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1 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR settimanale diretto da luigi amicone anno 20 numero giugno ,00

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3 EDITORIALE governo a gonfie vele, paese SENZA OSSIGENO I primi cento giorni di Renzi son stati un affare, ma la svolta ancora non c è Il fatto che persino Grillo si sia piegato a trattare la dice lunga sulla salute politica del rottamatore. Matteo Renzi taglia il traguardo dei primi cento giorni di governo con il vento che gli gonfia le vele. Della legittimità (giornali proni, cancellerie internazionali in sollucchero, 40,8 per cento di elettori in brodo di giuggiole). E del comando (minoranza Pd ridotta alla marginalità). «Mentre qualcuno passa le giornate a ragionare di cosa fa un senatore dice l amato leader cercando i famosi 15 minuti di celebrità, noi stiamo rivoluzionando l Italia». Nei fatti, ad oggi, la rivoluzione si limita agli 80 euro arrivati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi compresi tra 8 mila e 24 mila euro lordi l anno. Mentre i contribuenti italiani restano il popolo europeo sottoposto al più alto incremento di pressione fiscale e con il debito pubblico che non causa mazzette ma grazie ai costi dello Stato continua la sua ascesa (siamo oramai alle soglie del 140 per cento del Pil) e in aprile ha raggiunto il livello record di 2.146,4 miliardi (più 26,2 miliardi rispetto a marzo). Fate conto che in base al fiscal compact, il patto finanziario europeo per il quale ci siamo impegnati ad abbattere il debito di tre punti ogni anno, per vent anni, portandolo al 60 per cento del Pil, a partire dal 2015 i contribuenti italiani dovrebbero pagare ogni anno, per vent anni, suppergiù il doppio Il DEbITO pubblico continua a SALIRE e SI avvicina ORmAI AL 140 PER CENTO DEL pil. COSA Significa? SIgnifica Che occorre cambiare LO STATO dei 54,5 miliardi di euro, tra imposte, tasse e tributi, versati lo scorso 16 giugno. Impresa impossibile, dunque degna, direbbe la Merkel. Ma insomma, solo questo dato basta e avanza a ricordarci che l unica rivoluzione sarebbe il rovesciamento come un calzino del modello di Stato incentrato su Roma e sulla pletora di corpaccioni che lo compongono. Sotto questo profilo Renzi sta ancora promettendo molto e facendo poco. In compenso, per arginare la campagna ideologica che si nutre delle inchieste di giornata, Renzi ha personalizzato la lotta alla corruzione, spingendo nuove leggi e inventandosi i Raffaele Cantone (Expo di Milano) facenti funzione di superprefetti, superdirettori di lavori pubblici, supermagistrati inquirenti. Una linea commissariale leguleia come ammette quella parte di magistratura non corrotta da ambizioni di gloria e di carriera personali che non è la soluzione ma è parte del problema sprechi, inefficienze, corruttele, che caratterizzano il sistema Italia. Dunque: perché Renzi non riprende il percorso della scomposizione e ricomposizione dello Stato italiano su basi federali? Perché non ritorna sulla via della definizione dei costi standard, specie in settori come la sanità che pesa per l 80 per cento sui bilanci pubblici? Perché non libera la scuola dal disastro dello statalismo? Perché, per dirla con Pierluigi Battista, «sta rottamando tutto, ma non la sudditanza al giustizialismo» che seguita ad attribuire alla magistratura una supplenza politica salvifica, soffoca la società e castra ogni ripresa di libertà e intraprendenza economica? MINUTI A tre metri dal crocefisso Roma. Una chiesa al quartiere Prati, una sera di giugno. Appena oltre il portone, sulla parete destra, c è un crocefisso di legno. Molti di quelli che escono da Messa si avvicinano, guardano al volto di Cristo, ne accarezzano i piedi trafitti. Tante carezze nel tempo hanno corroso i piedi di legno, che ora sono ricoperti d oro. Io osservo, da un angolo accanto a una colonna. La Messa è finita, la chiesa è quasi vuota ormai, si spengono le luci. Quando arriva una donna con i capelli grigi ma ancora forte, e massiccia. Lei non si accosta al crocefisso come gli altri, a capo chino. Ferma e diritta, a tre metri di distanza, lo guarda; con sul volto una espressione grave e fiera. Come una che ricordi a Dio: tu, lo sai, hai promesso. Promesso che il marito guarisca, forse, o che un figlio che se ne è andato ritorni. Ciò che mi colpisce è lo sguardo, non di supplica, ma come di profonda e battagliera certezza. Resta ferma la donna almeno un minuto in quel suo silenzioso apostrofare il Cristo in croce. Poi si segna e se ne va, sempre a testa alta, il passo lento e sicuro. Che sia così, mi chiedo, che bisogna pregare? Con la totale fermezza vista in faccia a questa sconosciuta: che nemmeno per un istante pareva dubitare che Dio la possa, se lo vuole, esaudire. Si tratta solo di ricordarglielo, a Dio, e di insistere. Si tratta solo, pazienti, certi, di aspettare. Marina Corradi 25 giugno

4 settimanale diretto da luigi amicone anno 20 numero giugno ,00 SOMMARIO 08 PRIMALINEA DOVE CI PORTA MARE NOSTRUM? BORSELLI, GROTTI NUMERO 25 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr L esercito del terrore islamista conquista metà Siria e Iraq. E ora lancia la sfida all Occidente LA SETTIMANA 20 ESTERI LA CROCIATA ISLAMISTA Minuti Marina Corradi...3 Foglietto Alfredo Mantovano...7 Presa d aria Paolo Togni...38 Mamma Oca Annalena Valenti...39 Acta Martyrum Emmanuele Michela INTERNI NUOVE TASSE. QUANTO CI COSTANO? RIGAMONTI Sport über alles Fred Perri...46 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano...47 Mischia ordinata Annalisa Teggi...50 RUBRICHE 26 ESTERI REPORTAGE DAL VENEZUELA 32 SOCIETÀ VIAGGIO NELLE PERIFERIE. AMAZZONIA GHEDDO Stili di vita...38 Per Piacere...41 Motorpedia...42 Lettere al direttore...46 Taz&Bao...48 Foto: AP/LaPresse, Corbis, Pime Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell 11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 20 N. 25 dal 19 al 25 giugno 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini IN COPERTINA: Foto Corbis PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Elcograf Via Mondadori Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/ , fax 02/ , redazione@tempi.it, EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/ , fax 02/ GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/ , fax 02/ abbonamenti@tempi.it Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro. Abbonamento annuale digitale 42,99 euro. Per abbonarti: GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, Milano. Le informazioni custodite nell archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).

