia con il bisogno di radicamento naturale in ogni uomo. Per l ebreo del XV-XVI-XVII-XVIII sec. niente è sicuro, solo rifugio è la fede, sola protezione la Comunità, la Sinagoga. E naturale quindi che anche l araldica, valore non autoctono ma adottato, non rappresenta per un ebreo gli stessi valori che aveva per un cristiano e poiché la religione è il vincolo indissolubile, l usbergo che protegge il popolo di Israele, ecco che anche il segno araldico viene soprattutto usato per glorificare il Signore e quindi niente impedisce di cambiarlo se cioè serve alla lode di Dio. A volte si dà il caso che lo stesso titolare di uno stemma lo modifichi seguendo i suoi gusti personali, come accade nella stele funeraria di Naftali Askenazi nell antico cimitero ebraico di Venezia che reca scolpito uno stemma raffigurante un cervo reciso, chiaro riferimento al nome del defunto essendo il cervo l emblema della tribù ebraica di Naftali. In altri casi rami della stessa famiglia residenti in città diverse adottano anche uno stemma diverso oppure la stessa famiglia cambia lo stemma nel corso delle generazioni. Questo concetto di provvisorietà è cosi forte che non risparmia nemmeno i cognomi tanto è vero che spesso gli ebrei che si trasferivano da un paese all altro cambiavano anche quello. Gli stemmi che più si avvicinano alla tradizione araldica cristiana sono quelli provenienti dalla Spagna e dal Portogallo, i cosiddetti Ebrei sefarditi, le cui stele funerarie sono finemente lavorate e l arma appare spesso timbrata da un elmo con lambrecchini ed anche a volte con corona. Purtroppo uno studio sistematico dell araldica ebraica cozza contro la mancanza di una documentazione sia manoscritta che stampata, come precedentemente accennato. Come sola fonte accettabile, pur con tutti i suoi limiti, restano quindi i cippi ed i coperchi dei sarcofaghi armoriati ancora esistenti nei vecchi cimiteri ebraici. Dalla descrizione degli stemmi che vi compaiono si potrà familiarizzare con la simbologia ebraica non solo, ma anche raffrontarli con quanto scritto dai pochi autori che si sono occupati dell argomento e forse se ne potranno trarre utili elementi per una maggiore conoscenza di questa poco nota branca dell araldica.(10) 3HU L WLSL GHO 3ROLILOR GL 0LODQR q UHFHQWHPHQWH FRPSDUVR XQ SRQGHURVR ODYRUR LQ GXH YROXPL VXOOD &RPXQLWj (EUDLFD GL 9HQH]LD D FXUD GL $ /X]]DWWR GDO WLWROR ³/D &RPXQLWj (EUDLFD GL 9HQH]LD HG LO VXR DQWLFR FLPLWHUR LQ FXL XQ FDSLWROR q ULVHUYDWR DJOL VWHPPL SUHVHQWLVXLVDUFRIDJKLHOHVWHOHIXQHUDULHGHOYHFFKLRFLPLWHURFKHYHQJRQRSHUzGHVFULWWLLQ WHUPLQL QRQ DUDOGLFL PD FKH VRQR VWDWL WXWWDYLD GL SUH]LRVR DXVLOLR QHOOD SUHSDUD]LRQH GHO SUHVHQWHODYRUR 12

13 67(00,(6,67(17,1(//$17,&2&,0,7(52 (%5$,&2',9(1(=,$ /HWWHUHGDOOD$DOOD, 13

14 $ $%(1$&$5 Arma: ³ LQTXDUWDWR QHO ƒ H ƒ WUH SLQL SRVWL LQ IDVFLD H PRYHQWL GD XQ ULVWUHWWRWHUUHQRQHOƒHƒIDVFLDWR $%(1'$1$ Arma: XQDELODQFLD ³XQDPDQRFRQSROVRYHVWLWRPRYHQWHGDOILDQFRV[GHOORVFXGRUHJJH Famiglia sefardita di origini iberiche. Il cognome deriva dall arabo Ibn Dana emigrata nel XVI secolo prima in Olanda indi in Italia e a Londra. Il fondatore fu un marrano di nome Francisco Nugnez Pereira che lasciò la Spagna nel 1590 per Amsterdam dove riprese il nome di David Abendana. Iacob il figlio di Giuseppe mercante marrano, fu medico famoso immortalato in un dipinto di Rembrandt. (11) Alcuni membri della famiglia si trasferirono a Livorno su invito dei Medici, che intendevano rinforzare le già esistenti Comunità di Pisa e Livorno. La casa mercantile degli Abendana svolse la sua attività in Toscana fino alla seconda metà del XVII secolo, un altro ramo della famiglia era presente a Venezia verso la fine del XVI secolo ove era dedito al commercio marittimo con il vicino oriente (12). G. F. Pisa dà come Arma: ³XQ DTXLODSRVDWDVXGLXQIXOPLQHVRUPRQWDWDGDXQVROH C D "!#%$& '(# )+*-,/.01 12#43&56# #-: ;;< 1 / ) 4,56 56=1 56 #->)+ 1256#/75B 14

