Albero amico. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista

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1 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" Albero amico Contro l inquinamento chimico e acustico delle città, a beneficio della biodiversità e come fonte di legna da ardere nelle campagne. L albero - isolato, in filare o in composizioni vegetali più complesse - offre all uomo numerosi utili servizi, ma soprattutto arricchisce e adorna ambienti e architetture, rappresentando un insostituibile elemento del paesaggio. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista TREES ARE EXTREMELY USEFUL Trees can be considered useful tools to prevent chemical and noise pollution of the environment, to protect biodiversity and to produce fuel wood to heat farm houses. In any form (free standing, in rows, or in ornamental gardens) trees are always useful because they enrich the environment, thus becoming a basic element in landscape architecture. Trees are a source of food and shelter for ecologically important and protected wildlife species especially in our region, here landscape impoverishment is becoming stronger and stronger.the decrease in the number of old trees, full of natural hollows, can be compensated by artificial nest boxes for many birds and mammalian species, especially bats. Gli alberi possono dimostrare la loro grande importanza tanto in ambito urbano che in quello rurale.tutti gli alberi sono in grado di diminuire l anidride carbonica presente nell atmosfera, fissandola nei propri tessuti in funzione della dimensione, del ritmo di crescita e della longevità. Tra le specie più interessanti sotto questo aspetto sono Liquidambar styraciflua, Liriodendron tulipifera, Quercus spp., Tilia cordata. Una forma di inquinamento spesso non adeguatamente tenuta in considerazione, sempre più frequente anche nelle zone rurali, è quella data dal rumore. Gli alberi hanno purtroppo un effetto limitato su tale disturbo. La riduzione del rumore è infatti prevalentemente dovuta alla maggiore porosità creata nel terreno dalle radici, mentre le foglie attenuano la trasmissione del suono alle più alte frequenze. L effetto dei tronchi e dei rami è invece praticamente nullo. L efficacia del fogliame è maggiore al crescere della sua densità nonché della dimensione e dello spessore delle foglie. Alberi con foglie larghe, spesse e picciolate, come Acer pseudoplatanus e Populus nigra Italica, diffondono il rumore meno di alberi con rami orizzontali e con foglie più grandi. Una barriera vegetale pluristratificata alta almeno 5 m è in grado di attenuare il rumore di 3-8 db se profonda 3 m, di db se ha uno spessore di almeno 25 m. In città contro rumore e inquinamento I boschi urbani, se realizzati ricorrendo a un ragionato impiego di alberi e arbusti, costituiscono un esempio di miglioramento paesaggistico e ambientale delle aree fortemente antropizzate. Si tratta di strutture vegetazionali il più possibile naturali, simili ai boschi, realizzate perciò con specie per la maggior parte autoctone, secondo schemi paesaggistici naturali, molto semplici, con costi di impianto contenuti e, soprattutto, manutenibili con bassi costi di gestione. Il ruolo del bosco urbano è quello di assolvere a funzioni protettive e di miglioramento ambientale, sviluppandosi in ambienti caratterizzati da un elevato inquinamento. Le aree periferiche di un bosco urbano devono essere realizzate con una massa chiusa di vegetazione arborea e arbustiva. In queste aree dovrebbe essere escluso l accesso al pubblico sia per salvaguardarne la funzionalità sia perché si tratta di aree potenzialmente insalubri. Gli impianti sono effettuati disponendo gli alberi in filari per permettere le lavorazioni meccaniche degli interfilari per i primi 4-5 anni dall impianto, fino a quando le

2 chiome degli alberi non si tocchino; successivamente l ombreggiamento delle chiome riduce lo sviluppo di piante infestanti. Non appena si rendono superflue le lavorazioni, per tutta la fascia esterna è possibile impiantare una striscia di arbusti continua, periferica, spessa almeno 3 metri, al fine di chiudere l accesso al bosco e di creare habitat naturali di nidificazione e di protezione della fauna selvatica. Con modalità analoghe devono essere gestite le fasce boscate, cioè quei sottili lembi di vegetazione distribuiti lungo strade e autostrade, aventi funzioni primarie di filtro dell atmosfera e di riduzione dell inquinamento da rumore. Le aree interne, una volta adeguatamente protette dalle fasce periferiche, possono assolvere a numerose funzioni, tra cui anche quelle ricreative, e accogliere, similmente a un parco, dei frequentatori. Lungo le strade e le autostrade il regime idrico naturale può essere alterato dalla costruzione di infrastrutture; in queste situazioni gli alberi che costituiscono le fasce boscate devono appartenere a specie con elevata resistenza alle condizioni di asfissia radicale, come ad esempio Alnus spp., Betula spp., Populus spp. e Sorbus aucuparia. In ambito rurale l eliminazione dai terreni coltivati, di boschetti, siepi, filari e alberi isolati è stata, nell Italia settentrionale, particolarmente intensa nell ultimo trentennio ed è, purtroppo, ancora in atto. L evoluzione della viabilità extraurbana e l espansione della città sono altre cause non meno gravi della scomparsa di tali elementi, che sono finora considerati, a torto, elementi minori. Lungo le rive dei corsi d acqua Anche gli alberi lungo i corsi d acqua svolgono un ruolo fondamentale per tali ecosistemi, influendo sulla biodiversità della fauna e della flora oltre che sulla qualità dell acqua. La messa a dimora di alberi lungo gli argini dei corsi d acqua minori, attualmente non consentita in base al R.D. 25 luglio 1904 n 523, consentirebbe l ombreggiamento e quindi il contenimento delle piante acquatiche e palustri, che creano problemi di deflusso e obbligano a operazioni di ripulitura.

3 L azione di prevenzione svolta dagli alberi ripariali e dalle siepi è dovuta al fatto che questi impediscono all acqua di raggiungere un volume e una velocità di ruscellamento tali da spostare cospicue quantità di particelle di terreno, oltre a trattenere l eventuale terra asportata, che altrimenti raggiungerebbe il corso d acqua, e a filtrare i nutrienti asportati per lisciviazione o scorrimento superficiale. Sono molto numerose le specie arboree adatte a questo scopo, come, per esempio Acer campestre, Alnus glutinosa, Alnus incana, Carpinus betulus, Fraxinus ornus, Prunus cerasifera. Gli alberi permettono inoltre il consolidamento delle sponde e dei versanti nel caso in cui la roccia sottostante sia fessurata o raggiungibile dagli apparati radicali. Lungo le sponde dei corsi d acqua o lungo il perimetro delle discariche risultano particolarmente utili Populus spp. e Salix spp., che consumando elevati volumi d acqua, favoriscono nei suoli saturi un aumento della circolazione dell aria, accelerando in tal modo i meccanismi naturali di biodegradazione aerobica degli inquinanti presenti. Da alcuni anni si è proposto l utilizzo di Populus spp. e Salix spp. anche per la fitodecontaminazione in quanto sono in grado di scomporre i contaminanti presenti nel terreno, metabolizzadoli in prodotti di minor rischio ambientale oppure incorporandoli nei tessuti, soprattutto legnosi, o ancora impiegandoli come nutrienti. L assorbimento è esaltato dalle condizioni di stress per gli alberi e dal ridotto tenore in sostanza organica del terreno. La concentrazioni dei nitrati in fiumi e torrenti viene abbattuta mediante l assorbimento radicale e l assimilazione nei tessuti vegetali. A differenza di quanto accade per i contaminanti, tali funzioni sono direttamente correlate al ritmo di crescita delle piante e raggiungono i valori più elevati con piante giovani e in rapido accrescimento. Per il riequilibrio ecologico delle campagne Gli alberi rurali favoriscono l impollinazione ad opera degli insetti grazie alla loro protezione contro il vento e inoltre sono in grado di ospitare numerosi insetti utili. L Anthocoris nemoralis, il principale predatore della psilla del pero (Cacopsylla pyri), per esempio, in primavera vive su alberi e arbusti ornamentali come l albero di Giuda (Cercis siliquastrum), nutrendosi di altre specie. In prossimità dell estate questo antocoride si trasferisce sulle piante di pero alla ricerca della sua preda preferita, dimostrandosi così particolarmente utile all agricoltura. Uno degli ostacoli alla piantagione di filari arborati e di siepi in ambito rurale è la indubbia constatazione, da parte degli agricoltori, che la produzione diminuisce in prossimità di questi. In effetti nella fascia limitrofa alla siepe la produzione si abbassa anche del 50-60% a causa della competizione, ma in generale si verifica un aumento di produzione dovuto al calo dell evapotraspirazione e alla riduzione degli stress meccanici esercitati dal vento. I filari di alberi e le siepi consentono di creare dei corridoi ecologici, che consistono in strisce di territorio differenti dal contesto agricolo, in cui di solito si collocano.

4 I corridoi ecologici sono ritenuti elementi importanti soprattutto negli ambienti frammentati, in quanto permettono alla fauna spostamenti da una zona relitta ad un altra, rendono accessibili aree di foraggiamento altrimenti irraggiungibili e aumentano il valore estetico del paesaggio. I corridoi vegetali lungo le strade extraurbane, oltre alla riqualificazione estetica e decorativa della viabilità, hanno la funzione di ridurre la pericolosità, indirizzando l attenzione dei guidatori, oltre che quella di difendere gli abitanti delle zone attraversate. In funzione paesaggistica Gli alberi rurali spesso affiancano le stalle riparando il bestiame dal sole estivo e dai venti freddi invernali,ma è sotto l aspetto paesaggistico che si dimostrano insostituibili. In zone rurali a vocazione turistica la loro presenza consente infatti di sottolineare i fondovalle, le curve di livello e i cambiamenti del suolo. Gli alberi possono essere impiegati per accompagnare le strade, i fiumi e i canali, possono costituire inoltre il limite delle proprietà ed evidenziare gli accessi alle stesse. Con gli alberi si possono porre in risalto gli elementi caratteristici del paesaggio, soprattutto se si tratta di specie dalle fioriture appariscenti, come Prunus avium, o dai vistosi colori autunnali, quali Acer campestre, Carpinus betulus, Fraxinus spp.; essi consentono inoltre di integrare le infrastrutture nel paesaggio o ne permettono il mascheramento. Affinché possano svolgere la loro funzione di miglioramento del paesaggio è tuttavia necessario ricorrere a specie autoctone o tipiche di questo, come ad esempio Cupressus sempervirens sulle colline dell Emilia Romagna, senza tuttavia frammentare la visione di insieme con un numero troppo elevato di alberi. Un utile fonte di legname In ambito rurale l albero può avere anche un significativo ruolo economico: un filare di alberi è in grado di proteggere le colture e di fornire legname utilizzabile come fonte di riscaldamento o in falegnameria. È stato calcolato che una siepe alta monofilare, composta per ogni 100 m di lunghezza da 34 ceppaie governate a ceduo e da 16 alberi a fustaia, con un turno rispettivamente di 5 e 30 anni, in ambiente padano è in grado di produrre in media ogni anno 12 t di legna da ardere e 0,5 m3 di legname da opera, mentre siepi specializzate possono produrre circa 20 t di biomassa all anno per ogni chilometro di lunghezza. In condizioni favorevoli un tronco di noce, a trent anni, può fornire 0,5 m3 di legname. Si tratta indubbiamente di un modo intelligente per valorizzare i bordi degli appezzamenti altrimenti abbandonati. Gli alberi possono tuttavia rappresentare un problema quando divengono infestanti, vale a dire quando, appartenendo a specie esotiche, sono in grado di naturalizzarsi e di formare popolazioni che si mantengono nel tempo. Specie come Ailanthus altissima e Robinia pseudoacacia riducono la diversità degli ecosistemi e comportano un aumento dei costi di gestione, tanto in ambito rurale che urbano, a causa degli oneri per il contenimento o l estirpazione: l eliminazione dei soggetti adulti, infatti, spesso non è facile, in quanto l abbattimento stimola l emissione di polloni, che possono essere originati anche dalle radici. In questi casi al taglio è preferibile la distribuzione di erbicidi.

5 Un rifugio accogliente Nelle nostre campagne sempre più impoverite sotto il profilo naturalistico, la presenza di alberi costituisce una preziosa opportunità di rifugio e nutrimento per specie faunistiche di interesse ecologico e conservazionistico. RENZO RABACCHI naturalista, museo di ecologia e storia naturale Marano sul panaro Numerose specie animali delle regioni temperate utilizzano gli ecosistemi forestali come nicchia ecologica principale per le loro diverse funzioni biologiche. La nicchia ecologica è l insieme dei fattori che fanno di un ecosistema lo spazio vitale per un organismo: il luogo utilizzato, anche per periodi limitati, come tana o nido; il luogo fonte di approvvigionamento alimentare o punto di osservazione per l intercettazione della preda; il luogo usato quale rifugio, sia per sfuggire ai predatori che per ripararsi da condizioni climatiche avverse; il luogo in cui trascorrere la stagione invernale, anche cadendo in letargo,all interno di anfratti arborei, in tane o in rifugi sotterranei. Se negli invertebrati (insetti in particolare) si osserva spesso una stretta dipendenza tra l animale e la pianta che lo ospita o lo nutre,nei vertebrati tale legame è di norma assai meno vincolante. In particolare gli uccelli e i mammiferi, caratterizzati generalmente da una spiccata polifagia e da una notevole mobilità, hanno saputo adattarsi alle mutate condizioni ambientali, sfruttando ambienti agricoli, aree coltivate e marginali, parchi e altri luoghi antropizzati. In alcuni casi questo progressivo adattamento ha finito per favorire molte specie che attualmente tendono spontaneamente a preferire gli ambienti umanizzati, non di rado più protetti e ricchi di risorse alimentari. Anche gli alberi rurali costituiscono dei luoghi in cui si esprime una certa naturalità; pur nei limiti di una presenza isolata, non di rado martoriata dalla pressione antropica, questi alberi offrono numerose occasioni di rifugio e di nutrimento per specie faunistiche spesso interessanti sia sotto il profilo ecologico che conservazionistico. A essere favorite da queste presenze vegetali sono soprattutto le specie ecotonali,cioè quelle maggiormente legate a biotopi di transizione: le siepi, i margini dei boschi e le fasce boscate. Restano escluse solamente le specie forestali, generalmente caratterizzate da comportamenti molto elusivi. Tradizionali abitatori delle piantate I Corvidi, Passeriformi dalle abitudini generalmente sinantropiche, sono al contrario gli uccelli che più facilmente sfruttano gli alberi rurali, soprattutto come sito di nidificazione. Nella pianura Padana sono molto diffusi i voluminosi nidi allestiti dalla Cornacchia grigia Corvus corone cornix,dalla Gazza Pica pica e,da qualche anno, anche dalla Ghiandaia Garrulus glandarius; quest ultima, tipica abitatrice dei boschi, dalla fascia dei querceti a quella dei faggeti, si è rapidamente espansa verso la pianura, contribuendo alla diffusione delle querce, in particolare della farnia Quercus robur. L alimentazione di questo inconfondibile e rumoroso uccello è costituita, fino al 50%, da ghiande. Esse non vengono sempre consumate sul posto; la Ghiandaia ne può raccogliere fino a 8-9 per volta,portandole in bocca e nel tubo digerente. Alcune vengono poi nascoste entro cavità di alberi o nel terreno, costituendo delle piccole riserve di cibo; le ghiande non ritrovate finiscono così per germogliare, dando origine a nuove pianticelle. I vecchi nidi dei Corvidi sono spesso utilizzati da rapaci notturni e diurni come luogo di nidificazione. Tra gli Strigiformi è il Gufo comune Asio otus a farne l uso più frequente; esso nidifica anche in nidi abbandonati di Columbidi e scoiattoli. La sua presenza in epoca riproduttiva, che inizia tra febbraio e marzo e si conclude in giugno con l involo di 3-6 giovani, è difficile da appurare poiché di norma questo Strigiforme non aggiunge materiali a integrazione di quelli già presenti. L alimentazione del gufo comune è costituita in gran parte (fino al 98%) da micromammiferi, come le arvicole, i topolini, le

6 talpe e i topiragno; ciò lo rende un prezioso alleato dell agricoltura, non solo in epoca riproduttiva. Infatti in inverno, su alcuni alberi isolati o in rade boscaglie planiziali, si riuniscono fino a individui, dando vita ai cosiddetti roosting, curiosi dormitori diurni comuni. Nelle ore notturne gli inquilini di questi insoliti condomini si disperdono nelle aree circostanti alla ricerca di prede. Altri Strigiformi sono avvantaggiati dalla presenza di alberi rurali, in particolare di quelli più vecchi e dotati di cavità naturali; sono l Allocco Strix aluco, un altro predatore di piccoli mammiferi, la Civetta Athene noctua e l Assiolo Otus scops. In assenza di cavità naturali, la presenza di queste specie può essere favorita dalla messa a dimora di appositi modelli di nidi artificiali. Il piccolissimo Assiolo, noto in molte regioni con il nome di Chiù per il suo monotono e ripetuto richiamo notturno (Tchiu tchiu tchiu ), si nutre soprattutto di insetti e altri invertebrati, comprese le larve e gli adulti di Ortotteri e i Lepidotteri notturni, tra cui i cosiddetti rodilegno. L Assiolo nidificava un tempo nei tronchi cavi delle siepi e soprattutto negli aceri, negli olmi e nei gelsi, elementi costitutivi della piantata emiliana, contribuendo così a limitare la presenza di insetti fitofagi e xilofagi. Con la scomparsa di questi habitat la specie si è estremamente rarefatta nelle zone di pianura, soprattutto nelle regioni settentrionali. Luoghi di caccia e riproduzionedei rapaci Anche gli Accipitriformi e i Falconiformi, i cosiddetti rapaci diurni, sfruttano proficuamente gli alberi isolati, sia come luoghi di avvistamento e di caccia, sia come siti riproduttivi. In diversi Paesi dell Europa centrosettentrionale, specialmente nelle aree coltivate con metodi estensivi e dove sono ormai scomparsi i boschi e le siepi, è usuale l installazione di alti trespoli in legno per favorire l attività predatoria della Poiana Buteo buteo, un Accipitriforme dalla dieta composta per un alta percentuale da micromammiferi (dal 70 al 98%, secondo studi effettuati nell Europa centrale);si tratta per lo più di arvicole e topolini. La pianura Padana è un importante area di svernamento per molte poiane provenienti dalla catena alpina e da quella appenninica, nonché per individui giovani in fase dispersiva, che a volte percorrono anche centinaia di chilometri. Un altro Accipitriforme che può sfruttare questi luoghi per riprodursi è lo Sparviere Accipiter nisus. Benché maggiormente legato agli ambienti forestali, esso ha raggiunto e colonizzato diverse zone di pianura, seguendo quei preziosi corridoi ecologici che sono i corsi d acqua,le siepi e le boscaglie. Anche i Falconiformi traggono vantaggio dagli alberi rurali,dove talvolta riutilizzano i nidi abbandonati dai Corvidi. I più comuni sono il Gheppio Falco tinnunculus e il Lodolaio Falco subbuteo: assai simili nel comportamento e nelle dimensioni (il primo ha le ali un po più larghe e arrotondate e la coda più lunga),differiscono nel colore del piumaggio del dorso (rosso mattone nel primo e grigio ardesia nel secondo). Un altro Falconiforme, originario dell Europa orientale, è stato da poco segnalato come occasionale nidificante nella pianura Padana. Si tratta del Falco cuculo Falco vespertinus, già noto come migratore regolare (soprattutto primaverile) e recentemente riprodottosi su alberi isolati in alcune aree della pianura emiliana centrale. I Picidi sono abituali frequentatori degli alberi rurali; essi li sfruttano come luogo fonte di alimentazione e come sito riproduttivo. Le specie più diffuse sono il Picchio verde Picus viridis, il Picchio rosso maggiore Picoides major e il Picchio rosso minore Picoides minor, il più elusivo, attualmente minacciato dalle trasformazioni degli ambienti di pianura. Il Torcicollo Jynx torquilla, pur appartenendo alla famiglia dei picchi, ha forme e colori che lo fanno sembrare assai più vicino ai Passeriformi. Altre specie che si possono osservare nelle nicchie arboree sono l Upupa Upupa epops e il comunissimo Storno Sturnus vulgaris. Pipistrelli in cerca di nido Le piccole cavità presenti alla base del tronco o tra le radici si prestano come rifugio per piccoli rettili (coronelle, lucertole e ramarri), anfibi (rospi comuni e smeraldini) e mammiferi (ricci, topolini, arvicole, topiragno).

