UNIVERSITA DI MODENA E REGGIO EMILIA FACOLTA DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica

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1 UNIVERSITA DI MODENA E REGGIO EMILIA FACOLTA DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica Tesina per il corso di Elettronica Biomedica (Prof. S. Fonda e Prof. Luigi Rovati) STUDIO DI INVASIVITA DEI SENSORI NELLE APPLICAZIONI BIOMEDICHE Realizzata da: Federico Donini Daniele Neri Anno Accademico

2 Indice 1. Introduzione Segnali biologici Classificazione dei segnali biologici 7 2. Trasduttori Parametri caratteristici Principali tipi di trasduttori Trasduttori resistivi Trasduttori capacitivi Trasduttori induttivi Trasduttori elettromagnetici 15 LVDT 15 RVDT 16 LVT Pick-up magnetici Trasduttori di luminosità Fotoresistenze Fotodiodi Fototransistor Celle fotovoltaiche Optoisolatori Encoder Encoder assoluti Encoder incrementali Trasduttori piezoelettrici Piezoelettrici Piezoresistivi Piezotransistori Trasduttori di temperatura Termocoppie Termistori 30 NTC 30 PTC 31 RTD Sensori allo stato solido 33 Trasduttori di temperatura a BJT e integrati 33 Lamine bimetalliche 35 Pirometri Estensimetri (Strain Gauge) Celle di Carico Trasduttori di campo magnetico 41 2

3 te 2.11 Trasduttori di pressione Trasduttori di velocità Dinamo tachimetrica ed Alternatore Tachimetrico Trasduttori di velocità digitali Trasduttori di livello Trasduttori di posizione Potenziometri Trasformatori differenziali Flussometri ad Ultasuoni Flussometri a tempo di transito Flussometri Doppler Elettrodi a gas per il sangue Sensori per la misura del ph Sensori per la misura della pressione parziale dei gas Strumentazione Biomedica Problematiche Specifiche Metodologie di Misura Biosensori Elettrodi Elettrodo Ag-AgCl Esempi di elettrodi 75 Microelettrodi 76 Elettrodi per EEG 77 Elettrodi per stimolazione Termometro a Sensore Pirometrico Infrarosso Sensori per Ecografia Diagnostica Ottica Cenni Teorici Spettroscopia Imaging Cenni su Applicazioni Ottiche Spettroscopia DLS Testina Colorimetrica Fluorometro Corneale Tomografia Ottica dei Tessuti Sviluppi Futuri Analisi Automatica di Segnali Bioelettrici Olfattori Appendici Normative di Sicurezza Bibliografia 97 3

4 1. Introduzione Il presente studio si propone di analizzare diverse categorie di sensori impiegati in ambito diagnostico con l obiettivo di osservare diverse metodologie di analisi, valutandone l efficacia in rapporto all invasività. La trattazione dell analisi di un segnale biologico rappresenta un campo molto vasto, a questo scopo lo studio che vedremo sarà articolato in varie parti, volte alla focalizzazione delle singole fasi di analisi ed alle relative caratteristiche. Inquadriamo, quindi, i campi d interesse all interno del diagramma che illustra le fasi necessarie, dal rilevamento del segnale fino alla presentazione finale del risultato in una rappresentazione interpretabile dall utente: Diagramma relativo ad un generico rilevamento biologico [1] 4

5 Lo studio è focalizzato alla trasduzione del segnale biologico, cioè all interfaccia che traduce il segnale biologico vero e proprio in una grandezza di natura opportuna adatta ad una successiva elaborazione che permetta la presentazione del risultato all utente finale [1]: In ordine a tale analisi, lo studio presenta tre aspetti fondamentali: Caratterizzazione dei diversi SEGNALI BIOLOGICI che debbono essere rilevati I TRASDUTTORI che vengono effettivamente impiegati per la misura dei segnali Le METODOLOGIE di MISURA, riguardo alle tecniche utilizzate direttamente sul paziente e alla loro invasività 5

6 1.1 Segnali biologici Si definisce segnale una grandezza fisica alla quale viene associata un informazione codificata. Quelli biologici si distinguono in Basali ed Evocati Basali: sono segnali legati alla fisiopatologia, cioè al funzionamento, normale o in presenza di malattia, dell organismo vivente Esempi : - attività elettrica cerebrale (elettroencefalografia) - attività elettrica cardiaca (elettrocardiografia) - flussi ematici - pressione arteriosa - temperatura basale Evocati: sono segnali ottenuti come risposta ad un determinato stimolo imposto dall esterno Esempi : - potenziali evocati - gittata cardiaca (metodo della diluizione) - configurazione arterie coronariche (angiografia) - immagini diagnostiche (radiologia, TAC, RMN) - metabolismo del glucosio 6

7 1.2 Classificazione dei segnali biologici Esistono diversi approcci nella classificazione dei segnali provenienti da un organismo, in base a: Natura della variabile rappresentativa dell evoluzione Natura della grandezza fisica caratterizzante Sistema biologico da cui hanno origine Proprietà dei tessuti che li generano Per quanto riguarda il primo tipo di classificazione: I Segnali Temporali sono grandezze significativamente caratterizzate dalla loro evoluzione nel tempo (segnali bioelettrici) Nei Segnali Spaziali la caratteristica più rilevante è la distribuzione spaziale (bioimmagini, mappe) Infine i Segnali Spazio-temporali rappresentano la combinazione di caratteristiche spaziali e temporali (ecocardiografia dinamica, RMN funzionale) 7

8 Per natura della grandezza caratterizzante: - Segnali elettrici - Segnali chimici - Segnali magnetici - Segnali meccanici - Segnali termici Per sistema biologico che li ha generati: - Sistema cardiovascolare - Sistema nervoso - Sistema endocrino - Apparato muscolo-scheletrico Per proprietà chimico-fisiche dei tessuti che li generano: - Impedenza acustica - Potere di assorbimento delle radiazioni - Proprietà istologiche - Proprietà metaboliche - Proprietà termiche - Proprietà elettriche, magnetiche Esempi di grandezze biomediche misurabili: Attività celebrale (EEG, MEG) Proprietà meccaniche del timpano Pressione intracranica ERG, EOG Temperatura corporea Pressione arteriosa Pressione intraesofagea Flusso sanguigno Attività elettrica cardiaca (ECG) Respirazione (volumi: VO 2 VCO 2, pressioni: po 2 pco 2 ) Suoni cardiaci, polmonari Gittata cardiaca Attività muscolare (EMG) Radiopacità Impedenza acustica ph ematico Concentrazioni enzimatiche Movimenti Mappe di potenziali/temperatura Livello di idratazione, flusso sanguigno cutaneo Interazione dinamica Paragrafi 1.1, 1.2 tratti da [2] 8

9 2.Trasduttori I trasduttori sono dispositivi che hanno la proprietà di convertire una forma di energia in un'altra. Quando la loro funzione è quella di rilevare il valore di una grandezza di ingresso e trasformarlo in valore di un'altra grandezza, sono detti anche sensori o trasduttori di misura. Si possono classificare in: - Trasduttori attivi o passivi. Si dicono attivi quando generano una tensione o una corrente in seguito all'applicazione ad essi di una grandezza fisica; passivi quando variano semplicemente le loro caratteristiche, sempre in seguito all'applicazione di una grandezza fisica. - Trasduttori di ingresso e di uscita. Questa classificazione è fatta in base alla localizzazione del trasduttore, se all'ingresso del sistema o all'uscita. 2.1 Parametri caratteristici I principali parametri che caratterizzano i trasduttori ed in base ai quali avviene la scelta per una determinata applicazione, sono: Grandezza fisica misurata Range di impiego È l'intervallo di valori della grandezza fisica di ingresso entro cui è previsto il funzionamento corretto del sensore, entro cui cioè le caratteristiche rientrano nei limiti stabiliti dai data sheet delle case costruttrici. Valore di riferimento (Zero Point) È il valore dell uscita a riposo, a partire dal quale la grandezza di ingresso è misurata. Funzione di trasferimento o caratteristica statica È la relazione fra la grandezza elettrica di uscita e la grandezza fisica di ingresso, nel caso di grandezze costanti o lentamente variabili nel tempo. Comunemente la funzione è espressa in termini matematici o in forma grafica o mediante una tabella di valori. 9

10 Tipo del segnale di uscita Il segnale di uscita è generalmente di tipo analogico e la grandezza di uscita può essere una tensione, una corrente, una resistenza o una capacità; in alcuni casi, invece, come negli encoder, il segnale è di tipo digitale. Sensibilità È definita come il rapporto fra la variazione della grandezza elettrica di uscita e la variazione della grandezza fisica che l'ha prodotta. Risoluzione È la più piccola variazione della grandezza di ingresso che può essere rilevata dal trasduttore. È generalmente data in percentuale rispetto al fondo scala. Errore È definito come la differenza fra valore rilevato della grandezza di uscita e valore teorico. È importante l'errore di non linearità, nei casi in cui la caratteristica statica è rettilinea. Esso è definito come il massimo scostamento fra curva reale e retta ideale, espresso in percentuale del fondo scala. Si può presentare anche l'errore di isteresi. Caratteristiche dinamiche Caratterizzano il funzionamento del sensore in presenza di rapide variazioni della grandezza di ingresso. Tra i parametri principali vengono considerati: tempo di risposta, tempo di salita, tempo di assestamento, costante di tempo, caratteristiche di smorzamento (nel caso di variazioni a gradino della grandezza di ingresso), risposta in frequenza (nel caso di grandezze di ingresso ad andamento periodico nel tempo). Deriva (Drift) È la variazione del valore di riferimento, causata dall'invecchiamento dei componenti o dalla variazione delle condizioni ambientali. 10

11 2.2 Principali tipi di trasduttori Trasduttori resistivi Un trasduttore resistivo può essere realizzato mediante un potenziometro connesso ad una parte in movimento. In esso la tensione di uscita è funzione dello spostamento del cursore; infatti si ha: V u Vi = R 1 R2 + R 2 Il movimento può essere lineare o angolare, come nei potenziometri a rotazione; la grandezza di uscita può avere andamento lineare, logaritmico od esponenziale (in teoria è possibile realizzare qualsiasi tipo di funzione). I trasduttori potenziometrici hanno i seguenti vantaggi: semplicità basso costo tensioni di uscita elevate possibilità di operare con tensioni continue o alternate facilità di taratura Gli inconvenienti principali sono: attrito elevato sensibilità bassa rumore elevato nel caso di impiego di potenziometri ad alta resistenza usura sensibilità alle vibrazioni con generazione di componenti di uscita indesiderate risposta limitata in frequenza Sono impiegati per rilevazione delle seguenti grandezze: spostamenti lineari ed angolari posizioni velocità ed accelerazioni angolari 11

12 2.2.2 Trasduttori capacitivi I trasduttori capacitivi consistono, essenzialmente, in due superfici conduttrici, dette armature, separate da un isolante, detto dielettrico. Una delle due armature è mobile e quindi, in seguito ad una sollecitazione, varia la posizione reciproca delle armature. Il comportamento è quello di un condensatore con capacità variabile. In un condensatore ad armature piane e parallele, si ha la seguente relazione: S C = ε D Dove: C capacità del condensatore, ε costante dielettrica del materiale isolante, S area della superficie delle armature, D distanza fra le armature. Vediamo uno schema di un generico trasduttore capacitivo: Dalla relazione precedente si deduce che per variare la capacità si può o variare la superficie affacciata delle armature o la distanza fra le armature stesse. I trasduttori del primo tipo sono detti ad area variabile e sono impiegati per le misure angolari o lineari, quelli del secondo tipo sono detti a distanza variabile e sono impiegati per misure di piccoli spostamenti. 12

13 I trasduttori capacitivi sono caratterizzati da: Compattezza Stabilità Linearità Buona accuratezza e risoluzione Gli inconvenienti principali sono: Influenza delle capacità parassite dei terminali, dato il piccolo valore della capacità del trasduttore Sensibilità alle variazioni di temperatura (che peraltro può essere superata impiegando trasduttori costituiti da due capacità, una fissa ed una di misura, e circuiti di misura opportuni in cui venga rilevato il rapporto fra le due capacità) Elevata impedenza di uscita (che, peraltro, in alcuni casi può essere un vantaggio, come, ad esempio, quando il trasduttore debba essere inserito in parallelo ad un altro dispositivo). I trasduttori capacitivi possono essere impiegati, in particolare, per rilevazioni di: Posizioni Spostamenti lineari ed angolari Accelerazioni lineari Forze e pressioni 13

14 2.2.3 Trasduttori induttivi I trasduttori induttivi, indicati anche come trasduttori magnetici, sono caratterizzati dalla variazione del valore dell'induttanza di un avvolgimento, a causa dello spostamento di un nucleo o di una armatura. Nella figura la posizione dell'armatura mobile rispetto al nucleo fisso determina le dimensioni del traferro e quindi i valori della riluttanza del circuito e dell'induttanza della bobina: Trasduttore induttivo a riluttanza variabile Un altro esempio consta in un nucleo di ferro mobile: inserendosi in misura maggiore o minore all'interno della bobina, ne causa una variazione di induttanza, questa risulta pertanto funzione della posizione del nucleo all'interno dell'avvolgimento: Trasduttore ad induttanza variabile In altri casi, come nei sensori di prossimità, si impiega un avvolgimento che, quando si trova ad essere in prossimità di elementi ferromagnetici, ha un'induttanza variabile, che è funzione della distanza dall'elemento ferromagnetico. I trasduttori induttivi hanno il vantaggio di presentare un buon rapporto segnale/rumore. Gli inconvenienti maggiori sono: L'ingombro Il peso I valori limitati di sensibilità L'influenza di campi magnetici esterni Le perdite per isteresi e correnti parassite nel nucleo Possono essere impiegati nelle rilevazioni di: posizioni spostamenti lineari forze e pressioni prossimità 14

