Principio di trasparenza, forme di accesso agli atti, ai dati e alle informazioni, contro limiti e tutela processuale

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1 Principio di trasparenza, forme di accesso agli atti, ai dati e alle informazioni, contro limiti e tutela processuale Il termine trasparenza viene dal latino trans parire, guardare attraverso, il concetto applicato all attività amministrativa implica la conoscibilità e la comprensibilità dell organizzazione, nonché, dei meccanismi di funzionamento della PA. Turati, nel 1908, si auspicava che la casa della PA divenisse di vetro. Oggi quel monito può dirsi realizzato. La trasparenza rientra tra i principi cardini della PA e costituisce obiettivo perseguito e sempre più rafforzato dal legislatore. L importanza di tale principio deriva da una rivoluzione copernicana del diritto amministrativo e, in particolare, del modo di intendere il rapporto tra soggetto pubblico e cittadini. Ante legge 241 del 1990, si registrava, al contrario, una totale chiusura della PA verso i privati, del tutto estromessi dalla gestione della macchina pubblica. Ciò era dovuto anche ad un estrema fiducia nella PA, cui si aggiungeva una più rigida predeterminazione dell interesse pubblico da perseguire. Il sistema incominciò a mostrarsi poco compatibile con i principi costituzionali. Era ipotizzabile una violazione dell art. 97 Cost che, imponendo l imparzialità e il buon andamento, implica un confronto con i destinatari dell attività amministrativa; dell art. 98 Cost., secondo cui i pubblici dipendenti sono all esclusivo servizio della Nazione; dell art. 21 Cost., che riconosce il diritto all informazione. Il privato, inoltre, non potendo accedere agli atti della PA, neppure a quelli che lo riguardavano, era costretto a proporre ricorsi al buio, con

2 palese violazione degli artt. 24 e 111 Cost. Il quadro di riferimento inizia a mutare con la legge sul procedimento amministrativo e, ancor più incisivamente, con la riforma del 2005 che introduce la trasparenza tra i principi generali dell attività della PA (art. 1, comma 1, legge 241/1990). Disposizioni di analogo tenore si rinvengono anche in settori speciali, quali, ad esempio, quello dei contratti pubblici. Innanzitutto, si garantisce al privato la partecipazione nel procedimento amministrativo che lo vede coinvolto. Si rafforzano, in tal modo, i principi d imparzialità e buon andamento che impongono un raffronto tra tutti gli interessi coinvolti e l adozione della soluzione funzionale all obiettivo perseguito che comporta la minore compromissione delle posizioni antagoniste. Emerge già da questo dato lo stretto collegamento della trasparenza con gli altri principi fondamentali dell attività amministrativa. Altra importante novità riguarda l obbligo di motivazione ex art. 3, legge 241/1990, dei provvedimenti: il privato è, così, in grado di conoscere le ragioni che hanno portato all adozione di quell atto. La motivazione è importante anche per il giudice, perché fornisce un criterio interpretativo della scelta della PA, e per la collettività, quale forma di controllo democratico sulla gestione della res publica. Ancor più significativa risulta l introduzione del diritto di accesso, di cui agli artt. 21 e ss, legge 241/1990. L accesso è concepito in questa fase in chiave essenzialmente difensiva, quindi, risponde ad un interesse privatistico, più che di carattere pubblicistico. Esso serve a bilanciare il rapporto tra privato e PA: la ragione è da individuarsi in una soggezione di diritto, dovuta all esercizio da parte della PA di poteri autoritativi, cui si aggiunge una soggezione di fatto, quanto all attività di gestione ed erogazione dei servizi pubblici. Risulta evidente la ratio analizzando la legittimazione attiva riservata a chi abbia un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridica collegata al documento di cui si richiede l ostensione. L art. 24, comma 4, legge 241/1990 ribadisce che l accesso non è finalizzato ad un controllo generalizzato dell attività amministrativa, ma deve risultare funzionale alla protezione di una specifica situazione giuridica dell istante. La giurisprudenza ha progressivamente ampliato il novero delle posizioni

