Client briefing. Le principali disposizioni della direttiva UE sulle azioni di risarcimento dei danni derivanti da violazioni antitrust
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1 10 Novembre 2014 Client briefing Le principali disposizioni della direttiva UE sulle azioni di risarcimento dei danni derivanti da violazioni antitrust Per ulteriori informazioni si prega di contattare: Tommaso Salonico T E Fabrizio Arossa T E Giovanni Barone T E Mariano Granato T E Oggi le istituzioni dell Unione Europea hanno definitivamente approvato la direttiva in oggetto (Direttiva). Quest ultima è tesa ad agevolare il risarcimento dei danni derivanti da violazioni antitrust, attraverso le azioni civili disponibili negli Stati membri. Le principali aree in cui la Direttiva è intervenuta, e che hanno maggior rilevanza nell ambito dell ordinamento italiano, sono illustrate nel dettaglio qui di seguito ed includono ad esempio disposizioni riguardanti l equilibrio tra accesso, esibizione e protezione della confidenzialità dei documenti, la natura di "prova inconfutabile" attribuita alle decisioni delle autorità antitrust nazionali nei rispettivi Stati membri, i termini di prescrizione e le regole sulla relativa sospensione, alcune presunzioni probatorie ed altri diritti procedurali accordati alle parti. Gli Stati membri avranno due anni per attuare la Direttiva nei propri ordinamenti. (1) Protezione dei documenti relativi a programmi di clemenza e "settlement" in sede di accesso ed esibizione Articoli 5-8 della Direttiva La Direttiva introduce, da un lato, nuovi poteri per i giudici nazionali in merito all accesso ai documenti/prove nei procedimenti antitrust, dall altro anche corrispondenti limitazioni al fine di evitare che il procedimento di fronte ad un Autorità antitrust nazionale sia compromesso. Ad esempio, la Direttiva prevede che il giudice possa ordinare l esibizione di documenti solo qualora la richiesta sia precisa, specifica e proporzionata. È inoltre previsto che gli Stati membri adottino previsioni in grado di dare effettiva protezione ai documenti che beneficiano del c.d. "legal professional privilege", al fine di proteggere le informazioni confidenziali ivi contenute. In relazione ai documenti contenuti nel fascicolo di un Autorità nazionale, la Direttiva propone la seguente distinzione: documenti dei quali non può mai essere chiesta l esibizione: dichiarazioni rese
2 nell ambito del programma di clemenza e proposte transattive nel contesto della c.d. procedura di settlement (il divieto si estende anche agli estratti di tali documenti riflessi in altri documenti, es. la decisione finale dell Autorità); documenti ai quali può essere dato accesso solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo: richieste di informazioni e relative risposte, lettere degli addebiti (in Italia, la c.d. Comunicazione sulle Risultanze Istruttorie), proposte transattive che sono state ritirate; documenti dei quali può essere chiesta l esibizione in ogni momento: si tratta di una lista residuale, che sostanzialmente contiene ogni documento preesistente rispetto al procedimento ed ogni documento non indicato nei punti precedenti. Infine, con riferimento alla mancata collaborazione delle parti nel dare esecuzione ad un ordine del giudice in relazione all esibizione dei documenti, la Direttiva stabilisce che gli Stati membri debbano prevedere meccanismi tali per cui l imposizione di sanzioni in caso di inottemperanza sia effettiva, proporzionata ed abbia un reale effetto deterrente. Il diritto antitrust italiano prevede già la protezione delle dichiarazioni rese nell ambito dei programmi di clemenza, nel contesto di procedimenti avviati di fronte all Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che non sono quindi accessibili da parte di terzi (inclusi ricorrenti/vittime di illeciti antitrust) per l intera durata del procedimento amministrativo. Il diritto italiano è pertanto già in linea (almeno parzialmente) con la Direttiva. Tuttavia, in seguito all implementazione della Direttiva, le vittime di illeciti antitrust che eserciteranno azioni di risarcimento del danno di fronte ai giudici italiani non avranno