7 Tra i fruitori delle cavità arboree ricordiamo, infine, i Chirotteri, mammiferi insettivori che presentano una somma di caratteri evolutivi davvero sorprendente: sono degli eccellenti volatori e infallibili cacciatori di insetti. I pipistrelli, da sempre assurdamente perseguitati per anni, sono oggi finalmente rivalutati per il loro ruolo ecologico. Instancabili divoratori di insetti volanti,essi risentono dell uso di pesticidi in agricoltura e della scomparsa degli alberi cavi. Delle 32 specie di Chirotteri segnalate sul territorio italiano quasi 20 sono legate, chi più chi meno, alle cavità degli alberi.si possono distinguere specie fortemente dipendenti dalla presenza di questo tipo di nido per svolgere il loro ciclo vitale, come le Nottole, da specie che se ne avvalgono solo di rado come il Serotino, il Vespertilio mustacchino e i grandi Myotis. Le Nottole, presenti in Italia con le tre specie Nyctalus lasiopterus,n. leisleri e N. noctula, scelgono tipicamente come rifugi e come siti riproduttivi le cavità in alberi di vario tipo,in particolare appartenenti ai generi Populus, Quercus, Alnus e Tilia, ma non esclusivamente. Altri Chirotteri che utilizzano le cavità e le fessure degli alberi come rifugio estivo oppure come nursery per allevare i piccoli sono: Vespertilio di Daubenton Myotis daubentonii, Vespertilio di Bechstein Myotis bechsteinii, Vespertilio di Brandt Myotis brandtii, Vespertilio di Natterer Myotis nattereri,pipistrello di Nathusius Pipistrellus nathusii, Pipistrello albolimbato Pipistrellus kuhlii, Pipistrello nano Pipistrellus pipistrellus, Orecchione Plecotus auritus. La scarsità di rifugi disponibili dovuta al depauperamento degli ambienti boschivi e al taglio dei vecchi alberi cavi non favorisce certo lo sviluppo delle popolazioni di questi animali. In ambiente agricolo, quindi, la presenza di alberi, sebbene isolati, è da considerarsi importante anche da questo punto di vista, ossia essi sono da ritenersi utili per diverse specie di Chirotteri in quanto potenziali siti di ricovero e riproduzione. In conclusione, gli alberi rurali sono in grado di svolgere un importante ruolo ecologico senza pregiudicare le pratiche agricole e le altre attività umane. Questi veri e propri superstiti dei nostri paesaggi agrari, testimoni di un antichissima cultura contadina, sono oggi più tutelati che in passato; ma ciò non è sufficiente a garantire la loro sopravvivenza e, quindi, il loro importante contributo alla conservazione della biodiversità.

8 Condomini di campagna L installazione di covatoi artificiali permette di sopperire alla rarefazione delle cavità naturali presenti nel legno dei vecchi alberi. L abbattimento delle piante secche e marcescenti, ricche di nicchie naturali, è, purtroppo, una pratica assai diffusa; a causa di ciò molti uccelli insettivori trovano con difficoltà le cavità adatte per riprodursi, finendo per disertare molti ambienti a vantaggio degli insetti, che, senza i predatori, si diffondono rapidamente. Per ovviare a tale situazione, da anni, anche in Italia, si va diffondendo la pratica dell installazione di covatoi artificiali. L albero rurale in tal modo può essere trasformato in una sorta di condominio, sul quale installare vari modelli di nidi, adatti a diverse specie di uccelli e di mammiferi. I covatoi si possono installare dall autunno all inverno, con la base in posizione orizzontale e il foro di ingresso rivolto leggermente verso il basso; ciò impedisce il rifluire dell acqua, una delle cause più frequenti di mortalità dei nidiacei. L altezza di collocazione varia a seconda delle specie che si intende attirare; in genere si consiglia un altezza di 3-4 m dal suolo, che consente un ridotto rischio di predazione. È opportuno orientare i covatoi verso il settore compreso da nord a sud-est, passando per l est. Per i piccoli Passeriformi, dotati generalmente di marcati istinti territoriali, la densità media si attesta su 8-10 nidi per ettaro; la densità può arrivare anche a 15 nidi per ettaro in totale assenza di cavità naturali e in presenza di una adeguata disponibilità di cibo e di modelli di nidi destinati a più specie di uccelli. La maggior parte dei Passeriformi stazionari in Italia utilizza i nidi artificiali già a partire dall inverno, per trascorrervi le notti più rigide; le specie migratrici che raggiungono i nostri quartieri di nidificazione tra marzo e aprile occupano i nidi solo dopo aver preso possesso del territorio. Uccelli da ospitare Queste le specie che possono essere attirate dai covatoi su alberi rurali. Il Gheppio Falco tinnunculus è un falchetto molto adattabile, che frequenta una vasta gamma di habitat più o meno antropizzati. Occupa grandi cassette a fronte aperto e le piattaforme artificiali fissate tra le biforcazioni dei rami. Le cassette per gheppio sono occasionalmente sfruttate anche dal Gufo comune Asio otus, dalla Ghiandaia Garrulus glandarius, dalla Taccola Corvus monedula e dalla Cornacchia grigia Corvus corone cornix. L Assiolo Otus scops nidifica in semplici cassette e in tronchetti di adeguate dimensioni, mentre per la Civetta Athene noctua è necessario ricorrere a particolari nidi a cilindro o a parallelepipedo ideati in Francia e molto usati in Svizzera. L Allocco Strix aluco predilige curiose cassette-nido a forma di camino e occasionalmente, ma quasi mai a scopo riproduttivo, anche le cassette per gheppio. Tra i Picidi il Torcicollo Jynx torquilla è il più sensibile alla scomparsa delle cavità naturali, dato che esso non è in grado di scavarsi il nido come fanno gli altri picchi. Il variopinto e canoro Codirosso Phoenicurus phoenicurus mostra di apprezzare i nidi artificiali di varia fattura purchè la profondità del luogo di cova non superi i 15 cm. I Paridi (le conosciutissime cince) sono la famiglia di Passeriformi più interessata ai nidi artificiali, sia in ambienti forestali che in parchi e giardini; la Cinciarella Parus caeruleus e la Cinciallegra Parus major nidificano facilmente in covatoi, soprattutto a cassetta tradizionale, a tronchetto naturale, in cemento-segatura o in cemento-argilla espansa. In diversi Paesi dell Europa centrale anche la Passera mattugia Passer montanus, un tempo assai comune, ha subito un calo vertiginoso; oggi si cerca di incrementarne la popolazione soprattutto attraverso l installazione di covatoi, posizionati in ambienti agrari e nelle fasce ecotonali dei boschi, che rappresentano l habitat ideale per questa specie. Anche i Chirotteri possono utilizzare le cassette-nido, o meglio i rifugi artificiali. Per loro sono stati messi a punto speciali modelli in legno e in cemento-segatura o cemento-argilla espansa dotati di ingresso posto nella parte inferiore del nido. Per informazioni Centro Italiano Studi Nidi Artificiali (Cisniar) - Onlus c/o Museo di Ecologia e Storia Naturale Piazza Matteotti, Marano sul Panaro (MO) Tel. 059/ L attività del Cisniar è volta alla conservazione dell avifauna e dell ambiente e alla ricerca ornitologica e naturalistica. È la più importante associazione italiana di birdgardening; produce mangiatoie, nidi artificiali per uccelli e pipistrelli e schede didattiche sulla fauna e sulla flora in città. Pubblica Picus, una rivista specializzata di ornitologia, birdwatching e birdgardening e Natura Modenese. Ha pubblicato imoltre un manuale sull uso dei nidi artificiali e fornisce consulenza nel settore a privati, scuole, associazioni, enti e agricoltori.

9 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" Solo specie idonee Soprattutto in ambito urbano occorre osservare precisi criteri di scelta della specie da impiantare, che tengano conto della loro funzionalità e della capacità di sopravvivere nelle diverse condizioni di un ambiente completamente antropizzato. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista PROPER CULTIVARS ONLY Nowadays trees have to adapt to different environmental conditions, such as urban and rural areas. In the former case, cultivars are chosen according to strict rules, such as role and ability to survive in a man-made environment, whereas in the latter one, the choice should be based on local soil and climatic conditions; a detailed survey on local flowers, landscape history and soil characteristics may be useful, too.the choice of cultivars must be made in compliance with the local and regional provisions of the law: for example, in Emilia-Romagna region the planting of all Crataegus cultivars is forbidden because of the Erwinia amylovora. In presenza di vincoli alla crescita degli alberi, come accade frequentemente nelle aree urbane, è necessario utilizzare specie la cui dimensione finale sia compatibile con lo spazio a disposizione. Negli ultimi decenni sono state selezionate numerose cultivar delle specie più utilizzate con l intento di ottenere alberi di dimensioni inferiori, come per Fraxinus angustifolia Raywood e Tilia cordata Greenspire, oppure dal portamento più compatto e assurgente, come nel caso di Acer campestre Elsrijk, Acer platanoides Emerald Queen, Fraxinus ornus Rotterdam, Tilia cordata Rancho. Considerare le dimensioni definitive In base all altezza dell albero adulto, le specie sono suddivise in tre categorie (prima, seconda e terza grandezza), in base alle quali va stabilita la distanza minima dagli edifici e tra gli alberi nelle alberature stradali (si veda la tabella a fianco). Generalmente l asse dell alberata deve distare non meno di 6 m dall allineamento degli edifici e almeno 1,50 m dal ciglio del marciapiede. In base al Nuovo Codice della strada la distanza dal ciglio della strada, nel caso di viabilità extraurbana, deve essere inoltre di almeno 6 m. Le sezioni stradali di larghezza inferiore a 20 m sono adatte a un solo filare di alberi, da porre sul lato più soleggiato. La doppia alberata in filare sui marciapiedi richiede una larghezza stradale minima di ben 24 metri ed esige anche che la strada segua la direzione nord-sud, in modo che entrambi i filari ricevano la luce del sole. Con un diverso orientamento è consigliabile anche in questo caso disporre un solo filare sul lato soleggiato. Le insoddisfacenti condizioni strutturali o sanitarie degli alberi scaturiscono spesso da una scelta non corretta della specie in relazione allo spazio disponibile, cui spesso si tenta, erroneamente, di porre rimedio con severi interventi di potatura. La capitozzatura è essa stessa causa di pericolo perché con il trascorrere degli anni provoca la formazione di monconi morti, rami e branche male ancorati. Gli alberi capitozzati presentano inoltre una considerevole riduzione delle proprie riserve, divenendo così molto più recettivi alle avversità. La stessa stabilità dell albero è compromessa, poiché all asportazione della chioma con una potatura severa segue la morte di parte dell apparato radicale. Quali specie per le alberate stradali Per quanto concerne la scelta della specie,il ricorso a una sola di esse è in genere da sconsigliare,anche se la gestione risulta molto più semplice. Il ricorso a un elevato numero di specie, adatte alle caratteristiche pedoclimatiche, è infatti un importante elemento per assicurare il mantenimento di buone condizioni fitosanitarie a lungo termine.nelle alberate stradali per esempio, in

10 cui alberi appartenenti alla stessa specie si trovano a distanze ravvicinate, il contatto radicale favorisce enormemente le infezioni. In tali situazioni le popolazioni di acari e insetti possono inoltre raggiungere livelli pericolosi a causa dell abbondanza di nutrienti a loro disposizione. La diversità deve essere tuttavia sempre applicata per blocchi omogenei e non per singoli alberi, al fine di evitare che le specie dall accrescimento più rapido e dalla maggiore dimensione a maturità dominino le restanti, nonché per facilitare gli interventi di manutenzione. Secondo la formula una singola specie non dovrebbe rappresentare da sola oltre il 10% del patrimonio arboreo di un centro urbano, un genere botanico non dovrebbe superare il 20% e una famiglia il 30%. Le caratteristiche da ricercare per stabilire l idoneità di una specie alla realizzazione delle alberate stradali sono le seguenti: assenza di semi e frutti che cadendo possano essere di intralcio ai passanti o che macchino o danneggino i veicoli parcheggiati e di semi o pollini allergogeni; crescita relativamente rapida nei primi anni di impianto e lenta a maturità; mancanza di radici invadenti e di polloni alla base; portamento colonnare e ramificazioni alte e non ricadenti, in modo da evitare l ingombro della sede stradale; ramificazioni robuste, resistenti all azione del vento e ai carichi di neve; resistenza all inquinamento atmosferico e del terreno, in particolare nei confronti dei prodotti di scarico degli autoveicoli; resistenza alla siccità e all asfissia radicale, che garantiscono la buona salute degli alberi a lungo termine; rusticità in relazione all opera di inesperti potatori, agli urti degli autoveicoli e alle malattie per evitare il ricorso ad antiparassitari, pericolosi per la popolazione. Esistono anche altri importanti fattori, non solo agronomici, da considerare nella scelta delle specie quando si intende intervenire su alberate stradali. Infatti esse influenzano significativamente lo scenario urbano per trama, colore e variazioni stagionali e quindi la qualità estetica dell ambiente. Inoltre possono servire a mascherare malfatte architetture o a riportare un accenno di coerenza in paesaggi periurbani disordinati o banali. I dettagli di sistemazione (griglie, tutori, protezioni, ecc.) costituiscono a loro volta uno degli elementi di più immediata percezione del paesaggio cittadino. I filari stradali infine aiutano a definire le diverse funzioni di percorsi e di aree funzionali, fanno da filtro e barriera, migliorano la qualità fisica dell aria, favoriscono la vita animale e abbattono i rumori. Specie considerate in ogni caso inadatte alla realizzazione delle alberate stradali, per le loro caratteristiche intrinseche, sono Ailanthus altissima, Populus spp., Robinia pseudoacacia e Sophora japonica. Resistenti al vento e allo sradicamento Nella scelta delle specie, soprattutto in ambito urbano, si deve tenere conto anche della suscettibilità ai danni da vento. L azione del vento provoca danni alla parte epigea della pianta, con rotture delle branche e schianti dell intero tronco o di una sua parte oppure, in condizioni estreme, ne interessa anche la parte ipogea portando addirittura allo sradicamento parziale o totale, denominato ribaltamento.

11 Tra le specie considerate più esposte a tali danni si ricordano: Acer rubrum, Acer saccharinum, Aesculus hippocastanum, Albizzia julibrissin, Calocedrus decurrens, Carya spp., Catalpa speciosa, Chamaecyparis lawsoniana, Cryptomeria japonica, Fraxinus spp., Liriodendron tulipifera, Paulownia tomentosa, Robinia pseudoacacia, Taxus spp., Thuja spp., Ulmus pumila. La resistenza ai danni da vento è da attribuirsi a diversi fattori, fra cui le caratteristiche anatomiche del legno, come l ampiezza dei raggi parenchimatici: infatti è stato rilevato che gli alberi che resistono meglio al vento, come querce e platani, presentano raggi parenchimatici ampi, mentre i pioppi, molto suscettibili ai danni da vento, presentano raggi parenchimatici radiali sottili. L attacco degli agenti della carie o la presenza di alterazioni strutturali sono altri importanti fattori che predispongono la pianta ai danni da vento. Per quanto riguarda in particolare la resistenza degli alberi allo sradicamento, questa è dovuta a differenti meccanismi legati alla loro conformazione e ad altri connessi alle condizioni edafiche: molti ribaltamenti si verificano infatti dopo forti piogge continue o in seguito al rapido discioglimento della neve. È stato inoltre osservato che in condizioni di fertilità elevata del terreno e di abbondante acqua facilmente utilizzabile si verifica uno squilibrio tra apparato radicale, poco sviluppato, e chioma, molto ampia, con ripercussioni negative sulla stabilità. Allo stesso modo terreni asfittici impediscono all apparato radicale di approfondirsi, rendendo gli alberi più suscettibili al ribaltamento. Peculiarità rurali In ambito rurale si dovrebbero utilizzare solo le specie meglio compatibili con le condizioni pedoclimatiche locali, ricorrendo anche ad analisi floristiche dell area, storiche del paesaggio o pedologiche. Le specie selezionate devono rientrare tra quelle previste dalle normative vigenti, in ambito locale o superiore. In Emilia Romagna, a causa del colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora), sono vietati, sulla base della LR 24/8/2001 n 31, dal 1 ottobre 2001 al 31 dicembre 2004, gli impianti di tutte le specie appartenenti al genere Crataegus. Nel valutare la possibilità di realizzazione di filari alberati in ambito rurale si devono considerare anche la direzione dei venti dominanti e il movimento apparente del sole. GLI STRESS DELLA VITA CITTADINA Un ambiente veramente difficile quello della città, anche per gli organismi vegetali che oltre alle conseguenze dell inquinamento subiscono i danni dovuti al deterioramento del substrato. Agli alberi l uomo chiede indubbiamente molto. Si domanda loro di vivere in ambienti con differenze profonde, quali sono le zone rurali e le aree urbane, e di fornire servizi diversi, scordandosi spesso di adeguare la tecnica colturale alle peculiarità del luogo. Se si compie un raffronto con le dimensioni dell agglomerato urbano, si può constatare che più grande e popolata è la città, minore è la percentuale di sopravvivenza degli alberi messi a dimora. Il fallimento di molti impianti è da imputare all imperizia degli operatori, che provengono di solito dal settore agricolo e che sottovalutano le peculiarità dell ambiente urbano. Ricerche condotte in ambiente urbano hanno dimostrato che circa il 10% delle piante muore nel primo anno dopo l impianto e che, se non si interviene prontamente, tale percentuale può notevolmente aumentare nel secondo anno a causa di un ulteriore stress a cui sono sottoposti gli individui che già manifestavano sintomi di deperimento. La diffusa opinione che gli alberi, dopo le iniziali difficoltà, recuperino automaticamente l anno successivo, evidenziando una crescita più vigorosa una volta che l apparato radicale si sia ricostituito, è quindi totalmente errata. Un altra grande fonte di problemi è costituita dall affidamento della progettazione a persone prive di cultura scientifica, che trascurano quindi il fatto che l albero, piccolo alla piantagione, cambierà di forma e di volume lungo il corso della propria esistenza. Gli effetti del rimedio, solitamente proposto, di

12 potare in modo severo e ripetuto, sono davanti agli occhi di tutti. Alte temperature e compattamento del suolo Gli alberi urbani si trovano a vivere in centri abitati dove le temperature minime e massime sono sempre di qualche grado superiori rispetto alle zone esterne a causa soprattutto dell irraggiamento solare delle pareti, degli edifici in muratura o cemento, e dell asfalto delle strade. Queste strutture si scaldano durante il giorno accumulando calore, che perdono per irraggiamento durante la notte. Ne consegue che spesso, soprattutto durante l estate, a una temperatura diurna elevata non segue un adeguato abbassamento della temperatura notturna, provocando nel tempo alle piante uno stato di stress. A causa delle elevate temperature l umidità atmosferica nell ambiente urbano è inoltre spesso troppo bassa e questo costringe le piante a una maggiore traspirazione, causando gravi appassimenti e disseccamenti. Un intenso stress da siccità è particolarmente pericoloso per gli alberi in quanto riduce la resistenza agli attacchi degli insetti xilofagi e degli agenti di cancri e carie. Il suolo urbano è influenzato nella sua composizione in maniera più marcata dall azione umana piuttosto che dagli agenti naturali. Contrariamente ai terreni naturali, il suolo urbano non ha un vero e proprio profilo composto di orizzonti, ma presenta un elevata variabilità, sia verticale che orizzontale, dato che alla base della sua formazione non vi sono processi pedogenetici, ma spesso la stratificazione è dovuta all accumulo di detriti e materiali di riporto. I suoli urbani sono frequentemente compattati e privi di struttura, vale a dire che le singole particelle del terreno non sono unite tra loro a formare i grumi. Le cause di questa condizione sono da ricercare nella scarsità di sostanza organica, nella limitata presenza di organismi terricoli attivi, nel clima alterato dall isola di calore urbana - che limita i processi di gelo-disgelo e di inumidimentoessiccamento - nelle attività umane sul suolo, come il parcheggio di auto, il calpestamento e i lavori con mezzi pesanti. Il compattamento del terreno determina una minore penetrabilità del suolo e una maggiore resistenza alla crescita delle radici, con conseguenti possibili fenomeni di atrofia. Gli alberi urbani mostrano di conseguenza un apparato radicale che ha uno sviluppo orizzontale meno omogeneo rispetto agli alberi rurali. Tutti i fattori in grado di condizionare profondamente la formazione e la distribuzione delle radici, inoltre possono predisporre le stesse alla formazione di marciumi radicali, pregiudicando così, direttamente e indirettamente, la stabilità dei soggetti arborei. Il sistema radicale, costretto nel proprio sviluppo, diviene inoltre insufficiente, se la chioma si espande eccessivamente, provocando la senescenza anticipata dell albero, che si rende evidente con il disseccamento della cima e la comparsa di succhioni e polloni. Conseguenze dell impermeabilizzazione Un altro impedimento allo sviluppo e alla vitalità radicale è rappresentato dalla scarsa aerazione del suolo, dovuta sia al compattamento sia all impermeabilizzazione del manto stradale. L apparato radicale ha un elevata attività respiratoria, garantita dagli scambi tra atmosfera e suolo, che determina la produzione di anidride carbonica ed etilene, il cui aumento nel terreno causa condizioni di asfissia che inibiscono la crescita delle radici. La conseguenza più grave è l invecchiamento precoce delle piante, che le può esporre a schianti, talvolta in assenza di sintomi appariscenti. I suoli limosi o con particelle di differenti dimensioni sono particolarmente sensibili al compattamento, in quanto le particelle di minori dimensioni possono essere pressate all interno dei macropori. La formazione di crosta superficiale è un altro tipico fenomeno urbano, in parte dovuto alle deposizioni atmosferiche di derivati del petrolio. A causa della presenza di crosta superficiale la penetrazione dell acqua è ridotta, in più per l esistenza di strutture sotterranee l azione di drenaggio è spesso compromessa: conseguenti effetti sulle piante sono nel primo caso la disidratazione, nel secondo l asfissia radicale. Gli scambi tra l atmosfera del terreno e quella soprastante sono limitati non solo dalle cause già descritte, ma anche dalla presenza di strade, marciapiedi e pavimentazioni. Le superfici impermeabilizzate e sigillate provocano il riscaldamento della massa d aria soprastante e i moti