3 giuridiche tutelabili, ricomprendendo, ad esempio, anche gli interessi procedimentali, le aspettative di diritto, purché non si tratti di un mero interesse di fatto. È sufficiente un pregiudizio anche solo potenziale, infatti, non va confusa l attualità dell interesse con quella della lesione. L accesso, inoltre, non necessariamente deve collegarsi alla tutela processuale, potendo anche essere finalizzato a sollecitare l autotutela o la proposizione di un ricorso amministrativo. L importante è che ci sia un collegamento tra il documento che si richiede e la posizione che s intende tutelare. Può avere ad oggetto solo documenti già formati, non anche semplici dati o informazioni, onde non aggravare eccessivamente il carico di lavoro della PA. Il legislatore, confermando la tesi già seguita in giurisprudenza, ha poi espressamente riconosciuto l accessibilità agli atti interni, nonché, a quelli di pubblico interessi, seppur concernenti un attività privatistica. L istanza di accesso può avere, inoltre, quale legittimato passivo un soggetto formalmente privato, ma svolgente un attività di rilievo pubblico. Individuare i documenti di rilievo pubblicistico si mostra, però, operazione poco agevole, basti pensare al problema dell accesso esercitato dal dipendente di una società erogatrice di un servizio pubblico sul quale si è di recente pronuncia l Adunanza Plenaria (sentenza n. 13 del 2016). La ratio del diritto di accesso nell impianto della legge 241/1990 ne ha influenzato le modalità di esercizio: occorre un istanza motivata in cui si dia atto della strumentalità del documento richiesto rispetto alla posizione giuridica di cui si è titolari. Quel controllo generalizzato sull attività della PA, espressamente vietato dall art. 24 cit., viene garantito dal legislatore del 2013 con l introduzione di una nuova forma di accesso. Si allude al cd. accesso civico previsto dal d. lgs. 33/2013. Cambia la prospettiva della trasparenza, non più legata ad un interesse privatistico, bensì della collettività che deve poter verificare come le risorse pubbliche vengano impiegate. Il mutamento di rotta si spiega alla luce dei sempre più numerosi episodi di corruzione, nonché dei fenomeni di mala gestio, che vanno ad intaccare quel sentimento di fiducia nella PA, sulla base del quale, in passato, si tollerava la chiusura verso l esterno della macchina pubblica. Non a

4 caso, infatti, il nuovo istituto è stato introdotto nell ambito del cd pacchetto anticorruzione. L art. 1, d. lgs. 33/2013, definisce la trasparenza quale accessibilità totale ai documenti, ai dati della PA. Tuttavia, quest apertura totale, almeno fino al 2016, non è stata reale, dal momento che il legislatore ha selezionato le informazioni da pubblicare sui siti istituzionalizzati. Il dato particolarmente rilevante è che l obbligo di pubblicazione deriva dalla legge e prescinde da un apposita istanza di parte. In caso di omissione, chiunque può, senza necessità di motivazione e costi di sorta, richiederne la pubblicazione. Per rafforzare il sistema si è prevista l istituzione di un responsabile della trasparenza (art 43); sono, inoltre, applicabili sanzioni a carico della PA inadempiente (artt. 46 e 47). Rispetto alla legge 241/1990, l impianto dell accesso civico è profondamente diverso: la finalità non è difensiva, ma di controllo; la legittimazione è riconosciuta a chiunque, senza necessità di motivazione; l oggetto è più ampio, non essendo limitato alle sole informazioni già contenute in documenti; differenti sono, altresì, le modalità, sussistendo un obbligo ex lege di pubblicazione. L accessibilità totale cui fa riferimento l art. 1 del d.lgs. 33/2013 viene realizzata dal legislatore con il d.lgs. 97/2016, emanato in attuazione della cd. riforma Madia. Come nel F.O.I.A. di origine anglosassone, viene riconosciuta la facoltà di accedere ad ogni dato, documento o informazione della PA, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione. Nell accesso civico semplice l istanza è richiesta solo in via successiva per le ipotesi di inadempimento della PA, mentre in quello generalizzato è sempre necessaria: si passa da una trasparenza proattiva a una reattiva, in cui c è sollecitazione del privato. L accesso generalizzato risulta molto differente da quello della legge 241/990, sebbene in entrambi ci sia una richiesta del soggetto interessato: basti pensare che, sotto il profilo soggettivo, la legittimazione è riconosciuta a chiunque e, quanto all ambito oggettivo, può trattarsi anche di semplici dati o informazioni. Il Consiglio di Stato, nel parere al d.lgs. 97/2017, fornisce importanti indicazioni per la comprensione del nuovo istituto.

