La dirigenza pubblica

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1 Luca Busico - Vito Tenore La dirigenza pubblica Reclutamento. Rapporto di lavoro. Diritti e doveri. Incarichi. Responsabilità. Controversie. CCNL 2006/2009 Normativa giurisprudenza e dottrina

2 INDICE GENERALE INDICE GENERALE Premessa...7 CAPITOLO 1 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO Le disposizioni costituzionali sulla pubblica amministrazione Evoluzione normativa della dirigenza pubblica Il d.p.r. n. 748 del La prima privatizzazione La seconda privatizzazione Le innovazioni della legge n. 145 del 2002 e successive...17 CAPITOLO 2 RAPPORTO TRA POLITICA ED AMMINISTRAZIONE Evoluzione del rapporto tra politica ed amministrazione Le finalità della distinzione fra attività politica ed attività gestionale Le funzioni di indirizzo politico Le funzioni gestionali Dalla separazione alla distinzione delle funzioni...34 CAPITOLO 3 RECLUTAMENTO DEI DIRIGENTI La disciplina dell accesso alla qualifica dirigenziale

3 LA DIRIGENZA PUBBLICA 3.2 L accesso alla dirigenza scolastica Dal ruolo unico al ruolo delle singole amministrazioni...49 CAPITOLO 4 LA DISCIPLINA DEL RAPPORTO La privatizzazione della dirigenza pubblica La contrattazione collettiva Le funzioni dirigenziali La capacità e i poteri del datore di lavoro privato CAPITOLO 5 LA DISCIPLINA DEGLI INCARICHI DIRIGENZIALI Evoluzione normativa Tipologie di incarichi Conferimento dell incarico dirigenziale: natura giuridica dell atto Presupposti e criteri per il conferimento La temporaneità dell incarico L inapplicabilità dell art c.c Lo spoils system Gli incarichi ai soggetti esterni all amministrazione...86 CAPITOLO 6 I RAPPORTI TRA DIRIGENTI Rapporti tra dirigenti titolari di uffici dirigenziali generali e gli altri dirigenti

4 INDICE GENERALE 6.2 Delega di funzioni La vicedirigenza...92 CAPITOLO 7 IL TRATTAMENTO ECONOMICO DEL DIRIGENTE PUBBLICO La retribuzione dei dirigenti Il problema della c.d. onnicomprensività Il divieto di reformatio in peius del trattamento economico CAPITOLO 8 IMPEGNO DI LAVORO DEI DIRIGENTI Dall orario di lavoro all impegno di lavoro I dirigenti e il part-time CAPITOLO 9 LE RESPONSABILITÀ DEI DIRIGENTI La responsabilità disciplinare del dirigente La responsabilità dirigenziale La responsabilità civile, penale ed amministrativo-contabile (rinvio) CAPITOLO 10 LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRIGENTI Le questioni di giurisdizione La posizione soggettiva del dirigente rispetto all incarico

5 LA DIRIGENZA PUBBLICA APPENDICE NORMATIVA 141 D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro area dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa del Servizio Sanitario Nazionale Parte normativa quadriennio 2006/ Contratto collettivo nazionale di lavoro Area I Dirigenza comparto ministeri Quadriennio normativo 2002/ Contratto collettivo nazionale di lavoro dell Area della dirigenza del Comparto Regioni e Autonomie Locali Quadriennio normativo 2002/ Contratto collettivo nazionale di lavoro dell Area VI della Dirigenza Agenzie Fiscali Quadriennio normativo 2002/ Disegno di Legge recante Delega al Governo finalizzata all ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, approvato dal Consiglio dei ministri del 18 giugno 2008 ed esaminato in sede referente dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato il 13 novembre INDICE ANALITICO 399 6

