Francesco Siliato La fine del Tg1

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1 Francesco Siliato La fine del Tg1 Da Veltroni a Minzolini

2 Indice Nascita del telegiornale nazionale...2 Arriva la modernità, la televisione, e un partito solo al comando...4 Una lettera d indirizzo...4 I successori di Vittorio Veltroni...6 Giornalisti in video e altre modernità Da Vecchietti all Auditel...8 Gli ascolti direttore per direttore...9 L interim, una pratica utile...12 La contemporaneità: Mimun, Riotta, Minzolini...14 I traini e il Tg Esodo dal Tg Sotto il minimo...24 Stagioni a confronto...25 Al calo non c è ancora fine...28 Appendice... 30

3 Nascita del telegiornale nazionale Il Telegiornale della prima rete Rai inizia le trasmissioni ancora prima della nascita ufficiale della televisione nel nostro Paese. È infatti durante la fase sperimentale dei primi anni 50 che il Tg1 fa le prove su come presentarsi ai pubblici, quali notizie selezionare, con quale tono rivolgersi ai neo telespettatori, i quali, come i giornalisti e gli speaker, sperimenteranno il modo di essere della neonata televisione. Correva l anno 1952 quando, alle di mercoledì 10 settembre, sul Programma Nazionale, l antico nome che identificò l attuale Rai 1 fino alla riforma del 1975, partì l edizione sperimentale del Telegiornale. Si parlò della Regata storica di Venezia, dei funerali del conte Sforza, della campagna elettorale negli Stati Uniti. La notizia di cronaca fu dedicata alle corride e quella sportiva non poteva che essere il resoconto del Gran premio d Italia di Formula 1 corso la domenica precedente a Monza e che aveva visto Alberto Ascari conquistare, dopo aver vinto sei delle otto gare previste, vittoria e titolo mondiale. La sigla del Telegiornale, riascoltabile su YouTube insieme a quelle degli anni successivi 1, è già il Giramondo, del maestro Egidio Storaci. Le notizie furono redatte da Furio Caccio e Claudio Rosati. Nel 1953 il Telegiornale andò in onda novantaquattro volte alle e in qualche occasione furono trasmesse anche delle edizioni alle Il palinsesto prevedeva quattro edizioni settimanali. A dirigere il primo notiziario televisivo italiano fu chiamato un professionista considerato tra i migliori per capacità ed esperienza: Vittorio Veltroni. Le sperimentazioni furono giudicate positivamente e Veltroni firmò il primo Telegiornale Rai dalla data ufficiale di inizio trasmissioni, 3 gennaio 1954, fino al 1956, anno della sua morte. Vittorio Veltroni proveniva dall ambiente radiofonico, si era diplomato al Centro radiofonico sperimentale e durante il fascismo aveva condotto importanti dirette. Scrive Franco Monteleone: Il maggior valore della radio italiana di quegli anni fu l indubbia professionalità dei suoi addetti ( ) Gli ascoltatori apprezzavano un messaggio credibile, gradevole, intimamente accettato; facevano la tara degli eccessi propagandistici e, in una certa misura se ne difendevano 2. Fu quando si cominciarono a nascondere le notizie, a camuffare la realtà, che il 2

4 pubblico divenne incredulo, diffidente e cominciò a cercare nelle emittenti estere notizie più corrispondenti ai fatti reali, individuando le manipolazioni e diffidandone tipiche dell informazione di regime. Sembra di poter dire che i pubblici non abbiano cambiato di molto le loro abitudini e l abbandono del Tg della prima rete registrato negli ultimi due anni, che nell autunno 2011 ha toccato picchi elevati e prosegue ancora oggi, sia assimilabile allo stesso sentiment di allora. Ieri se ne avvantaggiarono le emittenti estere, oggi se ne avvantaggiano le emittenti straniere alla concessionaria pubblica. Il telegiornale deve raccontare il mondo, non certo alla perfezione, eludendo il patto comunicativo bilaterale con i poteri e i pubblici, ma se il racconto tiene conto del patto con uno soltanto dei protagonisti, l altro lo abbandona. Come i poteri tendono ad abbandonare, dopo alcuni tentativi di mediazione, le testate giornalistiche più intransigenti e critiche, i pubblici abbandonano le testate più inclini al racconto del mondo ad usum delphini. Nel dopoguerra Vittorio Veltroni guidò la redazione radiocronache. Dotato di un fiuto africano e, nonostante la giovane età, di una spiccata attitudine al comando, fu lo scopritore di professionisti come Lello Bersani, Mike Bongiorno, Aldo Salvo e anche dell attuale presidente della commissione parlamentare per l Indirizzo generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi, Sergio Zavoli. Insieme a Bersani, in particolare, Veltroni raccontò, nella rubrica Seguendo la crisi, l espulsione, nel 1947, di socialisti e comunisti dai governi nazionali. Fu ancora lui a firmare la radiocronaca dei quattro scrutini necessari per l elezione del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi l 11 maggio Insomma per il Telegiornale venne scelto un uomo di grande esperienza e competenza, che, affidandosi alla propria professionalità, era riuscito a superare gli estremismi del regime senza esserne né complice né vittima. 3

5 Arriva la modernità, la televisione, e un partito solo al comando La Rai-radiotelevisione italiana rappresentava la modernità, il superamento dell EIAR e del regime fascista, il superamento tecnologico della radio, l ingresso di comici e ballerine in salotto. In qualche modo, scrive Gianpiero Gamaleri, seppure indirettamente e nel solco della sua impostazione cattolica ma laica, la Democrazia Cristiana accettava la sfida di guidare la maggiore impresa culturale del Paese. Ciò implicava un elaborazione estremamente complessa, volta a conciliare la fedeltà ai propri principi con la duttilità dovuta ad un mezzo propulsore del cambiamento della mentalità e dei costumi. Ciò veniva reso più emblematico per esempio, dallo spettacolo delle gemelle Kessler, la cui immagine straniera e trasgressiva piombava anche nelle case delle matriarcali contadine del Sud. 3 La consapevolezza di dover operare un elaborazione estremamente complessa per utilizzare per il bene del Paese un apparato industriale e culturale, come direbbe Giovanni Cesareo, sembra essere mancata alla dirigenza politica e, purtroppo, alla Rai degli ultimi anni e in massima misura all attuale direttore del Telegiornale della prima rete della concessionaria pubblica, il quale, tutto ha fatto meno che agevolare la crescita dei suoi pubblici, chiamati a ristagnare, o sospinti a recarsi sul ghiacciaio e stare fermi. Una lettera d indirizzo All epoca della direzione di Veltroni, il Telegiornale non aveva alcun bisogno di essere seguito da un numero, la Radio aveva ancora un seguito più ampio della televisione e i poteri, economici, politici ed altri, prestavano ai giornali un attenzione decisamente maggiore che al nuovo medium. Ma le cose cambiarono in fretta, lo sguardo lungimirante della Chiesa e della Democrazia Cristiana sulla comunicazione sociale fecero scuola e nel giro di un lustro ebbe inizio il valzer delle poltrone, legato alle esigenze della politica più che a quelle dell azienda, retta da una sorta di diarchia: un amministratore delegato, Marcello Rodinò, e un direttore generale, Ettore Bernabei rimasto in carica dal 1961 al 1974 che 4