15 2.3 Trasduttori elettromagnetici I trasduttori elettromagnetici si basano sul principio dell'induzione elettromagnetica: ai capi di un avvolgimento, interessato da un campo magnetico, si genera una forza elettromotrice indotta quando vi è variazione del flusso concatenato. Alcuni dei tipi principali sono: LVDT (Linear Variable Differential Transformer) o trasformatori differenziali lineari Essi consistono in un nucleo di ferro, un avvolgimento primario, alimentato in tensione alternata, e due avvolgimenti secondari connessi in modo differenziale, come si può vedere in figura; le bobine sono avvolte su un supporto, entro il quale può muoversi il nucleo. Quando il nucleo è in posizione centrale rispetto ai due secondari, le tensioni indotte ai loro capi sono uguali in ampiezza ma, dato il modo di connessione dei secondari, si sottraggono e quindi la tensione di uscita è nulla. Lo spostamento del nucleo rispetto alla posizione centrale fa sì che la tensione ai capi di un avvolgimento secondario sia maggiore dell'altra e quindi si abbia tensione differenziale all'uscita. L ampiezza è tanto maggiore quanto più il nucleo si trova verso le estremità della propria corsa; la fase dipende dalla posizione del nucleo rispetto ai due avvolgimenti secondari. Trasduttore a trasformatore differenziale La frequenza della tensione primaria è spesso di 50 Hz; vengono impiegate comunque anche frequenze più alte, fino a 20 khz, per ridurre le dimensioni dei componenti. I vantaggi dei dispositivi LVDT sono: robustezza meccanica e affidabilità possibilità di separazione fra nucleo ed avvolgimenti (funzionamento senza attrito, quindi elevata risoluzione) simmetria della struttura e del funzionamento (il traferro in posizione centrale implica tensione di uscita nulla) possibilità di isolamento degli avvolgimenti, data la loro separazione dal nucleo mobile, ad esempio mediante chiusura ermetica (ciò consente l'impiego in condizioni ambientali difficili) separazione fra circuito di ingresso (primario) e circuito di uscita (secondario) con possibilità, ad esempio, di facile separazione delle masse: ciò è utile nei casi di rilievi di precisione, per evitare accoppiamenti indesiderati attraverso i collegamenti di massa, ed indispensabile in sala operatoria per i particolarissimi accorgimenti per la sicurezza. 15

16 Gli inconvenienti sono: il peso l'ingombro la sensibilità alle vibrazioni I dispositivi LVDT trovano larga diffusione nelle rilevazioni di: posizioni spostamenti (anche di ampia escursione) velocità ed accelerazioni pressioni e forze RVDT (Rotary Variable Differential Transformer) o trasformatori differenziali a rotazione. Hanno caratteristiche analoghe agli LVDT descritti precedentemente. Si differenziano per il fatto di essere a rotazione: un nucleo, solidale con un albero, ruota, accoppiando in misura diversa, a seconda della posizione, l'avvolgimento primario con i due avvolgimenti secondari. Il nucleo, in questo caso, deve essere sagomato in modo opportuno, così da garantire una buona linearità della risposta. LVT (Linear Variable Transformer) o trasformatori lineari variabili. Essi consistono in una massa, costituita da un magnete, vincolato ad una molla; esso costituisce il nucleo di un avvolgimento entro il quale si può muovere (in alcuni casi il magnete è fisso e l'avvolgimento è mobile). Ai capi della bobina si genera una forza elettromotrice indotta, causata dal movimento del nucleo, proporzionale alla velocità del nucleo stesso. I dispositivi LVT hanno i seguenti vantaggi: tensioni di uscita relativamente alte bassa impedenza di uscita costo limitato Gli inconvenienti maggiori sono: peso ingombro difficoltà a rispondere a grandezze che variano a frequenze basse (inferiori ad una decina di hertz) ed alte (superiori ad una frequenza dell'ordine di 1KHz) Le applicazioni principali constano nella rilevazione di velocità ed accelerazioni lineari. 16

17 2.4 Pick-up magnetici Sono costituiti, nella loro forma più semplice, da un magnete permanente, posto in prossimità di un oggetto di materiale ferromagnetico: sul magnete è avvolta una bobina. Ai capi della bobina si genera una forza elettromotrice causata dallo spostamento del materiale ferromagnetico rispetto al magnete. Un esempio è riportato in figura, nel quale una ruota dentata, di materiale ferromagnetico, è posta di fronte al pick-up; in seguito alla rotazione della ruota, si ha una successione di impulsi ai capi della bobina, causati dal passaggio dei denti nelle vicinanze del pick-up. Trasduttore a pick-up magnetico Le realizzazioni possono essere diverse: l'elemento mobile può presentare un solo dente, il cui passaggio davanti al pick-up determina gli impulsi di uscita; oppure l'elemento mobile può essere realizzato mediante un magnete permanente, per aumentare l'ampiezza degli impulsi di tensione. I pick-up magnetici hanno il vantaggio di permettere la separazione fra elemento di rilevazione ed oggetto della misura (nell'esempio di figura la ruota dentata non è infatti a contatto con il pick-up), ciò consente misure particolari, come di flusso nei fluidi. il segnale di uscita è inoltre di tipo impulsivo e quindi non necessita, della conversione A/D nei sistemi di acquisizione dati. Gli inconvenienti principali sono: la difficoltà nella misura di piccole velocità, siccome le tensioni di uscita sono piccole e quindi risulta basso il rapporto segnale/rumore; la difficoltà a realizzare ruote di piccole dimensioni, per limitare l'ingombro, e con elevato numero di denti, per avere all'uscita un numero elevato di impulsi e quindi aumentare la risoluzione del sistema. I pick-up magnetici vengono usati per la misura di velocità di rotazione di alberi e per rilevazioni ad essa collegate (ad esempio, inserendo la ruota dentata in un tubo in cui fluisce un liquido, con l'asse perpendicolare alla direzione del flusso, è possibile effettuare rilevazioni di velocità e di volume del fluido). 17

18 2.5 Trasduttori di luminosità Sono dispositivi che trasformano l'energia luminosa in energia elettrica. I fondamentali trasduttori di luminosità sono le fotoresistenze, i fotodiodi e i fototransistor Fotoresistenze Sono dispositivi a semiconduttore che sfruttano la proprietà di aumentare la propria conducibilità elettrica quando sono colpiti dalla luce. Infatti, un fotone che colpisce un elettrone impegnato in un legame covalente cede la sua energia, che può essere sufficiente a liberare l'elettrone dal legame. Se ciò accade si origina nel semiconduttore una coppia elettrone-lacuna in più in grado di partecipare alla conduzione elettrica. In pratica è lo stesso fenomeno della conduzione dovuta alla agitazione termica con la differenza che in questo caso l'energia non è termica ma luminosa. I materiali più usati per realizzare le fotoresistenze sono il solfuro di cadmio CdS e il solfuro di piombo PbS. Il primo ha una risposta spettrale centrata nella radiazione visibile, il secondo è sensibile anche alle radiazioni ultraviolette. Le fotoresistenze commerciali presentano una resistenza di buio dell'ordine del MΩ (resistenza elettrica in condizioni di oscurità) ed un valore dell'ordine di 100Ω quando sottoposte a forti flussi luminosi (intorno a 1000 lux). Possono dissipare potenze dell'ordine di 1-2 W. Uno svantaggio è la lentezza di funzionamento rispetto ai transitori assai rapidi dei fenomeni luminosi. I tempi di salita e di discesa risultano superiori a ms ed aumentano al diminuire dell'intensità della luce incidente. Ciò dipende dalla elevata vita media dei portatori di carica che determina una elevata inerzia delle fotoresistenze. E mostrato l'andamento, in scala logaritmica, della resistenza in funzione dell'illuminamento per una resistenza al solfuro di cadmio CdS ; a lato il simbolo della fotoresistenza [3]: Le fotoresistenze vengono utilizzate nei circuiti per la regolazione automatica della luminosità (display led, cinescopi) in funzione dell'illuminazione dell'ambiente. Se il controllo automatico deve essere di tipo ON/OFF il dispositivo può azionare, tramite un trigger di Schmitt, relè, triac, ecc. 18

19 2.5.2 Fotodiodi Un fotodiodo è una giunzione PN la cui conducibilità aumenta in funzione dell'aumento dell'intensità della luce incidente. Il fotodiodo si presenta in un minuscolo contenitore munito di una finestrella trasparente attraverso cui entra la luce che colpisce la giunzione. Generalmente il fotodiodo viene inserito in un circuito polarizzato inversamente e, in assenza di luce, la corrente inversa che attraversa il dispositivo è dell'ordine di alcune decine di na per dispositivi al silicio ed è dell'ordine del µa per il germanio. Tale corrente, definita anche col termine di corrente di buio, dipende dalla temperatura attraverso la nota legge secondo cui la corrente inversa raddoppia se la temperatura aumenta di 10 C. La sensibilità è dell'ordine di alcune decine di na/lux per cui per un illuminamento di 1000 lux si ottengono correnti dell'ordine di alcune decine di µa. Il principio di funzionamento è il seguente: se una giunzione PN polarizzata inversamente è colpita da un fascio di luce di opportuna lunghezza d'onda, in essa vengono liberate nuove coppie elettrone-lacuna (oltre a quelle di origine termica) che aumentano il valore della corrente del dispositivo. La fotocorrente dipende dalla intensità luminosa e quindi dal numero di fotoni utili per unità di tempo nonché dalla loro lunghezza d'onda. Infatti, la sensibilità spettrale di un fotodiodo interessa le radiazioni visibili con un massimo compreso tra 0.7 µm e 0.9 µm. La relazione di linearità tra la fotocorrente e l'illuminamento è notevole e la rapidità di risposta ai fenomeni luminosi è anch'essa buona (intorno ai ps), ciò rende i fotodiodi particolarmente indicati nelle applicazioni ad elevata velocità. Confrontando fotodiodi e fotoresistenze si osserva che i vantaggi dei primi consistono in una più elevata risposta spettrale in frequenza, migliore linearità di funzionamento e minor sensibilità ai rumori. Gli svantaggi sono la limitata intensità della fotocorrente e la forte dipendenza dalla temperatura. In figura è mostrato lo schema elettrico di impiego di un fotodiodo; come convertitore corrente tensione viene impiegato un amplificatore operazionale (A.O.): In assenza di luce I= ID ove ID è la corrente di buio (dark current). La fotocorrente IP (photo current) dipende dalla luce incidente: I= ID + IP. Poiché la corrente I è compresa tra alcune decine di na ed alcune decine di µa si dovrà utilizzare un A.O. con correnti di polarizzazione trascurabili rispetto a tali valori. Gli A.O. dovranno, pertanto, presentare impedenza di ingresso elevata, per cui saranno preferiti quelli con ingresso a FET (LF351, LF355, LF356 ed altri). 19

20 2.5.3 Fototransistor È un dispositivo realizzato per ovviare alla ridotta sensibilità dei fotodiodi. È costituito da un normale transistor NPN la cui giunzione base-collettore, polarizzata inversamente, viene esposta a radiazione luminosa. Simbolo elettronico e circuito equivalente di un fototransistor. Il terminale di base potrebbe anche non essere utilizzato; la corrente di base, in tal caso viene fornita dalla fotocorrente della giunzione base-collettore. Il pilotaggio esterno della base consente di variare la sensibilità del dispositivo. I C = h FE I b = h FE (I r + I) H FE, come noto, è il guadagno statico del componente. Con il fototransistor si possono ottenere fotocorrenti dell'ordine di alcune decine di ma con illuminamenti fino a lux. La sensibilità può raggiungere il valore di alcuni pa/lux. Per aumentare ulteriormente la sensibilità si ricorre ad una struttura denominata fotodarlington. Per alimentare carichi in corrente alternata a tensione di rete si fa uso di fototriac, il cui innesco avviene illuminando il dispositivo. Un esempio di dispositivo commerciale e il Philips BPX25 le cui caratteristiche di funzionamento sono descritte dalle curve [4]: 20

21 I fototransistor, i fotodarlington e i fototriac risultano un po' più lenti dei fotodiodi a causa del maggior tempo di transito dei portatori di carica. Nella maggior parte delle applicazioni i trasduttori ottici vengono utilizzati come interruttori Celle fotovoltaiche Un fotodiodo non polarizzato, ai cui terminali viene collegato un carico, quando viene colpito da un fascio di luce genera una fotocorrente, che attraversa il carico. In tal caso, infatti, ai capi del fotodiodo si manifesta una d.d.p. definita come f.e.m. fotovoltaica, di valore intorno a 0.5 V per dispositivi al silicio. Si definisce cella solare un particolare fotodiodo ottimizzato per la generazione di f.e.m. fotovoltaica. La corrente di cortocircuito di una tipica cella fotovoltaica è di 5 ma, che corrisponde ad una resistenza nominale di 0.5 V/5 ma = 100 Ω Per aumentare la f.e.m. fotovoltaica i fotodiodi vanno collegati in serie; per aumentare la fotocorrente utilizzabile i fotodiodi vanno collegati in parallelo. Schema di collegamento serie parallelo di celle fotovoltaiche volto ad aumentare l intensità della massima corrente erogata al carico e la f.e.m. complessiva L esempio del collegamento di 6 celle fotovoltaiche fornisce una tensione V= 1.5 V e una corrente fino a 10 ma. 21

22 2.5.5 Fotoaccoppiatori ( Optoisolatori ) Sono dispositivi costituiti da un diodo LED e da un fotorivelatore assemblati in un unico contenitore. Il foto-rivelatore può essere un fotodiodo, fototransistor, fotodarlington o fototriac. Iniettando una corrente nel diodo LED, questo si illumina. La luce emessa colpisce il fotorivelatore che genera fotocorrente. Questi dispositivi consentono di trasformare, tramite accoppiamento ottico, un segnale elettrico in un altro segnale elettrico, separando il circuito a monte da quello a valle. Gli optoisolatori vengono utilizzati quando si desidera separare due circuiti elettrici, mantenendo le medesime relazioni tensione-corrente. L'isolamento elettrico tra il circuito di pilotaggio del diodo LED e quello del fotorivelatore è superiore a 1 KV. Un esempio applicativo è l'alimentazione a tensione alternata di rete di un carico di elevata potenza sotto il controllo di un segnale digitale. In questo caso il circuito di interfaccia può essere costituito solamente da un fotoaccoppiatore a fototriac. Tra le caratteristiche fondamentali di tale dispositivo (come ad esempio per il modello V23100 di Siemens) ricordiamo il valore della tensione di pilotaggio del diodo LED interno che va da 3 V a 40 V. La resistenza di ingresso è superiore a 1 K Ω per cui l'assorbimento di corrente va da alcuni ma ad alcune decine di ma. La luce emessa dal diodo LED è in grado di innescare il fototriac interno capace, a seconda dei modelli, di sopportare correnti di intensità di 10 A e tensioni di 1000 V. L'uso di tale fotoaccoppiatore consente di tenere separati il circuito di comando a bassa tensione dal circuito di potenza alimentato a tensione di rete. Vediamone l esempio tratto dal Data Sheet del dispositivo Siemens V23100 [5] per un segnale TTL che pilota un fotoaccoppiatore a fototriac : 22