5 La trasparenza è, ormai, un valore fondamentale per l attività amministrativa, ma bisogna evitare che la stessa si tramuti in eccessivi e, quindi, controproducenti oneri per la PA (la cd. burocratizzazione della trasparenza). L accesso generalizzato serve a ricostruire la fiducia, ormai smarrita, della collettività nei soggetti pubblici, dopo i numerosi casi di corruzione, mala gestio e inerzia. Il Consiglio di Stato, sempre in sede consultiva, individua uno stretto collegamento tra trasparenza e l art. 17 bis, legge 241/1990: la PA non deve essere inerte, in tal caso l ordinamento reagisce con la più severa delle sanzioni, ossia la perdita del potere di dissentire in ritardo. La ratio di questa accessibilità totale si rinviene anche nel fatto che l interesse pubblico, a differenza del passato, non è più rigidamente predeterminato dal legislatore, ma è il risultato di un dialogo con i soggetti privati, da qui la necessità di poter conoscere le varie fasi del procedimento amministrativo. La trasparenza, per quanto sia un valore fondamentale, necessita di essere bilanciata con altri interessi altrettanto meritevoli di tutela. La legge 241/1990 consente un accesso più profondo, dato che il privato agisce per proteggere una specifica posizione giuridica di cui è titolare; l accesso civico, semplice o generalizzato, ha portata più estesa, essendo riconosciuto a chiunque, ma, al tempo stesso, è meno profondo, difettando una precisa esigenza difensiva. Tale aspetto emerge dalla disciplina dei controlimiti. L art 24, legge 241/1990, prevede divieti assoluti e relativi. In particolare, va valutato l interesse alla riservatezza dei soggetti implicati nei documenti di cui è richiesta l ostensione. L accesso deve, in ogni caso, essere consentito ove la conoscenza sia necessaria per curare o difendere un proprio interesse giuridico. Il livello di tutela della riservatezza dipende dal tipo di dato considerato. Per i dati ordinari è lo stesso legislatore a stabilire la prevalenza dell esigenza difensiva, senza che la PA possa verificare la fondatezza della pretesa e senza che sia necessaria la sussistenza di un azione giudiziaria già in atto. Per i dati sensibili, invece, è richiesta l indispensabilità della conoscenza che la PA dovrà valutare. Rigore ancora maggiore è previsto per i dati sensibilissimi, ossia quelli idonei a divulgare lo stato di salute e la vita sessuale di terzi: in tal caso, a norma dell art 60, d.lgs. 196/2003 cui si rinvia, è necessario che l accesso sia funzionale alla tutela di una posizione giuridica di pari rango.

6 In ogni caso va fatta applicazione del principio di proporzionalità, per cui l accesso non va negato ove sia possibile tutelare adeguatamente l interesse altrui con cancellazioni o omissis. Il d.lgs. 33/2013 richiama i limiti della legge 241/1990 che, però, vanno adattati a questa differente forma di accesso, nella consapevolezza che la pubblicazione dei dati su siti a chiunque visibili rende più probabile una lesione della riservatezza. Su tali basi, i dati ordinari sono pubblicabili; per quelli sensibili è richiesto il requisito dell indispensabilità da valutarsi in rapporto all esigenza di controllo sull attività amministrativa; per i dati sensibilissimi, è opinione condivisa che ne vada esclusa la pubblicazione, in quanto non avrebbe senso verificare la sussistenza di un controinteresse di pari rango, considerando che il dato è conoscibile da chiunque. Anche il d.lgs. 97/2016, come la legge 241/1990, distingue tra divieti assoluti e relativi, posti a tutela di interessi tanto di carattere pubblicistico che privatistico. Tra questi ultimi, quella che desta maggiori interessi è l esigenza di tutela dei dati personali: l accesso deve essere negato ove gli stessi possano subire un concreto pregiudizio. Mancando un obbligo di pubblicazione stabilito a monte dal legislatore, si riconosce una maggiore discrezionalità della PA chiamata a verificare, se e in che misura, l esigenza di controllo sull attività amministrativa possa dirsi prevalente rispetto ai controinteressi individuati. In linea di massima, dovrebbero ritenersi non ostensibili i dati sensibili e sensibilissimi, limitando l istituto ai soli dati ordinari. Anche l ANAC protende per tale soluzione, pur rimarcando la necessità di analizzare le peculiarità di ciascuna richiesta di accesso. Il legislatore con una disposizione che non trova rispondenza nella legge 241/1990, né nel d.lgs. 33/2013, dà rilievo in sede procedimentale, ancor prima che processuale, alla posizione di eventuali controinteressati individuati dalla PA. Questi possono, ricevuta apposita comunicazione, presentare una motivata opposizione di cui la PA deve tener conto nel riconoscere o meno l accesso. Le diverse rationes dell istituto si manifestano, altresì, sotto il profilo della tutela processuale. Nell impianto della legge 241/1990 l eventuale silenzio della PA all istanza di parte è equiparato al mancato accoglimento della stessa. Contro il diniego,