più accesso a tutta una serie di documenti (i.e. dichiarazioni rese nel contesto del programma di clemenza e transazioni nell ambito della c.d. procedura di settlement), o comunque avranno la possibilità di accedervi solo in una fase successiva alla fine del procedimento. Tali disposizioni avranno quindi un impatto rilevante sul contenzioso italiano. Attualmente, nell ambito di azioni per il risarcimento del danno derivanti ad esempio da un cartello tra imprese, i giudici hanno la possibilità di ordinare, su istanza di parte, alle altre parti del procedimento o a terzi l esibizione di determinati documenti. Tuttavia, come noto tale potere non è esercitato frequentemente. Non è invero prevista alcuna sanzione per l inottemperanza a tale ordine, se non la possibilità (ma non l obbligo) per il giudice di desumere argomenti di prova della mancata collaborazione. Detto potere è in ogni caso soggetto ad una valutazione ampiamente discrezionale da parte degli organi giudicanti. Anche con riferimento ai requisiti stabiliti dalla Direttiva, ovvero la necessità che la richiesta di esibizione sia basata su ragioni specifiche, che sia il più precisa e circoscritta possibile, la disciplina italiana oggi applicabile è del tutto analoga, sebbene la Direttiva contenga una disciplina più specifica. Si presume che essa contribuirà quindi alla razionalizzazione dell intero sistema, introducendo anche nuovi meccanismi deterrenti con riferimento all inottemperanza agli ordini del giudice per l esibizione dei documenti e la distruzione degli stessi (Articolo 8.1(b)). Su un punto, tuttavia, la Direttiva è silente, lasciando quindi spazio ad approcci non
3 armonizzati. Infatti, ad eccezione di alcune dichiarazioni generali al considerando n. 26, la Direttiva nulla prevede con riferimento alla versione confidenziale della decisione finale (che si presume contenga, o possa contenere, gli estratti dei documenti il cui accesso è limitato). È possibile quindi attendersi contenziosi paralleli nelle varie giurisdizioni, e quindi anche in Italia, con riferimento all accesso alla, ed esibizione della, versione confidenziale della decisione finale della rilevante Autorità antitrust. (2) Valore probatorio delle decisioni di autorità antitrust nazionali Articolo 9 della Direttiva La Direttiva stabilisce che una decisione definitiva di un autorità antitrust nazionale che accerti un infrazione del diritto della concorrenza costituisca una "prova inconfutabile" ai fini di un azione di risarcimento del danno esercitata innanzi ai giudici nazionali del medesimo Stato membro (analogamente a quanto già previsto dall articolo 16 del Regolamento comunitario n. 1/2003 con riferimento alle decisioni della Commissione) (Articolo 9.1). Viceversa, una decisione di un autorità antitrust nazionale che voglia essere utilizzata in un azione di risarcimento del danno avviata in un altro Stato membro costituirà una prova semplice che almeno "prima facie" è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e potrà essere valutata insieme alle altre prove fornite dalle parti (Articolo 9.2). Le sue conclusioni non saranno quindi necessariamente vincolanti. In Italia, le valutazioni degli organi giurisdizionali sono indipendenti da quelle rese dall AGCM e da altre autorità nazionali. Sebbene gli accertamenti e le valutazioni contenute in provvedimenti delle autorità antitrust sono spesso fatte proprie dai giudici competenti, il diritto italiano non prevede che le decisioni dell AGCM o di un autorità nazionale straniera costituiscano una "prova inconfutabile". La Direttiva avrà quindi, almeno formalmente, portata innovativa.si ritiene quindi che l introduzione di tale previsione, soprattutto se letta in combinato disposto con l articolo 17 della Direttiva che prevede una presunzione circa l esistenza di un danno derivante dall intesa restrittiva, determinerà un incremento in Italia delle azioni di risarcimento del danno derivanti da cartelli già accertati o in corso di istruttoria da parte di un Autorità antitrust pubblica, ed in particolare l AGCM (c.d. "follow on actions"). Infatti, le previsioni combinate degli articoli 9.1 e 17 della Direttiva avranno l