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7 FOGLIETTO di Alfredo Mantovano pubblica amministrazione Ciò che la mannaia del governo sulle prefetture non riesce a capire Foto: Ansa La pubblica amministrazione è entrata nel mirino di Renzi fin dal primo giorno di governo. In coerenza con l annuncio, l ultimo Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge presentato come la chiave di volta per un rapporto fra Stato e cittadino finalmente efficiente e celere. Mi fermo solo su un passaggio di una riforma ampia e ambiziosa: quello dedicato alle prefetture e alle articolazioni periferiche dei ministeri. Esso prevede che restino in vita le prefetture delle città capoluogo di regione, con qualche aggiunta qua e là (si parla in tutto di 40 prefetture sopravviventi), e che gli uffici delle altre amministrazioni siano accorpati, con la gestione unitaria dei servizi strumentali. finora non sono mancate le riforme, ma la loro applicazione: misure importanti varate da altri esecutivi sono rimaste sulla carta perché alcune burocrazie le hanno fermate Il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia Presumendo che il presidente del Consiglio faccia sul serio e condividendone lo sforzo nelle linee di massima, è il caso però di riflettere su qualche dettaglio. Ho trascorso al Viminale otto anni e mezzo. Incontrando centinaia di prefetti, più volte mi sono chiesto come avesse fatto chi mi stava di fronte a ricevere quell incarico; il principio delle carte a posto prevale di frequente su quello della soluzione del problema sottoposto alla loro attenzione; con tante lodevoli eccezioni, non sono e non si rendono simpatici, specializzati come sembrano a opporre l inerzia rispetto a ogni novità, con uno spirito di corpo che è più autoreferenzialità che orgoglio di appartenenza. Tutto ciò però attiene alle modalità di reclutamento, di avanzamento e di formazione: è ragione valida per sopprimere i 2/3 delle prefetture italiane invece che migliorare il reclutamento e la formazione? Ogni prefettura svolge compiti che esigono una distanza corta dal cittadino: si pensi alla cosiddetta depenalizzazione, cioè alle sanzioni che una volta erano penali, ora sono amministrative, e che vengono irrogate da questi uffici; risponde a efficienza che il diretto interessato che voglia far valere le sue ragioni si sposti dal capoluogo di provincia a quello di regione? Si pensi ai beni confiscati o alle pratiche di cittadinanza: è ragionevole un solo ufficio per un intera regione? Siamo convinti che l accorpamento cancelli lentezze e ritardi? Non viene il dubbio che un unico ufficio abbia una fila più lunga rispetto a quattro o cinque? Ci sono modi e mezzi per ridare efficienza alle amministrazioni, in particolare alle prefetture. Alle fine degli anni Novanta fu varato con enfasi pari a quella attuale l Ufficio territoriale del governo, che riqualificava ogni prefettura in una sorta di sportello unico di tutti gli uffici periferici dello Stato, a cominciare da quelli finanziari: non è mai diventato operativo. È utile chiedersi come mai: intanto per evitare che, fra leggi dello Stato e decreti delegati, anche all attuale riforma tocchi la stessa sorte; e poi per recuperare quel che si può di quell impianto, che è ancora legge. Ciò che finora è mancato non sono state le riforme, ma la loro applicazione: misure importanti varate dagli esecutivi Letta, Monti e perfino Berlusconi sono rimaste sulla carta perché alcune burocrazie, cui non erano gradite, ne hanno rallentato, se non fermato, i decreti attuativi. Questo vuol dire che una decisa e paziente azione di governo con gli strumenti che si hanno a disposizione che sono tanti pesa incomparabilmente di più di una megariforma allo stadio iniziale. Il cui effetto rischia di essere solo la soppressione di larga parte della struttura amministrativa decentrata dello Stato, senza nulla che la sostituisca. A quel punto, sempre presumendo che il presidente del Consiglio faccia sul serio, non funzionerebbe neanche lo spot. 25 giugno

8 I limiti di una missione che salva vite e mette all angolo la politica. Incapace di gestire l emergenza immigrazione e di farsi ascoltare in Europa DI laura borselli Deriva Dove ci porta Mare Nostrum? 8 25 giugno 2014

9 MEDIterraneo Mare Nostrum è stata lanciata nell ottobre scorso dopo che 300 persone hanno perso la vita nell ennesima tragedia del mare. Costa oltre 9 milioni di euro al mese al nostro ministero della Difesa 25 giugno

10 fatto interessante è che da quando esiste questa operazione è diminuito molto il numero degli incidenti in mare». Chiedendo al capitano di vascello Vianello «Il se gli sbarchi di immigrati salpati dalle coste libiche siano aumentati o diminuiti con l operazione Mare Nostrum non si può che ricevere la risposta d onore di un ufficiale. Il capitano parla di 56 mila persone tratte in salvo da quando è in corso l operazione, circa 43 mila dalle navi della marina, le altre da mezzi che a vario titolo hanno cooperato, come mercantili e altre forze armate. Non è qui, non è su una delle navi che ogni giorno pattugliano le nostre coste e cercano di avvicinare i barconi di disperati scongiurandone il capovolgimento, che si deve venire a cercare l eco della polemica che travolge Mare Nostrum, l operazione iniziata il 13 ottobre scorso, dopo che circa trecento persone morirono nell incendio e nel naufragio del barcone con cui cercavano di raggiungere l Italia. Tornano vive le immagini raccapriccianti di quei giorni, le storie di madri incinte restituite dal mare giorni dopo la morte, bambini falciati dal fuoco o inghiottiti dall acqua. Fino alla schiera ordinata e tragica dei corpi disposti sul molo e delle bare per un simbolico funerale. Un corredo iconografico terribile e toccante che condiziona enormemente il dibattito sull immigrazione nel nostro paese e più ancora quello sulla gestione degli sbarchi. Sono passati nove mesi da quando è stata lanciata un operazione che si prefiggeva il duplice scopo, come ricorda a Tempi ancora il capitano Vianello, di far fronte a un emergenza umanitaria sorvegliando le acque dello stretto di Sicilia ma anche di offrire un contributo significativo al traffico di migranti. In pratica: salvare i disperati e catturare gli scafisti stroncandone gli affari. E nonostante il governo faccia sapere che dall inizio dell anno sono stati assicurati alla giustizia almeno un centinaio di delinquenti, ad oggi la seconda parte del messaggio sembra non funzionare a dovere, quanto meno in termini di deterrenza. Basti pensare che i prezzi per i biglietti dei viaggi della speranza sono addirittura diminuiti, arrivando anche a meno di mille euro. «Certo che i prezzi dei biglietti sono diminuiti», dice a Tempi Alfredo Mantici, ex direttore dell ufficio analisi del Sisde oggi direttore del portale di geopolitica Lookout News. «I trafficanti vedono i nostri telegiornali e sentono che Mare Nostrum non è un operazione conce giugno 2014