6 PREMESSA Premessa Il volume, dedicato ad un tema classico per i lavoristi, colma una lacuna nel pur vasto panorama degli studi dedicati al pubblico impiego privatizzato, offrendo al lettore un aggiornato quadro non solo della normativa e della dottrina in materia di dirigenza pubblica, ma, soprattutto, della ormai ricca giurisprudenza ordinaria, amministrativa e costituzionale che si è interessata, da orma 15 anni, dei profili fisiologici e patologici della carriera apicale nelle pubbliche amministrazioni. Con linguaggio chiaro e sfrondato dall inutile giuridichese, la monografia si pone l obiettivo, con rigore scientifico, di analizzare tutti i profili, fisiologici e patologici, del rapporto di lavoro del dirigente pubblico privatizzato, avendo come basilare referente il dato normativo, la più autorevole dottrina e, soprattutto, la corposa giurisprudenza, basilare faro di orientamento per studiosi, magistrati, avvocati e per tutti gli operatori della p.a. che vogliano inquadrare, con rapidità e affidabilità, tutti gli istituti portanti della dirigenza pubblica e che vogliano prevenire errori applicativi o interpretativi. Il rapporto di lavoro del dirigente pubblico viene analizzato dal suo nascere, sino alla sua cessazione, in tutti i suoi profili (reclutamento, attribuzione degli incarichi, revoca degli stessi, spoils system, poteri gestionali esercitabili, trattamento economico, orario di lavoro ecc.) ivi compresi quelli delle responsabilità e del contenzioso, quest ultimo assai frequente nella categoria, come si desume dai repertori giurisprudenziali. Si è cercato altresì di offrire qualche spunto di riflessione sul passato e sul futuro della dirigenza, alla luce del recentissimo disegno di legge sull ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, attualmente in discussione. Lo studio, in conclusione, si dirige a tutti gli operatori giuridici (magistrati, avvocati, pubblici dipendenti, studiosi) che vogliano avere, in un 7

7 LA DIRIGENZA PUBBLICA congruo numero di pagine, un chiaro ed aggiornato quadro della dirigenza pubblica. Una utile appendice normativa, con i fondamentali testi legislativi e contrattuali in materia, completa lo studio. Roma, gennaio 2009 Vito Tenore Il testo è frutto del costante e ragionato confronto tra i due autori. Tuttavia a Vito Tenore è dovuta la stesura dei capitoli 4, 9 e 10, mentre a Luca Busico è dovuta la stesura dei restanti capitoli. 8

8 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO 1 Principi costituzionali ed excursus storico 1.1 Le disposizioni costituzionali sulla pubblica amministrazione La Costituzione Repubblicana dedica due disposizioni (gli artt. 97 e 98) della sezione II del titolo III alla pubblica amministrazione. L art. 97 al comma 1 enuncia i principi di buon andamento ed imparzialità dell azione amministrativa 1. Il concetto di buon andamento 2 può essere definito nel senso di svolgimento dell azione amministrativa non solo formalmente corretto, ma anche e soprattutto svolgimento efficiente ed efficace della medesima, come confermato anche dall art. 1, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo. Tale norma prevede che l azione amministrativa è retta da criteri di economicità e efficacia, i quali, come è stato evidenziato 3, sostanziano il contenuto del principio del buon andamento rispettivamente nel rapporto tra risorse impiegate e risultati raggiunti, tra obiettivi prefissati e risultati raggiunti. Il concetto di imparzialità 4 comporta che l amministrazione debba, 1. Cfr. PINELLI, Commento agli artt. 97 e 98, in Commentario alla Costituzione, a cura di BRAN- CA - PIZZORUSSO, Bologna - Roma, Cfr.: NIGRO, Studi sulla funzione organizzativa della pubblica amministrazione, Milano, 1966, 77; ANDREANI, Il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, Padova, 1979; FRONTONI, Brevi note in tema di buon andamento, in Giur. it., 1997, I, Cfr. PASTORI, Commento art. 1 l. 241/1990, in Nuove leggi civ. comm., 1995, Cfr.: BARILE, Il dovere di imparzialità dell Amministrazione pubblica, in Scritti in onore di Calamandrei, Padova, 1958, IV, 25; ALLEGRETTI, L imparzialità amministrativa, Milano, 1965; MER- LONI, Amministrazione neutrale e amministrazione imparziale (a proposito dei rapporti tra politica e amministrazione), in Dir. pubbl., 1997, 319; GARDINI, Imparzialità amministrativa e nuovo ruolo della dirigenza, in Dir. amm., 2001, 39. 9