effetto di facilitare sensibilmente la soddisfazione dell onere della prova a carico dell attore rispetto a quanto avviene oggi in base al diritto italiano vigente. Viceversa, la portata innovativa del secondo comma dell articolo in esame è molto più limitata, considerando che in Italia le decisioni delle autorità antitrust nazionali di un altro Stato membro sono già considerate alla stregua di "prove atipiche" da valutarsi insieme ad altre prove. Pertanto, tale disposizione non dovrebbe avere un dirompente effetto di incentivare la proposizione di azioni per risarcimento del danno in Italia rispetto a cartelli accertati con decisioni di un autorità antitrust di un altro Stato membro. Questo anche alla luce del fatto che l Italia è generalmente
4 considerata come un "defendant-friendly forum" rispetto ad altri paesi come ad esempio la Gran Bretagna, con la conseguenza che le vittime di un illecito antitrust probabilmente preferiranno esercitare l azione di risarcimento direttamente nello Stato membro in cui la violazione è stata accertata. (3) Termini di prescrizione per esercitare l azione di risarcimento Articoli 10 e 18 della Direttiva La Direttiva introduce uno specifico termine di prescrizione applicabile alle c.d. "follow-on actions", stabilito in almeno cinque anni dal momento in cui la vittima/attore ha avuto, o si possa ragionevolmente presumere che abbia avuto, conoscenza dell infrazione del diritto della concorrenza commessa dall impresa convenuta e del danno da quest ultima causatogli. Tale termine non decorre durante tutta l istruttoria condotta da un autorità antitrust e fino almeno ad un anno dopo che la relativa decisione sull infrazione sia divenuta definitiva. Inoltre, il suddetto termine è sospeso (fino a due anni) per la durata dell eventuale procedimento di composizione consensuale della controversia tra il danneggiante ed il danneggiato (per il quale, ai sensi dell articolo 2.21 della Direttiva, si intende " ogni strumento che permetta alle parti di raggiungere una composizione consensuale/extragiudiziale riguardante l azione per il risarcimento del danno "). Tale disposizione comporterà un significativo impatto sul funzionamento dell attuale termine di prescrizione quinquennale applicabile in Italia, nella misura in cui viene semplificato il generale regime legale attualmente in vigore. Invero, in Italia le pretese di risarcimento del danno derivante da un illecito antitrust sono considerate come richieste di risarcimento del danno derivante da fatto illecito e sono già soggette ad un termine di prescrizione di cinque anni. Con riferimento all individuazione del momento in cui il termine di prescrizione inizia a decorrere, la giurisprudenza ha interpretato le norme del Codice Civile in modo tale per cui ha applicato, essenzialmente, regole simili a quelle previste nella Direttiva. Infatti, per giurisprudenza della Suprema Corte il termine di prescrizione si considera decorrente dal momento in cui l attore ha per la prima volta avuto, o avrebbe potuto avere usando l ordinaria diligenza, conoscenza di tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa: (i) la condotta, comprese le relative modalità fattuali e le circostanze che la rendono illecita; (ii) l esistenza e la gravità/entità del danno, compresa la sua imputabilità ad un soggetto determinato; e (iii) il nesso causale tra le due. Diversamente, l ordinamento italiano ad oggi non prevede una sospensione obbligatoria del decorso di tale termine prescrizionale nel caso in cui la decisione dell autorità antitrust nazionale sia stata impugnata innanzi ai competenti giudici di appello (TAR Lazio) e al Consiglio di Stato (sebbene tale sospensione possa essere discrezionalmente disposta dal giudice). Rispetto alla situazione così descritta, le disposizioni della Direttiva potrebbero avere un significativo impatto sulle azioni per il risarcimento del danno esercitate in Italia nella misura in cui ampliano i casi di sospensione e di interruzione attualmente previsti nell ordinamento italiano. In ultima analisi, la conseguenza