6 ben presto entrarono in conflitto. Il gioco della politica e dei media assegnò Bernabei alla corrente fanfaniana della DC e così Amintore Fanfani, all epoca Presidente del Consiglio, scrisse a Bernabei il giorno della nomina: Caro direttore, approvando la sua designazione non ho fatto che seguire la mia convinzione maturata in una ormai lunga osservazione delle sue qualità e del suo lavoro. Ora le auguro di ricordare ogni giorno quale alta cattedra ella dirige e quanto numerosi e vari siano gli spiriti che da essa attendono informazioni vere, orientamenti costruttivi, svaghi sereni per divenire uomini e cittadini migliori. Questo ricordo quotidiano la renda solerte e attento, con zelo scrupoloso e intelligenza aperta. Io ho assolto il mio dovere di assicurare alla Rai-TV un direttore probo e capace. Assolva ora ella il suo di dimostrare che il governo ha ben servito l interesse pubblico. Questo è il mio augurio affettuoso per lei e la sua opera. 4 Per quanto ci si abbandoni al cinismo nel considerare queste parole, esse rimangono esemplari. La missione consisteva nel formare cittadini migliori attraverso informazioni vere, svaghi sereni e orientamenti costruttivi. Non si trattò di formulare asserzioni ipocrite, si trattò di progettare programmi televisivi adatti alla bisogna. Dopodiché informazioni vere non vuol dire tutte le notizie, e l implicito sono i valori cattolici, ma riletti alla luce laica dell intelligenza di un uomo probo. Un confronto con l oggi e con le conversazioni telefoniche intercorse tra l ex Presidente del Consiglio Berlusconi e l ex direttore generale Mauro Masi sarebbe impietoso, né disponiamo delle conversazioni private che saranno probabilmente intercorse tra Amintore Fanfani ed Ettore Bernabei, ma, ne siamo certi, tono ed argomenti saranno stati diversi. Rodinò protestava per i conti che viravano al deficit per le eccessive spese cui si prodigava Bernabei, che comunque vinse perché, come scrive Franco Monteleone, si stava in realtà chiudendo un lungo periodo che aveva visto in primo piano uomini come Sergio Pugliese, Vittorio Veltroni, Antonio Picone Stella, Marcello Rodinò, uomini per i quali l interesse politico di partito non era mai stato più forte degli obblighi che nascevano dalle convinzioni professionali e dai doveri manageriali 5. 5

7 L analisi di Monteleone sulla fine anni 50 prosegue sottolineando la volontà della politica di disporre della concessionaria pubblica come di una struttura allineata alle necessità di un disegno più vasto di controllo della dimensione sociale del paese 6. La televisione diventava un importante punto di riferimento e gli abbonati crescevano molto rapidamente. Nel 1954 erano ll Telegiornale nazionale di Veltroni non arrivò mai ad avere un pubblico casalingo potenziale di un milione di famiglie, soglia raggiunta nel 1958 quando si arrivò a di abbonati, cifra che si quadruplicò nel giro di cinque anni. Ma la televisione, e in primis il Telegiornale, era seguito nei locali pubblici e commentato, le notizie chiosate una per una, in dialetto, con forme che variavano dal sarcastico al commosso. Gli spettatori parlavano tra loro, ma si parlava anche con la televisione, pure se ad ascoltare era soltanto un apparecchio. I dati degli ascolti giunti sino a noi consegnano, per il 1956, una media di tre milioni nella fascia riservata al Telegiornale per tutti i giorni della settimana tranne al giovedì, quando diventavano 6,7 milioni per crescere fino a 9,8 tra le e le Siamo in piena frenesia da Lascia o Raddoppia?. I successori di Vittorio Veltroni Vittorio Veltroni venne sostituito da Massimo Rendina, giornalista, partigiano, comandante della Brigata Garibaldi (Max il giornalista). Da presidente dell ANPI di Roma, di recente ha commentato con entusiasmo i risultati dei Referendum popolari del giugno scorso. Era arrivato a Radio Rai da L Unità 7 dopo aver lavorato a Il Resto del Carlino, nella sua Bologna. Wikipedia annota: Cacciato da Fernando Tambroni (ministro dell Interno tra il 1955 e il 1959 e nel 1960 Presidente del Consiglio, ndr) verrà reintegrato in RAI grazie all amico Aldo Moro. 8 Rendina è anche studioso e docente di storia della Comunicazione. In questa veste intervenne nel 1980 ad una tavola rotonda dell Istituto Gemelli di Milano, sul Rapporto provvisorio sui problemi della comunicazione nella società moderna della Commissione internazionale per lo studio dei problemi della Comunicazione (Rapporto dell Unesco noto come Rapporto McBride). In quell occasione disse: È molto stimolante questa ipotesi sulla potenzialità del control- 6

