Comune: Denice. Diocesi: Acqui. Pieve: nessuna notizia.
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- Patrizia Pellegrino
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1 Comune: Denice Provincia: Alessandria. Area Storica: Feudi degli Scarampi di Crivelli. Abitanti: 243 (ISTAT 1991). Estensione: 7,45 kmq. Confini: a nord Monastero Bormida, a est Ponti e Montechiaro, a sud Monbaldone, a ovest Roccaverano. Frazioni: Piani, Piani Superiori. Toponimo storico: nella rara documentazione medievale sulla località si trova la forma latina «Denex». Diocesi: Acqui. Pieve: nessuna notizia. Altre presenze ecclesiastiche: la parrocchia di San Lorenzo possiede due cappelle: una intitolata al S. Rosario e l altra a San Carlo. Nella relazione parrocchiale del 1660 sono elencate la chiesa di S. Sebastiano, sede dell oratorio dei Disciplinanti e della Compagnia del S. Sacramento (ASVA, Denice, Parrocchia di S. Lorenzo, fald. 1, cart. 2, fasc. 1). La relazione del 1728 riporta la presenza di quattro chiese oltre a quella parrocchiale: la chiesa di S. Massimo, proprietà della Compagnia del Carmine, la chiesa di S. Sebastiano, proprietà dei confratelli della S. Trinità (ASVA, Denice Parrocchia di S. Lorenzo, fald. 1, cart. 5, fasc. 2), la chiesa intitolata a Maria Vergine della Neve, fondata dal marchese Scarampi nel 1679 (ASV, Denice, Parrocchia di S. Lorenzo, fald. 1, cart. 4, fasc. 1), situata in direzione di Mombaldone ed infine la chiesa intitolata a Maria Vergine Addolorata, proprietà del signore Giacomo Poggio (eretta nel 1708, ASVA, Denice, Parrocchia di S. Lorenzo, fald. 1, cart. 5, fasc. 3). Quest ultima chiesa fu interdetta da Monsignor Gozzani per inadempienza di Giacomo Poggio. Nella relazione del 1838, redatta dall arciprete Giuseppe Antonio Falco, compaiono due chiese: di S. Anna (alle Chiazze, nei pressi della strada della Colla di Denice in direzione di Monastero Bormida) e di San Rocco, forse una seconda intitolazione alla chiesa di S. Sebastiano visto che non viene menzionata in questa relazione (posta sulla strada verso Roccaverano pochi metri fuori dal paese). Viene ribadito, nel 1862, che gli altari non hanno patronato e non hanno alcun obbligo religioso. Nella relazione del 1927 viene nominato un santuario del Bambino di Praga, di cui non si ha notizia in nessun documento. L unica chiesa a cui sono legati redditi è quella di S. Sebastiano, le altre non sono vincolate a nessun bene. Altre due cappelle compaiono nei documenti dell archivio vescovile ma non sono elencate nelle relazioni parrocchiali: la cappella di S. Carlo, eretta nel 1628, e la cappella di San Marco, a cui viene rifatto il tetto nel 1933 (ASVA, Denice, Parrocchia di S. Lorenzo, fald. 1, cart. 5, fasc. 1 e fald. 1, cart. 5, fasc. 5). Comunità, origine e funzionamento: non ci sono attestazioni antiche della comunità di Denice, salvo le indicazioni di un «castrum et villam» nel documento di cessione ad Asti da parte di Ottone del Carretto nel 1209 (Arata 2000, p. 107). L assenza degli ordinati del consiglio non ci permette di identificare l attività della stessa. Solo il Registro delle nobile comunità di Denice di tutte le proprietà e nomi delle contrade per ciascheduno e nomi delli consiglieri, compilato da Gio Angelo Costa nel 1629, rimane la prima attestazione diretta dell attività della comunità di Denice. I documenti sulla
