Oil e gas, un puzzle che vale miliardi
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- Mattia Genovese
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1 Nonostante i progressi delle fonti alternative, il petrolio è ancora protagonista Oil e gas, un puzzle che vale miliardi Negli ultimi sei mesi del 2014 il mercato del greggio ha visto ribassi formidabili. E intanto stanno cambiando gli equilibri. Mosca ha una partita aperta con l Europa. Gli Usa stanno facendo gli sceicchi con lo shale oil. I Paesi arabi contengono la produzione per non svendere. L oro nero determina ancora i rapporti di forza tra le varie aree economiche del pianeta di Ugo Bertone Prezzi ai minimi, il sorpasso della produzione Usa su quella dell Arabia Saudita, la rivoluzione shale. Altro che new economy. La rivoluzione tanto profonda quanto inattesa riguarda un settore «vecchio», il petrolio, risorsa strategica dell età industriale, che da settant anni almeno si cerca di scalzare dalla sua posizione dominante. Ma, nonostante sforzi miliardari, ogni alternativa (nucleare, plutonio, fusione, eolico, solare, biomasse) riesce al più a proporsi come fonte aggiuntiva. E si torna invariabilmente 24 OUTLOOK - GENNAIO/FEBBRAIO 2015
2 Economia Le dinamiche mondiali dell energia L Unione europea importa il 53 per cento dell energia che consuma. Dalla Russia prende il 33% del petrolio e il 39%del gas Da parte sua Mosca non può fare a meno dell Europa: nel 2013 ha venduto qui il 71% del petrolio e l 85%del gas che esporta Il ribasso del greggio ha diverse spiegazioni: la congiuntura economica difficile in Asia e quasi drammatica in Europa; il successo dello shale oil negli Usa; le tensioni nell Est Europa e più ancora in Medio Oriente e Nord Africa al greggio, così pratico, abbondante, versatile ed economico. Ma anche imprevedibile. Al punto che non si contano le cattive figure collezionate dagli esperti nel corso degli anni. Proverbiale l infortunio di «The Economist»: nel marzo del 1999 il settimanale british fece una copertina dal titolo «Il petrolio a dieci dollari potrebbe essere dietro l angolo». Poco dopo cominciò un robusto trend al rialzo. E il giornale, si scusò con i lettori. Ma adesso? I mercati del greggio sono reduci da un semestre di ribassi formidabili, oltre il 30 per cento. In parte, figlio di una congiuntura economica difficile in Asia e quasi drammatica in Europa. In parte, effetto dell aumento dell offerta negli Stati Uniti, grazie al successo del greggio da frantumazione dell argilla. In parte, pa - rente stretto delle numerose tensioni geopolitiche sul fronte dell Est Europa e, più ancora del Medio Oriente e del Nord Africa. C è da chiedersi se il trend sia destinato a proseguire oppure se, come prevedono alcuni operatori, il mercato potrebbe rimbalzare, magari sull onda di possibili novità sullo scacchiere geopolitico o di un possibile mi - glioramento della congiuntura economica. In questa cor - nice, poi, acquista se possibile ancor maggiore rilevanza la debolezza dell Europa in campo energetico, im - portante per le sorti del Vecchio Continente ma anche, di riflesso, per gli equilibri del pianeta. Al di là delle evoluzioni del prezzo del greggio, insomma, l Unione europea non può non prestare la massima attenzione al tema dell energia: la Ue, infatti, importa il 53 per cento di tutta l energia che consuma, dato che inoltre è in crescita. In particolare, non può sottovalutare il dossier Russia, che ha fornito il 33 per cento del petrolio e il 39 per cento del gas consumato dall Europa nel Allo stesso tempo, la Russia non può ignorare la specu- Il calo del greggio ha fruttato nel 2014 ai consumatori Usa un risparmio di 500 dollari. Lo sconto vale anche per l Europa, Italia compresa. Ma accise e tasse, che pesano sulla pompa più delle royalty degli sceicchi, assorbono buona parte dei vantaggi lare dipendenza dalle vendite di idrocarburi all Unione europea alla quale nel 2013 è stato destinato il 71 per cento del petrolio e l 85 per cento del gas esportato. 400 miliardi di dollari risparmiati L immagine più efficace e immediata l ha proposta una tv americana. Un grosso cartello appiccicato, a fine novembre, sul tabellone di una stazione di servizio di Centerville, a metà strada tra Houston e Dallas, nel cuore del Texas agricolo indicava: «Un gallone di benzina (ovvero 3,8 litri, ndr) alla Woody Steakhouse costa solo 1,99 dollari». Quasi un sogno se si pensa che nel Leonardo Maugeri, docente ad Harvard GENNAIO/FEBBRAIO OUTLOOK 27