8 lo. In effetti è così, si lascia libertà alle televisioni private che facciano tutto quello che vogliono, purché siano legate a qualche gruppo politico o addirittura a persone politiche e servano al momento opportuno per la propaganda elettorale. 9 Giornalisti in video e altre modernità Rendina, portò i giornalisti in video. I primi furono Gianni Granzotto (in seguito nominato amministratore delegato della Rai) e Ugo Zatterin, che affiancarono gli speaker (il più noto era Riccardo Paladini). Di presenze femminili nemmeno l ombra. A Massimo Rendina succede Leone Piccioni ( ), che introduce note culturali e porta in video altri giornalisti rimasti noti nell immaginario collettivo come Zatterin e Ruggero Orlando. 10 Volti così noti e caratteristici da essere molto spesso presi di mira da comici ed imitatori: il cravattino di Vittorio Orefice, ad esempio, era un chiaro tributo alla politica parlamentare. L informazione cominciò allora a cedere in quanto a credibilità, ma senza perdere il senso delle istituzioni. L equilibrio istituzioni-informazione-propaganda si andava deteriorando a favore di quest ultima. Bernabei giocò allora la carta Enzo Biagi, collega di Rendina agli esordi a Il Resto del Carlino. Sono anni vorticosi e ai partiti interessa che dichiarazioni e prese di posizione siano registrate dal Telegiornale nazionale. La nomina di un giornalista già noto per aver diretto Epoca e per la poca disponibilità a recepire pressioni politiche, fu disposta da Bernabei per arginare l invadenza dei partiti. Scrive Arrigo Levi: La tendenza dominante è quella di trattare il telegiornale come una specie di appendice e prolungamento dei vari uffici stampa ministeriali. 11 Biagi lascia in fretta: nel frattempo aveva fondato il primo rotocalco televisivo d informazione, RT Rotocalco Televisivo, che andò in onda sulla seconda rete con replica la domenica sulla prima, per nove settimane tra marzo e luglio del Enzo Biagi dirige il Tg per un anno, tra il settembre del 1961 e l agosto del Le sue veloci dimissioni vengono appuntate sul lemma dedicato al Tg1 dall Enciclopedia della televisione come rivelatrici del carattere demagogico della nomina 13. 7

9 Da Vecchietti all Auditel Giorgio Vecchietti avrà più tempo: dirige il telegiornale tra il settembre del 1962 e il Ma questo non potrebbe essere un instant book very instant se pretendessimo di raccontare e sottolineare, per quanto brevemente, tutte le vicende dei direttori del Tg1, che ad oggi ammontano a ventidue. Vi sono altri volumi ben più pregnanti sul tema, alcuni citati in nota ed altri di grande valore come L avventurosa storia del Tg in Italia, di Maria Grazia Bruzzone, (Milano, Rizzoli, 2002). Speciale Tg Forme e tecniche del giornalismo televisivo di Giorgio Simonelli (Milano, Interlinea, 2005). C è poi il volume di un protagonista del giornalismo televisivo, Emilio Rossi, con È tutto per stasera Quando la politica entra nei Tg (Roma, Centro di documentazione giornalistica, 2010); I Telegiornali istruzioni per l uso di Omar Calabrese e Ugo Volli (Bari, Laterza, 1995) e moltissimi altri che sarebbe troppo lungo elencare. Prima di passare al capitolo dedicato agli ascolti vale però la pena di svolgere alcune considerazioni. Gli uomini e le donne di governo, del partito di maggioranza relativa e, per quel che poterono, dei partiti d opposizione, hanno costantemente operato pressioni, presentato richieste, inviato comunicati stampa da mandare improrogabilmente in onda. Era compito dei direttori, poi, negoziare, far presenti contingenze e doveri del giornalista, far ricorso per quanto possibile alla deontologia professionale da mantenere come baluardo. E poi i pubblici, le persone, le donne e gli uomini d ogni età la cui conoscenza del mondo dipende dal racconto del telegiornale nazionale e che non sono sempre disponibili a considerare positivamente qualsiasi velina (nel senso della procedura fascista di diffondere dispacci ai giornali). Il limite di una professione difficile, di un ruolo complicato con la visione che informazione non è in ogni caso propaganda, non può corrispondere senza indugi ai desiderata del potere di turno. Il risultato è il danno a sé stessi; al potere di turno, che perde credibilità insieme al giornalista che non gli si oppone; la coltivazione di un idea di pubblico, offensiva per il pubblico. Le persone sedute ad ascoltare si offendono 8

10 sempre più facilmente, persino quelle che vogliono ascoltare la voce del padrone, che sono lì per ricevere istruzioni e ordini di scuderia, persone descritte dalla teoria degli usi e gratificazioni, che usano i media per darsi ragione dando ragione ai media che li usano. Ebbene, persino costoro pretendono un racconto dignitoso, pretendono di conoscere il contesto nel quale si muovono. Occultare il contesto occultando le opposizioni, le critiche, intere manifestazioni, non è rendere nemmeno a loro un buon servizio, perché poi il contesto reale loro, i telespettatori, se lo ritrovano in ufficio, al mercato, al bar, in strada, scoprendosi a quel punto stupiti dall esistenza di un mondo sconosciuto che il loro tg non gli ha raccontato, preparandoli poco ad affrontarlo. A nessuno conviene un telegiornale fatto così, non al Paese, ai partiti, alla Politica, ridotta a immagine falsificante. Non era e non è tempo di silenzio, non si può contare oggi sugli effetti previsti dalla Spirale del silenzio, bella teoria della Neumann che immagina un opinione pubblica conciliante, condiscendente e tendente al conformismo. I processi culturali e comunicativi di marca berlusconiana sono fondati su un conformismo anticonformista, su appigli di matrice popolare, sembrano esercitazioni scolastiche realizzate per sperimentare il limite della credulità. Rovesciano tutto, anche il vero e il falso senza trascurare la possibilità comunicativa di altri ulteriori ribaltamenti a piacere e secondo convenienza. Mettono in pratica descrizioni di stampo situazionista. Scambiando la società dello spettacolo per un manuale di comportamento, giocano con la miseria per farla credere spettacolare. Ma il tg prodotto da questa cultura è la messa in scena di uno spettacolo che non ha niente di spettacolare se non la fuga dei pubblici. Gli ascolti direttore per direttore La carrellata dei direttori che hanno guidato il Tg1 prima dell era Auditel prosegue con Fabiano Fabiani. In carica per sette anni, sarebbe poi diventato direttore dei programmi culturali, vice direttore generale e avrebbe guidato il gruppo di studio che lavorò al progetto della Terza rete. Gli succede Villy De Luca, che nel 1980 sarebbe diventato direttore generale. La leggenda metropolitana vuole che sia stato lui a portare 9