23 2.6 Encoder Sono trasduttori di posizione di tipo digitale in grado di fornire un numero, espresso in un codice (generalmente binario), in funzione dello spostamento. Possono essere di tipo lineare (funzionanti per mezzo di un nastro forato) o angolare (con disco forato). Esempio di encoder a tre bit in codice binario naturale [6]: a) lineare b) sistema di lettura c) angolare 23

24 2.6.1 Encoder assoluti Gli encoder lineari sono costituiti da un nastro, quelli angolari da un disco, solidale all'organo in movimento, suddiviso in un certo numero di piste che, ad intervalli regolari di spazio, presentano zone opache e trasparenti corrispondenti a configurazioni numeriche differenti. Il sistema di lettura, generalmente di tipo ottico, è costituito da tante coppie di sorgenti di luce (diodi LED) e rivelatori di luce (fotodiodi) quante sono le piste ed è in grado di trasformare in numero binario le zone opache e trasparenti. II circuito di rivelazione fornisce lo 0 logico in corrispondenza della zona opaca ed 1 logico in corrispondenza della zona trasparente. In presenza di zona opaca la luce emessa dal LED è interrotta da tale zona; il corrispondente fotodiodo non è illuminato e la tensione ai capi della resistenza in serie al fotodiodo è nulla (0 logico). Se la zona è trasparente la luce emessa dal LED colpisce il fotodiodo; la fotocorrente scorre anche nella resistenza ai cui capi si manifesta una tensione (1 logico). L'uso di un comparatore consente di stabilire la soglia luminosa di commutazione: Pilotaggio del LED a circuito per la rivelazione della zona opaca o trasparente [7] Questo trasduttore di posizione, a causa della discretizzazione costitutiva, può apparire dotato di un potere risolutivo inferiore rispetto ai tradizionali trasduttori di posizione di tipo analogico (potenziometri e trasformatori differenziali). In realtà il potere risolutivo viene deciso in base al numero di piste dell'encoder. Con 8 piste è possibile discriminare ben 2 8 = 256 posizioni. Con l'odierna tecnologia ognuna di queste posizioni può ridursi fino a 2.5µm di lunghezza o di 2 di grado. La risoluzione dei sistemi analogici, invece, resta limitata dal rapporto segnale-rumore degli amplificatori elettronici utilizzati. Un inconveniente degli encoder a codice binario naturale si ha quando il trasduttore, passando da una posizione alla successiva determina la commutazione di almeno due bit. Il sistema di lettura deve essere perfettamente allineato alle piste altrimenti si genera un codice errato durante il passaggio da una posizione all'altra (la cosiddetta corsa critica). Ad esempio, nel passaggio tra il codice 5 (101) e 6 (110), si potrebbe generare per un momento il codice 100 oppure 111. Risulta facile ovviare a tale inconveniente codificando il nastro, o il disco, con un codice binario a distanza di Hamming unitaria, come il codice Gray. 24

25 2.6.2 Encoder incrementali Gli encoder incrementali, anch'essi lineari o angolari, sono costituiti da fenditure trasparenti equidistanti praticate sul nastro lineare o sul disco circolare. Il sistema di lettura fornisce un impulso ogni qualvolta si presenta una fenditura sotto il suo campo d'azione. Questi dispositivi non danno, quindi, un informazione immediata della posizione. Un dispositivo di conteggio digitale incrementa la configurazione numerica ad ogni impulso generato. Poiché l encoder può muoversi in ambedue le direzioni e ruotare in entrambi i sensi, è necessaria la presenza di un sistema in grado di rilevare il senso del movimento. Il contatore, pertanto, deve essere di tipo bidirezionale. Viene praticata un'altra serie di fenditure disposta sfalsata rispetto alla prima di 1/4 di posizione. II sistema di lettura dispone di due fotodiodi con circuiteria in grado di fornire coppie di forme d onda quadra, sfasate fra loro in due modi relativamente al senso del movimento: Discriminare il senso di rotazione risulta semplicissimo, inviando il segnale B all'ingresso D ed il segnale A all'ingresso di clock di un latch D, l uscita Q risulterà allo stato alto quando il senso del movimento coincide con quello mostrato nella prima figura, allo stato basso nell altro. Quando l'encoder cambia il senso del movimento, l'uscita Q del latch subisce una commutazione indicando, così, il nuovo senso. La linea Q può essere, quindi, utilizzata per comandare la direzione del conteggio del contatore. 25

26 2.7 Trasduttori piezoelettrici Nella generica definizione di trasduttori piezoelettrici vengono fatti rientrare, oltre a quelli propriamente detti, anche i trasduttori piezoresistivi ed i piezotransistori Trasduttori piezoelettrici Sono dispositivi che sfruttano la proprietà di alcuni materiali cristallini, come i cristalli di quarzo, di generare una tensione quando sono sottoposti a sollecitazioni meccaniche: Una pressione sul cristallo genera cariche che danno luogo ad una d.d.p. [8] Generalmente sono impiegati materiali ceramici cristallini, caratterizzati da una maggiore sensibilità rispetto ai quarzi. I trasduttori piezoelettrici si comportano come condensatori, trascurando le componenti induttive e resistive; in seguito ad una sollecitazione meccanica (lungo un asse del cristallo), si ha un accumulo di cariche sugli elettrodi del condensatore, proporzionale alla sollecitazione, conseguentemente si manifesta una tensione data dal rapporto fra carica e capacità. I trasduttori piezoelettrici hanno i seguenti vantaggi: robustezza piccole dimensioni buona risposta alle alte frequenze non richiedono alimentazione 26

27 Gli inconvenienti maggiori sono: impedenza di uscita alta sensibilità alle variazioni di temperatura sensibilità a sollecitazioni rispetto assi diversi da quello della sollecitazione prevista Sono impiegati nelle rilevazioni di: velocità ed accelerazioni lineari forze e pressioni onde sonore Trasduttori piezoresistivi Sono costituiti da semiconduttori drogati la cui resistività, quindi la resistenza, varia in seguito ad una deformazione meccanica. Rispetto ai dispositivi piezoelettrici hanno il vantaggio di dare una risposta in continua ed alle basse frequenze. Inoltre possono essere sottoposti ad una tensione di lavoro relativamente elevata mantenendo una bassa impedenza. Hanno l'inconveniente di richiedere alimentazione e di essere più sensibili alle variazioni di temperatura. Sono impiegati particolarmente come estensimetri, in virtù dell assenza di isteresi e della maggiore sensibilità nei confronti degli estensimetri a filo Piezotransistori Sono costituiti da transistori nei quali la giunzione base-emettitore è di tipo piezoresistivo. La sollecitazione meccanica provoca una variazione della corrente nella giunzione che, conseguentemente, modula ed amplifica la corrente di collettore in modo proporzionale. Nei confronti dei trasduttori piezoelettrici, i piezotransistori hanno il vantaggio di dare una risposta sia in continua, sia alle basse frequenze. Permettono inoltre di ottenere un segnale di uscita elevato, grazie all'effetto di amplificazione. Anch essi hanno l'inconveniente di richiedere alimentazione. Vengono impiegati nella rilevazione di accelerazioni lineari, di forze e pressioni. 27

28 2.8 Trasduttori di temperatura Termocoppie Sono dispositivi che consentono di ottenere un informazione sulla temperatura in forma di segnale elettrico. Il funzionamento si basa sull'effetto Seebeck: riscaldando alla temperatura T c la saldatura di due metalli diversi si ottiene alle due estremità libere, poste ad una temperatura di riferimento T R, una piccola f.e.m. proporzionale alla differenza tra T c e T R (a) simbolo di una termocoppia (b) collegamento di due termocoppie per eliminare la f.e.m. di giunzione ai morsetti del voltmetro [9] Il loro funzionamento è regolato dalle seguenti due formule: e = α ( ) T c T R V = Vc VR = α Tc TR α è il coefficiente di Seebeck, espresso in µv/ C, che dipende dai due metalli costituenti il giunto e dalla temperatura. Sebbene la linearità di funzionamento si abbia per piccole variazioni di temperatura, le termocoppie trovano applicazione grazie all'ampio spettro di temperature sopportabili (da C a 1000 C tipicamente). I materiali più usati sono ferro-costantana, rame-costantana, cromo-alluminio. Un inconveniente dell effetto Seebeck consiste nella dipendenza del coefficiente α dalla temperatura, che provoca una dipendenza non lineare della tensione dalla temperatura. Per ovviare al problema si utilizza un altra termocoppia Jr, il cui giunto caldo viene posto ad una temperatura di riferimento T R nota, in questo modo la tensione misurata dalla serie delle due termocoppie fornisce un valore differenziale. Inoltre i cavi di collegamento ed i morsetti del voltmetro sono in rame in modo da eliminare la presenza di un ulteriore contatto bimetallico. 28

29 La connessione della termocoppia al sistema di acquisizione deve avvenire tramite terminali compensati. Questi vengono scelti in modo che le loro caratteristiche siano simili a quelle dei metalli della termocoppia, la cui tensione viene trasferita al sistema di misura con una minima perturbazione. Per ottimizzare il comportamento della termocoppia spesso si ricorre a soluzioni più complesse che evitano l'uso di giunti da porre a temperature di riferimento: Sensore di temperatura con stadio intermedio ad operazionale [10] 29

30 2.8.2 Termistori Sono dispositivi caratterizzati da una forte dipendenza della tensione di uscita dalle variazioni di temperatura. Si suddividono in: NTC : Negative Temperature Coefficient PTC : Positive Temperature Coefficient All aumentare della temperatura aumenta la resistenza nei PTC, l effetto contrario si ha negli NTC. I termistori hanno i vantaggi di avere: grande sensibilità a piccole variazioni di temperatura (la resistenza può variare del 5% per ogni grado centigrado di variazione della temperatura) bassi tempi di risposta ripetibilità della misura possibilità di grandi varietà di montaggi I maggiori inconvenienti sono: la non linearità (la curva di trasferimento è di tipo esponenziale, però è possibile la linearizzazione, mediante opportune reti resistive) il limitato range di temperatura di impiego (temperatura massima dell'ordine di 150 C). NTC I termistori NTC sono costituiti da miscele di ossidi di metallo (ferro, nichel, cromo, cobalto, manganese) che, comportandosi da semiconduttori, riducono il loro valore resistivo all'aumentare della temperatura, presentano quindi un coefficiente di temperatura negativo. Il grafico del tipico andamento della resistenza elettrica in funzione della temperatura per un NTC è il seguente [11]: 30

31 PTC I termistori PTC sono realizzati utilizzando titanato di bario (BaTiO 3 ) o miscele di titanato di bario e di stronzio (SrTiO 3 ). Drogando il materiale con impurezze trivalenti di lantanio o bismuto oppure con impurezze pentavalenti come antimonio o niobio si ottiene un semiconduttore di tipo N con elevato coefficiente di temperatura positivo. Per la realizzazione dei PTC si utilizza anche il silicio con opportuno livello di drogaggio di tipo N. Il comportamento in funzione della temperatura di un PTC non è semplicemente a coefficiente di temperatura positivo. Per basse temperature il coefficiente di temperatura è negativo anche se non fortemente; per valori più elevati di temperatura, invece, il coefficiente è fortemente positivo per poi divenire di nuovo negativo. Il grafico dell andamento resistivo di un PTC in funzione della temperatura e la caratteristica corrente-tensione è il seguente [11]: La temperatura di soglia T 1 è denominata temperatura di Curie ed il suo valore, compreso tra 50 C e 200 C, dipende dal particolare dispositivo utilizzato. Il grafico presenta il comportamento effettivo del PTC nel campo di temperatura compreso tra T 1 e T 2 nel quale è possibile una descrizione analitica approssimata con la formula: R T = A + C e BT ove A, B e C sono costanti e T è la temperatura assoluta espressa in K. In genere, lo studio dei circuiti comprendenti PTC si effettua graficamente piuttosto che analiticamente, per evitare l eccessiva approssimazione. In campo elettrotecnico i PTC trovano impiego per la protezione contro i sovraccarichi, infatti, collegando il PTC in serie al carico con corrente nominale inferiore a quella di picco del PTC, quest'ultimo presenta una bassa resistenza. Se la corrente diventa superiore a quella di picco, a causa di un sovraccarico, il PTC si riscalda rapidamente, supera il punto di Curie e la sua resistenza aumenta notevolmente e ciò riduce drasticamente la corrente. In tal caso termistore si comporta da fusibile automatico: 31

32 In campo elettronico sia gli NTC sia i PTC vengono impiegati come stabilizzatori. Un esempio consta nello stabilizzare un oscillatore a ponte di Wien con operazionale, utilizzando uno di questi dispositivi in luogo di una delle resistenze del ponte. Queste applicazioni risultano interessanti in campo medico in ambito di condizionamento del segnale, o nella protezione di sistemi elettricamente isolati propri dei circuiti di sicurezza in ambito ospedaliero. RTD (Resistance Temperature Detector) o termoresistenze o sonde di temperatura resistive. Sono trasduttori che alterano il loro valore resistivo al variare della temperatura secondo la legge: dove: R 0 è la resistenza a 0 C; α è il coefficiente di temperatura ( C -1) T è la temperatura in C ( 1+ T ) R = R α 0 Se l elemento resistivo è un metallo si parla di termoresistenza mentre se l'elemento resistivo è un semiconduttore si parla di termistore. Le termoresistenze più utilizzate sono costituite da metalli come il platino, rame e il nichel ed agiscono in un campo di temperatura che va da -200 C ad alcune centinaia di C. Il coefficiente di temperatura α è positivo per cui all'aumentare della temperatura corrisponde un aumento del valore resistivo. Il rame è poco usato perché, avendo bassa resistività, risulta più ingombrante rispetto agli altri metalli a parità di altre condizioni. Il nichel ha come vantaggio l'economicità ma ha un comportamento poco lineare. Costruttivamente si realizzano avvolgendo il filo metallico intorno ad un supporto ceramico o di vetro oppure depositando un film sottile di metallo su un substrato isolante. Il tutto è incapsulato in un contenitore. Per evitare errori di misura dovuti all'autoriscaldamento occorre limitare la corrente (massimo 10mA) iniettata nella termoresistenza. I cavi di collegamento in rame debbono avere bassissima resistenza (elevata sezione) per evitare errori di caduta di tensione in linea per variazione di temperatura. Per la misura delle termoresistenze spesso si utilizza il ponte di Wheatstone. 32