5 potrebbe essere quella di estendere, in alcuni casi in maniera significativa, il generale termine di prescrizione di cinque anni. Infatti, nell ordinamento italiano il termine prescrizionale risulta sospeso nel corso dei processi civili e dei procedimenti arbitrali e, indipendentemente dalla proposizione di un azione civile, in alcuni specifici casi, ma come appena detto non c è alcuna sospensione obbligatoria del termine prescrizionale nel caso in cui la decisione dell Autorità antitrust nazionale sia stata impugnata innanzi ai giudici amministrativi competenti. Dall altro lato, tale termine è automaticamente interrotto dall instaurazione di un procedimento giudiziario o arbitrale nonché da qualunque altro atto che costituisca una formale denuncia di inadempimento o violazione di un diritto (che deve contenere una specifica pretesa e una richiesta indirizzata alla parte responsabile dell illecito, e deve essere idonea a rivelare l intenzione di esercitare il diritto). É inoltre possibile attendersi contenziosi paralleli in relazione alla questione del significato da attribuire all espressione "composizione consensuale della controversia" ai fini della sospensione dei termini prescrizionali. (4) Possibile limitazione alla regola generale della responsabilità in solido di ciascun autore dell infrazione Articolo 11 della Direttiva La Direttiva stabilisce che le imprese che hanno ottenuto l immunità dalle ammende in virtù della propria auto-denuncia all Autorità antitrust nell ambito del relativo Programma di Clemenza potranno essere considerate responsabili soltanto nei confronti dei loro diretti/indiretti acquirenti o fornitori e non di quelli delle altre imprese responsabili dell infrazione, a meno che il soggetto danneggiato non sia effettivamente in grado di ottenere il risarcimento da tali altre imprese. Il recepimento di tale disposizione innoverà la legge italiana attualmente vigente, secondo la quale una parte può pretendere il risarcimento del danno nella sua integralità da ognuna delle imprese co-autrici dell infrazione. Ne consegue che tale disposizione innova altresì le regole relative alla ripartizione della responsabilità per il risarcimento del danno nell ambito dei rapporti interni di regresso tra le imprese co-autrici dell infrazione. Tuttavia, l importanza pratica di tale disposizione appare ridimensionata rispetto all esercizio delle azioni per il risarcimento del danno. Infatti, le vittime dei cartelli tendono generalmente a citare più di una delle imprese co-autrici della violazione potendo, in ultima analisi, pretendere il risarcimento del danno nella sua integrità anche nei confronti delle imprese beneficiarie dell immunità nel caso in cui gli altri co-autori della violazione non siano in grado di soddisfare pienamente la pretesa risarcitoria (si veda anche l articolo 19 della Direttiva, affrontato alla fine di tale nota). (5) Pretese risarcitorie da parte di acquirenti indiretti Articolo 14 della Direttiva Basandosi sulla premessa che " è prassi commerciale che gli aumenti dei prezzi siano trasferiti lungo tutta la catena di distribuzione ", l articolo 14.2 della
6 Direttiva dispone che anche gli acquirenti indiretti di prodotti/servizi oggetto di un cartello possono legittimamente avviare azioni per il risarcimento del danno. Al riguardo scatterà la presunzione che essi abbiano dovuto pagare un sovrapprezzo qualora essi dimostrino che: a. l impresa convenuta ha commesso una violazione del diritto della concorrenza; b. la violazione del diritto della concorrenza ha determinato un sovrapprezzo per il cliente diretto dell impresa convenuta; e c. gli acquirenti indiretti hanno acquistato beni/servizi oggetto dell infrazione antitrust o hanno acquistato beni/servizi derivanti o contenenti i beni/servizi oggetto dell infrazione. Nel prevedere che gli acquirenti indiretti possano beneficiare della presunzione relativa che un acquirente indiretto è stato danneggiato da un cartello semplicemente previa prova dei suddetti tre elementi, la Direttiva ha, di fatto, invertito, ponendolo sulle imprese convenute, l onere di provare/confutare che nessun sovrapprezzo è stato trasferito dal loro cliente diretto all acquirente finale (i.e. l attore). Tale previsione potrebbe favorire le azioni di