11 in auge i lacci e lacciuoli, riferendosi alla difficoltà di innovare la Rai imbrigliata, per l appunto, in lacci e lacciuoli. Seguono Emilio Rossi, Franco Colombo, Emilio Fede e Albino Longhi che sarebbe tornato più volte alla direzione del Tg1. Dal 1987, per l esattezza dal 6 dicembre del 1986, Auditel arriva a sostituire tutte le precedenti rilevazioni degli ascolti televisivi e i suoi dati grezzi possono essere elaborati dai software predisposti dalle software house per agenzie e concessionarie di pubblicità, centri media, editori, istituti di ricerca. Nel 1987 direttore è ancora Albino Longhi, sostituito durante l anno da Nuccio Fava che, oltre ad Andrea Giubilo, è l unico ad aver diretto sia il Tg1 che il Tg3. Fava completa due stagioni televisive per poi passare la direzione a Bruno Vespa che ne completa tre chiudendo la sua esperienza da direttore di telegiornale con la stagione Le direzioni si susseguono e, per una stagione a testa, guidano ancora il Tg1 Albino Longhi, Demetrio Volcic e Carlo Rossella. Quest ultimo è il primo direttore del Tg1 ad essere nominato sotto il governo Berlusconi del Il quale Berlusconi, appena diventato premier, sferrò un duro attacco al Cda della concessionaria pubblica, definendo la Rai faziosa, piena di debiti e colpevole di dare un informazione contraria a quella che la gente vuole. Letta oggi sembra una profezia autoavverantesi, una descrizione della Rai lasciata dal Berlusconi quater. Come spesso accade, Berlusconi farà subito marcia indietro sulle sue stesse dichiarazioni, delle quali l opinione pubblica ha del resto già preso atto, ribadendo che la Rai deve rimanere indipendente. 14 Come abbiamo visto, la Rai indipendente non lo è ancora mai stata. Le vicende della concessionaria pubblica appaiono sempre più legate a quanto avviene ai partiti politici. 10

12 Tavola 1 Data nomina Direttore Tg 1 Ascolti x Share % Governo in carica maggio 2009 AUGUSTO MINZOLINI (3) ,1 aprile 2009 ANDREA GIUBILO (2) ,3 settembre 2006 GIANNI RIOTTA ,4 30 aprile 2002 CLEMENTE MIMUN ,9 ottobre 2000 ALBINO LONGHI ,7 luglio 2000 GAD LERNER (1) ,9 giugno 1998 GIULIO BORRELLI ,1 novembre 1996 MARCELLO SORGI ,8 agosto 1996 RODOLFO BRANCOLI (1) ,9 febbraio 1996 NUCCIO FAVA (4) ,3 4. Governo Berlusconi (8/5/ / ) 4. Governo Berlusconi (8/5/ /11/2011) 2. Governo Prodi (16/5/2006 8/5/2008) 2. Governo Berlusconi (11/6/ /4/2005) 2. Governo Amato (25/4/ /6/2001) 2. Governo Amato (25/4/ /6/2001) 1. Governo D Alema (21/10/ /12/1999) 1. Governo Prodi (17/5/ /10/1998) 1. Governo Prodi (17/5/ /10/1998) 1. Governo Dini (17/1/ /5/1996) ottobre 1994 CARLO ROSSELLA ,4 (1) Tre mesi (2) 70 giorni (3) nominato il 20 maggio firma il Tg dal 9 giugno dati al 3 dicembre 2011 (4) Interim Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel MCS e sito Governo italiano 1. Governo Berlusconi (10/5/ cade a gennaio 1995) 11

13 L interim, una pratica utile Carlo Rossella esce di scena, per andare a dirigere il quotidiano La Stampa, in un momento in cui il subbuglio in politica è grande. Il primo governo Berlusconi è durato meno di un anno e la Rai non è in condizione di decidere incarichi di lungo periodo: viene quindi conferito a Nuccio Fava l interim della direzione del Tg1. Pochi mesi dopo verrà sostituito da Rodolfo Brancoli, giornalista di rango assurto suo malgrado agli onori della cronaca e dell immaginario televisivo per la torta in faccia ricevuta al Congresso dello PSIUP nel Brancoli dirigerà il Tg1 per un periodo ancora più breve del suo predecessore: appena due mesi del Dal novembre 1996 al maggio del 1998 in carica c è il governo Prodi - il Tg1 è guidato da Marcello Sorgi. L Ulivo vive tempi difficili e alla direzione del Tg1 arriva Giulio Borrelli, ma non riesce a mantenere gli ascolti prodotti da Sorgi, che restano una delle vette più durature nella storia del Tg1 dopo l inarrivabile seconda stagione di Bruno Vespa e la prima di Nuccio Fava. La colonna che riguarda Gad Lerner del grafico n.2 è impietosa, ma va letta in modo tecnico. Gli scarsi risultati di ascolto sono infatti dovuti esclusivamente alla brevità della sua direzione e al fatto che si svolse tutta nei tre mesi estivi, quando gli ascolti cadono per la bella stagione; anche se lo svelamento di un pizzino per una raccomandazione passatogli dall on. Mario Landolfi, allora presidente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, e poi la messa in onda di scene riguardanti un minore giudicate troppo crude, hanno avuto un loro peso. 12

14 Grafico 2 I direttori dal dati di Audience x 1.000,-./ "#!!!3 "!#!!! +#!!! *#!!! )#!!! (#!!! '#!!! &#!!! %#!!! $#!!! "#!!!! 53./60!76/3.0839:3"3.;83"+*) 3 Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel- Media Consultants Arrivato il primo luglio del 2000, Gad Lerner se ne va il primo ottobre dello stesso anno. Il grafico 1, basato sugli ascolti mese per mese, mostra invece il nome di Lerner in cima ad una vetta: in estate l ascolto di televisione si riduce drasticamente, ma quello dei telegiornali diminuisce meno e quindi la sua quota d ascolto, lo share, sale. Se poi si ha la fortuna di capitare in un anno pari e si fa in tempo a prendere la finale Francia-Italia del campionato europeo di calcio e tutte le Olimpiadi, produrre una buona quota d ascolto diventa più semplice. L uscita improvvisa di Lerner coglie alla sprovvista l azienda. Viene richiamato alla direzione Albino Longhi che, nella media di tutto il suo periodo, tiene l ascolto sopra i sette milioni di spettatori; ma è proprio sotto la sua direzione che la quota d ascolto del Tg1 scende per la prima volta sotto il 30 per cento. Avviene nel mese di marzo del In aprile, ultimo mese ufficiale della direzione Longhi, il Tg5 supera per la prima volta il Tg1 nell arco di un intero mese. La supremazia del Tg5 si ripete anche a maggio, quando a dirigere le operazioni e le negoziazioni tra informazione e politica è chiama- 13