15 $%2$%o $%2$) Arma: ³XQILRUHVWHODWRHIRJOLDWRPRYHQWHGDXQYDVRHSRVWRLQSDOR ³XQILRUHVWHODWRHIRJOLDWRSRVWRLQSDOR ³XQDFRURQDDIDVFLDULDO]DWDFRQILRURQLWUHYLVLELOLDOWHUQDWLDSXQWH ³XQ DQFRUDSRVWDLQSDOR 15

16 G. Dolcetti dà per gli Aboaf XQDWHVWDGLWRURUHFLVDVRUPRQWDWDGDXQDVWHOODDSXQWH (13) Antica famiglia spagnola di cui si ha notizia sin dal XIII secolo. L origine del cognome è incerto forse deriva da una località della Tunisia 0,HO$EXDE. Trattasi comunque di ebrei marrani che per sfuggire alle persecuzioni emigrarono parte nel bacino Mediterraneo, parte nel nord Europa. Aboaf Emanuele intorno al 1585 venne in Italia proveniente da Amburgo, recandosi prima a Pisa poi a Ferrara, indi a Spoleto per fermarsi infine a Reggio dove incontrò il cabalista Menahem da Fano. Anche qui però non rimase a lungo. Dopo qualche anno lo troviamo a Venezia dove pubblicò la Nomologia o Discorsus Legales opera portata a termine dopo 10 anni di lavoro. Altro personaggio noto fu Aboaf Samuele detto Rasha (Rabbi Shemuel Aboaf) famoso latinista nato ad Amburgo che fu rabbino prima a Verona (1650) poi a Venezia. Altri furono tipografi ed editori, numerosi i rabbini (14). $%2$%GH)216(&$ Arma: ³XQEXHIHUPRVRUPRQWDWRGDXQFDUWLJOLRFRQVXLQFLVHOHOHWWHUH $%) Trattasi di un ramo della famiglia Aboab, il secondo cognome si spiega con l usanza degli ebrei marrani, una volta ritornati all ebraismo di conservare anche il cognome assunto all epoca della conversione e anche all usanza di aggiungere una volta sposati il cognome della moglie. $%5$%$1(/ o $%5$9$1(/ Arma: ³G D]]XUURDOODEDQGDGLURVVRFDULFDWDGLXQDVWHOODD RWWRSXQWHSRVWDWUDGXHFRORPEHLQYRORHDFFRVWDWDGDGXHVWHOOHGLRWWRSXQWHLOWXWWRG RUR D E FG H4 3B% /I G >GJK L M 16