9 LA DIRIGENZA PUBBLICA nell emanare i suoi atti, ponderare tutti gli interessi legislativamente tutelati, ispirando le sue scelte o ai criteri che siano stati stabiliti dalle norme o ai criteri stabiliti in sede di determinazione dell indirizzo politico, che sia avvenuta secondo le regole di democrazia, stabilite anch esse dalle norme 5. La giurisprudenza della Corte Costituzionale in diverse occasioni ha fatto riferimento ai canoni del buon andamento e dell imparzialità 6, ammettendo o escludendo il contrasto di singole disposizioni con i parametri medesimi, i quali tendono per lo più ad essere definiti per implicito ed indirettamente attraverso la precisazione di ciò che è coerente od in contrasto con essi. Come è stato rilevato 7, il buon andamento e l imparzialità sono clausole generali che necessitano di continua attuazione, adeguamento e adattamento da parte del legislatore, per cui il sindacato di costituzionalità delle leggi sotto il profilo della loro violazione deve essere svolto come verifica della non irragionevolezza o della non arbitrarietà della disciplina denunziata. L art. 97 della Costituzione al comma 3 dispone che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi previsti dalla legge. L enunciazione del principio del concorso nell art. 97, anziché nel successivo art. 98 relativo ai pubblici impiegati, è stata ritenuta dalla dottrina 8 significativa, poiché l imparzialità ed il buon andamento dell amministrazione (di cui al comma 1 dell art. 97 medesimo) sono assicurati anche con una congrua scelta del personale degli uffici. Il buon andamento è facilitato se il reclutamento del personale avviene sulla base di un esame obiettivo e spersonalizzato delle capacità; l imparzialità viene garantita dall esclusione di ogni forma di discriminazione nell accesso all impiego pubblico, ossia dall effettivo rispetto delle condizioni di uguaglianza stabilite dall art. 51 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini dell uno e dell altro sesso possono accedere agli uffici pubblici Cfr. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2000, Cfr.: SAITTA, Il principio di buon andamento della pubblica amministrazione nella giurisprudenza costituzionale, in Dir. società, 1988, 53; BINDI, Legittimità costituzionale e modalità di attuazione del principio di buon andamento, in Giur. cost., 1994, Cfr. CONSO, La giustizia costituzionale nel 1990, ivi, 1991, Cfr.: ESPOSITO, La Costituzione italiana, Saggi, Padova, 1954, 246; MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1958, Cfr. POTOTSCHNIG, Commento all art. 97, comma 3 (art. 51), in Commentario alla Costituzione, a cura di BRANCA - PIZZORUSSO, Bologna - Roma,

10 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO L art. 98, comma 1 della Costituzione dispone che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Come è stato recentemente ricordato 10, sono stati tre gli orientamenti interpretativi della suddetta norma. Secondo un primo orientamento la disposizione dell art. 98 rappresenta una specifica applicazione del principio di imparzialità di cui all art. 97, nel senso che i dipendenti pubblici non possono essere portatori di interessi partigiani, ma devono svolgere la loro attività al servizio della collettività 11. Illuminanti sono le parole di Esposito, secondo il quale l impiegato, se pure è servo e presta servizio, e presta per compenso o per mercede la sua attività, è servo dell ufficio e non dei superiori 12. Altra dottrina ritiene che il dovere posto a carico del pubblico impiegato di operare al servizio esclusivo della nazione altro non sia che la coerente estrinsecazione del dovere di fedeltà alla Repubblica previsto a carico di tutti i cittadini dall art. 54 della Costituzione 13. Secondo un terzo orientamento il richiamo alla nazione dell art. 98 non deve essere collegato all art. 54 o all art. 97, ma all art. 4 della Costituzione, poiché l attività degli impiegati pubblici, al pari di quelli privati, è protesa a favorire il progresso materiale e spirituale della società 14. Altra norma costituzionale che si occupa della pubblica amministrazione è l art. 95, comma 2, secondo il quale i Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri ed individualmente degli atti dei loro dicasteri 15. Le origini di tale disposizione debbono ricercarsi nella riforma di Cavour del 1853, caratterizzata dalla combinazione tra il sistema francese, nel quale il Ministro gestisce effettivamente gli affari amministrativi, ed il sistema inglese, nel quale il Ministro risponde davanti al parlamento. Come è stato acutamente osservato da autorevole dottrina, i modelli di amministrazione proposti dalla Costituzione non sono univoci, in quanto 10. Cfr. DE FIORES, I pubblici impiegati al servizio esclusivo della nazione? Brevi considerazioni sulla dimensione costituzionale del pubblico impiego tra privatizzazione del rapporto di lavoro e revisione del titolo V, in Dir. pubbl., 2006, Cfr.: ESPOSITO, cit.; CRISAFULLI NOCILLA, Nazione, in Enc. del dir., 1977, vol. XXVII, Cfr. ESPOSITO, cit Cfr.: LOMBARDI, Contributo allo studio dei doveri costituzionali, Milano, 1967, 176; CERRI, Fedeltà (dovere di), in Enc. giur., 1990, Cfr. PASTORI, La burocrazia, Padova, 1967, Cfr. CIARLO, Commento all art. 95, in Commentario alla Costituzione, a cura di BRANCA - PIZZORUSSO, Bologna - Roma,