15 to Clemente Mimun. Già direttore del Tg2 nel 1994, sarebbe poi diventato direttore del Tg5 dove era già stato in precedenza il vice di Enrico Mentana. Mimun fa riprendere quota agli ascolti del Tg1 e li mantiene sopra il 30% per i tre anni successivi; nel novembre 2003 riporta il Tg1 sopra gli otto milioni di spettatori, risultato che per due anni esatti era stato mancato. La contemporaneità: Mimun, Riotta, Minzolini Nel 2005 qualcosa si inceppa. L anno si chiude con una media di share inferiore al 30%, per ben sei mesi su dodici sotto quota e soprattutto a maggio quando il Tg1 produce meno ascolto del Tg5. Al consuntivo Clemente Mimun è il primo direttore di lunga durata a scendere sotto i sette milioni nella media di tutta la sua direzione. Gianni Riotta si insedia alla guida del notiziario più seguito del Bel Paese il 18 settembre Il suo predecessore, Clemente Mimun, aveva guidato il Tg1 dal 30 aprile 2002 al 17 settembre 2006 realizzando una media d ascolto nell edizione della sera di 6,6 milioni per una quota del 30,9%. Il neo direttore viaggia a una media di 7,7 milioni per una quota del 32,6 per cento; nei giorni feriali la media sale a 8,1 milioni e lo share al 33,3 per cento. Confrontando gli ascolti del novembre 2006 e di quello del 2005 si rileva una crescita del Tg1 di mezzo milione di persone e di oltre due punti di quota d ascolto. Il telegiornale di Riotta è meno popolare ma produce ascolti più elevati: questo risulta dalle analisi sul profilo del pubblico del Tg1 della sera nei due periodi omologhi. Gli appartenenti alla classe alta, sia per reddito che per livello di istruzione, ad esempio, producono sul Tg1 del 2006 uno share del 31,1% contro una quota del 27,4% dell anno precedente. Le persone che hanno frequentato l università, nel 2006 hanno una quota del 37,9 per cento, rispetto al 32,5 per cento dell anno precedente. Il pubblico più affezionato al Tg di Rai Uno è tuttavia quello composto da persone che ad un reddito elevato accompagnano un basso livello di istruzione, nel 2006 costoro generano una quota d ascolto del 45,1% contro il 40% dello stesso periodo dell anno precedente. Le donne premiano il Tg1 con una quota del 33,2 per cento, nel 2005 era del 31,1 14

16 per cento. Il pubblico gradisce la formula Riotta, il ritorno ad un notiziario più istituzionale, meno coinvolto e più distaccato dalla Cronaca che pure non disdegna. Spesso per giustificare nel bene o nel male l andamento dei telegiornali della sera si ricorre al valore del cosiddetto traino, ovvero del programma che precede il telegiornale e che porterebbe il proprio pubblico in dote al notiziario della rete. È possibile che questo accada ma occorre precisare che i traini sono due e non uno: sono traini, infatti, sia il programma che precede il Tg che quello che lo segue. Spesso il desiderio del pubblico di andare a vedere Striscia la notizia comporta, ad esempio, una fuga accelerata dal Tg1. Uno dei compiti della direzione è quello di riuscire ad impaginare il notiziario in modo tale da far trascurare il desiderio di altri programmi e trattenere il pubblico fino alla fine del tiggì. È altresì probabile che lo scarso rendimento della trasmissione Fattore C, traino del Tg5, abbia procurato dei vantaggi al Tg1, ma il valore che il pubblico assegna all Informazione come tipologia di programma è comunque elevato. Per i più essere informati è un imperativo sociale, un dover essere che identifica uno status elevato: la fonte d informazione non viene di solito scelta con indifferenza o lasciata al gusto del momento come può avvenire con altri generi di programmi 15. I traini e il Tg5 Mettiamo a confronto i telegiornali, ragionando sui traini e sui profili dei pubblici. Quando il Tg5, nel gennaio del 1992, ha iniziato le trasmissioni, l ascolto del Tg1 ha ben resistito registrando solo sporadiche cadute, in parte perché il neonato notiziario di Canale 5 ha fatto affluire e si è rivolto a pubblici nuovi. Il tg diretto da Enrico Mentana non cercava di essere istituzionale, contrastava il Tg1 sul terreno dell ora di messa in onda, sulla modernità dei linguaggi, sulla velocità dell esposizione, sulla selezione delle notizie, aprendo alla cronaca senza trascurare i partiti e la politica 16. Il Tg 5 aveva poi un edizione pomeridiana a doppia conduzione sul modello Usa. Iniziava a farsi sentire l attenzione verso i dati d ascolto e per produrre più ascolti si cominciava a ricorrere a vari espedienti. Il più comune e meno costoso è quello di anticipare di qual- 15

17 che minuto l ora di inizio della trasmissione. Spostando indietro le lancette, oggi i due telegiornali delle venti iniziano entrambi alle L attenzione si rivolge a questo punto ancora ai traini; iniziare prima dell ora stabilita ed avere successo significa disporre di un programma che precede, di un traino, che produca più spettatori possibili. Nel novembre del 1997 il Tg5 della sera raggiunse una delle sue quote d ascolto più elevate: 29.86%, mentre nel novembre del 2000 arrivava al 28.62%; il Tg1 ebbe all epoca una quota del 37.01%, tre anni dopo il Tg1 era sceso al 30.67%. Eppure Canale 5 aveva un traino più debole per il proprio telegiornale, avendo sospeso l emissione di un intermezzo di dieci minuti del programma leader a sua disposizione, Il Grande fratello, che trainava il notiziario della sera con un ascolto di sei milioni ed una quota del 27%. Spesso i responsabili dei notiziari televisivi, di fronte a cali dell ascolto, lamentano la forza, o la debolezza, dei traini, che dovrebbero in qualche misura garantire al notiziario almeno una buona partenza, un ascolto elevato nei minuti immediatamente precedenti i titoli di testa del Tg. Ma non è questione di traino, l erosione degli ascolti è un problema che riguarda ormai direttamente i telegiornali. E quindi non è certo Minzolini a scoprire che il traino può essere usato come pretesto, ma nel suo caso, ancora più che in quello dei predecessori, il traino è solo una scusa. È il suo telegiornale che va male, che perde ascolti perché perde credibilità. Le scuse tecniche lasciano il tempo che trovano, e sono solo servite ad innervosire il direttore della rete che lo ha accusato di dirigere l unico tg al mondo che produce meno ascolti del suo traino. Non è proprio così, almeno non sempre. In questo scorcio di stagione il Tg1 ha comunque ricevuto 5,3 milioni di persone prodotte dal traino nella media dei quindici minuti precedenti l inizio del Tg, appena duecentomila meno di quelle che il Tg1 della sera ha ricevuto nella stagione E non è servito neppure rinominare Prima pagina il minuto e mezzo, che per Auditel valgono due (l ascol- 16