13 convettivi dell aria inducono un consistente ricircolo delle polveri. Il pulviscolo atmosferico, trattenuto sulla superficie delle lamine fogliari, è dilavato e portato a terra dalle piogge; questo potere d intercettazione delle foglie è connesso alla morfologia dell apparato fogliare e perciò alla specie vegetale, ma risente anche del posizionamento delle piante. Una buona efficacia in tal senso hanno Aesculus hippocastanum, Carpinus betulus, Catalpa spp., Platanus spp, Ulmus spp., e, secondo alcuni Autori, conifere come Cupressocyparis x leylandii,che hanno il vantaggio di agire anche nei mesi invernali, quando le concentrazioni dei particolati nell aria sono di solito più elevate. Importante è la rimozione dall atmosfera delle particelle più fini, con diametro inferiore a 10 mm, definite PM10, in quanto facilmente inalabili dagli esseri umani. La superficie interna dei marciapiedi, dove l umidità si condensa, è un luogo particolarmente favorevole alla crescita delle radici. In queste situazioni inoltre le radici ad andamento assurgente non percepiscono i normali segnali di avviso della prossimità con la superficie esterna, come la luminosità e la disidratazione. La conseguenza è una crescita che entra in conflitto con il lato inferiore del marciapiede. Gli altri danni al substrato I suoli urbani mostrano spesso valori di ph elevati a causa presumibilmente dell irrigazione con acque calcaree, dell inquinamento atmosferico e della presenza di materiali residui di edilizia, contenenti calcare. Secondo alcune stime in Europa occidentale ogni anno circa un milione di piante legnose muore a causa della presenza nel terreno dei sali per il discioglimento del ghiaccio invernale, come conseguenza degli effetti deprimenti sulla vegetazione o tossici. Questi sali danneggiano inoltre le foglie e le ramificazioni delle piante, su cui sono spruzzati dal traffico veicolare. I materiali di scarto dell industria delle costruzioni e le immondizie presenti nel terreno spesso compromettono l attecchimento delle piante, riducono il volume utile di terreno, impediscono lo sviluppo delle radici e diminuiscono la capacità idrica. Nel suolo urbano, inoltre, è modesta la presenza di sostanza organica per la rimozione delle foglie cadute, così come di nutrienti. Risultano alterati i cicli degli elementi e le popolazioni di microrganismi. L aumento di temperatura del suolo urbano infine influisce in modo negativo sullo sviluppo radicale, prolungando il periodo dell accrescimento fino alla stagione fredda, cosicché gli apici possono essere danneggiati. L inquinamento atmosferico L inquinamento dell aria è ormai un problema che accomuna le aree urbane e le zone rurali, attraversate dalle grandi arterie stradali. Le specie con foglie rugose e ricche di peli, come ad esempio Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia, Quercus pubescens,ulmus spp., accumulano il piombo presente nell aria in misura 3-4 volte superiore rispetto a specie dalle foglie glabre. Per quanto riguarda i gas presenti nell atmosfera, questi possono essere metabolizzati, come nel caso degli ossidi di zolfo, accumulati all interno dei tessuti, come i fluoruri, oppure trattenuti dalla rugosità delle cortecce. Alcune specie, come Cupressus spp., Platanus spp., Taxus spp., mostrano in particolare un elevata capacità filtrante nei confronti dell anidride solforosa; la stessa azione nei confronti dei fluoruri è attribuita ad Acer campestre e Quercus robur. Gli inquinanti atmosferici condizionano tuttavia lo sviluppo vegetale e contribuiscono a indebolire gli alberi, che divengono in tal modo più suscettibili agli attacchi di patogeni di origine animale o vegetale. La resistenza delle piante all inquinamento ambientale varia in funzione della sostanza inquinante, dello stadio di sviluppo (gli alberi e gli arbusti giovani risultano più sensibili) e delle condizioni ambientali. Le specie arboree a lenta crescita, con elevata capacità di regolazione stomatica e con un forte investimento metabolico nelle foglie, mostrano una maggiore tolleranza nei confronti dello stress da ozono. Tra le specie più resistenti ai danni da ozono si ricordano Acer platanoides, Betula pendula, Fagus sylvatica, Ulmus pumila.

14 La deposizione di polveri sulle foglie diminuisce l assorbimento di luce e, di conseguenza, la fotosintesi e può causare lesioni alla cuticola fogliare e l occlusione degli stomi. Di conseguenza negli ambienti intensamente urbanizzati e inquinati la scelta delle specie vegetali dovrà essere limitata a quelle che abbinano adattabilità ed elevata capacità di filtrazione dell aria, preferendo talvolta specie esotiche più resistenti all inquinamento di quelle autoctone. In generale le piante a foglia caduca, come Acer campestre, Acer platanoides, Acer pseudoplatanus, Alnus glutinosa, Fraxinus spp., Gingko biloba, Gleditschia triacanthos e Salix spp., sono più resistenti di quelle a foglia persistente e, tra queste ultime, le conifere sono le meno resistenti.

15 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" La messa a dimora Tutti gli accorgimenti utili per la buona riuscita della piantagione a partire dal dimensionamento delle buche alla concimazione, agli apporti irrigui, alla pacciamatura. Il trasferimento di una pianta relativamente sviluppata da un ambiente protetto come il vivaio a quello ben più difficile di destinazione è un operazione delicata da non sottovalutare. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista PLANT SETTING In the present issue,all suggestions for a successful plant setting are listed. Details on proper planting optimum soil structure and to enrich its organic matter content, whereas ground covering is useful to avoid soil compaction in crowed areas. Al momento del trapianto degli alberi, siano essi in zolla, in contenitore o a radice nuda, si deve operare in modo da ottenere una rapida rigenerazione del sistema radicale, spesso danneggiato negli alberi venduti in zolla e radice nuda. Infatti tale danneggiamento si traduce in una diminuzione dell approvvigionamento in acqua ed elementi minerali; il conseguente deperimento della pianta può avvenire subito o dopo alcuni anni. Il momento migliore L epoca per la messa a dimora delle piante deve essere stabilita in rapporto alla specie vegetale impiegata e ai fattori climatici locali. In pianura Padana per la maggior parte delle specie la piantagione deve essere preferibilmente realizzata tra ottobre e marzo: o in autunno, da quando le foglie cambiano colore o cadono fino a quando il terreno gela, oppure in primavera, prima che inizi la crescita vegetativa. La piantagione al termine dell estate o in autunno presenta il vantaggio della crescita delle radici nel suolo ancora caldo, mentre i giorni ormai più corti e le temperature moderate diminuiscono la traspirazione. Alcune specie richiedono periodi particolari per la piantagione: per le conifere si tratta della fine di agosto, per i cipressi di aprile-maggio, per le latifoglie sempreverdi quando inizia la crescita in primavera. Se si intende trapiantare nel periodo estivo bisogna ricorrere a piante adeguatamente preparate e fornite in zolla o in contenitore. Le piantagioni nella tarda primavera sono comunque da evitarsi. Le piante, infatti, già entrate in vegetazione, subiscono un grave trauma con il trapianto e dovranno essere sottoposte a frequenti e abbondanti irrigazioni. Durante il trasporto degli alberi dal vivaio è necessario prestare particolare attenzione affinché rami e corteccia non subiscano danni, mentre le zolle non debbono essiccarsi o frantumarsi a causa dei sobbalzi o del peso del carico del materiale soprastante. Le piante andranno scaricate afferrando la zolla o il contenitore e non il tronco. Il tempo intercorrente tra il prelievo delle piante in vivaio e la messa a dimora deve essere il più breve possibile, così da evitare disseccamenti o altri danni; è infatti sufficiente una breve esposizione delle radici al vento, al sole o al freddo per compromettere irreparabilmente la ripresa vegetativa e la crescita della pianta. Nel caso di sosta in attesa della piantagione è indispensabile provvedere alla protezione delle radici. Gli alberi a radice nuda di dimensione forestale vanno collocati in tagliola, che è un solco, realizzato in terreno pianeggiante e ben drenato, in cui si pongono le piante, ricoprendo le radici con terra e sabbia mantenute umide, ma non bagnate. Le piante devono essere disposte in modo che le radici siano a contatto tra loro. Per quanto riguarda le piante in zolla, quelle che non possono essere immediatamente messe a dimora si devono conservare in un luogo il più possibile ombroso, facendo in modo che il pane di terra sia ben inumidito e che sia coperto di segatura o terra.

16 Per le piante in contenitore si deve provvedere all annaffiatura e alla collocazione in luogo riparato dal sole: infatti sono sufficienti temperature del substrato di 40 C protratte per 4 ore per uccidere gli apici radicali. Buche ben proporzionate Nei terreni naturali di buona qualità, aerati, di medio impasto, per la messa a dimora è sufficiente l apertura della buca. Questa operazione deve essere sempre compiuta quando il suolo è asciutto, al fine di evitare costipamenti, che annullerebbero i benefici di una precedente buona preparazione rendendo necessari onerosi interventi di decompattamento. Non si devono mai mettere le piante a dimora quando il terreno è bagnato o gelato, in giornate ventose o molto fredde; in questi casi, anche a distanza di mesi, si possono osservare estesi disseccamenti nella parte superiore della chioma e percentuali di attecchimento molto basse. I materiali eterogenei riportati, se di buona qualità, richiedono di solito opere di decompattamento e l apporto di terreno vegetale. Nei casi in cui si opera con materiali riportati inadatti o terreni inquinati, per spandimento ad esempio di liquidi od oli, è necessario un lavoro preparatorio impegnativo, consistente nella loro asportazione, nel decompattamento del fondo messo in luce, realizzato in caso di grandi aree con l ausilio di ripuntatori, e nella posa di terreno vegetale, di solito miscelato a sabbia silicea. Per quanto concerne la profondità della buca, la piantagione troppo profonda è un importante causa di morte al trapianto. Il controllo dell altezza del colletto della pianta rispetto al livello del suolo può essere compiuto con un bastone o un assicella, considerando l abbassamento naturale che si verifica in seguito all assestamento del terreno. Il colletto dovrà trovarsi a livello del suolo o leggermente più alto. Rispetto al livello in vivaio la pianta dovrà essere alzata di 2-10 cm, in funzione della sua dimensione e del tipo di terreno. Particolare attenzione si dovrà porre nell impianto in terreni argillosi, molto frequenti in Emilia Romagna: le radici dovranno essere poste molto superficialmente, in parte affioranti, rincalzandole con terriccio organico e pacciamatura di corteccia o rami. In questo modo si eviteranno i ristagni d acqua, mentre si dovrà provvedere alla realizzazione di un impianto di irrigazione per ovviare alla siccità estiva.

17 La larghezza della buca deve essere significativamente più grande della zolla, idealmente almeno tre volte più larga. Le radici, con una rapida crescita nei primi anni dall impianto, a un ritmo che oscilla tra 1 e 5 cm la settimana, si sviluppano lateralmente soprattutto tra i 15 e i 30 cm di profondità del suolo. Bisogna prestare attenzione alle buche di piantagione scavate meccanicamente: sia che siano realizzate con una trivella o con una pala meccanica, ci si deve assicurare che le pareti della buca siano smosse e lavorate. Soprattutto nei terreni argillosi gli scavatori meccanici hanno infatti la tendenza a produrre delle pareti lisce e compattate, nelle quali le radici si svilupperebbero in circolo, come se fossero ancora in un contenitore. Come collocare la pianta Quando si ricorre ad alberi a radice nuda, impiegati principalmente per interventi di rinaturalizzazione, è necessario eseguire una potatura dell apparato radicale volta a eliminare le radici secche o rovinate, recidendole immediatamente al di sopra del punto danneggiato. Quindi si sistemeranno accuratamente le radici nella buca e si procederà a una leggera potatura dell apparato aereo al fine di riequilibrare la parte aerea rispetto a quella ipogea, mutilata al momento dell espianto in vivaio. Si tratta di un leggero taglio dei rami, realizzato salvaguardando la forma dell albero e in primo luogo la freccia. Questa potatura riguarda principalmente le branche della parte superiore della chioma, rispettando quelle più basse che ombreggeranno il tronco. In questa occasione è possibile provvedere alla correzione di piccole imperfezioni, come l asportazione di un ramo codominante. È possibile anche attendere l anno successivo all impianto per compiere questa modesta potatura, eliminando così anche gli eventuali rami secchi. La potatura deve essere anche proporzionata alla disponibilità di acqua per la pianta, essendo tanto più severa quando più questa è limitata. Nel caso di trapianto con zolla - il sistema più utilizzato per gli alberi destinati a formare parchi e giardini - è preferibile eliminare le protezioni di questa, come la rete metallica o le tele, anche se si provoca un leggero sgretolamento della zolla stessa. Una simile precauzione consente infatti un migliore contatto col substrato ed evita il rischio di strozzature delle radici a causa di reti metalliche a lenta degradazione. Se questo non è possibile si devono tagliare le corde che fasciano la zolla, per impedire alle radici di girare in circolo, ripiegando poi verso il basso i lembi superiori della tela di imballaggio. Per quanto concerne le piante coltivate nei contenitori, questi ultimi devono essere asportati al momento della messa a dimora, anche se sono biodegradabili, mentre si devono tagliare tutte le radici che girano in circolo nella parte esterna e che altrimenti continuerebbe a svilupparsi a spirale e si evolverebbero in radici strozzanti, vale a dire radici che avvolgono la base dell albero o altre radici, impedendone l accrescimento e ostacolando la traslocazione di acqua ed elementi nutritivi. Queste radici, particolarmente frequenti in Acer platanoides, Acer saccharum, Acer rubrum trapiantati in zolla, costituiscono una delle principali cause di perdita di stabilità degli alberi. Un altra causa predisponente la formazione di radici strozzanti è la piantagione troppo profonda. Fondamentale nell operazione di trapianto delle piante allevate in contenitore è favorire il contatto delle radici con il terreno. Il principio base dello sviluppo delle radici è che esse cresceranno dove l ambiente è più favorevole. I substrati dei contenitori sono generalmente delle miscele molto leggere e porose, le radici tendono quindi a rimanere al loro interno senza svilupparsi nel terreno circostante. Per attenuare il problema, la zolla delle radici dovrebbe essere rotta fino a esporre alcune radici all esterno e disperdere parte del substrato nella buca d impianto. Al momento della messa a dimora è necessario eliminare tutte le radici rovinate, mal orientate o dalla cattiva conformazione, in grado di nuocere allo sviluppo delle altre radici. L albero messo a dimora deve essere verticale e deve avere lo stesso orientamento rispetto al sole che aveva in vivaio, prestando attenzione affinché la parte della chioma con le branche più basse sia posta verso il lato dove minori sono le attività umane, così da ridurre il ricorso a future potature. Nelle aree ventose il lato della chioma con la maggiore quantità di branche andrà rivolto verso la direzione da cui proviene il vento dominante. Qualora non esistano fattori determinanti l orientamento, di solito si

18 preferisce collocare la parte della chioma meno sviluppata verso il lato colpito dal sole di mezzogiorno, così da favorirne una più rapida crescita. Il riempimento della buca deve essere eseguito con gradualità, in modo da non lasciare sacche d aria e avendo cura che il terreno aderisca bene alla zolla anche nella sua parte inferiore. Allo scopo è consigliabile stabilizzare il terreno, innaffiando con circa 40 litri d acqua. Non bisogna comprimere il terreno con i piedi attorno alla base della pianta, poiché un eccessivo compattamento ostacola la crescita delle radici. Nei primi anni di impianto occorre controllare l assestamento del terreno, ricorrendo a eventuali riporti. La tessitura del terreno presente nella buca deve essere simile a quella del terreno circostante per non incorrere in problemi di deflusso dell acqua. Apporti nutritivi e idrici La concimazione all impianto deve essere eseguita essenzialmente con concimi organici, quali il letame bovino maturo o ultramaturo. In tal modo, oltre ad aumentare il contenuto in sostanza organica del terreno, si apportano tutti gli elementi nutritivi indispensabili, che si renderanno gradualmente disponibili per l albero, e si aumenta di microrganismi la rizosfera, favorendo l instaurarsi di simbiosi, dette micorrize, tra le radici degli alberi e le ife fungine. Queste ultime, che rappresentano un ampliamento funzionale delle radici, sono dotate di una elevata efficienza nell assorbimento di alcuni elementi minerali, come l azoto e il fosforo, e paiono in grado di proteggere l apparato radicale da varie fitopatie, come per esempio gli attacchi di Phytophthora spp., di aumentarne la tolleranza alla siccità, nonché di accrescere la resistenza delle piante agli stress. Recenti studi stanno dimostrando la capacità di alcuni batteri dei generi Azospirillum, Pseudomonas e Rhizobium di associarsi alle micorrize, contrastando tra l altro la diffusione di alcuni patogeni vegetali. Inoltre la fertilizzazione organica provoca nel tempo un accumulo di carbonio nel terreno, contribuendo in tal modo alla sottrazione di anidride carbonica dall atmosfera. L apporto di concimi chimici deve essere limitato, in quanto essi devono sopperire ai fabbisogni dell albero soltanto per i primi mesi, fino a quando cioè le nuove radici, crescendo nel substrato, saranno in grado di assorbire gli elementi nutritivi rilasciati dal concime organico. Per quanto riguarda in particolare le concimazioni con azoto, queste, se troppo abbondanti, favoriscono notevolmente la crescita dell albero, ma anche l attacco di numerosi parassiti, come gli afidi, e l avanzamento delle carie del legno. Nel caso di piantagione con alberi di dimensione forestale su terreni ben dotati in elementi minerali, un eccessiva concimazione riduce la riuscita dell impianto stesso, soprattutto se realizzato senza pacciamatura, in quanto stimola la competizione erbacea. La quantità di acqua assorbita al giorno da un albero varia in funzione di molti fattori, entro valori di litri, e il 99% di essa è restituita all atmosfera sotto forma di vapore. L irrigazione è indispensabile dopo la messa a dimora e deve essere costante nei primi anni di impianto: secondo alcuni Autori questo è il fattore che influisce di più sull attecchimento delle piante. Si deve soprattutto evitare che la zolla si asciughi in superficie, poiché la riumidificazione è difficile e le possibilità di sopravvivenza della pianta sono minori. Solitamente si ricorre alla distribuzione localizzata con impianti a goccia oppure, al fine di ridurre ulteriormente il consumo idrico e in ambiente urbano gli atti vandalici, alla subirrigazione. Qualora non si disponga di un impianto di irrigazione fisso è importante creare una conca, chiamata tazza o tornello, rincalzando il terreno di 5-10 cm attorno al bordo della buca, in modo da creare una riserva d acqua quando si irriga. La velocità di infiltrazione dell acqua nei suoli argillosi è così lenta che gran parte dell acqua scorre via prima di bagnare il terreno; le piante nei terreni argillosi dovranno perciò ricevere l acqua molto lentamente e di rado, ma in elevata quantità. All opposto, i terreni sabbiosi dovranno essere irrigati frequentemente poiché l acqua si allontana rapidamente. Molto utile la pacciamatura organica Nel caso di specie dalla corteccia sottile e fragile, sensibile alle ustioni da parte del sole è necessaria, soprattutto se non è presente un impianto di irrigazione, la protezione del tronco con tela di iuta, che andrà conservata per i due anni successivi all impianto. Alcune specie per cui questa operazione è indispensabile sono, per esempio, Acer pseudoplatanus, Aesculus hippocastanum, Liriodendron