33 2.8.3 Sensori allo stato solido Detti anche sensori a semiconduttore, si basano sulla proprietà delle giunzioni a semiconduttore, polarizzate direttamente, di variare la tensione ai loro capi di circa -2,5 mv/ C. Questa proprietà permette la realizzazione di sensori integrati che forniscono segnali proporzionali alla temperatura. Un inconveniente di questi dispositivi è il ridotto intervallo di temperatura in cui possono lavorare; in genere la temperatura massima è limitata a valori dell'ordine di 150 C. Trasduttori di temperatura a BJT e integrati Un comunissimo BJT può essere utilizzato come trasduttore di temperatura. Infatti, come noto, polarizzando direttamente la giunzione base-emettitore si ha: V BE = 0.7 V nei BJT al silicio. Tale d.d.p. diminuisce con la temperatura di circa 2,5 mv per C. Il coefficiente di temperatura è negativo e pressoché costante di valore α = - 2,5 mv/ C. Si ha: V BE ( T ) = V ( T ) + α( T ) 2 BE 1 2 T1 dove: V BE (T 1 ) è la d.d.p. alla temperatura T 1 V BE (T 2 ) è la d.d.p. alla temperatura T 2 Nell ipotesi di corrente costante la V BE dipende dalla sola temperatura. Deve essere evitato l'impiego di correnti di intensità elevate che producono autoriscaldamento. Il comportamento è soddisfacentemente lineare nel campo di temperatura da 0 a 100 C. 33

34 Un esempio di schema elettrico di un termometro che utilizza un BJT come sensore è il seguente [13]: La temperatura influenza direttamente la polarizzazione del transistor, cosicché dalla tensione di polarizzazione si può risalire alla temperatura cercata. Facciamo un esempio numerico per determinare la generica temperatura T : Per ipotesi T 2 = T e T 1 = 0 C, quindi : V BE = V BE0 + α T Si suppone V 2 = V BE0 /2, da cui: V 1 = - α T Imponendo, infine: R 2 / R 1 = 39, si ottiene la relazione : Se si desidera una maggior sensibilità, miglior linearità e un più ampio campo di temperatura si possono utilizzare dei sensori di temperatura integrati appositamente fabbricati, come ad esempio il dispositivo LM335 [14]. 34

35 Lamine bimetalliche Sono dispositivi costituiti da due o più lamine di metalli diversi saldate assieme. Al variare della temperatura, la lamina bimetallica si deflette, a causa del diverso coefficiente di dilatazione dei due metalli di cui è composta; l'altra estremità pertanto si sposta e determina la chiusura o l'apertura di un interruttore. Sono impiegate in sistemi di controllo, con limiti di temperatura di diverse centinaia di gradi centigradi. Esempi di lamine bimetalliche commerciali [15] Pirometri Sono dispositivi sensibili alle radiazioni emesse da un corpo caldo. Si dividono in pirometri ottici e pirometri a radiazione : Nei primi la misura della temperatura avviene mediante confronto della luce emessa dal corpo caldo con la luce emessa da una lampada di riferimento. Nei secondi l'energia irradiata viene convertita in corrente tramite una termocoppia. I pirometri hanno il vantaggio di permettere la rilevazione della temperatura di un sistema senza che vi sia contatto fra sistema e dispositivo di misura; inoltre consentono la misura di temperature elevate, fino ad alcune migliaia di gradi. Hanno l'inconveniente di essere poco accurati e di avere scarsa linearità. Esempio di pirometro ad infrarossi per la misura di temperatura a distanza [16] 35

36 2.9 Estensimetri (detti anche Strain Gauge o Strain Gage) Sono dispositivi che si basano sulla variazione di resistenza dovuta ad una modifica del rapporto sezione/lunghezza di un materiale sottoposto a sollecitazione e quindi deformato. Gli estensimetri possono essere a semiconduttore o a conduttore. Gli estensimetri a semiconduttore, detti anche estensimetri piezoresistivi sono caratterizzati dal fatto che la variazione di resistenza, dovuta alla sollecitazione, è causata da una variazione di resistività, più che da una variazione del rapporto sezione/lunghezza. Hanno il vantaggio, rispetto agli estensimetri a conduttore, di avere una sensibilità maggiore, di non risentire di isteresi meccanica e di permettere la realizzazione di estensimetri integrati, provvisti anche di circuiti di amplificazione e di compensazione. Hanno, peraltro, l'inconveniente di essere influenzati in misura maggiore dalle variazioni di temperatura e di avere caratteristiche di linearità inferiori. Gli estensimetri a conduttore possono essere di due tipi : non incollato ed incollato. 1. Gli estensimetri di tipo non incollato sono detti anche a filo e sono costituiti da uno o più fili tesi fra due supporti isolanti, accoppiati al sistema di cui si vuole determinare la deformazione. Il principio di funzionamento è schematizzato in figura. Se si verifica una deformazione, ad esempio un allungamento, la lunghezza dei fili aumenta e diminuisce la sezione; la variazione di resistenza, rilevata ad esempio mediante un circuito a ponte, è funzione della deformazione. Questo tipo di estensimetro ha l'inconveniente della fragilità, per cui sono più diffusi gli estensimetri incollati. Estensimetro a filo (non incollato) [17] 36

37 2. Gli estensimetri di tipo incollato detti anche a lamina o a strato metallico, sono costituiti da un supporto isolante, su cui viene incollata una lamina di materiale conduttore ad elevata resistività; la lamina viene incisa mediante processi chimici o di fotoincisione, in modo da realizzare un percorso sinuoso, a griglia (viene utilizzata, per creare il percorso conduttivo, anche la tecnica a film sottile). Un esempio è schematizzato in figura. L'estensimetro viene incollato all'elemento di cui si vuole determinare la deformazione, in modo che la direzione della sollecitazione sia nella direzione del percorso conduttivo. Schema di un estensimetro adesivo [18] Si definisce, per caratterizzare la sensibilità degli estensimetri, un fattore di Gauge GF (Gauge Factor). Esso è dato dalla relazione: δr GF = R δ L L dove : GF : fattore di Gauge R e δr : resistenza e sua variazione causata da una deformazione L e δl : lunghezza dell'estensimetro e sua variazione causata dalla deformazione. Valori comuni di GF, nei dispositivi a metallo, sono dell'ordine di qualche unità; si sale a valori dell'ordine di un centinaio negli estensimetri a semiconduttore. Come si intuisce, gli estensimetri trovano applicazione più per la misura di deformazioni prodotte da sollecitazioni meccaniche (forze) piuttosto che come veri e propri trasduttori di posizione. Una tipica applicazione nel campo biomedicale consiste nell applicazione dello Strain Gauge ad una membrana porosa elastica, che posizionata all interno di un vaso si deforma in funzione del flusso sanguigno. Poiché la variazione di resistenza non è elevata e poiché la sostanza utilizzata è sensibile alla temperatura occorre prestare un po' di attenzione all influenza di quest'ultima grandezza. I costruttori di estensimetri metallici preferiscono utilizzare quelli che presentano un basso coefficiente di temperatura come costantana, manganina e similari. 37

38 Per compensare gli effetti della temperatura si utilizzano due estensimetri: il secondo, tuttavia, non viene sottoposto ad alcuna deformazione meccanica, così da fornire un valore di riferimento. Per risalire alla sollecitazione che produce la deformazione dl/l su un estensimetro di cui è nota la sensibilità GF, è necessario misurare la variazione di resistenza δr/r. La configurazione ideale è quella del ponte di Wheatstone nel quale una delle quattro resistenze è l'estensimetro : Ponte di Wheatstone per misurare la variazione di resistenza subita dall'estensimetro Se l'estensimetro R 1 subisce una variazione di resistenza δr 1 la V AB non è più nulla e vale: avendo posto R 1 = R 2 ed R 3 = R 4 Per ottenere una V AB di valore accettabile è necessario che il generatore V i sia sufficientemente grande ma non tale da generare nell'estensimetro una corrente superiore alla massima stabilita dal costruttore (qualche decina di ma). Per realizzare la compensazione in temperatura occorre sostituire ad R 2 un secondo estensimetro identico al primo, non sottoposto a deformazione. 38

39 2.9.1 Celle di Carico Una comune applicazione degli estensimetri consiste nella realizzazione di trasduttori dedicati alle misure di peso chiamati Celle di Carico. Schema elettrico di una cella di carico a ponte di Wheastone [19] Le principali configurazioni di questi trasduttori sono tre: 1. a punto singolo 2. a trazione compressione 3. a sbalzo 1. Le celle di carico a punto singolo sono concepite principalmente per essere utilizzate nelle bilance. La forza applicata alla superficie di carico provoca una deformazione del corpo che viene misurata da un ponte di Wheastone formato da quattro estensimetri. Il segnale d uscita della cella è indipendente dal punto sul quale agisce il carico, inoltre sono in commercio modelli che incorporano una protezione contro il sottocarico ed il sovraccarico. Cella di carico a ponte di Wheastone per la misura di peso [20] 39

40 2. Le celle di carico per trazione compressione possono essere utilizzate per misure di peso, per misure delle forze di compressione, oppure per la determinazione della potenza d uscita di un motore grazie alla misura della coppia di reazione prodotta. Cella di carico per trazione compressione [21] 3. Le celle di carico a sbalzo sono utilizzate nelle bilance a piattaforma a basso profilo, nella pesatura, e nella misurazione di forze in generale. Cella di carico a Pantografo [22] 40

41 2.10 Trasduttori di campo magnetico Sono dispositivi atti a fornire una tensione proporzionale al campo magnetico incidente sul trasduttore. Appartengono a questa categoria i trasduttori a magnetoresistenze e quelli ad effetto Hall. I primi sfruttano la proprietà di alcuni materiali, come ad esempio il permalloy (20% ferro e 80% nichel), di modificare la propria resistività proporzionalmente al campo magnetico che li attraversa. I secondi sono costituiti da una barretta di semiconduttore, ad esempio GaAs, drogato tipo N o P : Schema di un trasduttore ad effetto Hall [23] Principio di base dell'effetto Hall: se un semiconduttore viene attraversato da una corrente elettrica I quando è immerso in un campo di induzione magnetica B, si sviluppa una forza elettromagnetica (forza di Lorentz) perpendicolare a B ed I che provoca un addensamento di cariche su un lato del semiconduttore. Ciò origina una tensione V H, nella direzione ortogonale a I e B, pari a: V H = K B I dove K è una costante dipendente dalle dimensioni della barretta, dal drogaggio e dal tipo di semiconduttore impiegato. I trasduttori di campo magnetico trovano una vasta applicazione pratica nelle misure indirette di corrente, in misure di spostamenti lineari o angolari, ed anche come interruttori di prossimità. 41

42 2.11 Trasduttori di pressione Sono dispositivi in grado di fornire un segnale elettrico proporzionale alla pressione esercitata su di una opportuna zona del trasduttore. Si ricorda che la pressione P è definita come il rapporto tra la forza F e la superficie S sulla quale viene esercitata: P = Da tale definizione si deduce che, se è nota la superficie S, un trasduttore di pressione può essere utilizzato per rilevare la forza incidente. I trasduttori di pressione sono sostanzialmente costituiti da due parti: 1) sensore primario: è realizzato con molle, diaframmi, membrane, sostanze a semiconduttore, ecc., che sotto l'azione della pressione da misurare subiscono una deformazione; 2) trasduttore secondario: è costituito da un trasduttore di posizione, come un estensimetro o un trasformatore differenziale, che ha il compito di trasdurre lo spostamento del sensore primario in segnale elettrico. In figura è presentato lo schema di principio di un trasduttore di pressione a tubo di Bourdon [24]: F S E costituito da un tubo a forma di U (esistono comunque altri modelli con tubi sagomati a forma elicoidale, a spirale, ecc.) chiuso ad una estremità e solidale con il nucleo di un trasformatore differenziale. La pressione P da misurare applicata all'altra estremità del tubo provoca una deformazione e quindi un movimento del nucleo del trasformatore differenziale, la cui tensione di uscita V risulta proporzionale alla pressione P. I trasduttori di pressione di tipo meccanico, come quello a tubo di Bourdon, sono utilizzati nel campo della regolazione pneumatica per valori compresi tra 0.1 e 50 Atm. 42

43 Per pressioni di valore più basso vengono impiegati trasduttori realizzati con circuiti integrati. In pratica, sul chip del circuito integrato viene formato un diaframma di silicio sul quale si realizzano quattro resistenze collegate a ponte. La pressione esercitata dall'esterno sul diaframma provoca una variazione del valore resistivo del ponte, che viene rilevato tramite la misura della tensione di squilibrio proporzionale alla pressione da misurare. Trasduttori di pressione a sensore ceramico (con elettronica integrata) [25] Trasduttori di pressione e pressostati elettronici (estensimetrici) [26] 43

44 2.12 Trasduttori di velocità (tachimetri elettrici) Sono dispositivi che forniscono una grandezza elettrica di valore proporzionale alla velocità lineare o di rotazione di un oggetto in movimento. In questo paragrafo vengono esaminate la dinamo tachimetrica ed una applicazione dell'encoder incrementale. I tachimetri elettrici sono composti da un generatore calettato sull'albero di cui si vuole rilevare la velocità di rotazione. Il generatore può essere di tensione continua (dinamo tachimetrica), in tal caso fornisce all'uscita una tensione continua proporzionale alla velocità di rotazione dell'albero; può essere un alternatore e in questo caso si ha all'uscita una tensione alternata, la cui frequenza é proporzionale alla velocità di rotazione. I tachimetri elettrici sono usati nella rilevazione di velocità. Sono caratterizzati da: semplicità affidabilità possibilità di effettuare la misura della grandezza di uscita a distanza dal dispositivo di misura, a differenza dei dispositivi di tipo meccanico. Hanno i seguenti inconvenienti: dimensioni di ingombro peso limitata linearità ad un intervallo di valori di velocità Dinamo tachimetrica È un classico trasduttore di velocità la cui struttura è analoga a quella di una comune dinamo ad eccitazione indipendente. In figura è presentato lo schema elettrico equivalente di una dinamo tachimetrica: Il flusso di eccitazione Φ è mantenuto costante dalla tensione continua V applicata all'avvolgimento di eccitazione. È noto che in una dinamo ad eccitazione indipendente la tensione di uscita V 0 vale: V 0 = K Φ n dove: K è una costante costruttiva della macchina elettrica; Φ è il flusso magnetico; n è il numero di giri al minuto primo del rotore. 44