2 fiscalità, depositati nell archivio di Torino, sono raccolti a partire dal 1619 (AST, Camera dei conti, Controllo finanze , Denice). Dipendenza nel Medioevo: Denice fa parte dell antico contado acquese e poi della dotazione dell abbazia di S. Quintino di Spigno, fondata nel 991 da Anselmo Aleramo; confermata nel 1178 dal papa Alessandro III, che indica il luogo come rientrante nella giurisdizione della chiesa di Acqui. Nel 1328 il monastero vende al marchese Corradino di Ponzone tutti i suoi possedimenti e diritti nel territorio e sugli uomini di Denice (Monumenta aquensia, vol. III, p. 235, doc bis). Feudo: secondo Casalis la località è ceduta nel 1209 dai marchesi del Carretto al comune di Asti insieme ad altre terre; in seguito risulta feudo dei Cavoretti di Belvedere. Di certo sappiamo che verso la fine del XIII secolo (1296) il vescovo di Acqui investe Enrieto, marchese di Ponzone, della terza parte delle decime di Denice (Savio 1967, p. 233, doc. 924 ter). Nel 1320 il vescovo Oddone concede in investitura le decime di Denice al marchese Bonifacio di Ponzone (Monumenta aquensia, vol. I, col. 279, n. 276); tale cessione è rinnovata nel 1342 dal vescovo Guido d Incisa (Le carte medievali, doc. 245 e Monumenta aquensia, vol. I, col. 293, n. 288). Il feudo di Denice è stabilmente rimasto nei possedimenti degli Scarampi anche se alcune porzioni del feudo vennero condivise con i marchesi di Ponzone, che le ottennero nell investitura del L investitura fu concessa dai fratelli Nicola, Luigi e Rinaldo Scarampi a favore di Giorgio dei marchesi di Ponzone (AST, Corte, Paesi per A e B, mazzo 1). Pochi anni dopo, 12 giugno 1496, il diploma dell Imperatore conferma ad Ambrogio Scarampi le porzioni spettantigli in Castelletto, Denice, Gorrino, Vinchio e Bubbio. Ancora gli Scarampi documentano il loro continuo possesso di Denice nel 1543 con l investitura del Duca Emanuele Filiberto in favore di Bartolomeo Scarampi per le porzioni restanti di Montaldo, Saleggio, Castelletto, Gorrino, Denice e 1/8 di Roccaverano. Nel 1575 l investitura di Emanuele Filiberto documenta la presenza di Denice nel contado di Canelli, proprietà degli Scarampi dello stesso luogo. Alla sua morte, la vedova Francesca Maria Valperga lo lasciò a suo figlio di secondo letto Amedeo Nicolò Scarampi Crivelli (1603), il quale lo cedette, nel 1702, a Giuseppe, conte di Viallafranca, Cacherano Scarampi Crivelli. Il feudo venne poi trasmesso ai conti di Cavoretto (1781), in seguito all estinzione della linea Scarampi (Guasco di Bisio 1911, vol. II, p. 165). Mutamenti di distrettuazione: il feudo di Denice rimase stabilmente in possesso degli Scarampi di Canelli, le uniche liti confinarie documentate sono con la comunità di Montechiaro, anch essa possesso degli Scarampi. Sulle rotte del transito nella valle delle vie di mezza costa, alternative alla strada che passa nel fondovalle e soggetta ai dazi monferrini, Denice e Montechiaro furono la zona di controllo Scarampi su tutta la valle Bormida di Spigno. A partire dal 1712 i Savoia estendono il loro dominio sul Monferrato e progressivamente sui feudi imperiali del Piemonte meridionale. Nel 1730 viene istituita la provincia sabauda di Acqui, attiva fino al Nel periodo napoleonico, in un primo momento, fu inserito nel dipartimento del Tanaro, e successivamente nel dipartimento di Montenotte. L Editto Regio del 27 ottobre 1815 decreta la costituzione della provincia di Acqui divisa in quattro cantoni: Ponzone, Pareto, Bistagno e Roccaverano. Denice fu inserito nel cantone di Roccaverano insieme a Mombaldone, Olmo Gentile e San Giorgio Scarampi.