19 tulipifera, Prunus avium, Tilia cordata, Tilia platyphyllos. Molto utile è pacciamare la superficie del suolo con materiali organici, come il cippato o la corteccia macinata, per ridurre il pericolo degli stress da calore e da umidità. Strati di cm di spessore, ad assestamento avvenuto, servono anche a contenere le infestazioni delle malerbe. Uno spessore eccessivo del materiale organico, vale a dire superiore a 15 cm, può invece causare danni alla pianta, in quanto si può avere una ritenzione di umidità a contatto del tronco, che può favorire gli attacchi di Phytophthora spp., poiché lo strato organico può ospitare roditori durante il periodo invernale, che danneggiano la corteccia dei giovani alberi, e si riducono gli scambi gassosi tra atmosfera e terreno. Un eccessivo apporto di pacciamatura inibisce inoltre l instaurarsi delle micorrize. È buona regola quindi mantenere scostata dal colletto della pianta la pacciamatura organica di alcuni centimetri e distribuirla più in larghezza che in altezza, idealmente interessando un diametro intorno all albero di almeno un metro. A causa della decomposizione ogni anno è opportuno reintegrare questo tipo di pacciamatura, apportando così anche preziosa sostanza organica al terreno. Il processo di decomposizione richiede tuttavia azoto, di cui questi materiali sono poveri, che andrà perciò distribuito in maggiori quantità. È possibile anche pacciamare il terreno alla base degli alberi con film plastico. Questo materiale, oltre ad avere un impatto visivo non gradevole, deve essere smaltito in discarica, quando, dopo un periodo di 3-5 anni dalla posa in opera, termina la propria funzione, così da consentire la crescita di eventuali polloni sulla fila e di permettere la disseminazione naturale delle piante. A differenza del tessuto non tessuto e dei geotessuti in fibre naturali, che sono senz altro da preferire, sotto la pacciamatura con film plastici il terreno rimane asciutto, la temperatura può raggiungere livelli eccessivi e il pericolo di gelate sulla parte epigea delle piante aumenta. Precauzioni per i grandi esemplari Il trapianto dei grandi alberi che sarebbero destinati all abbattimento è un operazione complessa e onerosa, dai risultati non sempre soddisfacenti. Per poter essere trapiantati gli alberi si devono trovare in buone condizioni fitosanitarie, in particolare non devono essere presenti lesioni significative, carpofori o sintomi di deperimento. Secondo alcuni Autori gli alberi trapiantabili hanno una circonferenza massima, a un metro di altezza, di 70 cm, cui corrisponde un diametro della zolla oscillante tra 150 e 250 cm. Al di sopra di tale circonferenza i risultati paiono essere molto aleatori, in particolare per alcune specie, come per esempio Acer negundo e Sophora japonica. Al fine di aumentare le probabilità di riuscita di questa operazione, la preparazione dell albero dovrebbe iniziare due o tre anni prima mediante i seguenti accorgimenti: la formazione di circa il 50% della zolla e la collocazione di un substrato ricco in sostanza organica nella zona di taglio, così da favorire la formazione di nuove radici; la potatura di riduzione della chioma proporzionata alla perdita di apparato radicale. Dopo il trapianto è indispensabile compiere un accurata potatura, che riequilibri l ampiezza della chioma con la dimensione dell apparato radicale e assicurare un solido tutoraggio per evitare movimenti che rompano le giovani radici che iniziano a crescere fuori dalla zolla. L irrigazione, che deve essere abbondante e continua almeno per i primi tre anni, è l operazione più delicata per garantire una buona ripresa delle piante, in quanto assicura continuità nella circolazione della linfa, evitando così i disseccamenti della chioma. La mortalità dei grandi alberi trapiantati si verifica di solito al secondo e terzo anno, dopo che questi hanno consumato le sostanze di riserva immagazzinate.

20 Un sostegno necessario TERRATI L ancoraggio delle piante mediante pali tutori - o recentemente tramite sostegni nella zona radicale - garantisce un attecchimento più sicuro e una protezione nei confronti di atti andalici e di agenti atmosferici. L ancoraggio dell albero con pali tutori è un importante operazione, dalla quale può dipendere in buona misura il risultato dell impianto arboreo. Con l ancoraggio è infatti garantito il regolare accrescimento dell apparato radicale, facendo così in modo che le nuove radici, poco elastiche e molto delicate, non subiscano rotture nella fase del radicamento, con la conseguente interruzione dell attività di assorbimento. L ancoraggio impedisce inoltre lo sradicamento delle piante ad opera degli agenti atmosferici. Non è tuttavia indispensabile ricorrere al palo tutore per molti alberi, come numerose conifere, i cui rami toccano il suolo; si tratta in genere di piante messe a dimora quando ancora sono di piccole dimensioni e con la zolla di grandezza adeguata a mantenere verticale la parte epigea. L ancoraggio deve avere una struttura appropriata al tipo di pianta, capace di contrastare le forze meccaniche esercitate dagli agenti atmosferici o da urti e atti vandalici. Nel caso dell utilizzo di un solo palo la pianta può essere facilmente spinta dal vento contro di esso. Migliore è il ricorso a due o tre supporti, che consente anche una protezione dal traffico veicolare e pedonale. Il sostegno con quattro pali è di solito riservato ai parcheggi, avendo cura di seguire le linee delle aree di sosta, in modo che i conducenti possano vedere sempre due pali verticali davanti a loro. È necessario porre i pali tutori nella buca subito dopo la zolla, attorno ad essa e senza romperla, approfondendoli di cm, vale a dire fino a raggiungere il terreno originario. La distanza tra tronco e tutori deve essere di almeno 40 cm, così da evitare sfregamenti in seguito ai piccoli movimenti dell albero. L ancoraggio deve essere inoltre tale da lasciare i 2/3 della chioma liberi di piegarsi sotto l azione del vento; in caso contrario in corrispondenza della legatura si possono verificare rotture del tronco o gravi deformazioni. I pali tutori devono avere un altezza e un diametro adeguati a quelli del fusto dell albero, generalmente di 8-10 cm. I pali possono essere in legno di castagno, di robinia o di altra specie a legno forte ed essere interamente scortecciati e trattati almeno nel primo metro, a partire dalla punta, con sostanze ad effetto imputrescibile. I pali in pino silvestre possono essere impregnati in autoclave sottovuoto a pressione con sali di protezione antimuffa e antimarciume di lunga durata, in modo da poterli riutilizzare. Legature delicate o addirittura assenti Le legature possono essere realizzate con fasce di filo di cocco, in gomma o in apposito materiale plastico, mentre si deve evitare di impiegare le corde sottili e le guaine di cavi elettrici che possono causare strozzature. I materiali impiegati per la legatura devono durare almeno due o tre periodi vegetativi e devono conservare la propria elasticità. Al fine di evitare ferite al fusto, il legaccio deve essere controllato periodicamente e rimosso almeno una volta all anno, rifacendo la legatura in posizione diversa dal precedente punto di contatto con la pianta. Le legature devono inoltre consentire alle piante di seguire l assestamento del terreno, evitando che queste restino appese al tutore, pur conservando la resistenza alle sollecitazioni. Da alcuni anni si stanno diffondendo anche in Italia i sostegni a livello della zolla radicale. Questo metodo, adatto soltanto agli alberi trapiantati con una zolla di grandi dimensioni, consiste nell infiggere nel terreno per circa un metro di profondità tre pali in legno del diametro di cm, mentre sopra la zolla si posano orizzontalmente dei tondi di legno della stessa dimensione, distanti circa 10 cm dal colletto, che devono essere avvitati ai pali verticali. Ad assestamento avvenuto, i pali verticali devono essere ribattuti in profondità. Il principale vantaggio di questo metodo di sostegno consiste nel mancato danneggiamento del tronco dell albero, sia per la impossibilità di tutoraggi errati sia per lo spostamento del fulcro dal tronco al colletto. Bisogna lasciare in opera l ancoraggio delle piante almeno per i due anni vegetativi seguenti la piantagione. I pali possono essere mantenuti più a lungo se si vogliono proteggere gli alberi dai frequentatori dell area verde o dagli autoveicoli.

21 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" POTATURE? Limitate ed equilibrate Gli interventi cesori, circoscritti il più possibile alla fase di allevamento, vanno programmati sulla base di obiettivi chiari e nel rispetto di un corretto rapporto tra massa fogliare e legnosa. Senza dimenticare che ogni taglio è un trauma per la pianta, nonché una possibile via di penetrazione per i parassiti. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista PROPER PRUNING Potentially, pruning affects tree size and leaf development almost more than soil and climatic conditions. Indeed, as pruning is always traumatic for the plant and can be an infection route for parasite penetration, it has to be limited as much as possible to development phases, to be planned according to the final target and to be scheduled considering the proper crown and wood ratio. In order to reduce tree aging, different pruning techniques can be used for mature trees, according to the target, which can be dead branch removal, shaping as well as reduction and renewal of the crown. Fin dall impianto la potatura deve essere realizzata avendo ben chiari gli obiettivi che si intendono raggiungere e considerando che, se essa è eccessiva, si causerà la perdita di equilibrio da parte della pianta, costringendo a compiere negli anni successivi un impegnativa potatura di ricostituzione dello scheletro. La potatura ha un tale effetto sulla dimensione dell albero e sull entità della superficie fogliare, che potenzialmente supera l influenza delle caratteristiche pedoclimatiche. Dalla nascita alla morte dell albero si assiste a un progressivo aumento percentuale della quantità di legno rispetto alle foglie, in proporzione cioè l attività fotosintetica è sempre meno importante rispetto alla struttura legnosa della pianta. Considerazioni analoghe si possono fare relativamente alla parte radicale dell albero. Perché evitare le potature severe La riduzione della superficie fogliare si traduce in una minore disponibilità di nutrienti per le radici e le altre parti dell albero. L esposizione frequente della corteccia dei rami più interni alla luce diretta del sole può provocarne il surriscaldamento con conseguente necrosi dei tessuti. Il taglio dei rami si traduce in un abbondante produzione di germogli inseriti debolmente che, col tempo, possono divenire pericolosi. Il legno dei monconi rilasciati dopo il taglio risulta vulnerabile all attacco dei funghi patogeni, poiché i monconi sono incapaci di produrre barriere chimiche di difesa o di ricoprire completamente la ferita. La perdita della parte superiore della chioma porta l albero a raddrizzare le giovani branche rimaste o a costituire dei ricacci verticali, con la conseguente formazione di biforcazioni assurgenti e codominanti, che presentano spesso alla inserzione della corteccia inclusa. Gli errori più frequenti Eliminando una buona quantità dei rami più giovani, quando l albero è nella fase giovanile, si sopprimono molte foglie, ma il rapporto tra foglie e legno resta a favore delle foglie; se invece si sopprimono troppe foglie quando l albero è maturo, si diminuisce una percentuale di foglie già bassa, accelerando il deperimento progressivo dell albero. Le sostanze di riserva sono accumulate dall albero nelle radici, nel tronco, nelle branche e nei rami. Una potatura severa asporta quindi molte sostanze di riserva immagazzinate e riduce la capacità della pianta di produrne di nuove, mediante la fotosintesi, e di accumularle. Di conseguenza una potatura non dovrebbe comportare l asportazione di oltre il 25% delle ramificazioni vive. Molto spesso si assiste a severe potature,

22 consistenti in sbrancature e capitozzature eseguite a intervalli di tempo regolari, con lo scopo di mantenere l albero entro lo spazio assegnato. Un altra causa di irrazionali potature è rappresentata dal timore degli schianti o ribaltamenti degli alberi ad opera del vento poiché si vedono questi piegarsi, anche in modo molto appariscente, sotto la sua azione, non considerando che è proprio la capacità di ridurre la superficie trasversale della chioma rispetto alla direzione del vento, realizzata piegando le ramificazioni lungo il verso della corrente, che consente agli alberi di diminuire la possibilità che si verifichino dei danni. Un albero sottoposto a una corretta potatura di allevamento richiede successivamente soltanto limitati interventi cesori, che divengono impegnativi solo in casi particolari come la ricerca di una forma o di un volume particolari. I tagli di grandi dimensioni sono sempre da considerare eventi eccezionali; quando possibile a detti tagli si devono preferire quelli meno traumatici per l albero e si deve ogni volta prevedere un intervento di ricostituzione della chioma. In sintesi i motivi per i quali sono da evitarsi le capitozzature e le potature molto severe sono indicati in alto. I danni provocati dalle potature errate sono più gravi per gli alberi posti a dimora molto ravvicinati tra loro, dato che le patologie di un individuo possono trasferirsi ad altri esemplari grazie alle anastomosi radicali. Modalità del taglio La capacità dell albero di reagire alle potature è determinata dalle caratteristiche genetiche della specie e del singolo individuo, oltre che dalle sue condizioni vegetative e sanitarie complessive. Gli alberi generano a ogni stagione vegetativa nuove cellule in posizioni spazialmente diverse, riuscendo in tal modo a isolare al proprio interno danni e attacchi parassitari: le piante non sono in grado infatti di riparare, ma solo di isolare i danni, mediante una compartimentazione, sistemando nuove cellule in diversa posizione e generando un nuovo albero sul vecchio. La ferita prodotta in seguito al taglio può essere inoltre ricoperta dal callo di cicatrizzazione, il quale però può solo limitare ulteriori possibilità di aggressione da parte dei patogeni. Per potare in modo corretto è indispensabile individuare la corteccia del colletto del ramo, presente nel punto d inserzione del ramo nel tronco, che si forma in quanto il cambio del tronco e dei rami producono una grande quantità di legno verso la parte interna, respingendosi così verso l esterno. Il punto in cui compiere il taglio di potatura è lungo il piano che collega la parte posta immediatamente all esterno della corteccia del colletto del ramo e l estremità superiore del collare del ramo. Un ruolo importante per la buona riuscita della potatura è rappresentato dal tipo di attrezzo utilizzato e dalle condizioni in cui questo si trova. La migliore superficie di taglio è ottenuta con le cesoie, mentre i seghetti e le motoseghe lasciano spesso nella parte inferiore di questa delle sfilacciature. Usando il pennato e l accetta si provocano frequentemente scosciature o lesioni, profonde alcuni centimetri, nel ramo rilasciato o nel tronco. Gli attrezzi devono essere mantenuti sempre ben affilati e, quando necessario, devono essere anche disinfettati, preferibilmente con ipoclorito di sodio. La scelta del periodo dell anno in cui compiere la potatura è importante. In generale il periodo migliore per compiere la potatura è la fine dell inverno, quando ormai il pericolo di repentini abbassamenti di temperatura è terminato. Per le latifoglie i periodi critici annuali, in cui è consigliabile non potare, sono due: la fase di emissione delle foglie, in cui l albero eroga grandi energie, e l abscissione autunnale delle stesse, in cui la fase di sporulazione di molte crittogame è elevata. Per gli alberi sempreverdi non esiste un periodo preciso in cui eseguire gli interventi di potatura, tuttavia alcune conifere, come per esempio Cedrus atlantica, rispondono meglio alla potatura se è

23 compiuta in primavera, mentre la potatura estiva è particolarmente indicata per Thuja spp. e Cupressus spp., il cui sviluppo è più accentuato nei mesi estivi, consentendo così di ricoprire rapidamente i tagli effettuati. Durante la fase di allevamento La cimatura, che consiste nell asportare l apice dei germogli, è uno dei più importanti interventi di potatura verde. Questa operazione, con cui si annulla la dominanza dell apice vegetativo nei confronti delle gemme laterali, è molto delicata, essendo attuata su organi in via di accrescimento e, quindi, fisiologicamente instabili. Se praticata correttamente, vale a dire nel mese di maggio e nelle prime due decadi di giugno, determina un arresto temporaneo della crescita, mentre le gemme laterali dei germogli cimati divengono pronte e danno origine a getti anticipati, i quali, se cimati a loro volta, possono formare nuovi getti anticipati. La potatura prima del trasporto delle piante a destinazione va limitata alla recisione dei rami che possono interferire con le operazioni di estirpazione in vivaio, carico su camion e trasporto. I rami in eccesso proteggono infatti i rami da rilasciare durante tutte queste operazioni e anche nel corso della successiva messa a dimora. La potatura di allevamento ha inizio alla piantagione e ha lo scopo principale di aiutare l albero ad assumere una forma equilibrata. Questa potatura naturalmente ha successo se si hanno a disposizione piante di buona qualità, dalla chioma equilibrata e rispondenti all obiettivo finale prefissato. La potatura di messa a dimora vera e propria riguarda innanzitutto i rami spezzati o gravemente danneggiati durante il trasporto e la piantagione, e il diradamento dei rami codominanti, concresciuti o sovrapposti. La formazione di ramificazioni codominanti è più frequente nel caso delle specie con le gemme a disposizione decussata, come per esempio Acer spp. e Fraxinus spp. Un modesto diradamento della porzione superiore della chioma è utile se si deve diminuire la resistenza al vento o il peso di una parte della pianta, consentendone il raddrizzamento. L unico motivo che giustifica la rimozione di altro fogliame riguarda la riduzione della traspirazione: se una pianta ha troppo fogliame rispetto alle radici può infatti perdere più acqua di quella che è in grado di assorbire, soprattutto se manca un impianto di irrigazione. In genere si considera che con la potatura di messa a dimora sia possibile ridurre la superficie fogliare di molte specie fino a un quarto del totale senza avere effetti negativi. Una potatura troppo severa può annullare la dominanza apicale, già modesta per esempio in Juglans regia, facendo sviluppare rami in eccesso. Nella fase di allevamento, come anche in seguito, si deve operare con la tecnica del taglio di ritorno, vale a dire con un raccorciamento del ramo immediatamente al di sopra di un altro ramo che possa continuare la crescita. L altra modalità di taglio utilizzabile è il diradamento, vale a dire la completa asportazione del ramo. Operando in quest ultimo modo si può provocare un apprezzabile riduzione della superficie fogliare della pianta, senza tuttavia avere una consistente diminuzione della dimensione della stessa.

24 Un caso particolare di potatura di allevamento riguarda le conifere dalla chioma compatta. Queste sono di solito sottoposte in vivaio a una severa potatura, che le fa apparire ben proporzionate al mento dell acquisto, senza la quale le nuove branche crescerebbero più spaziate, ottenendo così una pianta sproporzionata. Dopo il trapianto e la messa a dimora, per qualche anno l albero non cresce molto e, di conseguenza, non reagisce neppure alla potatura. Finché non si registrerà una buona crescita annua, oscillante in genere tra 50 cm e 1 m,a seconda delle specie,è quindi inutile intervenire con la potatura allo scopo di ristrutturare la pianta. Asportazione e raccorciamento delle branche Un elemento molto importante per l ottenimento di uno scheletro armonico è dato dalla selezione delle branche. Questa scelta va compiuta in funzione della conformazione delle branche, del loro orientamento e vigore, nonché della forma che si desidera ottenere. Una corretta potatura di allevamento, che abbia come principale obiettivo il conseguimento di uno scheletro robusto, programmata per un periodo non inferiore a 25 anni a partire dall impianto, è uno dei principali modi per limitare futuri rischi di schianto: la presenza di branche codominanti oppure di più branche primarie inserite nello stesso punto del tronco o aventi una cattiva inserzione, predispone l albero per tutta la durata della sua vita a possibili rotture. Le branche da recidere sono quelle dall angolo di inserzione troppo stretto, in favore delle branche che formano con il tronco un angolo più aperto, e le branche mal orientate, dalla crescita verticale, tanto verso l alto che verso il basso, incrociantesi con le altre branche e che sono causa di sfregamenti o di pericolo di rotture. Egualmente da eliminare sono le branche troppo ravvicinate o in soprannumero, che ostacolano lo sviluppo delle loro vicine e che impediscono alla luce di penetrare all interno della chioma dell albero. In ogni caso è da preferirsi l asportazione di molte piccole branche e ramificazioni, piuttosto che di un numero limitato di branche di grandi dimensioni, dato che si ottiene un rapido ricoprimento delle ferite, si limita il pericolo di alterazione del legno sottostante, si conserva una forma dell albero più naturale e si induce la pianta a formare un minor numero di succhioni. Le branche selezionate possono richiedere un intervento di riequilibrio del reciproco vigore. Generalmente si ritiene infatti che le branche primarie non debbano superare in diametro la metà del tronco. Lo stesso rapporto deve esistere tra le branche di ordine successivo. L operazione consiste in un raccorciamento del 15-25% della branca, compiuto con la tecnica del taglio di ritorno, scegliendo il ramo rilasciato così da conservare la direzione iniziale di crescita. D altra parte una tale modalità di taglio consente anche l operazione contraria: la correzione di un indesiderata direzione di crescita di una branca. Il raccorciamento delle branche si può rendere inoltre necessario per ottenere la forma caratteristica della specie. Questi tagli hanno come conseguenza la formazione di molti rami secondari, che saranno diradati dopo 3-4 anni, quando sarà possibile valutarne appieno la qualità, così da consentire il passaggio dell aria nella chioma e la creazione di uno scheletro ben conformato. La potatura di allevamento può anche rendersi necessaria per adattare l albero alle esigenze della circolazione stradale. Una funzione importante di questa potatura è di permettere l elevazione della chioma all altezza desiderata, mediante la soppressione progressiva e regolare delle branche più basse dell albero. La regola generale è quella di eliminare le branche non oltre il terzo inferiore della chioma, limitandosi ai tagli di formazione nei restanti due terzi: questo per lasciare all albero un volume di branche sufficiente ad assicurarne una regolare crescita in diametro e volume e per non trasferire un peso eccessivo alla parte superiore della chioma, che è stimolata a crescere. Interventi sugli individui adulti Per quanto riguarda gli alberi adulti, raramente nella pratica quotidiana si compie un solo tipo di potatura, comunque per finalità eminentemente descrittive, le modalità di potatura possono essere distinte nei seguenti principali tipi.