45 Posto K T = K Φ, si ha: V 0 = K T n La formula precedente evidenzia il legame di diretta proporzionalità esistente tra velocità di rotazione e tensione di uscita della dinamo. Valori tipici di K T sono compresi tra 0,1 V e 1 V per una variazione di 100 rpm. I principali difetti di una dinamo tachimetrica sono: tensione di uscita affetta da ondulazione dovuta al sistema collettore-spazzole tipico delle dinamo usura delle spazzole e conseguente periodica manutenzione e sostituzione elevato errore di linearità: tipicamente contenuto entro il 2 % I problemi precedenti vengono in parte compensati mediante l'uso dell'alternatore tachimetrico. Esso è identico ad un alternatore per cui non presenta i difetti dovuti al sistema spazzole-collettore. La tensione alternata di uscita viene resa continua da un alimentatore stabilizzato. L'alternatore tachimetrico, insieme all'alimentatore, è spesso denominato, impropriamente, dinamo tachimetrica poiché ne svolge la stessa funzione Trasduttori di velocità digitali Sono realizzati da un encoder digitale di tipo incrementale e da un frequenzimetro che fornisce un numero direttamente proporzionale alla velocità del dispositivo in movimento. Infatti, nel caso di un encoder incrementale angolare, se N è il numero di tacche distribuite sul disco ed S è il numero di impulsi generati in un secondo dal sistema di lettura dell'encoder, la velocità di rotazione n [giri/minuto] vale: 60 n = S N Il sistema di lettura dell'encoder, oltre che di tipo ottico, può essere di tipo magnetico. In tal caso sul disco in rotazione viene posto un piccolo magnete permanente. Un trasduttore di campo magnetico (ad esempio un sensore ad effetto Hall) ne rivela il passaggio ad ogni giro. In tal caso la formula precedente è ancora valida ponendo N=1. 45

46 2.13 Trasduttori di livello I trasduttori di livello sono dispositivi atti a rilevare il livello di un liquido contenuto in un recipiente. A questa categoria di trasduttori appartengono anche i rivelatori di liquido (fluid detector) in grado di controllare se il livello di un liquido ha raggiunto un massimo o se è compreso entro due livelli prestabiliti. Schematizzazione di un trasduttore di livello a galleggiante con trasduttore potenziometrico : Il galleggiante è solidale al cursore di un sistema potenziometrico la cui tensione V 0 è direttamente proporzionale al livello h del liquido. Un altro metodo per la misura del livello di un liquido è quello di utilizzare un trasduttore di livello a capacità variabile : Il sistema è costituito da due armature metalliche poste in due contenitori isolanti. Il liquido interposto rappresenta il dielettrico del condensatore che si viene a formare. Al variare del livello h del liquido varia la quantità di dielettrico, quindi il valore di ε, per cui la capacità C diventa funzione del livello h essendo: dove: ε è la costante dielettrica; S è la superficie; d è la distanza tra le armature. C S = ε d 46

47 La capacità C è parte integrante di un oscillatore sinusoidale per cui il periodo di oscillazione è proporzionale a C e quindi ad h. La frequenza dell'oscillatore è letta da un frequenzimetro che, opportunamente tarato, indica il livello del liquido. Per rilevare la presenza o l'assenza di un liquido entro un serbatoio si possono utilizzare diverse tecniche, come il circuito integrato Fluid Detector LM1830 della National Semiconductor del quale è mostrato un esempio in figura: Applicazione di LM1830 con resistenza di riferimento esterna (R REF) [27] Il raggiungimento del livello limite da parte del liquido viene segnalato da un LED 47

48 2.14 Trasduttori di posizione Sono dispositivi che trasformano una posizione lineare o angolare in segnale elettrico. Esempi di trasduttori di posizione sono i potenziometri, i trasformatori differenziali e gli encoder digitali Potenziometri Sono dispositivi a tre terminali costituiti da un elemento resistivo su cui è possibile far scorrere un contatto strisciante. Due terminali sono collegati agli estremi dell'elemento resistivo R mentre il terzo terminale è collegato al contatto strisciante. La resistenza tra quest ultimo ed uno dei terminali assume il valore RX < R. Applicando agli estremi del potenziometro una tensione VI, si manifesta tra il terminale centrale e quello di riferimento una d.d.p. VO data dalla nota relazione del partitore : V O = V I RX R Se l elemento resistivo è perfettamente omogeneo, esistendo un legame tra resistenza e lunghezza del potenziometro, si intuisce la proporzionalità tra la posizione assunta dal contatto strisciante e la tensione che si ricava tra il terminale collegato a tale contatto e massa. Se il potenziometro è lineare, detta l la lunghezza dell'intera corsa del contatto strisciante cui corrisponde la resistenza totale R = k l e detta x la quantità di cui si è spostato il cursore collegato al contatto strisciante, la resistenza RX tra cursore e contatto di riferimento vale: R X = k x Sostituendo le espressioni di R ed RX nella precedente si ottiene: V O = V Poiché VI ed l sono costanti la formula precedente fornisce il legame di proporzionalità tra la tensione di uscita e l entità dello spostamento del cursore (per un potenziometro lineare): I x l 48

49 Se il potenziometro è angolare, detto θ l'angolo complessivo della corsa del contatto strisciante, a cui corrisponde la resistenza totale R = k θ, e detto α l angolo di rotazione del cursore collegato al contatto strisciante, la resistenza R(α) tra cursore e contatto di riferimento vale: R (α) = k α sostituendo nell equazione del partitore questi parametri si ottiene: V O = V I α θ Poiché VI e θ sono costanti la formula precedente fornisce il legame di proporzionalità tra a tensione di uscita e l angolo descritto dal cursore [28]: Le formule precedenti, relative al partitore, sono valide nelle ipotesi che non vi sia alcun carico applicato ai morsetti di uscita del trasduttore. In presenza di carico è sufficiente interfacciare il potenziometro tramite un adattatore di impedenze, ad esempio un inseguitore a guadagno unitario con operazionale. I potenziometri con funzione di trasduttore sono caratterizzati da un ridotto attrito tra il cursore e l'elemento resistivo e si presentano lineari in ogni condizione di funzionamento. Contrariamente ai potenziometri che venivano realizzati con filo conduttore avvolto in spire su di un supporto isolante - in cui la resistenza elettrica non variava con continuità limitando il potere risolutivo - negli attuali potenziometri l'elemento resistivo è costituito da uno strato metallico o da un film plastico, per cui il potere risolutivo è limitato esclusivamente dalla granularità dello strato. Potenziometri a filo: lineare ed angolare ad un solo giro [29] 49

50 La sensibilità di un potenziometro è definita come la variazione di tensione di uscita VO dovuta ad uno spostamento unitario del cursore. Vale VI/l per il potenziometro lineare e VI/θ per quello angolare. La sensibilità aumenta proporzionalmente alla tensione di ingresso VI. Un altro importante parametro dei potenziometri è la linearità. La caratteristica resistenza/posizione nei potenziometri lineari in realtà non è rettilinea a causa della non perfetta omogeneità dell'elemento resistivo e delle condizioni di contatto del cursore [30]: Si definisce errore di linearità indipendente il rapporto tra la massima deviazione ri della caratteristica reale rispetto alla caratteristica ideale e il valore massimo di resistenza R del potenziometro. Tale errore, spesso, è espresso in percentuale con tipico valore intorno a ±0.1% ε % = ri R

51 Trasformatori differenziali Sono noti anche con il nome di trasformatori ad E per la sagoma del nucleo magnetico. Sulle due colonne esterne si dispongono in serie due avvolgimenti in modo che risultino in opposizione di fase. Sulla colonna centrale si applica un avvolgimento alimentato a tensione alternata VI : Trasformatore differenziale [31] (a) costituzione (b) schema elettrico equivalente Il flusso magnetico viene generato dalla colonna centrale. Sul nucleo è inserita una traversa mobile in grado di variare la quantità di flusso indotto nelle colonne laterali. Se la traversa è in posizione perfettamente simmetrica rispetto alla colonna centrale, le f.e.m. V 1 e V 2 indotte sugli avvolgimenti delle colonne laterali sono uguali ed opposte, quindi la tensione di uscita V U è nulla. Spostando la traversa mobile verso destra o sinistra aumenta l'accoppiamento magnetico nei confronti di una colonna rispetto all'altra. In questo modo le due f.e.m. indotte nelle colonne laterali risultano diverse. La tensione di uscita V U aumenta linearmente all'aumentare dello spostamento laterale x della traversa mobile : In particolare il modulo di V U è proporzionale allo spostamento mentre lo sfasamento ϕ ne indica la direzione. Si osservi che V U è alternata. Per ottenere una tensione di uscita continua e proporzionale allo spostamento x si utilizzano un raddrizzatore a doppia semionda ed un filtro capacitivo come nei normali alimentatori. Trovano applicazione come trasduttori di piccoli spostamenti; il tipico valore di sensibilità è di 50 mv/mm. Rispetto ai potenziometri risultano più affidabili e presentano minori attriti. 51

52 2.15 Flussometri ad ultrasuoni I flussometri ad ultrasuoni sono una categoria di trasduttori utilizzati per misurare la velocità del sangue attraverso due metodi: direttamente sui vasi esposti in modo transcutaneo Nel primo caso tali strumenti utilizzano il metodo detto del tempo di transito, nel secondo utilizzano l'effetto Doppler. Quest ultimo viene oggi largamente utilizzato nella pratica clinica. Entrambi presentano il vantaggio di non alterare apprezzabilmente le proprietà fisiche del fluido di cui si vuole misurare la velocità Flussometri a tempo di transito I flussometri a tempo di transito si basano sulla misura della differenza t tra i due diversi tempi che un'onda ultrasonica impiega per attraversare un mezzo in movimento, dipendentemente dal senso di propagazione concorde od opposto alla velocità del fluido. Lo schema a blocchi di un tale flussometro è riportato in figura : Schema a blocchi di un flussometro di transito Il sensore utilizza due cristalli piezoelettrici, fatti funzionare alternativamente da emettitore e ricevitore. Schema di un flussometro a tempo di transito [32] I due cristalli sono posizionati a distanza d sulle pareti opposte del vaso. Si è indicato con θ l'angolo formato dalla loro congiungente con l'asse del vaso, quindi con la velocità assiale del fluido u(r). 52

53 Nel caso di profilo piatto di velocità u(r) = u0 la relazione t-u tra la differenza dei tempi di transito e la velocità media del fluido può facilmente essere ricavata osservando che i due tempi di transito risultano rispettivamente: t 12 = d c + u cosϑ 0 t 21 = d c u cosϑ 0 La velocità del fluido risulta : u 0 2 t c = 2 d cosϑ Questo tipo di flussometro per la misura della velocità del sangue prevede il posizionamento di cristalli piezoelettrici direttamente sul vaso da esaminare, rappresenta quindi un metodo piuttosto invasivo di misura. 53

54 Flussometri Doppler I flussometri basati sull'effetto Doppler non richiedono l'accesso diretto al percorso del fluido di cui interessa misurare la velocità e, pertanto, possono essere utilizzati come flussometri transcutanei. Essi richiedono la presenza, nel fluido, di particelle in grado di riflettere gli ultrasuoni, condizione largamente verificata nel caso del sangue. Il principio di base del funzionamento è quello di misurare le differenze di frequenza tra l'onda emessa e l'onda riflessa dalle particelle in movimento presenti nel fluido in esame: Misura transcutanea del flusso sanguigno tramite sensori piezoelettrici [33] Per determinare la relazione tra la variazione di frequenza e la velocità della particella riflettente si consideri la particella P come un ricevitore in moto, con velocità assiale u. P rileverà una frequenza f i. Essendo l'emettitore fermo e (u cos α) la componente della velocità del ricevitore lungo la direzione di propagazione del suono, il ricevitore R rileverà la frequenza f r. Dato che il ricevitore è fermo, mentre la sorgente (particella P) ha una componente di velocità lungo la direzione di propagazione pari a (u cos β), risulta: f D f r f I = 2 f r cos c α +β ( ) 2 dove f D è la frequenza Doppler definita come differenza fra la frequenza della radiazione incidente f i e quella riflessa f r. La velocità del flusso risulta proporzionale alla frequenza doppler attraverso un fattore che dipende dalla lunghezza d onda della radiazione riflessa e dalla geometria del sistema. 54

55 Confronto fra flussometri Doppler ad emissione continua e pulsata Schema di pre-elaborazione del segnale Doppler [34] I flussometri ad emissione continua sono i più semplici, ma soffrono di due limitazioni: il segnale riflesso proviene da un volume di fluido che generalmente contiene particelle con velocità anche assai diverse tra loro; sono necessari due cristalli piezoelettrici, uno per il ricevitore ed uno per l'emettitore. Un flussometro ad emissione pulsata emette impulsi sinusoidali di ultrasuoni con frequenza f s tra i 4 e gli 8 MHz e con frequenza di ripetizione f 0 tra i 10 ed i 20 khz. Tra due successive emissioni lo stesso sensore è utilizzato come ricevitore, evitando così la necessità di un secondo cristallo. Si noti che, abilitando il cristallo alla ricezione solo dopo un prefissato ritardo dall'emissione t d ci si garantisce che la riflessione provenga da un volumetto posto ad una distanza dal trasmettitore data dalla relazione 2d=c t d (2d è la distanza percorsa dal fascio di ultrasuoni tra andata e ritorno). Si elimina così l approssimazione di misura propria dei flussometri Doppler ad emissione continua. Il flussometro pulsato, oltre ad una maggiore complessità tecnologica, presenta un limite intrinseco sulla profondità massima alla quale può effettuare misure di velocità. Si noti che il funzionamento pulsato è idoneo a misurare anche un profilo di velocità, dal momento che le informazioni provenienti da volumetti fluidi contigui possono essere acquisite, memorizzate ed elaborate in parallelo. Tale modalità è, infatti, alla base dei sistemi più complessi attualmente impiegati in diagnostica cardiovascolare, quali i profilometri multigate ed i color flow mapping. 55