11 LA DIRIGENZA PUBBLICA prevedono tanto un amministrazione come apparato servente del Governo, quanto un amministrazione autonoma, imparziale ed al servizio della collettività Evoluzione normativa della dirigenza pubblica Il d.p.r. n. 748 del 1972 La dirigenza pubblica italiana vede la propria nascita agli inizi degli anni settanta dello scorso secolo, in quanto fino a quel momento non era individuata e regolata separatamente dal restante personale. Nell ordinamento del 1923, costituito dal R.D. 11 novembre 1923, n sull ordinamento gerarchico delle amministrazioni dello Stato e dal R.D. 30 novembre 1923, n sullo stato giuridico degli impiegati civili, il personale statale era ripartito in quattro grandi gruppi, che, secondo il titolo di studio posseduto e le mansioni svolte, venivano così distinti: gruppo A, gruppo B, gruppo C e gruppo del personale subalterno. Con l emanazione del T.U. sugli impiegati civili dello Stato, approvato con d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, vennero istituite quattro carriere: direttiva, di concetto, esecutiva ed ausiliaria 17. La necessità di un generale riordinamento dell impiego pubblico indusse il legislatore a concedere, con la legge 18 marzo 1968, n. 249, una ampia delega per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni. Ma il Governo non riuscì ad emanare i decreti delegati entro i termini previsti, per cui fu necessaria una nuova delega ad opera della legge 28 ottobre 1970, n Tra i principi fondamentali contenuti nelle suddette deleghe vi era quello della creazione di una carriera dirigenziale caratterizzata dall esercizio di potestà decisionale anche di carattere discrezionale con assunzione di responsabilità diretta nell ambito segnato dall indirizzo politico del governo. Venne, pertanto, emanato il d.p.r. 30 giugno 1972, n. 748 ( Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello stato, anche ad ordinamento autonomo ) al termine di un travagliato iter, in cui assunse un 16. Cfr. NIGRO, La pubblica amministrazione fra costituzione formale e costituzione materiale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1985, Cfr. VIRGA, Il pubblico impiego, vol. 1, Milano, 1973, 101 e segg. 18. Cfr. CALANDRA, Il riordinamento dell amministrazione statale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973,

12 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO ruolo di protagonista la Corte dei conti, che lo registrò con riserva dopo un primo diniego 19. Il provvedimento citato ha enucleato per la prima volta un autonoma carriera dirigenziale, prevedendo tre diverse qualifiche: 1) dirigente generale, il più diretto collaboratore del Ministro con funzioni di coordinamento dell attività del personale e di predisposizione dei programmi per l attività cui è preposto; 2) dirigente superiore, preposto soprattutto ad attività di carattere ispettivo; 3) primo dirigente, preposto ad uffici o divisioni che non rivestono posizione strategica all interno dall amministrazione. Il d.p.r. n. 748 del 1972 ha sottratto agli organi di governo gli atti di alta amministrazione non aventi carattere politico e specificato dettagliatamente per materia e per valore le funzioni attribuite alla competenza esclusiva dei dirigenti delle varie qualifiche 20. Tuttavia ha mantenuto in vita la sopraordinazione gerarchica del Ministro, a cui era riservato il potere di ritiro degli atti dirigenziali (annullamento per motivi di legittimità e revoca per motivi di merito) ed il potere di avocazione. La riforma del 1972 fallì 21 per diversi motivi, che possono essere sinteticamente ricordati: 1) la mancanza di una contestuale riorganizzazione dei ministeri, che avrebbe dovuto accompagnare quella della dirigenza (difetto rilevato dalla Corte dei conti in sede di controllo); 2) la determinazione delle competenze dirigenziali in maniera troppo rigida e, nel contempo, l affidamento di esigue risorse; 3) il mantenimento in capo agli organi politici di invasivi e penetranti poteri volti a limitare, se non a paralizzare, l autonomia dirigenziale; 4) l inadeguatezza dell articolazione in tre diverse qualifiche di una funzione essenzialmente unitaria. 19. Cfr. PICCONE STELLA JELMONI, La preparazione del decreto sulla dirigenza, ivi, 1976, Cfr.: TERRANOVA, I dirigenti nell Amministrazione dello Stato secondo la nuova disciplina del d.p.r. n. 748/1972, in Foro amm., 1973, II, 231; ALESSI, Rilievi sulla portata innovativa degli artt.3 e seguenti del d.p.r. 30 giugno 1972, n. 748 sulla disciplina delle funzioni dirigenziali, in Giur. it., 1974, IV, Cfr.: TRIMARCHI, Poteri dei dirigenti e partecipazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1975, 88; SEPE, La figura del dirigente nell amministrazione moderna, in Foro amm., 1980, I,