18 to di un minuto viene attribuito al 31 secondo), precedente l inizio vero e proprio del Tg. Un trucchetto nominale per recuperare un mezzo punto di share, l ascolto medio di quei due minuti da Prima pagina è infatti inferiore, 4,7 milioni, a quello che è nominato Telegiornale ed anche lo share di Prima pagina è inferiore: 19,86 per cento. Rimane comunque il fatto che addossare ai traini la responsabilità del proprio fallimento è inopportuno, ricorrere ad espedienti è un gioco. I telegiornali sono la fonte d informazione più seguita del Paese, essere informati oggi è una necessità ancora più sentita che in passato. Le star sono i Tg e non i traini. Si è mai sentito che i Rolling Stones, i Beatles, I Metallica, il Boss, Madonna, Lady Gaga e qualsiasi altra star accusassero il gruppo di spalla per un concerto con poco pubblico? I telegiornali sono seguiti da quasi tutta la popolazione, ancora oggi, come mostra la tavola Tav.2 - Dati di Copertura ascolto almeno un minuto 1 settembre febbraio 2011 CANALI GENERALISTI TELEGIORNALI POPOLAZIONE Penetrazione 99,5% Alcuni esponenti del governo e dei partiti di centrodestra hanno ammesso la forte propaganda elargita dal Tg1 di Augusto Minzolini motivandola con la supremazia di conduttori di sinistra nei programmi di approfondimento. Senza entrare nel merito della militanza dei conduttori, c è da osservare come la durata, ovvero la disponibilità di offerta dei telegiornali, sia di gran lunga maggiore di quella dei programmi informativi, come si evidenzia nel grafico 3. 17

19 Anche la copertura, ovvero il numero di persone diverse che si sintonizzano sia pure per un solo minuto su un programma informativo, è inferiore di oltre due milioni a quella dei telegiornali, anche se rappresentano un valore elevato, come mostra la tavola 3. Tav. 3 - COVERAGE 1 SETTEMBRE FEBBRAIO 2011 Programmi giornalistici di approfondimento Popolazione Penetrazione 96% Gianni Riotta, direttore del Tg1 fino al maggio 2009, viene sostituito da Augusto Minzolini che, nominato il 20 maggio, inizia a firmare il telegiornale dal 9 giugno successivo. Il mensile Prima comunicazione si interroga sui motivi della nomina e scrive: Quali sono i motivi per cui un tipo come Augusto Minzolini, tutto pepe e politica da trent anni, è sbarcato alla direzione del Tg1? Se non ci piove che sia stato il Cavaliere in prima persona a volerlo a quel posto, non si può nemmeno dire che il feeling che si è andato cementando fra i due sia paragonabile a quello che il capo del governo ha con il nutrito manipolo di giornalisti che operano all interno o ai margini della sua galassia mediatica. La comparsa di Minzolini a Saxa Rubra, l unico retroscenista che in questi anni abbia saputo leggergli nel pensiero, serve ad aprire una finestra sui disegni politici di Berlusconi che proprio sul versante dell informazione politica ha bisogno a capo del tg più istituzionale di un cuciniere capace di mettere ogni giorno in tavola piatti che siano freschi e appetitosi. Per la clientela che conta, e che oggi rischia di tracimare nel rullo compressore di Sky, ma anche per quella larga messe di elettori, che pur andando a votare, di politica ne mastica poco, anzi quasi niente

20 Minzolini è, come Riotta, un giornalista esterno alla Rai, arriva da La Stampa dove, a proposito della vista di Berlusconi a L Aquila appena colpita dal terremoto, aveva scritto: (...)per tirare su il morale dei presenti di fronte alla disgrazia e alla morte che ha colpito questo pezzo d Italia si concede una battuta: Sono 44 ore che non dormo. Un record di resistenza per uno che ha 35 anni. Indossa un maglione blu e ha il piglio deciso del direttore dei lavori, del comandante dei pompieri, del capo militare, ma anche la comprensione del prete. Silvio Berlusconi nelle emergenze si esalta. La sua attitudine è la politica del fare 19. Parole chiare per comprendere la qualità dei rapporti tra il giornalista e il capo del governo, che avrebbe favorito il suo ingaggio alla direzione del mezzo di informazione più seguito dalla popolazione italiana. Il neo direttore è probabilmente più realista del re, come spesso capita a chi viene chiamato ad eseguire compiti superiori. Il risultato è una fuga di pubblici e un calo di credibilità, dovuti ad una perfida impaginazione, ad alcuni editoriali stravaganti nel contesto istituzionale del Tg1, ad uno sproporzionato numero di ore dedicato alla parola del referente politico, tanto sproporzionato da motivare l intervento dell Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni. L Autorità pubblica costantemente le rilevazioni sui tempi di parola dei politici, le tavole sono consultabili sul sito In particolare segnaliamo uno dei richiami: VISTA la nota del 17 marzo 2010 (prot. n ) del Servizio Comunicazione politica e Risoluzione di conflitti di interesse dell Autorità con la quale sono state richieste alla società RAI Radiotelevisione Italiana S.p.a., emittenti per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale Rai1 Rai2 e Rai3, eventuali controdeduzioni in merito alla segnalazione pervenuta; - nel merito: la presenza di esponenti del soggetto politico UDC è stata assicurata : a) in tutti i notiziari (TG1 TG2 TG3) praticamente in ogni edizione; b) in tutti i vari programmi di informazione ricondotti a tutte e tre le testate giornalistiche RAI; 19

21 c) nelle varie edizioni dei telegiornali regionali; RILEVATO che dai dati di monitoraggio forniti dall Isimm Ricerche e resi pubblici sul sito dell Autorità, relativamente a tutte le edizioni dei notiziari Tg1, Tg2 e Tg3 nel periodo successivo alla presentazione delle candidature, dal 28 febbraio al 13 marzo 2010, risultano le seguenti presenze: 18 marzo - per quanto riguarda il notiziario Tg1 su un tempo di antenna (somma dei tempi di parola e di notizia) complessivamente fruito dai soggetti politici pari a tre ore, sette minuti e sette secondi, il soggetto segnalante ha fruito di dieci minuti e quarantasei secondi pari al 5,75%, mentre il Popolo della Libertà ha impegnato un ora, quarantasei minuti e cinquantotto secondi pari al 57,17% del tempo totale, la Lega Nord sette minuti e cinquantanove secondi pari al 4,27%, il Partito Democratico trentatrè minuti e ventuno secondi pari al 17,82%, l Italia dei Valori dodici minuti e nove secondi pari al 6,49%, la Lista Marco Pannella- Emma Bonino otto minuti e un secondo pari al 4,28%, Sinistra, ecologia e Libertà dieci secondi pari allo 0,09%, la Federazione dei Verdi cinquantanove secondi pari allo 0,53%, la Federazione della Sinistra quattro secondi pari allo 0,04%, il Partito dei Comunisti italiani sei secondi pari allo 0,05%, La Destra cinque secondi pari allo 0,04%, l Alleanza di centro quindici secondi pari allo 0,13%, il Partito Socialista venticinque secondi pari allo 0,22%; 22 marzo per quanto riguarda il notiziario Tg1 su un tempo di antenna (somma dei tempi di parola e di notizia) complessivamente fruito dai soggetti politici pari a un ora, quarantasette minuti e quarantanove secondi, il soggetto segnalante ha fruito di dieci secondi pari allo 0,15%, mentre il Popolo della Libertà ha impegnato un ora, due minuti e trentaquattro secondi pari al 58,03% del tempo totale, la Lega Nord quattro minuti e trentanove secondi pari al 4,31%, il Partito Democratico venti minuti e dodici secondi pari al 18,74%, Di Pietro-Italia dei Valori otto minuti e due secondi pari al 7,45%, la Lista Marco Pannella- Emma Bonino tre minuti e quindici secondi pari al 3,01%, l Unione di Centro sei minuti e quarantasei secondi pari al 6,28%, la Federazione dei Verdi otto secondi pari allo 0,12%, la 20