56 2.16 Elettrodi a gas per il sangue Sensori per la misura del ph Sono sensori per la misura in vitro. I più comuni sono composti da un filo di argento clorurato immerso in soluzione fisiologica all interno di una provetta. Dispositivi più complessi contengono al loro interno due sezioni separate: la prima viene esposta al fluido in analisi; la seconda, isolata in una soluzione tampone, ha funzione di riferimento. a sinistra: elettrodo di vetro per la misura del ph a destra: elettrodo in vetro di misura del ph con annesso elettrodo di riferimento [35] Sensori per la misura della pressione parziale dei gas La più importante misura chimico-fisica è la pressione parziale dell ossigeno e del diossido di carbonio contenuti nel sangue. La pressione parziale di un gas disciolto è il contributo che esso dà alla pressione totale di tutti i gas. La pressione parziale è proporzionale alla quantità di gas disciolta. L efficienza degli apparati cardio-vascolare e respiratorio si riflette in questi importanti parametri. La pressione parziale dell ossigeno po 2, chiamata spesso tensione dell ossigeno, può essere misurata sia in vitro che dal vivo. 56

57 Il principio basilare è mostrato in figura [36]: un filo di platino o di un altro metallo nobile, contenuto nel vetro per motivi isolanti, con la sola punta esposta, è immerso in un elettrolita nel quale l ossigeno è libero di diffondere. Un elettrodo di riferimento di alluminio clorurato viene anch esso immerso nell elettrolita. Il catodo e l elettrodo di riferimento sono separati dal sangue per mezzo di una membrana attraverso la quale può diffondere l ossigeno. Se viene applicata una tensione di 0,7V tra l elettrodo di riferimento (anodo) ed il filo di platino (catodo) la riduzione dell ossigeno avviene sul catodo di platino. Può quindi essere misurata una corrente che risulta proporzionale alla reazione di ossidoriduzione. Il catodo in platino e l elettrodo di riferimento possono essere integrati in una unica unità (elettrodo di Clark). Questo elettrodo può essere inserito in sacche di sangue per misurare in vitro. Esiste una versione miniaturizzata che può essere innestata in un catetere per il posizionamento in varie parti del sistema vascolare per misure dirette in vivo. Uno dei problemi riguardanti questo metodo di misura della po 2 è che il processo di riduzione assorbe una certa quantità di ossigeno nella zona attorno al catodo, inoltre si riscontra una graduale diminuzione della corrente con il passare del tempo. Questi effetti sono stati minimizzati nei moderni elettrodi. 57

58 Il principio che permette la misura della pressione parziale del diossido di carbonio pco 2 si basa sul fatto che esiste una relazione lineare fra il ph della soluzione ed il logaritmo della pco 2. Esistendo altri fattori che influenzano il ph, il trasduttore per la rilevazione della pco 2 viene costruito circondando un elettrodo per ph con una membrana selettivamente permeabile alla CO 2. Un moderno elettrodo sviluppato per la pco 2 è chiamato elettrodo di Severinghaus. In questo trasduttore la membrana permeabile alla CO 2 è costruita in teflon, che non è permeabile agli altri ioni che potrebbero modificare il ph. Lo spazio tra il teflon ed il vetro contiene una matrice costituita da un sottile strato di cellofan, nylon o vetro/legno. Questa matrice serve come supporto per uno strato acquoso di bicarbonato nel quale le molecole di anidride carbonica gassosa possono diffondere liberamente. Uno dei problemi che affliggeva i primi tipi di elettrodi per CO 2 era l ammontare del tempo richiesto dalle molecole per diffondere attraverso la membrana e ottenere la lettura. Il principale vantaggio dell elettrodo di tipo Severinghaus consiste nella rapidità con la quale può essere ottenuta la lettura, ottenuta migliorando la membrana e lo strato di bicarbonato. In alcune applicazioni, la misura delle pressioni parziali di ossigeno ed anidride carbonica sono combinate in un unico elettrodo che include anche una mezza cella comune. Questo tipo di elettrodo combinato è mostrato in figura [37]: 58

59 3. Strumentazione Biomedica Conclusa la trattazione delle caratteristiche dei trasduttori da un punto di vista elettronico, verrà ora presentato il loro impiego in campo biomedico nelle applicazioni diagnostiche. Il seguente prospetto lega i principali tipi di analisi alle strumentazioni generalmente impiegate, specificandone i campi di misura in ambito biologico: Tecnica di Misura Range Strumentazione Metodo Ballistocardiografia 0 7 mg µm Accelerometro Strain Gauge Misura differenziale con amplificatori operazionali Pressione vescicale cm H 2 O Manometro Strain Gauge Mediante sondino connesso direttamente al trasduttore Uroflussometria ml/s Celle di carico Ponte di Wheastone Flusso sanguigno ml/s Flussometro (ultrasonico o magnetico) Misura diretta dal sensore in prossimità del vaso Pressione Arteriosa (diretta) mmhg Manometro Strain Gauge Ponte di Wheastone Pressione Arteriosa (indiretta) mmhg Sfigmomanometro e fonendoscopio Pressione venosa 0 50 mmhg Strain Gauge Ponte di Wheastone Gas nel sangue PO 2 PCO 2 PN 2 PCO mmhg mmhg 1 3 mmhg mmhg Sensori Elettro-chimici In vitro PH sanguigno Elettrodo Specifico In vitro Gittata cardiaca 4 25 l/min Diluizione Flussometro ECG mv Elettrodi di superficie EEG µv Elettrodi di superficie Misura con amplificatori operazionali EMG (profondità) mv Elettrodi ad ago EMG (superficie) mv Elettrodi di superficie 59

60 Potenziali oculari EOG µv Elettrodi di superficie ERG Ponte di Wheastone µv Pressione gastrointestinale cm H 2 O Manometro Strain Gauge Mediante sondino connesso direttamente al trasduttore Potenziali nervosi mv Elettrodi di superficie o profondità Pletismografia Dipende dall organo Camere pletismografiche Cinghie pletismografiche Flusso respiratorio l/min Termistore nasale Flussometro Peso kg Estensimetri Strain Gauge Celle di carico Temperatura C Termistori / Termocoppie Circuito differenziale con sensore e riferimento 3.1 Analisi delle problematiche riguardanti la Strumentazione Biomedica In relazione alla diversa natura di tutte le grandezze biologiche che possono essere misurate, ai diversi principi fisici su cui si basa il funzionamento dei sensori, ed alle caratteristiche tecnologiche degli stessi, è importante considerare alcuni aspetti rilevanti: Accessibilità della grandezza da misurare Alcune analisi possono essere effettuate mediante una misura diretta, rilevando direttamente la grandezza rappresentativa. Altre debbono necessariamente essere ricavate in modo indiretto attraverso la valutazione di altre grandezze. Invasività della strumentazione Un aspetto importantissimo di tutti i tipi di analisi è l impatto sul paziente, sia dal punto di vista clinico - chirurgico (disagio del paziente durante l esame, tempi di recupero, effetti collaterali della tecnologia diagnostica impiegata), sia da quello psicologico. Disturbi alla misura Spesso l entità dei segnali biologici è molto bassa in relazione al rumore dovuto alle attività fisiologiche dell organismo, e le analisi non possono essere effettuate con sollecitazioni maggiori, che comprometterebbero la salute del paziente. 60

61 Tutti questi aspetti rientrano nello studio di realizzabilità, in quanto uno strumento di analisi non deve possedere solamente le caratteristiche tecnologiche, quali: semplicità di impiego, buona affidabilità, aderenza agli standard di sicurezza e costi non sproporzionati in rapporto all utilizzo. Sono inoltre importanti gli aspetti precedentemente descritti, legati all accessibilità della misura in rapporto all invasività che essa comporta. A questo proposito è importante notare che le problematiche descritte sono strettamente correlate. Spesso risulta possibile effettuare la medesima analisi sia direttamente, sia indirettamente, con metodi più o meno invasivi, ottenendo così risultati con diversi gradi di accuratezza. Occorre quindi valutare attentamente la tecnica più opportuna da utilizzare. In relazione a tali considerazioni emergono i seguenti vincoli: Valori delle misure molto piccoli rispetto a misure analoghe in altri campi (tensioni mv o µv, pressioni 100 mmhg, ecc.) Rapporto segnale rumore sfavorevole Bande in bassa frequenza (tipicamente audio) e DC Variabili inaccessibili direttamente (gittata cardiaca) Diagnostica complessa (il sistema è vivente e presenta grande variabilità) Limitazioni all energia applicabile dall esterno (RF, US, RX) È richiesta grande affidabilità, soprattutto per dispositivi critici per la vita Stringenti norme di sicurezza elettrica e generale (meccanica, chimica, biologica) Salvaguardia del personale (RX, sicurezza elettrica) oltre che del paziente Semplicità di utilizzo da parte di operatori non tecnici 61

62 3.2 Analisi delle specifiche A questo punto dello studio risulta necessario introdurre una serie di definizioni relative ai diversi aspetti del processo, a partire dal pick-up del segnale biologico fino ad arrivare alla grandezza di uscita, adatta ad essere interpretata o rappresentata. In questo contesto possiamo individuare vari parametri: Specifiche dei sensori (ingresso) Specifiche dell uscita Specifiche dell alimentazione Errori ed affidabilità delle strumentazioni biomediche Specifiche dei sensori (ingresso) Misurando : Quantità fisica, proprietà o condizione misurata Misura differenziale o assoluta : Differenza tra due quantità o rispetto ad un riferimento Campo operativo : Campo fisso o regolabile della grandezza di ingresso Campo di sovraccarico : Campo di ingresso tollerato senza danni allo strumento Tempo di recupero dal sovraccarico : Tempo richiesto per il ritorno alla regione operativa lineare dopo un sovraccarico Sensibilità : Uscita dello strumento per ingresso unitario Impedenza di ingresso : Impedenza generalizzata (meccanica, elettrica) è il rapporto tra la variabile forza (tensione, forza, pressione) e la variabile flusso (corrente, velocità, flusso). Il prodotto rappresenta una potenza. Principio operativo del sensore : Principio fisico di funzionamento. Può essere espresso come Funzione di Trasferimento (F.d.T.) Costante di tempo o risposta ai transitori : Sebbene la costante di tempo sia identificabile solo per strumenti caratterizzati da F.d.T. del primo ordine, può comunque essere considerato quello relativo al polo dominante. Altre informazioni possono essere ricavate dalla frequenza di risonanza e smorzamento. 62

63 Risposta in frequenza : Modulo e fase della risposta in frequenza del sistema. Eccitazione del sensore : Campo di frequenze ed ampiezze specifiche del sensore. Valori tipici, massimi e minimi. Isolamento : Caratteristiche di isolamento elettrico o altri metodi di protezione da micro shock e macro shock. Dimensioni : Dimensioni e metodo di accoppiamento del sensore primario al misurando. Cure particolari per l utilizzo : Alcuni sensori possono essere danneggiati da un utilizzo scorretto, ad esempio da urti, da campi magnetici o elettrostatici oppure dalla corrosione dovuta a fluidi corporei. Metodo di elaborazione : Elaborazione analogica (circuitale) e numerica (circuitale o software). Può essere anche espressa come funzione di trasferimento comprendente il rumore aggiunto. Compensazione : Eventuali compensazioni delle caratteristiche dei sensori (non linearità, equalizzazione di banda ecc.) Specifiche dell uscita : Quantità di uscita : Normalmente una tensione o corrente che pilota un sistema di visualizzazione. Può essere analogica o digitale. Campo di variabilità dell uscita : Campo di variabilità lineare dell uscita e livelli di saturazione. Potenza di uscita : Massima potenza trasferibile al carico, caratterizzato da una determinata impedenza. Impedenza di uscita : Impedenza generalizzata (meccanica, elettrica) è il rapporto tra la variabile forza (tensione, forza, pressione) e la variabile flusso (corrente, velocità, flusso). Il prodotto rappresenta una potenza. Velocità di presentazione : Massima frequenza di rappresentazione del dato in uscita. Risposta in frequenza del visualizzatore. 63

64 Temporizzazione dell uscita : E` determinata da: ritardo di elaborazione, tempo di campionamento dei dati, intervallo di rappresentazione. Interfacciamento : Capacità di interfacciamento con altri strumenti. Specifiche dell alimentazione: Requisiti di alimentazione : Tensione e frequenza di alimentazione (AC-DC). Tolleranza agli sbalzi di tensione e di frequenza. Potenza richiesta, eventualmente in funzione dell ingresso. Nel caso di alimentazione a batteria, gli stessi requisiti, capacità e durata della batteria e numero di ricariche. Protezione : Fusibili, diodi, isolamento, interruttori differenziali, magnetotermici, PTC. Errori ed affidabilità delle strumentazioni biomediche Accuratezza globale : Massima differenza tra quantità misurata e quantità vera (a causa degli errori di misura, indipendentemente dalla loro natura). Ripetibilità : Variazione dell uscita nel tempo con ingresso costante. Non linearità : Deviazione dal funzionamento lineare (isteresi, zona morta, soglia, ecc.). Suscettibilità alle interferenze : Sensibilità alle interferenze esterne. Nel caso di segnali elettrici: interferenze condotte ed irradiate. Rumore : Massimo valore picco-picco del rumore elettrico e non, riportato all ingresso (rumore riscontrato in uscita in rapporto con la F.d.T). Rapporto segnale rumore (SNR) : Rapporto tra valore di picco del segnale e quello del rumore. Può essere espresso da una frazione (10:1) oppure in decibel: 20Log10(S/N). È dipendente dalle larghezze di banda. 64

65 Stabilità : E` la capacità di mantenere costante l uscita in corrispondenza ad un ingresso costante. E` suscettibile di variazioni dipendenti da: tempo, temperatura, umidità, urti e vibrazioni. Viene considerata al netto del tempo di regime. Minimo numero di cicli : Minimo numero di operazioni (es. accensione spegnimento) che porta alla degradazione delle specifiche. Vita operativa : Tempo minimo di funzionamento continuo o intermittente oltre il quale le specifiche si degradano. Vita di immagazzinamento (di stoccaggio) : Tempo necessario e condizioni ambientali che portano lo strumento, non operativo, alla degradazione delle specifiche. Affidabilità (MTBF): Tempo medio tra i guasti dei singoli componenti o dell intero dispositivo. Molto importante per i dispositivi impiantati. Specifiche generalizzate Aderenza alle normative : Corrispondenza dei singoli componenti e dell intero strumento alle normative internazionali e nazionali. Requisiti ambientali : Condizioni di: temperatura, umidità, altitudine, accelerazioni, radioattività, corrosione indicate per il corretto funzionamento ed immagazzinamento. Connessioni meccaniche ed elettriche : Compatibilità con altri strumenti e interfacciamenti meccanici Materiale di consumo : Carta, gel per ultrasuoni, elettrodi usa e getta, materiale chimico. Costi relativi. Manutenzione e ricambi : Contratti di manutenzione, tempo di intervento. Costi dei ricambi. 65