17 Celebre famiglia ebrea i cui membri vissero in Spagna e in Portogallo per molte generazioni sempre al servizio dei sovrani dei due paesi svolgendo incarichi amministrativi di primaria importanza. Famiglia aristocratica gli Abrahamel, fin dalle loro origini, sostenevano di essere i diretti discendenti di Re Salomone. Nel 1492 espulsi dalla Spagna i vari rami della famiglia emigrarono parte in Inghilterra, parte ad Amsterdam, parte in Turchia ed in Italia dove approdarono a Napoli, ben accolti dal giovane Re Ferrante che li prese al suo servizio. Nel 1495 però gli Abravanel furono nuovamente costretti ad emigrare prima a Corfù ed infine a Venezia. Abravanel Isaac (nato a Lisbona nel 1437 morto a Venezia nel 1508, sepolto a Padova) biblista e statista, una volta approdato a Venezia fu incaricato dal governo della Serenissima di un ambasciata in Portogallo per la stipula di un trattato amichevole. Abravan Giuda, il più vecchio dei figli di Isaac detto anche Leone ebreo medico, filosofo e poeta, scrisse i Dialoghi d Amore (15) $%5$+$0 Arma: ³XQOHRQHFKHFRQOHEUDQFKHDQWHULRULUHJJHXQDVSLJD Cognome molto diffuso sia tra le Comunità askenazita che tra quelle sefardite. Gli Abraham presenti in Italia dal XV secolo sono sefarditi provenienti dalla Spagna. Abraham ben Garton, stampatore verso la seconda metà del XVI secolo in Reggio, pubblicò il primo libro ebraico in Italia: l edizione principe del commento al libro del Pentateuco di Rasha, una copia delle tre ancora esistenti è conservata presso la biblioteca di P Arma (16). $&$1$., Arma: ³XQJDOORDUGLWRDFFRVWDWRDG[GDXQDVSLJDVWHODWDSRVWDLQSDOR $+$521 Arma: ³XQDTXLODELFLSLWHFRQOHDOLVSLHJDWH 6I N G 6 6> I E LOII 6 N G 6/ > 6E 17

18 $/$7,12 Arma: ³XQFLSUHVVRVUDGLFDWR Famiglia di provenienza laziale (Spoleto), di rito mi-rom, trasferitasi in Ferrara nella seconda metà del Moses Alatino fu medico in Venezia, Ariel suo figlio, esercitò la professione di medico a Ferrara dove divenne anche rabbino (17). $/)$5,1 Arma: ³XQDFRORPEDFKHUHJJHXQUDPRVFHOORGLXOLYRQHOEHFFR Cognome di famiglia proveniente dal Portogallo presente a Venezia dal XVII secolo, Giacob Alfarin era uno dei sette Gastaldi che nel 1616 emanarono le norme suntuarie per la Comunità ebraica del Veneto (18) $/3521 Arma: ³XQDVWHOODDSXQWHVRUPRQWDWDGDXQDFRURQD Il nome deriva dalla città tedesca di Heilbron nel Wurtemberg ³XQDVWHOODDSXQWH C N G 6 / I I 6K $J 3 / > / 6I I 18

19 ³XQJDOORDUGLWRULYROWR ³GXH WRUUL DIILDQFDWH DFFRVWDWH GD GXH UDPL GL SDOPD SRVWL LQ SDOR H VRUPRQWDWHLQFDSRGDXQJDOORFRQOH]DPSHSRVDWHVXOOHGXHWRUUL Quest ultima è l Arma: del ramo triestino della famiglia, il ramo padovano invece che è il più antico (XVI sec.) ha uno stemma diverso (vedi cimitero di Padova). Per la famiglia vedi Cimitero Ebraico di Padova. $/7$5$6 Arma: ³XQOHRQHUHJJHWUDOHEUDQFKHDQWHULRULXQDJURVVDVSLJD Cognome che deriva dall arabo e significa ricamatore la famiglia è di origine iberica che dopo l espulsione dalla Spagna, si diresse nel vicino Oriente ed in Italia. A Venezia li troviamo a partire dal XVII secolo, gli Altaras si distinsero come editori e rabbini. $0$5 ³XQDPHODJUDQDDOQDWXUDOHSRVWDLQSDOR Il nome è di origine araba ed in Spagna lo troviamo a partire dal XIII secolo, significa colono ma nel dialetto arabo sta per arredatore, architetto. La famiglia è presente a Venezia a partire dal XVII 19

20 secolo. Il melograno, molto usato nella simbologia ebraica rappresenta la fecondità, veniva spesso scolpito sulla trabeazione del tempio o dipinto sulle stole sacerdotali. $0%85*2 Arma: ³XQ WRUULRQH PHUODWR FLPDWR GD XQ DTXLOD ELFLSLWH GDO YROR VSLHJDWR VRUPRQWDWDGDXQDFRURQD Cognome derivato dalla nota città tedesca. Famiglia askenazita presente a Venezia e Verona nel XVII secolo. $1&21$ o ' $1&21$ Arma: ³XQOHRQHFRURQDWRDFFRVWDWRDG[GDXQDFRORPEDULYROWD Cognome assunto da molte famiglie israelitiche fra il XVII e il XVIII secolo quando furono espulse dalle loro antiche residenze in Italia centrale e costrette a rinchiudersi nel ghetto di Roma e di Ancona. Presente a Venezia dal XVII secolo. Nel XIX sec. in seno alla famiglia emersero personalità di primo piano che si distinsero nel campo culturale e politico. Alessandro D Ancona fu Senatore del regno. $5&+,92/7, Arma: ³XQDPDQRFRQSROVRYHVWLWDPRYHQWHGDOILDQFRV[GHOORVFXGRUHJJH XQYDVRGLILRUL Famiglia forse proveniente da Acqui. Presente a Padova e Venezia, Archivolti Samuel ( ) fu scrittore, poeta e grammatico, la sua opera più importante fu la Grammatica Ebraica pubblicata a Venezia nel 1602 (19) 6M P /12QGR%!/S/'(56 5TH412U6V )+ 94 #W! $& X> )+ U6 9J/ E% 6K D Y D L Z D K L I? 20