3 2012, in piena stagione elettorale, i guru della comunicazione si interrogavano se il presidente Obama avrebbe retto all impennata della benzina, pericolosamente vicina ai quattro dollari al gallone. Da allora, grazie allo shale oil (ma non solo) è arrivato un grosso regalo sia per i contadini del Midwest sia per tutti gli altri consumatori Usa che quest anno hanno speso, in media, 500 dollari in meno per fare il pieno. Lo sconto, ovviamente, vale anche per noi anche se in Europa (Italia in testa) accise e tasse, che pesano sulla pompa più delle royalty degli sceicchi, assorbono buon parte dei vantaggi. Ma, a consolarci, ci sono i vantaggi per il fisco, al solito affamato, e per la bilancia commerciale, avvantaggiata dal grosso sconto sui prezzi: da giugno a fine novembre, le quotazioni del greggio sono scese del 30 per cento circa, precipitando da quota 115 dollari a meno di 80. Una bella iniezione di ossigeno per le economie dei consumatori visto che un calo di dieci dollari nei listini del petrolio equivale, secondo gli esperti, a un aumento tra lo 0,15 e lo 0,18 per cento del Pil. La percentuale, naturalmente, varia da Paese a Paese. Gli Usa, ad esempio, devono fare i conti con i minori introiti e i maggiori costi dei produttori, circa 40 miliardi, che sono co - mun que ampiamente compensati dai 70 miliardi di dollari in più nelle tasche dei consumatori. Il guadagno, però, è assai più sensibile per la Cina, che destina circa il 2,5 per cento del Pil alla bolletta energetica. Il risparmio è ancor superiore per l Europa (circa il 3 per cento) o per il Giappone che all import di greggio e gas destina il 5 per cento circa del Prodotto in - terno lordo. In sintesi, la caduta dei prezzi petroliferi dalla metà del 2014 in poi ha provocato un travaso di ricchezza tra produttori e consumatori di circa 400 mi - liardi di dollari, poco meno del 20 per cento del Pro - dotto interno lordo italiano. Un brutto colpo per i grandi produttori, a partire dalla Russia: non a caso la discesa del greggio attorno al 25 per cento, si è riflessa in una caduta quasi parallela del rublo (-23 per cento). Per raggiungere l equilibrio della sua bilancia commerciale, il greggio russo deve essere venduto a 110 dollari, prezzo sensibilmente superiore a quelli spuntati nel tardo autunno. È andata meglio, ma non troppo, ad altre potenze petrolifere. Il budget saudita, ad esempio è costruito su un prezzo medio dell oil attorno ai 90 dollari. Altri viaggiano sull orlo del baratro: il Venezuela, per far fronte agli impegni di un bilancio assai oneroso, va in pareggio a prezzi attorno ai 160 dollari. Per l Iran il punto d equilibrio è a 130 dollari. E così via, in una lunga lista di vincen- Il presidente degli Usa Barak Obama davanti a un pozzo di petrolio americano In questa guerra dei prezzi a guadagnare sono gli Usa, i cui giacimenti sono redditizi a 110 dollari, e per i meno cari ne bastano 40. La Russia ha bisogno di vendere a 110 dollari, mentre il budget saudita è costruito su un prezzo medio attorno ai 90 dollari. Il Kuwait comincia a guadagnare a 55 dollari ti e di perdenti. I giacimenti Usa più costosi divengono redditizi a 110 dollari, per i meno cari basta un prezzo di 40 dollari. Il Kuwait comincia a guadagnare a un prezzo di 55 dollari. Insomma, un grande risiko miliardario che si è tradotto in un forte vantaggio per i consumatori. Ma quanto durerà l attuale situazione? Proviamo a rispondere con uno sguardo al recente passato, nella convinzione, ma non certezza, che i trend dei mercati tendano a ripetersi. Quanto durerà? Prendiamo il ciclo espansivo a cavallo del nuovo Millennio, quello che ha saputo trarre in inganno i guru di «The Economist». Allora il petrolio rimase stabile nella prima metà degli anni Novanta per poi imboccare la strada della discesa, fin quasi a dimezzare di prezzo, a mano a mano che l economia continuava crescere. Il greggio stette a 20 dollari fino alla fine del 1996 e poi arrivò tristemente a 10 nel 1999, proprio mentre le borse iniziavano ad abbandonarsi all euforia di una crescita senza limite basata sulle nuove tecnologie. Nel nuovo Millennio, però, le cose sono andate di - versamente per l irruzione sulla scena di un nuovo sog- GENNAIO/FEBBRAIO OUTLOOK 29