13 LA DIRIGENZA PUBBLICA A soli sette anni dalla riforma il Rapporto Giannini ( Rapporto sui principali problemi dell amministrazione dello Stato ) 22, al punto 4.7, relativamente alla dirigenza evidenziava che le leggi vigenti sono, più che incerte, contraddittorie e conseguentemente ipotizzava degli interventi volti da un lato ad una maggiore riduzione quantitativa e dall altro all attribuzione di maggiori poteri decisionali specie con riferimento all organizzazione degli uffici La prima privatizzazione All inizio dell ultimo decennio del secolo scorso è stato avviato il processo di privatizzazione (o depubblicizzazione) del pubblico impiego, con cui si intende designare la riforma, operata in più tappe, diretta a ricondurre il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sotto la disciplina di diritto privato del lavoro subordinato 23. La legge 23 ottobre 1992, n. 421, contenente delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale 24, ha dato l avvio al suddetto processo. Come è noto, lo schema del disegno di legge delega era stato valutato in modo fortemente critico dall Adunanza Generale del Consiglio di Stato 25, per la quale la diversità tra impiego pubblico e lavoro privato deriva dal fatto che in molti casi la prestazione lavorativa richiesta al dipendente pubblico consiste, in tutto o in parte, nell esercizio di pubbliche funzioni. Secondo il massimo organo consultivo, che faceva propria la 22. Il rapporto, consultabile in Foro it., 1979, IV, 301, fu trasmesso alle Camere il 16 novembre Per un commento, cfr. D ALBERTI, Alcune riflessioni sul Rapporto Giannini, in Riv. giur. lav., 1980, I, Cfr.: DI CERBO, La cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, in Lav. prev. oggi, 1993, 209; TENORE, Privatizzazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione: storia, fonti normative e natura degli atti di gestione del personale, in BUSICO - FANTOZZI GENTILE - TENORE, Manuale del pubblico impiego privatizzato, Roma, 2007, 1; BORGOGELLI, La riforma del lavoro pubblico: quale lezione dopo quindi anni, in Dir. lav. merc., 2008, Cfr.: GHEZZI, La legge delega per la riforma del pubblico impiego, in Riv. giur. lav., 1992, I, 544; PAPADIA, La delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di pubblico impiego, in Comuni d It., 1992, 1779; BUONCRISTIANO, Delega al Governo sulla riorganizzazione del pubblico impiego, in Nuova rass., 1992, Cfr. Cons. St., Ad. Gen., 31 agosto 1992 n. 146, in Cons. St., 1992, I, 1505, Foro it., 1993, III, 4, Riv. it. dir. lav., 1993, III, 20 con nota di ALBANESE. 14