11 MEDIterraneo PRIMALINEA Secondo i dati della Marina sono circa 56 mila le persone tratte in salvo da quando è in corso l operazione, circa 43 mila dalle nostre navi e le altre da mezzi che hanno cooperato fermare MARE nostrum? è un po come MINAccIARE uno sciopero delle ambulanze: INIMMAgINAbILE a MENo di assumersi la responsabilità di centinaia di morti pita per frenare le ondate migratorie clandestine e a metà del tragitto ci sono le navi italiane». Solo venerdì scorso la Marina ha intercettato un gommone affondato a circa 40 miglia dalle coste della Libia (il corrispondente di circa 60 km). Dieci corpi recuperati, 39 persone salvate e decine di dispersi. È il copione che si ripete ormai quotidianamente in un momento in cui la bella stagione favorisce la navigazione e in cui le guerre africane e mediorientali portano masse di disperati a premere sulle coste di una Libia ormai fuori controllo. «Se vogliamo incidere sul fenomeno riprende pragmaticamente Mantici dobbiamo colpire chi ha in mano il rubinetto dei flussi, ovvero i trafficanti di uomini. I quali impongono un prezzo da pagare per il biglietto che non è solo il corrispettivo di quanto vogliono guadagnare, ma anche di quello che rischiano. Se rischiassero 30 anni di carcere i prezzi aumenterebbero. Poi dobbiamo accettare che quando queste persone arrivano sulle nostre coste sono un nostro problema». Pochi giorni fa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio ha ribadito l importanza di Mare Nostrum, un operazione che, secondo i numeri forniti dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, costa all Italia poco più di 9 milioni di euro al mese. L operazione non si chiude, come chiedevano la Lega e Forza Italia, ma occorre ragionare per superarla e migliorarla «nel senso di renderla pienamente europea e non più una missione emergenziale». Le minacce di Alfano Pochi giorni dopo il ministro dell Interno Angelino Alfano tornava a minacciare la sospensione dell operazione. Che è un po come minacciare uno sciopero delle ambulanze: un opzione inimmaginabile a meno di assumersi la responsabilità di centinaia di morti innocenti. La minaccia dovrebbe servire a scuotere un Europa indiscutibilmente assente. Il governo italiano chiede che una sede dell agenzia Frontex sia trasferita in Italia e che si occupi della missione (adeguatamente finanziata, perché ad oggi ha un budget di 80 milioni mentre Mare Nostrum costa trecentomila euro al giorno...). Insomma: il vertice europeo sull immigrazione del giugno si annuncia ricco di argomenti. Il semestre italiano di presidenza, in questo senso, condensa molte (fin troppo generose) speranze. L Italia punta a una revisione della cosiddetta Convenzione di Dublino, quel regolamento europeo che stabilisce quale sia lo Stato competente a valutare la domanda di asilo di un migrante secondo la Convenzione di Ginevra, solitamente quello in cui il migrante ha raggiunto per la prima volta l Unione Europea. «Difficile pensare che in un semestre di presidenza, tanto più come quello che si appresta a presiedere l Italia con la gran parte delle direzioni ancora da assegnare dopo le elezioni del 26 maggio, si possano addirittura modificare delle Convenzioni. Però lo spazio per degli atti intermedi c è e deve esserci», osserva Natale Forlani, direttore generale dell Immigrazione del ministero del Lavoro. «Mare Nostrum ha dei limiti grandi riprende Forlani, che vanno al di là delle responsabilità italiane: il 90 per cento dei flussi migratori passa da una Libia senza governo e senza interlocutori istituzionali. C è poi una lunga storia di responsabilità europea, che non si è mai preoccupata di controllare flussi migratori che hanno al loro interno elementi di pericolosità molto elevata, in cui non mancano le infiltrazioni criminali o terroristiche. Arrivano i disperati dell Africa subsahariana e sull arrivo di questi disperati in Libia non solo non si controlla, ma si lucra. Ci vuole una autorevolezza persuasiva di intervento che non può che essere europea». «Se non governiamo il fenomeno riprende Mantici siamo destinati a subirlo. Occorre ostacolare le partenze con accordi con i governi dei paesi di partenza. Non è impossibile fare un accordo con la Tunisia, coi banditi delle milizie libiche usando i nostri servizi segreti». La storia di Klodiana Klodiana Cuka è albanese. È arrivata in Italia nel 1992 con la legge Martelli. Per una decina di anni, mentre passava dal lavoro di sarta, cameriera fino a quello di studentessa universitaria e poi dottoranda, ha avuto scritto collaboratrice domestica sulla carta di identità. La sua vocazione l ha trovata come fondatrice e direttrice di Integra, una Onlus titolare di servizi per favorire l integrazione degli immigrati. Dopo l emergenza seguita alla cosiddetta primavera araba, Integra vince la gestione per il triennio di alcuni progetti per l assistenza ai richiedenti l asilo 25 giugno