risarcimento del danno in Italia da parte degli acquirenti indiretti.infatti, la normativa italiana e la giurisprudenza, se da un lato riconoscono il diritto ad un adeguato risarcimento nei confronti degli acquirenti indiretti, dall altro attualmente impongono a tali acquirenti indiretti, in qualità di attori, il pieno onere della prova dell esistenza (an debeatur) e dell entità (quantum debeatur) del danno presumibilmente sofferto, e cosa molto più importante la prova del nesso causale tra la condotta anti-competitiva dell impresa convenuta e il danno sofferto. Quest ultimo è un elemento che in alcuni casi potrebbe essere non semplice da provare da parte degli acquirenti indiretti per il fatto che questi non hanno avuto nessuna relazione commerciale diretta con l impresa convenuta. Per tale ragione si ritiene che l articolo 14.2 della Direttiva faciliterà l onere probatorio gravante sugli acquirenti indiretti. (6) Presunzione relativa dell esistenza di un danno Articolo 17 della Direttiva La Direttiva ha introdotto una presunzione relativa secondo cui " le infrazioni sotto forma di cartello hanno effetti pregiudizievoli " (articolo 17.2). Tale disposizione, in combinato con quanto previsto dal già richiamato articolo 9.1 relativamente al carattere di "prova inconfutabile" delle decisioni delle autorità nazionali, faciliterà per gli attori italiani la prova del danno che rappresenta uno degli elementi più difficili da dimostrare nelle azioni per il risarcimento dei danni antitrust (che ai sensi del diritto italiano sono generalmente considerate come azioni civili per il risarcimento del danno derivante da fatto illecito). In tal modo, infatti, si ha l inversione del corrispondente onere della prova in capo alle imprese convenute. Questo potrà avere un significativo impatto sulle azioni per il risarcimento del danno in Italia, che come detto è attualmente considerata come un
7 foro favorevole al convenuto inter alia perché ai sensi del diritto processuale italiano (che non prevede i tipici mezzi probatori inglesi e statunitensi quali la discovery e la cross-examination dei testimoni) le vittime di un cartello generalmente incontrano grandi difficoltà nel provare la stessa esistenza e soprattutto l entità dei danni. La disposizione in esame della Direttiva dovrebbe ora facilitare tale incombenza probatoria dal momento che l onere di superare la presunzione che il cartello ha determinato un pregiudizio sarà ora trasferito in capo ai responsabili dell infrazione. Inoltre, nell ambito della strategia processuale delle c.d. "torpedo actions" in Italia, che sono di regola esercitate dai soggetti responsabili di un cartello al fine di ottenere l accertamento negativo dell esistenza di effetti pregiudizievoli e di danni derivanti dal cartello, tale previsione sembra assumere rilievo rispetto a due questioni procedurali: a. con riguardo all onere probatorio, la disposizione non sembra avere un significativo impatto pratico dal momento che l attore in una torpedo action (i.e. uno dei cartellisti) è già tenuto a provare in primo luogo che una data condotta anti-competitiva non ha determinato alcun pregiudizio. In altre parole, le torpedo actions già presuppongono una sorta di inversione dell onere di provare (l assenza di) un pregiudizio anticoncorrenziale causato dal cartello; b. con riguardo al c.d. "interesse ad agire" (che ai sensi del diritto processuale italiano rappresenta un requisito preliminare indispensabile per esercitare qualsiasi azione civile), la disposizione in questione potrebbe effettivamente avere l effetto di facilitare l esercizio delle torpedoes. Attualmente, l attore di una torpedo (i.e. un membro del cartello) avrebbe di regola bisogno che, ad esempio, uno o più dei presunti soggetti danneggiati formuli una formale pretesa stragiudiziale di risarcimento del danno nei confronti del cartellista in questione. La giurisprudenza italiana esige infatti l esistenza di una situazione di obiettiva incertezza che l azione, nel richiedere un accertamento negativo dei danni, mirerebbe a rimuovere. E tali pretese stragiudiziali sono ritenute sufficienti a tale scopo. Pertanto, nell attuale situazione