TUTELA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI RAMO D AZIENDA

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1 INFORMATIVA SULLA NORMATIVA COMUNITARIA N. 086 LUGLIO 2014 TUTELA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI RAMO D AZIENDA La Corte di Giustizia UE, con Sentenza relativa alla causa C- 458/12 del 6 marzo 2014, si è pronunciata sulla corretta interpretazione delle tutele comunitarie previste per i lavoratori in caso di trasferimento d azienda o di parte di essa (ramo d azienda). Nello specifico, la causa sottoposta al vaglio della Corte riguarda il caso di un gruppo di lavoratori italiani che hanno avanzato ricorso al giudice del lavoro contro Telecom Italia per il trasferimento che hanno subito, verso un impresa controllata da Telecom stessa. Per la soluzione della questione la Corte fa riferimento alla Direttiva CE 2001/23, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti. La decisione della Corte, nel caso in specie, afferma la compatibilità della norma nazionale italiana al diritto comunitario, confermando di fatto l operato di Telecom e fornendo i motivi al giudice nazionale per respingere il ricorso avanzato dai lavoratori.

2 AP Comunitaria n. 086 Luglio 2014 pagina 2 di 6 IL CASO La Sentenza della Corte di Giustizia UE C-458/12 del 6 marzo 2014 fornisce alcune indicazioni circa la corretta applicazione della disciplina comunitaria in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori subordinati in caso di trasferimenti d aziende, di stabilimenti o di parti di esse. Il caso concreto riguarda un gruppo di lavoratori italiani, dipendenti di Telecom Italia, che a inizio 2010 sono stati oggetti di trasferimento per la cessione di un ramo d azienda. Nel particolare, detti lavoratori erano impiegati nel ramo Information Technology della divisione Technology and Operations. A seguito della riorganizzazione interna operata da Telecom nel febbraio 2010, la divisione è stata smembrata in una decina di strutture, a loro volta poi raggruppate in altri rami. Ad aprile del medesimo anno, Telecom Italia ha trasferito alla propria controllata Telecom Italia Information Technology Srl (d ora in poi TIIT) il ramo denominata IT Operations, creata a febbraio. I lavoratori interessati hanno pertanto proseguito il loro rapporto lavorativo, senza prestare il loro consenso a norma dell articolo 2112 del codice civile, con il cessionario (TIIT). I ricorrenti nel caso principale, ritenendo che il passaggio della struttura a TIIT non potesse essere considerato un trasferimento di parte d azienda, hanno pertanto adito ricorso al Tribunale del Lavoro di Trento, sostenendo che: il ramo IT Operations, prima del suo conferimento in TIIT, non costituisse una suddivisione funzionalmente autonoma di Telecom Italia; il ramo IT Operations non esisteva prima del conferimento; il potere esercitato dal cedente (Telecom Italia) sul cessionario (TIIT) era tale che non era possibile configurare il passaggio come un trasferimento d azienda. Obiettivo dei lavoratori che hanno avanzato ricorso contro Telecom Italia, pertanto, era quello di veder dichiarata l inefficacia del trasferimento nei loro confronti e, di conseguenza, che il loro rapporto lavorativo avesse continuato a sussistere con Telecom Italia e non con la sua controllata TIIT. In sede di ricorso il giudice del lavoro di Trento ha deciso di sospendere il giudizio in attesa di indicazioni della Corte UE sull interpretazione e la corretta applicazione della Direttiva CE 2001/23, concernente mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, e la coerenza del diritto nazionale italiano rispetto ai principi ivi contenuti. CONTESTO NORMATIVO DI RIFERIMENTO Come anticipato in precedenza, la pronuncia della Corte riguarda la corretta interpretazione della normativa comunitaria contenuta nella Direttiva CE 2001/23 (che sostituisce la Direttiva 77/187/CEE) voluta dalle Istituzioni europee con l obiettivo di riavvicinare le disposizioni dei vari Stati membri in relazione al mantenimento dei diritti dei lavoratori che subiscono un trasferimento d azienda o di parte di essa. Risulta utile alla corretta interpretazione della soluzione fornita dalla Corte di Giustizia UE quanto contenuto, in primis, nel Considerando 3 della Direttiva stessa, laddove viene disposto che