3 La provincia di Acqui gravitava nella Divisione di Alessandria, ricostituita dal Regno di Sardegna nel Il riordino amministrativo del Regno di Sardegna del 1848 fa confluire parte della provincia di Acqui in quella di Savona. A partire però dal 1860, il Regno di Savoia ristruttura nuovamente l assetto amministrativo della zona e buona parte della provincia di Acqui viene smembrata e distaccata nella provincia di Alessandria. Denice segue le vicende della provincia di Acqui fino al 1929 quando viene modificato l assetto del territorio comunale. Il comune di Denice in epoca fascista venne accorpato al comune di Montechiaro con il nome di Montechiarodenice. Tutt ora la stazione ferroviaria, situata tra Montechiaro Piana e Denice Piano, è chiamata stazione di Montechiarodenice. Nel 1946 i due comuni vennero nuovamente scissi e vennero ricreate le rispettive istituzioni. Nell archivio comunale non è momentaneamente possibile accedere al materiale conservato del periodo fascista per via della ristrutturazione dell edificio e del trasferimento in corso dell archivio. Parte della documentazione di questo periodo è comunque consultabile e conservata nel fondo parrocchia di S. Lorenzo dell archivio vescovile di Acqui; si tratta per lo più dei bilanci comunali degli anni Trenta. Mutamenti territoriali: i catasti seicenteschi e settecenteschi non permettono di osservare i mutamenti territoriali avvenuti. Piccoli mutamenti territoriali sono visibili dalla discrepanza dei dati della popolazione del Regno d Italia del 1881, che censisce il territorio del comune in 7,45 Kmq, e i dati ISTAT nel 1921 in cui vengono dichiarati 7, 16 Kmq. Nel 1991 i dati ISTAT riportano il valore della superficie del comune di Denice in 7,45 Kmq. Infine si veda anche l accorpamento del 1929 dei comuni di Montechiaro e Denice (cfr. il lemma Mutamenti di distrettuazione ). Comunanze: anche se sono disponibili i catasti è stato impossibile individuare la consistenza dei beni a gestione comune. Luoghi scomparsi: già tra il 1991 e il 1951 vengono ridotte le frazioni precedentemente registrate nei censimenti ISTAT. Non compaiono più le frazioni Buri e Ciano, mentre viene inserita la frazione Piani Superiore. Piani Superiore, che compare solo nel 1991, è inserita per distinguere la frazione da Montechiaro Piana o meglio dalla zona della stazione ferroviaria di Montechiarodenice. Ancora nella relazione parrocchiale del 1927 venivano citate le seguenti frazioni: Piani, Ciano, Chiazze e Cribasula. Fonti: L archivio comunale di Denice conserva poche carte antiche: un libro rilegato di ordinati dal 1725 al Il 29 aprile 1733 viene ordinato di far costituire i catasti sulla base del Registro delle nobile comunità di Denice di tutte le proprietà e nomi delle contrade per ciascheduno e nomi delli consiglieri, del 1629, compilato da Gio Angelo Costa. Sono presenti altri due catasti compilati nel 1712 e nel Per ogni catasto è possibile consultare un libro dei trasporti. Oltre a questi documenti locali sono leggibili le carte dell archivio vescovile di Acqui che, oltre a possedere le relazioni parrocchiali e le informazioni sulle cappelle, conserva una cospicua serie di processi criminali e civili, come si è riscontrato per i fondi degli altri comuni. Questa appare la caratteristica peculiare dell archivio acquese. I fondi torinesi Langhe e Paesi per A e B forniscono invece le informazioni sui diplomi e sulle investiture. Sono inoltre documentate alcune liti giurisdizionali tra Montechiaro e Denice.
4 L archivio di Stato di Alessandria conserva i quattro depositi dei notai che hanno rogato a Denice dal 1696 al 1839: Billia Antonio Maria ; Billia Gerolamo ; Billia Massimo ; Poggio Gio Batta Una descrizione sommaria di Denice, redatta per la realizzazione della carta generale dei campi di battaglia o «carte des marches» di Rodolphe Schovani, si trova nell archivio di Vicennes (SHAT, mr. 1364). Bibliografia: Acqui Terme, Statuta vetera civitatis Acquis, a cura di G. Fornarese, Alessandria Arata A., L incastellamento in Val Bormida: localizzazione e riferimenti documentari, in Incastellamento, popolamento e Signoria rurale tra Piemonte meridionale e Liguria. Seminario di Studi: fonti scritte e fonti archeologiche, Acqui Terme, novembre 2000, a cura di F. Benente, Bordighera-Acqui Terme Arata A., I mansi di S. Quintino: le origini delle strutture insediative nelle Langhe tra le due Bormide, in «RSAAAl.At.», 100 (1991), pp Arata A., De strata securiter tenenda, in «Acquesana», 1 (1995), pp Balbis G., Val Bormida medievale. Momenti di una storia inedita, Cengio Bigliati F.G., Feudi e comuni nel Monferrato e le vicende