antecedente la Direttiva, in assenza di formali pretese stragiudiziali di risarcimento del danno, durante il periodo di tempo intercorrente tra la data di una decisione della Commissione Europea o di un autorità antitrust nazionale sul cartello e il momento in cui la presunta vittima inoltra tale richiesta di risarcimento del danno, un attore nell esercitare un azione torpedo potrebbe veder sollevare con successo la fondamentale eccezione che la sua azione difetta del requisito dell interesse ad agire. A seguito dell entrata in vigore di tale disposizione della Direttiva, si potrebbe sostenere che anche in assenza di una pretesa stragiudiziale di risarcimento del danno una situazione di incertezza già esiste, in quanto derivante dalla presunzione che un dato cartello ha causato un danno, che può essere risarcito proprio attraverso una "follow-on action" facilitata dalla stessa presunzione. Si ritiene invece che le seguenti disposizioni non avranno un significativo impatto nell ordinamento italiano. (7) Pass-on del danno lungo la catena produttiva/distributivaarticoli della Direttiva La Direttiva stabilisce che, nel caso di azioni risarcitorie intentate dagli acquirenti diretti di un bene/servizio oggetto di intesa anticoncorrenziale, l onere di provare che il relativo sovrapprezzo è stato trasferito lungo la catena produttiva/distributiva (c.d. "pass-on"), e che quindi il ricorrente non ha subito un danno, ricade
8 sull impresa convenuta. In pratica, è improbabile che tale previsione modificherà quanto già accade nelle "follow-on actions" in Italia, dove le imprese convenute già sono tenute a dimostrare il "pass-on". La difesa del "pass-on" nelle pretese di risarcimento del danno derivante da un cartello è infatti ammissibile ai sensi del diritto italiano, ove si consideri che il diritto civile, ed in particolare le regole che governano l azione di risarcimento del danno extracontrattuale, negano il risarcimento nei confronti di chi non ha effettivamente sofferto il danno, e ciò non sarebbe dimostrabile nella misura in cui sia stato trasferito sui propri clienti (i.e. acquirenti indiretti) qualsiasi sovrapprezzo causato dal cartello, eccezion fatta per la perdita di profitto sofferta nel caso in cui il "pass-on" abbia causato una riduzione dei volumi di vendita. (8) Esclusione dal risarcimento giudiziale delle vendite "cartellizzate" effettuate da imprese convenute che abbiano già chiuso una transazione consensuale Articolo 19 della Direttiva La Direttiva stabilisce che " dalla richiesta del soggetto danneggiato che ha transatto è sottratta la quota parte di danno, che l infrazione ha determinato nei confronti del danneggiato, provocato dal coautore dell infrazione che ha transatto ". Tale previsione si applica nel caso in cui il danneggiato abbia raggiunto un accordo transattivo con uno dei convenuti, e preclude ai restanti convenuti di agire in regresso contro il convenuto che ha transatto. L attuale regime in vigore nell ordinamento italiano è sostanzialmente analogo e pertanto non si ritiene che tale disposizione avrà un impatto significativo sul contezioso in Italia in materia antitrust. This material is provided by the international law firm Freshfields Bruckhaus Deringer LLP (a limited liability partnership organised under the law of England and Wales) (the UK LLP) and the offices and associated entities of the UK LLP practising under the Freshfields Bruckhaus Deringer name in a number of jurisdictions, and Freshfields Bruckhaus Deringer US LLP, together referred to in the material as Freshfields. For regulatory information please refer to The UK LLP has offices or associated entities in Austria, Bahrain, Belgium, China, England, France, Germany, Hong Kong, Italy, Japan, the Netherlands, Russia, Singapore, Spain, the United Arab Emirates and Vietnam. Freshfields Bruckhaus Deringer US LLP has offices in New York City and Washington DC. This material is for general information only and is not intended to provide legal advice. Unsubscribe if you no longer wish to receive s from Freshfields. Freshfields Bruckhaus Deringer LLP 2014 freshfields.com
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