12 Forlani (ministero del lavoro): «Parliamo ancora di immigrazione come se fossimo fermi a dieci anni fa. l incidenza dei flussi via mare sul totale è minima» secondo i fondi Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Nelle piccole strutture di accoglienza gestite da Integra nei dintorni di Lecce (appartamenti con al massimo otto persone) stanno immigrati che per sei mesi vengono assistiti nella procedura di richiesta di asilo dopo la permanenza nei grandi centri di accoglienza come Mineo e Bari. In loro Klodiana rivede spezzoni della sua storia, quando erano lei e i suoi connazionali a scappare per inventarsi un futuro. Qui, in questo periodo cruciale che segue la fase di emergenza, qualcuno impara a scrivere un curriculum, a cercare un lavoro; gli altri, la maggior parte, si preparano ad andarsene. L esperienza di Klodiana e dei suoi colleghi conferma infatti quello che mostrano i dati: la gran parte dei migranti che arriva in Italia (l 80 per cento di essi ha le caratteristiche per ottenere l asilo) punta a stabilirsi nel Nord Europa. «Queste persone devono essere considerate profughi dell Europa», osserva Klodiana auspicando anche lei la revisione della convenzione di Dublino. Un anno fa la visita del Papa L 8 luglio prossimo sarà passato un anno esatto dalla visita di papa Francesco a Lampedusa. Un evento eccezionale, con la Messa celebrata usando una barca come altare e un omelia sferzante, nei confronti dell indifferenza («quanti di noi hanno pianto vedendo quelle immagini di naufragi?», chiedeva il pontefice) e dei mercanti di uomini che sfruttano la sofferenza e le speranze dei propri fratelli. «La rete internazionale dei trafficanti di uomini riprende Mantici è pericolosa quanto quella dei trafficanti di droga e come tale va colpita. Dobbiamo liberarci dall immagine romantica delle famiglie con bambini che stanno sulle spiagge libiche ad aspettare le barche verso una vita migliore. La realtà è che ci sono persone e intere famiglie, deportate, e buttate su dei barconi da cui non si sa se usciranno vivi». Ancora oggi, a un anno dalla visita del Papa a Lampedusa, e nel corso dell ennesima estate di sbarchi la linea la detta sempre l emergenza, così ha spazio il gioco delle parti in cui si nasconde colpevolmente la politica, con da un lato quelli che paventano una invasione da cui difendersi e dall altra i profeti di un buonismo che è tutto fuorché una politica seria di accoglienza. «Il dibattito sull immigrazione in Italia è un po datato conclude Natale Forlani. Si tende a identificare l immigrazione con le barche, ma l incidenza dei flussi via mare sul complesso dell immigrazione che interessa il nostro paese è minima. L Italia è un paese che ha i numeri di una comunità matura di accoglienza, con quasi 5 milioni di residenti di origine straniera, di cui la metà sono europei, ossia il prodotto della libera circolazione. I bisogni di queste persone sono diversi. Sono persone che hanno i requisiti di welfare che abbiamo noi, a cui garantiamo cure mediche, sostegno al reddito. Ecco, gli altri paesi europei si stanno ponendo il problema della sostenibilità dei neocomunitari. Noi parliamo ancora di immigrazione come se fossimo fermi a dieci anni fa, quando c era il lavoro e una domanda di professionalità che erano proprio gli immigrati a soddisfare». n parla padre mussie zerai Dall inferno si può solo scappare Il sacerdote eritreo angelo dei profughi spiega cosa spinge i suoi connazionali a imbarcarsi. «Per chi chiede asilo occorre un corridoio umanitario» Nostrum è costata molto ma ha anche salvato più di 30 mila vite «Mare umane. Ovvio che questa non è la risposta definitiva al problema dei disperati che salgono sui barconi né è la migliore che si potesse dare». Padre Mussie Zerai sa quel che dice quando parla di barconi, profughi e salvataggi in mare. Sacerdote cattolico che vive tra Roma e Svizzera, è soprannominato l angelo dei profughi, perché chi sale sugli scafi nella speranza di raggiungere l Europa come prima cosa chiama lui per chiedere aiuto quando i bastimenti rischiano di affondare. Essendo di nazionalità eritrea, come la maggior parte di coloro che sbarcano sulle nostre coste (sono 16 mila quelli arrivati dall inizio dell anno, seguiti da siriani, cittadini del Mali e del Gambia), sa perché centinaia e centinaia di giovani rischiano la vita pur di arrivare nel nostro paese e conosce anche un modo migliore «per impiegare le risorse destinate a Mare Nostrum e alla sicurezza in Libia» giugno 2014

13 MEDIterraneo PRIMALINEA La gran parte dei migranti che sbarcano sulle coste italiane ha le caratteristiche per ottenere l asilo e poi prosegue il proprio viaggio verso i paesi del Nord Europa Padre Zerai, cosa spinge tanti eritrei a rischiare la vita pur di venire in Europa? In Eritrea manca qualsiasi tipo di libertà. Ai giovani viene rubato il futuro perché li si obbliga a intraprendere un servizio militare infinito, che è diventato di fatto una schiavitù legalizzata. Si spieghi meglio. In Eritrea per colpa del regime non c è libertà di stampa, di movimento, di organizzarsi in associazioni o movimenti o partiti politici, non c è libertà di niente. Puoi solo aderire all unico partito che sorregge il regime, è vietato anche pensarla diversamente, non c è libertà di espressione o di dissenso. Neanche di coscienza. Perché scelgono i barconi che salpano dalla Libia? Non li scelgono: non è possibile lasciare il paese legalmente perché il regime non rilascia passaporti o visti. La gente è costretta a scappare ma anche durante la fuga verso il Sudan o l Etiopia rischia la vita. In passato tanti sono stati uccisi al confine e se non muoiono per mano dei militari, muoiono di fame o di sete o sbranati da animali feroci. Una volta arrivati in Sudan, poi, c è il pericolo di essere rapiti dai trafficanti di esseri umani: esistono bande in combutta con alcuni poliziotti corrotti che li sequestrano per chiedere riscatti. Se superano questi pericoli devono attraversare il deserto della Libia, un altra enorme insidia, e non farsi prendere dai militari libici. Tanti muoiono nel deserto. I barconi sono solo l ultima fatica. Perché il regime permette che scappino così tante persone? Perché ci guadagna. Ogni cittadino eritreo che vive al di fuori dei confini nazionali, e che per un qualunque motivo ha a che fare con l ambasciata, come per avere un certificato, è costretto prima a pagare il 2 per cento del suo stipendio al regime, anche se è disoccupato. C è dell altro: spesso ad organizzare il viaggio dall Eritrea sono proprio membri del regime corrotto, che accompagnano fuori i profughi anche con le auto di Stato. È un vero affare per loro. Quando si avvicinano all Italia sui barconi, poi, chiamano lei. Sì. L unica cosa che posso fare per chi mi chiama è avvertire la Guardia costiera italiana, come successo anche ieri e l altro ieri, per evitare che i barconi affondino. Cerco di dare loro una mano, anche una volta sbarcati, ma di solito queste persone non vogliono restare in Italia: tentano di proseguire il loro cammino verso il nord Europa. L Italia ha varato l operazione Mare Nostrum nell ottobre scorso. Molti però sono critici sulla sua efficacia. Mare Nostrum è costata molto, è vero, ma ha anche salvato più di 30 mila vite umane. Ovvio che non è la risposta migliore che si potesse dare. È da molto tempo infatti che noi chiediamo di attuare una soluzione migliore. Quale? Aprire un corridoio umanitario per le persone che richiedono asilo. Chi arriva da noi, infatti, cerca di ottenere lo status di rifugiato. Perché allora non risparmiamo loro le avversità e il rischio di morire organizzando convogli umanitari con la responsabilità della comunità europea per smistare i richiedenti asilo in tutta Europa? Questo corridoio potrebbe partire in Sudan o in Etiopia o anche in Libia attraverso le ambasciate, dove esaminare le richieste di asilo. Così si impedirebbe che tutto il peso dei rifugiati ricada sull Italia e gli altri paesi del Mediterraneo e si permetterebbe a queste persone di non rischiare la vita. Spenderemmo meno soldi e avremmo più sicurezza: per noi e per i profughi. I vescovi eritrei hanno da poco pubblicato una lettera pastorale il cui succo è che non ci sarebbe bisogno di emigrare se si vivesse in un paese decente. È chiaro che la soluzione migliore per tutti i rifugiati sarebbe la possibilità di vivere in pace e tranquillità nel proprio paese d origine. Questo è il sogno di tutti ma finché non si avvera ci devono essere soluzioni intermedie. Noi speriamo che la comunità internazionale aiuti l Eritrea a mettere fine allo stato di guerra con l Etiopia per il problema dei confini. Quando si risolverà questo punto, speriamo che il regime cambi qualcosa. [lg] 25 giugno