25 Rimonda del secco. La rimonda consiste nell eliminazione di rami e monconi morti, mortificati, ammalati e nella rimozione delle formazioni fungine e dei detriti nelle biforcazioni. Si deve provvedere a togliere tiranti e pezzi di ferro che iniziano a essere inglobati nel legno, porgendo particolare attenzione a non ledere i tessuti. La rimonda si rivela un operazione propedeutica a tutte le restanti, indispensabile sia per la sicurezza dei fruitori dell area prossima all albero, sia per assicurare le migliori condizioni sanitarie. Mantenimento. La potatura di mantenimento di un albero sottoposto a una corretta potatura di allevamento richiede limitati interventi cesori, che divengono impegnativi solo in casi particolari, in primo luogo determinati dalla ricerca di una particolare forma o volume. Tale potatura di mantenimento si basa solo su diradamento e raccorciamento di rami di piccole dimensioni, eseguito quest ultimo con la tecnica del taglio di ritorno, mentre i tagli di grandi dimensioni devono essere considerati eccezionali. Il mantenimento del volume e della forma imposti a un albero richiede la soppressione dei germogli prodotti ogni anno. In seguito alla ripetuta esecuzione di questa operazione, sempre allo stesso punto del ramo, si ha la formazione di un ingrossamento, denominato testa di salice. Il motivo è da addursi alla moltiplicazione dei calli di cicatrizzazione. Quando questa operazione è compiuta a cadenza annuale, tagliando senza il rilascio di monconi e senza ledere la testa di salice che si viene formando,il principale inconveniente è unicamente estetico. D altra parte se il taglio annuo non avviene sempre nello stesso punto,ma è spostato ogni volta alcuni centimetri verso l estremità del ramo, non si ha più la formazione della testa di salice. Riduzione e modellazione della chioma. Questa modalità di potatura riguarda alberi che hanno assunto uno sviluppo eccessivo in relazione allo spazio disponibile. Qualora la riduzione della chioma sia eseguita ogni 2-3 anni, si creano superfici di taglio relativamente piccole, che cicatrizzano facilmente. L intervento consiste nel diradamento dei rami e nel raccorciamento delle branche e dei rami fino ad un punto in attività di crescita, con la tecnica del taglio di ritorno. La scelta della posizione in cui raccorciare la branca e le modalità di selezione dei rami sono importanti al fine di mantenere uno scheletro equilibrato e di impartire una forma naturale all albero. Quando la riduzione è compiuta con ripetuti tagli, eseguiti sempre allo stesso punto, si ha la formazione di teste di salice, su cui si origina un gran numero di ricacci, che causano un elevato ombreggiamento. Questi devono essere diradati senza lasciare monconi, che possono provocare alterazioni del legno. L eliminazione delle teste di salice è una operazione generalmente da sconsigliarsi, per le grandi ferite che causa. Nel caso in cui sia indispensabile, a questa deve seguire una potatura di ristrutturazione della chioma. Non tutte le specie possono essere sottoposte a riduzione della chioma, in particolare se in fase di senescenza o deperienti. Ristrutturazione o rinnovo della chioma. La ristrutturazione riguarda la ricostituzione dello scheletro di alberi spesso precedentemente capitozzati, come accade frequentemente per le alberate stradali. Si tratta di un intervento indispensabile se si vuole che la pianta ritrovi rapidamente una forma equilibrata e dall aspetto più naturale. La ristrutturazione consente altresì di adattare la chioma alla situazione in cui l albero si trova, anche per evitare in futuro nuovi traumatici interventi di potatura. Gli alberi vigorosi sviluppano, in seguito alla capitozzatura, una chioma molto alta, con numerose branche ascendenti, vicine e in concorrenza tra loro. Queste sono spesso male inserite sul tronco o sulle branche primarie, a loro volta frequentemente colpite dalla carie. Si tende quindi a eliminare all inserzione le branche e i rami in soprannumero, mediante un diradamento che interessa circa la metà delle formazioni presenti. L intervento deve essere perciò ripetuto più volte nel tempo, a intervalli di alcuni anni, fino a ottenere la densità desiderata. Solitamente si rende necessario anche abbassare l altezza dell albero; si deve avere allora la possibilità di utilizzare una branca, dall età non troppo avanzata, come cima di sostituzione. La riduzione va realizzata ricorrendo alla tecnica del taglio di ritorno; i rami rilasciati devono essere raccorciati avendo cura di indirizzare la crescita di tutte le ramificazioni verso l esterno, ad eccezione della migliore che costituirà la nuova freccia.

26 È spesso necessario eliminare zone cariate, per garantire l incolumità delle persone. In relazione a questa esigenza si deve verificare l effettiva stabilità della pianta ed, eventualmente, deciderne l abbattimento. Interventi di ristrutturazione della chioma interessano spesso piante rimaste isolate, in seguito all abbattimento delle vicine. La chioma va riequilibrata, tanto in altezza che in larghezza, ricorrendo soprattutto al taglio di ritorno. Ostacolo della senescenza. Gli alberi nella fase di senescenza presentano la nuova vegetazione concentrata all estremità delle branche. Quando il vigore dell albero declina, il numero relativamente ridotto di foglie non è in grado di alimentare la considerevole quantità di legno accumulato nel corso dell esistenza. La rottura dell equilibrio è probabilmente da ricercarsi nel fatto che l apparato radicale è soggetto a un declino costante. L albero in questo stadio utilizza una quantità crescente delle insufficienti sostanze che elabora, non più per la crescita, ma per alimentare il legno del tronco e delle branche e per sostenere il peso dei rami posti all estremità delle branche. Questa modalità di crescita prende il nome di crescita terminale. In tal modo le branche, soprattutto se con difetti strutturali interni,si spezzano con facilità,provocando ferite da cui possono facilmente penetrare nell albero microrganismi patogeni. Inoltre le piante molto vigorose,per l elevato peso che hanno raggiunto le branche, possono subire rotture più facilmente di quelle poco vigorose. In questa fase la potatura si rivela perciò essenziale soprattutto per la sicurezza meccanica. La potatura deve essere quindi rivolta ad alleggerire del peso le branche e inoltre, consentendo alla luce di penetrare all interno della chioma, deve favorire l instaurarsi di un efficiente superficie fotosintetica anche all interno di quest ultima. Anche la pianta si difende Il modello denominato Codit individua le seguenti reazioni di difesa messe in atto dall albero. Prima fase La pianta attiva la cosiddetta zona di reazione ossia irrobustisce le barriere anatomiche già presenti: - la barriera 1 resiste, senza bloccarla, alla diffusione verticale dei patogeni; - la barriera 2 oppone resistenza ai microrganismi tangenzialmente verso l interno; - la barriera 3 offre resistenza al diffondersi laterale. Seconda fase Sono prodotte nuove cellule dal cambio rimasto vivo dopo il taglio o il trauma, che vanno a formare la barriera zonale, in grado di separare il legno presente all epoca del taglio e della seguente infezione, dal legno nuovo tendenzialmente sano. Lesioni della zona di barriera consentono ai patogeni di penetrare nel nuovo legno sano. La barriera zonale varia di spessore da pochi a circa 50 strati di cellule parenchimatiche assiali, vive e con pareti suberificate.

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28 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" Interventi di manutenzione La difesa fitosanitaria è una pratica frequentemente necessaria, che va attuata salvaguardando i meccanismi naturali di contenimento dei parassiti e prevedendo, ove indicato, il ricorso alle moderne tecniche di distribuzione dei principi attivi, come l endoterapia. Altro aspetto di fondamentale importanza è la scelta del tipo di rivestimento della superficie sottochioma, che influenza direttamente l attività dell apparato radicale. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista PLANT PROTECTION TREATMENTS Plant protection treatments, which are almost always necessary, have to be performed respecting the natural defence mechanisms against parasites and preferring, when it is possible,the modern treatments techniques, such as the endotherapy. Also the choice of the proper kind of grass mixture is important, as it affects root development: controlled grassing seems to be the best solution to maintain optimum soil structure and to enrich its organic matter content, whereas ground covering is useful to avoid soil compaction in crowed areas. Per quanto riguarda la lotta alle principali avversità, la tempestiva individuazione della presenza del parassita è alla base di un razionale programma di difesa. Le moderne tecniche di difesa fitosanitaria prevedono il ricorso alla lotta biologica. Questa si basa sull antagonismo tra organismi, in particolare tra specie fitofaghe e specie predatrici e parassite, ma anche sull impiego, per esempio, di ormoni e tossine. Nel caso in cui essa non sia applicabile, si deve fare riferimento alla lotta integrata, vale a dire all impiego, oltre che dei mezzi chimici, anche di quelli fisici e agronomici, in quanto l uso non corretto di antiparassitari crea notevoli problemi, quali la selezione di specie parassite resistenti, la riduzione, fino alla scomparsa, del controllo biologico naturale e l inquinamento dell ambiente. Superata la difesaa calendario La forma più semplice di lotta integrata è la lotta guidata, la quale richiede il rispetto di alcuni principi elementari, come a fianco illustrato. Questa metodologia di lotta consente di evitare gli inconvenienti che si registrano con l attuazione della difesa antiparassitaria col sistema a calendario. L applicazione della lotta guidata comporta quindi l accettazione di un certo danno sulla parte aerea della vegetazione, con conseguente lieve condizionamento dell aspetto decorativo dei soggetti a dimora. La difesa fitosanitaria, di norma, è eseguita nei periodi coincidenti con le epoche di pieno rigoglio vegetativo primaverile e autunnale, mentre nel periodo di riposo invernale sono soprattutto eseguiti gli interventi fitoiatrici tendenti all eliminazione di ramificazioni e foglie su cui si ha lo svernamento del parassita. La distruzione o l interramento delle foglie della stagione precedente, come nel caso delle croste nere dell acero dovute al fungo Rhytisma acerinum, o dei rami originati dalla potatura, al cui interno si trova il parassita del pino Pissodes notatus, è infatti una modalità di intervento semplice ma efficace. Nel caso della grafiosi dell olmo (Graphium ulmi) la diffusione del fungo avviene principalmente per mezzo di coleotteri scolitidi, in Italia rappresentati soprattutto da Scolytus sulcifrons e Scolytus multistriatus, che sono ospitati essenzialmente da piante deperienti. La lotta deve perciò in primo luogo prevedere la distruzione delle piante che costituiscono dei focolai di infezione. Per ottenere i migliori risultati fitoterapici, le operazioni di lotta devono essere eseguite con attrezzature idonee, distribuendo i prodotti in modo da ricoprire, correttamente e uniformemente, tutte le parti della pianta, evitando di effettuarle in presenza di vento, se vi è minaccia di pioggia e nelle ore più calde della giornata. Pro e contro dell endoterapia

29 Negli ultimi anni l endoterapia, la tecnica che consiste nell iniettare fitofarmaci o concimi direttamente nei tessuti della pianta, è tornata di attualità. Uno degli elementi che ha determinato un rinnovato interesse nei confronti delle microiniezioni riguarda la persistenza d azione all interno dell albero dei nuovi principi attivi, come per esempio l Imidacloprid. Nei casi di superfici pavimentate o in aree in cui la I tre pilastri della difesa integrata Conoscere la soglia d intervento: l inizio delle operazioni di difesa avviene soltanto nel momento in cui il fitofago ha raggiunto una certa densità di popolazione, consentendo di ridurre il numero degli interventi chimici a quelli indispensabili. Nel settore ornamentale la soglia d intervento è generalmente alta. Ricorrere a prodotti selettivi, cioè a sostanze chimiche efficaci contro le specie dannose alla vegetazione e non letali per quelle utili, costituite da parassiti e predatori. Evitare di eseguire gli iterventi quando i parassiti e i predatori delle specie dannose sono più numerosi e sensibili, contribuendo così alla salvaguardia dell equilibrio biologico. distribuzione fogliare non è praticabile, le microiniezioni costituiscono un alternativa alle abituali modalità di applicazione dei fitofarmaci e dei concimi. L endoterapia permette inoltre di intervenire anche nelle giornate ventose, in cui non è possibile compiere trattamenti fogliari; l assorbimento è addirittura esaltato dall intensa traspirazione fogliare. Le condizioni di stress idrico e la scarsa luminosità dovuta alla nuvolosità allungano invece i tempi di assorbimento, con il rischio di cristallizzazione o flocculazione del prodotto da iniettare. La traslocazione delle sostanze è inoltre ridotta se l albero presenta un elevato numero di polloni o di rami basali. Per quanto concerne la concimazione, gli elementi nutritivi iniettati si muovono direttamente all interno del sistema di conduzione e giungono ai tessuti della pianta con una maggiore velocità di azione e senza il dispendio di energia necessario all albero per muovere gli elementi attraverso apoplato, simplasto e meccanismi transcellulari. Esistono tuttavia vari fattori negativi che limitano il ricorso all endoterapia solo ai casi in cui non sia possibile intervenire in altro modo. Le iniezioni provocano infatti un ingresso di aria nei tessuti, che secondo alcuni Autori predispone al decadimento del legno. Ripetute applicazioni di elementi fertilizzanti causano fenomeni di coalescenza, mentre i dosaggi elevati provocano gravi danni al cambio e allo xilema. I danni al legno si accentuano considerevolmente quando si utilizzano vecchi fori d iniezione per nuove applicazioni. Gli aspetti negativi dell endoterapia possono essere contenuti ricorrendo alle seguenti precauzioni: disinfettare sempre gli attrezzi con soluzioni apposite (come per esempio ipoclorito di sodio); prevedere un tempo di disinfezione non inferiore a 15 minuti prima dell eventuale reimpiego di punte e aghi; disinfettare i fori alla fine del trattamento con ossicloruro di rame e olio di lino cotto; trattare soltanto piante sane, cioè vigorose e non colpite da carie o marciumi. L interferenza con cordoli e marciapiedi In città le interferenze degli alberi con i manufatti sono sempre più frequenti, dato il rilevante numero di esemplari arborei posto a dimora in Italia nel secondo Dopoguerra che stanno ormai raggiungendo le dimensioni massime possibili. L esiguo spazio a disposizione per la crescita della parte dell albero prossima al colletto e delle branche radicali primarie è in Emilia Romagna uno dei principali problemi dell arboricoltura urbana. Questo ha in primo luogo come conseguenza il sollevamento e la sconnessione di cordoli e marciapiedi. I lavori di ripristino che ne conseguono sono spesso eseguiti a danno degli apparati radicali, che vengono danneggiati o recisi, e si ripercuotono negativamente sull accrescimento degli alberi e sulle loro condizioni sanitarie. Il corretto dimensionamento dei quadrelli che ospitano le alberate stradali assume pertanto una grande importanza per la salute degli apparati radicali e, di conseguenza, per la stabilità delle piante.

30 Alcune specie sono ormai note per i danni provocati alle superfici pavimentate, anche nel caso di quadrelli dall adeguata dimensione. Tra tali specie ricordiamo Acer negundo, Acer saccharinum, Betula pendula, Gleditschia triacanthos, Populus spp., Salix alba, Quercus palustris, Quercus rubra, Robinia pseudoacacia. L elevato consumo idrico degli alberi, con conseguente subsidenza del terreno, può comportare danni agli edifici. La quantità di acqua traspirata e, di conseguenza, sottratta al terreno, è in funzione della specie presente, della dimensione degli alberi e della densità di impianto. Le specie arboree dal maggiore consumo idrico sono Acer platanoides, Acer pseudoplatanus, Alnus glutinosa, Alnus incana, Fraxinus excelsior, Populus nigra, Prunus padus. Considerazioni diametralmente opposte possono essere naturalmente compiute nel caso in cui si desideri attuare il prosciugamento di un terreno paludoso. Meglio suolo inerbito o con tappezzanti L inerbimento controllato della superficie sottostante alla chioma è la soluzione ideale per assicurare il mantenimento della struttura fisica del terreno e il suo arricchimento in sostanza organica. La realizzazione di rivestimenti che impediscano il compattamento del suolo è invece indispensabile nelle aree molto frequentate. In questi casi il rivestimento deve essere posto in opera in concomitanza della messa a dimora delle piante. In zone soggette a un minor pericolo di compattamento si può intervenire dopo uno o due anni, per lasciare assestare il suolo. In quest ultimo caso si dovranno comunque prevedere delle protezioni temporanee per impedire il calpestamento. Per il rivestimento della superficie è possibile ricorrere a griglie di protezione, pavimentazioni non cementate, stabilizzati, ecc. Le griglie richiedono una pulizia e un eliminazione delle malerbe a cadenze costanti. I materiali molto pesanti, in grado di resistere a carichi molto elevati, non devono però essere mai direttamente posati sul terreno vegetale. Il rivestimento con ghiaia, pozzolana o sabbia di fiume permette all acqua di pioggia o di irrigazione di giungere al piede dell albero. Lo spessore del materiale deve essere di almeno 10 cm, posato su di un terreno privo di piante infestanti. Il diametro di tali pavimentazioni intorno alla pianta dovrebbe essere di almeno 4 m. Il ricorso allo stabilizzato può essere dannoso per l albero, poiché la messa in opera prevede il compattamento del terreno e il ricorso a sostanze leganti, che modificano il ph del suolo. È sempre consigliabile collocare lungo il perimetro della fossa di piantagione un tubo da drenaggio di 10 cm di diametro, che favorisca l aerazione del terreno. Le due estremità del tubo dovranno fuoriuscire dal terreno, così da aumentare la circolazione dell aria. Il ricoprimento del terreno con piante tappezzanti è adatto alle grandi superfici. Questo rivestimento, oltre ad avere un buon effetto estetico, consente di proteggere le piante e il suolo dal calpestamento e dal compattamento. Il rivestimento con piante tappezzanti richiede tuttavia un attenta analisi, poiché deve armonizzarsi con gli spazi a disposizione e queste non devono entrare in concorrenza idrica con gli alberi messi a dimora. Tra le numerose specie arbustive impiegabili ricordiamo: Berberis x frikarti Amstelveen, Cotoneaster damneri Coral Beauty, Cotoneaster salicifolia Repens, Cornus stolonifera Kelseyi, Lonicera nitida Maigrün, Mahonia aquifolium Apollo, Salix repens argentea, Spiraea japonica Little Princess, Viburnum davidii, Viburnum opulus Nanum, Taxus baccata Repandens. Scavi e aria compressa per decompattare Un sistema semplice per ridurre il compattamento del suolo consiste nel piantare gli alberi a gruppi e nel non rimuovere le foglie cadute a terra, che arricchiscono così il terreno in sostanza organica. Gli alberi deperienti per il compattamento del suolo traggono beneficio dalla realizzazione di scavi nel terreno, in numero minimo di quattro, disposti a raggera a partire dal colletto, avendo l accortezza di non danneggiare l apparato radicale. Gli scavi, profondi tra 50 e 100 cm e che si prolungano fino a 2 m al di fuori della proiezione della chioma, sono di solito riempiti con argilla espansa (leca) o ghiaietto,

31 mentre sul fondo si provvede a collocare un tubo da drenaggio di 10 cm di diametro, che favorisce l aerazione, le cui due estremità fuoriescono dal substrato. Il decompattamento del terreno mediante una sonda collegata a un compressore è un operazione che può essere proposta solo per gli alberi di particolare pregio, sia perché è necessario ripetere l operazione a distanza di pochi anni sia per i significativi costi che essa implica. Si tratta di iniettare nel terreno aria fortemente compressa, a una distanza di 1-2 m dal tronco dell albero e lungo l intera circonferenza. Contemporaneamente è possibile iniettare nel terreno concimi chimici, possibilmente mescolati a perlite per ostacolare il ricompattamento del terreno. Un altra possibilità, anch essa consigliabile solamente per alberi di pregio, riguarda la sostituzione del terreno compatto. Si tratta di eliminare il terreno esistente fino a scoprire le radici e di decompattare il sottostante suolo. Le radici, opportunamente protette dalla disidratazione, possono essere liberate dal terreno restante con getti d acqua. La ricopertura con terreno di buona qualità, miscelato a sabbia silicea, deve essere rapida onde evitare danni all apparato radicale: in linea generale gli scavi nella zona delle radici non devono restare aperti per più di due settimane, al massimo tre, con condizioni atmosferiche umide. Si può procedere inoltre alla distribuzione di concimi organici e chimici. Accorgimenti utili in cantiere Nelle aree di cantiere i danni alle radici si verificano di solito in concomitanza degli scavi per la posa delle reti tecnologiche e nelle fasi finali, quando si procede al livellamento della superficie o alla realizzazione dei marciapiedi. Ecco le prescrizioni utili per contenere i danni: 1) rifilatura con taglio netto, senza compiere un taglio obliquo, delle radici lesionate; 2) protezione delle superfici di taglio con una miscela composta da ossicloruro di rame e olio di lino cotto (250 g di polvere in 1 l di olio); 3) protezione delle radici scoperte con una stuoia di iuta bagnata o con carta inumidita; in caso di pericolo di gelo le pareti dello scavo nella zona delle radici sono da coprire con materiale isolante; 4) riempimento degli scavi entro il più breve tempo possibile con una miscela composta per 2/3 da buon terreno di coltivo, arricchito di compost maturo o letame bovino maturo, e per 1/3 da sabbia silicea lavata, al riempimento dello scavo deve immediatamente seguire un abbondante irrigazione; 5) potatura di ristrutturazione o di riduzione della chioma.