storico-giuridiche di Pareto e Pontinvrea, Casale Bosio B., La charta di fondazione e donazione dell abbazia di S. Quintino di Spigno (4 maggio 991),Visone Cartario Alessandrino fino al 1300 a cura di F. Gasparolo, Alessandria (BSSS 113, 115, 117). Le carte medievali della chiesa d Acqui, a cura di R. Pavoni, Genova Casalis G., Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino Chabrol de Volvic F., Statistique des provinces de Savona, d Oneille, d Acqui et de partie de la province de Mondovì, formant l ancien département de Montenotte, Paris Chiesa d Acqui e Monferrato dal tema storico di Cavatore, Acqui Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino Fontana L., Bibliografia degli statuti dei comuni dell Italia superiore, Torino Grendi E., La pratica dei confini: Mioglia contro Sassello, in «Quaderni storici», 63 (1986), pp Guasco di Bisio F., Dizionario feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia, Pinerolo 1911 (BSSS 55). Manno A., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, 10 voll., Torino Manno A., Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte da documenti, Civelli, Firenze , 2 voll. e 27 dattiloscritti, vol. I, ad vocem. Merlone R., Gli aleramici: una dinastia dalle strutture pubbliche ai nuovi orientamenti territoriali (secoli IX XI), Torino Merlone R., Sviluppo e distribuzione del patrimonio aleramico (sec. X e XI), in «BSBS», 105 (1992), pp Monumenta aquensia, a cura di G. B. Moriondo, Torino (rist. Bologna 1967). Murialdo G., La fondazione del burgus Finarii nel quadro possessorio dei marchesi di Savona, o del Carretto, in «Rivista Ingauna e Intemelia», n. s. 45 (1985), nn. 1-3, pp Oliveti L., Le pievi medioevali dell Alta Val Bormida, in «Rivista Ingauna e Intemelia», 27 (1972), nn. 1-4, pp
5 Origone S., Un unità territoriale bizantina: il basso Piemonte nel secolo di Giustiniano, in Gavi: tredici secoli di storia in una terra di frontiera. Atti del Convegno, a cura di L. Balletto, G. Soldi Rondinini, Gavi Panero F., Villenove e progetti di popolamento nel Piemonte meridionale. Fra Nizza Monferrato e Bistagno (sec. XI - XIII), in Economia, società e cultura nel Piemonte bassomedioevale. Studi per Anna Maria Meda Patrone, Torino Pavoni R., L organizzazione del territorio nel Savonese: secoli X XII, in Le strutture del territorio fra Piemonte e Liguria dal X al XVIII secolo. Atti del convegno internazionale. Carcare, 15 luglio 1980, a cura di A. Crosetti, Cuneo Pavoni R., Ponzone e i suoi marchesi, in Il Monferrato crocevia politico, economico e culturale tra Mediterraneo e Europa. Atti del convegno internazionale. Ponzone, 9-12 giugno 1998, a cura di G. Soldi Rondinini, Ponzone 2000, pp Provero L., I marchesi del Carretto: tradizione pubblica, radicamento patrimoniale e ambiti di affermazione politica, in Savona nel XII secolo e la formazione del comune: Atti del convegno di Savona, 26 ottobre 1991, in «Atti e memorie della Società savonese di storia patria», n. s. 30 (1994), pp Provero L., Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (secoli XI-XIII), Torino 1992 (BSSS 209). Savio F., Gli Indici aggiunte e correzioni, in Monumenta aquensia, a cura di G. B. Moriondo, Torino (rist. Bologna 1967). Sereno C., Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di sfruttamento secoli X-XII, in «BSBS», 96 (1998) pp e 97 (1999), pp Sturani M.L., Il Piemontese, in Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, a cura di L. Gambi, F. Merloni, Bologna 1995, pp Torre A., Faida, fazioni e partiti, ovvero la ridefinizione della politica nei feudi imperiali delle Langhe tra Sei e Settecento, in «Quaderni Storici», 63 (1986), pp Torre A., Il consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell Ancien Régime, Venezia Denice I dati ISTAT dal 1951 al 1991 (506 abitanti nel 1951, 386 nel 1961, 332 nel 1971, 272 nel 1981 e 243 nel 1991) mettono in luce che c è uno spostamento di popolazione da Denice, sita a mezza costa sulla sinistra orografica della valle Bormida di Spigno a 387 m slm, verso la località Piana, in fondovalle (184 m slm) verso la stazione ferroviaria di Montechiarodenice. Piana tra il 1951 e il 1961 acquista 30 abitanti diventando nel 1991 il luogo più abitato del comune con 74 abitanti. Lo spopolamento non interessa solo Denice, che perde complessivamente la metà circa dei suoi abitanti in cinquant anni, ma anche le case sparse, che vengono progressivamente abbandonate (contano 94 abitanti nel 1991 e 327 nel 1951). Sostanzialmente il cambiamento avviene tra il 1951 (506 abitanti) e il 1961 (386 abitanti), mentre la popolazione decresce come per gli altri comuni a partire dal 1920 (657 