22 Federazione della Sinistra quattro secondi pari allo 0,06%, La Destra quattro secondi pari allo 0,06%, l Alleanza di centro undici secondi pari allo 0,17%, il Partito Socialista italiano venticinque secondi pari allo 0,39%; Con meno rilievo istituzionale, ma con perseveranza, anche il Comitato di redazione è intervenuto e ha votato pubbliche sfiducie al direttore. L ultima il 20 settembre scorso: Il Comitato di Redazione ha il dovere di esprimere allarme e forte preoccupazione a tutela del lavoro di tutti i colleghi, che costituiscono ancora un patrimonio di passione e professionalità da salvaguardare. Il Tg1 sotto il 20% è una vera e propria emergenza aziendale, la direzione generale e il consiglio di amministrazione non possono più nascondersi. Per questi motivi il comitato di redazione chiede un incontro urgente al direttore generale e al presidente per capire quali iniziative l azienda intenda adottare per rilanciare la nostra testata. La riposta di Minzolini insiste sul leitmotiv del non è vero, con riferimenti polemici al fatto che nella valutazione dei dati Auditel relativi al suo Tg si sfrutterebbero le poche occasioni in cui si sono verificati dei cali: Quando ne ho assunto la direzione il Tg1 aveva accumulato decine e decine di sconfitte dalla concorrenza, e nessuno diceva niente. Adesso sembra quasi che debba essere per forza una notizia. Senza contare che domenica scorsa c era in contemporanea la partenza di Che tempo che fa su Rai Tre e il calcio (la partita Napoli Milan, ndr.). Insistere con le sfiducie risulta inutile, con questo Cda in carica Minzolini manterrà certamente l impegno preso con se stesso e con i suoi fan: non mollare finché Berlusconi resta dov è. 20 Esodo dal Tg1 La linea degli ascolti del Tg1 della sera riportata nel grafico 1 è imbarazzante. La discesa poteva forse essere considerata inevitabile e dovuta a fattori quali la maggiore offerta di televisione, la crescita del tempo dedicato ad Internet e l incremento dei target che si sono spostati sul nuovo mezzo. Tutte ottimi argomenti, smontati però dal 21

23 successo del Tg La7, a dimostrazione che l informazione non è considerata un optional scambiabile con un serial o con un game show e che perdere pubblici è la conseguenza della perdita di due credenziali indispensabili: l autorevolezza e la credibilità. Minzolini non è mai riuscito a farsi considerare autorevole, tutt al più autoritario, come nel caso dell esclusione di Tiziana Ferrario che ha fatto ricorso ai giudici, i quali hanno ravvisato: [una] grave lesione della sua professionalità per motivi di discriminazione politica a seguito dell opposizione della stessa giornalista alla linea editoriale del direttore Augusto Minzolini [ ] i provvedimenti che hanno riguardato la Ferrario sono stati adottati in contiguità temporale con la manifestazione, da parte della lavoratrice, del dissenso alla linea editoriale impressa al telegiornale dal nuovo direttore. Con l adesione da parte sua alla protesta sollevata dal cdr e diretta a far applicare nel tg i principi di completezza e pluralismo nell informazione. E, infine, con la mancata sottoscrizione da parte della stessa del documento di censura al cdr il 4 marzo scorso. Il ricorso della Rai contro l ordinanza che ha deciso il reintegro di Tiziana Ferrario alla conduzione del Tg1 è stato rigettato. La giornalista è stata messa da parte dal direttore Minzolini insieme a Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso. Secondo i detrattori del direttorissimo, la scelta venne dettata dalla mancata firma dei tre alla lettera di sostegno a Minzolini dopo la vicenda di Trani. Versione smentita seccamente dalla direzione che ha più volte inquadrato la sostituzione come parte di una strategia di rinnovamento del Tg1: conduttrici e giornalisti giovani, fine dell occupazione gerontocratica del telegiornale, nessun intervento punitivo. Non la pensano così i giudici: Sussistono elementi indiziari che convergono univocamente nel far ritenere che lo spostamento della lavoratrice dalle mansioni di conduttrice di telegiornale sia da addebitare più che ad effettive esigenze organizzative ad una volontà ritorsiva posta in essere dai vertici della redazione al fine di sanzionare il dissenso manifestato dalla giornalista nei confronti della linea editoriale impressa al telegiornale dal direttore