21 $6.(1$=, Arma: ³XQ DTXLODELFLSLWHGDOYRORVSLHJDWR ³XQDVWHOODDGRWWRSXQWH ³XQOHRQHFKHUHJJHWUDOHEUDQFKHDQWXQDVSLJD ³XQOHRQHFKHUHJJHWUDOHEUDQFKHDQWXQOXODY ³LOVHJQR]RGLDFDOHGHLSHVFL GXHSHVFLSRVWLLQIDVFLDO XQRVXOO DOWURLOƒ ULYROWRXQLWLSHUODERFFDGDXQILORGLVSRVWRD6VRUPRQWDWRGDXQDFRURQD 21

22 ³LOVHJQR]RGLDFDOHGHLSHVFLDFFRPSDJQDWRLQSXQWDGDXQPDUHRQGDWR Cognome molto diffuso adottato dagli ebrei di provenienza centro-europea, soprattutto dalla Germania. In Italia il nome venne tradotto con il termine Tedesco o Tedeschi. Gli Askenazi erano presenti a Padova e a Mantova sin dal XVI secolo. Nel suo seno fiorirono rabbini e dotti tra i quali lo scrittore Scialit Iosef Askenazi. Abramo Askenazi fu capo della Comunità ebraica di Padova nel A Venezia Naftali Ben Josef rabbino famoso, venne a Venezia verso la fine del XVI secolo dove mori nel Asckenazi Salom Natan, medico e diplomatico, verso la fine del XVI secolo trattò la pace tra Venezia e Turchia dopo la caduta di Cipro (1571) in qualità di ambasciatore turco; per suo merito l ordine di espulsione degli ebrei da Venezia fu revocato (1573). L estrema varietà di stemmi che questa famiglia conferma quanto già detto: spesso la scelta di un Arma dipendeva da un gusto personale piuttosto che da una tradizione familiare. Tuttavia lo stemma che si incontra più spesso è l aquila bicipite. Gli Askenazi veneti sono un ramo della più antica famiglia padovana (vedi Cimitero di Padova). Altri Askenazi, con stemmi del tutto diversi sono presenti nella Comunità ebraica romana. % %$/$1&$ Arma: UHJJHXQDELODQFLD ³XQDPDQRFRQSROVRYHVWLWRPRYHQWHGDOILDQFRV[GHOORVFXGR Per la famiglia vedi Valensin %$/'26$ Arma: ³XQDSDQWHUD 22

23 ³XQDSDQWHUDULYROWD ³XQOHRQHVRUPRQWDWRLQFDSRGDWUHVWHOOHRUGLQDWH± Cognome di origine incerta forse derivato da Valduggia in provincia di Vercelli o da Valduggia in prov. Di Trento, ma non si può del tutto escludere che il toponimo abbia un origine spagnola. Come che sia dalle lapidi presenti nel cimitero di Venezia è stato possibile ricostruire tre gruppi familiari che hanno però quasi tutti la stesa Arma: una pantera. Famiglia sefardita proveniente dalla Spagna, presente a Venezia dal XVI secolo. %$5$.o %$5$&+ Arma: ³XQDOEHURVLQLVWUDWRGDXQOHRQHFRQWURUDPSDQWHDOIXVWR Famiglia di rito askenazita proveniente dall Europa centrale presente a Venezia dal XVI sec. %$58&+ Arma: ³XQD VWHOOD D RWWR SXQWH VRUPRQWDWD GD XQD FRURQD H DFFRPSDJQDWDLQSXQWDGDXQDFRORPEDULYROWD 23

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