Non è previsto un trattamento di fine rapporto per i contratti atipici ed in genere per i rapporti di lavoro autonomo.

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1 TFR: CHE COS'E' Il trattamento di fine rapporto consiste in un'indennità corrisposta al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro e commisurata attualmente alla retribuzione percepita durante il periodo di servizio presso il medesimo datore di lavoro. L'istituto introdotto all'inizio del secolo scorso, originariamente corrisposto solo agli impiegati e tranne che nei casi di dimissioni o licenziamento per colpa del lavoratore, aveva forte valenza previdenziale (il sistema delle assicurazioni sociali obbligatorie era appena agli inizi) e poteva anche essere considerato come un premio di fedeltà. Solo con gli interventi legislativi successivi il trattamento viene prima esteso anche agli operai (anche se il metodo di calcolo è meno favorevole rispetto a quello previsto per gli impiegati) e viene erogato in qualsiasi caso di risoluzione del rapporto di lavoro, assumendo così pienamente le caratteristiche che ha ancora oggi di corrispettivo per la prestazione resa dal lavoratore: un elemento della retribuzione la cui erogazione è differita nel tempo. Attualmente l'istituto è disciplinato dall'art c.c. con le modifiche apportate dalla legge n. 297 del I contratti collettivi stipulati successivamente all'entrata in vigore della L. n. 297 del 1982 (31 maggio 1982) possono intervenire modificando alcuni aspetti della disciplina codicistica, mentre alcune norme sono inderogabili. A CHI SPETTA Il Tfr spetta per legge a tutti i lavoratori dipendenti ed in qualunque caso di cessazione del rapporto di lavoro (dimissioni, licenziamento, pensionamento, scadenza termine, ecc.): - con rapporto sia a tempo indeterminato che determinato; - con qualunque tipo di qualifica. Non è previsto un trattamento di fine rapporto per i contratti atipici ed in genere per i rapporti di lavoro autonomo. In armonia con la tendenza all'equiparazione del pubblico impiego a quello privato a partire dal 1 gennaio 1996 la disciplina del Tfr si applica anche ai dipendenti del settore pubblico (art. 2, comma 5, legge n. 335 del 1995) per i quali in precedenza era prevista un'indennità di fine rapporto disciplinata in maniera autonoma. In caso di morte del lavoratore il trattamento spetta al coniuge e ai figli, e ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo se a carico del lavoratore deceduto. COME SI CALCOLA In precedenza il calcolo veniva effettuato moltiplicando l' ultima retribuzione prima della cessazione del rapporto per gli anni di servizio prestati. In questo modo veniva avvantaggiato chi godeva di una retribuzione superiore nella fase finale del rapporto di lavoro e non si teneva conto dell'evoluzione retributiva dell'intera vita lavorativa. Attualmente il Tfr viene contabilizzato dal datore di lavoro al 31 dicembre di ogni anno in funzione della retribuzione spettante al lavoratore nello stesso periodo e viene rivalutato con la stessa periodicità in base ad un particolare meccanismo previsto dalla legge. Elementi retributivi utili e non al calcolo della quota da accantonare a titolo di Tfr Rimborso spese -> NO

2 Minimo contrattuale -> SI Indennità di contingenza -> SI E.D.R. -> SI Superminimi -> SI Scatti di anzianità -> SI 13a e 14a mensilità -> SI Liberalità -> NO Sconto per l'utilizzo o l'acquisto dei beni aziendali -> NO Equivalente di prestazioni corrisposte in natura -> SI Indennità di preavviso -> SI Indennità per ferie non godute -> NO Indennità sostitutive della retribuzione corrisposte dagli istituti assicuratori -> NO Accantonamento annuale Si determina sommando la retribuzione dovuta nell'anno e dividendo il risultato della somma per 13,5 (divisore fisso). Ai fini dell'accantonamento annuale, come retribuzione annua vengono considerate tutte le somme corrisposte al lavoratore durante l'anno, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura ed escluse le prestazioni corrisposte a titolo occasionale e i rimborsi spese (vedi tabella). La quota di accantonamento è ridotta proporzionalmente per le frazioni di anno lavorate. Le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni vengono calcolate come mese intero, quelle inferiori non si calcolano. Nei casi di sospensione della prestazione di lavoro per: - infortunio - malattia - astensione obbligatoria per maternità - cassa integrazioni straordinaria e ordinaria - contratti di solidarietà - aspettativa per gli amministratori locali il calcolo va effettuato sulla retribuzione cui avrebbe avuto diritto il lavoratore nel caso di normale svolgimento della prestazione lavorativa, senza calcolare eventuali indennità sostitutive corrisposte da istituti assicuratori ecc. L'importo così calcolato è soggetto ad una trattenuta INPS pari allo 0,50% della retribuzione annua. La trattenuta Inps non si effettua:

3 - per gli apprendisti - per i lavoratori assunti con Cfl da parte di datori di lavoro artigiani o nei territori del mezzogiorno - in caso di contratti di solidarietà - per i lavoratori domestici Con l'entrata in vigore della disciplina della previdenza complementare (D.Lgs. n. 123 del 1994) le fonti istitutive dei fondi pensione su base contrattuale possono prevedere di destinare una quota dell'accantonamento annuale per il Tfr al finanziamento del fondo stesso. In questo caso, se il lavoratore aderisce al fondo le quote destinate al finanziamento vengono detratte dalla quota degli accantonamenti annuali. Rivalutazione L'importo dell'accantonamento risultante al 31 dicembre dell'anno precedente viene rivalutato sulla base di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati elaborato dall'istat. La quota relativa all'anno in cui viene corrisposto il trattamento non viene rivalutata. Per i rapporti che si risolvono nel corso dell'anno il tasso dell'1,5% viene riproporzionato alle frazioni di anno lavorate (0,125% per ogni mese). *** Trattamento di fine rapporto (Seconda parte) EROGAZIONE Il Tfr viene corrisposto al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Da questo momento decorre il termine per la prescrizione al diritto che è di cinque anni. I crediti relativi al Tfr sono assistiti da garanzie particolari: - privilegio generale sui mobili; - collocazione sussidiaria, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari. In caso di insolvenza del datore di lavoro (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria), interviene il Fondo di Garanzia, che eroga il trattamento su richiesta del lavoratore, surrogandosi al lavoratore nel privilegio spettante sul patrimonio del datore di lavoro ai sensi degli artt bis e 2776 c.c. (privilegio generale sui mobili e collocazione sussidiaria sugli immobili) per le somme da esso pagate. Nei casi in cui il datore di lavoro insolvente non sia soggetto alle procedure fallimentari, il lavoratore può rivolgersi al Fondo solo dopo aver esperito l'esecuzione forzata, risultata infruttuosa. Per i trattamenti corrisposti a partire dal 1 gennaio 2001, la tassazione va operata secondo modalità distinte per la quota maturata prima dell'entrata in vigore della riforma operata dal D.Lgs. n. 47 del 2000 e la quota maturata successivamente. Per le quote maturate sino al 31 dicembre 2000, l'importo da considerare corrisponde all'ammontare netto dell'importo corrisposto a titolo di Tfr escluse le somme eventualmente destinate al finanziamento dei fondi pensione. A questa somma viene detratta una somma di 309,87 euro per ogni anno di anzianità effettiva.

4 Per le quote maturate successivamente al 1 gennaio 2001 invece l'importo corrisposto a titolo di Tfr viene ridotto delle rivalutazioni già sottoposte a imposta sostitutiva dell'11%. Nell'importo vanno computate le somme eventualmente destinate ai fondi pensione, sempre al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta. Alla base imponibile così calcolata viene applicata l'aliquota media, determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente ad un "reddito di riferimento" che si ottiene dividendo il suo ammontare per il numero degli anni preso a base di commisurazione e moltiplicando il risultato per dodici. L'aliquota così calcolata va applicata sia alle quote maturate prima del 31 dicembre 2000 sia a quelle maturate successivamente. *** L' ANTICIPAZIONE DEL TFR COME STRUMENTO DI INCENTIVAZIONE DELLE PRESTAZIONI Il trattamento di fine rapporto va considerato come un credito di natura retributiva, che matura a favore del lavoratore dipendente durante lo svolgimento della sua professione; il Tfr interviene in una logica di aiuto, per garantire il soddisfacimento delle esigenze retributive del personale e per consentire una particolare tutela sociale conseguente a condizioni aziendali di estrema difficoltà. Una pratica piuttosto diffusa è quella di utilizzare il TFR in modo anticipato, come strumento di incentivazione delle prestazioni. Tale pratica consiste nell'offrire importi destinati al soddisfacimento di occasionali e rilevanti esigenze economiche personali dei lavoratori. Si tratta, in breve, di erogazioni di somme di denaro immediate ed in quantità molto superiori rispetto all'ordinario stipendio, con ovviamente finalità differenti rispetto alle consuete formule di incentivazione, come ad esempio i premi una tantum. L'anticipazione del Tfr risulta infatti migliore dei classici sistemi di sostegno delle prestazioni perché è in grado di produrre un effetto incentivante immediato e particolarmente significativo, per questa ragione le aziende spesso adottano l'anticipazione del Tfr, insieme ad altri strumenti come gli acconti o i sussidi occasionali. Procedendo verso gli aspetti prettamente operativi, un lavoratore che ha maturato 8 anni di servizio in azienda, ha il diritto di domandare al proprio datore di lavoro l'anticipazione del Tfr nella misura massima del 70% degli importi accantonati e rivalutati. Tale diritto individuale, che le imprese sono a tenute a soddisfare annualmente entro il 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti, può essere soddisfatto in presenza di queste tre condizioni:. spese sanitarie per terapie o interventi straordinari;. acquisto della prima casa di abitazione per sé e per i figli, da documentare con atto notarile;. spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali. L'unico problema ai fini di evitare inutili contenziosi con altri lavoratori è di tener ben presente il rispetto dei criteri di omogeneità ed uniformità di trattamento. *** MALATTIA: CONTRIBUTI SEMPRE DOVUTI