24 Augusto Minzolini viene costantemente difeso dai rappresentanti istituzionali del Pdl. La sentenza è così commentata dall ex Ministro alle Comunicazioni e già Presidente della commissione parlamentare per la Vigilanza sulla Radiotelevisione: La magistratura al servizio della sinistra comanda alla Rai», ha detto Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. «Ora i togati vorrebbero decidere anche chi deve condurre i telegiornali in studio. Spero che questa decisione venga considerata dalla Rai un proclama scritto su carta straccia. A quando sentenze che dicano quali notizie divulgare e quali no? In altri casi, il ministro della Giustizia Alfano ha inviato ispezioni: qui servirebbe un controllo medico». Leoluca Orlando, portavoce dell Idv, giudica «gravissime e fuori luogo» le affermazioni di Gasparri, per le quali «si dovrebbe vergognare. Impari a rispettare le sentenze e il lavoro dei magistrati». Matteo Orfini, responsabile cultura e informazione del Pd: «La sentenza certifica ciò era già evidente: al Tg1 ci sono discriminazioni politiche per chi la pensa diversamente dal direttore. È normale e accettabile nella Rai di Berlusconi?». L associazione di telespettatori cattolici Aiart ritiene che si tratti di «una grave bocciatura» di Minzolini. «Il Tg1 fa soprattutto gossip e nasconde le vere notizie». Carlo Verna, segretario dell Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai: «La sentenza è un grande successo di chi crede nei diritti di libertà e una secca sconfitta di Masi e Minzolini. Ora se ne vadano entrambi». 22 Rimane il fatto che il Tg1 della sera ha perso ascolti e credibilità e anche posizioni animate, come quelle dell on. Gasparri, esulano dalla normale difesa di un direttore e raggiungono lo scopo di esaltarne invece la militanza politica. Gli ascolti del Tg1 iniziano a cadere già nel Nei primi dodici giorni di aprile del 2010 il Tg1 della sera realizza un ascolto medio di 5,9 milioni di persone per una quota d ascolto del 27,1 per cento. Negli stessi giorni dell aprile 2009 direttore Gianni Riotta il notiziario della sera della prima rete Rai era stato seguito da 6,7 milioni di spettatori per uno share del 30% netto. La versione Minzolini aveva già allora allontanato dal Tg1 ottocentomila persone facendo perdere alla concessionaria pubblica 2,9 punti di quota d ascolto in un momento della giornata delicato per il valore economico dei break pubblicitari e perché 23

25 determinante, almeno in parte, per la scelta dei programmi da seguire nella serata. La metamorfosi propagandistica del notiziario comporta la perdita di credibilità per l intera azienda ed è funzionale ad un eventuale progetto di privatizzazione della concessionaria pubblica. Sotto il minimo Augusto Minzolini è il primo direttore della storia del Tg1 a produrre per così tanto tempo nell edizione di prima serata una quota d ascolto inferiore al 30 per cento. Nell intero arco del suo mandato durato 915 giorni ha superato il 30% di quota d ascolto in trentotto occasioni. La sua distanza dal Tg5 è di 3,97 punti di share, superiore a quella realizzata da Clemente Mimun (3,35 punti). L età mediana di chi segue il Tg1 della sera è di 64 anni e sotto la direzione Minzolini è cresciuta di due anni. Soltanto il Tg4 ha spettatori con un età mediana superiore. Tutti i target hanno abbandonato il Tg di Minzolini: donne e uomini, giovani e meno giovani, poveri e ricchi, laureati e chi ha la licenza elementare. La svalutazione che l attuale direttore ha operato del telegiornale della sera della prima rete della concessionaria pubblica non è soltanto legata alla credibilità, né agli ascolti. Questi sono collegati ad un valore economico, a quanto le aziende inserzioniste sono disposte a pagare per pianificare i loro comunicati. Uno spot da trenta secondi sul Tg 1 è stato valorizzato a listino dalla Sipra euro nell aprile 2010 e tra il 2 ottobre e il 3 dicembre 2011 il formato Top. Nell aprile del 2009, prima dell avvento di Minzolini, i valori furono simili, anche se a periodi invertiti. Rispetto a quell aprile il Tg1 ha perso l 11,3% dei propri ascolti, ovvero ha diminuito dell 11,3% il valore del Tg1 nel mercato pubblicitario. Il che significa che le aziende chiederanno ed otterranno di pagare l 11 per cento in meno rispetto allo scorso anno e la concessionaria di pubblicità incasserà l 11 per cento in meno. Considerando nove spot tanti sono in media quelli pianificati al termine del Telegiornale il costo pubblico di questa direzione è pari a 3,6 milioni di euro al mese. 24

26 Valore sottostimato: si dovrebbero infatti inserire nella valutazione anche lo sponsor e il break con gli otto comunicati inseriti subito dopo, il cui ascolto è vincolato dal mancato traino del telegiornale. 23 Nel confronto tra stagioni piene, i periodi più importanti degli investimenti pubblicitari, la svalutazione del Tg1 è del 14,5%. La tavola seguente mostra i dati e la differenza percentuale sulla quota d ascolto tra la stagione precedente alla direzione Minzolini e la sua ultima stagione, per segmenti di pubblici. Stagioni a confronto Il confronto tra periodi omologhi, più lunghi e istituzionali, come le stagioni televisive (dall ultima domenica di settembre all ultimo sabato di maggio) è ancora più grave. La differenza tra la stagione e la stagione presenta un gap del 14,5 per cento. Tutti hanno continuato la loro fuga dal Tg1, Target: totale individui + ospiti Tg 1 sera - Confronto tra la stagione e la stagione Audience Share Contatti Maschi ,20% Femmine ,52% / ,02% / ,12% / ,97% / ,50% / ,34% / ,72% ,08% uomini, donne e bambini. Tra le classi di età il record spetta alle persone con età compresa tra i 25 ed i 34 anni con il -25%. In due anni il Tg1 di Minzolini ha perso un quarto del proprio pubblico più commercialmente rilevante. Andrebbero affrontate 25

27 anche le responsabilità di queste perdite economiche da parte della dirigenza di una società pubblica, che, a spese di tutti, ha così a lungo perseverato nell errore. Tav. 5.2 Target: totale Tg 1 sera - Confronto tra la stagione individui + ospiti e la stagione Titolo di Studio Responsabile Acquisti Nuova Classe Socio- Economica La prima lettera si riferisce all economia Possesso abbonamento Sky Possesso Free Tv Sat Audience Share Contatti Diff.% Nessuno ,36% ,18 Elementari ,64% ,10 Medie Inferiori ,10% ,78 Medie Superiori ,82% ,39 Laurea ,63% ,13 Non R.A ,07% ,60 R.A ,62% ,51 BASSA BASSA ,93% ,17 MEDIO BASSA ,58% ,83 BASSA ALTA ,76% ,02 ALTA BASSA ,25% ,49 MEDIO ALTA ,49% ,41 ALTA ALTA ,94% ,95 Si Pay Tv Sat ,04% ,16 No Pay Tv Sat ,49% ,04 Si Free Tv Sat ,78% ,05 No Free Tv Sat ,29% ,65 Tutto sarebbe andato meglio per Augusto Minzolini se le italiane e gli italiani fossero poveri e poco istruiti. È questo infatti l unico segmento di pubblico che cresce nel confronto, stagione su stagione. Cresce relativamente, sale la quota d ascolto pur perdendo in audience e contatti. Ad abbandonare più di tutti il Tg1 sono invece i laureati, le persone che abbiano compiuto gli studi universitari anche se non portati a termine e le persone con un buon reddito ed un titolo di studio universitario. Che invece si possegga o meno un abbonamento pay o un decoder per ricevere gratuitamente il segnale televisivo via satellite è indifferente nella decisione di non 26

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