32 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" Giganti feriti Il rischio di schianto o di rottura è un problema da considerare attentamente negli alberi monumentali, spesso caratterizzati dalla presenza di cavità più o meno ampie e di infezioni fungine a carico del legno. Per valutare la loro stabilità esistono oggi alcuni metodi facilmente applicabili e di buona attendibilità, come il VTA. RICCARDO ANTONAROLI agronomo, libero professionista TREE CARE In the case of monumental trees, breakage risk has to be taken into serious consideration because they are usually characterised by quite large holes and wood mycotic infections. Nowadays, tree stability can be evaluated by means of easy and reliable tests, such as the VTA one which is based on the identification of external lesions reflecting inner wood pathologies. When a tree is characterised by structural defects due to abnormal growth or to the loss of some parts, beside a proper pruning, tree stabilisation systems (cabling and bracing) aimed at reducing the breakage risks might be necessary. Cabling and bracing are worthwhile to be done if part of wood has not been damaged yet, otherwise it is better to remove the tree. Particolarmente gravi per le persone, tanto in ambito urbano che in ambiente rurale, sono i rischi connessi alla perdita di stabilità degli alberi, che tuttavia nella generalità dei casi possono essere previsti. Se il danno è a livello radicale Se da una parte lo schianto di un albero per il suo solo peso è un evento molto raro, d altra parte le cause dei crolli improvvisi sono molteplici. La prima è costituita dall improvviso isolamento della pianta per l abbattimento di quelle vicine o dalla distruzione di parte dell apparato radicale. Un apparato radicale monco su di un lato priva infatti l albero del suo naturale sostegno e determina gravi rischi di caduta. I danni alle radici in seguito ad interventi edili sono molto frequenti, anche se di solito sottovalutati, in quanto non si considera che l estensione laterale delle radici orizzontali può raggiungere i m ed è, se non vi sono ostacoli allo sviluppo, fino a sei volte superiore all estensione dei rami. Gli alberi radicati su terreni di scarso spessore, oppure pesanti o mal drenati, hanno un apparato radicale superficiale, dalla minore biomassa e molto deformato, per cui possono facilmente essere abbattuti dalle intemperie. In questi casi i difetti presenti in una parte dell apparato radicale sono, di solito, resi visibili dai rami secchi presenti su di un solo lato della chioma. Allo stesso modo, l arresto di crescita dell albero, accompagnato frequentemente da corteccia secca e friabile nella zona in cui le radici entrano nel terreno, è indice di un ridotto ancoraggio. L elevata crescita alla base di singole radici di ancoraggio, correlata spesso a spaccature longitudinali nella corteccia o a rigonfiamenti arrotondati della superficie, è segno di un accresciuto carico della radice, che può essere messo in relazione con la perdita o il cedimento di parte dell apparato radicale oppure con significative modificazioni della simmetria della chioma. Le alterazioni dell apparato radicale e del colletto possono essere dovute a funghi, batteri e insetti. I sintomi, non specifici, si rendono visibili quando i danni sono ormai gravi. Quelli più facilmente osservabili consistono in una diminuzione della crescita e nel diradamento del fogliame, che assume una colorazione chiara, mentre foglie e frutti cadono in anticipo. In alcuni casi si ha la formazione da parte dell albero di radici avventizie per sopperire a quelle perdute. Le alterazioni del legno, conseguenti soprattutto al taglio di rami con diametro superiore a 3-5 cm, provocano un indebolimento dello scheletro dell albero esponendolo a future rotture. Neve e ghiaccio che permangono a lungo sulla chioma possono originare altri gravi danni strutturali.

33 La frattura friabile di parti morte è resa visibile da fenditure trasversali e longitudinali della corteccia esterna o dal locale distacco e sollevamento della corteccia. Per valutare la stabilità degli alberi I metodi per valutare la stabilità degli alberi sono numerosi, tra questi ricordiamo il SIA (Statisch Integrierte Abschätzung) e il VTA (Visual Tree Assessment). Il primo, di recente introduzione in Italia, ha come principale obiettivo la determinazione della capacità di sopportazione da parte degli alberi dei carichi, costituiti prevalentemente dal vento, in base all altezza della pianta, alla forma della chioma, al diametro del tronco, considerato privo di corteccia, e alla specie. Il metodo attualmente più utilizzato in Italia per valutare la stabilità degli alberi è il VTA. L analisi con questo metodo prevede l individuazione di quei sintomi esterni che l albero manifesta in presenza di anomalie a carico del legno interno. Il metodo VTA si basa sul principio della tensione costante, in base al quale le strutture biologiche si sviluppano in modo da garantire una regolare distribuzione del carico sulla propria superficie. Nessun punto della superficie dovrà essere quindi sovraccarico, poiché questo comporta una debolezza della struttura in quella parte, o al contrario poco caricato, dato che ciò si traduce in uno spreco di materiale per l individuo. Se questa condizione ottimale dell albero è alterata, per esempio a causa dello svilupparsi di una carie o per una rottura, che possono agire localmente come cause di aumento di pressione sulla struttura, l albero si affretta a ristabilire lo stato di stress costante, producendo materiale di riparazione nelle zone danneggiate. La formazione di questo materiale di riparazione, qualora l albero abbia la possibilità di produrlo, è pertanto un sintomo della presenza di difetti meccanici e fisici all interno dell albero. La presenza di costolature longitudinali fortemente pronunciate, per esempio, indica l esistenza di fenditure longitudinali che scorrono radialmente. Queste fenditure sono pericolose poiché costituiscono una via di ingresso per gli agenti della carie, che possono così facilmente interessare l intera sezione del tronco o della branca. Il calcolo col metodo VTA Il metodo VTA prevede tre fasi: 1. controllo visivo dell albero, così da individuare sintomi esterni di difetti interni; 2. successivo esame approfondito, allo scopo di confermare e misurare il difetto correlato; 3. determinazione della dimensione del difetto e della qualità del legno e applicazione di criteri di previsione di schianto per stabilire se l albero è pericoloso.

34 Maggiore è la dimensione di una cavità, più è alto il pericolo di rottura. Per stabilire il pericolo di frattura dovuta a una riduzione della sezione trasversale dell albero, si deve procedere al calcolo del rapporto esistente tra spessore del legno sano residuo (t), vale a dire del legno compatto, e raggio del tronco per l albero ancora in completa fogliazione (R), cioè la metà del diametro del punto di rilievo. Questa seconda misurazione si deve perciò riferire all originario diametro del tronco. Numerose ricerche hanno dimostrato che valori del rapporto t/r inferiori a 0,3 sono indici di futura rottura dell albero, mentre è assai raro che gli alberi si spezzino quando lo spessore residuo è superiore al 30% del raggio. La frattura per piegatura dell albero è probabile quando è presente una cavità aperta con un angolo superiore a 120. Particolarmente gravi sono i danni nella porzione basale dell albero, dato che questa sopporta pesi strutturali molto concentrati. La sopravvivenza degli alberi con gravi danni nella zona basale del tronco è generalmente estremamente bassa nel lungo termine. Questi parametri numerici devono essere considerati come dei punti di riferimento per la diagnosi, non come dei valori cui si debba connettere automaticamente l abbattimento di un albero. Nella valutazione finale si devono tenere presenti, per esempio, anche le caratteristiche tecnologiche del legno, proprie di ciascuna specie, nonché la posizione in cui è posta l alterazione. Ad esempio un alterazione del legno situata lateralmente causa una perdita di resistenza meccanica maggiore di un analogo deficit posto al centro del tronco. Attenzione alle malattie del legno La presenza di cavità è relativamente frequente negli alberi monumentali. Il motivo è di solito da ricercarsi nell attacco di funghi cariogeni, che appartengono fondamentalmente ai generi Ganoderma, Phellinus, Stereum e Trametes. Questi funghi degradano la lignina e la cellulosa, provocando la disorganizzazione e il disfacimento dei tessuti di sostegno. La causa scatenante è comunque sovente costituita da lesioni, sia accidentali sia dovute a tagli di potatura. Il legno alterato presente nelle cavità è frequentemente infestato da insetti, quali le larve dei coleotteri cerambicidi, che possono a loro volta scavare lunghe gallerie nel legno sia alterato che ancora sano. Lo scoloramento del legno è spesso un sintomo che la carie non tarderà a sopravvenire, anche se ovviamente non tutti gli scoloramenti sono da collegarsi alla presenza di questa. La velocità di sviluppo della carie è legata alle condizioni della ferita (l alternarsi di umidità e secco la accelera), a fattori propri del singolo albero, come per esempio specie di appartenenza, condizioni generali della pianta e vitalità, ma anche a fattori ambientali, come temperatura, piovosità, ecc. La degradazione del legno non avviene con velocità lineare, ma procede a balzi, con rapidi avanzamenti in concomitanza di stress idrici, che in città possono facilmente verificarsi come, per esempio, quando l asfalto giunge fino al colletto degli alberi, impedendo all acqua piovana di raggiungere gli strati di terreno esplorati dalle radici. I sintomi esterni delle alterazioni del legno si evidenziano molto tempo dopo l insediamento del patogeno, frequentemente con la comparsa di grossi corpi fruttiferi sul tronco, che rappresentano il completamento del ciclo nella vita del fungo. Generalmente solitari carpofori dalla forma a mensola sono indice dell alterazione del duramen, mentre piccoli carpofori, riuniti in gruppi numerosi, sono il segnale del decadimento dell alburno. L effetto finale dell attacco consiste nel deperimento della pianta e nella perdita della funzione meccanica da parte del legno alterato, con la possibile rottura del tronco, delle branche e dei rami. Esistono differenti strumentazioni che consentono di compiere, direttamente o indirettamente, la misurazione del legno sano residuo. Molto pratico e veloce, ma adatto a fornire solo un esame orientativo sulle carie interne, è il martello a impulso elettronico. Tra gli strumenti più impiegati vi sono i penetrometri, il cui funzionamento si basa di solito sull introduzione nell albero di una sonda molto sottile, controllata elettronicamente, che penetra a velocità costante. L assorbimento di potenza del motore nel corso della perforazione esprime la resistenza del legno alla penetrazione ed è trasformato in un grafico che permette valutazioni molto precise. Lo shigometro misura l impedenza elettrica, di solito ridotta nella zona cariata; i dati ottenuti sono però di difficile interpretazione per le numerose variabili che li condizionano. La tecnica termografica consente di rilevare le discontinuità nella struttura

35 interna del fusto ma, come la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, è ancora poco utilizzata per gli elevati costi delle attrezzature. Complesso il giudizio sul rischio di schianto La valutazione del rischio di schianto di un albero non può mai tuttavia basarsi esclusivamente su considerazioni di tipo meccanico o semplicemente su di un analisi quantitativa del legno. È indispensabile infatti osservare la pianta nel suo insieme. Un elemento di valutazione importante è la vitalità dell albero, che indica la capacità della pianta di reagire ai traumi. A tal fine si devono controllare la lunghezza del ramo dell anno precedente, la lunghezza degli internodi degli ultimi 2-3 anni e il grado di riparazione delle ferite. Per una corretta diagnosi si deve tenere presente che la lunghezza degli accrescimenti è direttamente proporzionale all alimentazione idrica dell albero: qualora la stagione sia secca è perciò normale che la crescita della pianta sia ridotta. Non si devono inoltre confondere vigore e velocità di crescita; quest ultima è infatti determinata dalle caratteristiche della specie o della varietà. Analogamente importante è stabilire lo stato sanitario dell albero. Si opera normalmente osservando le radici, il tronco, le branche, le foglie, la fruttificazione e il vigore dell albero.un generale stato di stress si manifesta di solito con la produzione di foglie di dimensione inferiore al normale (microfillia), clorotiche, che cambiano di colore e cadono anticipatamente, con una ridotta crescita dei germogli apicali e un diradamento della chioma. Il deperimento di un albero è un fenomeno progressivo, che consiste in una perdita generalizzata di vigore: le branche e i rami si disseccano, mentre compaiono succhioni sul tronco e le branche. La diagnosi fisiologica degli alberi, infine, che si conclude con l attribuzione della pianta ad uno stadio di sviluppo, ha lo scopo di valutare il potenziale di vita dell albero. I criteri morfologici su cui è basata tale diagnosi sono relativamente semplici: si deve rilevare la presenza o l assenza di una cima vigorosa e nettamente dominante; si osserva se lo sviluppo preferenziale delle ramificazioni sulle branche avviene sulla faccia inferiore (ipotonia), su quella superiore (epitonia) o in tutte le direzioni (isotonia); si analizza la ripartizione delle branche e l evoluzione della loro mortalità; si esamina l accrescimento dei germogli più vigorosi, nonché la loro capacità di ramificarsi l anno successivo. Oltre alle considerazioni di carattere fisiologico e strutturale, nella valutazione finale del rischio di schianto devono anche rientrare osservazioni più generali, che riguardano la dimensione delle parti potenzialmente pericolose e l ubicazione dell albero stesso. Se infatti l albero è posto in un luogo molto frequentato o in vicinanza di manufatti di particolare importanza il pericolo sarà più elevato. Grandi esemplari arborei rappresentano ovviamente un potenziale di rischio maggiore rispetto ad alberi di minori dimensioni, così come le piante più vecchie mostrano una minore capacità di adattamento ai cambiamenti dell ambiente in cui si trovano, andando di conseguenza incontro al decadimento del legno o ad altri problemi di stabilità. In base alle condizioni rilevate gli alberi sono quindi attribuiti a una classe di rischio fitostatico, che esprime la valutazione del rischio di schianto o caduta. Operazioni di consolidamento Quando un albero mostra deficit strutturali dovuti alla cattiva conformazione o alla perdita di alcune parti, oltre a un adeguata potatura si possono realizzare interventi di consolidamento che riducano il pericolo di rotture e schianti. Una corretta potatura è in grado di ridurre il rischio di caduta delle branche, grazie all asportazione o riduzione di quelle morte o con gravi difetti strutturali, e inoltre può limitare il pericolo di schianto o ribaltamento dell intero albero quando è finalizzata a diminuire la resistenza opposta al vento da parte della chioma. D altra parte le potature errate sono, come già ricordato, una delle principali cause di perdita di stabilità degli alberi. Il consolidamento è attuabile quando l apparato radicale dell albero è integro e le parti interessate presentano un quantitativo sufficiente di legno non alterato. Nel caso in cui non si verifichino tali condizioni è meglio procedere all abbattimento della pianta.

36 I cavi di ancoraggio, che possono essere in acciaio o in materiali sintetici, devono essere posizionati in linea di massima a due terzi dell altezza della parte danneggiata, misurata a partire dalla biforcazione delle branche. Nel caso del sostegno di un ramo orizzontale, il punto di attacco deve trovarsi più in alto possibile, in modo che il cavo formi un angolo non inferiore a 45 con il ramo debole. I cavi devono sempre consentire ai rami di compiere deboli oscillazioni: un eccessiva rigidità è infatti estremamente pericolosa a causa delle conseguenti sollecitazioni al tronco e all apparato radicale, con possibile conseguente rottura dell albero ad opera del vento. Le ramificazioni nel punto di ancoraggio devono essere integre e di adeguata dimensione. I cavi vengono ancorati mediante viti, inserite unicamente nel legno sano, e lungo la linea del cavo: in caso contrario infatti la vite verrebbe spostata lateralmente o verticalmente dalle sollecitazioni e si formerebbe una nuova piccola cavità. Numerose prove hanno evidenziato che l uso, per l ancoraggio, di rondelle ad angoli acuminati è causa di maggiori alterazioni nel legno rispetto alle rondelle rotonde. Negli ultimi anni sono stati messi a punti alcuni interessanti sistemi di supporto realizzati con fasce elastiche, che non ostacolano la crescita del ramo e che possono essere messi in opera senza forare il legno. Qualora l albero presenti la spaccatura del tronco nel punto in cui si divide in due branche assurgenti, si può ricorrere all apposizione di una barra filettata passante il tronco e terminante con due rondelle rotonde collocate direttamente sul legno. In tal modo la barra filettata funge da centro di rotazione di un bilanciere e l apice della fessurazione è schiacciato insieme trasversalmente. Un ancoraggio costituito da un tirante, anch esso rigido, deve essere posizionato sopra la biforcazione a una distanza dall altro irrigidimento pari a circa due volte il diametro del tronco. Quando si è in presenza di aree cariate nel legno o di cavità, le lesioni della zona di barriera, formatasi in seguito ai classici interventi di dendrochirurgia, consentono ai patogeni di penetrare nel nuovo legno sano. L asportazione del legno alterato pertanto può avere unicamente lo scopo di eliminare parte del focolaio d inoculo, di ridurre la possibilità di colonizzazione da parte di insetti xilofagi e di verificare l avanzamento del processo degenerativo. Questo intervento deve essere compiuto senza raggiungere il legno apparentemente sano, così da non incidere la barriera zonale, mentre l apertura per consentire l esecuzione del lavoro deve essere strettamente limitata alla porzione di legno alterato. Quando la soluzione è l abbattimento L abbattimento degli alberi gravemente deperienti o dall elevato rischio di schianto e ribaltamento deve essere compiuto entro il più breve tempo possibile. In ambito rurale si procede all abbattimento della pianta ancora intera. Nel caso di alberi dal legno pregiato l abbattimento è realizzato preferibilmente in periodo di luna calante.