14 INTERNI MANO AL PORTAFOGLIO giugno 2014 Foto: Agf

15 La stangata alle porte La legge di stabilità 2014 ha rivoluzionato per la terza volta in tre anni l imposizione locale su rifiuti e casa. È pronta per il debutto assoluto l Imposta unica comunale. E il verdetto degli esperti è unanime. Costa molto di più delle precedenti e a farne maggiormente le spese sono le famiglie numerose DI MATTEO RIGAMONTI 25 giugno

16 INTERNI MANO AL PORTAFOGLIO Il premier Renzi ha ammesso che «sulla Tasi ci ho capito poco. Sembra si faccia di tutto per rendere tutto più complicato» 58 PER CENTO dei Comuni che hanno già deliberato le aliquote hanno deciso (è loro diritto) di non adottare detrazioni o correttivi per aiutare le famiglie in difficoltà gno gli italiani avrebbero dovuto pagarne la prima tranche, un acconto pari al 50 per cento dell importo totale, ma non è stato possibile per tutti. Molti Comuni, infatti, complici i rinnovi delle giunte amministrative del maggio scorso non hanno fatto in tempo a deliberare le aliquote entro il termine previsto per legge (23 maggio). Risultato: solo amministrazioni su l hanno fatto, praticamente una su quattro, di cui il 40 per cento nel Nord del paese. In totale 7,1 milioni di contribuenti su 17.9 che avrebbero dovuto pagare. Il condizionale è d obbligo, perché nemmeno tutti questi Comuni hanno predisposto per tempo gli appositi bollettini di pagamento da spedire via posta. Lo faranno, assicura una nota del Consiglio dei ministri, ma a «decorrere dal 2015». Tra un anno. Questi sono i tempi normali per lo Stato italiano. Al momento l unica possibilità per Tra il 2008 e il 2014, in Italia, sono state approvate 629 nuove norme fiscali. In pratica una norma alla settimana. Come se la certezza del diritto in questo paese fosse destinata a non trovare mai pieno ed effettivo riconoscimento. L ultimo capitolo in ordine di tempo dell interminabile elenco di nuove leggi e leggine che hanno a più riprese sconvolto la serenità dei contribuenti italiani è rappresentato dalla Legge di stabilità 2014, che ha rivoluzionato per la terza volta negli ultimi 3 anni l imposizione locale sui rifiuti e sulla casa. Due tasse che garantiscono allo Stato un gettito di oltre 30 miliardi di euro l anno. Per la precisione: l Imu, l Imposta municipale unica voluta dal governo Monti, nel 2012 ha assicurato all erario 23,7 miliardi di euro, ha certificato il ministero delle Finanze (qualcosa meno nel 2013). Secondo la Cgia di Mestre, nel 2013 dalla Tassa comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares) sono arrivati altri 8 miliardi. Quest anno farà il suo debutto assoluto un nuovissimo balzello. È la Iuc, acronimo di Imposta unica comunale, che si regge su tre gambe: la Tassa sui servizi indivisibili (Tasi), quella sui rifiuti (Tari), che sostituirà la Tares, e l Imu, che nel frattempo è rimasta solo per le prime case di lusso. La Tasi serve a finanziare i pubblici servizi come la pulizia e l illuminazione delle strade, il trasporto scolastico o l anagrafe. Devono pagarla tutti i proprietari di immobili, prime case comprese. Sulla carta, non è un imposta patrimoniale come l Imu, ma di fatto così è vista dai contribuenti italiani. E non a torto, se si considera che la Tasi replica le modalità di calcolo, ma anche le sperequazioni, dell Imu. Le scadenze: la tassa è nuova ma c è già una prima eccezione. Entro il 16 giufare il versamento della prima rata della Tasi è stata tramite modello F24 direttamente in banca. Nessuna sanzione. Per il momento E per chi sbaglia quali sono le sanzioni? Non sono previste, rassicurano dal ministero dell Economia. Perlomeno non fino al 30 giugno. Ma i sindacati chiedono più tempo. Vogliono che i Comuni concedano un differimento di 30 giorni per il pagamento di quanto dovuto, come ha già fatto, per esempio, Vicenza. Nel caso della Tasi, infatti, sono evidenti le «obiettive condizioni di incertezza delle norme fiscali», che legittimano il rinvio. Talmente «obiettive» che anche il premier Renzi ha dovuto ammettere che «sulla Tasi ci ho capito poco. Oggi in Italia sembra si faccia di tutto per rendere tutto più complicato. Sembra che tutto sia finalizzato a rendere il pagamento delle tasse un incubo. L anno prossimo vi renderò più semplice pagarle». Per i sindaci appena eletti ci sarà tempo fino al 31 luglio per deliberare le nuove aliquote; i cittadini dei giugno 2014