4 la fortuna di avere un partner... Servizi integrati per la valorizzazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare in offerta del Global Service Competenze specifiche nel settore Facility Management a clienti pubblici e privati, come interlocutore unico in grado di fornire tutti i principali servizi sul territorio nazionale. FACILITY MANAGEMENT FOR GLOBAL SOLUTION info@climaticgestione.it Climatic S.r.l Via Vignolese, Spilamberto (MO) Tel Fax S.R.L. getto: la Cina, che proprio in quegli anni aveva preso a crescere a tassi elevati e a divorare materie prime, quasi indifferente al loro prezzo. Di qui i forti investimenti che hanno segnato la prima parte di questo decennio. E che, a detta di Leonardo Maugeri, docente ad Harvard, uno dei massimi esperti mondiali del settore, sono all origine del calo strutturale dei prezzi da lui previsto, per la verità, con largo e non sospetto anticipo nel suo paper del 2012 «Oil: the next revolution». Nel suo ultimo lavoro, uscito a fine novembre in Usa, Maugeri conferma la sua tesi: «Solo un evento geopolitico dirompente», ha sostenuto in un intervista con «First online», «potrebbe frenare questo trend. Oppure un rimbalzo potente della domanda di greggio, ma non se ne vedono le condizioni. Ci troviamo di fronte a un superciclo di investimenti dell industria petrolifera mondiale, partito nel In questi quattro anni sono stati spesi circa miliardi di dollari complessivamente, dalle national oil company e dalle major, una ci fra enorme destinata alla scoperta e sviluppo di nuove riserve di petrolio e gas. Lo chiamo superciclo perché tutto ciò è avvenuto a seguito di un ciclo già robusto di investimenti avviato dal 2003 in poi. La conclusione è che ora sta entrando nuova capacità produttiva frutto di questi investimenti passati». I numeri, al di là delle pressioni e delle manovre che accompagnano i tentativi del cartello Opec di con dizionare il mercato, sono tiranni. «L Arabia Sau - dita», continua Maugeri, «produce circa 9,5 milioni di barili al giorno ma potrebbe estrarne 11,5 milioni. Mantiene una produzione inferiore alla capacità, pro - prio per evitare un crollo dei prezzi. Abbiamo capacità non sfruttata anche in altre aree come Iraq, Iran e Libia per ragioni diverse che vanno dalla instabilità e alle tensioni interne alle sanzioni internazionali. Se guardiamo alle statistiche sulla capacità produttiva mondiale, che includono greggio, gas naturale liquefatto e biocarburanti si registra una crescita di 100 milioni di barili al giorno in più rispetto a qualche anno fa. La domanda invece è ferma a 93 milioni di barili al giorno, con un eccedenza evidente che si ripercuote sui prezzi». Potrà cambiare il quadro nel corso dell anno? Di si curo si profila una fase più volatile, in attesa di un assestamento che richiede tempi non brevi. Un eventuale accordo con l Iran sul nucleare, possibile in tempi brevi sotto la minaccia dello Stato islamico, potrebbe porre fine alle sanzioni e portare altro greggio sul mercato. Il nuovo Congresso americano a mag - gioranza repubblicana si accinge a dare il via libera a Un impianto della Rosneft, la maggiore compagnia petrolifera russa; il socio di maggioranza è il Cremlino I ribassi aiutano anche la bilancia commerciale dei Paesi industrializzati, per lo sconto sui prezzi: da giugno a fine novembre le quotazioni del greggio sono scese da 115 dollari a meno di 80. E ogni calo di dieci dollari equivale a un aumento tra lo 0,15 e lo 0,18 per cento del Pil nuovi gasdotti e oleodotti (primo fra tutti il Keystone XL che convoglierà gli oli bituminosi del Canada verso il Golfo del Mes sico per esser lavorati dalle raffinerie Usa) e liberalizzerà le esportazioni, immettendo altra produzione sul mercato internazionale. Le estrazioni verranno tagliate solo marginalmente, là dove costa di più (nelle acque profonde al largo del Brasile o del Golfo di Guinea) o do ve è più esposta al - la concorrenza della nuova produzione americana (il light nigeriano). Poiché Russia e Ve ne zue la continueranno a produrre più che possono, alla fine la partita verrà giocata tra i sauditi (che hanno la forza economica per permettersi tagli di produzione) e i nuovi produttori americani di shale oil, più elastici ri spet to ai prezzi in quanto privati. Ci vorranno ancora dei mesi prima che sia trovato un nuovo equilibrio. Gli sceicchi Usa dello shale oil A condizionare il quadro contribuisce un altra, rivoluzionaria novità: la massiccia entrata in produzione di greggio e gas non convenzionali negli Stati Uniti, grazie al boom dello shale oil, è un fatto senza precedenti nelle sue proporzioni e altera il ciclo tradi- GENNAIO/FEBBRAIO OUTLOOK 31