7 espresso o tacito, e contro un eventuale differimento, l istante può fare richiesta di riesame al difensore civico, ove costituito, o presentare ricorso ex art. 116 cpa. La disposizione individua un rito speciale in cui i termini sono ridotti e la sentenza è in forma semplificata. Il giudice, se ritiene fondata l istanza, può ordinare alla PA l esibizione del documento, ciò perché quel bilanciamento tra contrapposti interessi non costituisce un potere discrezionale riservato al soggetto pubblico, ma ben può essere fatto in via sostitutiva dal GA. La tutela processuale è, quindi, di tipo impugnatorio, con la possibilità di ottenere una sentenza di condanna ad un facere a carico del soggetto pubblico. Il rito di cui all art. 116 cpa è stato esteso anche all accesso civico ed è attivabile dal privato che abbia preventivamente presentato istanza finalizzata ad ottenere la pubblicazione delle informazioni omesse. Sebbene il rito sia lo stesso, nelle ipotesi di accesso civico si potrebbe configurare una giurisdizione oggettiva, posto che il privato non agisce per tutelare una posizione giuridica personale, ma ai fini dell interesse pubblicistico, qual è il controllo sull organizzazione e sull attività della PA. Si è, infatti, parlato di un azione popolare correttiva; l unica peculiarità è che la legittimazione è subordinata all aver presentato una preventiva istanza. Il giudice, nel valutare la fondatezza della richiesta, non deve verificare se il documento sia o meno funzionale alla tutela di una peculiare posizione giuridica, bensì se la pubblicazione sia stata imposta dal legislatore. Con la riforma del 2016, il legislatore ha introdotto una significativa novità, accogliendo sul punto i suggerimenti del Consiglio di Stato, ossia che il procedimento di accesso civico debba concludersi con un provvedimento motivato ed espresso. Il silenzio della PA non può essere equiparato a un diniego, ciò introdurrebbe un elemento di opacità da evitare: si verificherebbe, così, il paradosso che un provvedimento in materia di trasparenza neghi all istante di conoscere gli argomenti in base ai quali l accesso non gli è accordato. Riemerge, pertanto, quel collegamento tra trasparenza e silenzio già evidenziato dal Consiglio di Stato, in riferimento all art. 17 bis, legge 241/1990. Contro il diniego, l interessato, oltre che fare istanza di riesame al responsabile della prevenzione della trasparenza, può fare ricorso ex art. 116 cpa ( così, l art. 6, comma 7, d.lgs. 97/2016). Va dato, però, atto della mancata riforma dell art.

8 116 cit. che, ad oggi, fa esclusivo riferimento all accesso civico connesso all inadempimento degli obblighi di pubblicazione. Anche per l accesso civico generalizzato potrebbe configurarsi un ipotesi di giurisdizione oggettiva. Residua un dubbio sull azione esperibile in caso di inerzia della PA a fronte dell istanza di accesso civico. È verosimile immaginare, fino ad un intervento legislativo espresso, l attivazione del rito sul silenzio inadempimento di cui all art. 117 cpa, anziché quello delineato dall art. 116, con tutte le conseguenze che ne derivano quanto ai termini di impugnazione. Il legislatore, coerentemente con la tutela procedimentale riconosciuta, espressamente attribuisce anche ai controinteressati la facoltà di ricorrere nei casi di accoglimento della richiesta. Alla luce degli ultimi interventi normativi può dirsi, come dallo stesso Consiglio di Stato riconosciuto, che la casa della PA sia diventata di vetro, tuttavia, l accessibilità, sebbene generalizzata, deve sempre fare i conti con la tutela di controinteressi, in particolare, la riservatezza. È coerente solo nelle ipotesi ex legge 241/1990 un accessibilità più profonda, dato che il privato agisce a tutela di una specifica posizione giuridica di cui è titolare, inoltre, il documento richiesto resta nella sua sfera di conoscibilità. Ed è questa la ragione per cui, nonostante l introduzione dell accesso civico generalizzato, quello difensivo continua ad avere un ruolo di tutto rilievo, che ne impedisce l eliminazione dal sistema normativo. Meno utile risulta, invece, l accesso civico semplice, tanto che il Consiglio di Stato aveva suggerito di inglobarlo in quello generalizzato, tuttavia, una tale soluzione non è apparsa del tutto opportuna: eliminare gli obblighi di preventiva pubblicazione può comportare un incremento delle istanze di accesso a cui la PA deve rispondere in modo espresso e motivato.

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