14 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO tesi di autorevole dottrina 26, tra i soggetti investiti di pubbliche funzioni rientrano sicuramente i dirigenti, il cui rapporto di lavoro avrebbe, pertanto, dovuto conservare la regolamentazione pubblicistica. Il legislatore delegato non ha, tuttavia, recepito le perplessità espresse dal Consiglio di Stato, affermando a chiare lettere all art. 2, comma 1, lettera a) della legge n. 421 del 1992 la riconduzione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici alla disciplina civilistica e la conseguente regolamentazione mediante la contrattazione collettiva. Il medesimo articolo alla lettera g) indica come principi da attuare nella disciplina della dirigenza pubblica la separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa, l affidamento ai dirigenti, nell ambito delle scelte di programma degli obiettivi e delle direttive fissate dal titolare dell organo, di autonomi poteri di direzione, di vigilanza e di controllo, in particolare la gestione di risorse finanziarie attraverso l adozione di idonee tecniche di bilancio, la gestione delle risorse umane e la gestione di risorse strumentali. Il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, attuativo della predetta legge delega, ha proceduto al riassetto del sistema della dirigenza statale attraverso le seguenti linee fondamentali: 1) l affermazione dell autonomia gestionale ed operativa del dirigente, che consegue all attuazione del principio di distinzione funzionale tra politica ed amministrazione; 2) l affermazione del principio di responsabilità, in virtù del quale l autonomia del dirigente nella gestione comporta la responsabilità per il conseguimento degli obiettivi fissati dall autorità politica, da verificarsi attraverso la creazione di un efficiente sistema di controlli; 3) nei rapporti con gli organi politici la sostituzione della relazione di tipo gerarchico con una forma di sovraordinazione denominata direzione ed intesa come potere di indicare le linee programmatiche. La fase di preparazione e redazione del d.lgs. n. 29 del 1993 ha visto la contrapposizione tra le organizzazioni sindacali confederali favorevoli al passaggio dell intera dirigenza pubblica alle regole del diritto privato e la posizione governativa, che voleva escludere dalla privatizzazione l intera dirigenza. La soluzione adottata è stata compromissoria, poiché fissa un 26. Cfr. M.S. GIANNINI, Impiego pubblico (teoria e storia), in Enc. del dir., 1970, vol. XX, 305, secondo il quale un eventuale processo di unificazione legislativa del lavoro pubblico e di quello privato non avrebbe potuto riguardare i funzionari direttivi, per i quali, invece, sarebbe stata necessaria una normativa del tutto particolare. 15

15 LA DIRIGENZA PUBBLICA doppio regime: da un lato i dirigenti generali, cui erano conferite le funzioni maggiormente raccordabili all attività politica di definizione degli obiettivi, dall altro gli altri dirigenti, aventi compiti di formulazione delle proposte, adozione dei progetti, assegnazione delle risorse, attuazione e verifica dei risultati 27. In base alle previsioni dell art. 2, comma 1, lettere c) ed e) della legge delega, il rapporto di lavoro dei primi è stato mantenuto nell alveo della disciplina pubblicistica, mentre quello dei secondi ha seguito il generale processo di contrattualizzazione. La spaccatura della dirigenza in due tronconi ha generato numerose critiche da parte della dottrina 28, che ha sottolineato l incongruità di una riforma della dirigenza, inquadrata nella prospettiva più ampia e complessa del passaggio della pubblica amministrazione dal modello tradizionale burocratico a quello manageriale rispondente ad una logica di tipo imprenditoriale, che esclude dal nuovo assetto privatistico del lavoro pubblico proprio il top management, ossia il principale protagonista e responsabile di tale trasformazione La seconda privatizzazione Delle critiche esposte nel paragrafo precedente ha tenuto conto il legislatore nell ambito degli interventi normativi realizzati nel biennio , noti come seconda privatizzazione del pubblico impiego 29. Tale fase è stata aperta dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (nota come Bassanini 1), il cui art. 11, comma 4, lettere a) e b), in relazione all obiettivo di completare l integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell impresa, ha previsto l estensione del regime di diritto privato del rapporto di lavoro 27. Cfr.: CAIANIELLO, I compiti della dirigenza amministrativa nel quadro costituzionale, in Giur. it., 1993, IV, 365; LAMAZZA, La nuova dirigenza fra carriera e funzione, in Foro amm., 1994, 501; CAPOBIANCHI - D ALESSIO GIRARDI PREZIOSI - ZEFELIPPO, La riforma della dirigenza pubblica, in Nuova rass., 1994, Cfr.: GHEZZI, La legge delega per la riforma del pubblico impiego, in Riv. giur. lav., 1992, I, 544; CASSESE, Il sofisma della privatizzazione del pubblico impiego, in Riv. it. dir. lav., 1993, I, 287; AL- BENZIO, La tutela giurisdizionale. La nuova disciplina sulla giurisdizione nelle controversie di pubblico impiego, in Foro it., 1995, V, 55; FRANZESE, Autonomia ed eteronomia nel pubblico impiego: riflessioni sui mutamenti in atto nel diritto pubblico italiano, in Riv. trim. dir. pubbl., 1995, 665; D ORTA, La riforma della dirigenza pubblica tre anni dopo: alcuni nodi irrisolti, in Lav. dir., 1996, Cfr. D ANTONA, Lavoro pubblico e diritto del lavoro: la seconda privatizzazione del pubblico impiego nelle leggi Bassanini, in Il lav. nelle p.a., 1998,