5 Economia zionale dei prezzi, accentuandolo. Gli Sta - ti Uniti sono ormai non solo il primo Paese consumatore di petrolio del mondo (primato insidiato dalla Cina) ma anche il primo produttore: 8,6 milioni di barili nell agosto 2014 contro i 5,4 milioni dell inizio del Una novità che incide sui rap porti di forza tra le va rie aree economiche del pianeta: Ca nada, Messico e Ve - ne zuela sono oggi i mag giori fornitori de - gli Usa e l Arabia Sau dita è scesa al quarto posto. Paesi che esportavano verso gli Usa devono riposizionare la propria offerta. Vale per l An gola e la Nigeria ma an - che per l Arabia Saudita che taglia i prezzi per mettere fuori mercato i produttori Usa meno convenienti (e più fragili sul pia no finanziario) ma anche per rendere più competitivo il suo greggio rispetto ai concorrenti. Gli Stati Uniti, inoltre, sono diventati il primo produttore di gas e possono vantare i prezzi più bassi al mondo. «Ma usare questo potenziale in chiave geopolitica è difficile», ammonisce Maugeri. «Innanzitutto perché il basso livello dei prezzi interni sta alimentando un industria energivora in crescita che esercita una forte pressione sull amministrazione Obama per limitare i permessi di esportazione. Sanno che ciò porterebbe a una crescita dei prezzi interni. D altro lato, per esportare servono terminali di liquefazione nuovi. Il primo sarà pronto nel 2015 e altri progetti sono in corso, ma ci vuole tempo». «Se poi venisse aumentata l esportazione», avverte lo studioso, «lo shale gas americano andrebbe soprattutto verso l A - sia dove i prezzi sono più remunerativi, e non verso l Europa. Inoltre i politici americani sono molto prudenti a concedere per messi all export e cercano un punto di equilibrio che non penalizzi l industria na zionale. In conclusione, tra dieci anni la produzione si attesterà tra gli 80 e i 100 miliardi di metri cubi l anno ma il per cento andrà verso l Asia e solo il per cento verso l Europa. E ciò potrà rendere più liquido il mercato ma non compromettere la politica del gas russa». Europa, l incognita russa La Russia è la grande incognita geopolitica del 2015 in grado di gettare una pesante ipoteca sulla possibile ripresa economica dell Europa. Se anche la Ue, con grande difficoltà, riuscisse a raggiungere nel 2020 l o - biettivo del 20 per cento di consumi soddisfatti dalle energie rinnovabili, per i quattro quinti restanti dovrà affidarsi ai vecchi combustibili fossili. In questa cornice Mo - sca resta il partner energetico ideale vista la complementarietà delle economie: nel 2013 l export europeo verso la Russia ha raggiunto i 264 miliardi contro i 152 miliardi di import. Ma, dopo lo scoppio della crisi ucraina, la cooperazione è diventata difficile: da una parte il timore di essere ricattati da un partner militarmente potente e ag - gres sivo, dall altra l accusa da parte di Vla - dimir Putin di comprimere i prezzi del greggio sui mercati per mettere in ginocchio la Rus sia. Esistono alternative al greggio di Mo - sca? Il rapporto sull economia globale del Centro Einaudi ne elenca quattro, non sem - pre agevoli: puntare su Ankara per approvvigionarsi nel Centro Asia e migliorare le relazioni con il Medio Oriente; maggiore coinvolgimento nel Middle East, per giocare un ruolo da protagonisti in Iraq, rinnovando al contempo l impegno nel Nord A fri - ca, Libia in testa, in modo da rimediare ad anni di politica di basso profilo; la carta dell Iran, che implica una stabilizzazione degli equilibri della regione; accelerazione dei rapporti con gli altri fornitori, dalla Ni - geria al Mozambico fino al Venezuela orfano del cliente americano. Alla fine, però, dal punto di vista economico la Russia resta l op zione migliore. Speriamo che la politica non renda questa strada impraticabile. No - nostante il basso prezzo del greggio, del re - sto, l Europa sta già pagando un alto prezzo in termini di competitività nei confronti degli Usa, con ricadute immediate per gli investimenti nella chimica o nella manifattura. E all Italia, che nel frattempo non sfrutta il gas dell Adriatico su cui investono Croazia e Slovenia e frena le esplorazioni sia in Basilicata che off shore, potrebbe toccare la bolletta più salata. Oltre 30 anni di esperienza in soluzioni per aziende. Acquisizione dati di qualsiasi tipo, anche presso il cliente, con personale altamente specializzato. Modena Via Giardini 460 scala E Tel Fax
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