17 Quanto costano Tasi e Tari? Imu 2012 Tasi 2014 Differenza (in euro) Tari 2014 Differenza 2013 Differenza 2010 Single (50 mq) 35,20 116,04 80, ,6% +19,8% Famiglia (un figlio, 108 mq) 321,20 421,24 100,04 302,4 +2,1% +15,8% Famiglia (tre figli 120 mq) 573,60 620,72 47, ,4% +24,4% Fonte: Caf Cisl Lombardia su un comune della provincia di Milano Fonte: Ref Ricerche, media dei capoluoghi di provincia che hanno già deliberato le aliquote Foto: AP/LaPresse PER MASSIMILIANO CASTO Il PRObLEMA è che «NEL CALCOLO della TASI NON è MAI CONSIdERATO il reddito», ma SOLO i METRI quadrati della AbITAzIONE e il numero di PERSONE che vi RISIEdONO to: «Starà ai Comuni stabilire quale aliquota adottare». Già, e qui casca l asino: moltissimi Comuni che hanno già deliberato le aliquote hanno optato per quelle più elevate. Qualcuno ha addirittura superato il 2,5 per mille con una ulteriore maggiorazione dello 0,8 come consentito dalla legge, a patto di introdurre delle detrazioni. È il caso, per esempio, dei capoluoghi di provincia come Torino, Bergamo, Venezia, Rimini, Reggio Emilia, Bologna, Parma, Piacenza, La Spezia, Genova e Napoli che hanno spinto l aliquota fino al 3,3 per mille. Con la premessa che il progressivo taglio dei trasferimenti statali ai Comuni è inarrestabile, la logica conseguenza è che per far quadrare i bilanci ai sindaci non resta che inasprire le aliquote per assicurarsi gettiti maggiori o perlomeno in linea con quelli degli anni passati. Soprattutto, perché quei soldi servono per pagare servizi indispensabili alla comunità. Per inciso, l aliquota minima è del 1 per mille, ma è difficile credere che qualcuno l adotterà. Addio alle detrazioni Il motivo di maggiore incertezza nello stimare la Tasi è rappresentato dal fatto che, mentre l Imu sulla prima casa prevedeva una detrazione fissa di 200 euro più 50 euro per ogni figlio a carico con meno di 26 anni fino a un massimo di 400 euro, la Tasi lascia liberi i Comuni di stabilire da sé eventuali detrazioni. Il timore è che queste detrazioni possano essere inferiori a quelle previste in passato. E il Sole 24 Ore lo ha confermato: dei Comuni che hanno deliberato le aliquote, nel 58 per cento dei casi si può tranquillamente parlare di totale assenza di detrazioni. Tempi ha chiesto a Vincenzo Vita, coordinatore dei Caf Cisl in Lombardia, di provare a fare un calcolo di quanto costerà la Tasi sulla prima casa e 31,7 MILIARDI di euro è il gettito garantito alla Stato dalle due tasse sui rifiuti e sulla casa: per la precisione 23,7 miliardi dall Imu e altri 8 miliardi dalla Tares Comuni dove pagare la Tasi non è ancora stato possibile potranno farlo con scadenza della prima tranche il 16 ottobre. Ma quanto costerà la Tasi sulla prima casa alle famiglie italiane? Qualcuno ha provato a fare i conti e gli esiti sono stati dei più disparati. Basti pensare che c è chi afferma che la Tasi sulla prima casa aumenterà rispetto all Imu e chi afferma il contrario. Banca d Italia ha stimato un possibile aumento fino al 60 per cento della tassazione sulla casa, se i comuni dovessero scegliere l aliquota del 2,5 per mille. Il ministro dell Economia commentando questa stima ai microfoni di Radio 24 ha dichiarato: «L aumento era atteso». E ha aggiunse il conto sarà più salato dell Imu oppure no. Il computo è stato fatto su uno dei tanti comuni dell hinterland milanese che ha adottato l aliquota massima del 3,3 per mille con delle detrazioni. Il risultato lascia pochi dubbi e sembrerebbe confermare le stime della Banca d Italia. Un single in un abitazione di 50 metri quadrati oggi paga 116,04 euro di Tasi a fronte dei 35,20 di Imu del 2012: 80,84 euro in più. Una famiglia con un figlio a carico in un appartamento di 108 metri quadrati ne paga 421,24, rispetto ai 321,20 di Imu: 100,04 euro in più. In un appartamento di 120 metri quadrati, una famiglia con tre figli a carico paga 620,72 euro di Tasi rispetto ai 573,60 euro dell Imu: 47,12 euro in più. Aumenti che in certi casi inizierebbero a rosicchiare percentuali significative del famoso bonus da 80 euro al mese che Renzi ha messo in busta paga a maggio. Per chi l ha ricevuto. «Conti alla mano sembrerebbe che si vada verso un inasprimento della pressione fiscale sulle abitazioni principali», spiega Vincenzo Vita a Tempi. «Speriamo almeno che non tutti i sindaci applichino le aliquote più elevate». Secondo il coordinatore «molto dipenderà dall evoluzione della situazione economica italiana». Ma se il paese non torna a crescere è facile attendersi batoste dalla Tasi. Oggettiva ingiustizia Inoltre, prosegue Vita, ci sono Comuni che hanno già abbassato l importo della detrazione sui figli a carico «da 50 a 40, 30 o anche 20 euro, restringendo l età per goderne da 26 a 18 anni». I più penalizzati, spiega il coordinatore dei Caf Cisl, sono i proprietari delle abitazioni con rendite catastali inferiori agli 800 euro, quindi quegli appartamenti non di lusso che offrono un tetto a larga parte del ceto medio italiano. E, 25 giugno

18 INTERNI MANO AL PORTAFOGLIO naturalmente, le famiglie numerose che hanno tanti figli a carico. «Un oggettiva ingiustizia che non tiene conto della realtà», sentenzia Giuseppe Butturini, presidente dell Associazione nazionale famiglie numerose. Il problema, spiega a Tempi il commercialista Massimiliano Casto, è che «nel calcolo della Tasi non è mai considerato il reddito», ma solo i metri quadrati dell abitazione e il numero di persone che vi risiedono. «C è però una bella differenza se a vivere sotto lo stesso tetto, in un appartamento di 100 metri quadrati, sono una coppia con due redditi e un solo figlio, piuttosto che una famiglia numerosa che può fare affidamento su un solo reddito». Ma su questo il fisco italiano ci sente solo da un orecchio. Chi inquina paga Anche per la tassa sui rifiuti (Tari) la situazione è analoga. Non tutte le amministrazioni hanno già deliberato le aliquote. Una volta decise stabiliranno le scadenze di pagamento della Tari prevedendo almeno due rate a scadenza semestrale in modo differenziato rispetto alla Tasi. Secondo un primo studio di Ref Ricerche condotto tra i comuni capoluogo di provincia, quello che è certo è che gli aumenti rispetto alla Tares ci sono e sono maggiori soprattutto per i nuclei familiari più numerosi. Che, ancora una volta, pagano dazio più di tutti a una fiscalità che si conferma particolarmente miope di fronte ai redditi reali e ai carichi familiari. Ecco qualche esempio: l importo della Tari per un appartamento da 50 metri quadrati posseduto da un single è mediamente pari a 2,2 euro al metro quadrato, per un totale di 110 euro. Il conto è più salato per chi ha figli a carico: la famiglia con un figlio paga 2,8 euro al metro quadrato, che fanno 302,4 euro in un appartamento di 108 metri quadrati. Quella con tre figli ancora di più: 3,2 euro al metro quadrato per un appartamento di 120 metri quadrati, che fanno 384 euro in totale. Il rincaro, dunque, è nel primo caso dell 1,6 per cento rispetto al 2013, l anno in cui la Tares ha fatto il suo debutto, del 2,1 per cento nel secondo e del 3,4 nel terzo. Ma se andiamo a paragonare il conto rispetto al 2010, gli aumenti lievitano, esasperando le diseguaglianze: più 19,8 per cento TASI O TARI, A PAGARE DI PIù SONO LE FAMIGLIE NUMEROSE. LE VECCHIE DETRAZIONI SONO DIMINUITE NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI; PIù REALISTICAMENTE SONO PROPRIO SPARITE per il single, più 15,8 per la famiglia composta di tre persone e più 24,4 per cento per quella composta da cinque. Sono i risultati di una tassa che è stata confezionata per soddisfare il principio europeo del chi inquina paga e le famiglie numerose, ancora una volta, pagano più di tutte le altre. In attesa della riforma del fisco La possibilità di applicare «riduzioni e agevolazioni», almeno in linea teorica, «esiste e la normativa che disciplina l applicazione della Tari riserva agli enti locali un ampio margine di discrezionalità», spiega a Tempi Francesca Signori di Ref Ricerche. Ma, come nel caso della Tasi, i margini di manovra delle amministrazioni comunali, provate dai tagli ai trasferimenti, sono il più delle volte esigui. In questo caso ancor di più perché il gettito della Tari deve assicurare, per legge, la copertura integrale dei costi del servizio di trattamento dei rifiuti. Con tanti saluti a ogni serio tentativo da parte dei sindaci di introdurre correttivi significativi, specie per le famiglie numerose e il ceto medio. Fortunatamente, prosegue Signori, non mancano esempi di Comuni virtuosi, che approfittano della libertà concessa loro per configurare riduzioni e agevolazioni «in modo da tener conto del reddito familiare o della capacità contributiva come risulta dall indicatore della situazione economica equivalente (Isee)». Anche se il più delle volte si tratta di un asticella sotto la quale non sono in molti a poter passare. Il caso che colpisce più in positivo è forse quello di Cremona, «dove è riconosciuta una riduzione del 20 per cento ad anziani e famiglie numerose, a patto però, che abbiano un reddito Irpef al di sotto di una determinata soglia», che è di euro per chi ha più di due figli fiscalmente a carico, aumentato di euro per ogni figlio successivo. A Cremona l esenzione è concessa anche «ai nuclei familiari composti da soli pensionati e familiari fiscalmente a carico con reddito derivante esclusivamente da pensioni, assegni sociali, invalidità civile e reversibilità. Nel comune di Macerata, invece, la riduzione il cui costo è coperto dalla fiscalità generale è riconosciuta in generale alle famiglie in disagio economico, individuato in un livello di Isee inferiore o uguale a euro, valore raddoppiato nel caso di nuclei familiari con quattro o più componenti: l ammontare della riduzione è pari rispettivamente al 30 e al 20 per cento. Infine, nel caso di Savona le riduzioni sono concesse alle utenze domestiche di residenti con un indicatore Isee non superiore all importo annuo del trattamento minimo di pensione Inps (maggiorato di euro nel caso l occupante sia pensionato)». È per questo che l Associazione famiglie numerose ha invitato i cittadini dei comuni che non hanno ancora deliberato su Tasi e Tari a chiedere di introdurre detrazioni e correttivi. È sempre qualcosa, in attesa che il fisco italiano sia finalmente riformato. n giugno 2014