16 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO anche ai dirigenti generali ed equiparati 30 e l istituzione di un ruolo unico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica. Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, emanato in forza di delega prevista dal citato art. 11, ha apportato al corpo del d.lgs. n. 29 del 1993 le seguenti modifiche in tema di dirigenza 31 : 1) l eliminazione dei dirigenti generali ed equiparati dal novero delle categorie escluse dalla contrattualizzazione; 2) l articolazione della dirigenza in due fasce del ruolo unico, rilevanti ai fini del trattamento economico e del conferimento degli incarichi; 3) la ridefinizione in maniera più netta ed inequivocabile della distinzione fra i compiti degli organi politici e quelli della dirigenza; 4) migliore individuazione ed articolazione delle ipotesi di responsabilità dirigenziale. Il d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che ha proceduto ad una riscrittura sistematica del d.lgs. n. 29 del 1993, ha riprodotto nel capo II (artt.13-29) la disciplina sulla dirigenza contenuta nel citato d.lgs. n. 29 e successive modifiche ed integrazioni Le innovazioni della legge n. 145 del 2002 e successive Sulla disciplina dettata dagli artt del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 è intervenuta la legge 15 luglio 2002, n. 145 (nota come legge Frattini), contenente disposizioni per il riordino della dirigenza statale 32, che ha introdotto diverse innovazioni: 30. Cfr. FILIGNANO, La privatizzazione del pubblico impiego, ultimo atto: i dirigenti generali, in Nuova rass., 1998, Cfr.: D ORTA, La seconda fase di riforma della dirigenza pubblica: verso la fine del guado, cercando di evitare gli scogli, in Il lav. nelle p.a., 1998, 347; FERLUGA, La dirigenza pubblica verso la privatizzazione : gli ultimi (e forse definitivi) interventi legislativi, in Giust. civ., 1999, II, 24; ROMANO TAS- SONE, Sul contratto di lavoro del dirigente pubblico, ivi, 2000, II, 147; RAVERA, La riforma della dirigenza pubblica, in Mass. giur. lav., 2000, 1158; CARINCI, La dirigenza nelle amministrazioni dello Stato ex capo II, titolo II, d.lgs. n. 29 del 1993 (il modello universale ), in Arg. dir. lav., 2001, 27. Per un bilancio delle riforme adottate con la seconda privatizzazione, cfr. ZOPPOLI, A dieci anni dalla riforma Bassanini: dirigenza e personale, in Il lav. nelle p.a., 2008, Cfr.: D ALESSIO, La legge di riordino della dirigenza: nostalgie, antilogie ed amnesie, in Il lav. nelle P.A., 2002, 217; GAROFALO, La dirigenza pubblica rivisitata, ivi, 890; D ORTA, Gli incarichi dirigenziali nello Stato dopo la legge 145/2002, ivi, 989; D AURIA, Ancora una riforma della dirigenza pubblica, in Giorn. dir. amm., 2002, 1159; COLAPIETRO, La controriforma del rapporto di lavoro nella dirigenza pubblica, in Le nuove leggi civ. comm., 2002, 639; PINCHETTI -SALAZAR, Il riordino della dirigenza statale, in Dir. prat. lav., 2002, inserto n