66 4. Metodologie di misura - Biosensori 4.1 Elettrodi Caratterizzazione interfaccia elettrodo - elettrolita Come parametro quantitativo globale definiamo il potenziale di contatto (potenziale di semielemento) come il potenziale che si crea quando un elettrodo metallico viene immerso in una soluzione elettrolitica contenente ioni positivi dello stesso metallo. A causa delle reazioni di ossido-riduzione all interfaccia elettrodo-elettrolita si crea una diversa concentrazione di cationi ed anioni nella soluzione immediatamente a ridosso dell elettrodo (doppio strato di cariche). Tale squilibrio nella concentrazione crea una differenza di potenziale tra la porzione di soluzione elettrolitica vicina all elettrodo ed il resto della soluzione: il potenziale di contatto. Una volta applicato l elettrodo alla superficie corporea, precedentemente trattata con pasta elettrolitica, si crea un doppio strato di cariche all interfaccia elettrodo/pasta e dunque un potenziale (EC), che costituisce parte del segnale che viene misurato [38]: E` necessario conoscere il valore di EC per compensare la lettura che si vuole effettuare. 66

67 L utilizzo di un voltmetro non consente una misura adeguata di EC, poiché un secondo potenziale si crea tra pasta elettrolitica e microelettrodo del voltmetro [39]. Si ricorre dunque ad una misura di laboratorio: si assume nullo il potenziale di contatto dell elettrodo di idrogeno (semielemento di riferimento) Misura del potenziale di contatto con il metodo dell elettrodo di idrogeno [40] 67

68 Da tale misura, in condizioni standard, è stata ricavata una tabella che esprime i potenziali di contatto dei metalli più usati per la realizzazione degli elettrodi. Reazione Potenziale di contatto [V] Al e - Al Zn e - Zn Cr e - Cr Fe e - Fe Cd e - Cd Ni e - Ni Pb e - Pb H + + 2e - H AgCl + e - AgCl Hg 2 Cl 2 + 2e - 2Hg + 2Cl Cu e - Cu Cu + + e - Cu Ag + + e - Ag Au e - Au Se la misura avviene in condizioni non standard (variazioni di temperatura e concentrazione), il potenziale di contatto cambia in accordo all Equazione di Nernst applicata alla reazione di ossidazione dove: - E0 è il potenziale di contatto standard (misurato rispetto all elettrodo di idrogeno) - R è la costante universale dei gas perfetti: 8.31 J/(mol K) - T è la temperatura - n è la valenza del metallo dell elettrodo (catione + ) - F è la costante di Faraday: C/mol - a C+ è l attività della specie catione, funzione della sua concentrazione 68

69 In condizioni di equilibrio perturbato, causato dall inevitabile passaggio di corrente, il potenziale di contatto cambia ulteriormente rispetto al suo valore standard. Tre sono le manifestazioni di questo sovrapotenziale: sovrapotenziale ohmico: è dovuto alla caduta di potenziale proporzionale alla resistenza dell elettrolita e alla corrente (non necessariamente lineare) sovrapotenziale di concentrazione: dovuto alla variazione di concentrazione in prossimità dell interfaccia elettrodo-elettrolita causata dal passaggio di corrente sovrapotenziale di attivazione: è legato alla predominanza di un verso della reazione elettrochimica (ossidazione o riduzione) causata dal passaggio di corrente. Questi effetti devono essere tenuti in considerazione ed eliminati dalla misura del potenziale bioelettrico. Se è garantita la stabilità del contatto elettrodo-tessuto, si manifestano come un rumore di modo comune agli elettrodi; dunque è relativamente semplice eliminarne gli effetti sulla misura. Si differenziano due categorie di elettrodi ideali: elettrodi perfettamente polarizzabili : non c è passaggio di cariche tra elettrodo e tessuto elettrodi perfettamente non polarizzabili : c è libero passaggio di cariche tra elettrodo e tessuto Il modello per i perfettamente non polarizzabili è una resistenza: Il modello per i perfettamente polarizzabili è una capacità: 69

70 4.1.1 Elettrodo di Argento Argento Clorurato L elettrodo Ag-AgCl approssima il comportamento di un elettrodo perfettamente non polarizzabile. In sezione ha un architettura del tipo mostrato in figura [41]: Una volta applicato l elettrodo Ag-AgCl alla superficie corporea, precedentemente trattata con la pasta elettrolitica, avvengono le seguenti reazioni denotate dalla figura [42]: 70

71 Durante il Funzionamento avvengono due serie di fenomeni, conseguentemente alla direzione della corrente: Corrente entrante Gli atomi di Ag si ossidano formando cationi Ag + e liberando elettroni, che saranno i veicoli di carica a valle dell elettrodo. I cationi Ag + si riducono con gli anioni Cl - formando cloruro di argento AgCl, che si deposita sull elettrodo contribuendo al film di AgCl -, di conseguenza si deposita AgCl a scapito dell Ag [43] Corrente uscente I cationi Ag + si riducono utilizzando elettroni che arrivano all elettrodo e depositano Ag sullo stesso. Le molecole di AgCl si dissociano in anioni Cl -, che conducono all interno del tessuto, e cationi Ag + che contribuiscono alla cattura di elettroni. Si deposita Ag a scapito dell AgCl [44] 71

72 In condizioni di equilibrio il prodotto delle attività degli ioni Ag + e Cl - è costante: a Ag + acl - = K s in presenza di una elevata attività di Cl - (come nei tessuti biologici) il potenziale di contatto vale: Il potenziale di contatto dipende dall attività degli anioni Cl - (gli altri termini sono costanti) Gli ioni Cl - sono disciolti in grande quantità nei tessuti e fluidi biologici (oltre che nella pasta elettrolitica). Questo fa sì che la loro attività (acl - ) sia elevata e non dipenda da variazioni di concentrazione di Ag + dovuta al passaggio di corrente. Questa caratteristica rende l elettrodo Ag-AgCl molto stabile. Circuito equivalente: Il modello più semplice della struttura elettrodo-elettrolita è: con: - Epc : potenziale di contatto - Cd : capacità del doppio strato di cariche all interfaccia elettrodo-elettrolita (da cui deriva il potenziale di contatto) - R d : resistenza offerta dallo strato tra le due facce della capacità C d - R S : resistenza del complesso elettrodo-elettrolita 72

73 L impedenza Z risulta: Da tale relazione di osserva che : per frequenze elevate l impedenza è costante: Z=R S per frequenze prossime allo zero (ingresso in continua) l impedenza è ancora costante e maggiore che nel caso precedente: Z = R d + R S per tutta la banda di frequenza l impedenza sarà funzione della frequenza L andamento dell impedenza sarà del tipo [45]: Come osservato, la resistenza dipende dalla frequenza della corrente in ingresso e dalla quantità di corrente che attraversa l interfaccia elettrodo-tessuto. 73

74 Circuito equivalente del complesso elettrodo - elettrolita cute [46] In condizioni di misura stabili, è possibile eliminare gli effetti delle trasformazioni elettrochimiche all interfaccia elettrodo-elettrolita-tessuto. Le principali cause di artefatti sono: I movimenti: nel caso di elettrodi perfettamente polarizzabili comportano notevole rumore, essendo ragguardevole l effetto capacitivo e le conseguenze di ogni movimento sull equilibrio del doppio strato di cariche all interfaccia. Negli elettrodi perfettamente non polarizzabili gli effetti sono minimi, essendo scarso l effetto capacitivo dell accoppiamento I movimenti all interfaccia elettrolita - cute Utilizzi degli elettrodi: Rilevazione e stimolazione : Adesivi usa e getta (pre-jelled) Adesivi riutilizzabili (adesivo usa e getta ed elettrolita) Solo per rilevazione A suzione (ventosa + elettrolita) Adesivi riutilizzabili polarizzabili (adesivo usa e getta) Elettrodi di profondità (ad ago) Aghi singolo e multi-elettrodo Aghi single-fiber Fili sottili isolati 74

75 4.1.2 Esempi di Elettrodi Esempi di Elettrodi di superficie sono: elettrodi a Suzione (ECG), elettrodi a piastra, elettrodi a punte, elettrodi Spray-on Elettrodi di Superficie: (a) A punte (b) A Suzione (c) Adesivo [47] Elettrodi ad ago e filo (percutanei) [48] Sono composti da acciaio del diametro di mm: Quelli a filo vengono utilizzati nei casi in cui l ago risulta troppo rigido: 75

76 Microelettrodi Sono elettrodi di piccole dimensioni, del diametro che varia da 0.5 a 5 mm, che permettono il collegamento elettrico delle strumentazioni di analisi in settori particolarmente ristretti del corpo: Microlettrodo metallico: ago appuntito elettroliticamente [49] Schema di applicazione di un microelettrodo in vetro: Microelettrodo di vetro: micropipetta riempita di un elettrolita [50] 76

77 Elettrodi per Elettroencefalogramma Per l EEG vengono utilizzati elettrodi di superficie, solitamente di Ag-AgCl grazie alla buona stabilità ed al basso rumore: 5-50 µv. Vengono posizionati secondo lo schema di figura [51]: 77

78 Elettrodi per stimolazione Gli elettrodi per stimolazione si differenziano da quelli per l analisi dei segnali, in quanto nella stimolazione elettrica le correnti in gioco sono più elevate. Per evitare la diffusione di ioni metallici nel corpo occorre, inoltre, utilizzare pattern di stimolazione a media nulla, cosicché l integrale della carica netta entrante sia nullo. Elettrodo di polimero conduttore, con connettore a pin metallico Nel caso dei Neurostimolatori intracorporei gli impulsi elettrici vengono trasmessi da un dispositivo, simile al pacemaker, impiantato sotto la pelle nel petto del paziente. Gli elettrodi sono posizionati direttamente nella zona del muscolo da stimolare e collegati al neurostimolatore attraverso sottili cavi sottocutanei isolati elettricamente. Un esempio di neurostimolatore è il sistema Activa di Medtronic, che rappresenta una importante innovazione nel trattamento di malattire e disordini motori. Il trattamento Activa utilizza uno stimolatore intracorporeo per portare impulsi elettrici accuratamente controllati verso specifiche aree del cervello. Questo trattamento blocca i segnali sbagliati provenienti dal cervello che causano i tremori associati a patologie quali distonia e morbo di Parkinson. Neurostimolatore interno Activa Parkinson s e relativa sonda per stimolazione [52] 78

79 4.2 Termometro a Sensore Pirometrico Infrarosso Un esempio di strumentazione studiata per la minima invasività consiste nel termometro Thermofocus di Tecnimed. Questo strumento per la misurazione della temperatura senza contatto consente la rilevazione delle radiazioni infrarosse emesse dal corpo. Avvicinandolo alla pelle del paziente, ad una distanza determinata da un sistema di puntamento ottico, Thermofocus indica immediatamente la temperatura corporea. L apparecchio rappresenta un innovazione importante che permette una lettura della temperatura igienica, sicura, facile, economica ed istantanea. Risulta essere particolarmente indicato per pazienti nei quali qualsiasi altro termometro invasivo è fastidioso, e nei casi di profilassi contro infezioni batteriche e virali, quando ogni contatto deve essere evitato. La distanza corretta viene indicata semplicemente facendo coincidere due fasci luminosi [53] Caratteristiche tecniche del termometro infrarosso a distanza Thermofocus Distanza di lavoro: 3 cm circa stabilita mediante segnalazione ottica Campo di temperatura sulla fronte del soggetto: 34/42,5 C Campo di temperatura altre misurazioni: 15/50 C c.a. Campo di temperatura ambiente di lavoro: 16/40 C Grado di accuratezza (secondo norme ASTM E ): da 22 C a 35.9 C = +/- 0.3 C da 36 C a 39 C = +/- 0.2 C da 39,1 C a 42,5 C = +/- 0.3 C Il termometro può rilevare anche temperature inferiori o superiori a questi livelli, ma la precisione non è garantita, ha le dimensioni di un pennarello e pesa meno di 100g. 79

80 4.3 Sensori per Ecografia Un importante innovazione nel campo della diagnostica per immagini è rappresentata dall ecografo, che consente la creazione di immagini di profondità sfruttando gli ultrasuoni. Questa caratteristica rende l analisi molto meno invasiva rispetto alla radiografia, vantaggio sempre crescente grazie alla progressiva miniaturizzazione degli ecoscanner con conseguente riduzione dell energia della radiazione ultrasonica impiegata. Alcuni esempi di sensori per ecografia sono mostrati in figura [54]: Permette la visualizzazione dei tessuti molli, impossibile da ottenere mediante raggi X, anche se la qualità dell immagine è inferiore rispetto a quella ottenibile mediante Risonanza Magnetica (metodo notevolmente più invasivo). Lo svantaggio principale di questo tipo di tecnologia è l impossibilità di ottenere immagini dell apparato scheletrico. Inoltre, la mancanza di dati attendibili sulla pericolosità dell assorbimento di ultrasuoni da parte dell organismo rende difficile quantificare l invasività di questo metodo. Per questo motivo sono in fase di sviluppo metodi a bassissima invasività che sfruttano radiazioni luminose con lunghezze d onda variabili da 500 a 1000nm. 80

81 4.4 Diagnostica Ottica La luce è in grado di rivelare molte caratteristiche del tessuto senza danneggiarlo minimamente. Mediante aghi o cateteri endoscopici può essere trasportata via fibre ottiche, ciò permette di raggiungere punti remoti all interno del corpo. Questa caratteristica costituisce il punto di forza delle tecniche ottiche. Non penetra in profondità nei tessuti: la luce visibile ha una penetrazione di qualche mm mentre la luce nel vicino infrarosso di qualche cm. Da un lato questo fatto rappresenta un aspetto negativo, poiché è possibile analizzare solo un modesto volume di tessuto; d altro canto la maggior parte del corpo umano è costituita da sottili strati di tessuto, perciò le tecniche ottiche sono molto utili nell analisi localizzata Cenni teorici Spettro delle radiazioni elettromagnetiche utilizzate in campo biomedico; sono evidenziate le frequenze nel campo del visibile [55] Spettro di assorbimento del tessuto La figura in basso mostra gli spettri di assorbimento principali dei tessuti biologici. Vengono mostrati anche i coefficienti di assorbimento in corrispondenza di alcune tipiche lunghezze d onda utilizzate in campo biomedico, con particolare riguardo ai laser [56]. 81