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20 ESTERI COPERTINA Il califfato che avanza Prima Fallujah, poi Mosul e presto «marceremo su Baghdad». L Isil controlla un vastissimo territorio che va dall Iraq alla Siria. Non più cellule terroriste ma un vero e proprio esercito di islamisti pronto ad affrontare l Occidente DI LEONE GROTTI

21 Il califfato islamico sognato dall Isi per l Iraq fin dal 2006 oggi è realtà. Sotto la guida di Abu Bakr Al Baghdadi, a quel primo progetto si è aggiunta la Siria, e il gruppo si è evoluto nell Isil, Stato islamico dell Iraq e del Levante. L Isil ha in mano un territorio che si estende per almeno 500 chilometri, dall Iraq alla Siria settentrionale senza soluzione di continuità

22 ESTERI COPERTINA La scorsa settimana, quando i terroristi islamici hanno conquistato la seconda città più grande dell Iraq, Mosul, rubato alle banche centinaia di milioni di dollari, liberato dalle carceri persone, confiscato i mezzi e le armi dell esercito iracheno, almeno 500 mila cittadini sono fuggiti terrorizzati. Molti, invece, sono rimasti. Hanno lanciato pietre contro i 40 mila soldati dell esercito iracheno che hanno battuto in ritirata dalla sera alla mattina, senza preavviso, e hanno appeso questo cartello su un ponte di Mosul: «Il governatorato di Ninive vi accoglie». A fianco sventolava il manifesto che ritrae la bandiera nera degli islamisti e la scritta: «Non c è altro Dio al di fuori di Allah». Il califfato islamico sognato fin dal 2006 dall allora nascente Stato islamico dell Iraq (Isi), oggi è realtà sotto la guida di Abu Bakr Al Baghdadi, che lo guida dal 2010 e a quel primo progetto ha aggiunto la Siria, trasformando il gruppo in Stato islamico dell Iraq e del Levante (Isil). Con la presa di Mosul, l Isil è ormai in possesso di un vastissimo territorio che si estende per almeno 500 chilometri e che va dall Iraq alla Siria settentrionale senza soluzione di continuità: il confine nazionale tracciato da Sykes e Picot, i diplomatici inglese e francese che nel 1916 divisero il vecchio Medio Oriente ottomano in Stati arabi controllati dall Occidente, non ha più alcun senso ed esiste soltanto sulla carta. L esercito jihadista, perché di vere e proprie truppe militarizzate si tratta, torna così alle origini: dall Iraq era entrato in Siria e ora dalla Siria invade l Iraq. Cogliendo al volo l occasione fornita dalla cosiddetta Primavera araba che nel 2011 ha colpito Damasco, tramutata in guerra civile dalle tante milizie finanziate principalmente da Arabia Saudita e Qatar che vorrebbero vedere il governo filo-sciita di Assad cadere, l Isil ha conquistato una dopo l altra importanti città del nord come Raqqa e Deir Ezzor. Approfittando dell immobilismo di Barack Obama, che da anni discute se armare i ribelli buoni dando di fatto il tempo ai terroristi di diventare ancora più forti, l Isil ha consolidato il suo potere in Siria. E sfruttando l incapacità di governare del premier iracheno Al Maliki, che ha favorito gli sciiti in ogni modo a danno dei sunniti, ha preso prima Fallujah, a gennaio, e ora Mosul. Esercito iracheno e jihadisti si contendono diverse città, ma questo non è che l inizio perché già il portavoce dei terroristi Abu Mohammed Al Adnani ha promesso: «Marceremo su Baghdad». Per sapere che cosa significhi nella realtà di tutti i giorni il califfato islamico non è necessario tornare indietro al VII secolo, ai tempi del primo califfo Abu Bakr o del quarto (primo per gli sciiti), Ali, cugino e genero del profeta Maometto. Già dal 2013, infatti, l Isil ha trasformato in un califfato Raqqa e le testimonianze che giungono dalla città sono tutt altro che rassicuranti. I cittadini devono rispettare un rigido decalogo islamico: le donne non possono portare i pantaloni, ma devono vestire il burqa e l abaya. Truccarsi è vietato, fumare è vietato, esporre nelle vetrine dei negozi abiti femminili è vietato. Gli uomini non possono portare i jeans, non possono fumare sigarette, non possono acconciarsi i capelli in modo moderno, gli imprenditori che hanno assunto nel loro negozio delle donne devono chiudere. Infine, chiunque citi il nome dell Esercito islamico dell Iraq e del Levante riceve 70 frustate. La legge dello Stato viene sostituita dalla sharia, amministrata da corti islamiche. Secondo il quotidiano Al Rai Al Youm, a febbraio in città è stata lapidata a morte una ragazza: era iscritta a Facebook, un atto immorale «di grande malvagità». Il tributo umiliante Le cose non vanno meglio per i cristiani. Come previsto dal Corano, a febbraio i terroristi hanno fatto loro questa proposta pubblicando un editto: o vi convertite all islam o ve ne andate dal paese o pagate il tributo umiliante (gizya) per mantenere la vostra religione ed essere protetti dallo Stato islamico. Così, i più ricchi sono ora costretti a versare ai loro «protettori» 13 grammi d oro puro (circa 400 euro), i meno abbienti 200 euro e i poveri 100. Chi non può pagare deve convertirsi, andarsene o morire. I cristiani inoltre devono evitare «di portare la croce o altri simboli legati alla Bibbia nei mercati e nelle piazze dove ci siano dei musulmani». Non possono suonare le campane delle chiese, «utilizzare altoparlanti per far sentire la preghiera» e «celebrare i loro riti fuori dalle chiese». Allo stesso modo «devono obbedire alle regole imposte dall Isil, come a quelle legate alla discrezione nel modo di vestirsi». Infine, le chiese distrutte dagli stessi terroristi «non potranno essere restaurate». Questa annotazione finale dell editto non è di poco conto se si considera che dal 2013 gli islamisti hanno attaccato due chiese a Raqqa, distrutto la croce che si tro- I luoghi degli scontri Zone completamente o parzialmente controllate da Al Qaeda Zone ancora contese Fonte: Corriere della sera Egitto La legge dello Stato viene sostituita dalla sharia e per i cristiani non c è possibilità di salvezza. Ma anche i musulmani moderati rischiano: «viviamo nel terrore» vava su una di queste e saccheggiato l interno dei luoghi di culto. Inoltre, la chiesa greco-cattolica dedicata a Nostra signora dell annunciazione è stata simbolicamente trasformata nel quartiere generale degli islamisti. Il califfato, però, non è un incubo solo per i cristiani ma anche per i musulmani. Almeno tre uomini, secondo quanto previsto dalla sharia, sono già stati crocifissi in piazza per avere «ucciso dei musulmani». La prima crocifissione, avvenuta a marzo, è stata giustificata così: «Giudichiamo le persone e le puniamo secondo la sharia, che ci guida nel portare la responsabilità di preservare i genuini insegnamenti dell islam». I musulmani di Raqqa hanno descritto a un giornalista del Guardian la loro nuova vita: «Oggi viviamo in uno stato di paura e terrore. Noi siamo musulmani ma la nostra religione guida la vita delle persone, non può essere imposta con la forza». E anco giugno 2014