abitanti). Anche i dati sulle case sparse confermano l accentramento verso il fondovalle. È possibile integrare le informazioni sulla popolazione con i dati provenienti dalle relazioni parrocchiali. Nel 1680 le «anime da comunione» sono 193, ma non è dato conoscere il numero complessivo della popolazione. Nel 1728 la popolazione si attesta su 450 abitanti. Le altre relazioni non forniscono informazioni utili fino al 1947 quando la popolazione è di 507 abitanti e scende a 410 nel Non possiamo sapere con certezza se la parrocchia corrisponde al territorio comunale, anche se è probabile in quanto le stime della popolazione sono coerenti con i valori registrati dall ISTAT. Solo per quanto concerne il
6 1964 e il 1961 c è una discrepanza di ventiquattro abitanti. Si confermano quindi i risultati sopra riportati. L accentramento di Denice verso la valle è quindi un fenomeno recente, mentre si attesta una prolificazione delle cappelle campestri nelle frazioni a partire dalla metà del XVII secolo. L intervento, molto tardo rispetto al processo di assimilazione delle direttive tridentine, del vescovo Gozzani nel 1728 concentra maggiormente la devozione nella parrocchia e nelle cappelle da essa gestite direttamente. Vengono infatti donate dal vescovo, proprio in questo periodo, le reliquie di s. Vincenzo, s. Benigno, s. Desiderio e s. Candida (relazione del 1728 del sacerdote Giacomo Malfatto) necessarie a creare un culto dei santi legato alla parrocchia e controllato dalla diocesi. In parrocchia erano già state istituite le tre compagnie del S. Sacramento nel 1683, del Rosario nel 1663 e della Trinità nel 1688, anch esse legate alla parrocchia (ASVA, Parrocchia S. Lorenzo, Denice, fald. 1, cart. 1, fasc. 2). Il clero regolare locale però non serviva tutte le frazioni, ma gli unici due sacerdoti presenti fino alla metà del XVII secolo si dividevano gli incarichi in questo modo: uno celebrava la Messa il sabato in una cappella sui confini con Mombaldone e l altro, nelle feste e alla domenica, celebrava le funzioni in parrocchia. Sempre nella prima metà del XVIII secolo, il parroco, su ordine della Diocesi, vieta il ballo che tradizionalmente si organizzava il giorno nella festa di s. Lorenzo (relazione del 1736). L argomentazione con cui viene interrotto il ballo è che causa disordini sociali gravi. Questi disordini però sono dovuti alla partecipazione al ballo di forestieri che mettono in evidenza i contrasti interni ed esterni alla comunità. L apice delle liti si riscontra nel 1735 quando due uomini vengono uccisi a Ponti in seguito alla lite manifestatasi al ballo di s. Lorenzo. La festa viene quindi tramutata in fortemente religiosa dai sacerdoti locali. Il cambiamento sembra però avvenire quindici anni prima. I sacerdoti di Denice, soprattutto nella prima metà del XVII secolo e con meno intensità fino al 1715, sono tutt altro che paladini dell ordine. Sono infatti numerosi i processi per usura, comportamento immorale, pestaggi, furti, omicidi. I numerosi processi istruiti dal tribunale vescovile sono serviti per creare una figura differente del clero da quella settecentesca (cfr. i 35 processi contro sacerdoti del fondo processi di Denice in ASVA, fald. 2, cart. 2, fascc. 4, 5, 7, 9-13; fald. 3, cart. 1, fascc. 2 e 4, fald. 4, cart. 1, fascc. 5-8, 10, 12-18, 20; fald. 5, cart. 1, fascc. 6, 8-18, 21, 22). Si può affermare che la repressione diocesana abbia avuto successo e sia terminata con le ultime istanze del vescovo Gozzani, analizzate sopra. Il successo dell operazione, dal punto di vista diocesano, trova conferma nelle relazioni parrocchiali settecentesce che riportano, fino al 1838, le parole scritte ancora una volta dall arciprete, Giuseppe Antonio Falco, che comunica al suo vescovo che non ci furono abusi e disordini durante la festa di San Lorenzo. L unica lite confinaria, archiviata come lite giurisdizionale, è quella vertente tra Denice e Montechiaro (AST, Corte, Langhe 55, R mazzo J, 1). Le carte con «tipo dei luoghi di Denice e Montechiaro», eseguita da Giovanni Alciatti, rappresenta il Bormida e la deviazione operata dal marchese di Canelli Scarampi per alimentare un mulino sul Bormida. La lite risale a circa trent anni prima della produzione delle carte. Il confine tra Denice e Montechiaro costituito dal Bormida è molto precario perché muta a seconda delle piene del fiume e del mutare del suo letto. L operazione di Scarampi ha permesso alla comunità di Montechiaro di recuperare un terreno vasto nel luogo in cui possiede una «cascina allargandosi sul lato sinistro della Bormida verso Denice». Il letto del fiume viene quindi spostato verso Montechiaro.