3 AP Comunitaria n. 086 Luglio 2014 pagina 3 di 6 Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti. In secondo luogo, l articolo 1, par. 1, lettere a) e b) della direttiva, che delimita il campo di applicazione della stessa, stabilisce: a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione. b) Fatta salva la lettera a) [ ], è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un attività economica, sia essa essenziale o accessoria. Infine, l articolo 3, par. 1, primo comma, afferma: I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. La Direttiva, inoltre, fa salva la possibilità, per gli Stati membri, di adottare disposizioni legislative o amministrative più favorevoli ai lavoratori, ovvero consentire l applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti più favorevoli ai lavoratori. Per quanto riguarda il diritto nazionale italiano, la Sentenza della Corte di Giustizia europea cita l articolo 2112 del codice civile, in particolare i commi 1 e 5, che dispongono: 1. In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. ( ) 5. Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. Per completezza, la sentenza ricorda infine che, laddove non si rientri nel trasferimento di azienda (o di parte di essa), la cessione del contratto di lavoro esige il consenso del lavoratore interessato, ai sensi dell articolo 1406 del codice civile.

4 AP Comunitaria n. 086 Luglio 2014 pagina 4 di 6 LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI Stante le perplessità sorte in seguito al ricorso avanzato dai lavoratori e le motivazioni dello stesso riportate in precedenza, il giudice del Tribunale di Trento ha deciso di sospendere il procedimento e, contestualmente, di sottoporre alla Corte di Giustizia Europea le seguenti questioni pregiudiziali: se le norme europee in materia ostino ad una normativa nazionale che consente la successione del cessionario nei contratti di lavoro, in caso di trasferimento d azienda o di parte di essa, senza il consenso dei lavoratori, anche se l azienda ceduta non costituisca un entità economica funzionalmente autonoma già preesistente alla data del trasferimento; se il potere contrattuale e di supremazia che opera il cedente nei confronti del cessionario dopo il trasferimento d azienda sia contrario alla disciplina comunitaria sul trasferimento di parte d azienda, in particolare all articolo 1, par. 1, lettere a) e b) e 3, par. 1, della Direttiva 2001/23. LA SOLUZIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA CE La Corte di Giustizia Europea analizza separatamente le due questioni pregiudiziali. Circa la prima questione, chiarita la ricevibilità della stessa contro le motivazioni presentate da Telecom Italia e TIIT, i giudici chiariscono che, secondo giurisprudenza costante, per valutare UN trasferimento d azienda o di parte di essa, è necessario verificare se l entità oggetto del trasferimento, dopo lo stesso, conservi la propria identità dopo essere stata rilevata dal nuovo datore di lavoro. In tal senso, l entità oggetto del trasferimento non può limitarsi all esecuzione di un opera determinata, ma è costituita da un complesso di persone e cose, quali attrezzature, strumenti, ecc, tali da permettere l esercizio autonomo di un attività economica. Inoltre, secondo il disposto della Direttiva, l entità deve ritenersi esistere anche prima del trasferimento di cui è stata oggetto e, pertanto, se nel procedimento principale ciò non risulta, può sembrare che la Direttiva 2001/23 non trovi applicazione al caso in specie e, di conseguenza, dalla direttiva non deriverebbe alcun obbligo, nei confronti del cessionario, di mantenere i diritti dei lavoratori. Peraltro, chiarisce la Corte, la Direttiva CE 2001/23 non deve essere letta nel senso che vieti ad uno Stato membro di prevedere un siffatto mantenimento dei diritti dei lavoratori nel caso in cui non vi sia autonomia funzionale dell entità economica prima del trasferimento. Infatti, il Considerando 3 citato in precedenza pone come obiettivo della Direttiva la tutela dei diritti dei lavoratori in caso di cambio di datore di lavoro e, pertanto, la mancanza di autonomia funzionale e strutturale dell entità trasferita, prima del trasferimento, non è di per sé elemento sufficiente ad escludere la possibilità, per uno Stato membro, di mantenere i diritti dei lavoratori che si trovano nella situazione anzidetta.