23 Turchia Frontiera Giordania/Iraq Forze dell esercito giordano ammassate lungo il confine Aleppo Hama Homs Damasco Giordania SIRIA Raqqa Deir Ezzor Tikrit Centinaia di poliziotti iracheni catturati dai miliziani qaedisti Hasakah IRAQ Arabia Saudita Mosul Erbil Tikrit Samarra Baghdad I miliziani qaedisti dell Isil in marcia verso la capitale. Ormai a meno di 70 km Kirkuk Baghdad Iran Bassora Mosul Postazioni dei jihadisti bombardate dalle forze aeree irachene Kirkuk Milizie curde Peshmerga schierate a protezione della città irachena Provincia di Baiji Jihadisti starebbero prendendo il controllo dell area petrolifera Samarra La città principale della provincia di Salah al-din accerchiata dai guerriglieri Le principali organizzazioni terroriste e il loro impero Al Qaeda centrale Affiliati diretti Alleati Nelle pagine precedenti foto: Corbis ra: «L Isil ha bandito la musica, ora si può ascoltare solo il Corano. Anche le sigarette sono state bandite: se trovano un locale dove vengono vendute lo bruciano, imprigionano il negoziante e lo frustano». Anche chi non partecipa alla preghiera del venerdì viene frustato in piazza. «Voglio diventare un mujaheddin» Questi echi di un mondo che credevamo finito molti secoli fa non riguarda però solo la Siria e l Iraq. I gruppi affiliati o legati ad Al Qaeda, che sembravano deboli e sconfitti fino a pochi anni fa, sono tornati in auge in tutto il mondo. Basta citare qualche nome: Boko Haram in Nigeria, Al Shabaab in Somalia e Kenya, Aqmi nel Maghreb, Ansar Dine in Mali, i talebani in Afghanistan e Pakistan. L Isil non fa parte di questi perché si è staccato da Al Qaeda, ha rifiutato la leadership di Al Zawahiri (successore di Bin Laden) e in diverse province siriane combatte attivamente la fazione qaedista di Al Nusra. In questi scontri fratricidi sono già morti migliaia di miliziani. Frizioni e divergenze tra i gruppi islamisti non fermeranno però l avanzata di questa internazionale jihadista, perché l obiettivo non è semplicemente Baghdad o Damasco, come dichiarato a tempi. it dal giornalista della Stampa Domenico Quirico: «Il califfato non è il frutto della visione di un imam svitato che arringa in una moschea, ma una strategia che l Occidente non riesce a capire. Da una parte è la creazione di un vero e proprio Stato fondato sulle regole dell islam più radicale, dall altra una base logistica per sfidare gli Stati islamici confinanti (che loro definiscono traditori) e poi affrontare l Occidente. Non hanno paura del confronto militare e confermano di essere in grado di porci una sfida globale». Questo è proprio quello che l Occidente non vuole vedere: «La nuova Al Qaeda ha alza- to il livello del confronto e i suoi obiettivi. Non siamo più di fronte a cellule di terroristi ma a eserciti che si muovono dal Sahara alla Mesopotamia. L Occidente però non li capisce continua Quirico, non riesce a comprendere che loro non hanno interessi economici o politici. A muovere la storia infatti non c è solo questo: c è anche la religione. Purtroppo gli occidentali, e gli americani per primi, non vogliono capirlo». Eppure basterebbe ascoltare le loro parole. Un religioso sunnita dell Isil educava così i bambini della provincia siriana di Idlib nel 2013: «I cristiani sono infedeli. Obama è infedele. Chi dice che Gesù è figlio di Maria è un miscredente e va scannato». Un altro imam faceva ripetere a bambini di dieci anni: «Allah è il nostro maestro, loro invece non hanno maestri. Il loro cattivo maestro è l America e malvagio è il loro destino. Da grande voglio diventare un mujaheddin». n 25 giugno

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