7 La controversia viene presentata al tribunale imperiale e la Relazione del Mezzabarba Birago, fiscale Imperiale e Generale, il 18 giugno 1696, accoglie le istanze di Denice sentenziando la legittimità della presa di possesso. Il messo imperiale scrive che il letto del Bormida fu modificato a vantaggio della comunità di Montechiaro poiché ogni volta che si ingrossa il fiume l acqua invade i confini di Denice rovinando le colture. Gli uomini di Denice, contrariamente al volere di quelli di Montechiaro, costruiscono un argine di pietre, in modo da allagare i terreni buoni di Montechiaro. Dopo sette anni, però, un alluvione riporta il letto del fiume nell alveo antico e restituisce a Montechiaro quello che gli aveva occupato nell alluvione precedente. «Perciò le masserie di Montechiaro saranno circa trent anni che godono detti beni restituiti dal fiume». Il fiume, in seguito a quell alluvione, scorre anche nel letto nuovo creando un isoletta, chiamata Gerone, che rende dodici doppie e che è da tempo immemorabile possesso di Montechiaro. Il 19 maggio 1986 quelli di Denice con l aiuto «degli Imperiali prendono possesso dell isoletta che era affittata ad alcuni massari. Il possesso viene reso subito imperiale con un decreto di salvaguardia di Sua Altezza Reale intimando alla Real Camera di non doversi più ingerire di tale affitto e massari. Per compiere il possesso violento hanno tagliato nel piede 40 e più grossi alberi. Viene dunque contestato questo possesso». Il contenzioso viene rinviato al Senato del Piemonte che sancisce il suo verdetto: il Senato risponde che il possesso della terra è naturalmente di Denice in quanto il marchese Crivelli Scarampi era signore di Denice e Montechiaro (informazione avuta dal capitano Protti) e quindi aveva deviato il corso del fiume per far andare un mulino oggi abbandonato. Le informazioni del Senato provengono dal capitano Protti che ritroviamo in tutti i feudi imperiali e gestisce spesso i tentativi di composizione delle liti giurisdizionali. La sentenza del Senato si avvale di un principio semplicissimo che motiva l origine della sua scelta: «la Bormida, fiume naturalmente saltuario, ha per salto variato il suo corso qual prima era in vicinanza del luogo di Montechiaro e lasciava i terreni di Chiapino e campo Piazzo liberi dal centro di Denice e ha dato comodità a quelli di Montechiaro di turbare la comunità di Denice nel possesso». La lite sembra ricomposta almeno fino a quando il Bormida non rimetterà in discussione i termini dei confini tra le due comunità. Il Senato ricompone la lite perché il territorio è infeudato allo stesso proprietario e non si preoccupa di considerare le parti in causa che sono invece le comunità (AST, Corte, Langhe 55). Questo contrasto sul Bormida sancisce il precedente necessario per rivendicare l imperialità di Denice che si vede beneficata da una sentenza appunto imperiale. Denice prima del 1695 non si dichiara mai imperiale, sono gli uomini di Montechiaro a «pretendere imperiale un finaggio di Denice», questo provoca la visita dei catasti e la sentenza sopra riportata. Occorre ricordare che gli Scarampi di Canelli si dichiarano imperiali in tutti i loro possessi e usano l imperialità per svincolarsi dall avanzata dei Savoia (Grendi 1986). Il loro partito filoimperiale è destinato a esaurirsi pochi anni dopo con l annessione dei Savoia di tutto il Monferrato e dei feudi imperiali della zona.
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