5 AP Comunitaria n. 086 Luglio 2014 pagina 5 di 6 La Corte, pertanto, afferma che il mancato riferimento, nel comma 5 dell articolo 2112 del codice civile, alla necessità di una preesistenza della parte di azienda oggetto del trasferimento ad altro datore di lavoro, è di fatto un estensione della tutela dei lavoratori garantita dalle norme italiane. Infatti, la Corte afferma che [la] direttiva 2001/23 [ ] non osta ad una normativa nazionale [ ] la quale, in presenza di un trasferimento di una parte di impresa, consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell ipotesi in cui la parte di impresa in questione non costituisca un entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento. Per quanto riguarda, invece, la seconda questione pregiudiziale avanzata dal giudice italiano, affermatane anche in questo caso la ricevibilità, la corte europea pone subito in chiaro che nessuna disposizione della Direttiva 2001/23 richiede l indipendenza del cessionario rispetto al cedente. Inoltre, già in relazione alla Direttiva 77/187 (modificata dalla Direttiva 98/50 e poi definitivamente sostituita dalla Direttiva 2001/23) era stato affermato che la stessa era applicabile a qualsiasi mutamento giuridico del datore di lavoro e che pertanto detta direttiva può essere applicata ad un trasferimento tra due consociate di uno stesso gruppo, che costituiscono persone giuridiche distinte ognuna delle quali ha contratti di lavoro specifici con i propri dipendenti. Qualora, infatti, l applicazione della Direttiva fosse esclusa nel caso di trasferimenti tra società dello stesso gruppo, verrebbe meno la finalità della Direttiva stessa, che è quello di tutelare i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento della proprietà della società (o di parte di essa) da un datore di lavoro ad un altro. Pertanto, il fatto che cedente e cessionario sino due società dello stesso gruppo, ovvero siano società collegate tra loro, non incide sull applicabilità della Direttiva al trasferimento d azienda intercorso tra le stesse. In conclusione, la Corte di giustizia Europea risponde alla seconda questione pregiudiziale sostenendo che l articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2001/23 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, la quale consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell ipotesi in cui, dopo il trasferimento della parte di impresa considerata, tale cedente eserciti un intenso potere di supremazia nei confronti del cessionario. CONSIDERAZIONI NORMATIVE La Sentenza C-458/12, come visto in precedenza, riguarda un caso verificatosi in Italia, che vede opposti un gruppo di lavoratori a Telecom Italia e a Telecom Italia Information Technology Srl. Punto focale della sentenza, nonché del procedimento principale, riguarda il fatto che il ramo IT Operations, oggetto del trasferimento da Telecom Italia a TIIT, non costituiva, prima del trasferimento, un entità economica autonoma dal punto di vista funzionale e strutturale, come sembrerebbe richiedere la lettera b) dell articolo 1, par. 1 della Direttiva CE 2001/23.

6 AP Comunitaria n. 086 Luglio 2014 pagina 6 di 6 Come visto sopra, sebbene la sentenza confermi, in sostanza, che il trasferimento di azienda o di parte di essa riguardi un entità economica autonoma dal punto di vista strutturale e funzionale, la stessa afferma chiaramente che tale entità economica non necessariamente deve preesistere alla data del trasferimento. Infatti, se così fosse, verrebbe meno la tutela dei diritti dei lavoratori che, come nel caso in specie, non ricadono in detta casistica. Di conseguenza, la Corte Europea giudica coerenti al diritto comunitario le norme italiane interessate: si può affermare, pertanto, che il vecchio concetto della preesistenza, contenuto nell articolo 2112, comma 5 del codice civile prima delle modifiche apportate allo stesso dal D.Lgs n. 276/2003, sia definitivamente superato dalla pronuncia dei giudici europei. Preme ricordare, infatti, che fino all entrata in vigore del D.Lgs 276/2003, l ultimo periodo del comma 5 dell articolo 2112 cod. civ. individuava come parte di azienda quella articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata [ ], preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità. Con la formulazione attuale dell ultimo periodo del comma 5 citato, invece, si intende come parte dell azienda oggetto del trasferimento [un ] articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Pertanto, non si può che affermare che le modifiche apportate dalla Legge Biagi siano coerenti con il disposto normativo comunitario e con la sentenza relativa alla causa C- 458/12, nella quale i giudici europei confermano la legittimità della identificazione operata dalle parti all atto del trasferimento, e non necessariamente prima di tale atto.

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