5 Il pagamento diretto dell'indennità non esclude il versamento, per la Cassazione il datore di lavoro è sempre obbligato anche se l'inps non eroga il trattamento. Il pagamento diretto dell'indennità non esclude il versamento: Il datore di lavoro che, per legge o contratto collettivo, è tenuto a indennizzare il lavoratore per le assenze di malattia non è esonerato dal versamento della relativa contribuzione all'inps, anche se in tal caso l'istituto non eroga alcuna prestazione. La richiesta di riduzione delle sanzioni legate a inadempienze contributive, inoltre, non equivale al riconoscimento dell'indebito contributivo. Gli interessanti principi sono stati sanciti dalla Corte di Cassazione nella sentenza n /03. La questione. La pronuncia giurisprudenziale riguarda, in particolare, l'interpretazione dell'articolo 6 della legge n. 138/43 (la mutualità fascista') in materia di assistenza per malattia dei lavoratori. Tale norma, oggi, esonera l'inps dall'erogare l'indennità di malattia quando il trattamento economico di malattia sia corrisposto per legge o contratto collettivo dal datore di lavoro o altri enti. Da tale esonero, secondo i ricorrenti, deriverebbe il venir meno della corrispondente obbligazione contributiva a carico dei datori di lavoro. Il principio. La sentenza rigetta il ricorso perché ritiene che l'obbligo contributivo sussista sempre, anche in assenza di specifico intervento assistenziale da parte dell'inps. La decisione risolve un contrasto giurisprudenziale in materia. Infatti, in base alla sentenza n /99 l'obbligo contributivo in tal caso verrebbe meno, in quanto il rapporto fra ente previdenziale e lavoratori assicurati, di natura assicurativa, implicherebbe una corrispondenza fra premio (contributo) e indennizzo. Ragione per cui, l'assoggettamento del datore di lavoro all'obbligo contributivo e, allo stesso tempo, all'obbligo di indennizzo si tradurrebbe in un ingiustificato arricchimento dell'ente previdenziale. Diversamente, le sentenze n /99 e 1950/00 sostengono l'assoggettamento senza condizioni alla contribuzione all'inps. Ciò in quanto l'assicurazione dei lavoratori dipendenti contro le malattie non è ispirata al principio mutualistico (come sostenuto dalla sentenza n /99), quanto piuttosto da quello di solidarietà, in un regime di assenza di necessaria correlazione fra contributo e prestazione. Pertanto, il rapporto di assicurazione obbligatoria è da intendersi disciplinato da leggi con disposizioni imperative, non derogabili dall'autonomia privata, sia pure collettiva. La sentenza in esame aderisce a quest'ultimo orientamento. Spiega: "È opinione comunemente ricevuta che il fondamento della previdenza sociale stia nel principio di solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del sistema". Infatti, all'apporto contributivo si accompagna il costante intervento finanziario dello stato e quindi della solidarietà generale. Inoltre, nel regime delle assicurazioni sociali, fa giustamente notare la Cassazione, manca spesso il legame tra contributi e prestazioni: si pensi, per esempio, ai contributi di solidarietà (la sentenza richiama, al riguardo, la Corte costituzionale n. 26/03) o di contribuzione figurativa o, ancora, al principio di automaticità delle prestazioni. In conclusione, poiché non esiste tra prestazioni e contributi un nesso di reciproca giustificazione causale, secondo la sentenza ben p uò persistere l'obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni lavoratori dipendenti l'inps non sia tenuto ad erogare prestazioni. Il riconoscimento dell'indebito Altro interessante principio va evidenziato, fornito dalla Cassazione nella medesima sentenza, in merito all'avanzata pretesa dell'inps di dichiararsi cessata la materia del contendere (l'impresa non aveva versato i contributi di malattia e l'inps li aveva iscritti a ruolo), in conseguenza del comportamento dell'impresa che aveva chiesto ed ottenuto dal ministero del lavoro il beneficio della riduzione delle somme dovute in aggiunta ai contributi previdenziali. Secondo l'istituto previdenziale, tale comportamento era da equiparare a riconoscimento del debito contributivo. La Cassazione, invece, spiega che ogni qualvolta all'inadempimento del debito la legge connetta una sanzione pecuniaria, la manifestazione della volontà espressa dal

6 debitore e intesa a fruire di una diminuzione legislativa della sanzione non equivale a riconoscimento del debito, poiché potrebbe essere mossa da una finalità soltanto provvisoria e precauzionale.

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