37 In ambiente urbano gli alberi sono abbattuti mediante progressivo depezzamento a partire dall alto, onde non arrecare danni alle restanti piante, alle costruzioni e alle pavimentazioni. All abbattimento dell albero seguono l allontanamento del materiale di risulta e, se possibile, l eliminazione della ceppaia e delle radici.in quest ultimo caso è necessario verificare l esistenza di linee sotterranee a rete così da non danneggiarle. Per l abbattimento di alberi appartenenti al genere Platanus colpiti da Ceratocystis fimbriata è indispensabile operare in base alle indicazioni fornite dal Servizio fitosanitario regionale, sotto indicate. Abbattimento di platani colpiti da cancro colorato Gli abbattimenti devono essere effettuati nei periodi asciutti dell anno. Alle operazioni di abbattimento deve essere riservata tutta la superficie atta a contenere la ricaduta della segatura. Gli abbattimenti devono essere eseguiti a partire dalle piante di rispetto e procedendo verso quelle sicuramente malate o morte. Il terreno circostante le piante da abbattere deve essere ricoperto con teli di plastica resistenti, allo scopo di raccogliere la segatura e il materiale di risulta. In sostituzione, se la superficie è asfaltata o ementata, è possibile ricorrere all utilizzo di un aspiratore. Al fine di ridurre ulteriormente il rischio di dispersione della segatura la stessa deve essere ripetutamente bagnata con sali quaternari di ammonio. Si deve contenere al massimo il numero dei tagli, in particolare modo nelle parti infette delle piante. Dopo il taglio degli alberi infetti e dei contermini, si deve procedere all estirpazione delle ceppaie tramite cavaceppi o ruspe e successivamente alla disinfezione delle buche con calce viva. Qualora tale operazione fosse impossibile è necessario tagliare il ceppo e le radici affioranti ad almeno 20 cm sotto il livello del suolo, procedendo poi alla disinfezione delle buche con calce viva. Nel caso in cui queste operazioni non possano essere compiute, si taglieranno le ceppaie e le radici affioranti a livello del suolo, devitalizzando la parte residua tramite calce viva e ricoprendo poi la buca con terreno non infetto. Al termine delle operazioni, tutta la zona interessata dagli abbattimenti, nonché tutti gli attrezzi utilizzati per l esecuzione dei tagli, devono essere disinfettati con sali quaternari di ammonio.

38 Il Divulgatore N.3/ 2003 La qualità del verde Alberi nel paesaggio rurale e urbano" Presenze significative Ecco le specie arboree più rappresentative del nostro paesaggio descritte nelle loro caratteristiche morfologiche e nelle esigenze climatiche e ambientali. Esse vengono suddivise - con alcune sovrapposizioni - in due grandi categorie: gli alberi tipici della campagna padana e quelli che arricchiscono le nostre città rendendole più vivibili. Per l ambiente urbano in particolare sono state selezionate varietà a portamento piramidale o di piccola taglia, che meglio si prestano ai ridotti spazi urbani. Per le schede degli alberi BARBARA NEGRONI agronomo, paesaggista con la collaborazione di MERY ZUPPIROLI THE DIFFERENT THE MOST REPRESENTATIVE CULTIVARS In the present issue, the most representative regional cultivars are described in details, listing their morphologic characteristics and local requirements. Except for some overlappings, they are divided into two main categories: the lowland countryside trees and the ones enriching our cities, thus making them more sustainable. In the latter case, pyramidal-shaped growth habit and small-sized cultivars have been selected, because they better adapt to urban area narrow spaces.

39 Alberi per le zone urbane Alberi di grande taglia Alnus glutinosa Acer campestre Elsrijk Acer pseudoplatanus Atropurpureum Acer pseudoplatanus Leopoldii Acer platanoides Follis Atropurpureis Acer platanoides Crimson King Carpinus betulus Celtis australis Fagus sylvatica Asplenifolia Fagus sylvatica Pendula Fagus sylvatica Tricolor Fraxinus excelsior Fraxinus oxycarpa Raywood Liquidambar styraciflua Liquidambar styraciflua Variegata Liquidambar styraciflua Worplesdon Liriodendron tulipifera Liriodendron tulipifera Aureomarginatum Platanus x acerifolia Quercus robur Magnifica Quercus borealis Quercus palustris Sorbus aucuparia Tilia cordata Greenspire Alberi di piccola taglia e piramidali Alnus incana Alnus cordata Acer pseudoplatanus Erectum Acer platanoides Columnare Carpinus betulus Pyramidalis Cercis siliquastrum Cercis siliquastrum Alba Cercis canandensis Corylus colurna Corylus avellana Contorta Corylus maxima Fagus sylvatica Dawyck Fraxinus excelsior Westhof Glorie Fraxinus excelsior Jaspidea Fraxinus ornus Koelreuteria paniculata Select Liriodendron tulipifera Fastigiatum Populus alba Pyramidalis cloni maschili Populus nigra Italica cloni maschili Quercus robur Fastigiata Koster Quercus robur Select Tilia cordata Erecta

40 ONTANO Famiglia: BETULACEAE Genere: Alnus Nome scientifico: Alnus glutinosa Nome Comune: Ontano nero Albero a foglie caduche alto fino a 30 m. Ha corteccia in fase giovanile liscia, poi diventa di color bruno verdognola e si screpola nei grossi esemplari. Ha foglie lunghe da 4 a 10 cm, con margine dentellato, di colore verde su entrambe le pagine. I frutti sono delle piccole noci provviste di una stretta ala. L ontano nero forma boschi lungo i corsi d acqua o in zone umide, soprattutto in suoli ricchi di silice. Si trova in tutta l Emilia Romagna, in consociazione alle due specie sottoidicate. Ha una buona resistenza al freddo. Gli ontani bianco e napoletano hanno dimensioni minori e risultano interessanti anche in ambito urbano, sia perché meglio collocabili in piccoli giardini o in strade con sezioni strette, sia perché tolleranti ai terreni ad alto contenuto di umidità (asfittici) delle città. Ontano bianco (Alnus incana). Albero che può raggiungere i 15 m di altezza, è indigeno nella parte emiliana della regione; presenta foglie ovatolenceolate, doppiamente seghettate, grigio-verdi nella pagina inferiore. Ontano napoletano (Alnus cordata). Albero che può raggiungere i 15 m di altezza, introdotto a scopo di rimboschimento ma con risultati modesti, ha grandi foglie orbicolari, cordate alla base e acute all apice. ACERO Famiglia: ACERACEAE Genere: Acer Nome comune: Acero campestre, Acero oppio Nome scientifico: Acer campestre Albero a foglia caduca alto fino a 20 m, è diffuso in quasi tutta l Europa; in Italia, a esclusione dell estremo sud, è possibile trovarlo in tutte le regioni, dalla pianura alla fascia montana. É tipico del paesaggio padano e raramente viene inserito nei giardini urbani, pur essendo specie interessante per la resistenza ai parassiti, all inquinamento urbano e particolarmente ornamentale in autunno per il colore giallo oro assunto dal fogliame. Ha corteccia giallo-rosea fessurata in modo più marcato in senso longitudinale. Ha foglie con lamina lunga 6-10 cm, palmato-lobata a 3-5 lobi. Il frutto è costituito da samare riunite a gruppo. É una pianta rustica, di buona vigoria, con crescita lenta, che tollera bene quasi tutti i tipi di terreno,

41 predilige l esposizione soleggiata e tollera quella a mezz ombra. Esistono molte varietà ornamentali, ma in Italia ne troviamo commercializzate pochissime; una delle più facili da reperire è Acer campestre Elsrijk, dalla chioma arrotondata e con la colorazione delle foglie di un verde più scuro rispetto alla specie. Nome comune: Acero di monte Nome scientifico: Acer pseudoplatanus Albero a foglie caduche alto fino a 30 m, diffuso in quasi tutta l Europa; in Emilia Romagna vive nella montagna dagli 800 ai m, nei boschi naturali in associazione con il faggio o piantato come alberature stradali e vicino alle case di montagna. Ha corteccia bruno-rossiccia che nei grossi esemplari si screpola e si desquama. Ha foglie di cm, con 5 lobi acuminati, grossolanamente dentati. I frutti sono delle disamare, vellutate in superficie, di colore rosso bruno nel periodo estivo. É una pianta a crescita veloce ed e il più longevo tra tutti gli aceri. É impiegato nella formazione di boschi misti per la produzione di legname, per rimboschimenti in terreni moderatamente argillosi. Molte sono le varietà che sono state selezionate e che vengono utilizzate a scopo ornamentale.tra queste oltre A. pseudoplatanus Atropurpureum, dalla pagina fogliare inferiore rosso porpora, meriterebbero un maggior utilizzo A. pseudoplatanus Leopoldii, dalle foglie che virano il colore da rosa-giallognolo in fase giovanile a verde con macchie giallo e rosa, e A. pseudoplatanus Erectum (o Fastigiatum ), che pur arrivando ad altezze analoghe alla specie ha il vantaggio di avere i rami eretti, occupando così minor spazio in larghezza. Nome comune: Acero riccio Nome scientifico: Acer platanoides Albero o alberello a chioma ombrelliforme, a foglie caduche, alto fino a 20 m. La sua corteccia nel periodo giovanile è liscia e negli esemplari adulti si fessura finemente senza sollevarsi in grosse scaglie. Il legno, chiaro e compatto è simile a quello dell acero montano. Ha foglie con lamina e picciolo, lunghe cm. I frutti sono delle disamare che compaiono alla fine dell estate, rimanendo sull albero durante il periodo invernale. Ha una crescita piuttosto rapida in fase giovanile, che si attenua molto, in seguito. In ambienti urbani con clima estivo arido trova qualche difficoltà di crescita, mentre presenta una discreta adattabilità in condizioni di terreno e climatiche favorevoli. Anche per questa specie, come per A. pseudoplatanus la precedente, molte sono le varietà selezionate, anche per l ambito urbano. Tra queste, una delle più conosciute è A. platanoides Columnare, dal portamento colonnare, eretto. Tra le nuove varietà, ancora non molto commercializzate, c è Acer platanoides Follis Atropurpureis, anch esso dal portamento colonnare, ma con fogliame rosso scuro nella pagina inferiore e verde cupo nella pagina superiore. Tra le varietà a fogliame colorato, rosso porpora, si ricorda l A. platanoides Crimson King.

42 CARPINO Famiglia: CORYLACEAE Genere: Carpinus, Ostrya Nome comune: Carpino bianco Nome scientifico: Carpinus betulus È un albero o un grande cespuglio a foglie caduche, con chioma molto fitta, larga e tondeggiante, che può anche assumere irregolarmente forma ovale o conica, con rami ascendenti. Ha crescita lenta e raggiunge raramente i 15 m di altezza, ma ha un ottima longevità (200 anni). Il fusto è spesso contorto e fittamente ramificato sin dalla base, con rigonfiamenti a spirale caratterizzati da numerose scanalature; sopporta bene le potature e l allevamento a siepe regolare. Le foglie sono semplici, di forma ovato-ellittica, di lunghezza variabile da 5 a 10 cm. La corteccia è più o meno grigia, liscia, simile a quella del faggio, si screpola pochissimo e solo quando l albero invecchia. Predilige le esposizioni soleggiate o di media ombra e i terreni freschi e profondi ma non umidi,vive spontaneo in boschi di latifoglie in pianura e collina. Sopporta la siccità, gli inverni lunghi e freddi, venti forti e ricchi i salsedine, tollera l inquinamento atmosferico delle nostre città, il freddo, le nebbie, il vento e la neve. Non subisce solitamente gravi danni da patogeni di origine vegetale o animale. Viene impiegato nella creazione di viali di piccole dimensioni o barriere ai margini di strade anche a intenso traffico. É una specie diffusa in gran parte dell Europa, in Italia sia come arbusto spontaneo sia come albero coltivato per ornamento, con esclusione delle sole regioni meridionali. É presente spontaneamente soprattutto nei boschi misti di latifoglie sia di pianura, consociato alla farnia dove costituisce il quercocarpineto, sia nella zona collinare e submontana insieme al cerro e alla roverella sia della montagna, dove lo si incontra consociato al faggio o al carpino nero. Tra le varietà coltivate, la più utilizzata è il Carpinus betulus Pyramidalis, con chioma fastigiata, adatto per l impianto in aree verdi con spazi ridotti e per alberature stradali. Nome comune: Carpino Nero Nome scientifico: Ostrya carpinifolia Albero di medie dimensioni, che può raggiungere i 20 m di altezza, dalla chioma compatta, e da foglie appuntite simili al carpino bianco, ma con nervature meno evidenti e con portamento più ridotto. La corteccia negli alberi più giovani è di colore bruno, nelle piante adulte tende ad avere tonalità grige con fitte screpolature distribuite su tutto il fusto. Il legno viene impiegato soprattutto come combustibile. Cresce in tutta l Emilia Romagna, dalle prime colline fino ai 900 m di altitudine, formando spesso boschi insieme all orniello all interno di grandi macchie di querce. Predilige esposizioni soleggiate e terreni con una buona capacità idrica, adattandosi comunque abbastanza bene a quasi tutti i tipi di terreno.

43 BAGOLARO O SPACCASASSI Famiglia: ULMACEAE Genere: Celtis Nome comune: Bagolaro, Spaccasassi Nome scientifico: Celtis australis Albero a foglia caduca alto fino a 20 m, con tronco dritto e corteccia grigia e liscia. L apparato radicale è di tipo profondo e si insinua anche tra le rocce; per questa sua caratteristica, viene anche chiamato comunemente spaccasassi. Molto impiegato nel passato come alberatura stradale, ora lo si utilizza con frequenza sempre minore perché negli ambienti dove non ha condizioni di terreno aerato come i marciapiedi cittadini crea problemi di sollevamento degli stessi e del manto stradale. Le foglie, alterne caduche, sono picciolate e oblunghe. In Emilia Romagna si trova un po ovunque. L impiego del bagolaro a scopo ornamentale è conosciuto fin dall epoca dei Romani ed è sicuramente un ottima pianta da utilizzare in aree destinate a parco. Ha una buona resistenza alle polveri e all inquinamento e quindi è adatto anche a zone di traffico intenso. ALBERO DI GIUDA Famiglia: LEGUMINOSAE Genere: Cercis Nome comune: Albero di Giuda Nome scientifico: Cercis siliquastrum Albero di origine asiatica, che può raggiungere i m di altezza, naturalizzato nelle regioni meridionali dell Italia, è presente anche in Emilia Romagna dalla pianura alla bassa collina (soprattutto quella bolognese) in boschi composti anche da roverella, cerro e carpino nero. È impiegato a scopo ornamentale sia in città che in campagna, data la sua precoce fioritura fra marzo e aprile, le caratteristiche foglie cuoriformi e i baccelli che mutano colore e che sono presenti sulla pianta anche durante l inverno. Il fusto ha una corteccia scura e fessurata, è diritto nelle piante giovani e diventa tortuoso man mano che invecchia. Predilige le esposizioni in pieno sole e i terreni sassosi e calcarei, dove sviluppa un apparato radicale molto robusto e fittonante che lo tiene ben ancorato. Questa pianta ha una grande capacità pollonifera e viene spesso allevato ad arbusto. Tra le varietà utilizzate ricordiamo il Cercis siliquastrum Alba, dalla fioritura bianca. Un altra specie che si trova in commercio è il Cercis canadensis, piccolo albero dalla chioma larga e tondeggiante, con fiori di colore rosa pallido abbondanti in maggiogiugno. Si distingue dal Cercis siliquastrum per le foglie più sottili e di colore verde più brillante.

44 NOCCIOLO ARBOREO Famiglia: CORYLACEAE Genere: Corylus Nome comune: Nocciolo della Turchia Nome scientifico: Corylus colurna Piccolo albero originario dell Europa sudorientale e dell Asia occidentale, molto interessante per parchi e giardini, soprattutto per il portamento regolare a forma piramidale. Rispetto al Corylus avellana ha brattee molto più lunghe che ricoprono le nocciole, divise in lunghi e stretti lobi dentati. Particolarmente ornamentale la corteccia, che si presenta con uno spesso strato di sughero corrugato. Come tutti i Corylus molto caratteristici sono i lunghi amenti gialli che compaiono sulla pianta da dicembre a febbraio. Tra gli altri noccioli arborei da menzionare a scopo ornamentale, i più conosciuti sono i segenti. Corylus avellana Contorta. Pianta a lenta crescita che raggiunge un altezza massima di 3 m; ha la caratteristica di avere rami armoniosamente contorti e amenti molto ornamentali presenti nel periodo invernale. Spesso utilizzato come piccolo albero polifusto. Corylus maxima Purpurea. Piccolo albero dal portamento espanso e dalle decorative foglie grandi, arrotondate e cordate, di colore rosso intenso simile a quello del faggio, che si differenzia dagli altri noccioli per il frutto più grande (che gli fornisce il nome comune di nocciolo gigante), circondato da una lunga brattea tubulosa, a margini dentati, ristretta al di sopra della nocciola. FAGGIO Famiglia: FAGACEAE Genere: Fagus Nome comune: Faggio Nome scientifico: Fagus sylvatica Albero a crescita relativamente lenta, che può raggiungere i 40 m di altezza, a foglie caduche. La chioma regolare e strettamente arrotondata è nel complesso leggera. La corteccia è liscia e grigia. Le foglie sono obovateellittiche, ovate, acuminate all apice e lunghe 4-9 cm. Cresce in quasi tutta l Emilia Romagna, nelle zone submontane e collinari dove si trova consociato al carpino bianco a formare rigogliosi boschi tipici del paesaggio montano. Si adatta a quasi tutti i tipi di terreno, anche a quelli acidi. É sensibile i freddi anticipati o alle gelate tardive nonchè al vento freddo e secco, fattori che possono danneggiare le gemme. É una pianta tipicamente forestale, che però è presente, sia come albero sia come siepe, anche in parchi e giardini urbani, soprattutto nelle varietà a foglie colorate (bronzo, rosa, ecc.) o pendule, che lo rendono molto apprezzato. Tra le varietà da segnalare e maggiormente commercializzate si ricordano le seguenti. Fagus sylvatica Dawyck. Albero di grandi dimensioni, dal portamento fastigiato, che a maturità si allarga. Di questa varietà esistono sottovarietà come Fagus sylvatica Dawyck Gold, dal caratteristico fogliame color giallo oro, e Fagus sylvatica Dawyck Purple, dal fogliame di colore rosso.

45 Fagus sylvatica Tricolor. Albero con fogliame caratteristico per essere screziate di rosa e bianco. Fagus sylvatica Asplenifolia. Ha foglie più strette della specie,molto incise e lobate. Fagus sylvatica Pendula. Dal portamento piangente, molto usato nei grandi parchi, soprattutto in Francia e Germania. FRASSINO Famiglia: OLEACEAE Genere: Fraxinus Nome comune: Frassino comune Nome scientifico: Fraxinus excelsior Albero che può raggiungere e superare i 30 m di altezza,è presente in Emilia Romagna in modo sporadico nei boschi della fascia montana, per esempio nei versanti esposti a sud. É presente anche nella nostra pianura non come pianta autoctona. Ha corteccia di colore grigio cenere in giovane età che in seguito si screpola longitudinalmente. Ha foglie imparipennate, composte da 4-7 paia di foglioline sessili oblunghe. É impiegato soprattutto nei rimboschimenti e il legno pregiato viene utilizzato in diversi lavori di falegnameria. Ha una discreta resistenza all ambiente urbano, purché non in condizioni di eccessiva aridità estiva. Tra le varietà da segnalare, con portamento meno vigoroso della specie sono: Fraxinus excelsior Jaspidea con crescita lenta e di piccole dimensioni, con una spiccata colorazione gialla, dal giallo oro dei germogli al giallo chiaro delle foglie in autunno e dei rami invernali; Fraxinus excelsior Westhof s Glorie, con chioma compatta adatta agli spazi ristretti. Nome comune: Frassino comune Nome scientifico: Fraxinus oxycarpa Albero con chioma ombrelliforme alto da 3 a 25 m con foglioline lanceolate. Si trova nell Italia centrale e meridionale e nelle isole, in boschi umidi e forre. In Emilia Romagna è frequente nei boschi igrofili della pineta di S.Vito.Può trovare un ottimo impiego come pianta da rimboschimento di terreni difficili, aridi, argillosi, calcarei, per le sue notevoli doti di rusticità; nei giardini o parchi con suoli umidi, viene utilizzata Fraxinus oxycarpa Raywood, una specie particolarmente adatta con foglie che in autunno assumono un colore rosso scuro e con portamento compatto. Ha una buona resistenza all inquinamento atmosferico degli ambienti urbani. Nome comune: Orniello, Frassino minore Nome scientifico: Fraxinus ornus Albero di dimensioni medie dai 7 ai 18 m massimo, si può trovare anche come arbusto o cespuglione. Ha chioma arrotondata e quasi sferica. Ha corteccia grigio cinerea raggiunta la maturità, che si mantiene abbastanza liscia. Ha foglie caduche impari pennate, lunghe fino a 9 cm, che compaiono dopo la fioritura bianco crema. Si adatta a terreni poveri, calcarei e tollera molto bene quelli aridi. Presenta una crescita nel complesso molto lenta e ha un elevata capacità pollonifera del ceppo. Ha una buona resistenza all inquinamento atmosferico degli ambienti urbani.