82 Tecniche di autofluorescenza e diffusione dinamica di luce per diagnosi di patologie. Si dicono materiali attivi quelle sostanze in cui l eccitazione di atomi per mezzo di una radiazione elettromagnetica di lunghezza d onda λ 1 produce l emissione di una radiazione di lunghezza d onda λ 2 > λ 1 [57] Gli atomi dei materiali attivi, sottoposti ad una radiazione elettromagnetica, passano da uno stato energetico fondamentale ad uno stato eccitato ad energia maggiore. Tornando probabilisticamente allo stato fondamentale liberano energia, sotto forma di radiazione elettromagnetica di lunghezza d onda maggiore rispetto a quella della radiazione eccitante. Si definisce fluoroforo una sostanza che emette radiazione quando viene investita da radiazione luminosa. Alcuni fluorofori di origine biologica: Le applicazioni mediche in campo ottico si dividono in due categorie generali: 1. La spettroscopia : la spettroscopia dei tessuti a più lunghezze d onda permette la quantificazione dei componenti del tessuto che contribuiscono allo spettro di una determinata zona del tessuto stesso. E possibile quindi esaminare i componenti del tessuto biologico senza rimuoverlo. Tale procedura è denominata biopsia ottica. 82

83 2. L imaging : l identificazione di un oggetto all interno del tessuto (ad es. un tumore) e la mappatura dello stato funzionale del tessuto (ad es. la perfusione 1 del sangue) richiedono più della semplice spettroscopia. Per realizzare una ricostruzione tridimensionale di un tessuto è necessaria una triangolazione di più misure in posizioni diverse Spettroscopia Per realizzare un analisi spettrale è possibile utilizzare più tecniche quali la spettroscopia di assorbimento, la spettroscopia di fluorescenza o la spettroscopia a raggi infrarossi. Esempi clinici tuttora in via di sviluppo sono: l ossimetria NIR per valutare lo stato di ossigenazione di muscoli periferici e cervello misure di ph gastroesofageo mediate tecniche colorimetriche il monitoraggio dell iperbilirubinemia nei neonati la localizzazione di tumori ai polmoni, al colon e in altri tessuti utilizzando tecniche di diffusione o fluorescenza il controllo del glucosio tramite misure ottiche Imaging Combinando la spettroscopia con l imaging è possibile ottenere un immagine spettrale pesata. Alcuni esempi pratici sono: Mapping di perfusione sanguigna Mapping di emorragie cerebrali Mapping dell ossigenazione del tessuto Mapping della distribuzione di pigmenti fluorescenti Le tecniche di spettroscopia ed imaging nel vicino infrarosso permettono misure di ossigenazione dei tessuti. Alcune applicazioni ed ambiti di ricerca sono: Diagnosi di patologie del sistema vascolare (occlusioni, ischemie, ecc..). Studio dell effetto di farmaci su tessuti e cervello. Monitoraggio dell ossigenazione cerebrale durante operazioni chirurgiche ed in neonatologia. Monitoraggio del consumo di ossigeno e della concentrazione di emoglobina in caso di tumori. Tomografia ottica (imaging cerebrale). 1 Perfusione : introduzione di sostanze medicamentose attraverso la circolazione saguigna, in tutto l organismo, o in zone limitate di esso. 83

84 4.5 Cenni su Applicazioni Ottiche I risultati più significativi della ricerca biomedica riguardano: (i) (ii) (iii) strumentazione diagnostica che utilizza laser e tecniche elettro-ottiche test e analisi del sangue non invasivi mediante tecniche spettrometriche e colorimetriche tecniche di tomografia ottica per l imaging di tessuti Attualmente sono state realizzate alcune interessanti soluzioni tuttora allo stato di sviluppo, delle quali saranno illustrati alcuni esempi: Spettroscopia a dispersione dinamica di luce (Dynamic light scattering spectroscopy) di tessuto oculare in-vivo Sensore colorimetrico per test del sangue Fluorometro corneale portatile per diagnosi oftalmiche Sistema per tomografia ottica di tessuti I paragrafi 4.5, 4.5.1, 4.5.2, 4.5.3, e le relative immagini sono tratti da [58] 84

85 4.5.1 Spettroscopia dinamica a dispersione di luce ( Dynamic Light scattering Spectroscopy ) di tessuto oculare in vivo La dispersione dinamica di luce (DLS) è una tecnica ben nota per la misura dell'agitazione termica di particelle in sospensione, soluzioni di macromolecole e altri sistemi liquidi complessi. L'informazione ottenibile per mezzo di misure DLS è contenuta nella forma della funzione di autocorrelazione di intensità della luce dispersa. Quando il moto dei centri di dispersione è principalmente browniano, la funzione di autocorrelazione decresce in modo monotono verso un valore finale idealmente uguale alla metà del valore iniziale. Un metodo per ricavare l'informazione voluta dalla funzione di autocorrelazione consiste nell'analisi della distribuzione del tasso di rilassamento. Essa può essere utilizzata per determinare la distribuzione delle dimensioni delle proteine nel volume sotto esame quando l'esperimento è condotto in vitro. Sfortunantamente, quando sono in esame gli occhi del paziente, vincoli aggiuntivi imposti dalle membrane dell'occhio e dalle interazioni fra centri di dispersione possono influire su questa relazione. Perciò la distribuzione del tasso di rilassamento è stata scelta come "impronta digitale" del tessuto oculare sotto esame. Questo approccio, seppur qualitativo, si è dimostrato efficiente per scopi diagnostici. L'occhio umano ha l'unico vantaggio di essere trasparente alle radiazioni visibili e del vicino infrarosso. Così, diverse zone dell'occhio con diversi tipi di macroproteine sono esaminabili tramite DLS, così come si possono individuare alterazioni strutturali dell umore vitreo. Le misurazioni sono critiche a causa della ridotta dispersione di questi tessuti oculari, infatti l'umore vitreo disperde approssimativamente trenta volte meno rispetto alle lenti ottiche. Altri fattori di disturbo sono rappresentati dai movimenti dell'occhio e dal battito delle palpebre. Inoltre la limitata accessibilità attraverso la pupilla e l impossibilità di accrescere la risoluzione mediante un aumento di potenza del laser richiedono l'uso di apparecchiature DLS ad alta sensibilità. 85

86 Il sistema Una descrizione del sistema di misura è mostrata in figura. Lo strumento è costituito da tre blocchi principali: 1. l'apparecchio microscopico 2. l'unità di controllo 3. il correlatore digitale, connesso ad un PC L'unità di controllo e l'apparecchio microscopico sono connessi mediante due fibre ottiche single-mode di 3 metri di lunghezza. L'apparecchio è costruito all'interno di un normale microscopico oftalmico. Sono stati utilizzati raggi di eccitazione e sensori a fibra singlemode per aumentare le performance del sistema permettendo misure DLS affidabili nel vitreo. La geometria a raggio cavo permette un utilizzo ottimale dell'apertura della pupilla per la messa a fuoco del raggio di eccitazione. L'operatore può osservare direttamente il volume sotto test (VUT - Volume Under Test) ed osservare il raggio anulare riflesso dalle diverse interfacce presenti nell occhio per determinare con sufficiente accuratezza la posizione del VUT lungo l'asse dell'occhio. Ad esempio, quando il VUT si trova nel mezzo della cornea, l'operatore vedrà, attraverso gli oculari posti dietro la lente M2, due anelli identici, riflessi dall'epitelio e dall'endotelio corneali; se il VUT si trova nel vitreo, il diametro dell'anello proiettato sulla retina è inversamente proporzionale alla distanza dal tessuto retineo. Un correlatore digitale viene utilizzato per l'elaborazione del segnale. Esso utilizza il cosiddetto "schema simmetrico di normalizzazione" ed è quindi adatto per brevi misure di medie temporali. Questa peculiarità può essere sfruttata per evitare i problemi dovuti al movimento degli occhi, effettuando una media dei dati provenienti da cinque brevi cicli di misura in un periodo di 10 secondi. Sono state realizzate misure DLS su tessuti corneale e vitreo con laser di eccitazione di potenza 5-30µW. L aspetto innovativo di questo sistema è la possibilità di effettuare misure DLS in vivo sul tessuto oculare 86

87 4.5.2 Testina colorimetrica a basso costo per test del sangue La qualità dell analisi clinico-chimica del siero sanguigno è largamente influenzata da sostanze, contenute nel campione, che interferiscono prima dell analisi. In particolare, lipemia, emolisi e bilirubinemia sono le tre cause primarie di interferenza. La selezione dei campioni adatti ad essere analizzati può essere effettuata mediante ispezione visiva del colore del siero. Questo metodo è laborioso e costoso, e i risultati sono altamente soggettivi. E' stato sviluppato un nuovo sensore colorimetrico a stato solido specificamente progettato per determinare concentrazioni dell'interferente. Il dispositivo calcola l'integrità dal campione di siero senza l'intervento umano e determina accuratamente la presenza di lipemia, emolisi, e bilirubinemia senza consumo del campione o di reagenti. La misura può essere effettuata direttamente nel tubo in vetro normalmente usato negli analizzatori clinico-chimici. Questo sistema permette una selezione automatica del campione, che può facilmente essere integrata nelle moderne strumentazioni. Il sistema La determinazione degli interferenti si basa sulla misura dei coefficienti di estinzione a quattro diverse lunghezze d'onda. Il sistema consta di tre blocchi principali: 1. il sensore ottico (testina) 2. l'unità di controllo 3. la scheda A/D, connessa ad un PC La testina ottica è un sensore di colore a stato solido, compatto (diametro = 15.9 mm, altezza = 6.4 mm) e di basso costo. Le due principali funzioni dell'unità di controllo sono: conversione della luce dispersa raccolta in un segnale analogico di tensione e controllo dei LED di eccitazione. La scheda A/D acquisisce i segnali elettrici dall'unità di controllo e genera i segnali di temporizzazione. 87

88 L'unità di controllo è montata su di una scheda AlO2 di dimensioni 5x5cm con tecnologia surface-mount, con un layout progettato al fine di minimizzare grandezze parassite, effetti spuri e disturbi. In figura sono mostrate la testina ottica e l'unità di controllo. Le prestazioni del sistema sono state calcolate rispetto all Hitachi 704 [59] come strumento di riferimento. Il grafico seguente mostra l esempio di output del sensore in funzione della concentrazione di lipidi. Il sensore è semplice, compatto, poco costoso ed adatto ad essere integrato nei moderni analizzatori clinico-chimici, riducendo così i costi di laboratorio e i rischi d infezioni. 88

89 4.5.3 Fluorometro corneale portatile a basso costo per diagnosi oftalmiche La rilevazione dei primi stadi della retinopatia diabetica (DR Diabetic Retinopathy) è di grande interesse in medicina. A questo scopo, è dimostrato che l autofluorescenza corneale può essere un eccellente indicatore della situazione dei primi stadi della DR. E stato sviluppato un set di prototipi di fluorometri corneali a basso costo, pensati come mezzi per effettuare uno screening della popolazione a rischio di DR, e per monitorarne l evoluzione della patologia. Il sistema può essere pensato come componente addizionale per le slitlamp commerciali, o come un unità autonoma. Il sistema Una serie di LED blu, opportunamente filtrati per ottimizzare l emissione, attiva la fluorescenza corneale tangenzialmente all occhio. La fluorescenza emessa viene raccolta da un fluorometro e da questo proiettata verso un fotomoltiplicatore attraverso opportuni filtri. Sistemi aggiuntivi sono disponibili per facilitare il puntamento e per migliorare la qualità del segnale. Il sistema è stato testato sia su persone sane, sia su pazienti affetti da DR, evidenziando buoni risultati in entrambi i casi. 89

90 4.5.4 Sistema per tomografia ottica di tessuti L interferometria a bassa coerenza (LCI), anche conosciuta come interferometria a luce bianca (WLI), viene largamente utilizzata nelle strumentazioni optoelettroniche per applicazioni biomedicali ed industriali. Rappresenta un metodo per la misura di distanze assolute senza necessità di contatto. La risoluzione assiale è funzione unicamente delle caratteristiche di coerenza della luce emessa, quindi le caratteristiche spettrali della luce di eccitazione possono essere poste in correlazione alla risoluzione spaziale. Recentemente sono stati introdotte sorgenti luminose a semiconduttori, che risultano essere poco costose in quanto compatibili con le apparecchiature per fibre ottiche. Utilizzando la luce ad ampia larghezza di banda, ed a bassa coerenza, dei diodi a superluminescenza (SLD) è stato possibile ottenere risoluzioni di 10-20µm. Questi dispositivi rappresentano una soluzione particolarmente economica data la loro produzione su larga scala. Il Sistema La luce proveniente dal SLD viene collimata dalla lente L1 e focalizzata da un altra lente L2 sul bersaglio TG. Parte della luce emessa viene retroriflessa dallo specchio semiriflettente SS. Quest ultima, assieme a quella riflessa da TG, ripercorre il raggio principale fino alla giunzione emittente causando una variazione del livello di potenza. Le due onde retroriflesse non interferiscono fra loro in quanto la loro differenza di cammino ottico è molto alta rispetto alla ridotta lunghezza di coerenza della sorgente. Tuttavia l interfaccia di emissione (aria-semiconduttore) opera una seconda riflessione dei raggi entranti che vengono a loro volta riflessi da SS e TG. 90

91 Supponendo nulla la lunghezza di coerenza della radiazione emessa dal SLD e trascurando gli spessori di SS, L1 ed L2, il fenomeno di interferenza alla giunzione può essere osservato quando viene soddisfatta la seguente condizione: d 2 + f = 2 (q + f) I test preliminari su tessuto biologico sono stati effettuati su di un ala di mosca. La figura mostra la mappa di riflessione, denotando le coordinate x ed y sul piano in esame. L asse z coincide con quello ottico dell interferometro. La fotografia è stata ottenuta mediante un microscopio a fibre ottiche e la cornice rettangolare denota l area in esame sul piano (x, y). Il segmento all interno rappresenta l area di ispezione sul piano (x, z). Questo esempio evidenzia la corrispondenza fra la morfologia del campione e la mappa di riflessione. 91

92 La figura seguente mostra la tomografia ottica della camera anteriore di un occhio di vitello. L eccellente rapporto segnale rumore è stato ottenuto con una potenza ottica inferiore a 120µW Effettuando misurazioni multiple con più sorgenti e più rilevatori è possibile la realizzazione della tomografia ottica. La figura sottostante mostra una tomografia ottica del cervello e denota la capacità di rilevazione di emorragie (zona rossa sulla sinistra) derivante dal forte assorbimento della luce da parte dell emoglobina del sangue. 92

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