17 LA DIRIGENZA PUBBLICA 1) la modificazione delle disposizioni in materia di accesso alla qualifica dirigenziale e di ruolo unico della dirigenza; 2) la modificazione delle disposizioni relative al conferimento ed alla revoca degli incarichi dirigenziali e del regime di durata degli incarichi; 3) la previsione di forme di mobilità del lavoro tra settore pubblico e settore privato; 4) la previsione di una disciplina transitoria volta alla cessazione degli incarichi dirigenziali già conferiti; 5) l introduzione di diverse forme di spoils system. Ulteriori modifiche al d.lgs. n. 165 del 2001, in particolare per quanto concerne gli incarichi dirigenziali, sono state apportate dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, con la quale è stato convertito il decreto-legge 30 giugno 2005, n Recentemente è stato approvato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge volto all ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico 34. In particolare, l art. 5 del disegno di legge contiene una revisione complessiva del dettato normativo vigente in materia di dirigenza pubblica, al fine di favorire una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro pubblico, nonché di contribuire al progressivo miglioramento del livello e della qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini ed alle imprese. Il comma 2 del predetto articolo individua, pertanto, una serie di princpi e criteri direttivi necessari ad attuare l obiettivo appena tratteggiato: a) affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane, attraverso il riconoscimento in capo allo stesso della competenza esclusiva con particolare riferimento alle seguenti materie: 1) individuazione dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali dell ufficio cui è preposto; 2) valutazione del personale e conseguente riconoscimento degli incentivi alla produttività; 33. Cfr. D ALESSIO, Nuove norme sulla dirigenza: il legislatore miope e le voci amiche, in Il lav. nelle P.A., 2005, Il disegno di legge recante Delega al Governo finalizzata all ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, approvato dal Consiglio dei ministri del 18 giugno 2008 ed esaminato in sede referente dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato del 13 novembre 2008, è consultabile in n. 11/

18 PRINCIPI COSTITUZIONALI ED EXCURSUS STORICO 3) utilizzo dell istituto della mobilità individuale di cui all art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte operate; b) prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nel caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull efficienza della relativa struttura; c) rivedere in senso meritocratico la disciplina dell accesso alla dirigenza prevedendo, in particolare, che l accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti, altresì adottando le necessarie misure volte a mettere a regime il nuovo sistema di accesso in raccordo con il regime vigente; d) ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai princpi di trasparenza e pubblicità ed ai princpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati, secondo i sistemi di valutazione adottati dall amministrazione, e limitando i casi di conferimento, rispetto a quanto previsto dalle norme vigenti, degli incarichi ai dirigenti non appartenenti ai ruoli ed ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione; e) ridefinire e ampliare le competenze del Comitato dei garanti di cui all art. 22 del d.lgs. n. 165 del 2001, con particolare riferimento alla verifica sul rispetto dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi, nonché sull effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento o mancata conferma degli incarichi; f) valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata del trattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti nell ambito delle singole strutture cui può essere attribuita la misura massima del trattamento medesimo in base ai risultati ottenuti nel procedimento di valutazione di cui all art. 3; g) rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all autorità politica; h) semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei 19

19 LA DIRIGENZA PUBBLICA dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia l applicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo ai fini del conferimento degli incarichi; i) stabilire il divieto di corrispondere l indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni di appartenenza non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i principi contenuti nella presente legge. La dirigenza pubblica subirà, quindi, l ennesimo intervento normativo volto a modificarne la disciplina. Come è stato acutamente sottolineato, colpisce la scarsa capacità dei riformatori di mantenere una linea coerente di politica del diritto, tanto da far pensare all interprete malizioso che non manchi la volontà di strumentalizzare le riforme, piegandole all esigenza del momento e degli interessi politici contingenti 35. Anche in ambito dottrinale la materia è in continuo fermento, come dimostrano gli autorevoli interventi favorevoli ad una ripubblicizzazione della dirigenza Cfr. RUSCIANO, Contro la privatizzazione dell alta dirigenza, in Dir. lav. merc., 2005, Cfr.: ALESSE, Il lento ed inarrestabile declino della dirigenza dello Stato, in Giur. cost., 2000, 1931; RUSCIANO, cit. alla nota precedente. Contrario a tali posizioni D ALESSIO, La disciplina della dirigenza pubblica: profili critici ed ipotesi di revisione del quadro normativo, in Il lav. nelle P.A., 2006,

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