46 KOELREUTERIA Famiglia: SAPINDACEAE Genere: Koelreuteria Nome comune: Koelreuteria Nome scientifico: Koelreuteria paniculata Pianta a lenta crescita che può raggiungere anche i 10 m di altezza. Ha fiori gialli in luglio-agosto; le foglie sono lunghe e dentellate e in autunno diventano di colore giallo; i frutti sono delle piccole vesciche. Cresce bene in quasi tutti i tipi di terreno in pieno sole. Viene impiegata anche la varietà Koelreuteria paniculata Select, piccolo albero con portamento globoso-fastigiato particolarmente adatto agli spazi ridotti della città. ALBERO DELL AMBRA Famiglia: HAMAMELIDACEAE Genere: Liquidambar fogliame sono le seguenti: Nome comune: Albero dell ambra Nome scientifico: Liquidambar styraciflua Albero che può raggiungere i 25 m di altezza, dalla caratteristica chioma conica, che diventa più larga arrotondata con l età. Deve il suo nome comune dalla gomma-resina secreta dal legno, per la quale negli Stati meridionali e orientali dell America settentrionale viene coltivato per ottenere adesivi, profumi e incensi. La corteccia è di colore bruno, fessurata e suberosa. Le foglie sono a cinque lobi, alterne di colore verde chiaro, che in autunno a seconda della varietà, assumono colorazioni gialle e purpuree. Venne introdotto in Europa nella seconda metà del Seicento a scopo ornamentale, per il colore delle foglie che nel periodo autunnale varia a seconda della varietà, dal rosso scuro al giallo limone al violetto. Dato il suo portamento con rami che non si espandono, può essere impiantato con successo nelle alberature stradali. Predilige i terreni freschi e umidi e non tollera quelli calcarei e asciutti. In vicinanza dei corsid acqua il fogliame assume una colorazione più brillante. Le varietà che sono utilizzate maggiormente per il loro

47 Liquidambar styraciflua Variegata, con foglie con margine di colore bianco panna, sfumate di rosa dalla fine dell estate fino a tutto il periodo autunnale; Liquidambar styraciflua Worplesdon, pianta meno commercializzata ma ottima per spazi di dimensioni ridotte,selezionata per il portamento piramidale allargato, con foglie strettamente e lungamente lobate, delicatamente sfumate in giallo tenue,arancio chiaro e albicocca, con effetto particolarmente decorativo nel periodo autunnale. ALBERO DEI TULIPANI Famiglia: MAGNOLIACEAE Genere: Liriodendron Nome comune: Albero dei tulipani Nome scientifico: Liriodendron tulipifera Albero di notevoli dimensioni, che può raggiungere i 35 m di altezza. Ha corteccia liscia che si increspa con il passare dell età. La chioma imponente ha foglie con la punta tagliata e i margini lobati, di colore verde intenso durante l estate e giallo dorato o ruggine nel periodo autunnale, presenti sulla pianta fino a novembre. I fiori, evidenti nel mese di giugno, sono molto profumati e hanno una forma simile a quella dei tulipani, da cui il nome comune. Questo albero venne introdotto in Italia all inizio del XVIII secolo per la bellezza del fogliame e dei fiori e per la rapida crescita. Cresce meglio nei terreni umidi e profondi. Pianta molto ornamentale, viene impiegata in parchi e giardini in particolare nelle due seguenti varietà: Liriodendron tulipifera Aureomarginatum, con foglie con margine giallo o giallo-verdognolo; Liriodendron tulipifera Fastigiatum, albero di medie dimensioni, con portamento colonnare adatto per gli spazi più ridotti.

48 GELSO Famiglia: MORACEAE Genere: Morus Nome comune: Gelso bianco, Gelso nero Nome scientifico: Morus alba - Morus nigra Il gelso bianco è alto fino a m, con fusto in genere corto e spesso cavo, con corteccia bruna fessurata longitudinalmente. Ha foglie caduche, alterne, con picciolo grosso e scanalato. Il frutto ( mora ) ha origine dalla fusione di diverse drupe e dal perianzio; è di colore bianco-giallino o rosato e di sapore dolce. Il gelso nero, chiamato più comunemente moro, si distingue dal gelso bianco per la pagina inferiore della foglia, che è tomentosa, per le infiorescenze e le infruttescenze che sono nere, lucide e di sapore asprigno. Tradizionalmente il gelso bianco veniva coltivato a capitozzata nelle nostre campagne, per la produzione di fronda per l alimentazione del baco da seta. Il legno dei gelsi è duro, resistente all umidità ed è usato per la costruzione di tini e botti e per lavori artigianali. Sono piante che in genere sopportano un certo grado di inquinamento atmosferico specie in città. Da segnalare una varietà particolare per il portamento ricadente, il Morus alba Pendula particolarmente indicato per piccoli giardini. Cresce bene in terreni moderatamente fertili e ben drenati; è bene proteggerlo dai venti freddi e asciutti. PIOPPO Famiglia: SALICACEAE Genere: Populus Nome comune: Pioppo nero Nome scientifico: Populus nigra Italica Albero a foglia caduca alto fino a 30 m, non autoctono ma intimamente naturalizzato con il paesaggio della pianura Padana. La corteccia è rugosa e senza protuberanze. Ha foglie di forma rombico-ovata. I frutti sono piccole capsule che contengono numerosi semi cotonosi. Cresce lungo fiumi e torrenti insieme al salice bianco (Salix alba). Non è una pianta complessivamente longeva e ha modeste esigenze di crescita. Viene usato in particolare il Populus nigra Italica o Pyramidalis, con portamento colonnare per creare filari lungo strade o lungo la sponda dei canali o a delimitazione di campi coltivati. Si tratta infatti di una piantaimportante per la storia del paesaggio padano. In campo

49 industriale viene utilizzato il legno per la fabbricazione di pasta da carta o per la costruzione di piccoli imballaggi, data la scarsa robustezza. Nome comune: Pioppo bianco Nome scientifico: Populus alba Albero a foglie caduche alto fino a 30 m; ha corteccia bianco-grigia, che nei grandi esemplari tende a screpolarsi. Ha foglie di forma palmatolobate con lobi dentati, di colore verde scuro nella pagina superiore e di colore bianco e leggermente glabre in quella inferiore. Ha frutti costituiti da piccole capsule che contengono numerosi semi provvisti di lunghi peli cotonosi. Il pioppo bianco ha una grande capacità di adattamento; lo si trova in boschi riparati e planiziali e nelle colline cresce anche in suoli franosi e umidi; tollera molto bene la salsedine, infatti viene impiegato anche come barriera frangivento in zone litorali. Anche di questa specie si utilizza a scopo ornamentale e nei luoghi ove non vi è spazio sufficiente per la specie, la varietà piramidale dal nomepopulus alba Pyramidalis. PLATANO Famiglia: PLATANACEAE Genere: Platanu Nome comune: Platano comune Nome scientifico: Platanus x acerifolia Albero che non si trova allo stato spontaneo; probabilmente è un ibrido o una specie coltivata delle due seguenti specie: Platanus occidentalis, proveniente dall America settentrionale fu introdotta in Italia nel XVIII secolo e attualmente è quasi scomparso; Platanus orientalis, originaria dell Europa sudorientale, cresce spontaneamente n Italia, nella Sicilia orientale, può raggiungere i 30 m di altezza ed è molto longevo, infatti sono stati censiti esemplari di 500 anni di età. Il platano comune ha foglia caduca e può raggiungere i 30 m di altezza. La corteccia in fase giovanile si presenta di color verde chiaro, che poi sfuma in colore grigio, e si sfalda annualmente in grandi placche. Ha foglie semplici e alternate, portate da un lungo picciolo di 4-8 cm, formate da 5 lobi dentati. Ha una crescita molto rapida e predilige i terreni freschi e ricchi di sostanza organica. In ambiente urbano è impiegato come specie ornamentale in viali alberati, in quanto tollera molto bene l atmosfera inquinata. Può essere usato anche come esemplare singolo nei parchi urbani, di pianura e collinari, come ombreggiamento di aree di sosta gioco o nelle zone di parcheggio. Ultimamente è una pianta soggetta a numerosi parassiti, tra cui uno di recente diffusione, il cancro colorato causato da Ceratocystis fimbriata, che ne ha ridotto l impiego.

50 QUERCIA Famiglia: FAGACEAE Genere: Quercus Nome comune: Farnia Nome scientifico: Quercus robur Albero a foglia caduca, alto fino a 40 m. Ha corteccia grigio-bruna, essurata maggiormente in senso longitudinale. Ha frutti (ghiande), riuniti in gruppi (fino a 3) su un lungo peduncolo. Questi hanno una cupola ricoperta da poche squame rigonfie e un tempo venivano usati dagli agricoltori come cibo per gli animali. Le foglie sono lunghe da 7 a 12 cm, lisce, obovate od oblunghe, piuttosto ristrette alla base; il picciolo molto corto, al massimo di 5 mm. Non ha particolari esigenze di esposizione solare e ama i terreni freschi, argilloso-sabbiosi o argillosocalcarei, ma non acidi. Tollera periodi di siccità o di ristagno idrico. È presente in tutta Europa, escluse le zone calde mediterranee e le più fredde del nord. In Italia è maggiormente diffusa nel settentrione, dove forma boschi planiziali (es. il Bosco della Mesola), tipici della pianura Padana. Sono piante molto longeve che raggiungono comunemente i anni. Molto impiegata nelle aree urbane è la varietà Quercus robur Fastigiata Koster, per il suo portamento colonnare e compatto che la rende adatta all impiego in luoghi dove non vi è spazio sufficiente per la specie e non si vuole rinunciare all utilizzo di un albero tipico del nostro paesaggio. Altre varietà, più difficili da reperire sul mercato vivaistico, ma molto interessanti, anche per l ambiente urbano sono le seguenti. Quercus robur Ovata. Una farnia straordinaria dalla chioma perfettamente ovale. Apprezzata per lo sviluppo moderato e corretto, conserva anche da adulta il portamento ordinato delle piante di gran classe. Quercus robur Magnifica. Colonnare come la Koster, ma più potente nello sviluppo, nel portamento, nella qualità del fogliame. Apprezzabile per alberare viali, anche lungo strade di traffico. Cresce quasi quanto un pioppo cipressino ma è stabile come una quercia (il fatto di essere innestata sulla quercia comune garantisce infatti un grande ancoraggio al terreno, caratteristica insolita nelle piante fastigiate riprodotte per seme). Quercus robur Select. Si tratta di una selezione clonale particolarmente indicata per le strade e i viali delle città. Non produce rami orizzontali come insito nella specie. Il portamento assurgente non crea ingombri né problemi al traffico. Nome comune: Roverella Nome scientifico: Quercus pubescens Albero a foglie caduche alto fino a 25 m. Ha corteccia grigia, omogeneamente fessurata in piccole squame. Ha foglie lunghe da 4 a 12 cm, obovate od oblunghe, con ampie orecchiette alla base, picciolo corto o allungato. Ha frutti (ghiande) riunite in gruppi da 1 a 4 con un corto e tozzo peduncolo e una cupola rivestita da piccole squame ravvicinate. Tollera periodi di siccità o di ristagno idrico. É presente in tutta Europa, escluse le zone calde mediterranee e le più fredde del nord. In Emilia Romagna è diffusa soprattutto nella fascia collinare, su versanti caldi e asciutti.

51 Nome comune: Cerro Nome scientifico: Quercus cerris Albero a foglie caduche alto fino a 30 m. Ha corteccia inizialmente liscia, che con la maturità si fessura in grandi squame bombate. Ha foglie di forma abbastanza variabile, per lo più oblunghe, di colore verde scuro. I frutti (ghiande), che maturano al secondo anno dalla fioritura, abbastanza grandi e disposti in gruppi da 2 a 4 hanno un peduncolo corto e tozzo e una cupola rivestita da squame morbide. Il cerro forma boschi nelle aree collinari e submontane su suoli generalmente profondi e preferibilmente poveri di carbonati e ricchi di argilla. É diffuso in tutta l Europa meridionale e nell Asia occidentale; in Emilia Romagna cresce in boschi cedui ad alto fusto, consociati a roverella, acero, carpino nero. Nome comune: Leccio Nome scientifico: Quercus ilex Albero sempreverde alto fino a 25 m. Ha corteccia di colore grigio scuro, minutamente fessurata. Ha foglie lunghe da 3 a 7 cm, di grosso spessore, ovato-oblunghe, rigide, di colore verde scuro nella pagina superiore e grigiastro in quella inferiore. I frutti (ghiande) maturano nello stesso anno della fioritura, sono raggruppati da 2 a 4 e inseriti su un peduncolo piuttosto grosso con la cupola rivestita da piccole squame piatte. Il leccio costituisce boschi mediterranei di latifoglie sempreverdi (es. Bosco della Mesola, lungo il litorale emilianoromagnolo). Cresce fino alle zone collinari e submontane in esemplari singoli o in piccoli gruppi. È molto utilizzato nei giardini storici, come pianta da mantenere in forma obbligata, e nelle città, lungo le strade, per il portamento compatto della chioma, che però nelle zone soggette a neve tende ad appesantirsi con la conseguente rottura di branche e rami. Le querce americane sono da ricordare per il loro impiego in ambiente urbano soprattutto per il fogliame decorativo. Quercia rossa (Quercus borealis). Pianta a crescita rapida, alta fino a 35 m, con chioma a cupola, rami diritti, foglie alterne di colore verde opaco, che in autunno diventano di colore rosso intenso. Le ghiande sono contenute all interno di piccole cupole poco profonde, e la corteccia lucida e grigia diventa bruna e fessurata da adulta. È utilizzata soprattutto nei parchi e nei giardini; cresce bene nei terreni profondi e ben drenati e tollera bene il freddo. Quercia di palude (Quercus palustris). Pianta a crescita rapida che può raggiungere i 26 m di altezza, la chioma è fitta, stretta e a cupola. Le foglie alterne e lobate sono lucide su entrambe le pagine e hanno peduncoli sottili, all inizio dell autunno diventano di colore rosso scarlatto. Le ghiande sono tozze e untuose contenute in piccole cupole poco profonde, la corteccia grigiastra si fessura e si scurisce. È utilizzata nei parchi e lungo i viali come albero ornamentale, cresce bene in quasi tutti i tipi di terreni tranne in quelli calcarei.

52 SORBO Famiglia: ROSACEAE Genere: Sorbus Nome comune: Sorbo domestico Nome scientifico: Sorbus domestica Albero a lenta crescita abbastanza longevo, che può raggiungere i m di altezza. È una specie indigena dell Europa meridionale, in Italia cresce spontaneo nei boschi e ai margini dei campi e viene talvolta coltivato per il frutto (pomi), che a maturazione posso essere mangiate. La chioma ha rami espansi e ascendenti, le foglie sono alterne, con foglioline, a basi arrotondate, le gemme vischiose e glabre e i pomi piriformi che distinguono il sorbo domestico dal sorbo degli uccellatori. in maggio compaiono sulla chioma i fiori di colore bianco riuniti in corimbi. La corteccia è bruno-arancio squamosa e scabra. Cresce bene in quasi tutti i tipi di terreno prediligendo quelli calcarei, resiste bene all inquinamento. Nome comune: Sorbo montano Nome scientifico: Sorbus aria Albero dal portamento compatto dalla chioma a forma di cupola, che può raggiungere i 24 m di altezza. Le foglie alterne hanno una fitta peluria nella pagina inferiore, in primavera sono bianche-argento rendendolo molto decorativo. I caratteristici pomi sono verdi all inizio e a maturazione diventano rosso-scarlatto molto appetibili agli uccelli. La corteccia è liscia e chiara e sifessura con l età. Cresce spontaneamente nei suoli asciutti e calcarei della nostra collina e della montagna. Nome comune: Sorbo degli uccellatori Nome scientifico: Sorbus aucuparia Albero dal portamento aperto che può raggiungere i 18 m di altezza, meno longevo del sorbo domestico, è diffuso in Italia nelle zone montane e submontane, ha foglie molto simili a quelle del sorbo domestico e ha le gemme coperta da una leggera peluria. I frutti di colore rosso vivo, sono molto apprezzati dagli uccelli (da qui il nome comune). I fiori sono riuniti in corimbi dalla forma abbastanza appiattita. La corteccia è grigia e rimane liscia molto più a lungo di quella del sorbo domestico. Cresce bene in quasi tutti i tipi di terreno ma predilige quelli ricchi di humus. È diffuso come albero ornamentale per la sua forma snella che occupa poco spazio, e per il fogliame rado che consente al prato sottostante di svilupparsi.

53 TIGLIO Famiglia: TILIACEAE Genere: Tilia Nome comune: Tiglio selvatico o Tiglio riccio Nome scientifico: Tilia cordata Albero dall aspetto assai decorativo, può raggiunge i 22 m di altezza e ha rami arcuati verso il basso e la chioma a cupola con foglie più piccole rispetto alle altre specie. Tipica caratteristica ornamentale è la presenza di fiori molto profumati che attirano le api. La corteccia di colore grigio si fessura con l età e protegge un legno bianco e tenero, molto apprezzato per le lavorazioni artigianali a intarsio e per la fabbricazione di strumenti musicali. Questa pianta era diffusa maggiormente nel passato in Emilia Romagna, insieme a Tilia platyphyllos, mentre oggi è presente solo sporadicamente nella fascia collinare e submontana e nei punti più freschi di alcuni boschi di pianura. Cresce bene anche nei terreni calcarei. Come tutti i tigli è soggetto agli attacchi parassitari da parte di afidi che, succhiando la linfa, producono una melata vischiosa che può essere attaccata da agenti fungini. É una pianta molto longeva; in condizioni ambientali sfavorevoli mostra una crescita stentata, che può essere superata con un trapianto, anche per esemplari di grandi dimensioni, data la grande resistenza ai trapianti in età avanzata. Molto interessanti le varietà Tilia cordata Erecta, dal portamento conico, con le foglie rotonde, adatta all impiego di alberature stradali, e Tilia cordata Greenspire, dalla chioma ovale. Nome comune: Tiglio americano Nome scientifico: Tilia americana Albero ad alto fusto, con foglie larghe tendenzialmente cordate, più o meno asimmetriche e con apice ristretto. Preferisce terreni fertili e profondi. É presente in boschi di latifoglie dell Europa centrale e in Italia per gran parte del territorio, esclusa la Sardegna. La varietà maggiormente commercializzata è Tilia americana Nova, dalla chioma molto larga e dalle foglie molto grandi. Nome comune: Tiglio ibrido Nome scientifico: Tilia x europaea Specie ibrida derivante dall incrocio del tiglio selvatica con Tilia platyphyllos, largamente impiegata nell arredo di parchi, giardini e alberature stradali. Tra le diverse specie risulta essere quella con la maggiore capacità di ramificare vicino al terreno (polloni). Ha portamento decorativo, alto e longevo, foglie larghe con una leggera peluria bianca nella pagina inferiore. La corteccia liscia si fessura invecchiando.

54 Nome comune: Tiglio argentato Nome scientifico: Tilia tomentosa Specie dal portamento maestoso, alto fino a 30 m, con i rami che si incurvano alle estremità e i giovani getti bianco-lanosi. Ha foglie verde scuro nella pagina superiore e tomentose bianco-argento nella pagina inferiore, ovate, portate su un breve picciolo. OLMO Famiglia: ULMACEAE Genere: Ulmus Nome comune: Olmo minore Nome scientifico: Ulmus campestre Albero a foglie decidue, che può raggiungere i 30 m di altezza; ha foglie ovato-ellittiche portate da un breve picciolo e margine doppiamente seghettato. Presente in tutte le regioni italiane sia spontaneo che coltivato, ha avuto ampia diffusione nei terreni argillosi della nostra pianura, caratterizzando il paesaggio delle campagne, dei giardini delle ville, delle corti, delle case coloniche, arrivando anche nelle città come componente dell arredo urbano. Albero longevo e forte, capace di sopportare anche ripetute capitozzature, in passato è stato impiegato molto come tutore vivo della vite. La presenza di questo importante albero è stata condizionata dalla diffusione della grafiosi già a partire dagli anni Sessanta: dovuta all azione di un insetto, lo Scolitide, che trasmette le spore di Graphium ulmi, un fungo patogeno che diffonde la malattia con la linfa, provocando il disseccamento dell intera pianta anche in tempi brevi. Non sono molti gli interventi possibili da effettuare contro questa malattia, se non quello di monitorare costantemente le piante al fine di eliminare porzioni vegetali colpite per evitare la diffusione, e lo sviluppo della ricerca genetica al fine di trovare cloni sempre più resistenti. Uno di questi, selezionato e resistente alla Grafiosi, ideale per siepi vivaci è Ulmus regista cv. Sapporo Gold 2, albero dal portamento naturalmente ramificato alla base.

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